...Mia...

La Mia prima Fan Fiction...

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  1. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 49
    Abbiamo trovato una discoteca, poco distante dal cinema in cui ci hanno cacciato. Ad essere sincera, mi piace più questa discoteca che quella in cui siamo stata finora. Anche la musica è migliore. Stasera anche Tom, si scatena in pista a ballare con noi. È così bello divertirci tutt’e sei insieme. Georg è l’addetto alle bibite. È l’unico che ha ventun’anni e, quindi, vuol dire, che può bere ciò che vuole. Io e Georg inventiamo i balli più strani e divertenti. È molto pericoloso lasciarci soli, dato che siamo quelli che hanno la testa più pazza di tutti. mi dispiace che tra un po’ (un mese e mezzo, per essere più precisi!) tutto finirà e tornerò al mio paese alla mia solita vita da liceale. Mi toccherà svegliarmi da questo bellissimo sogno. Come Cenerentola, scatterà la mezzanotte e tornerò alla mia vita di tutti i giorni. Con l’unica differenza che, durante la fuga, non perderò la scarpetta e, quindi, nessuno dovrà cercarmela al fine di restituirmela.
    Stasera Tom è impeccabile. Non sta avendo nessun comportamento “compromettente”, il che è solo un bene, anche se è molto egoista da parte mia.

    Notte, al PC. Tom è in camera mia a farmi un po’ di compagnia. Parliamo con Dallie su MSN. Si diverte a parlare con noi. Proviamo a strozzare le risate quanto più possibile per non disturbare, non vorremmo inconvenienti né con i vicini di camera né con l’albergo.
    Ellina si congeda per andare in cucina, per poi tornare più tardi. Io e Tom ne approfittiamo per avvicinarci alla finestra e fumare una sigaretta. Miami, anche di notte, è viva. Le luci della città sono tutte colorate.
    Tom mi offre una delle sue sigarette.
    -Che stronzata che abbiamo fatto oggi, vero?- Gli dico, gettando fuori il fumo.
    -Certo che te le inventi tutte tu!-
    Diamo un altro tiro alla sigaretta, ridendo. Ci guardiamo, poi sposto lo sguardo sul panorama, poggiata con i gomiti sulla balaustra.
    -Ti è mai capitato di pensare a se non ci fossimo mai incontrati?- Gli chiedo.
    -No, non ho mai voluto pensare alla mia vita senza la tua presenza. E tu?- Mi chiede a sua volta.
    -Una volta soltanto.-
    -E come l’hai immaginata?-
    -Beh… L’ho immaginata con Raoul. Io e lui insieme, come desideravo prima di conoscerti ed innamorarmi di te.-
    -Lo sei ancora?-
    -Tom, io…- Mi interrompo.
    Il computer emette il suono,il quale avvisa che qualcuno mi ha appena scritto. Ci giriamo entrambi verso esso.
    -Questa dev’essere Elisabetta…- Lo avviso. -…Meglio tornare dentro.-
    -Ok!-
    Torniamo sul letto. Tom prende un posacenere. Ci sdraiamo di nuovo sul letto. Tom mi abbraccia da dietro, stringendomi forte a sé. Adoro troppo quando mi abbraccia in questo modo, mi fa sentire protetta. Ogni tanto mi stampa dei piccoli baci agli angoli della bocca. Avrei voglia di baciarlo, ma non posso. Gli amici non si baciano. Qui non si tratta di amicizia. Siamo due ex. Due ex che si sono amati e che, nonostante tutto, si amano ancora, profondamente.
    -Tom?-
    -Che c’è?- Mi chiede.
    -Ti va di rimanere a dormire qui con me?-
    -Speravo che me lo chiedessi.-
    -Allora è un “sì”?-
    -Sì, sì, sì, sì, sì…-
    -Ok, ok, Tom, ho capito!- Lo interromnpo.
    -Quando si dice che la speranza è l’ultima a morire!-
    -Sembra che ti abbia appena chiesto di sposarmi.-
    -Arriverai anche a quello.-
    -Sì, contaci!-
    Continuo a parlare con Dallie. Mi confido con lei, senza omettere niente. Ci parliamo di tutto. Sappiamo tutto l’una dell’altra.
    -Tom?- Lo chiamo, senza staccare gli occhi dal computer.
    -Sì?-
    -Se ti bacio, giuri solennemente di non montarti la testa?-
    -Tranquilla.-
    -Sicuro?-
    -Come la morte.-
    -Ok.-
    Lo faccio, spero solo che non faccia l’esatto contrario di ciò che gli ho chiesto. Sapete com’è… mi giro verso di lui. Lo guardo negli occhi castani. Intensamente, dolcemente. Un momento che non finisce più. Mi avvicino al suo viso e Tom poggia le sue labbra sulle mie. Poggia una mano dietro la mia nuca. Ci stringiamo l’uno all’altra. Intreccio una mano nella sua. Dio, io lo amo. Lo amo da morire. Non posso fare a meno di lui, ma è un po’ complicato. No, Mia, non è complicato. Sii sincera con te stessa. Non ti fidi più di lui. Hai paura che possa ripetere per la seconda volta lo stesso errore. Basterebbe così poco per tornare a stare bene. Molto poso. Agli altri dici sempre: “Vivi e lascia vivere!”, ora dillo anche a te stessa: “VIVI E LASCIA VIVERE!”. Se lo vuoi riprenditelo. È tuo. Lui ti vuole ancora. Lui non aspetta altro. Aspetta solo te. Non puoi usarlo così: lo baci quando ti fa più comodo e pretendi persino che non si monti la testa. Non è giusto così. Non essere egoista. Inizia ad essere una persona seria e sii corretta nei suoi confronti.

    -Penso che sia ora di andare a dormire.- Mi dice Tom.
    -Lo credo anch’io.-
    Avviso Dallie e smonto il computer. I pigiami li abbiamo già indossati. Ci sdraiamo. Spengo la piccola lampada sul mio comodino in modo da rimanere al buio totale. Gli do le spalle. Non credo che Tom se lo aspetti. Di sicuro pensava di abbracciarmi e baciarmi, come ha fatto fino a poco fa. No, non voglio illuderlo. Ora non me la sento di stare con lui, ma, adesso, non posso cacciarlo dopo averlo invitato.
    Passano una decina di minuti. Non riesco ancora a dormire. Sono troppo pensierosa. Credo che Tom stia dormendo già da un bel po’.
    -Tom?- Lo chiamo a bassa voce, quasi fosse un sussurro.
    -Dimmi.- Risponde.
    -Dormi?-
    -No, perché?-
    -No, nulla, volevo semplicemente avvisarti che, d’ora in poi, non oserò più illuderti.-
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    -Io e te non stiamo più insieme, quindi non ti bacerò più per il semplice capriccio di farlo. Non dormiremo più insieme… siamo amici e dobbiamo iniziare a comportarci come tale.-
    -Ok, se è questo quello che desideri, va bene. Vuol dire che aspetterò.-
    -Non potrai aspettarmi per sempre.-
    -Lo farò finché posso… Buonanotte.-
    -Buonanotte, Tom.-
    Non voglio che lui soffra per me. È la cosa che odio di più a questo mondo. Non merito per nulla il suo dolore e lui non merita ciò che gli sto facendo. È sempre stato buono con me, come il resto della sua famiglia. Mia madre non sarebbe orgogliosa di me sapendo ciò che sto facendo a Tom. Mi direbbe di scegliere: o lo riprendo o lo lascio per sempre. Due sono le cose. E credo che abbia ragione da vendere. Anzi, ne sono convinta.
    Tutti possiamo sbagliare. “Errare è umano!”. Nessuno è perfetto. E se fosse successo a me? Se lo avessi tradito io? Lui non mi tratterebbe così, ne sono convinta. Non è il tipo. Non è egoista è meschina e bastarda come me. Non mi userebbe a suo piacimento solo perché vuole fare la vittima. Non ne è il tipo. Non sarebbe mai scorretto con me.
    Vuole aspettarmi, ma non può e non deve farlo in eterno. È’ sbagliato. È’ ingiusto. Mi sto vantando come se fossi l’unica donna sulla faccia della terra, anche sapendo che non è così. Come ho fatto a diventare così. Eppure, prima, non lo ero mai stata. Qualcosa deve avermi fatto scattare un ingranaggio all’interno del cervello, il quale deve avermi cambiata. È incredibile. Non so più cosa fare.
    Mi scendono le lacrime. Farà male ora, ma poi passerà... Almeno lo spero.


    Capitolo 50
    Mattina. Nottata di riposo per il viaggio. Siamo a Laguna Beach, vicino a Newport Beach, dov’è stato girato il telefilm O.C., in California. Passeremo la seconda metà di luglio e tutto il mese d’agosto qui, in una casa affittata. Chiamarla casa è un eufemismo. È’ una grande villa, in cui, l’entrata principale, porta alla strada, mentre, quella sul retro, porta alla spiaggia. I negozi sono a poca distanza da qui. Stiamo nel centro di Laguna Beach.
    Le stanze della villa sono enormi e già arretrate. I muri hanno colori pastello. Le stanze sono abbastanza moderne, anche se io ho un’altra concezione di casa moderna. È a due piani, con molte camere da letto, ognuna avente un bagno personale ed una cabina armadio grande. Direi che le cabine armadio sono delle ulteriori stanze. Il cortile posteriore è bello grande con un’enorme piscina al centro e tantissime sdraio intorno ed una doccia accanto alla porta. Quello anteriore è altrettanto grande con tante bellissime piante.
    Il sole filtra dalle finestre della mia camera da letto. Il letto è ad una piazza e mezzo. Mi stiracchio e mi alzo dal letto. Scendo giù in cucina con un’aria ancora assonnata.
    La cucina è ad isola, come piace a me, con un tavolo snack.
    Sono la prima ad alzarmi. Erano stanchi quando siamo arrivati. Poverini. Ora siamo soli e in una casa da portare avanti per un mese e mezzo. Bisogna pulirla e fare da mangiare per tutti, fare la spesa. Nel frattempo, con me ho un frigorifero portatile, in cui ho messo un po’ di sano cibo italiano. Purtroppo non ho potuto metterci una pizza. Sarebbe stato il colmo e, a quest’ora, non avrebbe conservato più il sapore iniziale. Finora non ho mai aperto nulla, ma, comunque, mettevo a caricare la batteria del frigo, nei vari alberghi in cui abbiamo alloggiato, finché non ce ne andavamo.
    Qui abbiamo un telefono, uno in ogni stanza e per ogni camera da letto c’è un PC e l’ADSL funziona una meraviglia. In salotto c’è una Playstation 3 e una Nintendo WII, con molti giochi divertenti. Pensa a come saranno felici i Tokio. In poche parole, c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene un mese e mezzo. All’aeroporto abbiamo affittato per tutto il tempo in cui staremo qui, una macchina.
    Mi dirigo in salotto. Tom è sdraiato sul divano intento a leggere “Twilight”. Non mi ero accorta che fosse già qui.
    -Buongiorno, Rasta!- Lo saluto.
    -Buongiorno, Mia… Quando la smetterai di chiamarmi “Rasta”, non sarà mai troppo tardi.- Mi dice senza staccare gli occhi dal libro.
    -Dai, ti ho trovato un soprannome molto carino. Come l’ho trovato agli altri. È da un po’ che non vi chiamo più per nome e lo sai bene.-
    -Ma il punto non è che non voglio soprannomi: a me non piace essere chiamato “Rasta”.-
    -A me invece piace. È molto carino.-
    -Vabbeh, dai, lasciamo stare, tanto non me lo cambierai comunque.-
    -Vado a fare il caffè.-
    -Io voglio anche latte, cereali e biscotti.-
    -Ti vanno bene i miei?-
    -Benissimo.-
    Torno in cucina e inizio ad armeggiare col pentolino scalda latte. Poi monto la macchinetta per il caffè e metto sul fuoco anche questa. Tutt’e due a fuoco basso, in modo da poter fare qualcos’altro nel frattempo che sia tutto pronto. Papà mi ha dato anche macchina per il caffè, caffè e zucchero italiani. Vuole per forza che io mangi sano al di fuori dell’Italia. Dice che il cibo americani è uno dei più schifosi.
    Mentre aspetto che il latte bolla e che il caffè esca, preparo la tavola per tutti. Tovagliette, scodelle, cucchiai, biscotti, cereali. Esco un po’ fuori sul retro e respiro l’aria dell’oceano a pieni polmoni. Mi guardo intorno. È tutto molto bello. L’acqua si sente in lontananza ed è stupendo. Azzurro come il cielo con i riflessi biondi dei colpi di sole.
    Mi accendo una sigaretta, sedendomi su un gradino. So che di prima mattina, a digiuno per giunta, fa malissimo, ma e ho voglia.
    Dalla cucina arrivano delle voci. Dev’essersi svegliato qualcun altro. Mi rialzo, getto la sigaretta e torno dentro. Trovo Georg e Gustav.
    -Salve, Liscio-Effetto-Seta!- Saluto Georg.
    -Ciao, Mia!-
    -Buongiorno anche a te, Bacchette-D’oro!- Saluto anche Gustav.
    -Ancora con questi soprannomi?- Mi chiede Gugù.
    -sapete bene che adoro i soprannomi.- Rispondo.
    -Comunque, Mia, stavi facendo andare a fuoco tutta la cucina. E siamo appena arrivati. Non oso immaginare come sarà alla fine della vacanza qui.- M’informa Gustav.
    -Ehm… Sorry.- Mi scusi, facendo la voce da bambina.
    -Tranquilla… Ma Bill, Tom ed Andreas? Li aspettiamo?- Chiede Georg a me e Gustav.
    -Sì, dai, non facciamo maleducati.- Risponde Gustav.
    -Ragà, Tom è in salotto a leggere.- Li informo.
    -Allora vado a chiamarlo.- Fa Gustav.
    - Liscio-Effetto-Seta, io vado in bagno.- Lo avviso.
    Esco dalla cucina e vado nel bagno della mia camera. Faccio tutto ciò che devo fare e, subito dopo, torno in camera mia ed accendo il mio PC. Mentre si accende, disfo la valigia, mettendo tutti i vestiti e le scarpe nell’armadio.
    -MIA?- Mi chiamano da giù.
    -CHE C’E’?- Chiedo.
    -SCENDI A FARE COLAZIONE CHE’ SIAMO TUTTI A TAVOLA.-
    -VA BENE!-
    Vuol dire che finirò di sistemarmi dopo. Scendo giù di corsa, cercando di non cadere. Mi dirigo verso la cucina. Ci sono tutti, anche Andreas e Bill.
    -Ciao, Leoncino! Ciao, Biondo-Ossigenato!- Saluto prima Bill, poi Andreas.
    L’unico posto libero è accanto a Tom. Mi siedo. Noto che c’è anche del succo d’arancia in tavola. Devono averlo fatto mentre io ero sopra a disfare la mia valigia.
    -Che si fa stamattina?- Chiede Bill.
    -Io direi di rimanere qui, in modo da poterci sistemare.- Propongo versandomi il latte nella tazza.
    -Io voglio scendere in spiaggia.- Si lamenta Andreas e con lui anche i nostri amici Tokio Hotel.
    Solo io voglio restare qui a mettere in ordine? Direi proprio di sì.
    -Va bene, ho capito: voi andate in spiaggia a divertirvi, mentre io rimango qui a fare i fatti miei.- Propongo.
    -Ma non ti annoierai?- Mi chiede Gustav.
    -Bacchette-D’oro, avrò talmente da fare che non riuscirò ad annoiarmi.-
    -Fai come vuoi.- Continua Gustav.
    La colazione continua per un’altra buona mezz’ora. Poi gli altri si alzano e vanno ad indossare il costume.

    Ed eccomi qui, ho appena finito di disfare le valigie dei miei amici. Ho anche lavato a terra. Ho pulito tutta la casa e, come diceva mia madre, è “Fresca, pulita e profumata”. Ho anche messo a cuocere qualcosa per l’ora di pranzo. Solo ora riesco a capire la stanchezza che provava mia madre dopo aver ripulito tutta la casa. Sembro lei. Sempre tutta indaffarata per la famiglia e per il lavoro. Ora, sicuramente, lassù starà riposando. È davvero molto stressante. È l’una e mezza passata e gli altri ancora non sono tornati per il pranzo.
    Mi accendo una sigaretta mentre mescolo il sugo. Poi, passo a preparare la tavola. E subito dopo, vado in salotto e metto un DVD. Come tu mi vuoi. Con Nicholas Vaporidis e Cristiana Capotondi. Alzo il volume al massimo in modo da riuscire a sentire i dialoghi anche in cucina. Torno in cucina e controllo se l’acqua bolle, per poi gettare la pasta e spegnere sotto il sugo.
    -MIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!- I ragazzi mi chiamano dal cortile posteriore. Li raggiungo all’entrata. Li fermo mettendomi avanti a loro con le mani sui fianchi. Gli guardo i piedi: sono tutti pieni di sabbia.
    -E voi vorreste entrare con quei piedi di fata?- Chiedo, indicandoglieli.
    -Sì, non ne abbiamo altri di riserva.- Risponde Georg ridendo.
    -Ah… Ah… Ah… Spiritoso… Molto divertente, Liscio-Effetto-Seta. Non vi faccio entrare a mangiare finché non vi sarete lavati i vostri piedini e fatti diventare più splendenti dei diamanti.- Li avverto.
    -Ma come?! Dove li sciacquiamo?- Mi chiede Tom.
    -Rasta, la vedi quella bellissima doccia piccola?- Gli chiedo.
    -Sì, quindi?- Risponde.
    -Ecco, usala.- Gli dico.
    -Ma no, dai!- Si lamentano tutti, in coro.
    -Ragazzi, sono irremovibile. Ho finito da poco di pulire tutta la casa e sono a pezzi. Non vi permetterò di sporcarla, quindi filate a lavarli.- Ordino.
    Li guardo mentre si dirigono verso la doccia. Lavano i piedi e li asciugano.
    -Cambiate anche le infradito.- Ordino ancora.
    -E dove ne prendiamo delle altro?- Chiede Bill scocciato.
    -Immaginando che sareste tornati qui con dei piedi sporcati alla perfezione che non si sarebbero potuti guardare, ho deciso di appendere delle infradito di ricambio sulla balaustra.- Li informo.
    Indico alla mia destra.
    Ognuno di loro, prende il proprio paio e fa per entrare in casa. Li fermo nuovamente.
    -Le altre mettetele al posto di quelle di ricambio.- Ordino.
    Eseguono scocciati. Entrano dentro e vanno a sedersi a tavola. Ora vogliono solo mangiare e li capisco, perché è anche ciò che voglio io.

    Dopo pranzo ognuno si ritira nelle proprie camere per riposare prima di tornare in spiaggia. Sono rimasti shockati dal fatto che ho disfatto tutte le valigie e per l’ordine in cui ho disposto i vestiti e le scarpe nei loro armadi.
    Tom ha deciso di sdraiarsi sul divano a guardare un film. Io gli faccio compagnia seduta sulla poltrona a fianco e, dato che il film non mi interessa, leggo “Eclipse”, di Stephanie Meyer.
    -Mia?- Mi chiama Tom.
    -Dimmi.- Rispondo senza sollevare lo sguardo dal libro.
    -Vieni a sdraiarti qui, accanto a me.-
    -Rasta, ricordi cosa ti ho detto quella notte a Miami e i giorni seguenti?-
    -Sì, lo ricordo benissimo.- Fa lui scocciato.
    -Ecco!-
    -Ma desidero troppo la tua compagnia. Sai fin troppo bene che mi piace stringerti. E poi non c’è niente di male a stare un po’ abbracciati.-
    -Ok!- Cedo.
    Sa bene che anch’io voglio essere abbracciata da lui. Amo quando mi stringe al suo petto.
    Poso il libro sul tavolino basso di fronte a me, mi alzo. Tom si sposta per farmi spazio. Mi sdraio, cercando di restare il più lontano possibile da lui. Se ne accorge e mi stringe di più.
    -Che fai? Ti allontani?- Mi chiede.
    -Te l’ho già detto.-
    -Non stiamo facendo nulla di male.-
    -Sembra a te. Tom, dico sul serio, non dovremo stare così.-
    -Non riesco a combattere contro quello che provo. È troppo difficile per me.-
    -Lo è anche per me, ma ci provo lo stesso e, molte volte, ci riesco pure.-
    -Dai, non ci pensare. Pensa solo al fatto che, quando sei con me, ti senti molto felice.-
    -Ok.-
    E sono due. Sto cedendo troppo.
    Tom mi dà un bacio in testa. È strano il fatto che abbia ragione. No, non è strano: ha ragione e basta. Penso troppo. Mia: “Vivi e lascia vivere!”.
    Georg passa per il salotto. Ci guarda e scuote la testa sorridendo. Allora Tom intreccia le sue mani fra le mie.
    -Prima o poi, voi due tornerete a fare i piccioncini.- Ci dice.
    -Liscio-Effetto-Seta, invece di sparare cazzate, prendi dal mio porta-cd il DVD “Intervista col vampiro” e mettilo.- Gli ordino.
    Georg prende il porta-cd dal mobile e mette il DVD nel lettore.
    -Grazie, molto gentile!- Fa Tom, con un finto sorriso. Georg esce e torna a lasciarci soli.
    -Perché vuoi vedere proprio questo dvd?- Mi chiede Tom.
    -Perché, dalla prima volta che l’ho visto, me ne sono letteralmente innamorata.-
    -Più di me?-
    -Molto di più.-
    -Che spiritosa che sei.-
    -Grazie, gioia.-
    -Di niente.-
    -Rasta, ora fammi seguire il film.-
    -Mmm… In tutta la conversazione, non mi hai mai guardato.- M’informa.
    Mi giro a guardarlo. Ci guardiamo. Già sappiamo ciò che vogliamo. Cerco di trattenermi il più possibile. Si avvicina per baciarmi ed io torno a girarmi verso il televisore.
    -Adoro Tom Cruise. In questo film.- Gli dico.
    -Mentre adori Tom Kaulitz sempre.- Continua lui.
    -Sì, sì, contaci.- Gli dico sarcastica.
    -Che fai? Sfotti?- Mi chiede.
    -No… E’ la tua impressione.- Continuo col sarcasmo.
    Ho impostato la lingua del film tedesca, con i sottotitoli in italiano.
    Il film inizia, mentre Tom non la smette di fare il cretino… Come sempre!


    Capitolo 51
    Dopo il film, io e Tom abbiamo deciso di scendere in spiaggia, da soli. Gli altri hanno detto che ci avrebbero raggiunti più tardi.
    Quell’incosciente del mio ex mi fa preoccupare. Si allontana talmente tanto dalla riva. È incredibile come non si accorga del pericolo che corre allontanandosi molto dalla riva.
    Finalmente, decide di uscire dall’acqua. Gli passo la sua asciugamani. Ci guardiamo attraverso gli occhiali da sole. Si siede di fianco a me.
    -Propongo di rimetterci come stavamo posizionati sul divano per vedere il DVD, prima di venire qui.- Mi dice.
    -Io direi di andartene affanculo, detto con tutta la cordialità che posso.- Rispondo.
    -Sei diventata molto irascibile.-
    Si getta su di me, facendomi sdraiare sulla sabbia e mi blocca i polsi. Bene, ora avrò tutta la sabbia nei capelli: la cosa che detesto di più al mondo. Lo ammazzerei.
    -Ora che vuoi fare, eh?- Mi chiede, ridendo.
    -Tom, lasciami!- Gli ordino.
    -No, voglio stare così sto davvero comodo.-
    -Stai comodo te, non io.-
    -Su questo ti do ragione, ma… Se ora ti baciassi?-
    -Provaci e ti faccio pentire di essere nato.-
    -E come?-
    -Prova e lo vedi.-
    Tom avvicina il suo viso al mio in maniera molto pericolosa. Poggia le sue labbra sulle mie. Cerca di dischiudermele. Tento in ogni modo ad allontanarlo da me, ma è difficile. Provo a dargli un calcio: le sue gambe sono più forti delle mie e tutto diventa più complicato.
    -No, le palle no, lasciamele stare perché mi servono ancora.- Mi dice senza staccare la sua bocca dalla mia.
    -Ti ho mai detto che sei volgare?-
    -Sì ed è per questo che sei perdutamente innamorata di me.-
    Ride, ma non mi molla. Ma neanch’io mi arrendo.
    -Su, Mia, lasciati andare.- Continua lui.
    -No. Tom, ti prego, levati.-
    -Mia, per favore, dai, che ti costa? Sono in crisi d’astinenza.-
    -Te lo chiedo per favore, Tom, te ne prego.-
    -Ok, va bene.-
    Tom mi si leva di dosso e si ricompone.
    -Grazie!- Gli dico senza riuscire a guardarlo.
    -Figurati. Non volevo costringerti a baciarmi, volevo solo… Non so neanche io cosa volevo.- Dice dispiaciuto.
    -Tom, tranquillo, non è successo nulla di grave.-
    -Ok!-
    Rimaniamo un po’ in silenzio. Guardando l’uno nella direzione opposta dell’altra. Ci è rimasto un po’ male. Vorrei baciarlo, ma ho troppa paura di ferirlo. Non me lo posso permettere. Non posso fargli del male. Non proprio a lui che è sempre stato buono, gentile e premuroso nei miei confronti. Nonostante tutto quello che è successo.
    La mia mano inizia a muoversi. Si avvicina alla sua. La tocca e intreccia le dita fra le sue. Le stringe. Lo guardo. Tom non capisce. Non riesce a capirmi. Mi avvicino a lui, senza togliergli gli occhi di dosso. Gli metto una mano sulla guancia.
    -Vuoi ancora baciarmi?- gli chiedo piano.
    Sorride. Mi avvicino al suo viso e tocco le sue labbra con le mie.
    -Io voglio sempre baciarti.- Sussurra.
    Sorrido e continuo a baciarlo.
    Mi sdraio sul telo. Lui si mette sopra di me. Una mia mano esplora il suo corpo. mi poggio sui gomiti. Tom tiene una mano dietro la mia nuca.
    Improvvisamente si stacca da me e si alza. Si offre di aiutarmi ad alzare. Le prendo. Mi blocco a pochi centimetri dal suo viso. Avviciniamo di nuovo le nostre bocche.

    Gli altri sono ancora nella villa. Alle 17.00. fanno tutto con calma, soprattutto Bill, il quale è da tre quarti d’ora davanti allo specchio a guardarsi. Gli altri lo aspettano con le braccia incrociate al petto, stanchi di stare sempre in attesa ogni volta che devono uscire.
    -Raga, appena torniamo in Germania, devo fare una tintura urgentemente. Mi si sono schiariti tutti, soprattutto il nero… Quasi, quasi, faccio tutta la testa nera, senza il biondo.- Dice Bill senza staccare lo sguardo dallo specchio.
    -Bill, non puoi guardare dove sono i capelli bianchi quando torniamo?- Chiede Georg.
    -Ma quali capelli bianchi?! Mica ho i capelli bianchi io!non scherzare su queste cose!- Risponde Bill.
    -Mia è una donna e non se ne frega proprio se i suoi capelli si schiariscono o se ne ha qualcuno bianco. Vorrei capire da chi hai preso, Bill. Tua madre non è così fissata con il look.- Gli dice Andreas.
    -A proposito di Mia, io sono convinto che lei e Tom stanno nascondendo qualcosa.- Dice Georg.
    -Non penso. Se alludi al fatto che sono tornati insieme, penso che ce l’avrebbero detto: non ci sarebbe nulla di male.- Risponde Gustav.
    -Sono d’accordo con Gustav,- Interviene Andreas.
    -Ma come! Non avete notato che non litigano più come prima, stanno sempre insieme, abbracciati e, ogni tanto si baciano?- Chiede Georg, guardando ognuno di loro.
    -Nooo, sono comunque due ex. Poi, penso che sia un bene che non litigano più, almeno non c’è tensione fra loro. A Mia, piace essere abbracciata da Tom, si sente al sicuro. Lo vede come uno scudo protettivo. Poi, comunque, aveva detto che voleva scegliere alla fine della vacanza se tornare o meno con mio fratello.- Interviene Bill.
    -Raga, ma come fate ad essere così ciechi. Quei due non la raccontano giusta e, alla fine, vi accorgerete che ho ragione io, che quei due sono tornati insieme.- Insiste Georg.
    -Pensala come vuoi.- Conviene Gustav.
    Finalmente, Bill finisce di guardarsi allo specchio. I ragazzi fanno un sospiro di sollievo. Tutti prendono le cose da portare in spiaggia. E tutt’insieme appassionatamente si avviano verso la spiaggia.

    In spiaggia. Io e Tom. Tranquilli. Tra un bacio e l’altro. Tra una carezza e l’altra. Ogni tanto, mi allontano e fingo di volerlo baciare, ma, invece, strofino il naso contro il suo. E gli carezzo il viso e i capelli. E mi stringo di più a lui. E intreccio le mie dita fra le sue. E sento l’altra sua mano camminare sulla mia pelle. E far camminare le sue dita sulla sua pelle. E ridere di una finta.
    Tomi prende dalla mia borsa la fotocamera. La accende ed inizia a scattare delle foto a noi due. Foto pazze, bizzarre. Mentre ci baciamo, mentre ci guardiamo intensamente, mentre guardiamo lontano. Cercando di essere più fantasiosi possibile.
    Seduti. Io avanti e Tom dietro di me, con le gambe incrociate attorno alle mie. Le braccia attorno alla mia vita e le mani che stringono le mie. Entrambi con gli occhiali da sole. Guardiamo il mare e tutto ciò che lo circonda.
    -Tom, non sta bene.-
    -Non me ne frega, voglio sono pensare che sto bene così.-
    -Ma potresti soffrirne ed io non voglio questo.-
    -E allora? Sono masochista io.-
    -…E cretino.- Aggiungo.
    -Lo so. È per questo che potresti scegliermi di nuovo.-
    -Sì, fidati.-
    -Ti piace che ti piaci il collo.-
    -Lo sai fin troppo bene.-
    Le labbra di Tom toccano il mio capo. Poi scendono. Chiudo gli occhi e mi lascio andare. La sua bocca scende sul collo. Giro il viso verso di lui e continua. Mi carezza il viso con una mano. Torna a baciarmi sulla bocca. Rimaniamo così fino all’arrivo dei nostri amici.
    Gettano velocemente la loro roba accanto a noie corrono in acqua a tuffarsi.
    Io e Tom dal posto in cui ci eravamo messi prima che arrivassero gli altri. Camminiamo come due amici. Senza toccarci, né abbracciarci, né baciarci. Passeggiamo per tutta la spiaggia. Senza perdere di vista gli altri.
    Tom ha portato con sé la fotocamera. Chissà a cosa gli servirà!
    Ci sediamo su delle rocce. Tom ricomincia a scattare altre foto. Torniamo a fare pose strane, buffe, fuori del comune. A Tom piace molto fare le foto mentre ci baciamo.
    -Queste foto non potranno andare sul mio blog.- Gli dico.
    -Lo immagino. Meglio così. Almeno le custodiamo gelosamente, no?-
    -Più che altro, credo che le nasconderò.-
    -Saranno le nostre e di nessun altro. Questi sono solo i nostri bellissimi momenti di felicità.- Mi dice tornando a baciarmi.
    Tom scatta la foto. E questa è la più bella di tutte. E quella foto non sarà solo nostra.


    Capitolo 52
    Sera. Camera mia. Ho deciso. Io e Tom non ci baceremo più. E non so quante volte me lo sono detta. Non voglio più baciarlo, a meno che non torniamo insieme. È difficile, ma voglio provarci e riuscirci. Perché è molto complicato. Perché è successo tutto ciò che è successo? È la domanda che incombe più frequentemente nella mia testa. Io desideravo solo stare con lui. Solo quello, niente di più.
    Quando Tom partì per tornare in Germania dalla sua famiglia, io non vedevo l’ora di rivederlo e di passare con lui il più tempo possibile. Poi desideravo farmi una vita insieme a lui. Ho iniziato a vivere solo per lui. Era tutto per me. Tutto il mio mondo. Niente era sbagliato. Niente. Era solo amore e, per me, lo è ancora. Lo sarà per sempre, ne sono sicura. Potrebbe ancora continuare ad esserlo, per tutta la vita.
    Bussano alla porta.
    -Chi è?- Chiedo.
    -Bill.-
    -Entra è aperto.-
    Bill entra e si richiude la porta alle spalle. Mi si avvicina e mi guarda mentre mi trucco. Lui è già pronto. È strano. Non è da lui.
    -Mia, ti muovi? Sono quasi le 23.30!- M’informa.
    -Cosa? Così presto?- Chiedo.
    -Presto?! Mia, è tardissimo, stiamo aspettando solo te.-
    -Ho quasi finito.-
    -E’ quel “quasi” che mi preoccupa.-
    -Ma finiscila!-
    Continuo a truccarmi, più velocemente ora. Chissà da quant’è che mi aspettano.
    Ecco fatto. Finito. Un’ultima occhiata allo specchio ed ho finito. Ripongo tutta la roba al proprio posto, prendo la borsetta con tutto l’occorrente, spengo la luce e, velocemente, raggiungiamo gli altri in salotto.
    Arrivati in salotto, i ragazzi ci guardano male. Divento rossa e faccio un’espressione dispiaciuta.
    Tom inserisce l’allarme. Chiudiamo tutto a chiave ed usciamo.
    La discoteca è a poca distanza da qui. Stasera mi sento particolarmente in imbarazzo e non ne capisco il perché. So per certo che non è per il mio ritardo, anzi, penso che si siano abituati con Bill. C’è qualcosa nell’aria che m’imbarazza e mi intimidisce parecchio.
    Arriviamo fuori alla discoteca. Ci sono degli enormi butta-fuori di pelle scura ed una lunghissima fila da rispettare. Fanno entrare un gruppo di quattro persone alla volta. C’è ancora molto da aspettare. Non parlo, mi guardo intorno. Loro cinque non smettono di parlare. Inizio a sentirmi davvero a disagio e fuori luogo.
    Voglio tornarmene a casa! Cavolo, non mi era mai successo con loro di sentirmi così! È tutto decisamente strano.
    Quando entriamo, trovo tutto estremamente strano. La musica, la struttura, le decorazioni, le persone. Tutto. Ed è tutto straordinariamente stupefacente. È diversa dalla discoteca italiana. Ad essere sincera, tutta l’America, o meglio, gli Stati Uniti d’America è diverso dall’Italia. È come stare su un altro pianeta.
    Stasera quei cinque sono davvero strani. Se ne sono andati al centro della pista a ballare senza neanche chiedermi se volevo unirmi a loro. Che poi non si lamentassero se me ne vado per i fatti miei. Beh… Vuol dire che approfitterò del mio momentaneo (o permanente!) “stato d’indipendenza”.
    Ci sono ragazzi molto più grandi. Dopo la bruttissima esperienza avuta ad Ibiza, è meglio stare molto attenti a quelli più grandi e tenere gli occhi ben aperti.
    Mi avvicino al bancone per prendere da bere. Neanche qui in California posso prendere alcolici prima dei ventun’anni. Questa legge è uguale per tutti gli Stati Uniti d’America. Per entrare qui, se l’è vista Georg col butta-fuori, d’altronde, hanno più o meno la stessa corporatura. È stato molto efficace. Non si sa cosa gli abbia potuto dire.
    Il ragazzo dietro il bancone, mentre versa del liquore in un bicchierino, mi guarda.
    -Hai qualcosa di analcolico?- Gli chiedo.
    -No, mi dispiace. Dato che quasi nessuno beve l’analcolico, abbiamo deciso di eliminarlo in questo locale.- Mi spiega.
    -Merda. Non è che potresti darmi della vodka?- Gli chiedo speranzosa.
    -Hai almeno ventun’anni?-
    -No, purtroppo.-
    -Allora non posso, mi dispiace, la legge me lo vieta. Sai com’è.-
    -Ti capisco. Grazie comunque.-
    Il ragazzo dà una birra ad un tizio, poi si ferma, poggia le mani sul bancone e si dedica solo a me.
    -Ci sei rimasta male?- Mi chiede.
    -Abbastanza.-
    -Ci credo… Ma non sei di queste parti, vero?-
    -Infatti.-
    -Di dove sei?-
    -Di molto lontano.-
    -Mmm…-
    -Oltreoceano.-
    -Europa?-
    -Italia.-
    -Che parte dell’Italia?-
    -Più o meno vicino Napoli, anche se appartengo ad un’altra provincia.-
    -Wow. Ci sono stato in Italia.-
    -Che parte dell’Italia?- Gli chiedo.
    -Milano. Ci sei mai stata?-
    -Ancora no.-
    -L’ho trovata davvero carina.-
    -Mi fa piacere… Comunque, io sono Mia.-
    -Molto piacere, sono Mike.-
    -Piacere mio, Mike.-
    C’è uno sgabello di fianco a me. Ci salgo sopra e salgo sul bancone. Mike mi guarda da sotto. Gli sorrido per rassicurarlo che va tutto bene. Scuote la testa.
    Come a Miami, ballo di nuovo sul bancone. Mi piace farlo, lo trovo davvero divertente. Poi, se sei l’unica a farlo, è ancora più divertente: tutti ti guardano, alcuni ti ammirano, poi provano a farti capire che devi scioglierti un po’ di più e partecipano a quella strana danza insieme a te. E c’è sempre quel qualcuno che fa il cretino e che finché non interviene qualcuno per farla finire in rissa, ci proverà sempre. I miei amici si avvicinano al bancone. Tom mi guarda male e scuote la testa, mentre, gli altri partecipano allo mio show. Georg tenta di spronare Tom a partecipare allo spettacolo che ho messo in atto. Dopo un po’ di resistenza, alla fine, si scioglie e sembra, addirittura divertirsi. Mike fa le sue coreografie con lo shaker. Mi tiene il tempo.
    La musica continua ad andare ed io inizio ad essere stanca e i piedi stanno iniziando a dirmi bruttissime parole. Tom mi si avvicina e mi aiuta a scendere dal bancone. Faccio per andarmene, ma il barista mi prende il braccio bloccandomi.
    -Mia, credo che tu ti sia meritata una vodka.- Mi dice.
    -Grazie, ma devo rifiutare, è contro la legge far bere alcolici a chi è al di sotto dei ventun’anni. Non ho di certo ballato qui sopra solo per avere da bere.- Gli dico.
    -E per cosa l’hai fatto?- Mi chiede.
    -Perché mi diverte farlo. Non è la prima volta che faccio una cosa del genere in una discoteca.-
    -Wooow… Devo sperare, allora, che continuerai a farlo. Se vorrai, ti faccio pagare.-
    -Se dovrò continuare a farli, non sarà certo per soldi, quindi non voglio essere pagata. Comunque, ci penserò, Mike.-
    Mike mi lascia il braccio. Io e Tom ci allontaniamo. Guardo l’orologio. Le tre di notte. Così presto?! Perché oggi penso sempre che sia presto? Mah…
    -Ricordi che dovevamo fare il falò stanotte?- Mi chiede Tomi all’orecchio.
    Annuisco. Credo che stiamo aspettando gli altri fuori. Ci raggiungono tutti, tranne Georg.
    -Georg?- Chiedo in generale.
    -E’ già tornato a casa per portare la legna sulla spiaggia...- Risponde Gustav. -...Dobbiamo raggiungerlo alla spiaggia vicino casa.- ci informa.
    -Ok.-
    Tutt’insieme ci avviamo verso casa.
    Commentiamo il mio balletto sul bancone. Le facce che hanno fatto tutte le persone che si sono avvicinate al bancone.
    Tom sembra alquanto infastidito da quest’argomento. Non riesco a capire se questo dovrebbe farmi piacere oppure no. una cosa è certa: mi ama ancora e questo non mi fa altro che piacere, anche perché, per me, è lo stesso.
    Arriviamo a casa e non sappiamo ancora cosa succederà dopo… Né riusciamo ad immaginarlo…


    Capitolo 53
    Anche di notte, la spiaggia di fronte casa nostra è bellissima. Rispetto alle altre tre mete, per entrare in spiaggia non abbiamo dovuto scavalcare. Sarebbe stato un problema per portare la legna per il falò. Di notte, molte coppiette decidono di andare a fare un giro in spiaggia. Se io e Tom fossimo stati ancora insieme l’avremmo fatto di sicuro. È stupido desiderare una cosa quando puoi averla comunque. Tom è qui. Potrei andare a fare una passeggiata con lui su questa meravigliosa spiaggia quando voglio, ma se lo facessi vorrebbe dire che ho deciso di tornare con lui, mentre io non ho ancora deciso su ciò che farò.
    -Mia, a cosa pensi?- Mi chiede Tom.
    -Nulla.- Rispondo.
    -Sicura? Ti vedo un po’ assente.-
    -Certo che ne sono sicura.-
    -Ti andrebbe di andare a fare una passeggiata più tardi?-
    -D…Dove?- Chiedo perplessa.
    -Qui in spiaggia.-
    -Ok, va bene. Non c’è nessun problema.-
    -Grandioso!- Esclama.
    -Grande!- Convengo io.
    Ci guardiamo per un po’, poi tutt’e due, imbarazzati, distogliamo lo sguardo l’uno dall’altra. Gli altri hanno già acceso il falò. Io e Tom siamo gli ultimi ad arrivare. Ed è brutto camminare distanti. È come se non ci conoscessimo affatto, mentre non è così. Lui è l’unica persona che mi conosce realmente. L’unica che ha capito chi davvero sono. Ed io non potevo chiedere altro dalla mia vita. Ma qualcosa è andato storto. Non so cosa, né perché. È’ buffo, ma io non riesco ad odiarlo. Per quanto ci abbia provato, per quanto mi abbia fatto del male, ma io non ci riesco.
    -Fai portare a me la chitarra?- Gli chiedo.
    -No, non esiste.-
    -Ma come? Mica te la violento!-
    -Sì, lo so, ma lei è sacra, è la mia dea.-
    -Ma come sei esagerato! Addirittura ora la chitarra è diventata una dea. In questo modo le monti la testa!-
    Arriviamo dai nostri amici. Sono tutti attorno al fuoco a parlare. Di cosa ancora non sono riuscita a capirlo, ma per come sono loro, di sicuro, non stanno parlando di qualcosa di serio. Ci vedono arrivare.
    -Finalmente, pensavamo che vi foste persi.- Ci dice Georg.
    Io e Tom ci guardiamo perplessi per qualche istante.
    -Non riuscivo a trovare la chitarra acustica.- Si giustifica il rasta.
    -Pensavamo che steste facendo una sveltina.- C’informa Andreas, ridendo e con lui tutti gli altri.
    -Mi dispiace deludervi.- Dico.
    -Sarà per la prossima.- Dice Tom.
    Vado a sedermi accanto a Georg. Tom si siede accanto a me. Tom inizia a suonare le prime note. Hilf mir fliegen. Georg lo segue col suo basso. Bill la canta. A bassa voce, cercando di non farmi sentire dagli altri, la canto anch’io con lui. Bill se ne accorge e mi lascia cantare da sola. Le parole le ricordo, ma ogni tanto “inciampo”.
    Finita la canzone, cantiamo insieme In die Nacht.

    In mir wird es langsam kalt
    wie lang konn’ wir beide hier noch sein
    Bleib hier
    Die Schatten woll’n mich hol’n
    ab heute wird die Uhr durch’n Countdown ersetzt
    Doch wenn wir gehen,
    dann gehen wir nur zu zweit
    Du bist
    alles was ich bin
    und alles was durch mein Adern fließt
    Immer werden wir uns tragen
    Egal wohin wir fahr’n
    Egal wie tief

    (CHORUS)
    Ich will da nicht allein sein
    lass uns gemeinsam
    In die Nacht
    Irgendwann wird es Zeit sein
    Lass uns gemeinsam
    In die Nacht

    Ich höre
    Wenn du leise schreist
    Spure jeden Atemzug von dir
    Und auch wenn
    das Schicksal uns zerreißt
    Egal was danach kommt
    das teilen wir

    (CHORUS)
    Ich will da nicht allein sein
    lass uns gemeinsam
    In die Nacht
    Irgendwann wird es Zeit sein
    Lass uns gemeinsam
    In die Nacht

    In die Nacht… Irgendwann
    In die Nacht… Nur mit dir zusamm’

    Halt mich sonst treib ich allein in die Nacht
    Nimm mich mit und halt mich
    Sonst treib ich allein in die Nacht

    (CHORUS)
    Ich will da nicht allein sein
    lass uns gemeinsam
    In die Nacht
    Irgendwann wird es Zeit sein
    Lass uns gemeinsam
    In die Nacht

    Du bist
    alles was ich bin
    und alles was durch mein Adern fließt

    Sembriamo die cretini. Chi passa, ci guarda, scuotendo la testa e sorride.
    -Tom, stasera, non vai da nessuna parte? Niente movimento?- Gli chiede Bill, dandomi una piccola gomitata.
    -Ma quale movimento? Io non ho mai avuto nessun movimento!- Si difende pronto Tom.
    Partono i fischi degli altri tre.
    -E allora, alle Maldive ed a Miami, dove te ne andavi all’improvviso?- Chiede Andreas.
    -Affanculo! No, dai, me ne andavo in spiaggia a pensare.- Risponde Tom.
    -Tom Kaulitz che pensa! Non ci credo nemmeno se lo vedo.- FA Gustav.
    Parte un’altra risata generale. Poi si passa ai ricordi: le vacanze più belle e quelle più brutte. I ricordi della scuola e dell’infanzia. Il ricordo del mio diciottesimo compleanno.
    Poi, passiamo ad immaginarci il nostro futuro. A come ci vedremo a quarant’anni: Georg si vede a nuotare, come Paperon De Paperoni, in una piscina piena di soldi, circondato da modelle, almeno dieci al giorno, se non di più.
    Gustav si immagina sposato con una bellissima moglie e con tre figli. Immagina che, alla fine di un concerto, sua moglie e i suoi figli vanno da lui e si congratulano.
    Bill s’immagina ancora con un Tokio Hotel, ancora vocalist, felice con una moglie che lo ama ed una bambina di nome Simone, come la madre. Dice che la sua secondogenita semmai fosse femmina la chiamerà come me. Vuole che la cresca io , ma non me la sentirei, va bene mantenerla quando sono impegnati, ma tenerla proprio io, no, non me la sentirei di strapparla a sua madre.
    Andreas s’immagina grafico pubblicitario di successo. Una donna diversa ogni giorno. Bambini, se proprio devono arrivare, vuole che arrivino molto tardi. Felice, potente e ricco, di successo, vuole che ogni giornale porti le sue pubblicità e che parli di lui. Vuol essere bello, ricco e scapolo a vita.
    Tom dice di non volersi immaginare in futuro: non vuole sognare per poi vedere i suoi sogni infrangersi. Preferisce vivere giorno per giorno, programmando la giornata, non il futuro.
    Infine, tocca a me. Non so ancora come m’immagino. Forse, imprenditrice di successo. Felice, con un ragazzo diverso ogni sera, poi, magari, andare a vivere fuori. Poi quando arriva l’amore, sposata con una bellissima bambina, con capelli neri ed occhi chiari riccia.
    -Se vuoi possiamo farla insieme questa bellissima bambina.- Mi propone Tom.
    -No, grazie: sei biondo, io voglio una bambina mora.- Rispondo.
    E di nuovo risate. Mi guardo intorno. Mi soffermo su un ragazzo che mi sembra di conoscere. Sembra che sia Erik. Vorrei chiamarlo per capire se è lui, ma non credo che mi sentirebbe da così lontano. Allora, con gli occhi cerco di focalizzarlo bene. Non mi sembra lui. Il tempo di scuotere il capo che è già scomparso. No, non era lui, era solo la mia immaginazione. Sono un po’ delusa del fatto che non fosse lui. Mi dispiace davvero tanto che lui non sia qui con noi. Penso che ci saremmo divertiti davvero tanto tutt’insieme. Spero davvero tanto di rincontrarlo un giorno. Si è sempre mostrato disponibile nei miei confronti. In qualunque modo. Da quella sera, mi è sempre stato vicino, come gli altri, è sempre stato attento a non lasciarmi mai da sola. Mi sono attaccata molto a lui e gli sarò per sempre grata. Vorrei davvero tanto che fosse qui. Dio solo sa quanto desidero la sua presenza qui.
    -Mia, tutto ok?- Mi chiede Bill.
    -Sì, sì, scusami. Che dicevamo?- Domando confusa.
    -Tom ha detto che non c’entra niente il fatto che lui è biondo, non influisce. Se Dio decide che il tuo bambino deve uscire biondo, esce biondo; se, invece, decide di farlo uscire moro, uscirà moro, a prescindere dal vostro colore di capelli di te e Tom. Però, io credo che questo mix tra castano e biondo possa influire e...- Dice Andreas.
    -Ok, ok, ho capito.- Lo interrompo.
    Il falò continua, le canzoni anche, fino alla stanchezza.
     
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    Capitolo 54
    Mattino di risveglio in spiaggia. Sono già passate due settimane da quando siamo arrivati qui. E, in queste due settimane, abbiamo fatto dieci falò notturni. Ormai, per noi, è diventata un’abitudine svegliarci in spiaggia la mattina. Penso che sarebbe strano per noi risvegliarci in casa. Nonostante il fatto che di mattino presto il sole è accecante, vale la pena dormire in spiaggia.
    Mi alzo, cercando di coprire gli occhi con una mano. Guardo l’orologio. Sono le 8.30 pm. Ora locale. Penso che sia meglio svegliare gli altri e tornare in casa. Mi avvicino ad ognuno e, con delicatezza, li sveglio, uno per volta. Fanno fatica a svegliarsi. In queste condizioni non riuscirebbero a fare neanche un metro.
    -Ragazzi, ce la fate ad arrivare fino a casa?- Chiedo. -Non è lontano.- Li informo.
    -Sì, ma siamo stanchi.- Dice Georg sbadigliando.
    -Ora arriviamo a casa e ci mettiamo a dormire nuovamente.- Gli rispondo.
    -E’ un inferno: perché dobbiamo dormire in spiaggia, per poi svegliarci stanchi morti e tornare a dormire in casa? Dormiamo direttamente in casa, facciamo prima.- Propone Bill.
    -Ecco il solito pignolo.- Dice Tom.
    -Che palle!- Esordisce Gustav.
    -Ci mancava lui!- Dice Georg ridendo.
    Insieme ci avviamo verso casa. Bill devo portarlo abbracciato a me: ogni tanto cade e tocca a me sorreggerlo. Siamo tutti assonnati, ma Bill è quello messo peggio. È incredibile. Sul palco ha grinta da vendere, poi, appena gli è possibile, o meglio, appena ha un po’ di tempo libero, crolla in questo modo. Ora riesco a capire quanto stress accumulano durante tutto l’arco della giornata, con tutte le prove, le interviste, i concerti e le registrazioni. Ed hanno solo dai diciannove ai ventun’anni. Non voglio neanche immaginarli a cinquant’anni. Sicuramente non riusciranno neppure ad alzarsi dal letto, talmente sono stanchi. Ognuno di loro avrà di sicuro una badante che li aiuti. Poveri. Avevano bisogno di questa lunga vacanza. Arriviamo in casa ed ognuno si dirige nella propria camera da letto. Con un unico scopo uguale per tutti e sei: dormire il più possibile.

    Al mio risveglio, trovo una strana sorpresa. Tom è sdraiato accanto a me a guardare la televisione.
    -Cosa ci fai qui?- Gli chiedo con voce assonnata.
    -Niente. Volevo solo stare un po’ qui con te.- Risponde.
    -Tomi, lo sai.-
    -Cosa?-
    -Che non dovresti essere qui.-
    Tom sbuffa. -Ma che ti frega? Sai bene che voglio passare tutto il tempo con te, quindi, non meravigliarti di ciò.-
    -Io non mi sto affatto meravigliando, sto semplicemente dicendo che voglio che rispetti le mie scelte. Se non ti voglio con me in camera mia, te non devi venirci, per nessuna ragione a questo mondo.-
    -Sai bene che non riesco a starti lontano.-
    -Usare le maniere dolci e ragionevoli, con te è un caso perso. Mi sa che, d’ora in avanti, userò le maniere cattive.-
    -Non ci riusciresti.-
    -Non sfidarmi.-
    -Mi ami troppo per farlo.-
    -La perfidia non conosce sentimento.-
    -Oh oh… Madonna, e questa dove l’hai pescata?-
    -Te lo dico di nuovo: non-mi-sfidare!-
    -E tu non mi allontanare.-
    Sbuffo. Non c’è niente da fare con lui. Trova sempre il modo per uscirne bene. E questo mi fa arrabbiare. E molto. Mi giro dandogli le spalle. Per non guardarlo. Tomi mi abbraccia da dietro e mi attira a sé.
    Non posso far altro che sorridere, senza farmi vedere da lui. È normale che mi faccia piacere, provo ancora qualcosa di molto forte per lui. Non posso scordarlo così, dalla sera alla mattina, come se non ci fosse stato niente di particolare.
    -Prima di venire da te…- Sussurra, respirando affannosamente nel mio orecchio. I suoi respiri mi fanno venire la pelle d’oca. -…Immaginavo.- Continua.
    Torno a guardarlo.
    -Cosa immaginavi?-
    Porta l’altra mano, quella libera, sulla mia pancia e si stringe di più a me.
    -Ad un bambino.-
    -Un bambino?-
    -Sì, un bambino nostro. Tutto per noi. Ah, no, ho sbagliato, era una bellissima bambina. Come l’hai descritta tu ieri sera. Saresti davvero una madre stupenda, lei sarebbe bellissima, ma non quanto te.-
    -Tom, non prendermi in giro.-
    -Dico sul serio. Saremmo davvero una bellissima famiglia felice.-
    Sorrido.
    -Hai mai provato a fare il regista, invece del chitarrista?- Gli chiedo.
    -No, perché?-
    -Riesci a farti bellissimi film in testa.-
    -E’ perché ho una stupenda musa ispiratrice.-
    -Sempre la battuta pronta, mi raccomando.-
    -Tranquilla.-
    -Se tutto ciò che hai immaginato, non si avverasse, potresti rimanerci malissimo.-
    -Lo so benissimo, ma preferisco non essere pessimista.-
    -Dimmi, anzi no, giurami che rimarremo comunque amici.-
    -Io non voglio solo l’amicizia.-
    -Lo so, ma voglio che me lo giuri comunque.-
    -Ok… Ti giuro che, nonostante ciò che accadrà in futuro, io e te saremo sempre amici.
    -Grazie. È molto importante per me.-
    -Lo immagino.-
    Metto una mia mano sulla sua. Tom intreccia le sue dita fra le mie.
    -Hai mai provato ad avere una carriera nel mondo dello spettacolo?- Mi chiede all’improvviso.
    -No, perché?-
    -Potresti fare la modella o l’attrice.- Mi consiglia.
    -Oh, è vero, mi prenderebbero tutti. Si ammazzerebbero per avermi come testimonial.- Dico sarcastica.
    -Non dire così. Secondo me, potresti farcela. Se vuoi posso raccomandarti io.- Mi propone.
    -Ti ringrazio, Tom, ma preferisco di no. so come funziona questo mondo. Se vuoi farne parte, devi andare incontro a molti compromessi, quasi sempre sporchi.-
    -Se ci fossi io dietro, sta’ sicura che non sarebbe così. Non lo permetterei a nessuno.-
    -Però vorresti te qualcosa in cambio.-
    -Il tuo amore. Non è molto.-
    Ci sorridiamo. Come faccio a rinunciare a questi momenti. È’ complicato. Tutto. Io lo amo.
    -Che ore sono, Tom?-
    -It’s seven o’clock pm.-
    Ridiamo entrambi, come i soliti due scemi. Sarebbe davvero stupendo se questa tranquillità durasse in eterno, se non ci fossero più le incomprensioni tra noi, ma è impossibile. Tutto inizia per finire.
    -Bill ha fatto arrivare le pizze.- Mi informa.
    -Pensi che siano arrivate?- Gli domando.-
    -Credo proprio di sì. Che dici? Saranno buone?-
    -Non come quelle napoletane.-
    -Se è per questo, neanche le donne americane sono come le napoletane.-
    Gli do un pizzico sulla mano.
    -Ahi, mi hai fatto male.-
    -Ma va! Se volevo farti bene ti davo duemila euro.-
    -Mmm… Interessante… Comunque, volevo intendere te…-
    -Pensi di cavartela così? So che l’hai detto solo per riparare la situazione.-
    -Intelligente.-
    -Grazie! Vabbeh, va… Andiamo a vedere se sono arrivate davvero.-
    Ci alziamo dal letto ed andiamo alla porta. Scendiamo di corsa le scale e ci dirigiamo verso la sala da pranzo, nella quale, sul tavolo, vi sono poggiate quattro placche di pizza. Spero solo di non avere un’indigestione stanotte.


    Capitolo 55
    Velocemente. Tutto scorre velocemente. Come queste altre due settimane a Laguna Beach. È già Ferragosto. È’ incredibile. Quando stai bene, il tempo passa velocemente. Anche troppo velocemente e non puoi farci nulla. Devi solo lasciarlo scorrere e prenderti ciò che viene. Devi stare zitto e farlo andare avanti. Fargli seguire il suo cammino ed aspettare che torni un momento bello.
    Ed anche stasera si va a ballare, poi falò e, infine, bagno di mezzanotte vestiti.
    Ormai sono pronta e posso scendere dagli altri.
    Spengo la luce, chiudo la porta e scendo la rampa di scale, la quale porta all’ingresso principale.
    Stasera abbiamo scelto di andare alla discoteca più esclusiva (e più costosa!) di Newport Beach. Dicono che è stupenda e dà sulla spiaggia.
    Insieme usciamo e ci dirigiamo verso la macchina. Bill e Georg dicono che questo locale è ad una trentina di minuti da qui. A piedi ci metteremmo una vita.
    In auto, richiesto a furor di popolo, si ascolta l’album “Scream”. Il loro cd. Cantiamo tutt’insieme Break away.

    All’interno, il locale è ancora più bello di come appare fuori. È pieno di neon colorati. La musica è molto alta. I Tokio Hotel, nel pomeriggio hanno prenotato sei posti per la Sala V.I.P. Erano gli ultimi sei. È la prima volta che vado nella Sala V.I.P. di una discoteca. D’altronde, con i Tokio Hotel, tutto è possibile.
    Ci sono i divisori tra la nostra sala e quella per la gente comune. Vi sono anche delle guardie del corpo. Bill si annuncia al buttafuori, il quale controlla sulla lista se ci siamo anche noi. Ci fa entrare uno per volta. Questa sala è stupenda. Da qui si vede anche la consolle del DJ. Con mia grande sorpresa, noto che, a fare il Disc-Jockey c’è Tommy Vee. In Italia, è molto conosciuto. Credo che lo sia anche qui, cavolo, è davvero incredibile! Mi guardo intorno e noto che, ad un tavolo c’è un altro DJ italiano: Gabry Ponte. Accidenti, anche lui è qui! È un sogno. Ad un altro tavolo, vi è Clive Owen. Che strafigo! Poi vi è Tom Cruise, con sua moglie Katie Holmes; George Clooney. Cavolo, sono uno più bello dell’altro. Allo stesso divano di Clooney, vi è Raoul Bova con sua moglie. Oddio, mi sento mancare. Sembra di essere in un sogno. C’è anche Jude Law. Ecco perché la Sala V.I.P. è a numero chiuso, perché è esclusiva.
    Mi sarebbe piaciuto vedere anche Health Ledger, ma, purtroppo, non c’è più. Di questo me ne rammarico molto. È’ morto a soli trenta o più anni, una bellissima carriera di attore ed un bellissimo aspetto fisico. Aveva una bellissima fidanzata. Meglio di così.
    -Tom, ti prego, dammi un pizzico.- Gli dico.
    -Perché?- Mi chiede a sua volta incuriosito.
    -Ci sono Clive Owen, George Clooney, Jude Law, Raoul Bova e chissà quanti altri V.I.P.- Rispondo compiaciuta.
    Mi sento mancare e mi gira tutto intorno.
    Non so se è un segno del destino, ma accanto al divanetto di Clive Owen, ce n’è uno libero. Corro verso quel divanetto, veloce, di modo che nessuno possa rubarmelo. Mi getto sopra come un sacco di patate e scopro che è il divano più comodo su cui ho mai posto le chiappe in vita mia.
    Gli altri mi raggiungono, mentre io, con la coda dell’occhio, guardo cosa fa Clive Owen. Noto con piace ed imbarazzo che guarda me. Oddio, è un sogno. Quando l’ho visto per la prima volta nel film Closer, ho letteralmente perso la testa per lui. Non so che fare. La testa però mi suggerisce di girarmi a guardarlo. E così faccio. Provo a sorridere, ma mi esce una strana smorfia che non sa cosa vuol comunicare. Clive mi sorride.
    -Ciao!- Mi saluta.
    -Salve!- Risponde Tom.
    Clive si rigira a guardare verso le persone che sono sedute con lui. Mi rigiro delusa verso i miei amici.
    -Cos’è questa faccia? Noi non ti andiamo più bene?- Mi chiede Georg.
    -Certo che sì, ma, ragazzi, parliamoci chiaro, questi sono tutti divi di Hollywood.- Mi giustifico.
    -Lo sappiamo, tranquilla.- Mi dice Bill.
    -Comunque, Mia, abbiamo tutta la serata per conoscere ognuno.- Mi dice Gustav.
    -...Allora, Georg caro, inizia ad andare a prendere qualcosa da bere.- Gli ordina Gustav.
    -Ma perché devo andarci sempre io?- Chiede scocciato Georg.
    -Perché sei l’unico ad avere ventun’anni.- Risponde Andreas.
    -Che palle! Voglio tornare ad avere sedici anni.- Si lamenta ancora Georg.
    -Se avessi avuto sedici anni, non saresti potuto entrare qui dentro.- Lo informa Tom.
    -Avrei fatto un documento falso.- Risponde il bassista.
    Scoppiamo a ridere. A Georg non rimane altro che alzarsi ed andarci a prendere da bere. Va al bancone della Sala V.I.P.
    -Ma perché lo trattate così male?- Chiedo in generale.
    -Perché è scemo.- Risponde Tom, sorridendo.
    -Invece è gentile!- Difendo Georg.
    -Sei con i più deboli?- Mi chiede Andreas.
    -Sempre!- Rispondo fiera.
    -Scusate!- Ci dice qualcuno.
    Alzo lo sguardo. È Gabry Ponte. Oh, mio Dio. Ce l’ha con noi! Siamo sicuri che non ci abbia scambiati per qualcun altro? Cavolo, scordo sempre che i Tokio Hotel fanno parte del mondo dello spettacolo.
    I miei amici lo fissano, senza capire una minima parola di ciò che ha detto.
    -Oh, scusatemi!- Continua Gabry iniziando a parlare in inglese. -…Avevo scordato che siete tedeschi… Comunque, voi siete i Tokio Hotel, giusto?- Chiede ai miei amici.
    Loro si guardano l’un l’altro ed annuiscono.
    -Piacere, sono Gabry Ponte, un DJ italiano.- Si presenta offrendo la mano.
    -Oh, molto piacere!- Fa Bill entusiasta, offrendogli la mano. -…Questi sono i miei amici, mentre lui e Tom, mio fratello gemello. Il bassista è andato un attimo a prendere qualcosa da bere.-
    Bill ci presenta uno ad uno.
    -Piacere di conoscervi!- Ci dice.
    -Piacere nostro!- Fa Tom.
    Georg torna da noi con un vassoio enorme in mano, su cui ci sono sei bicchierini.
    -Ho dovuto anche pagare! Voglio che, ora, tutti voi, cacciaste la propria somma, tranne Mia, ché è una donna: sono pur sempre un gentiluomo.-
    -Brutto avaro che non sei altro, noi siamo i tuoi amici.- Gli dice Gustav.
    -Ma dove sono andati a finire i nostri sette anni di amicizia?- Gli chiede Tom.
    -A farsi fottere!- Risponde Georg.
    Scoppiamo tutti a ridere, Georg compreso. È’ sempre il solito. Poggia un vassoio sul tavolino di fronte a noi. Ognuno di noi prende un bicchierino. Georg guarda Gabry Ponte con circospezione, ma, subito dopo, si presenta a lui. Bevo un sorso del mio bicchierino. È’ molto pesante ciò che Georg ha preso. Deciso di bere tutto d’un sorso il resto della mia bevanda.
    Subito dopo mi alzo e mi dirigo verso il bancone della Sala V.I.P. Dico al barista di farmi spazio tra i bicchieri. Questi mi guarda perplesso non riesce a capire. Salgo sul bancone e mi lascio trasportare dalla musica. Mi lascio andare alla mia ennesima Danza sul bancone. Il “pubblico”, dentro e fuori della Sala V.I.P., sembrano apprezzare molto lo spettacolo. I Tokio Hotel sono i primi, tranne Tom. Bill e Gabry parlano fitto fitto, guardando me.
    Il tutto dura più di un’oretta.
    Al bancone si avvicinano anche Clive Owen, George Clooney. Mia, non farti prendere dall’emozione e continua, su! È’ difficile. Tutti accompagnano la musica ai battiti di mani a lunga distanza l’uno dall’altro.
    Penso che, per questa sera, possa bastare. Faccio per scendere, ma qualcuno mi offre la mano per aiutarmi. Lo guardo. Il viso mi dice qualcosa. È qualcuno di non famoso, ma che conosco bene comunque. Non bene bene come vorrei, ma abbastanza bene. Ci sono.
    -Oddio, Erik, ma cosa ci fai qui?- Gli chiedo, saltandogli addosso.
    --Sono qui con Gabry Ponte, è un mio carissimo amico.- Risponde.
    -Davvero?-
    -Sì. Ho capito che eri qui quando Gabry mi ha fatto notare che c’era Bill. Sai, voleva parlargli.-
    -Ho sperato davvero tantissimo di rincontrarti.- Ammetto.
    Sul suo viso s’illumina un sorriso.
    -L’ho sperato anch’io.- M’informa. -…Andiamo a sederci.-
    Lo prendo per mano e lo porto al nostro divanetto, il quale adesso è vuoto. Ora siamo soltanto io ed Erik seduti a parlare.


    Capitolo 56
    La serata continua in spiaggia, attorno ad un falò. Al nostro gruppo si è aggiunto anche Erik.
    Tom suona la sua amatissima chitarra; Bill intona In die Nacht. Secondo me, diventerà la nostra colonna sonora. Georg suona il basso, mentre Gustav ed Andreas fanno il coro a Bill. Io ed Erik parliamo di ciò che è successo all’uno e all’altro da quando si siamo divisi ad Ibiza fino ad ora. Gli parlo anche degli articoli di giornale usciti sul mio conto. Sulle cattiverie che hanno scritto su di me (Da precisare il fatto che neanche mi conoscono!).
    -TOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM!- Gli urla Bill innervosito. -…Non mi puoi sbagliare l’accordo della canzone che ti ho dedicato!- Lo rimprovera.
    -Scusami, mi sono distratto!- Si giustifica il rasta.
    -Scusate, ragazzi, posso unirmi anch’io al vostro falò?- Ci chiede qualcuno alle mie spalle.
    Mi giro e, lentamente, alzo la testa, fino ad arrivare al viso. Ho paura di guardare in faccia quest’uomo. è Clive Owen. Cioè, Clive Owen vuole unirsi al falò di un gruppo di smidollati? È incredibile! Se può succedere questo, allora vuol dire che il mondo può capovolgersi.
    -Sì, certo!- Risponde amabilmente Erik.
    Clive si siede accanto a me.
    -Piacere, sono Clive Owen.- Si presenta.
    Mi offre la mano. Gli do la mia. Se la porta alla bocca e me la bacia. Cavolo, che galantuomo! Con Tom, questo me lo sognavo. Però, il mio Tom, ha molte altre qualità. Clive si presenta anche agli altri.
    Continuo a guardarlo con una faccia da pesce lesso. Clive mi guarda perplesso.
    -Mia, giusto?- Annuisco. -…Perché mi guardi così?- Mi chiede Clive.
    -Così come?- Chiedo a mia volta.
    Sinceramente non so che espressione ho sul mio viso. So solo che è da pesce lesso o, ancora meglio, da polipo.
    -Non ti so spiegare bene, però hai una faccia strana, come se stessi vedendo chissà cosa.- Continua.
    Se gli dicessi che ho quell’espressione perché, da quando l’ho visto in Closer, me lo scoperei senza pensarci neanche mezza volta, ne rimarrebbe sconvolto… O, forse, no! D’altronde, è sempre un attore bello, ricco e scapolo. Credo che quella proposta non gli sarebbe nuova. Tutte le donne gliela farebbe.
    -Mi scusi…- Gli dico abbassando lo sguardo.
    -Non darmi del lei, ti prego. Già ho una certa età, poi mi dai anche del lei… In questo modo, mi farai sentire un novantenne.- M’interrompe.
    -Ok… Scusa… Clive, ma… Oddio… Te sei un attore Hollywoodiano… Figo, tra l’altro.- Dico imbarazzata.
    Clive scoppia a ridere.
    A noi si aggiungono anche Gabry Ponte e Tommy Vee. Oddio, sono uno più bello dell’altro. Si accomodano accanto ad Erik. Iniziano a parlare con i Tokio.
    Io, Erik e Clive parliamo dei film di quest’ultimo. Io mi soffermo proprio su Closer. È davvero stupendo quel film e, lì dentro, Clive era il più figo di tutti.
    Clive ci racconta degli errori che commetteva ogni tanto durante le riprese, le figuracce, le risate insieme a Julia Roberts.
    -Dovresti provare a fare la modella…- Mi consiglia Clive ad un certo punto. -…Hai un bel viso ed un bel fisico. Non penso che ci metteresti molto a trovare un ingaggio. Oppure se vuoi puoi fare il cinema con me, ti raccomando io.- Mi propone.
    -Non sei la prima persona che mi dice ciò. Io non ho nessuna agenzia, nessun book… Nulla alle spalle. E, comunque, frequento ancora il liceo.-
    -Capisco… Facciamo così: dopo ti lascio i miei numeri, semmai cambiassi idea, mi fai uno squillo.-
    -Ragazzi…- Georg interrompe tutti, alzandosi. -…Manca un solo minuto a mezzanotte.- Ci avvisa.
    -Quindi?- Chiede Clive.
    -Si fa il Bagno di Mezzanotte.- Gli rispondo.
    -Ma io non ho il costume.- Mi dice.
    -Nessuno di noi ce l’ha, infatti. Dobbiamo farlo vestiti.- Lo informo.
    -Ragazzi…- Continua Georg. -…Iniziamo a prepararci. Togliamo le scarpe e formiamo una barriera compatta di fronte al mare.- Ci ordina.
    -In che senso, Georg?- Gli chiede Tommy Vee.
    -Dobbiamo posizionarci come se stessimo facendo una maratona: uno di fianco all’altro.- Gli spiega Gustav.
    -OK!- Urliamo tutti.
    Ci mettiamo tutti come ha spiegato Gustav. Io sono in mezzo fra Tom ed Erik.
    -Ragazzi, mancano undici secondi!- C’informa Georg.
    -DIECI… NOVE… OTTO… SETTE… SEI… CINQUE… QUATTRO… TRE… DUE… UNO… GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!- Urliamo tutt’insieme.
    Corriamo tutti verso l’acqua e ci tuffiamo con tutti i vestiti. Non pensavo che anche i personaggi noti facessero queste cazzate. Ci sarebbe da meravigliarsi. La cosa forte è che, dopo non sappiamo come asciugarci, dato che non abbiamo il telo. Il sole neanche c’è. In poche parole, siamo rimasti fregati. Di sicuro, prenderemo una bronchite cronica. Ok, è vero, è esagerato, però sarebbe un miracolo se non ci venisse niente.
    Tom mi viene vicino. Non mi ero accorta che si era allontanato. Mi guarda e, con un abile gesto, mi prende in braccio. Mi tengo abbracciata a lui.
    -Lo vuoi fare un bel tuffo?- Mi chiede.
    -Me lo fai fare te?- Gli chiedo a mia volta, alzando le sopracciglia.
    -Certo… E chi se no?-
    -Allora, ci sto.-
    -Prima, però, voglio un bacio.-
    Gli stampo un sonoro bacio sulla guancia. Rimane deluso e scuote la testa.
    -Sai fin troppo bene che non voglio un bacio sulla guancia, non fare la furba e la finta tonta.- Mi dice.
    -Io non faccio la furba e la finta tonta.- Gli dico.
    -Sì, invece. Non ti si addice questo ruolo.-
    -E, comunque, dove lo vuoi il bacio?- Gli chiedo.
    -Lo sai fin troppo bene.-
    -E te, sai fin troppo bene come la penso.-
    -Ma che ti costa?-
    -Niente, però, dopo, fai l’appiccicoso con me.-
    -Non è vero! Io non sono appiccicoso e neanche lo faccio, soprattutto con te.-
    -Oh, sì che lo sei, soprattutto con me.-
    -No, non è vero!-
    -Sì, che è vero!-
    -No, non è vero!-
    -Ok, basta. Però è divertente fare la mocciosa con te: mi assecondi sempre.-
    -Ammettilo: stai fin troppo bene con me.-
    -Sai benissimo che è così.-
    Torniamo seri.
    -Però non me l’hai mai detto prima d’ora, neanche quando stavamo insieme.- Mi fa notare.
    -Lo so, te lo sto dicendo ora.-
    -Meglio tardi che mai.-
    Torniamo a sorriderci.
    -Eddai, sei sempre il solito. Ora, non è il momento di scherzare.-
    -Ok, scusa.-
    Torniamo seri. Ci guardiamo per un lungo attimo. Gli carezzo i capelli e scendo alla guanci. Mi avvicino al suo viso e lo bacio sulle labbra. Mi allontano subito. In poche parole, gli ho dato un bacio a stampo e già so che si lamenterà anche di questo.
    Torno a guardarlo.
    -Ora me lo fai fare questo tuffo?- Gli chiedo con finta impazienza.
    -Anche due, se vuoi.- Mi risponde.
    -Per ora, rimaniamo ad uno, poi si vedrà.-
    -Ok.-
    Tom mi porta più al largo. Mi sa che non vuole farmi fare un tuffo. No, no. Lui vuol farmi morire di crepacuore. Sa fin troppo bene che siamo nell’oceano e che ci sono gli squali. Non dovrebbe allontanarsi in questo modo.
    Si ferma. Sta galleggiando. Respiro profondamente. Tomi fa lo stesso. Andiamo entrambi sott’acqua. Riemergo subito. Tom mi segue.
    -Cosa c’è?- Mi chiede.
    -Non lo so. Ho sentito l’impulso di dover prendere aria.- Gli spiego.
    -Capisco.-
    Faccio dei respiri lunghi e profondi. Tom mi guarda un po’ preoccupato.
    -Sai stare con gli occhi aperti sott’acqua?- Mi chiede.
    -No.-
    -Vuoi imparare?-
    -Vorrei.-
    -Allora… Ora, torniamo di sotto. Scendi con gli occhi chiusi e, dopo, li riapri, mi sono spiegato?-
    -Ok.-
    Torniamo entrambi sott’acqua. Provo a fare come mi ha consigliato lui. Non ci riesco. E così, neanche per gli altri cento tentativi.
    -Ritenta.- Mi incoraggia.
    -Non ci riesco.-
    -Ritenta, non ti costa nulla.-
    -Tom, lo so già, non ci riuscirò mai. Ho già tentato cento volte.-
    -Ehi, non devi mai arrenderti. Riproviamoci, vedrai che ora andrà meglio.- Dice. -…Fai un bel respiro lungo e profondo e al mio torniamo di sotto, ok?-
    -Ok.-
    -Bene… Tre… Due… Uno… Giù!-
    Torniamo entrambi sotto. Provo ad aprire gli occhi e, con mio grande stupore, ci riesco, li tengo aperti. È grazie a Tom. Mi ha incoraggiata lui. Non ha voluto che io mi arrendessi, nonostante questo avrebbe superato il centesimo tentativo. È incredibile. Ci sono riuscita proprio io che, quando mi entra dell’acqua negli occhi, mi agito tutta.
    Guardo Tom negli occhi e gli sorrido. Mi avvicino a lui e lo bacio. Infilo la mia lingua nella sua bocca. Se lo merita un bacio vero. È pur sempre il mio unico grande amore. Mi stringo a lui. Tomi mi carezza con una mano i capelli, scendendo sulle guance e finendo alla nuca, mentre con l’altra mi carezza la coscia. Mi metto cavalcioni su di lui. Lo tengo abbracciato a me, con le gambe intorno a circondare la sua vita.
    Respiriamo l’uno il respiro dell’altra. Ho sempre desiderato dare baciare un ragazzo in apnea.
    Poi, all’improvviso, mi stacco da lui e risalgo, in fretta e furia.
    -Tomi, qualcosa mi ha sfiorato. Come se fosse una lama. Ti prego, torniamo dagli altri.-
    -Ok , forse è meglio.- Conviene lui.
    Velocemente torniamo da tutti e ci accorgiamo che sono tutti fuori dall’acqua.
    Sono ancora a cavalcioni su di lui, dato che non so nuotare. Usciamo dall’acqua anche noi.
    -Oddio, ragazzi, state bene!- Ci dice Bill, abbracciandoci.
    -Sì, Bill, perché non dovremmo?- Gli chiedo.
    -E’ stato avvistato uno squalo, poco fa, è per questo motivo che siamo usciti dall’acqua. Poi, non vi abbiamo visti arrivare ed abbiamo pensato al peggio, per fortuna non vi è capitato nulla.- Ci dice.
    -Oddio, Tom, Uno squalo mi ha sfiorata.- Gli dico andando nel panico.
    -Mia, stai calma.- Mi dice Tom.
    -No, come faccio? Potevo rimanerci secca.- Gli dico, poggiandomi a lui.
    -Ma non è successo, sta’ tranquilla… Cerca di stare tranquilla.-
    -Cos’è questa storia?- Ci chiede Bill.
    -Io e Tom ci stavamo baciando sott’acqua e…- Inizio io a raccontare la storia.
    -…E, all’improvviso è riemersa, dicendo che, qualcosa di simile ad una lama, l’ha sfiorata.- Continua Tom.
    -Sapevo che era uno squalo, lo sapevo!- Continuo.
    -Mia, ora state bene, non c’è nulla di cui preoccuparsi.- Cerca di tranquillizzarmi Georg.
    -Avete ragione. Forse sarebbe meglio se tornassimo a casa.- Propongo.
    -Di già? Io mi stavo divertendo.- Si lamenta Bill.
    Tom mi poggia a sé con fare paterno. Mi stampa un bacio in testa.
    -Facciamo così: la riaccompagno io. Quando vorrete tornare vi fate dare un passaggio. Non me la sento di farla stare qui. Sta anche tremando.- Dice Tom.
    -Ok, fratellino, non preoccuparti per noi. A casa, falle una camomilla o dell’acqua con lo zucchero, per calmarla.- Gli suggerisce Bill.
    Georg dà a Tom le chiavi della macchina. Saluto tutti.
    -Ci rivedremo, tanto, io sono qui.- Mi dice Erik.
    Ci salutiamo. Clive mi lascia il suo biglietto da visita, nel caso cambiassi idea per quella proposta. E non solo.
    Tom fa lo stesso.
    Usciamo dalla spiaggia e saliamo in macchina, per poi partire diretti a Laguna Beach.
    -Scusa!- Mi dice.
    -Non è colpa tua, non potevi saperlo.-
    -Dovevo immaginarlo. Mi hai detto tantissime volte di non allontanarmi troppo perché ci sono gli squali.-
    -Dai, non pensarci.-
    Mi prende la mano e se la porta alla bocca, senza staccare gli occhi dalla strada.
    -Non so cosa avrei fatto se quel maledetto squalo ti avesse aggredita.-
    -Non è successo, quindi basta.-
    -Sono un cretino. È’ la seconda volta che ti metto in pericolo.-
    -So a cosa ti riferisci, ma non fa niente.-
    -Fa, invece, che ragazzo sono se ti metto solo in pericolo. Io dovrei proteggerti e non fare il contrario.-
    -Tom, ti prego, non colpevolizzarti, mi fai stare male!-
    -Devo farlo. Hai tutte le ragioni per voler stare lontano da me.-
    -Basta, ti prego!- Gli dico piangendo.
    -Sono un imbecille.-
    -Tom, non m’interessa, io mi sono innamorata di te per come sei, non ho mai preteso che diventassi un’altra persona o che fossi perfetto. Mi stai benissimo così.-
    -Non è vero. Lo fai solo perché non vuoi farmi colpevolizzare.-
    -Non osare mettere in dubbio la mia parola.-
    -Ok… Scusami, ma…-
    -Niente ma…-
    -Ok.-
    -Stasera ti voglio con me, nel mio letto. Ho bisogno di te.-


    Capitolo 57
    Altri cinque giorni passano. Come le rondini di primavera. Ciò che ho fatto dieci minuti fa è già storia. La mia storia. La storia della mia vita. La fine delle vacanze estive si avvicina… Ed io, non so ancora cosa regalare ai gemelli ed a Gustav per il loro compleanno.
    Fare i regali a Raoul era molto semplice: sapevo tutto di lui, e lo so ancora adesso. So i suoi gusti, cosa gli piace. Conosco i gemelli e Gustav, ma non abbastanza bene da capire cosa regalare loro.
    Ho paura di sbagliare. Non vorrei deluderli. Per il mio compleanno, loro mi hanno fatto un bellissimo e costosissimo regalo: era ciò che più desideravo al mondo.
    Ho spiegato il problema ad Erik e si offerto di accompagnarmi in giro per negozi per comprare dei regali adatti, stamattina. Ho pensato che potrei anche prendere dei pensierini da portare a casa alle persone a cui voglio bene.
    Dopo aver fatto le pulizie da cima a fondo in tutta la villetta, mi preparo per uscire con Erik. Non ci metto molto, dato che ero già vestita da un po’ di tempo. Ieri sera, mi ha avvisata di indossare un costume invece dell’intimo, sotto i vestiti, poiché, dopo aver fatto tutte le commissioni, avremmo raggiunto gli altri in spiaggia.
    I citofono emette uno trillo acuto, sordo. Dev’essere Erik di sicuro. Prendo la borsa con tutta la mia roba dentro e corro giù per la rampa di scale e lo apro. Lo aspetto sull’uscio della porta. Appena arriva, mi saluta con un bacio sonoro sulla guancia.
    -Ciao, piccoletta, sei pronta?- Mi chiede.
    -Sì, sì… Andiamo?-
    -Certo!-
    Chiudo la porta a chiave e ci avviamo verso la sua automobile. Saliamo e lui parte.
    -Ho notato che, in giardino, avete una piscina: la usate qualche volta?- Mi chiede ancora.
    -Finora non l’abbiamo mai usata.-
    -Credo che dovreste usarla, è più comoda, anche di sera e di notte, soprattutto.-
    -Ti va di stare da noi stasera? Magari posso chiedere ai ragazzi di far portare delle pizze.- Gli propongo guardandolo dritto negli occhi, perdendomi nel suo verde smeraldo.
    -E’ una bell’idea, ma con Tom come la metti?-
    Sbuffo.
    -Io e Tom non stiamo insieme e te sei un mio carissimo amico.-
    -Ok, allora va bene… Se vuoi chiamo anche Clive, Jude Law, Gabry e Tommy.- Mi propone lui.
    -Come?!- Gli faccio stupita.
    -Ho i loro cellulari.-
    -Dici sul serio? Hai il loro numero? Io ho solo quello di Clive Owen. Non mi stai dicendo una bugia, vero?- Gli chiedo scrutandolo bene negli occhi.
    -Beh, meglio di niente. E, comunque, perché mai dovrei mentirti?! Se non mi credi, posso farti vedere i loro numeri di cellulare e li chiamo avanti a te.-
    -No, no, no, scusami, Erik, ti credo. È che mi sembra strano. È già abbastanza strano, per me, aver visto ed aver conosciuto tutti quei V.I.P., l’altra sera.-
    -Anch’io, la prima volta che venni qui ed entrai in quella discoteca, non riuscivo a credere di vedere tutti quei personaggi famosi e ti dico che, le sere prima, c’erano ancora più personaggi. Poi, a mano a mano che frequentavo quel posto, ho iniziato a farci l’abitudine ed è diventato tutto quasi normale. Sono diventato amico quasi di tutti. all’inizio è normale non riuscire a crederci, poi, inizi anche ad abituartici.-
    -E’ quel quasi che mi preoccupa. Se mi dici così, sembra una cosa orribile, invece, non è affatto così… Però hai ragione!-
    Rimaniamo in silenzio per un po’. Ho gradito sin dal primo la compagnia di Erik e sarà sempre così. È piacevole, confortante, tranquillizzante.
    -Allora, dove mi porti?- Gli chiedo tornando a guardarlo, mentre guida.
    -Avevo in mente un centro commerciale qui vicino, poi se non trovi nulla lì, ti porto in giro per i negozi della città, anzi no, ti porto in tutti i negozi della California e degli Sati Uniti d’America.-
    -Mmm… interessante, molto interessante.-
    -Cosa? Andare in giro per la California o andare in giro con me?- Mi chiede guardandomi anche lui.
    Mi sento arrossire. Prima di rispondere devo pensare e non sparare cazzate. Ultimamente, sparare cazzate, è la cosa che mi riesce meglio.
    -Ehm… Per… Per… Tutt’e due… Credo!- Rispondo imbarazzata.
    -Cosa devo inventarmi per stare un minuto solo con te, senza Tom.- Mi dice.
    Ed ancora imbarazzo e rossore. Erik mi sorride e torna a guardare la strada.
    -Ti va di venire a Las Vegas con me?-
    -A… Las Vegas?! Ma è in Nevada!- -Prendiamo un treno.
    -Non ora.-
    -Quando?-
    -Non saprei… Io…-
    -Vuoi o non vuoi venire con me a Las Vegas?-
    -Certo che voglio, ma gli altri? Dovrei dirglielo.-
    -Fai venire anche loro.-
    -Però ci vorrà molto per arrivarci.-
    -Allora, invece del treno, prenderemo l’aereo.-
    -Comunque ci vorrà molto tempo.-
    -No, non è così, l’aereo è più veloce del treno.-
    -Ok, allora va bene.-
    -Così possiamo anche sposarci, se vuoi.-
    Si rigira per guardarmi. Mi fa un sorriso sghembo. Sicuramente ho un’espressione sconvolta in viso. O, ancora peggio, da pesce lesso. Il suo sguardo torna alla strada. Ho un groppo in gola che mi crea qualche difficoltà nel deglutire.
    -Ho una curiosità.- M’informa.
    -Hai cosa…?- Gli chiedo.
    -Una curiosità… Ma che sei sorda?-
    -Pensavo di non aver capito bene… Comunque, che curiosità?-
    -Di sapere cos’hai detto a Tom dopo che mi hai rivisto.-
    Rimango perplessa. Come si esce da queste situazioni?

    -Tom, mi porti il telo, per cortesia?- Gli chiede Gustav, uscendo dall’acqua.
    -Vieni qui e prendilo. Non ho “Servitù” scritto in fronte?!- Risponde il rasta dando un tiro alla sua sigaretta, la sua ennesima sigaretta da questa mattina.
    I Tokio Hotel sono tutti in spiaggia. Tutti fanno il bagno, tutti tranne Tom. Lui è nervoso. Ha paura che, lasciando Mia ed Erik soli, possa succedere qualcosa tra loro. E non vuole. Sta bruciando di gelosia. Sta impazzendo. Sarebbe voluto andare anche lui con loro, ma Mia l’ha tranquillizzato. Ha capito subito il perché di quella richiesta e cosa lo turbava. È sempre stato così: capisce sempre tutto di Tom.
    Gli ha detto di godersi la mezza giornata con i suoi amici in spiaggia.
    Andreas si siede accanto a Tom, il quale dà un altro tiro di sigaretta.
    -Ehi, Tomi, ma che hai?- Gli chiede.
    -Solo Mia può chiamarmi Tomi, lo sai benissimo. E, comunque, non ho un bell’accidente di niente.- Risponde Tom, nervoso, senza neanche guardarlo in faccia.
    -Ok, scusa. Ma sei sicuro di non avere nulla? Non mi pare sia così.-
    -Ti ho detto che sto bene!- Risponde, ora furioso, come lo sguardo con cui guarda il suo migliore amico Andreas.
    -Mmm… Mi sa che oggi Mia tornerà a casa con una novità.- Esordisce Georg, sedendosi in mezzo fra Tom ed Andreas.
    -Che novità?- Chiede Andreas incuriosito.
    -Quel ragazzo. Mi pare che si chiami Erik, giusto?- Fa Georg, guardando Tom.
    Ad Andreas, Tom e Georg si aggiungono anche Gustav e Bill.
    -Di che si parla qui?- Chiede Gustav con il telo mare avvolto alla vita, sedendosi sulla sabbia.
    -Di Mia e di quell’Erik.- Risponde Georg.
    -Ah, bene… A me sembra che, quei due si piacciano e molto, anche.- Dice Gustav.
    -No, loro due non si piacciono affatto, capito? LORO DUE SONO SOLO SEMPLICI AMICI!- Urla Tom, a tutti.
    Poi si alza e si allontana dai suoi amici. Ha voluto urlarlo al mondo, cosicché sapesse anche lui che fra Mia e Tom non ci sarà niente. E sembra che l’abbia urlato più per convincere sé stesso, che il mondo.
    “Calma, Tom, calmati. Sono solo semplici amici, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Non succederà mai nulla fra loro due. Lei ama solo me. Lei ama solo me… Spero.”.
    Tom getta la sigaretta e si poggia ad uno scoglio con i gomiti. si prende il viso tra le mani ed emette dei respiri profondi, per calmarsi.
    “Calma, Tom, sta’ calmo!”, continua a ripetersi, ma, questa volta, la vocina nella sua non è la sua, ma quella di Mia. Rimbomba continuamente nella sua testa.

    -Ti prego, calmati, Tom! Sta’ calmo.- Gli dico, poggiando le mie mani sulle sue, sul viso.
    -Sì, amore mio, sto calmo. Ma, ti prego di non svanire dalla mia mente.-
    Parla come se stesse parlando da solo.
    -Tom, leva le mani dal tuo viso: io sono qui con te.- Gli dico.
    Lentamente, gli levo le mani dal suo viso, stringendole tra le mie.
    -Tom, sono qui. Tranquillo, su! Non preoccuparti!- Cerco di rassicurarlo.
    Tom mi guarda come se non riuscisse a credere che io sono lì.
    -Giurami che non è successo niente fra te ed Erik, mentre eravate insieme.-
    Ha l’espressione di un bambino maltrattato. Mi trasmette dolcezza e vuole fiducia.
    Lo guardo negli occhi, mentre gli dico: -Non è successo niente, te lo giuro!-
    -Dio, ti ringrazio.-
    Lo abbraccio. Non mi piace vederlo così, in questo stato. Mi fa una tenerezza infinita.
    -Ci ha invitati ad andare a Las Vegas.- Lo informo.
    -Anche noi?- Chiede, senza staccarsi da me.
    -Ho parlato al plurale, quindi, sì!- Gli rispondo. -…Comunque, vi avrei fatto venire anche se non vi avesse invitati lui, altrimenti, non ci sarei mai andata.-
    -Grazie!-
    E si stringe a me più forte.
     
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  4. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 58
    Las Vegas è stupenda. Luci ovunque. Casinò a non finire. Persone per lo più eleganti ad ogni angolo della strada, avviandosi verso i vari casinò. Appena arrivati abbiamo fatto il giro di quasi tutta la città. Ci siamo accontentati di pochissimo, perché è impossibile visitare tutta la città in mezza giornata. Mi è bastato quel poco che ho visto per capire che: a) è un posti meraviglioso;
    b) non ci si annoia mai, qui.
    Però, ad essere sincera, mi piace di più stare a Laguna Beach. La California è sempre stato uno degli stati che ho amato di più al mondo.
    Poi ci siamo fermati in un ristorante a mangiare e, nella toilette ci siamo preparati per bene (I Tokio Hotel che si preparano nel bagno di un ristorante… Peggio dei barboni!), eleganti.
    Ora siamo fuori al casinò e stiamo per entrare. Dopo un po’ ci fanno entrare tutti insieme (Appassionatamente!). sembra di essere nel film Ocean’s Eleven. Con l’unica differenza che, non ci sarà una rapina (O, almeno, lo spero!).
    Entrando mi accorgo che dentro è ancora più bello. Ci sono lampadari enormi, tavoli da gioco ovunque, camerieri che servono bicchieri di Champagne. È tutto elegante, di classe.
    Erik ci ha procurato dei documenti falsi per entrarvi. Lo so che è illegale e non si fa, ma ci tenevo tantissimo a venirci. È un’esperienza che bisogna fare almeno una volta nella vita, da non perdere per nulla al mondo.
    Ci dividiamo.
    -Mia, ti siedi con me?- Mi chiede Tom.
    -Certo, sai benissimo che mi sarei seduta con te.- Gli rispondo.
    Ci diamo la mano, per non dividerci.
    -Mia, ti siedi con me?- Mi chiede anche Erik.
    -Mi dispiace, ma mi sono già accordata con Tom, prima di partire.- Gli rispondo.
    -Ok, casomai, vi raggiungo io dopo.- Ci avvisa.
    -Ok, buona fortuna!- gli augura Tom.
    -Anche a voi!- Risponde lui.
    Io e Tom ci sediamo ad un tavolo da gioco vuoto.
    -Tom, io non so giocare.- Lo informo.
    -Tranquilla, gioco io. Tanto, abbiamo deciso di dividere tutto, ricordi?-
    -Anche con gli altri?-
    -Sì. Non è giusto che, poiché non giochi, tu non debba avere nulla. Tutto ciò che potremmo vincere lo divideremo tra noi sei.-
    -Erik no?- Domando.
    -No, non credo che lui voglia dividere qualcosa con noi.-
    -Non credo che sia così avaro, però, fa niente… quanto avete puntato?-
    -Non lo so, se l’è visto Andreas. Io ho ricevuto solo le Fiches, e non me ne sono preoccupato più di tanto di sapere quant’era.-
    -Capisco!- Convengo.
    Ci sediamo ad un tavolo da gioco. L’unico tavolo in cui non vi è ancora nessuno a giocare.
    -Comunque, non voglio vederti con un soldo in mano qui dentro, per nessuna ragione al mondo.- Mi avverte.
    -Perché mai?- Gli domando incuriosita.
    -Perché non devi.-
    -Ma li ho.-
    -E quindi?-
    -Voglio usarli, quando mi servono.-
    Faccio per prendere il portafogli dalla borsa, ma Tom mi blocca, prendendomi la mano. La intreccia nella sua e se la porta alla bocca. Mi stampa un bacio leggero sul dorso della mano. Ci guardiamo.
    -No, se lo fai, mi offendo!- Mi dice sottovoce.
    -Ok… Però, ti avviso, che mi sono offesa io. Non è giusto che spendiate voi i soldi per ogni cosa.-
    -Senza offesa, noi siamo più… Ricchi, rispetto a te.-
    -Questo è vero, ma non c’entra nulla. Mi state facendo sentire inutile.-
    -Non lo sei affatto.-
    È vero, loro sono più ricchi, però si sono messi così a disposizione con me, non è giusto. Non mi fanno fare mai niente per loro. Voglio sdebitarmi, ma non mi sarà molto facile. Per quanto riguarda Tom, già so come devo sdebitarmi, per quanto riguarda gli altri, non saprei come farlo. Voglio sdebitarmi il più presto possibile.
    La partita inizia. Al nostro tavolo si aggiungono altre tre persone, tutt’e tre vestite in modo elegante. Due uomini ed una donna. Avranno quarant’anni ciascuno. Lo si nota dalle rughe marcate.
    Dopo una decina di minuti, il gioco comincia a farsi duro e con il gioco, si fa duro anche il mio Tom.
    Prendo due bicchieri di Champagne da un cameriere di passaggio, imitata dalla donna al tavolo con noi.
    -Vai, Tom, stai andando benissimo.- Gli sussurro all’orecchio, con voce sensuale.
    Mi prende di nuovo la mano, la riporta alla bocca e me la ribacia.
    -E’ grazie a te se sto vincendo.- Mi dice, senza staccare gli occhi dagli altri concorrenti.
    Li squadra uno ad uno.
    -Vinci perché sei un grande.- Gli dico.
    Ho bisogno di alzarmi. Tom mi guarda interrogativo.
    Mi metto dietro di lui, con le braccia poggiate sulle sue spalle.
    Arrivano da noi Gustav e Georg.
    -Come va a questo tavolo?- Ci chiede Georg.
    -Una meraviglia: Tom è un mito vivente, non fa altro che vincere.- Rispondo.
    -Sappiamo già che è un mostro nei casinò.-

    Passa ancora un’ora. Sono seduta al tavolo accanto a Bill ed Erik. Anche Bill non fa altro che vincere. È un altro mito vivente. Solo io non so giocare. Come al solito. Scelgono sempre i luoghi in cui non so fare niente e, quindi, non posso fare niente. È’ incredibile. Sembra che lo facciano apposta, anche se so benissimo che non è così. Solo ora, noto che tutt’e sei insieme formiamo un bel gruppo. Sembriamo davvero una bellissima famiglia.
    Prima, ho fatto delle foto a Tom mentre giocava. È’ venuto benissimo. Ora, le sto facendo a Bill ed Erik. Bill fa sempre le sue solite faccine buffe. Come sempre, è sempre simpatico. È sempre lui ad essere il più buffo di tutti. È simpaticissimo e dolcissimo.
    Vado al tavolo di Andreas.
    -Allora?- Gli chiedo.
    -Tutto normale. Agli altri?- Mi chiede, senza staccare lo sguardo dal gioco.
    -Erik normale; Bill sta vincendo; Tom sta andando alla grande; Gustav e Georg guardano Tom, ma, prima, hanno vinto abbastanza.- Rispondo.
    -Ah, sì, lo so. Erano a giocare qui con me Gù e Gè. Tu?-
    -Io non ho giocato.-
    -Perché?-
    -Perché non so giocare.-
    Andreas mi guarda sbigottito: -Perché non ce l’hai detto? Ti avremmo insegnato.-
    -Vabbeh, fa niente. L’importante è che voi vi divertiate.- Lo rassicuro.
    -ma devi divertirti anche tu, altrimenti non ha senso.-
    -Infatti, mi sto divertendo.-
    -Anche senza giocare?- Mi chiede, tornando al gioco.
    -Certo!- Rispondo.
    -Sicura?-
    -Al 1000%!-
    -Mi fido?-
    -Ciecamente.-
    -Va bene. Rimani qui con me?-
    -Per me, non c’è problema.-
    -Allora, siediti accanto a me.-
    Obbedisco. Andreas continua a giocare. Lo dirige lui il gioco. Mi spiega come funzione il gioco, anche se è inutile, perché neanche ci capisco niente. Detto fra noi, non ho neanche voglia di imparare, soprattutto in questo momento. Ora, voglio solo divertirmi.
    -Andreas, sai che Tom mi ha proibito di prendere i miei soldi, giusto?- Gli chiede.
    Lui annuisce.
    -Ecco, se avessi saputo giocare ed avessi giocato, avrei potuto sborsarli?- Gli chiedo.
    -No, nemmeno per sogno. Devi conservarli per le urgenze.-
    -Non potete fare così, però. Non credo che ci saranno urgenze.-
    -Potrebbero, ricorda: Mai dire mai! E, comunque, prima regola di un uomo dice: mai far sborsare i soldi ad una donna, per nessun motivo al mondo, non è galante nei suoi confronti.-
    -Neanche per i regali?- Gli chiedo.
    -Ehm… Diciamo che quella è una piccola eccezione che conferma la regola.-
    Scoppiamo a ridere entrambi.
    -Interessante.- Dico, continuando a ridere.

    Alla fine, abbiamo vinto un milione di dollari. So che è incredibile, infatti, non riesco a crederci neanche io. Chissà, a quanto equivalgono in Euro. E, chissà, cosa ne farò una volta ricevuta la mia quota.
     
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  5. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 59
    Empty streets
    I follow every breath into the night
    The wind so cold
    The sun has frozen
    The world has lost its light
    I carry your picture
    Deep in me
    Back to you
    Over 1000 seas
    Back to us
    Don't you lose your trust and your belief
    Just trust me

    (CHORUS)
    We have to go 1000 oceans wide
    1000 dark years when time has died
    1000 stars are passing by
    We have to go 1000 oceans wide
    1000 times against an endless tide
    We'll be free to live our life

    I know somewhere
    We'll find a little place for you and me
    It all turned out
    A different way
    Can't feel the pulse
    In our veins
    So weak today
    We'll let our heartbeat
    Guide us through the dark
    Just trust me

    (CHORUS)
    We have to go 1000 oceans wide
    1000 dark years when time has died
    1000 stars are passing by
    We have to go 1000 oceans wide
    1000 times against an endless tide
    We'll be free to live our life

    There's nothing and no one we'll miss
    And one day we'll look back with no regrets

    1000 oceans wide
    1000 endless years have died
    1000 oceans wide
    1000 stars are passing by
    Passing by

    Please don't drift away from me
    Please don't drift away from me

    We have to go 1000 oceans wide
    1000 dark years when time has died
    1000 stars are passing by
    We have to go 1000 oceans wide
    1000 times against an endless tide
    Then we'll be free

    Please don't drift away from me
    Please don't drift away from me

    1000 oceans wide.

    Che meraviglia restare sdraiati al sole, con le cuffiette nelle orecchie ad ascoltare la musica.
    Erik e Tom. Litigano. Oddio, no. Non possono sempre stare a litigare. E basta. Sono incredibili quei due. A Tom si aggiunge Bill, contro Erik. Poi, Georg contro Gustav. Andreas e Gustav contro Georg. E, poi, Georg contro Bill. Tom contro Andreas. E così via. Litigano tra loro. Usano violenza. Tutti contro tutti. Li raggiungo per fargli fare la pace.
    -Ragazzi, vi prego, fermatevi. Non litigate più… Bill, Tom, Gustav, Georg, voi avete un gruppo musicale, state andando benissimo. Non potete litigare. Vi prego, calmatevi tutti.- Li supplico urlando.
    -Non capisci, Mia, litigano a causa tua. È colpa tua se si ritrovano l’uno contro l’altro.-
    Mi giro per vedere chi ha parlato.
    Rimango a bocca aperta, senza riuscire a spiaccicare nessuna parola.
    -Raoul, come puoi dire questo? Non è vero, non è vero nulla di ciò che hai detto.- Gli dico, piangendo.
    -Sì, invece, ma non te ne rendi conto? Non vedi che non fanno altro che proteggerti da tutto e da tutti? Ti proteggono anche dai loro stessi amici. Non si vede, ma loro si spaccherebbero la faccia l’un l’altro per te, anche Bill e Tom. Non te ne sei ancora accorta, vero? È normale, non lo danno a vedere a nessuno, così nessuno se ne accorge. Eh, Mia, Mia, ti sei cacciata proprio in un brutto guaio. Ti conviene allontanar arti da loro immediatamente.-
    -No, non ci credo, non è possibile. Menti. Loro vanno d’amore e d’accordo. Vabbeh, Tom ed Erik non vanno per niente d’accordo, ma stanno, comunque lontano l’uno dall’altro.-
    -Che ingenua che sei. È per questo che mi sono innamorato di te. Non sai cos’è la cattiveria e neanche sai come si manifesta.-
    -No, Raoul, non ti credo. Non credo alle stronzate che mi hai detto.-
    -Attenta all’acqua!-
    -Quale acqua?- Chiedo perplessa.
    -Quella che ti arriverà fra poco.-
    Guardo perplessa Raoul, non per l’avvertimento sull’acqua, ma per l’avvertimento sui miei amici. È incredibile. Non può essere così. Non può andare a finire così.
    Mi arriva dell’acqua addosso. Apro gli occhi di scatto. Trovo Tom di fronte a me che mi guarda. Era un sogno, o meglio, un incubo.
    Mi alzo velocemente.
    -Oh, oh!- Esclama Tom.
    Inizia a correre.
    Questa non te la perdono, ragazzaccio!- Lo avverto.
    Gli corro dietro, ma lui è più veloce di me.
    -Non mi prendi!- Mi dice, facendomi delle smorfie.
    Stanca, mi fermo, piegandomi in due, col fiatone. Guardo verso il mare. Ci sono anche gli altri che, allegramente, si fanno i gavettoni.
    Anche Erik scherza con loro. Mi torna in mente l’incubo di poco fa. Li guardo ancora. Ognuno con un bel sorriso ad incornici ragli il viso. Sembrano così felici e spensierati. Non è giusto tutto ciò. Non è giusto farli litigare a causa mia. A questo punto, credo che Raoul abbia ragione. Credo che sia meglio stare lontano da loro, per il bene di tutti. Ma come faccio?è troppo complicato. Sono sempre così carini con me.
    Mi sento bagnare il viso, ma non è l’acqua di un gavettone di Tom. Sono i miei occhi che fanno sgocciolare acqua.
    -Ehi, Mia, cos’hai?- Mi chiede il mio ex.
    Si avvicina a me e mi prende il viso tra le mani, facendomi alzare.
    Lo guardo negli occhi e scappo. Scappo da lui. Scappo da suo fratello. Scappo tra i nostri amici.
    -MIA!- mi urla dietro. -…MIA, NON FUGGIRE! MIAAAAAAAAAAAA…- Continua ad urlare.
    Mi raggiunge e mi blocca prendendomi il polso. Non riesco neanche a girarmi per guardarlo in faccia. Si sposta lui e mi si mette di fronte.
    -Tesoro, che ti prende? Perché sei fuggita così?- Mi chiede dolcemente.
    -Ti prego, Tom, lasciami andare via, ti imploro!- Gli rispondo disperata, singhiozzando forte.
    -No, che non ti lascio andare via.-
    Mi abbraccia ed io trovo riparo tra le sue braccia, piangendo ancora più forte. Tomi mi carezza la testa, piano.
    -Non fare così, su, sta’ calma!- Mi dice.
    -Non ci riesco!- Rispondo.
    -Provaci. Non stare così: fai star male anche me.-
    I singhiozzi mi si fanno ancora più forti. Mi stringe di più. Io mi tengo di più aggrappata a lui.
    -Dimmi cos’è successo!- Mi chiede.
    Mi allontano da lui per guardarlo negli occhi. Con i pollici, Tom mi asciuga gli occhi.
    -Non vorrai mica rovinare questi occhi meravigliosi, spero!- Mi dice.
    E così ci scappa un sorriso dolce.
    -Su, su, dì allo zio Tom cos’è successo.- Mi dice, continuando a sorridermi.
    -Io non posso più stare con voi, Tom. Devo allontanarmi, per il vostro bene.- Gli dico demoralizzata.
    -No, tu, in questo modo, non vuoi il nostro bene. Vuoi il nostro male.
    -No, Tom, tu non riesci a capire…- Insisto disperata. -…Se io rimango ancora con voi, finirete per litigare di brutto. Arriverete alle mani.-
    -Sei una sensitiva?! Chi ti ha messo in testa queste stronzate?- Mi chiede sbigottito.
    -Io…- Mi vergogno un po’ a dirlo. -…L’ho sognato.-
    Tom scoppia a ridere. Io lo guardo, dapprima perplessa, poi, furiosa. Tomi nota la mia espressione in viso e blocca la risata di colpo.
    -Raccontami il sogno: voglio sapere ogni minimo particolare.-
    Tom mi dà una mano e mi porta a fare una passeggiata per tutta la spiaggia, mentre gli racconto il mio incubo. Ogni minimo particolare. Non ometto nessun dettaglio. Tomi ascolta interessato.
    -Raoul, sempre lui, anche nei sogni viene a rompere i coglioni!- Mi dice.
    Lo guardo male.
    -Scusa, ma mi fa arrabbiare. Comunque, secondo me, la tua è solo paura.- Mi dice, sedendosi sulla sabbia. -Sdraiati con la testa sulle mie gambe!- Mi ordina.
    Obbedisco.
    -Dicevo: la tua è una semplice paura che il tuo cervello tramuta in realtà.-
    -Che paura, Tom? Spiegati meglio.-
    -Hai paura che ciò che è successo nel sogno, possa diventare realtà. Però, credo che, questa paura tu ce l’hai da prima che la sognassi. Anche se, devo ammetterlo, non riesco a spiegarmi il fatto che sia uscita fuori solo adesso, dopo tantissimo tempo da quando ci siamo conosciuti.-
    -Dev’esserci un perché.- Gli dico.
    -Questo dovresti spiegarmelo tu, dato che studi psicologia.-
    -Appunto, studio psicologia, non interpretazione dei sogni.- Lo informo.
    -Ora fai la spiritella, eh? Comunque, di questo, non preoccupartene più di tanto.-
    -Perché?- Gli chiedo incuriosita, scrutandolo negli occhi.
    -Ci siamo promessi che non avremmo mai litigato per una ragazza, per il bene del gruppo, ma soprattutto, della nostra amicizia.-
    -Complimenti! Avete fatto una coalizione.-
    -Esatto.-
    Io e Tomi rimaniamo così, finché gli altri non ci chiamano per andar via.
    …E le vacanze stanno finendo… Il tempo passa velocemente…
     
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  7. Barbara.K.
     
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    finalmente l'hai continuataa... questa fanfiction è stupeda... l'ho letta tutta da un po di tempo.... ti prego continuaaaa perchè è stupendaaaaaaaaa
     
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  8. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 60
    Tom ha raccontato il mio incubo anche agli altri. Anche loro mi hanno rassicurata.: nessuno litigherà con nessuno a causa mia. Al massimo, possono litigare con Erik, ma non fra loro. La cosa non è che mi rassicura più di tanto. Io vorrei che non si litigasse per niente. Rimane il fatto che, il mio dubbio e la mia paura, restano comunque.
    L’altra sera, la festa in piscina non è potuta essere svolta., così, abbiamo deciso di farla stasera.
    Oggi pomeriggio, io e Tom siamo andati al centro commerciale per fare la spesa. Abbiamo comprato talmente tante schifezze, da star bene due mesi interi. Tra l’altro, nel centro commerciale, ci siamo anche divertiti. Tom si fatto fotografare vicino ad ogni scaffale. Dopodiché, ci siamo rincorsi in tutto il centro con le buste in mano (tra l’altro, pesantissime!). Non è difficile immaginare le facce delle persone che erano lì, in quel momento. Sembravamo dei pazzi appena usciti dal manicomio, se non peggio. Non riescono a capire che siamo giovani e cerchiamo di divertirci in modo genuino… E strano.
    Ad un certo punto, Tom mi ha fatto salire sulle sue spalle e mi ha portata a “cavalluccio” fin qui.
    Controllo l’orologio. Sono le 21.30 ed io non ho ancora finito di prepararmi. Devo ancora asciugare i capelli. Di truccarmi non se ne parla, perché sicuramente farò il bagno in piscina, quindi, non ne vale la pena. Si potrebbe dire lo stesso anche per i capelli, però, se non voglio prendermi una bella cervicale, mi conviene asciugarli.
    Da giù, si iniziano a sentire le prime bussate al citofono e, contemporaneamente, bussano anche alla porta della mia camera.
    -Avanti!- Dico.
    Mi giro per vedere chi è. Tom. Come sempre. Ultimamente, ci siamo riavvicinati davvero molto e, tra un po’, precisamente, tra una settimana, più o meno, dovrò dargli la risposta alla fatidica domanda che mi è stata posta tempo fa, che lui aspetta ansioso da tempo.
    -Tomi!- Dico ancora.
    Chiude la porta alle sue spalle e mi si avvicina.
    -Ho una proposta da farti!- Esordisce.
    -Che proposta?- Gli chiedo curiosa.
    -Invece di stare in giardino, in mezzo a tutta quella gente, perché non rimaniamo qui, da soli, io e te?- Mi chiede.
    -Non possiamo stare qui.-
    -Perché no?-
    -Perché ho organizzato io questa festa e non sarebbe molto corretto lasciare tutte le responsabilità nelle mani dei ragazzi e, poi, non sarebbe molto educato nei confronti dei miei ospiti.- Mi giustifico.
    -E allora?-
    -Come “E allora”?!- Gli dico.
    -Puoi ancora annullarla, o casomai, rimandarla ad un’altra sera.- Propone ancora.
    -No, che non posso, Tomi, c’è già una parte degli invitati, se non tutta, giù.- Lo informo.
    -Chissenefrega!-
    -Tomi!- Lo ammonisco.
    -Va bene, va bene, come non detto!-
    -Ecco, bravo! …Però, un pensierino all’annullamento glielo farei volentieri!-
    -Che meraviglia!- Esulta, entusiasta.
    -Scherzavo!- Lo informo, guardandolo male.
    -Mi spezzi il cuore così, lo sai?- Mi chiede, facendo il musetto da bimbo.
    -Una volta ciascuno!-
    -Che palle!-
    Usciamo insieme dalla mia camera e scendiamo in salotto. Dopodiché, ci dirigiamo in giardino, sempre insieme.
    Ci sono tutti. Clive Owen, Jude Law, Erik, Andreas, Bill, Gustav, Georg, Tommy Vee e Gabry Ponte. Non manca nessuno. Che bello! Tom vorrebbe ancora che io annullassi tutto all’ultimo momento, quando gli invitati sono già qui a divertirsi. Noi due, abbiamo ancora altro tempo in cui stare insieme. Altri sette giorni, quindi, è meglio che non si lamenta.
    Le luci sono tipiche della discoteca. Di sicuro le hanno portate Tommy Vee e Gabry Ponte. Hanno fatto le cose in grande.
    Poco lontano da me, c’è la consolle. Eppure, sembra di stare in una vera discoteca. Quelle in cui siamo stati finora. A pensarci bene, non ho ancora detto ai due DJ che sono italianissima, come loro. E loro manco se ne sono accorti.
    Vado a salutare gli ospiti, iniziando da Erik e finendo a Tommy Vee.
    La piccola festa inizia per davvero. Per la musica ci pensano Gabry e Tommy, alternandosi. Sono i migliori alla consolle, senza offesa per gli altri DJ. Fortunatamente, non abbiamo dei vicini di casa a cui dare conto per il volume della musica.
    Torno da Erik.
    -Allora?- Mi chiede, urlando.
    -“Allora” cosa?- Gli chiedo, a mia volta.
    -Il tuo ex non ti tiene il guinzaglio?-
    -Non me l’hai mai tenuto.-
    -Non mi sembra.-
    -Sono io che voglio che stia con me, quando stiamo insieme!-
    -A quanto, pare è fortunato.-
    -Perché?-
    -Fa il lavoro che ha sempre sognato, è famoso e, soprattutto, ha la ragazza più preziosa del mondo!-
    -Erik, mi sopravvaluti troppo. Io sono una ragazza normale.-
    -Non per noi.-
    -“Noi”, chi?- Gli chiedo, incuriosita.
    La conversazione sta prendendo una brutta piega.
    -Tutti quanti.-
    -Mi sopravvalutate troppo tutti quanti.-
    -Non credo!-
    Sono andata in tilt e non so che rispondere. Mi giro per guardare gli altri che si divertono.
    -Come ti sembra la tua festa?- Mi chiede.
    Torno a guardarlo.
    -Credo che stia andando molto bene, non trovi?- Gli chiedo io, ora.
    -Lo credo anch’io.-
    Ci guardiamo e non riusciamo a staccare lo sguardo, l’uno da quello dell’altra. Come se avessimo due calamite all’interno, le quali si attraggono e non riescono a respingersi. E, per la prima volta, ho voglia di baciarlo e di stringermi a lui. E di farmi stringere da lui. Mi vergogno a dirlo, ma ho voglia di fare l’amore con lui. Con Tom, non mi è mai successo questo. Non perché fosse poco attraente, ma perché c’è sempre stato amore. I minuti sembrano un’eternità. Sento che sto iniziando a provare qualcosa anche per Erik. Mi sento molto attratta da lui. Vorrei stare sola con lui. Ma Tom? Io lo amo. Ma che mi succede? Oddio, desidero Erik. Mi accorgo di pensare ad un posto in cui posso portarlo per poter stare tranquilli, senza alcun disturbo, per poter stare un po’ sola con lui.
    Senza accorgermene, distolgo lo sguardo da lui e torno a guardare gli altri.
    -Erik, grazie!- Gli dico senza guardarlo.
    -Non devi affatto ringraziarmi. Sai che è un piacere.-
    -Sei proprio un bravo ragazzo!-
    -Te ne accorgi solo ora?-
    Lo guardo negli occhi, cercando di non farmi catturare dall’esca. Mi sento come Eva. Lui è il mio serpente tentatore e sento che mi sta offrendo la mela del peccato. Sarà molto difficile per me rifiutarla, giacché, la mela è molto appetitosa ed il serpente, molto attraente.
    -No, me ne sono accorta quando ti ho conosciuto.- Rispondo.
    -Meno male, pensavo che, per te, non fosse così.-
    -Ti sbagliavi!-
    -A questo punto, direi proprio di sì.-
    -Ti va di fare il bagno?- Gli propongo.
    -Certo che mi va.-
    Ci dirigiamo insieme al bordo della piscina e, sempre insieme, ci tuffiamo. Riemergo quasi subito e vado al bordo della piscina per appoggiar mici. Tomi è su una sdraio di fronte a me. Ci guardiamo.
    -Tomi, mi prendi una birre, per favore?- Gli chiedo.
    Tom si alza dalla sdraio, me la prende e me la porta. Poi, si libera della maglia, rimanendo solo con i boxer del costume. Si inginocchia di fronte a me.
    -Grazie, gioia!- Gli dico.
    -Non devi mai ringraziarmi.- Mi informa.
    Fa per alzarsi, ma io lo trattengo prendendogli l’orlo del costume. Tom si riabbassa e, con lui, anche il costume, scoprendogli un po’ i fianchi. Ci guardiamo per un istante interminabile. Avvicino il mio viso al suo. Gli sono così vicina da poterlo baciare, ma non lo faccio. Sento il suo respiro. È un dolce profumo di menta. Lo spingo in acqua. Riemerge subito e mi circonda con le braccia, poggiandosi al bordo della piscina. Il suo viso torna ad essere pericolosamente vicino al mio. La bocca accanto al mio orecchio.
    -Bello scherzetto ch!- Mi sussurra.
    -Lo so, sono una gran burlona.- Rispondo, sussurrando anch’io.
    -Per questo mi piaci!- Mi informa.-
    Mi stampa un piccolo bacio all’angolo della bocca.
    -Sei un bambino, no molto cattivo.- Gli dico.
    -E’ il mio mestiere!-
    -Uhuhuh… Che meraviglia!-
    -Perché “Che meraviglia”?- Mi chiede, incuriosito.
    -Conoscendomi, dovresti saperlo che mi piacciono i bambini cattivi!- Rispondo.
    -E, anche tu, conoscendomi, dovresti sapere che sono un bambino molto cattivo. A questo punto, si può dire che siamo fatti l’uno per l’altra.-
    -Davvero?- Gli chiedo, con tono di sfida.
    -Sì, sì, ma, di questo, ne riparleremo tra una settimana… Oddio, non vedo l’ora!-
    -Lo immagino!- Gli dico, seccata.
    -Ehi, Tom, come va?- Gli chiede Erik, il quale ci ha raggiunti.
    Si posiziona al mio fianco.
    Tom si intromette fra me ed Erik.
    -Bene, grazie. A te, come va?- Gli chiede, facendo finta di essere interessato.
    -Anche a me, bene, ti ringrazio. Sono felice che ci sia anche tu a questa festa.-
    -Beh, abito anche io qui, non credo che Mia, essendo il suo ex, non mi avrebbe invitato.- Risponde lui, irritato.
    -Non è proprio casa tua, o vostra!- Precisa Erik.
    -Lo sarà fino alla fine di questo mese.-
    -Ok, ragazzi, basta. Prima che questa chiacchierata prenda una brutta piega.- M’intrometto.
    Do un sorso alla mia birra ed esco dalla piscina, con agilità. Mi dirigo verso Bill, Clive e Jude, i quali stanno parlando.
    -Ragazzi…- Mi intrometto.
    -Ehi, Mia!- Mi fa Jude.
    -Vi state divertendo?- Chiedo, in generale.
    -Certo, non preoccuparti.- Mi risponde Clive.
    -Meno male!- Dico sollevata.
    Andreas si avvicina a noi.
    -Quando ti deciderai di dirgli che tornate insieme?- Mi chiede, vicino all’orecchio, in modo discreto.
    -Quando avrò capito che è davvero così!- Rispondo.
    -Che vuoi dire?-
    -Ho ancora quest’ultima settimana: voglio valutarlo anche in questi ultimi giorni, poi, prenderò la mia decisione definitiva.-
    -Già so, anzi, sappiamo che tornerete insieme, è scontato!-
    Andreas si allontana, senza neanche darmi il tempo di ribattere. Va dai Dj, per poi avvicinarsi a Georg, mentre Gustav parla con i due DJ.
    Georg è appena uscito dalla piscina ed è tutto bagnato. Lascia Andreas per unirsi alla nostra conversazione, sui posti più belli del mondo.
    Mi giro e mi ritrovo a fissare Erik. Come prima. Senza riuscire a distogliere lo sguardo da lui. Non riesco ancora a capire cosa mi succeda. Sembra che, telepaticamente, mi stia dicendo di andare da lui. Continuiamo a fissarci, intensamente, profondamente.
    Il resto della serata lo lascio immaginare…
     
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    Capitolo 60
    Tom ha raccontato il mio incubo anche agli altri. Anche loro mi hanno rassicurata.: nessuno litigherà con nessuno a causa mia. Al massimo, possono litigare con Erik, ma non fra loro. La cosa non è che mi rassicura più di tanto. Io vorrei che non si litigasse per niente. Rimane il fatto che, il mio dubbio e la mia paura, restano comunque.
    L’altra sera, la festa in piscina non è potuta essere svolta., così, abbiamo deciso di farla stasera.
    Oggi pomeriggio, io e Tom siamo andati al centro commerciale per fare la spesa. Abbiamo comprato talmente tante schifezze, da star bene due mesi interi. Tra l’altro, nel centro commerciale, ci siamo anche divertiti. Tom si fatto fotografare vicino ad ogni scaffale. Dopodiché, ci siamo rincorsi in tutto il centro con le buste in mano (tra l’altro, pesantissime!). Non è difficile immaginare le facce delle persone che erano lì, in quel momento. Sembravamo dei pazzi appena usciti dal manicomio, se non peggio. Non riescono a capire che siamo giovani e cerchiamo di divertirci in modo genuino… E strano.
    Ad un certo punto, Tom mi ha fatto salire sulle sue spalle e mi ha portata a “cavalluccio” fin qui.
    Controllo l’orologio. Sono le 21.30 ed io non ho ancora finito di prepararmi. Devo ancora asciugare i capelli. Di truccarmi non se ne parla, perché sicuramente farò il bagno in piscina, quindi, non ne vale la pena. Si potrebbe dire lo stesso anche per i capelli, però, se non voglio prendermi una bella cervicale, mi conviene asciugarli.
    Da giù, si iniziano a sentire le prime bussate al citofono e, contemporaneamente, bussano anche alla porta della mia camera.
    -Avanti!- Dico.
    Mi giro per vedere chi è. Tom. Come sempre. Ultimamente, ci siamo riavvicinati davvero molto e, tra un po’, precisamente, tra una settimana, più o meno, dovrò dargli la risposta alla fatidica domanda che mi è stata posta tempo fa, che lui aspetta ansioso da tempo.
    -Tomi!- Dico ancora.
    Chiude la porta alle sue spalle e mi si avvicina.
    -Ho una proposta da farti!- Esordisce.
    -Che proposta?- Gli chiedo curiosa.
    -Invece di stare in giardino, in mezzo a tutta quella gente, perché non rimaniamo qui, da soli, io e te?- Mi chiede.
    -Non possiamo stare qui.-
    -Perché no?-
    -Perché ho organizzato io questa festa e non sarebbe molto corretto lasciare tutte le responsabilità nelle mani dei ragazzi e, poi, non sarebbe molto educato nei confronti dei miei ospiti.- Mi giustifico.
    -E allora?-
    -Come “E allora”?!- Gli dico.
    -Puoi ancora annullarla, o casomai, rimandarla ad un’altra sera.- Propone ancora.
    -No, che non posso, Tomi, c’è già una parte degli invitati, se non tutta, giù.- Lo informo.
    -Chissenefrega!-
    -Tomi!- Lo ammonisco.
    -Va bene, va bene, come non detto!-
    -Ecco, bravo! …Però, un pensierino all’annullamento glielo farei volentieri!-
    -Che meraviglia!- Esulta, entusiasta.
    -Scherzavo!- Lo informo, guardandolo male.
    -Mi spezzi il cuore così, lo sai?- Mi chiede, facendo il musetto da bimbo.
    -Una volta ciascuno!-
    -Che palle!-
    Usciamo insieme dalla mia camera e scendiamo in salotto. Dopodiché, ci dirigiamo in giardino, sempre insieme.
    Ci sono tutti. Clive Owen, Jude Law, Erik, Andreas, Bill, Gustav, Georg, Tommy Vee e Gabry Ponte. Non manca nessuno. Che bello! Tom vorrebbe ancora che io annullassi tutto all’ultimo momento, quando gli invitati sono già qui a divertirsi. Noi due, abbiamo ancora altro tempo in cui stare insieme. Altri sette giorni, quindi, è meglio che non si lamenta.
    Le luci sono tipiche della discoteca. Di sicuro le hanno portate Tommy Vee e Gabry Ponte. Hanno fatto le cose in grande.
    Poco lontano da me, c’è la consolle. Eppure, sembra di stare in una vera discoteca. Quelle in cui siamo stati finora. A pensarci bene, non ho ancora detto ai due DJ che sono italianissima, come loro. E loro manco se ne sono accorti.
    Vado a salutare gli ospiti, iniziando da Erik e finendo a Tommy Vee.
    La piccola festa inizia per davvero. Per la musica ci pensano Gabry e Tommy, alternandosi. Sono i migliori alla consolle, senza offesa per gli altri DJ. Fortunatamente, non abbiamo dei vicini di casa a cui dare conto per il volume della musica.
    Torno da Erik.
    -Allora?- Mi chiede, urlando.
    -“Allora” cosa?- Gli chiedo, a mia volta.
    -Il tuo ex non ti tiene il guinzaglio?-
    -Non me l’hai mai tenuto.-
    -Non mi sembra.-
    -Sono io che voglio che stia con me, quando stiamo insieme!-
    -A quanto, pare è fortunato.-
    -Perché?-
    -Fa il lavoro che ha sempre sognato, è famoso e, soprattutto, ha la ragazza più preziosa del mondo!-
    -Erik, mi sopravvaluti troppo. Io sono una ragazza normale.-
    -Non per noi.-
    -“Noi”, chi?- Gli chiedo, incuriosita.
    La conversazione sta prendendo una brutta piega.
    -Tutti quanti.-
    -Mi sopravvalutate troppo tutti quanti.-
    -Non credo!-
    Sono andata in tilt e non so che rispondere. Mi giro per guardare gli altri che si divertono.
    -Come ti sembra la tua festa?- Mi chiede.
    Torno a guardarlo.
    -Credo che stia andando molto bene, non trovi?- Gli chiedo io, ora.
    -Lo credo anch’io.-
    Ci guardiamo e non riusciamo a staccare lo sguardo, l’uno da quello dell’altra. Come se avessimo due calamite all’interno, le quali si attraggono e non riescono a respingersi. E, per la prima volta, ho voglia di baciarlo e di stringermi a lui. E di farmi stringere da lui. Mi vergogno a dirlo, ma ho voglia di fare l’amore con lui. Con Tom, non mi è mai successo questo. Non perché fosse poco attraente, ma perché c’è sempre stato amore. I minuti sembrano un’eternità. Sento che sto iniziando a provare qualcosa anche per Erik. Mi sento molto attratta da lui. Vorrei stare sola con lui. Ma Tom? Io lo amo. Ma che mi succede? Oddio, desidero Erik. Mi accorgo di pensare ad un posto in cui posso portarlo per poter stare tranquilli, senza alcun disturbo, per poter stare un po’ sola con lui.
    Senza accorgermene, distolgo lo sguardo da lui e torno a guardare gli altri.
    -Erik, grazie!- Gli dico senza guardarlo.
    -Non devi affatto ringraziarmi. Sai che è un piacere.-
    -Sei proprio un bravo ragazzo!-
    -Te ne accorgi solo ora?-
    Lo guardo negli occhi, cercando di non farmi catturare dall’esca. Mi sento come Eva. Lui è il mio serpente tentatore e sento che mi sta offrendo la mela del peccato. Sarà molto difficile per me rifiutarla, giacché, la mela è molto appetitosa ed il serpente, molto attraente.
    -No, me ne sono accorta quando ti ho conosciuto.- Rispondo.
    -Meno male, pensavo che, per te, non fosse così.-
    -Ti sbagliavi!-
    -A questo punto, direi proprio di sì.-
    -Ti va di fare il bagno?- Gli propongo.
    -Certo che mi va.-
    Ci dirigiamo insieme al bordo della piscina e, sempre insieme, ci tuffiamo. Riemergo quasi subito e vado al bordo della piscina per appoggiar mici. Tomi è su una sdraio di fronte a me. Ci guardiamo.
    -Tomi, mi prendi una birre, per favore?- Gli chiedo.
    Tom si alza dalla sdraio, me la prende e me la porta. Poi, si libera della maglia, rimanendo solo con i boxer del costume. Si inginocchia di fronte a me.
    -Grazie, gioia!- Gli dico.
    -Non devi mai ringraziarmi.- Mi informa.
    Fa per alzarsi, ma io lo trattengo prendendogli l’orlo del costume. Tom si riabbassa e, con lui, anche il costume, scoprendogli un po’ i fianchi. Ci guardiamo per un istante interminabile. Avvicino il mio viso al suo. Gli sono così vicina da poterlo baciare, ma non lo faccio. Sento il suo respiro. È un dolce profumo di menta. Lo spingo in acqua. Riemerge subito e mi circonda con le braccia, poggiandosi al bordo della piscina. Il suo viso torna ad essere pericolosamente vicino al mio. La bocca accanto al mio orecchio.
    -Bello scherzetto ch!- Mi sussurra.
    -Lo so, sono una gran burlona.- Rispondo, sussurrando anch’io.
    -Per questo mi piaci!- Mi informa.-
    Mi stampa un piccolo bacio all’angolo della bocca.
    -Sei un bambino, no molto cattivo.- Gli dico.
    -E’ il mio mestiere!-
    -Uhuhuh… Che meraviglia!-
    -Perché “Che meraviglia”?- Mi chiede, incuriosito.
    -Conoscendomi, dovresti saperlo che mi piacciono i bambini cattivi!- Rispondo.
    -E, anche tu, conoscendomi, dovresti sapere che sono un bambino molto cattivo. A questo punto, si può dire che siamo fatti l’uno per l’altra.-
    -Davvero?- Gli chiedo, con tono di sfida.
    -Sì, sì, ma, di questo, ne riparleremo tra una settimana… Oddio, non vedo l’ora!-
    -Lo immagino!- Gli dico, seccata.
    -Ehi, Tom, come va?- Gli chiede Erik, il quale ci ha raggiunti.
    Si posiziona al mio fianco.
    Tom si intromette fra me ed Erik.
    -Bene, grazie. A te, come va?- Gli chiede, facendo finta di essere interessato.
    -Anche a me, bene, ti ringrazio. Sono felice che ci sia anche tu a questa festa.-
    -Beh, abito anche io qui, non credo che Mia, essendo il suo ex, non mi avrebbe invitato.- Risponde lui, irritato.
    -Non è proprio casa tua, o vostra!- Precisa Erik.
    -Lo sarà fino alla fine di questo mese.-
    -Ok, ragazzi, basta. Prima che questa chiacchierata prenda una brutta piega.- M’intrometto.
    Do un sorso alla mia birra ed esco dalla piscina, con agilità. Mi dirigo verso Bill, Clive e Jude, i quali stanno parlando.
    -Ragazzi…- Mi intrometto.
    -Ehi, Mia!- Mi fa Jude.
    -Vi state divertendo?- Chiedo, in generale.
    -Certo, non preoccuparti.- Mi risponde Clive.
    -Meno male!- Dico sollevata.
    Andreas si avvicina a noi.
    -Quando ti deciderai di dirgli che tornate insieme?- Mi chiede, vicino all’orecchio, in modo discreto.
    -Quando avrò capito che è davvero così!- Rispondo.
    -Che vuoi dire?-
    -Ho ancora quest’ultima settimana: voglio valutarlo anche in questi ultimi giorni, poi, prenderò la mia decisione definitiva.-
    -Già so, anzi, sappiamo che tornerete insieme, è scontato!-
    Andreas si allontana, senza neanche darmi il tempo di ribattere. Va dai Dj, per poi avvicinarsi a Georg, mentre Gustav parla con i due DJ.
    Georg è appena uscito dalla piscina ed è tutto bagnato. Lascia Andreas per unirsi alla nostra conversazione, sui posti più belli del mondo.
    Mi giro e mi ritrovo a fissare Erik. Come prima. Senza riuscire a distogliere lo sguardo da lui. Non riesco ancora a capire cosa mi succeda. Sembra che, telepaticamente, mi stia dicendo di andare da lui. Continuiamo a fissarci, intensamente, profondamente.
    Il resto della serata lo lascio immaginare…


    Capitolo 61
    La mia camera illuminata dalla luce dei raggi del sole, in modo accecante. Fortunatamente, ci sono delle tende, le quali, anche se non del tutto, lo coprono una buona parte. Non ho mai avuto una camera così soleggiata. Non ci sono abituata, però devo dire che è davvero bello essere svegliati, la mattina, dal tocco sottile, delicato e discreto del sole. È una bellissima sensazione. È come essere sfiorati da una rosa. Credevo che, in vita mia, non sarei mai stata svegliata dalla luce del sole ed, invece, eccomi qui, nella stanza più illuminata di tutta la casa.
    Mi guardo intorno. Nel letto ci sono solo io… Ed Erik. Lo guardo dormire. È la prima volta che io ed Erik dormiamo insieme. Non so perché, ma mi sento protetta con lui. Non è diverso da quando è sveglio. È comunque affascinante, attraente e sensuale.
    Con la mano gli carezzo i capelli. Abbasso il capo verso la sua bocca, chiudo gli occhi e faccio per baciarlo, ma mi blocco. No, non posso fare questo a Tom. Non se lo merita, nonostante gli errori che ha commesso. Non mi frega, non posso fargli questo. È vero, sono attratta da Erik, ma non voglio fare del male a Tom. Una parte del mio cervello, mi dice di baciarlo. Di fregarmene di Tom: non stiamo più insieme. Di essere egoista e staccarmi definitivamente da Tom, ma il mio cuore, mi dice di non baciare Erik e di rispettare Tom.
    Spero che, almeno stavolta, non entri Tom e ci trovi così, vorrei evitare, almeno stavolta, dei casini.
    Entra qualcuno in camera. Faccio finta di dormire. Di sicuro, è Tom. Apro un occhio. È proprio lui. Vabbeh, speranza andata a farsi fottere. Va vicino alla scrivania e ci sbatte una mano sopra, dandomi le spalle. Si guarda allo specchio di fronte a lui in modo rabbioso.
    -Tom!- Lo chiamo in un sussurro.
    Erik si gira verso di me e, con un braccio, mi cinge la vita. Ci mancava solo questa! Oh, oh! Questo è uno dei momenti in cui vorrei morire giovane. Dio, ti prego, chiamami: 335222436. se risponde la segreteria, lasciami un messaggio e dimmi quando mi fai venire da te!
    -Tomi!- Lo chiamo un po’ più forte.
    Si gira, finalmente
    Provo a liberarmi dal braccio di Erik, facendo il più piano possibile, per non svegliarlo. Scendo dal letto e vado da Tom. Lo porto fuori dalla stanza.
    -Che ci fai in camera mia, senza bussare per giunta?- Gli chiedo, un po’ fuori di me.
    -Volevo starti vicino!-
    -Tom, lo sai!-
    -Sì, lo so: dobbiamo stare lontani!- Dice, cantilenando.
    -Ecco!-
    -Ma non ci riesco!-
    -Devi riuscirci!-
    -Uffa!-
    -Clive?- Gli chiedo.
    -Cosa Clive?-
    -E’ già sveglio?-
    -Sì, quando sono sceso, stava già facendo il caffè.-
    -Vuoi dire l’acqua!-
    -Fa schifo, vero?- Mi chiede, facendo la faccia schifata.
    -Non capisco come facciano gli americani a berlo, per giunta, nelle scodelle per il latte.-
    -I gusti sono gusti!-
    -Profondo come pensiero!- Mi congratulo.
    -Grazie! È’ la tua influenza!-
    -Ruffiano.-
    Arriva anche Clive, il quale ci saluta, sorridendo.
    -Ragazzi, se dobbiamo andare ad Hollywood, dobbiamo muoverci!- Ci informa.
    -Andate a svegliare tutti, soprattutto, Bill. Che è il più lento.- Gli dico.
    -Ok!- Fanno in coro.
    Scendo giù in cucina per prendere il caf… L’acqua.
    Clive ha già apparecchiato la tavola per la colazione. Mi stiracchio, sbadigliando.
    Dalle scale, arriva un coro di urla. Sembrano dei cavalli imbizzarriti.
    -Salve!- Mi salutano Andreas, Bill e Georg, sbadigliando.
    -Ciao, ragazzi!- Li saluto.
    -Che palle! Io aspetto le vacanze per dormire dalla mattina alla sera e, a causa di queste stupide gitarelle, devo svegliarmi all’alba.- Si lagna Georg.
    -Ma che alba?!- Gli dico. -…Sono appena le 7.30:-
    -Gè, Madonna, che lagna che sei! Andiamo ad Hollywood un po’ di entusiasmo!- Gli fa Bill, entusiasta.
    -E, quindi?- Chiede Georg.
    -Come “E, quindi”?!- Gli fa Bill, scandalizzato.
    -Bill, lascia stare, non può capire: è troppo antico.- Lo informo.
    Verso del caffè in ogni tazza. Ognuno di loro viene a prendersi una tazza.
    Stanotte da noi hanno dormito Clive ed Erik. Jude Law, Gabry Ponte e Tommy Vee se ne sono andati non appena è finita la festa (Alle 5.00 di stamattina!). non verranno neanche ad Hollywood con noi, a causa di impegni personali.
    -Che sonno che ho!- Si lamenta Andreas.
    -Ragà, se fate così, mi fate passare la voglia di fare delle gite con voi!- Li informo.
    -Dai che vi porto a casa mia!- Ci informa, ora, Clive.
    Lo guardiamo tutti. E mi accorgo che gli unici ad essere entusiasti di andare ad Hollywood siamo io e Bill.

    Hollywood. Casa di Clive Owen. È grandissima. Non riesco a vedere la mia faccia, ma sono sicura che sto sbavando per l bellezza di questa villa. Chiamarla “casa” è un’offesa. L’arredamento è tra il classico ed il moderno. I divani in pelle. È tutto firmato.
    Un plasma enorme con vari videogames. Deve guadagnare davvero tanto da tutti i film che interpreta.
    -Ragazzi, io vado a farmi una doccia, dopodiché, ce ne usciamo ed andiamo in giro per Hollywood.- Ci avvisa il padrone di casa (Clive).
    -Ok!- Rispondo.
    Clive va di sopra. Io ed i miei amici rimaniamo ad aspettare in salotto. Prima di salire di sopra, ci ha acceso la TV e ci ha detto che se vogliamo, possiamo giocare tranquillamente ai videogames. Bill ha voluto mettere la corsa di macchine.
    Andreas ha voluto accendere il Nintendo Wii. Erik, Gustav e Tom non giocano.
    Andreas passa un joystick a forma di sterzo della macchina ad ogni giocatore. Ha impostato la lingua inglese, dato che è una lingua che riusciamo a parlare tutti, anche se, nel gioco, non credo che riusciremo a capirci granché.
    Il gioco inizia.
    -RAGAZZI, SE VOLETE QUALCOSA DA MANGIARE, FRIGORIFERO E DISPENSA SONO PIENI DI ROBA: NON CREATEVI PROBLEMI E PRENDETE CIO’ CHE PREFERITE!- Ci avverte Clive da sopra.
    -VA BENE, GRAZIE!- Risponde Bill, senza distogliere lo sguardo dal gioco.
    Dopo neanche cinque minuti di corsa, io sono in testa e rischio di vincere. Dietro di me, ci sono Bill, Georg ed, infine, Andreas.
    Bill riesce a superarmi.
    -Bill, fa il galante!- Gli dico.
    -Ai videogames, non te lo puoi permettere.- Risponde.
    -Neanche con una donna?- Gli chiedo ancora.
    -Neanche!- Risponde, nuovamente.
    -Siete senza scrupoli, vero?- Chiedo in generale.
    -Esattamente!- Rispondono all’unisono.
    Gustav e Tom vanno in cucina. Erik guarda noi giocare. All’improvviso gli squilla il cellulare ed esce fori a rispondere. Lo seguo con lo sguardo. Sento il mio cuore battere forte. E se fosse una donna? Se fosse la sua ragazza? Se si fosse fidanzato nel periodo in cui non ci siamo visti? Non voglio che abbia un’altra. Mi sento talmente arrabbiata.
    -Mia?-
    Torno alla realtà e mi accorgo che Andreas e Bill mi hanno superata. Mi sono distratta ed ho perso il mio podio.
    La partita finisce. And the winner is… (Rullo di tamburi!) …Bill! Seguito da Georg, Andreas ed, infine, io. Che schifo! Neanche alle corse sono brava. Eppure sono facili. Mi sono fatta distrarre da Erik. Devo sapere chi lo ha chiamato. Se è un uomo o una donna. Se non lo so, impazzisco! Devo saperlo.
    Clive è, finalmente, pronto. Tom e Gustav tornano in salotto con un’enorme busta di patatine ed una bottiglia di Coca-Cola, con dei bicchieri.
    Con la scusa di una sigaretta, esco sul balcone, da Erik. Ha finito di parlare al telefono.
    -Ehi!- Mi dice Erik.
    -Ehi!-
    -Finita la partita?- Mi chiede.
    -Sì: ha vinto Bill, io sono arrivata ultima!- Lo informo.
    -Non è poi così grave!-
    -Lo so!-
    Ci guardiamo. Mi avvicino a lui. Non riesco a staccare gli occhi da quelli di Erik. Sono dei magneti.
    -Chi era al telefono?- Gli chiedo.
    -Perché vuoi saperlo?-
    -Così!-
    -Così… E’ una risposta strana!-
    -Non credo!-
    -Sei gelosa?-
    -No… Voglio saperlo per pura curiosità!-
    -Mia… Ti conosco abbastanza da capire che hai qualcosa che non va.-
    Distolgo lo sguardo e mi accendo la sigaretta. Con la mano, mi gira il viso, in modo da poterlo guardare negli occhi.
    -Perché vuoi saperlo?-
    -Non credo di riuscire a dirtelo.-
    -Provaci!-
    -Ho paura di farlo!-
    -Tom, vero? C’è sempre lui.-
    -E’ pur sempre il mio ex.- Lo informo.
    Intreccio una mano nella sua e mi avvicino ancora di più a lui.
    -Era Xavier!- Mi informa.
    -Ok! Che voleva?-
    -Voleva sapere come stavo e come andava qui! Gli ho anche detto di averti rivista!-
    -Capisco.-
    -Mia, il bacio che ci siamo dati, quella sera, ad Ibiza, non riesco a dimenticarlo.-
    -Neanch’io.-
    Il le sue labbra si curvano in un sorriso.
    -Che vuol dire ciò?- Mi chiede.
    -Non lo so. So solo che non devo dimenticarlo, per il bene di tutto.-
    -Ma non il mio!-
    Lo guardo interrogativa. Tom si aggiunge a noi. Mi sono salvata in calcio di rigore.


    Capitolo 62
    Hollywood è stupefacente, indescrivibile. Ogni angolo di strada è attraversato da un personaggio famoso. Finora, seppure di sfuggita, sono riuscita a vedere Richard Gere, Tom Cruise (per la seconda volta!), George Clooney, con cui abbiamo anche parlato e fatto alcune foto (grazie a Clive!) e Keira Knightley. Cavolo, è una grande! Clive me l’ha fatta conoscere e devo dire che è davvero bella e simpatica. Non si comporta da diva e neanche se la tira solo perché è un’attrice di Hollywood famosa in tutto il mondo. A lei si è aggiunta anche Anne Hathaway. E, ad essere del tutto sincera, anche lei è molto simpatica ed è anche bella, anche se, secondo me, la più bella è Keira Knightley.
    Passando fuori ad ogni villa, Clive ci informa su chi le abita e se è stata la scenografia di qualche film o telefilm.
    -Oddio, Clive, vivi in questo meraviglioso Paradiso terrestre! E’ incredibile!- Mi congratulo, guardandomi intorno sempre più meravigliata.
    -Sì, ma guarda che, vivere qui, ha anche i sui contro, non solo i pro.- Mi informa.
    Che vuoi dire?- Gli chiedo, curiosa.
    -Oltre a vivervi i miei colleghi qui, vi sono anche le persone comuni. E, quando ci vedono, non ti dico! È’ anche vero che, essere riconosciuti per strada, è la cosa più bella di questo mondo, ma la maggior parte delle volte è stressante. Dobbiamo camminare sempre con trenta bestioni attorno. È’ molto stressante!- Risponde lui, esasperato.
    -Brutta situazione!- Dico.
    -Riusciamo a capirti, perché, in Europa, viviamo nella stessa situazione!- Si lamenta Georg. -…Fortunatamente, la maggior parte dei fan è formata da ragazze, il che rende tutto un po’ più piacevole!-
    -Non credere che io non abbia fan femmine, anzi, posso garantirti che anche a me la maggior parte dei fan è tutta al femminile, ma, comunque, non c’entra niente, per me, è stressante lo stesso!- Continua a lamentarsi Clive.
    -Sono d’accordo con te!- Interviene Tom.
    -Tom, mi sa che, tra un po’, mi cederai il tuo titolo di SEXGOTT della Germania!- Lo informa Georg.
    -Te lo cedo molto volentieri: non mi ha portato nulla di buono!- Si lamenta Tom, guardandomi.
    -Ti ha portato anche tantissima fama!- Gli dice ancora Georg.
    -Chissenefrega! Io voglio semplicemente suonare la mia adorata chitarra nel mio amato gruppo e trovare l’amore vero, ora!- Dice Tom.
    Questo ha proprio perso la testa!- Dice Georg ad Andreas, sottovoce. -…Mia, ma cosa diavolo gli hai fatto? Un incantesimo? Una fattura? O, semplicemente, l’hai drogato?- Mi chiede Georg.
    -Lei non le ha fatto nulla di tutto ciò: Tom è semplicemente maturato!- Risponde Bill.
    -Scusate, ragazzi, ma mi sono perso! Tom sarebbe un SEX-cosa?-Chiede Clive, guardando uno ad uno.
    -Un SEXGOTT, cioè un “Dio del Sesso”. Non lo intendiamo come Playboy, e, grazie ad una ragazza molto speciale, ha conosciuto l’amore vero ed è maturato moltissimo, capendo che il sesso, nella vita, non è tutto!- Gli spiego.
    -Mmm… Interessante! E chi è questa Dea del’amore?- Mi chiede.
    Ecco il momento d’imbarazzo. Il momento in cui vorrei sprofondare. Che rispondo? Divento rossa.
    -No, non ci credo! È’ impossibile! Tom, ti sei innamorato di Keira Knightley?!- Dice Clive, dandogli una pacca sulla spalla.
    -Sì, proprio di lei. Ma no, dai! Che è ‘sta novità?- Chiede Georg.
    -Georg, non è vero!- Si difende Tom.
    -Lo so, lo so, stavo scherzando. L’ho capito dalla prima volta che vi ho visti che tra voi due c’è qualcosa di più di una semplice amicizia! E, ad essere sincero, sembrate davvero una bellissima coppia! Potreste essere considerati dal mondo intero la coppia dell’anno! - Dice Clive, rivolgendosi a me ed il mio ex.
    Guardo Erik. Mi sorride. Ma, il suo, è un sorriso triste. Non mi va di vederlo così. Allora, decido di regalargli uno dei miei sorrisi migliori. Così, il suo riesce a diventare un po’ più gioioso.
    -Ma cos’è successo fra voi due?- Ci chiede Clive.
    -Ehm… L’ho tradita!- Risponde Tom, abbassando la testa.
    -Oh… E tu, Mia, non riesci a perdonarlo, giusto?- Mi chiede ancora Clive.
    Annuisco.
    -Sai, Tom, non so perché, ma qualcosa mi dice che voi due tornerete insieme, ne sono più che sicuro.- Dice Clive.
    Lo vedo molto convinto di ciò. Potrebbe darsi che abbia ragione, che è scontato che io e Tom torniamo insieme.
    -Clive, di questo, ne siamo tutti sicuri.- Lo informa Bill. -…Lei è la mia adoratissima cognatina!- Continua, indicandomi.
    -Sì, e lui è il mio più fedele confidente. Anzi, no, ne ho quattro di fedeli confidenti.- Gli dico.
    -E chi sono gli altri?- Chiede Clive, nuovamente.
    -Andreas, Georg e Gustav.- Rispondo.
    -Ed Erik?- Mi chiede Tom.
    -Erik è il mio più caro amico.- Rispondo, guardando l’interpellato.
    Ci guardiamo. Ipnotizzati, l’uno dallo sguardo dell’altra.
    -Mmm… Direi che siete un gruppo bene assortito, ma Tom?- Mi chiede sempre Clive.
    -Vabbeh, Clive, lui è un’altra cosa.- Gli rispondo.
    -Capisco… Beh, ragazzi, se continuiamo a camminare in questa direzione, arriveremo ad un favoloso ristorante italiano, in cui io vado a mangiare di solito. È il più esclusivo d’America. Non c’è nessun’altro ristorante italiano migliore di questo e Mia potrà darvi la consegna, se è necessario.- Ci dice Clive. -…Però, chi vuole mangiare all’americana, c’è un ottimo fast food, proprio di fronte al ristorante italiano di cui vi ho appena parlato.- Ci informa.
    -Io opto per la cucina italiana.- Fa Georg.
    -Lo stesso per me.- Fa Gustav.
    -Idem, per me.- Fa anche Bill. -…Allora, è aggiudicato: si mangia dall’italiano!- Esulta.
    -No, io voglio andare a mangiare al fast food.- Li informo.
    -Dai, Mia, vieni a mangiare italiano.- Prova a convincermi Georg.
    -Facciamo così: dato che, anch’io, come Mia, voglio andare al fast food, ci andiamo io e lei, mentre voi andate a mangiare dall’italiano, così, nessuno si offende.- Propone Erik.
    -Io direi che può andare bene così, no?- Rispondo.
    Gli altri annuiscono, guardandosi l’un l’altro.
    -Erik, Mia, vi seguo anch’io.- Ci informa Tom.
    Lo fulmino con gli occhi. So già perché vuole venire. Ed è talmente noioso ciò. Non si fida di me. Cavolo, lui mi tradisce e lui non si fida di me! Cose dell’altro mondo! È’ incredibile ciò! Perché deve essere lui a non fidarsi, invece del contrario? No, non può fare sempre così.
    Continuo a guardarlo male, finché, Tom capisce cosa gli voglio comunicare.
    -Sinceramente, mi è tornata la voglia dell’italiano.- Conviene il mio ex.
    -Hai paura che Erik, oltre a mangiare gli Hamburger, si mangi anche Mia?- Chiede Clive a Tom, ridendo.
    Anche Tom la prende sulla risata, ma, la sua è nervosa.
    -No, volevo andare anch’io al fast food, ma, poi, ci ho ripensato: mi manca tanto la cucina italiana.- Dice Tom, fissandomi.
    -No, Tom, ci hai ripensato perché Mia ti ha fulminato col suo sguardo. Sappiamo tutti perché volevi andare al fast food.- Gli dice il fratello.
    -Ragazzi, ci vediamo fuori al fast food, appena finito di mangiare, ok? Ah, e non rompetemi i los cojones con i vostri squilli sul mio cellulare!- Li informo.
    -Ok!- Fanno tutti, compreso Clive, all’unisono.
    Io ed Erik entriamo nel fast food. Ce ne stiamo un po’ distanti l’uno dall’altro. Io per imbarazzo, lui non so perché.
    Squilla il mio cellulare.
    -Pronto?- Dico.
    -Tutto ok? Ti ha fatto qualcosa?-
    È Tom.
    -Tom, cosa vi ho appena avvisato cinque minuti fa?- Gli chiedo arrabbiata.
    -Lo so, lo so, ma è più forte di me. Allora?-
    -“Allora” cosa?-
    -Ti ha fatto qualcosa? Si sta comportando male?-
    -Tomi, ci siamo lasciati da cinque minuti: cosa può mai succedere in cinque minuti?-
    -Tantissime cose, te lo dico io.-
    -Sei incredibile!-
    -Sì, lo so!-
    -Tom, perché non provi a tranquillizzarti ed essere più positivo?-
    -E’ difficilissimo!-
    -Provaci!-
    -Ok, lo faccio. Allora, a dopo.-
    -A dopo!-
    Stacco e scuoto la testa.
    Erik mi chiede cosa voglio da mangiare. Per me, va bene di tutto, su queste cose, non ho vizi. Però, gli rispondo che prendo ciò che prende lui.
    Mi porta ad un tavolo vuoto, mentre lui si occupa del cibo. È così carino! E così sexy! Cosa non si farebbe per stare con lui?! E torno a guardarlo come se mi perdessi in lui. È come se sentissi il bisogno di guardarlo, per forza. Non posso stare lontana da lui e non mi rendo conto del perché.
    Messaggio:
    “Allora? Tutto ok? Lo so, lo so, sono assillante, ma sono in preda
    al panico. Ti avevo detto che provavo a stare più tranquillo, ma
    mi riesce impossibile. Non riesco ad essere tranquillo. Era meglio
    se venivo anch’io con voi: sarei stato più tranquillo.
    Sono un pazzo, vero? Ti prego, rispondimi: è questione
    Di vita o di morte! Tom…!”

    Povero, mi dispiace per Tomi!. Non vorrei rispondergli, ma lo devo fare, altrimenti, è peggio, finisce che mi muore.

    “Tom, è tutto ok. Erik è andato a prendere da mangiare. Non
    stare così male, dai, è peggio! Dai mangiaci su e ci vediamo
    più tardi…… Mia!”

    Spengo il cellulare e lo ripongo in borsetta. Ora, voglio solo godermi questo pochissimo tempo con Erik, da soli, dato che ci è impossibile farlo.
    Torno a guardare Erik e torno a desiderare di baciarlo, di nuovo, come ad Ibiza.


    Capitolo 63
    Un’altra mattina. Sono fuori al balcone della cucina. Da sola, con una tazza di latte in mano. Ancora non sono pronta per andare in spiaggia. D’altronde, gli altri dormono ancora ed è ancora presto. Sono sempre la prima ad alzarmi. Nei miei pensieri, rimbomba il nome di Erik. Il mio attaccamento nei suoi confronti, non è molto normale. È’ strano che, all’improvviso, dalla festa in piscina, io non riesco più a stare lontana da Erik. Mi sento un po’ confusa. Credevo che solo Tom riuscisse ad attrarmi come una calamita, ma, solo ora, mi accorgo che gli occhi di Erik sembrano chiamarmi. È così incredibile.
    -Buongiorno!- Mi saluta Georg, scendendo giù in giardino.
    Lo seguono a ruota Bill, Gustav, Tom ed Andreas.
    -Buongiorno a tutti, Guys!- Li saluto a mia volta.
    Hanno tutti una tazza in mano e tutti si siedono al tavolo in giardino, il quale è già apparecchiato da molto tempo.
    Georg torna in salotto, mette della musica e torna in giardino. Dalle casse parte Sex on the beach. Solo questa canzone doveva sentire Tom. Dopo voglio capire chi gli leva le strane idée che ha in testa. Mi sa che Georg l’ha fatto apposta.
    Bill viene sul balcone e si mette a ballare. Mi trascina con sé. Balliamo l’uno di fronte all’altra, provando a fare gli stessi passi. Si divertono tutti, ma Georg è quello che si diverte di più. Alla fine, si aggiunge a me e Bill per il “gran finale”. I nostri amici applaudono. Georg fa degli inchini, ma a lui arrivano solo fischi.
    -Grazie, grazie! Siete troppo gentili. In fondo, ho fatto solo una piccolissima parte.- Ringrazia Georg, sapendo che i fischi sono per lui.
    Andiamo a sederci dove sono gli altri a fare colazione.
    Andreas è l’unica persona che ha portato i biscotti a tavola. Devo ammetterlo, è davvero una persona molto responsabile ed indipendente. Ha sempre fatto tutto da solo, senza mai chiedere aiuto a nessuno. Sono davvero sorpresa da lui.
    -Guys, io, oggi, rimango qui, a casa.- Esordisco, iniziando il discorso.
    -Perché?- Mi domanda Bill, un po’ dispiaciuto.
    -Vorrei iniziare a prepararmi le valigie.- Rispondo.
    -Uffa… Sono già finiste le vacanze!- Si lamenta Georg.
    -Prima o poi, sarebbe successo.- Gli dice Gustav.
    -Ma non doveva accadere così presto.- Interviene Tom.
    -Parli proprio tu, Tom? Che desideravi la fine di queste vacanze con tutto te stesso, da quando sono iniziate.- Gli dice Andreas.
    -Questo è vero, ma…- Inizia Tom.
    Mi alzo dal tavolo e rientro in casa,dirigendomi in camera mia. Credo che, ora, sia meglio che, in questi ultimi giorni, stessimo lontani. Ora, è davvero arrivato il momento di fare una scelta.
    In camera mia, mi sdraio sul letto. Dopo un po’, arriva anche Tom. Si siede sul letto, accanto a me.
    -Ehi, piccola, cos’hai?- Mi chiede.
    -Niente.- Rispondo, in modo freddo, distaccato.
    -Sicura?-
    -No… Credo che sia arrivato il momento di prendere la decisione che tanto attendevi.- Gli dico, fredda.
    -Non mi sembri molto felice di questo.- Mi fa notare.
    -Oh, sì, invece.-
    -Comunque, credo, anch’io che sia arrivato quel momento.-
    -E credo anche che sarebbe meglio, per me, che tu mi stia lontano in questi ultimi quattro giorni. Devo capire delle cose molto importanti, per me, per te, per noi, le quali, alla fine, ti spiegherò.-
    -Ok, se è davvero per questo motivo, stai tranquilla: proverò a starti un po’ più lontano.- Mi assicura.
    -Grazie, Tom.-
    -Grazie a te, che stai valutando una seconda possibilità con me e, ti giuro che, se mi fosse concessa, non ti deluderò, non lo farò di nuovo. Non metterò di nuovo tutto a repentaglio solo per i miei piaceri personali. Non rischierò di perderti per l’ennesima volta.-
    Lo abbraccio, istintivamente e mi scendono le lacrime. Mi sento in colpa e mi sento una merda. Perché? Perché ho deciso di stare lontano da lui anche per stare un po’ sola con Erik. Mi faccio schifo. È’ anche vero che Tom, ora, sta pensando al suo interesse, ma, comunque, mi sento una stronza.
    Il vero Tom è dolce, come il miele. Il vero Tom sa essere davvero fio con l’umanità. Sa amare le persone e sa scherzare con tutti ed ha un suono della risata davvero dolce. Il mio piccolo dolce Tom è una persona seria e matura e, soprattutto, intelligente.
    Inizio a singhiozzare forte. Mi carezza la testa come faceva fino a poco tempo fa.
    Mi stacco da lui.
    -Mia, mi dispiace per tutto ciò che è successo, da quando sono partito da casa tua ad oggi. Non ho mai conosciuto una persona come te.-
    -Neanche io.-

    Alla fine, è stato Tom a rimanere a casa, mentre io sono andata in spiaggia con i miei amici. Non so perché, ma mi sento un po’ a disagio senza Tom. È come se mi mancasse un pezzo molto importante di me stessa. Anche se i ragazzi non mettono affatto a disagio.
    Per questi ultimi giorni, i ragazzi hanno deciso di fare i turni per le pulizie in casa per non farle fare a me. Anche se lo hanno deciso solo per questi ultimi giorni, apprezzo comunque il gesto che hanno fatto, apprezzo molto il fatto che vogliono farmi riposare in questi ultimi giorni di vacanza.
    Avrei bisogno di rimanere a casa. Non solo per prepararmi le valigie, ma anche per riuscire a pensare a tutta la mia situazione in modo razionale. Soprattutto ora che sono ancora più confusa di prima. Erik. E se scegliessi lui? No, non credo che lui provi qualcosa per me. E se invece lo provasse? Cosa direbbe Tom? Lui è, da sempre, convinto che Erik provi qualcosa per me. Aspetta solo una conferma da uno dei due. Non vorrei mai scegliere il suo miglior nemico, ma come faccio? Dio, che confusione che ho.
    Squilla il mio cellulare.
    -Pronto?- Rispondo.
    -Mia, sono Tom.-
    -Tom… Che c’è? Che è successo?- Gli chiedo.
    -Mi è appena arrivata una e-mail di David, il nostro manager, in cui vi è un allegato che noi, io e te, intendo dire, conosciamo molto bene.-
    -Che vuoi dire? Spiegati meglio.-
    -Ricordi le foto che io e te abbiamo fatto, in spiaggia, il pomeriggio in cui siamo arrivati qui?-
    -Sì, certo che le ricordo.-
    -Ecco, alcune di esse, sono state scattate anche da alcuni giornalisti, credo, ed, ora, sono finiti su internet e su alcuni giornali.- Mi spiega.
    -No, di nuovo, no, e che palle!- Mi lamento.
    Mi poggio una mano in fronte.
    -Mi dispiace, Mia.-
    -Tom, non dirlo come se fosse solo colpa tua: la colpa è anche mia.-
    -Vabbeh…-
    -Comunque, Tomi, David come l’ha presa?-
    -Ha detto che non vuole più scandali, anche se, qui, non c’è niente di scandaloso.-
    -Vi sto creando troppi problemi.-
    -Prima o poi, sarebbe accaduto.-
    -Meglio poi, è troppo presto, ora. Non vi siete ancora formati del tutto.-
    -Non c’entra niente. Siamo comunque personaggi noti, in Europa, è normale che ci seguano per qualche scoop e cose del genere.-
    -Tom, mi sento comunque in colpa.-
    -Ma stai tranquilla, David sa bene che possono averci seguiti. Non ce l’ha con te. Sa bene come funzionano queste cose. I paparazzi ti seguono ovunque per scattare delle foto da vendere ai tabloid più generosi, per così dire. D’altronde, ha fatto parte di una band musicale anche lui.-
    -Qui, si tratta della vostra carriera di Rocker.-
    -Ehi, guarda che non è in gioco nulla con queste foto, quindi, tranquillizzati e goditi questi ultimi giorni di vacanza.-
    -Sono arrivate anche in Italia?- Gli chiedo.
    -David ha detto che sono sparse un po’ per tutta l’Europa, quindi, suppongo di sì.-
    -Ok… Vabbeh, se ci sono novità, mi avvisi?-
    -Certamente!-
    -Ciao, Tom!-
    -Ciao, Mia!-
    Ho un attimo di esitazione, prima di riattaccare, ma, alla fine, non posso fare altro premere sul pulsante rosso del mio cellulare.
    Poso il cellulare in borsa, mi alzo dal telo e raggiungo gli altri in acqua.
    - Guys?- Li chiamo.
    -Sì, Mia, che c’è?- Mi chiede Bill.
    -Guys, è successa una cosa… Grave!- Rispondo.
    -Quanto grave?- Mi chiede Andreas.
    -Non lo so, ditemelo voi!- Gli rispondo.
    -Allora? Che è successo?- Chiede, ora, Georg, un po’ allarmato.
    -Non vi allarmate: non c’è nulla di grave… Credo!- Affermo.
    -Ma come? Prima dici che è grave, poi, affermi che non lo è? Deciditi!- Mi fa notare Gustav, ridendo.
    -Ok, ora, vi racconto e me lo direte voi se è grave o meno.- Gli dico.
    -Ok, ci stai tenendo troppo sulle spine e ci stai innervosendo!- Interviene Bill.
    -Ecco… Allora… Il giorno in cui arrivammo qui, in California, ricordate che, il pomeriggio, io e Tom venimmo qui, in spiaggia, da soli?- Chiedo in generale.
    -Sì, ci risulta.- Risponde Georg.
    -Bene, non appena voi arrivaste in spiaggia da noi, io e Tom ci allontanammo da voi, ricordate?- Chiedo.
    Annuiscono tutti, all’unisono.
    -Ecco, noi due ci allontanammo ed andammo a sederci su degli scogli, lontano da qui, e ci facemmo delle foto insieme. Molto probabilmente, ci deve aver seguito un paparazzo, perché alcune di quelle foto sono finite su internet e su dei giornali scandalistici.- Spiego loro.
    -E questo era?- Chiede Bill.
    -S… Sì… Perché?- Chiedo, guardando uno alla volta.
    -Cazzo, ma ci hai fatto preoccupare sul serio.- Dice Georg.
    -Non mi devo preoccupare?- Chiedo ancora, imbarazzata e con le guance in fiamme.
    -Per niente.- Mi tranquillizza Andreas.
    -Ok, come non detto! Ma… Come mai?- Chiedo.
    -Sapevamo che, prima o poi, ci avrebbero beccato in dolce compagnia.- Spiega Georg, dando una gomitata di soddisfazione a Gustav.
    -Sarebbe stato meglio se fosse accaduto poi.- Dico.
    -Ma stai tranquilla, non è successo niente.- Mi tranquillizza Gustav.
    -Ok!- Convengo.
    Torno a sdraiarmi sul telo e metto le mie cuffie nelle orecchie.
    Cavolo, che storia! Di nuovo la stessa storia delle Maldive. A loro sembra tutto normalissimo. A loro. A me no, invece. Uffa, ma perché esistono i paparazzi?


    Capitolo 64
    -Ho sempre sognato di guardare il tramonto con la persona più importante della mia vita.- Mi dice Tom, scendendo da uno scoglio.
    Si siede accanto a me. Ci guardiamo sorridendo. Dopodiché, abbasso lo sguardo e torno a guardare il tramonto.
    Siamo rimasti solo noi due in spiaggia. Gli altri sono già andati via. Avevano fame e tanta voglia di lavarsi, per, poi, uscire.
    -Anch’io. Poi, oggi, c’è uno splendido tramonto.- Gli rispondo.
    -Dio, Mia, ma quando farai la tua scelta… Non ce la faccio più!-
    -Sì, Tom, credo che quando avrò deciso ti cercherò io.-
    -Se mi sceglierai, nel senso, se sceglierai di stare con me, tornerai comunque in Italia?- Domanda.
    -Sì, ma avviserei mio padre che, durante le vacanze di Natale e Pasqua e dopo la Maturità, ti raggiungerei.-
    -Io lo farei appena mi sarebbe possibile. Sai com’è, con tutti gli impegni, interviste, registrazioni, live, concerti ed altre cazzate ancora.-
    -Sì, Tom, ma questo non vuol dire che torno con te: non voglio che t’illuda senza motivo.-
    -Sì, lo so, diciamo che ci stiamo accordando in caso di esito positivo.-
    -Hai mai immaginato di essere sposato con una bella moglie, che ti dia una bellissima bambina con cui giocare e con cui vivere in una meravigliosa villa, avente un enorme giardino?- Gli chiedo, senza staccare gli occhi dal tramonto.
    -Praticamente, sempre!.
    -Dai, non scherzare, non ora, almeno.-
    -Infatti, non sto affatto scherzando. Da quando ti ho conosciuta, me l’immagino sempre quella vita.-
    -Che c’entro io?- Gli chiedo.
    -Vabbeh, alla nostra vita insieme.-
    Faccio un sorriso sghembo, giocando con la sabbia.
    -Io l’ho sempre immaginata con Raoul.-
    -Prima di me?-
    -Sì, ricordo che il mio cuore batteva solo ed esclusivamente per lui.-
    -Lo immagino.-
    -E te?- Gli chiedo.
    -Io cosa?-
    -Come hai conosciuto Katrynca o Trina o come diavolo si chiama?-
    -Era una Grupie!-
    -Capisco… Hai mai avuto il timore di averla messa incinta?-
    -Tantissime volte, soprattutto, quando stavamo io e te insieme.-
    Chiudo gli occhi, cercando di trattenere le lacrime. La ferita brucia ancora.
    -So che è difficile sentirmi parlare del mio tradimento, ma…-
    -Tom, per piacere.- Lo interrompo.
    Gli occhi iniziano a bruciarmi per le lacrime. Non credevo che a distanza di mesi, parlare del tradimento di Tom, mi avrebbe fatto ancora male. Forse, perché non ne abbiamo mai parlato, o meglio, io non ne ho mai parlato.
    -Sarebbe stato meglio non parlarne.- Dice.
    -No, Tom, prima o poi, questo discorso sarebbe saltato fuori. È meglio che sia saltato fuori ora, così, dopo, non mi farà più niente.- Gli spiego.
    -Beh… Io non so cosa mi sia passato per la mente, in quel periodo. Dovevo stare malissimo davvero, per fare ciò…- Si blocca un momento, dopodiché, continua: -…Bill mi avvertiva sempre che stavo facendo la più grande cazzata della mia vita, ma io… Io non me ne fregavo. Sembravo drogato, non riuscivo a rendermi conto. Mi sembrava che stessi facendo la cosa giusta. Poi, quando ho visto le foto su tutti i giornali, mi sono reso conto. E’ stato come se mi fossi appena svegliato da un lungo sonno. E, più guardavo le foto sui giornali, più mi chiedevo se ero davvero io quell’imbecille abbracciato a Trina. Non mi riconoscevo nemmeno io.-
    -Si sbaglia sempre in due. La mia più grande delusione è di non avere ancora capito i miei errori , in tutta questa storia.- Confesso.
    Lo guardo. Tom sembra sbalordito.
    -Forse, non li hai ancora capiti, perché non ne hai compiuti.- Mi dice Tomi.
    -Sì, invece, io ne ho fatti, e parecchi.- Gli dico.
    -Ok, come vuoi.-
    -Tom, voglio che mi prometti una cosa.-
    -Tutto ciò che vuoi.-
    -Che, nonostante tutto ciò che è successo e che succederà in futuro fra noi, tu mi voglia sempre bene.-
    -Non c’è bisogno di chiedermelo: lo avrei fatto comunque, lo sai benissimo.-
    -Ti prego, abbracciami!-
    -Non devi neanche pregarmi!-
    Poggio la testa sul suo petto, tenendomi stretta a lui. Aggrappata alla sua schiena. Le lacrime mi accarezzano le guance. Poi, mi accorgo che inizia a piovere. Piove dagli occhi di Tom.

    -Tom, grazie ancora!- Gli dico.
    -Di niente, non c’è bisogno di ringraziarmi, lo sai benissimo!-
    È da quando siamo tornati a casa che non faccio altro che ringraziarlo. Sono stata benissimo con lui, prima. È’ stata uno dei momenti più belli di tutta la mia vita, soprattutto, perché c’era lui. Soprattutto, perché sa come prendermi e farmi felice. Soprattutto, grazie alla sua infinita dolcezza.
    Tom è rimasto fuori della mia stanza. Sa benissimo che, in questi ultimi giorni, non voglio che entri.
    -Non dovrebbe essere un piacere, per te. Soprattutto, perché ti fai trattare male da me, molte volte.- Gli dico.
    -Non mi frega. L’importante e che tu stia bene e tranquilla, tutto il resto non conta.-
    -Fai male.-
    -Fa niente!-
    -Per me, fa, invece.- Gli dico.
    -Dai, Mia, io sto benissimo così.-
    -Non è vero, non dire bugie.-
    -Davvero, io sto bene, tranquillizzati.-
    -Penso che sia meglio che io vada.- Mi dice, un po’ imbarazzato.
    -Dove?- Gli chiedo allarmata.
    -A lavarmi!- Risponde perplesso.
    -Ah, sì, giusto!- Convengo.
    -Ok!-
    -Ok!-
    Ci guardiamo imbarazzati, l’uno dall’altro.
    -Ciao, Mia!-
    -Ciao.-
    Tomi se ne va. Vorrei fermarlo, anzi no, seguirlo, in camera sua e dirgli che sono pronta a tornare con lui, che è questo ciò che voglio. Vorrei dirgli che voglio fare l’amore con lui, che desidero farlo da quando l’ho visto la prima volta. Come è giusto che sia. È’ con lui che io sono sempre voluta stare. È lui la persona con cui voglio passare il resto della mia vita.
    Dio, ti prego, fallo tornare indietro. Costringilo a tornare da me. Digli che lo amo. Digli che voglio tornare con lui. Digli che voglio vivere ogni secondo della mia vita accanto a lui. Digli che voglio condividere tutto con lui. Digli che voglio sposarlo ed avere tanti bellissimi bambini con lui.
    No, Dio non glielo dice. Vuole che lo capisca da solo, o, ancora meglio, che sia io a dirglielo, ma, a me, manca il coraggio. Ho paura. Devo farglielo capire. Non ce la faccio più. Chissà se resisterò per altri tre giorni. No, stasera, mi toglierò questo bellissimo peso dal cuore e gli dirò che voglio tornare a stare con lui, ora, sempre e per sempre. È stasera il momento che aspettavo da molto.
    Tom entra in camera sua, senza mai voltarsi dietro. Non guarda al passato, guarda al futuro un nostro probabile futuro.
    A me, non resta altro da fare che chiudere la porta e fare in modo di non pensarci più. Mi poggio alla porta, pensando. Il mio pensiero va su Erik. Ultimamente, mi sono avvicinata molto anche a lui. Sento di non poter fare a meno neanche di lui. Come se mi fosse indispensabile per vivere. Non riesco ancora a capire il perché, ma è così. Non credevo che potesse essere possibile, non con lui, almeno. È strano. Gli sono molto affezionata, ma, questa volta, è un bene diverso.
    Ho iniziato anche a scambiare con lui strani sguardi. Come se stessimo insieme. A dire la verità, sono sempre io ad iniziare a lanciarglieli e, non so perché, mi aspetto sempre la “risposta”, la quale mi arriva sempre. È capitato anche che lo guardassi mentre stringo la mano a Tom o mentre io e Tom ci abbracciamo. E, spesso, capita di pensarlo mentre sono con Tom. Non so come riesca a viaggiare il mio pensiero da Tom ad Erik. È’ un processo automatico che vi è nella mia testa, da un po’ di tempo a questa parte.


    Capitolo 65
    Discoteca. Io sto ballando su un cubo. Stasera mi sono vestita un po’ più provocante. Come se fossi una vera cubista. Trucco un po’ più accentuato, minigonna, reggiseno del costume, per sostituire la maglia, tacchi alti, a spillo (quelli li uso anche quando vesto in modo normale!). Ho deciso che, almeno stasera, avrei danzato sul cubo. È la prima volta che mi capita. Ed ho sempre desiderato togliermi lo sfizio di ballare su un cubo. A volte, mi è capitato di desiderare di fare la cubista. Se la facessi davvero, mio padre ne morirebbe. Però , per me, sarebbe bello. Stare a contatto con tantissime persone. È davvero stimolante. Mi sempre piaciuto molto incontrare gente nuova.
    Dylan, il barista (il quale è diventato mio amico e fan!), mi chiama e mi indica di salire sul bancone a ballare. Ultimamente, io e lui, improvvisiamo una specie di coreografia: io ballo e lui mi segue shakerando e versando da bere, a tempo di musica.
    Scendo dal cubo e mi dirigo verso il bancone. Dylan mi fa andare da lui e mi aiuta a salire sul bancone. Ormai i banconi sono diventati i miei palchi, da cui potermi esibire. Senza bere alcolici, mi sento già ubriaca. Orami tutti se ne sono accorti e si sono abituati.
    Che peccato che tutto stia finendo. In fondo, in fondo, non voglio che tutto finisca. Vorrei restare qui ancora per un mese, ma ciò è impossibile. Mi fa male pensare al fatto che, tra un po’, non rivedrò più, tutti i giorni, i miei migliori amici e, sopra ogni cosa, Tom, il mio più grande amore. Ed Erik. Anche lui mi ho mai pensato che potesse mancarmi.
    Non posso dire che sia stata spensierata, perché la mia vacanza con i Tokio Hotel, non è stata spensierata, ma posso dire che sia stata molto rilassante.
    Erik mi raggiunge sul bancone. Bene. La serata inizia a farsi molto interessante. Ci sorridiamo, e, subito dopo, mi avvicino a lui. Ci avvinghiamo: l’uno poggiato all’altra e continuiamo a ballare. Mi struscio contro di lui. Non lo avevo mai fatto con lui. Ma mi sento attratta da lui. Molto attratta. È come se il mio corpo mi chiamasse e mi ordinasse di stare appiccicato a lui. Mi allontano da lui, guardandolo dritto negli occhi.
    -Cavolo!- Esordisce Erik.
    -Che c’è?- Gli chiedo, avvicinandomi al suo orecchio.
    -Mi fanno innervosire tutti questi uomini arrapati, che non vedono l’ora di vederti scendere da qui, solo per palparti.- Mi dice.
    -Finora, non mi ha mai palpata nessuno.- Lo informo.
    -Guardali…. Sembra che non abbiano mai visto una donna, in tutta la loro vita.-
    -Credo che tu stia esagerando.-
    -No, non sto esagerando. Oddio, anch’io, se non ti conoscessi, vedendoti qui sopra, reagirei allo stesso modo di tutti questi energumeni. In fondo, sei sempre una bella ragazza.-
    -Grazie, Erik, sei davvero molto carino.-
    -Ti sto dicendo semplicemente la verità… - Diventiamo entrambi seri, continuando a guardarci. -…Peccato, per te, sono solo un semplice amico.-
    -Un carissimo amico.-
    -E’ uguale.-
    -Non per me. Erik, mi sei stato vicino quando ne avevo più bisogno, quando quella maledetta sera… Non mi hai mai abbandonata. Ti ho sempre trovato, quando ne avevo più bisogno.-
    -Sai bene che l’ho fatto con piacere. Oddio, non so come dirtelo, ma, comunque, penso che tu l’abbia capito da sola che vorrei essere qualcosa di più per te.- Confessa.
    -Che vuoi dire? Non ti seguo.- Gli chiedo confusa.
    -Mia, hai capito perfettamente. Lo hanno capito tutti, ormai. È molto evidente, da parte mia.-
    -Erik, non riesco a seguirti, davvero.-
    Erik scuote la testa e, subito dopo, torna a guardarmi intensamente negli occhi. Con un rapido movimento, mi attira a sé e poggia le sue labbra sulle mie. Le preme, per far sì che io apra la bocca. Ma non ci riesco, non riesco neanche a chiudere gli occhi. Sono letteralmente paralizzata. Oddio, no! Mi ritorna in mente quella notte, quando entrò Tom e trovò me ed Erik a baciarci. Con l’unica differenza che, allora era programmato per fare un piacere ad Erik, mentre, ora, non era affatto programmato, non me lo sarei mai aspettato.
    Erik continua a cercare di aprirmi la bocca, ma io non posso dargliela vinta.
    Allontano Erik da me e lo guardo sbalordita. Lui mi sorride, io no. Non so come reagire. Non riesco neanche a dargli uno schiaffo. Sono sconvolta, confusa.
    Tom. Oddio, non voglio rovinare tutto, proprio ora che ci eravamo ritrovati. Lo cerco con lo sguardo. Lo trovo e noto che ha lo sguardo arrabbiato e deluso, scuote la testa, guardandomi.
    Scendo da bancone e corro da Tom, seguita da Erik. La gente attorno non si accorge di ciò che sta succedendo. La tensione non viene percepita dagli altri, ma solo da me, Tom ed Erik.
    -Erik, allontanati da me.- Gli ordino.
    -No, aspetta, Mia, parliamo.- Mi dice.
    Lo guardo, arrabbiata. Non sono felice di ciò che ha fatto: sono delusa ed arrabbiata con lui.
    -Ora, non mi sembra il momento migliore per parlare con te. Devo salvare il mio rapporto con Tom, almeno per quanto mi è possibile.- Lo informo.
    Erik torna indietro, mentre io torno a farmi spazio tra le persone, per andare da Tom.
    Oddio, non lo trovo più. Cazzo, no! Non può succedere di nuovo. È’ un deja-vu. Dio, non puoi farmi questo, non puoi farmelo di nuovo. Sai bene che non voglio e non posso perderlo.
    Lo trovo: si dirige verso l’uscita. Inizio a correre, spingendo le persone per riuscire a passare.
    -Tom.-
    Si gira: no, non è lui.
    -Scusa, ti ho confuso con un’altra persona.- Mi giustifico.
    -Non ti preoccupare.- Risponde.
    Gli sorrido e torno a cercare Tom.
    -Mi stavi cercando?- Mi chiede una voce, da dietro.
    Mi giro preoccupata. È’ lui. La sua espressione in viso non è delle migliori. Mi avvicino a lui e lo abbraccio. È rigido, freddo. Come se fosse impassibile. Mi allontano da lui e lo guardo interrogativa.
    -E’ inutile che fai quella faccia, sai benissimo perché sono arrabbiato con te.- Mi dice.
    -Tom, mi ha baciato lui all’improvviso, non me lo aspettavo nemmeno io.- Gli spiego.
    -Come l’altra volta, vero?- Mi chiede.
    -Te l’ho detto che, l’altra volta, era una recita e niente di serio.-
    -Sì, me l’hai detto, ma, a me, non è sembrato affatto.-
    -Tom, ti prego…-
    -Basta, Mia, sono stanco. Mi hai detto che volevi rimanere da sola, questi ultimi giorni, per riflettere su noi due, ma, solo ora, riesco a capire che era solo una stupida scusa per spassartela con quello stronzo di Erik, alle mie spalle.- M’interrompe.
    -No, no, no, no, no, assolutamente, no. Te lo giuro su ciò che ho di più caro a questo mondo.-
    -Mi fai schifo!- Sussurra, abbassando la testa.
    -Tom, ti prego, credimi, non lo sapevo, non ho neanche risposto al suo bacio.- Gli spiego.
    -Non ti credo!- Mi dice, tornando a guardarmi con uno sguardo ancora arrabbiato.
    Mi avvicino a lui e gli prendo il viso tra le mani. Lo guardo negli occhi.
    -Guardami…- Gli ordino. -…Mi vedi?- Chiedo, dopo.
    Tom cerca di evitare il mio sguardo.
    -Guardami, ti ho detto!- Gli dico piangendo e con rabbia.
    -Ti sto guardando!- Risponde, guardandomi con occhi ancora più arrabbiati.
    -Guardami bene, perché non lo stai facendo affatto: sono io, Mia, la tua Mia!- Gli dico, innervosita dal suo comportamento.
    -Ti sto guardando. No, non sei più la stessa Mia che conobbi dopo il concerto di Bologna. Sei cambiata, sei diversa, sei diventata una stronza!-
    -No, Tomi, sono sempre la stessa, sempre io!- Insisto.
    -Sei diventata una puttanella, una troietta, peggio di Katrynca. Mi sono innamorato della tua dolcezza e della tua sensibilità, non della tua malizia.-
    -No, Tom, ora, stai sbagliando! Ti permetto tutto ciò che vuoi, ma non ti permetto di insultarmi.- Gli dico.
    -Te lo meriti!- le lacrime continuano a scendermi.
    -BASTA! Non ti voglio sentire! Mi hai rotto, ora, basta davvero!- Gli urlo contro. -…Sai cosa ti dico?! Sono stanca di te. È da quando sono iniziate queste diavolo di vacanze che non fai altro che opprimermi. L’ho sopportato, ho provato ad avere pazienza e tolleranza, ma con te non ne vale la pena. Preferirei non averti mai conosciuto! Ora, riesco a capire perché tuo padre ha abbandonato te, Bill e Simone: perché aveva capito che razza di mostro sei! Aveva capito che sei un fallito!- Gli dico, con tutta la rabbia che provo dentro di me.
    Non ho neanche il tempo di respirare che mi ritrovo cinque dita sulla mia guancia e dopodiché, mi ritrovo catapultata a terra. Uno schiaffo forte, talmente forte da bruciarmi la guancia. Mi tocco le labbra e mi sento bagnare le dita. Le guardo: c’è del sangue. La scena di quella notte torna a farsi viva nei miei ricordi. Torno a guardarlo spaventata.
    -Questo non avresti mai dovuto permetterti di dirlo! Tu non sai un cazzo di mio padre!- Mi dice, con un filo di voce rabbioso.
    -E questo non avresti dovuto farlo, sapendo ciò che mi è successo ad Ibiza!- Ribatto.
    Tom non ribatte più. Ha chiuso definitivamente con me.
    Mi massaggio la guancia. Mi alzo, gli volto le spalle ed esco dalla discoteca, lasciandolo solo.

    Miami. Poco tempo fa. Io e Tom.
    -Ti prego, non infliggiamoci quest’altra pena. Non continuiamo a soffrire. Concediamoci un’altra possibilità, ritentiamo e, se non va bene, appena finite le vacanze, ci divideremo per sempre. E rispetterò la tua scelta, non ti richiamerò, non ti cercherò: non farò l’egoista.- Mi dice, guardandomi e tenendo stretta il più possibile la mia mano fra le sue.
    Come posso dirgli di no? Come? Come posso impedirgli di fare ancora parte della mia vita?
    Non so se seguire il cuore o la ragione. Sono in totale disaccordo ed è difficile capire chi dei due ha ragione. La ragione mi dice di cercare di capire cosa voglio dalla vita, mentre il cuore dice di tornare con lui e fregarsi del resto. Non riesco a trovare una via di mezzo. Anzi, credo proprio che non ce n’è una. Ma credo che sia di dovere dare ascolto alla ragione più che al cuore.
    -E va bene!- Rispondo infine.
    Alla fine, ho scelto l’irrazionalità.
    -Dici davvero?- Mi chiede entusiasta.
    -Sì, però, c’è un “però”.- Lo informo.
    -E ti pareva! C’è sempre il trucco… Comunque, tutto ciò che vuoi!- Mi dice.
    -Voglio che nessuno sappia niente di tutto questo. Nessuno deve sapere che noi due ci stiamo riprovando, che siamo tornati insieme.- Gli dico.
    -Perché?- Mi chiede perplesso.
    -Perché voglio che nessuno si intrometta tra noi, voglio che i nostri problemi li risolviamo noi due da soli.- Gli spiego.
    -Forse hai ragione, magari, staremo meglio e riusciremo a portare la storia avanti più facilmente.- Conviene.
    -Bene.-
    -Oddio, come sono felice! Tesoro, tu mi hai appena reso l’uomo più felice del mondo, per la seconda volta.-
    -Ah, un’altra cosa, Tom, finita la vacanza, io sceglierò se continuare o meno questa storia.-
    -Sì, lo so, come era nei patti.-
    -Esattamente!- Convengo.
    -Ti prego baciami, ora, non ce la faccio più ad aspettare.- Mi chiede.
    -Sta’ seduto sul letto!- Gli ordino.
    Tomi obbedisce. Ci mancherebbe anche!
    Mi siede su di lui, a cavalcioni.
    -Non farti venire in mente strane idee.- Gli avviso.
    -No, tranquilla, per me è già molto il fatto che tu abbia accettato la mia proposta.-
    Intreccio le mie mani fra le sue, mi stringo di più a lui e lo bacio. A lungo. Non si fa pregare, non cerca di staccarsi da me, non esita. I nostri respiri si mischiano. Respiriamo l’uno per l’altro. Le lingue si cercano e le labbra si toccano. Una continua lotta senza tregua. Il bacio è come quello di un sogno di poco tempo fa. È un tipo di bacio che mi trasporta, che non mi lascia andare via, che mi avvisa che non vuole farmi andare via per nessun motivo al mondo. Che non mi lascia decidere e non ti lascia libera di andare. È il bacio che ho sempre amato.

    Forse è davvero così che dovevano andare le cose, doveva finire così… O, forse, no? Boh, non lo so.


    Capitolo 66
    Ventinove agosto. Pomeriggio. Sono sul letto accanto a Bill. In camera mia. Bill dorme, riesce a dormire, io no. Riesco solo a piangere, e basta. Sono molto stanca, ma il sonno non mi prende. Non riesco a capire il perché o, molto probabilmente, non voglio accettarlo.
    Mi alzo dal letto e vado vicino alla finestra. Mi accendo un’altra sigaretta. L’ennesima da ieri sera. Ciò che è successo con Tom, è stato troppo per me. Non mi sarei mai aspettata una reazione del genere, da parte mia e quella di Tom. Non so quanto tempo impiegherò prima di riuscire a superare e dimenticare tutto questo. Non voglio fare la vittima, ma è difficile superare cose del genere.
    -Ehi!- Mi dice Bill.
    Mi giro a guardarlo.
    -Ehi!- Gli dico.
    -Perché non avete detto a nessuno di essere tornati insieme?- Mi domanda, alzandosi dal letto, per raggiungermi.
    -Perché… Perché volevamo che, almeno stavolta, nessuno si intromettesse tra di noi. Nulla di personale. Deve ammettere, però, che questo ha peggiorato solo la situazione. Se, almeno, lo avessi detto ad Erik, quest’ultimo, non mi avrebbe mai baciata e Tom non si sarebbe mai comportato come stanotte.- Gli spiego.
    -No, dai, non dire così.-
    -Sono così dispiaciuta e pentita di aver detto quelle cose su vostro padre: non avrei mai dovuto. Non mi sarei mai dovuto permettere.- Gli dico, singhiozzando.
    Bill mi abbraccia e mi stringe al petto.
    -Dai, non fare così, tranquillizzati, sappiamo tutti che eri arrabbiata e, nella rabbia, si dicono tante di quelle cose, orribili, tra l’altro.-
    -Quella è stata la peggior cosa che io abbia mai detto. Non ho mai detto una cosa più brutta di quella, in tutta la mia vita. Non so come mi sia venuta in mente una cosa del genere.-
    Bill mi allontana un po’ da me e mi guarda. -Non ci pensare. Facciamo così: parlerò io con Tom, vi farò chiarire.-
    -No, Bill, è una cosa che devo vedermela da sola. Ti ringrazio comunque, ma devo risolvere tutto da sola.-
    -Sei molto matura, lo sai?- Mi fa.
    -Se questa è maturità. No, non sono affatto matura, se lo fossi, non mi comporterei come mi comporto, soprattutto, con Tom ed Erik.-
    -Non sapevi che Erik voleva baciarti.-
    -Se è per questo, non sapevo neanche che gli piacessi.-
    -Ce n’eravamo accorti tutti. E, ad essere sincero, tutti temevamo che potesse succedere una cosa del genere.-
    -Avrei dovuto tenerlo un po’ più distante da me, d’altronde, è pochissimo il tempo che lo conosco.-
    -Infatti…- Conviene. -…Ti va di scendere a guardare un DVD con me?- Mi propone.
    -No, ma se te vuoi andare, vai pure. Non preoccuparti per me.- Rispondo.
    -Dai, scendi con me!- Insiste.
    -Bill, davvero, non mi va.-
    -Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare?- Mi chiede.
    -No, non ho fame.-
    -Non hai mangiato nulla.- Mi fa notare.
    -Lo so, ma non ho fame.-
    -Mia, perché vuoi preoccuparmi?- Mi chiede addolorato.
    -Davvero, non lo faccio apposta. Comunque, se è questo quello che vuoi, allora, non voglio costringerti.- Mi dice dispiaciuto.
    -Magari, scendo più tardi a guardare il DVD.- Gli dico.
    Bill mi sorride.
    -Sì, meglio di niente.-
    Il regalo più bello che posso chiedere ora, è il sorriso di Bill. È la cosa più bella. La più confortante e la più piacevole che posso ricevere. Il suo sorriso è a trecentosessanta gradi, come quello di un bambino.
    Gli sorrido anch’io. Un sorriso sghembo, tutto ciò che riesco a regalargli. E Bill mi capisce. Non insiste. Sa benissimo che potrebbe solo innervosirmi, in questo momento.
    Si avvia alla porta, uscendo e chiudendosela alle sue spalle.
    Ho bisogno di una distrazione. Ma di quelle che ti distraggono del tutto. Non faccio altro che pensare a ieri sera e non voglio, non voglio più pensarci. Sono stanca di farlo. Non ce la faccio più.
    Mi rimetto a letto ed accendo la tv. Il Trailer del film “Twilight” mi cattura. È in lingua originale, ovviamente. E per quel poco di tempo smetto di pensare. “Twilight”. È da molto tempo che non lo rileggo, ma, ora, sono troppo scossa per farlo. Ora che ci ripenso, Tom sta ancora leggendo “Eclipse”. Pensandoci attentamente, Tom parla solo in tedesco ed il mio libro è italiano: mi domando, come avrà fatto a capirlo e, soprattutto, a leggerlo? Boh… Inka, la traduttrice dei Tokio Hotel, non c’è. Vabbeh: contento lui, contenti tutti.
    Mi alzo di nuovo dal letto, inquieta. Non riesco a stare nello stesso posto per più di uno o due minuti.
    Prendo il beauty-case dall’armadio e lo poggio sulla mia scrivania. Non so perché l’ho preso. Il mio cervello, in questo momento, non è connesso né alla bocca, né agli arti, né ad altre cose. Gli arti fanno tutto da soli. Non guido io mani e piedi.
    Affondo la mano nel beauty-case, come se cercassi qualcosa.
    -Ahi!- Esclamo, sussultando.
    Tolgo la mano dal beauty e me la porto alla bocca. Mi succhio il sangue. Dopodiché, mi guardo il dito.
    Ma cosa diavolo c’è di pungente qui dentro? Riaffondo la mano nel beauty. Prendo quella cosa e la caccio. È una lametta. Me la rigiro fra le mani, guardandola. So che nessuno vorrebbe che facessi ciò che sto per fare, ma credo che, ora, sia la cosa migliore da fare. Almeno saranno tutti un po’ più tranquilli, tutti più sereni, soprattutto, Tom.

    …E proprio lui, Tom, è in spiaggia a fumare una sigaretta ed a pensare. Guarda un punto indefinito, al di là del mare. È abbastanza nervoso, da poter spaccare uno scoglio. Nella sua mente, non fa altro che comparire la scena di questa notte, in cui Mia bacia Erik, o meglio, Erik bacia Mia. Perché sa benissimo che è stato Erik a baciare Mia. E si sente in colpa per averla accusata e si sente ancora più in colpa per averle dato quello schiaffo. Non fa altro che guardarsi quella maledetta mano maldestra e violenta, è la stessa mano, la quale, ad Ibiza, le diede il pugno la notte in cui fu stuprata. Vorrebbe tagliarsela. Vorrebbe non vederla mai più al suo polso.
    “Cosa mi ha fatto diventare così violento? Non lo ero mai stato, neanche con mio fratello quando litigavamo, da piccoli…”, pensa, fra sé e sé. “…Cosa cazzo mi è passato per la testa? Devo chiederle assolutamente scusa, prima che vada via e mi lasci per sempre. Non potrei sopportare il fatto di non rivederla, né risentirla mai più. Io voglio stare con lei, per sempre!”
    -Ehi, Tom!- Gli dice Georg.
    Tom alza la testa a guardarlo. L’amico si avvolge il telo attorno alla vita e si siede accanto a Tom, dandogli una pacca sulle spalle.
    -Ehi, che hai?- Gli chiede Georg.
    Georg si accende una sigaretta. Tom torna a guardare il mare.
    -Non faccio altro che pensare a stanotte.- Risponde Tom.
    -Capisco… Dai, non pensarci più, credo che anche Mia non ci pensa più.- Prova a tranquillizzarlo Georg.
    -Non riesco a capacitarmi del fatto che le ho dato uno schiaffo. È’ vero, che lei mi ha detto delle cose che non doveva dirmi, ma questo non giustifica la mia reazione irascibile. Niente potrà mai giustificarlo.- Gli dice, gettando la sigaretta lontano.
    -Chiamala e dille di chiarire a casa.- Gli consiglia Georg.
    -Non credo che vorrà ancora parlare con me.-
    -Provaci!-
    -La mia paura più grande, ora, è che lei voglia lasciarmi e, stavolta, per sempre. Cazzo! Che grosso guaio che ho combinato!-
    Squilla il cellulare di Georg. Georg si scaraventa subito sul suo sacchetto per prenderlo e rispondere alla telefonata.
    -Pronto?- Fa Georg. -…Cosa? …Bill, calmati, cerca di stare calmo e spiegami cos’è successo…-
    Georg ascolta tutta la spiegazione con attenzione, dopodiché, inarca le sopracciglia shockato, spaventato.
    -Oddio… Ok… Ok, Bill, arriviamo subito.- Dice Georg, chiudendo la telefonata.
    Inizia a rivestirsi.
    -Tom, alzati e rivestiti: dobbiamo tornare di corsa a casa.- Gli ordina.
    -Cos’è successo?- Gli chiede Tom.
    -A casa lo capirai!-

    Un mare di sangue e Bill sconvolto mentre mi tiene due asciugamani premuti sui miei polsi. Solo questo riesco a focalizzare. Mi tiene abbracciato, con la testa sul suo petto. Piange e cerca di tranquillizzarmi. Si è seduto a terra, poggiando la schiena alla scrivania per non crollare anche lui. Le nostre lacrime non si stoppano. Bill non fa altro che carezzarmi la testa.
    Da giù, si sentono delle voci. Devono essere tornati gli altri. Velocemente, si avvicinano i passi, fino ad arrivare in camera mia.
    -Cosa cazzo è successo?- Chiede Andreas.
    Georg si inginocchia di fronte a me. Mi accarezza le guance. Ha gli occhi lucidi. Dopodiché mi abbraccia.
    -Bill, dimmi che non è stata lei.- Dice Tom, con voce roca e spezzata.
    -Ti spiego dopo, Tom, ora non è il momento.- Gli risponde il gemello.
    -No, voglio saperlo ora!- S’innervosisce Tom.
    -Ragazzi, Mia, ha chiuso gli occhi e non li riapre più!- Dice Georg, o Gustav.
    ...E, ora, davvero non sento più nulla.

    Ospedale. Il medico ha appena finiti di “ricucirmi” i polsi. Non crede molto alla storia che sono caduta su un “tappeto” di bicchieri rotti. Ha capito fin troppo bene cos’è successo davvero, anche se fa finta di credere alla nostra versione dei fatti. Tom è con Gustav ed Andreas, fuori, in Sala d’aspetto. Con me, sono rimasti Bill e Georg.
    -Allora, signorina, i fili se ne cadranno da soli, dalla ferita.- Mi avvisa il medico.
    -...Cosicché, non dovrai tornare a farteli togliere e sentirai anche meno dolore.- Continua il medico.
    -Grazie, dottore.- Lo ringrazio, con voce soffocata.
    -Ora, deve solo stare un po’ più tranquilla.- Dice il medico, rivolgendosi a Bill e Georg.
    I miei amici annuiscono, guardandomi.
    Il medico è molto attento ed accurato. Non credo sia molto giovane ma non è neanche molto vecchio. Almeno è quello che si capisce dal colore di capelli; brizzolati in alcuni punti, ma, nonostante tutto, è, comunque, un bell’uomo.
    -Ok, finito!- Ci avverte il medico.
    -Grazie, dottore, grazie di tutto.- Lo ringrazia Bill.
    -Tranquilli, ho fatto semplicemente il mio dovere, nonché, lavoro. E tu, signorina, cerca di stare più attenta.- Si raccomanda ancora il medico.
    Georg mi aiuta a scendere dal lettino, subito dopo, mi prende in braccio.
    -Ragazzi, statele molto vicino, sta per avere una depressione e non sempre si esce bene da queste situazioni. Fate in modo che non ci entri nemmeno.- Si raccomanda ancora il dottore.
    -Ok, grazie, faremo ancora di più del nostro meglio. Faremo l’impossibile, per lei.- Risponde Georg.
    -E tu, ragazzina, non fare altre sciocchezze, perché le persone non sono sceme.- Mi informa ancora il medico, scuotendomi la testa, come se fossi una bambinetta di due anni.
    -Va bene, dottore, seguirò il suo consiglio, grazie!- Lo ringrazio, nuovamente.
    -Rivederci!- Lo salutiamo.
    -Ciao, ragazzi!- Ci saluta lui.
    Usciamo accompagnati dal dottore. Raggiungiamo i nostri amici. Gustav, Andreas e Tom ci vengono incontro.
    -Che ha detto?- Chiede Gustav.
    -Il dottore ha capito fin troppo bene ciò che è realmente successo.- Risponde Georg.
    -Lo immaginavamo. Chi può mai credere alla storia che è caduta su un “tappeto di bicchieri rotti”?- Fa Andreas.
    -Noi ci abbiamo provato.- Dice Bill.
    -Vabbeh, ragazzi, non serve a niente discutere qui. Torniamo a casa e ne riparleremo meglio.- Propone Tom.
    Finora, non lo avevo ancora sentito parlare.
    -Forse, è meglio!- Conviene Gustav.
    Ci avviamo verso l’uscita, per poi tornare a casa.


    Capitolo 67
    Camera mia. Sto risistemando la mia valigia. Bill e Georg mi aiutano. Hanno deciso che, dopo ieri, non vogliono lasciarmi un minuto da sola. I vestiti sporchi di sangue li sto lavando da ieri pomeriggio. Non vorrei che finissero nelle mani di mio padre: non ho voglia di dare spiegazioni. E, comunque, cosa potrei raccontargli? Che sua figlia è talmente squilibrata da tentare il suicidio? Non mi sembra la miglior cosa da dirgli. E, comunque, darebbe la colpa ai Tokio Hotel, soprattutto, a Tom. Il che è la cosa che desidero di meno al mondo. Creare dei contrasti tra la mia famiglia e quella di Bill e Tom.
    Bill ha gettato le lamette che avevo nel mio beauty-case e non mi fa avvicinare ai coltelli. Ha nascosto tutte le lamette che i miei amici usano per farsi la barba.
    Georg non fa altro che gironzolare, avanti ed indietro, per tutta la camera, con dei miei vestiti in braccio, portandoli a Bill. Quest’ultimo pensa a piegarli ed a riporli nella valigia, per bene, in modo da non occupare spazio inutilmente. Loro se ne intendono di queste cose: viaggiano tantissimo. Mentre, io prendo tutti gli indumenti dall’armadio, passandoli a Georg. Secondo loro due, si fa prima. Bah, se lo dicono loro.
    -Mia, cavolo, hai dei capi meravigliosi.- Si complimenta Bill.
    -Seh… I tuoi sono più belli.- Ribatto.
    -Non è vero! I tuoi sono più belli.-
    -Ti sbagli, Bill. I tuoi vestiti sono stupendi, ti rendono molto Chic!-
    -Bugiarda, i tuoi sono molto Glamour!-
    -Ragazzi, sono chic e glamour quelli di entrambi, però, adesso, basta, ok?- Ci rimprovera Georg.
    Io e Bill ci guardiamo in faccia e scoppiamo a ridere.
    -Come farò, quando tornerò a casa, senza di voi?- Chiedo più a me stessa che a loro.
    -Ce lo chiediamo anche noi. Oramai, ci eravamo abituati alla tua presenza!- Mi informa Georg.
    -In un modo faremo.- Cerco di tranquillizzarli.
    -E se parlassi con tuo padre per farti stare sempre con noi?-Propone Bill.
    -Leoncino, io ho ancora l’ultimo anno di liceo da fare.- Lo informo.
    -Beh, semplicissimo. Fai come noi: affitta un insegnante privato, oppure, segui le lezioni via internet e, alla fine dell’anno scolastico, torni a casa per gli esami.- Mi spiega Georg.
    -Non credo ch4e il mio vecchio sarà molto d’accordo.- Rispondo.
    -Perché mai?- Chiede Georg.
    -Non riuscite manco ad immaginare quante volte gliel’ho chiesto, quando stavo con Tom, ma lui ha sempre risposto in modo negativo.- Gli spiego.
    -Vuoi che ci parlo io? Ho un certo fascino tranquillizzante.- Si propone Bill.
    -Seh, nelle mutande!- Risponde Georg, ridendo.
    -Non credo che servirebbe a qualcosa.- Rispondo a Bill.
    -Tentar non nuoce!- Esclama Georg.
    -Già so che vi darà la stessa risposta che ha dato a me. Lo conosco bene, dato che è mio padre.- Li informo.
    -Uffa… Io non voglio lasciarti mai più.- Si lamenta Bill.
    -Neanch’io, però, il destino ha scelto di dividere le nostre strade.- Gli dico.
    -Sì, ma potrebbe anche unirle nuovamente, prima o poi.- Mi dice Georg.
    Cavolo, ora che ci ripenso, sarà difficile davvero abituarmi a stare senza di loro. Oramai, mi sono abituata a vederli ogni giorno, in ogni momento della giornata. Sono diventati la mia famiglia. La mia seconda famiglia.
    -Guys, vado a prendermi qualcosa da bere, giù. In cucina.- Li avviso.
    -Ok, ma fai presto.- Si raccomanda Bill.
    -Bene.-
    Esco dalla stanza, chiudendomi la porta alle mie spalle. In quello stesso momento, esce dalla camera di Gustav anche Tom. Ci guardiamo per un lungo istante.
    -Ciao!- Mi saluta, imbarazzato.
    -Ciao!- Lo saluto io, anch’io imbarazzata.
    -Come stai?- Mi chiede.
    -Bene, grazie… Comunque, è inutile che mi chiedi sempre come sto, Tom. Sto bene, tranquillizzati.- Gli dico, mettendogli una mano sul braccio.
    Tom mi guarda. Lentamente, la faccio scendere lungo i miei fianchi. Forse non è stata una buona idea toccargli il braccio. Non è ancora pronto per toccarmi ed essere toccato da me.
    Ci guardiamo imbarazzati, senza sapere cosa dirci.
    -Sei proprio una stupida, eh?- Mi fa.
    -Sono una scema.-
    -Infatti.-
    Scoppia a ridere.
    -Ehi, non dovresti dire che sono una scema. Dovresti ribattere, invece: “No, Mia, non sei affatto una scema, sei solo un po’ confusa!”.- Gli dico.
    -Nooo, meglio dire la verità, sempre, anche quando si sa che potrebbe far male.- Mi spiega.
    -Sì, giusto… Vabbeh, io scendo a prendere qualcosa da bere.- Lo informo.
    -Ok… Allora… Ci si vede in giro.-
    -Tom, io sto qui… Per ora… Anche se ancora per poco.- Gli dico.
    -Giusto, hai ragione.- Conviene lui.
    Non so cos’altro dire o cosa fare. L’unica cosa che mi resta da fare è scendere in cucina per prendere qualcosa da bere, come stavo facendo prima di incontrare Tom.
    Tom fa il galantuomo, facendo passare prima me, con un grosso sorriso stampato sulle sue labbra da bambino.
    Scendo le scale, uscendo nel salotto e mi dirigo in cucina. Vado di fronte al frigorifero e prendo una bottiglia di Pepsi. Poi, prendo dei bicchieri di plastica vuoti e torno di sopra, in camera mia. Appena arrivo, entro e chiudo, ancora una volta, la porta alle mie spalle. Poso bottiglia e bicchieri sulla mia scrivania. Mi verso, in uno dei bicchieri, la Pepsi e la bevo velocemente. Lo stesso lo fanno anche Georg e Bill.
    -Bill, la biancheria di oggi si è già asciugata?- Gli chiedo, posando il bicchiere sulla scrivania.
    -Non ne ho la più pallida idea: non ho ancora controllato.- Risponde.
    -Gè, hai controllato te, per caso?- Gli chiedo.
    -No, mi dispiace… Anzi, se vai a controllare, puoi vedere se i miei boxer neri di Calvin Klein si sono asciugati?- Mi chiede.
    -Ok, ci vado subito.- Gli rispondo.
    Esco di nuovo, questa volta, lascio la porta aperta alle mie spalle. Scendo di nuovo le scale e mi dirigo verso il giardino, quello in cui vi è anche la piscina e le sedie-sdraio. Mi dirigo verso lo stendi-biancheria. Inizio a palpare tutta la biancheria stesa al sole. Ad un certo punto, tocco la mano di qualcuno. Mi sporgo per vedere a chi appartiene e rimango shockata. È di Tom la mano che ho toccato. Gli sorrido intimidita, imbarazzata. È da qualche giorno -precisamente, da quando abbiamo avuto il nostro ultimo litigio- che mi sento molto imbarazzata con Tom. Credo che sia normale. O, forse, no.
    -Abbiamo avuto la stessa idea, nello stesso momento, eh?- Mi dice.
    -No, è che Georg mi ha chiesto di controllare i suoi boxer Calvin Klein.-
    -Guarda la combinazione: Andreas mi ha chiesto la stessa cosa.- Mi informa.
    -Cavolo… Secondo te, si saranno messi d’accordo?-
    -Credo di sì.-
    -No, io non credo.- Gli dico.
    -Io dico di sì.-
    -Io dico di no… Comunque, quali sono i boxer neri Calvin Klein di Georg?- Gli chiedo.
    -Dovrebbero essere quelli.- Mi dice indicandomeli.
    -Ok, grazie!- Gli dico.
    Vado di fronte ai boxer controllo che si siano asciugati per bene. Dopo essermi accertata che sono del tutto asciugati, li levo e li piego. Controllo anche i miei jeans, il mio intimo, i miei costumi e la mia camicetta. Tutti asciugati. Dopodiché, passo a controllare la biancheria dei miei amici, seguita dallo sguardo di Tom.
    -Mia?- Mi chiamano da fuori.
    Mi giro a vedere chi è. Sorpresa.
    -Erik!- Dico.
    -Puoi venire un attimo, per favore?- Mi chiede.
    Apro il cancello e miavvicino a lui.
    -Come stai?- Mi chiede.
    -Bene, grazie. Te?- Gli domando a mia volta.
    -Anche. Sono stato malissimo in questi due giorni.- Mi informa.
    -Tranquillizzati: io sto benissimo.-
    Mi avvicino a lui e lo abbraccio. Erik risponde al mio abbraccio e mi stringe forte. Tom potrebbe stare dove l’ho lasciato, lì, impalato, a guardarci, ma, ora come ora, non me ne frega nulla. Non stiamo più insieme e non ha alcun diritto di farmi una scenata, qualunque sia il motivo.
    Gli stampo un bacio dolce sul collo e mi allontano. Erik intreccia le sue mani fra le mie. Ci sorridiamo. Non riesco ad essere imbarazzata con lui e non capisco il perché. Eppure mi ha detto delle cose importanti e mi ha baciata anche. Però, per me, è come se ci fossi abituata, come se stessimo insieme e l’imbarazzo scompare.
    -Cavolo, sono stato davvero malissimo.- Mi informa.
    -Inutilmente.-
    -Poi, quando ho saputo che hai tentato il suicidio, mi sono sentito peggio.- Mi informa.
    -Aspetta, frena. Come lo hai saputo?- Gli chiedo.
    -Ho visto, ora, le fasciature ai polsi e… Il medico che ti ha assistita è un mio amico. Mi ha detto che, ieri pomeriggio, un gruppo di cinque strani ragazzi, ha condotti da lui una ragazza con i polsi sanguinanti. Quando ho sentito “gruppo di cinque strani ragazzi”, ho capito subito che erano i tuoi amici ed ho capito subito che, la ragazza con i polsi sanguinanti, eri tu. Mi ha anche raccontato la vostra bugia.- Mi spiega.
    -Credevamo che avrebbe creduto a quella bugia, ma era troppo banale, per essere creduta.- Gli dico.
    -Come la metterai con tuo padre?-
    -Che vuoi dire?-
    -Cosa gli dirai quando ti vedrà le fasciature ai polsi?- Mi chiede.
    -Gli racconterò la stessa bugia che ho raccontato al tuo amico medico: con lui, è più semplice mentire.- Gli spiego.
    -Dici?-
    -Sì, sì, non puoi neanche immaginare tutte le stronzate che gli racconto da mattina a sera.- Lo informo.
    -Allora, è molto più semplice.-
    -Esattamente! Perché non ti sei fatto né sentire, né vedere da me, in questi due giorni?- Gli chiedo, seria.
    -Avevo paura, pensavo che non volessi più vedermi dopo il nostro bacio.-
    -Hai fatto tutto da solo. Chi te lo dice?! Hai sbagliato, saresti dovuto venire, avevo bisogno anche di te, non solo di Bill, Gustav, Andreas e Georg. Sei uno dei miei punti di riferimento, Erik.- Gli dico.
    -Non lo sapevo e, sinceramente, non me lo aspettavo neanche. È solo che, avevo paura della mia reazione, nel caso non avresti più voluti vedermi: non volevo rischiare di farti del male anch’io.-
    -Capisco, ma dovevi rischiare. Avevo bisogno di te, in quel momento. Forse, avendoti vicino, non avrei mai fatto la stronzata di tagliarmi le vene.- Lo informo.
    -Non immaginavo…-
    -Oramai è passato… Oddio, che maleducata: ti va di entrare?- Gli chiedo.
    -No, no, preferisco di no.-
    -Sicuro?-
    -Sì, certo. Magari, passo a trovarti più tardi, va bene?-
    -Ci conto.-
    -Ok…Ciao, piccolina mia.-
    Mi avvicino ad abbracciarlo di nuovo e, di nuovo, gli stampo un bacio, questa volta sulla guancia. Cerco di stare più possibile avvinghiata a lui. Dopodiché, mi stacco.
    -Ciao, Erik!- Lo saluto.
    Mi stampa un bacio in fronte e si avvia alla sua auto, lasciandomi sull’uscio. E la sua automobile parte. E, dopodomani, partirò anch’io.


    Capitolo 68
    Ultima sera di vacanza. Ultima sera di divertimento. E, stasera, ho deciso di stare tranquilla. Che tutti staremo più tranquilli. Stasera, non ho voglia di scenate, né di litigi. Stasera, ho solo voglia di vivere… E di ballare. E, mi sa, che, stasera, hanno voglia di ballare tutti, compreso Tom. È’ talmente strano ciò. Lui che ha sempre affermato di essere un pessimo ballerino, stasera se ne frega e ci fa compagnia in mezzo alla pista da ballo. Interessante.
    Io, Georg ed Andreas, nel pomeriggio, abbiamo comprato due torte. Una per i gemelli, mentre l’altra è per Gustav. I gemelli fanno il compleanno domani, mentre Gustav fra una settimana. Ma abbiamo deciso di festeggiare entrambi i compleanni stanotte. Mi sarebbe dispiaciuto davvero tantissimo non poter festeggiare quello di Gustav. Non sarebbe stato giusto, per questo faremo un’unica festicciola. Festeggeremo in spiaggia. Georg resterà con i ragazzi in spiaggia, mentre io, Andreas ed Erik, torneremo a casa per prendere tutti i regali e tutte le torte, per portarle in spiaggia. Abbiamo architettato oggi questo piano.
    Prima di uscire di casa, ho conversato su MSN con mia sorella. Mi ha detto di essere andata, per quindici giorni, in Sardegna e di essere tornata la settimana scorsa. Poi, mi ha detto che mio padre ha conosciuto una donna, con cui si sta frequentando… Che meraviglia! Così la smette di rompere le ovaie a me! Le ho detto che sarei tornata tra domani e domani l’altro. Non le ho detto ciò che è successo ultimamente: non so come avrebbe reagito alla notizia che sua sorella è una sociopatica aspirante suicida.
    Ho parlato, sempre su MSN, anche con Elisabetta. Neanche a lei ho parlato di ciò che è successo qui. Se non l’ho fatto con mia sorella, la quale è la persona di cui mi fido di più a questo mondo, non vedo il motivo per cui dovrei dirlo ad Elisabetta. Niente di personale, ma, se devo dirle all’Elisabetta, allora, le notizie devono passare prima dall’orecchio di mia sorella.
    Verrà anche Erik stasera. Lui e Tom si evitano: Erik lo fa per non offendere me ed evitare altri problemi, mentre Tom lo fa per non spaccargli la faccia.
    Ormai, conosco tutti i camerieri della discoteca in cui andiamo sempre, quindi, stasera, dovrò salutarli. Mi mancheranno tutte le ballate sul bancone. Forse, è la cosa che mi mancherà più di tutte. Sapevo benissimo che, prima o poi, sarei dovuta andar via.
    Georg è accanto a me che si diverte con Bill a distanza. Sì, perché Bill è in pista a scatenarsi.
    -Georg, che ore sono?- Gli chiedo.
    -Sono ancora le 22:30.- Risponde.
    -Ancora?! Uff… Che pallosità! Manca ancora un’ora.- Mi lamento.
    -Prima o poi, passa.-
    -Georg, mica hai detto ai gemelli e Gustav delle torte?- Gli chiedo sospettosa.
    -Assolutamente no, tranquilla! Neanche Andreas glielo ha detto.- Risponde.
    -Quindi, posso stare tranquilla che la sorpresa riesca perfettamente?-
    -Sicuro!-
    -Bene, meglio così!-
    -Erik?-
    -Erik cosa?- Gli chiedo, di nuovo sospettosa.
    -Può averglielo detto?-
    -Non credo.-
    -Verrà anche lui con noi, stasera?-
    -Sì, Gè, t’infastidisce?-
    -A me, no. Devi domandarlo a Tom.-
    -Tom la sta facendo troppo tragica.-
    -Su questo, hai perfettamente ragione, ma prova a capirlo, prova a metterti nei suoi panni!- Mi dice, conducendomi sul divanetto, sul nostro divanetto.
    -E’ troppo geloso, senza alcun motivo!-
    -Lo so, escludendo l’altra sera, tu non gli hai mai dato alcun motivo di essere geloso.-
    -Qualcuno che, finalmente, lo ammette!
    -Sai una cosa?-
    -No, cosa?- Gli chiedo incuriosita.
    -Io immaginavo che voi due eravate tornati insieme.-
    -Dici sul serio?-
    -Sì, sì, solo che ne ho avuto la conferma la notte in cui vi siete lasciati per la seconda volta.-
    -Mi dispiace non averlo detto a nessuno, ma abbiamo preso questa decisione, perché…-
    -So perché non lo avete fatto, vi capisco e non vi biasimo. Credo che sia stato meglio così.-
    -Mi prendi in giro?- Gli chiedo sorpresa.
    -Assolutamente no.-
    -Ah, meno male.-
    -Mia, nessuno del gruppo vi biasima.-
    -Bene.-
    -Abbiamo capito tutti il motivo per cui non ci avete detto di voi due.-
    -Non Bill.- Gli dico rattristata.
    -Che vuoi dire?-
    -Bill ci è rimasto male perché io e Tom non glielo abbiamo detto. Ha ragione, lui è il mio migliore amico e non gli ho detto nulla.-
    -Tranquilla, glielo abbiamo spiegato noi e, ora, ha capito. E crede anche lui che è avete agito bene.- Mi informa.
    -Davvero?- Gli chiedo, sorridendogli.
    -Sì!-
    -Meno male, ora, sto meglio! Grazie per avergli parlato.-
    -Sai com’è Bill, ormai. Non gli si può tralasciare niente, altrimenti ti fa venire il mal di testa, per come ti assilla.-
    -Sì, però… E’ molto dolce. È’ come se fosse un bambino che ha bisogno di essere difeso.-
    -Ne ha troppo bisogno.-
    -Grazie ancora, Georg.-
    -Tranquilla, ho fatto solo il mio dovere di amico.-
    Lo abbraccio, trovando in lui un affetto infinito.

    Spiaggia. Manca pochissimo tempo alla mezzanotte. Il nostro piano è andato quasi tutto bene. Con la scusa di dover andare in bagno, abbiamo siamo andati a prendere tutta la roba dl frigo. Io, Erik ed Andreas stiamo tornando dai nostri amici, con tutta la roba in mano. Tra l’altro pesa anche. Meglio evitare di correre: non voglio fare la torta con cioccolata, panna e sabbia. Arriviamo dai nostri amici. Andreas prende tutti i piattini e le forchettine di plastica. Dopodiché, prende un coltello e la paletta da dolce; poi, passa a mettere le candeline. Io mi occupo di accenderle.
    Mancano dieci secondi alla mezzanotte.
    Georg inizia il conto alla rovescia, dopodiché, iniziamo a contare anche noi, all’unisono, entusiasti: -Dieci… Nove… Otto… Sette… Sei… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno… AUGURIIIIIIIII!!!!!-
    -Happy birthday to you… Happy birthday to you… Happy birthday to Bill, Tom and Gustav… Happy birthday to you!- Cantiamo io, Erik, Gustav ed Andreas, in coro.
    I tre festeggiati soffiano sulle candeline, entusiasti. Bill è quello più felice. È’ sempre il solito.
    -Ragazzi, grazie!- Ci dice Gustav. -…Non me lo sarei mai aspettato!- Continua.
    Saltiamo addosso ai tre e li riempiamo di baci.
    -Mi raccomando, voi tre, di non montarvi la testa, d’ora in poi!- Si raccomanda Georg, sopra tutti noi.
    Ci sta schiacciando. Mi libero tirando un sospiro di sollievo e rimettendomi i capelli in ordine.
    -Noi non l’abbiamo mai fatto!- Ribatte Gustav, con voce spezzata.
    Ad uno, ad uno, iniziano a ricomporsi tutti.
    -E, comunque, Gè, tu sei un montato di natura, un montato senza cervello!- Gli dice Tom.
    -Ehi, amico, non è vero!- Risponde Georg.
    Io ed Andreas ci occupiamo di tagliare le torte e a metterle nel piattino. Quando siamo stati serviti tutti, ci sediamo e, prima di iniziare a mangiare, propongo: -Ragazzi, dato che non tutti possiamo bere qui, negli Stati Uniti D’America, perché, invece di fare il brindisi con lo Champagne, non lo facciamo con le torte?-
    -Buona idea: meglio di niente!- Risponde Andreas.
    Alziamo, ognuno di noi, il proprio piattino.
    -A queste meravigliose vacanze: che ce ne siano delle altre, altrettanto belle e, perché no?, anche di più belle! Cin.- Dice Georg.
    -Ai Tokio Hotel: che possano raggiungere il culmine del successo ed a conquistare, al più presto, anche l’America con le loro bellissime canzoni… Cin!- Dico io.
    -A tutti noi: sperando di non dividerci mai e di restare sempre uniti… Cin!- Dice Tom.
    -Alla vita: che sia, per ognuno di noi, bella e piena di sorprese e di nuove avventure… Cin!- Dicono Gustav e Bill insieme.
    -CIN!- Urliamo tutti in coro.
    Dopodiché, passiamo a mangiare. Georg ed Andreas sono i primi a finirla.
    -Ragà, è ottima questa torta!- Si complimenta Gustav, masticando.
    -Gù, attento a non fartela andare di traverso!- Gli dice Bill.
    -Leoncino, non essere così cattivo!- Gli dico.
    -Infatti non sono cattivo: lo sto semplicemente avvisando, non vorrei che morisse.-
    -Oh, che carino, si preoccupa per il buon vecchio Gusti.- Lo prende in giro Georg, con tanto di voce in falsetto e smorfie con la bocca.
    Subito dopo aver finito di mangiare le due torte -compresi i vari bis di Bill, Tom e Georg-, si passa ai regali.
    Erik gli passa i primi tre regali: -Questi sono da parte mia e di Mia!-
    I tre li scartano: a Tom un polsino Nike; a Bill un orologio Nike, mentre, a Gustav una cinta Gucci.
    Dopo di me, tocca a Georg. Passa i regali ai gemelli: per Bill, un jeans strappato; per Tom, un cappellino con scritto “NewYorkCity”.
    Si passa ai regali di Gustav: regala a tutt’e due una magli, ma di stili diversi: quella di Bill ha un teschio brillantinato, al centro e varie catene appese un po’ in tutta la T-Shirt; quella di Tom è larga ed ha alcuni graffiti, al centro, all’ “American Gangster”. Sembrerebbe che Gustav e Georg si siano misi d’accordo.
    Infine, Andreas: a Bill, regala un braccialetto d’argento, con tutti teschietti, molto bello e molto elegante, mentre, a Tom, un polsino Adidas.
    Direi che siano rimasti molto contenti per i regali ricevuti. L’entusiasmo di Bill è molto contagioso.
    -Ragazzi, mi sono permessa di farvi un altro regalo, però, questo è solo da parte mia.- Informo la band.
    Spalancano tutti e cinque gli occhi, sorpresi.
    -No, Mia, non avresti dovuto.- Mi dice Bill.
    -Sì, invece. Ve li siete meritati. Diciamo che sono dei regali di ringraziamento. È vero, non sempre siamo andati d’accordo, durante queste vacanze, soprattutto, io e Tom, ma sono state, comunque, le vacanze più belle che io abbia mai passato in tutta la mia vita. Non credo che riuscirò a passarne delle altre altrettanto belle. Credo che, le altre, non si avvicineranno neppure.
    Durante questi tre mesi, ho avuto modo di osservarvi e di farmi un’idea ben chiara e precisa su voi cinque. Ho scoperto che dietro quelle facce da teppisti che mostrate nei vari photoshoots, ci sono delle persone meravigliose, umane e che amano ciò che fanno. Persone che, quando qualcuno è in difficoltà, non ci pensano due volte prima di farsi in quattro per aiutare quel qualcuno.
    È’ grazie a voi che ho scoperto davvero chi sono e cosa voglio dalla mia vita. È’ grazie a voi che sono riuscita a superare tutti i momenti peggiori. È grazie a voi se la mia vita è tornata ad avere un senso.- Gli dico, con le lacrime agli occhi.
    Bill e Georg si commuovono e mi abbracciano.
    -Lo stesso vale per me. Sai bene che sono figlio unico. Sei come la sorella che non ho mai avuto. Grazie a te, non mi sono mai sentito solo. Se ti conoscesse mia madre, mi direbbe subito di rapirti per adottarti.- Mi dice, tra le lacrime.
    -Mia, mia piccola Mia. Come faremo tutti senza te? Ormai, ci hai viziati.- Mi dice Bill, lasciandosi sfuggire una piccola risata.
    -Me lo chiedo anche io.- Gli dico.
    Bill e Georg si staccano da me.
    -Allora, li volete o non li volete questi regali?- Gli chiedo, cercando ancora di trattenere le lacrime.
    -Certo che li vogliamo!- Dice Bill, entusiasta.
    Passo i regali ad ognuno di loro. A Tom, ho scritto anche un bigliettino. Li scartano tutti.
    Ho regalato loro dei peluches, ognuno ha il proprio animaletto; in mano hanno un cuore, sul quale c’è scritto “I Love You!”.
    -Hai fatto ad ognuno di noi un peluche?- Mi chiede Andreas.
    -Sì, ma sono animali diversi.- Gli spiego.
    -Oh, che carino!- Fa Bill, abbracciando il suo a forma di leoncino (guarda la combinazione! Ihihih!).
    -Se guardate bene, al collo dovrebbero avere una catenina…- Gli spiego. -…Su questa catenina, a forma di cuoricino c’è la vostra iniziale con la mia e, a tutti voi, tranne che a Tom, c’è scritto: “Best friends forever!”- Continuo.
    -Woooooow… E’ troppo carino!- Fa Georg, tenendo stretto il suo piccolo koala.
    Bill è ancora abbracciato al leoncino.
    -Basta, Bill, hai diciannove anni, ora, cazzo!- Gli dice Georg, ridendo.
    -Uffa, che mi frega che, ora, ho diciannove anni?! È troppo bello ed a me piace! E, comunque, me l’ha regalato la mia sorellina!- Ribatte il gemello moro.
    -Mia, grazie mille, non ce l’aspettavamo davvero. E, comunque, non avresti dovuto, come non devi neanche ringraziarci. Per noi, è stato un vero piacere passare questi tre mesi, con te. Sono stati indimenticabili, davvero! Anzi, credo che ti dovremo ringraziare noi, per averci sopportato per tre mesi.- Mi ringrazia Andreas.
    -Sono stati fatti col cuore. E, poi, vi rimarrà un ricordo di me.- Rispondo.
    -Ma noi non vogliamo dimenticarti, non potremo mai dimenticarti e, comunque, anche se volessimo farlo, non potremo mai riuscirci. Hai segnato una traccia nella nostra vita.- Mi dice Gustav.
    Tom non parla: è intento a leggere la mia lettera. E, dai suoi occhi, vedo delle piccole lacrime farsi largo tra i suoi occhi.


    Capitolo 69
    Io e i ragazzi ci siamo ritirati da poco -sarà un’oretta, più o meno- e, ora, ci stiamo preparando per la partenza. È arrivato il primo settembre. Il padrone di casa è già arrivato e, di lui, se ne sta occupando Andreas.
    Io ed Erik ci siamo salutati stanotte, prima di andar via. Ci siamo promessi di sentirci al più presto e di poterci rivedere (ovviamente, Tom non lo sa. Non vorrei scatenare, ancora una volta, la sua ira!)
    Spero di non dimenticare nulla d’importante qui, ma ciò che spero di più è di non dimenticare mai questi tre mesi meravigliosi. Sarà molto difficile farlo: hanno segnato la mia vita.
    Entra Bill in camera mia.
    -Mia, qui siamo tutti pronti ed il taxi è giù ad aspettarci, manchi solo tu!- Mi avvisa.
    -Ok, sono pronta anch’io. Dovreste solo aiutarmi a portare giù le valige e le altre borse. Ah, il mio frigorifero portatile l’avete già preso?- Gli chiedo, prendendo alcune borse.
    -Sì, credo che l’abbiano anche messo in macchina.-
    Ok, allora, inizia a portare le valigie giù.-
    Bill prende le valigia accanto alla porta. Prendo il beauty-case e la valigetta con il mio PC portatile, mentre Bill inizia già a scendere le scale. Ho preso dei pensierini, in tutte le tappe di questa vacanza, a tutte le persone che ho lasciato a casa.
    Prima di scendere, mi fermo sull’uscio e mi guardo intorno, cercando di memorizzare la stanza nella mia mente. Quella che è stata, fino a poco fa, la mia stanza. I flashback di me e di Tom, di me ed Erik e di me con gli altri, in questa stanza, compaiono davanti ai miei occhi. Bellissimi momenti di felicità. Momenti indimenticabili, i quali danno un senso alla mia vita. Sento già la nostalgia farsi viva e le lacrime pronte nei miei occhi. Mi mancherà tutto questo. Mi mancheranno soprattutto loro e le loro risate fragorose.
    -MIAAAAAAAA!- Mi chiamano, da giù.
    Credo che sia proprio arrivato il momento di andare via.
    Esco dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Scendo velocemente le scale. Mi guardo intorno anche all’ingresso, sorrido per i flashback di ciò che è accaduto in questa casa, in questo mese e mezzo ed esco definitivamente da questa meravigliosa villa sul mare. Chiudo, anche qui, la porta alle mie spalle.
    Bill e Gustav mi raggiungono e mi prendono tutte le borse, lasciandomi solo la macchinetta fotografica.
    -Ragà, un’ultima foto, dai, prima di partire.- Ci dice Georg.
    Annuiamo tutti. Chiediamo al padrone di casa di scattarcela e, dopo avergli spiegato dove si scatta, mi metto in posa con i miei amici, davanti la nostra casa.
    Dopo averla scattata, mi ridà la macchinetta, ci saluta e se ne va.
    Entriamo in macchina, consci del fatto che dovremo stringerci, al fine di riuscire ad entrarci tutti. Mentre arriviamo all’aeroporto, ci guardiamo intorno, come se fosse l’ultima volta. Per loro, non sarà l’ultima, sono sicura che ci torneranno per i loro tour, mentre, per me, è l’ultima volta.

    Finalmente, siamo in aereo, in viaggio verso la Germania. Loro potranno tornare subito a casa, mentre io no. Dovrò prima prendere una coincidenza per Roma, dopodiché, prenderò una autobus che mi porterà alla stazione di Roma – Termini, per prendere il treno per Aversa, infine, ad Aversa, verranno a prendermi mia sorella e mio padre. Sarà molto stressante, ma “Ho voluto la bicicletta ed, ora pedalo!”. Ne è valsa la pena, di questo ne sono più che sicura.
    Bill ha voluto sedersi accanto a me.
    -Mia, a cosa pensi?- Mi chiede Bill.
    -Stavo facendo mente locale su i vari mezzi che dovrò prendere per tornare a casa mia.- Rispondo.
    -Capisco… e come farai?-
    -Allora: arrivata in Germania, prenderò una coincidenza per Roma, poi, prenderò un autobus per la stazione di Roma, la quale mi porterà ad un paese vicino al mio e, lì, verranno mio padre e mia sorella a prendermi.- Gli spiego.
    -Cavolo! Che stress!-
    -Lo so. Fortunatamente, abbiamo già cambiato i dollari in euro, almeno, non dovremo perdere altro tempo solo per questo.-
    -Per fortuna!-
    -Sei partita “povera”, per così dire, e torni “ricca”.-
    -Infatti. E dire che mio padre si preoccupava ché io non ce la facessi con i soldi.-
    -E, finalmente, darai a quel povero fratellino mio la risposta.-
    -Già! È’ arrivato il momento.-
    -Sei pronta per dargliela?- Mi chiede.
    -Sì, spero solo di aver fatto la scelta giusta.-
    -Qualsiasi sia la tua scelta, io non ti biasimerò.-
    -Grazie, Bill, sei dolcissimo.-
    -Ragazzi, io vi abbandono e mi eclisso!- Ci avvisa Georg. -…Perché, se non lo faccio ora, non potrò farlo per tantissimo tempo, dato che domani ricominceremo a lavorare nuovamente.-
    -Ok, Gè, Buon riposo.- Gli auguro.
    -Grazie.-
    -Bill, se, anche te, vuoi eclissarti, fallo pure tranquillamente, per me non c’è alcun problema!- Gli dico.
    -Dici sul serio?-
    -Certo che sì!-
    -Allora, imiti Georg, magari, quando mi sveglio, continuiamo a parlare.-
    -Benissimo… Allora, buon riposo anche a te.- Gli auguro.
    Ed io non so che fare. Mi giro e noto che si sono addormentati tutti e cinque, compreso Andreas. Beh, a dire la verità, forse è meglio che mi addormenti anch’io: ho un viaggio molto stressante da fare.
    Metto le cuffie nelle orecchie e mi varco il portone dei sogni.

    -Ragazzi, mi raccomando, non scordate nulla, ché, dopo, sono cazzi vostri!- Si raccomanda Georg.
    -Tranquillo!- Ribatte Tom.
    Siamo appena arrivati all’aeroporto di Amburgo. E, ora, stiamo scendendo dall’aereo. Finalmente, siamo tornati in Europa. La cara vecchia Europa.
    -Ti serve una mano?- Mi chiede Tom.
    -Sì, grazie!- Rispondo.
    -Tom, impara che, alle donne, non bisogna mai chiedere se hanno bisogno di aiuto: bisogna farlo e basta, di propria spontanea volontà.- Lo informa Georg.
    Tom prende alcune borse. Scendiamo dall’aereo, percorriamo il grande spiazzo ed entriamo nell’aeroporto. Saki e David sono già lì ad aspettarci. Subito dopo, compaiono anche Simone e Gordon, i quali corrono a salutarci.
    -Ciao, ragazzi!- Saluta Simone, abbracciando i suoi adorati figli.
    Subito dopo passa ad abbracciare me, scotendomi la testa. Nel frattempo, ci raggiungono anche Saki e David. Salutiamo anche loro.
    -Allora… Come sono andate queste vacanze?- Chiede Simone, guardandoci uno ad uno.
    Io ed i ragazzi ci guardiamo, poi, all’unisono rispondiamo: -Meravigliosamente!-
    -Mia, come ti hanno trattato questi scimmioni?- Mi chiede Saki, sorridendo.
    Guardo Tom. Non so cosa rispondere.
    -B… Bene!- Rispondo, infine, col tono più convincente che mi è possibile.
    Dall’altoparlante, chiamano il mio secondo volo.
    -Oddio, questo è il mio aereo...- Gli dico. -…Mi dispiace non potermi fermare a chiacchierare con voi, ma devo andare via. Fatevi salutare.- Continuo.
    Abbraccio, nuovamente, uno ad uno, includendo anche i Tokio Hotel ed Andreas. Tom lo lascio per ultimo.
    -Ti accompagniamo.- Mi avvisa Gordon.
    -Ok, grazie!- Li ringrazio.
    Mi accompagnano, fino all’uscio da cui si esce nello spiazzo. Tom, mi accompagna, da solo, fin sotto la scalinata dell’aereo. Mi ridà le mie borse. So perché ha voluto allontanarsi, con me, dagli altri. Ora, vorrà sapere la mia risposta definitiva.
    -Allora…- Esordisce.
    -Allora…- Ripeto.
    -Io sono qui.-
    -Lo sono anch’io.-
    Tom mi regala un sorriso sghembo.
    -Dai, facciamo i seri: cos’hai deciso?- Mi chiede.
    Ora che ci penso bene, devo proprio andare via. Do uno sguardo agli altri. Tutti aspettano la risposta con ansia. Titti sono con le dita incrociate, aspettando una mia risposta.
    -Tom… Io… Torno a casa.- Gli dico.
    -Lo so… Io voglio solo sapere cosa scegli: torni a stare con me, oppure no?- Mi domanda nuovamente.
    -Io torno a casa.-
    È così chiaro ciò che voglio fargli capire. Sforzati di capire.
    Dai suoi occhi, scende una lacrima.
    -Perché?- Mi chiede.
    -Tom, devo andare, ora.- Gli avviso.
    Da non so dove, parte la canzone Geh.

    Tage gehn vorbei
    Ohne da zu sein
    Alles war so gut
    Alles ich und du

    Geh
    Geh

    Wir ham nichts falsch gemacht
    Die ganze Zeit gedacht
    So konnt es weiter gehn
    Alles andere warden wir sehen

    Geh
    Geh

    (CHORUS)
    Geh
    Lass uns hinter dir und mir
    Versuch nicht verstehen
    Warum es nicht mehr geht
    Geh
    Versuch uns beide zu verliern
    Fur uns wirds erst weitergehen
    Wenn wir uns nicht mehr sehen

    Geh
    Geh

    Geh

    Tus fur dich und mich
    Ich konnt es nicht
    Ich hatte nicht den Mut
    Alles ich und du

    Geh
    Geh

    Tage gehn vorbei
    Ohne da zu sein
    Deine Spuren fuhrn zu mir
    Soweit weg von dir

    Geh
    Geh

    (CHORUS)
    Geh
    Lass uns hinter dir und mir
    Versuch nicht verstehen
    Warum es nicht mehr geht
    Geh
    Versuch uns beide zu verliern
    Fur uns wirds erst weitergehen
    Wenn wir uns nicht mehr sehen

    Geh
    Geh

    Ich brech das Licht
    Die Schatten falln auf mich
    Ich she uns nicht
    Alle Schatten fall auf mich
    Auf mich
    Schatten falln auf mich

    Tage gehn vorbei
    Ohne da zu sein
    Das ist alles was uns bleibt
    Wenn du gehst
    Wenn du jetzt gehst
    Versuch nicht zu verstehen
    Warum es nich mehr geht
    Geh
    Versuch uns beide zu verliern
    Fur uns wirds erst weitergehen
    Wenn wir uns nicht mehr sehen

    Geh
    Geh

    Tage gehn vorbei
    Ohne da zu sein
    Bleib

    Vado via, con le mie borse, salendo le scale, per prendere il mio aereo. L’aereo che mi riporterà a casa. Lascio Tom lì, impalato a guardarmi, mentre piange. Non oso girarmi a guardarlo. Non sarei più tanto sicura di voler tornare a casa. Non voglio farmi vedere piangere, soffrire per lui. Mi fermo sulla portiera. Insicura di ciò che sto facendo.
    Poi, lo sento urlare: -MIA… IO TI AMOOOOOOOOOOOO!-
    A quelle parole si girano tutti. Tutti tranne me. Non posso rischiare di non prendere più l’aereo. Non posso rischiare di tornare da lui.
    -BLEIB!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- Urla di nuovo.
    Stringo gli occhi, singhiozzando. E mi viene da piangere ancora di più. Quelle parole hanno sempre avuto un certo effetto su di me. Anche nei film. Ho sempre pianto, durante i film, quando sentivo quelle semplicissime parole. E la mia sicurezza sta per andare a farsi fottere. E non dovrebbe. Sono un’egoista. E lui è il mio unico amore. L’unico amore della mia inutilissima vita. Nessuno mai riuscirà mai a prendere il suo posto. Nessuno mai riuscirò ad amare con la stessa intensità, grandezza, con cui ho amato lui. Nessuno riuscirà mai a farlo scomparire dalla mia vita e, soprattutto, dal mio cuore. Nessuno riuscirà a prendere il suo posto sul trono del mio cuore.
    Scuoto la testa, con gli occhi chiusi, poi, do un sospiro profondo e varco la soglia dell’aereo, alla ricerca del mio posto. Appena trovato, sistemo le borse e guardo giù, attraverso l’oblò. Con lo sguardo cerco lui. Tom. Lo trovo abbracciato al suo amatissimo fratello gemello ed alla sua amatissima madre.
    -Ti amo!- Sussurro.
    Come se lui potesse sentirmi da qui. So che è impossibile, ma lo faccio lo stesso, perché anche io lo amo e non voglio perderlo, ma mi accorgo che l’ho già perso.
    Ed, ora, sono davvero finite queste vacanze meravigliose con i Tokio Hotel.
    Nella mia mente, rimbomba la voce di Tom mentre mi dice “Ti amo” e, soprattutto, mentre mi dice “Bleib”.


    Capitolo 70
    Roma. Mi sento un po’ spaesata. Mi ha fatto uno strano effetto tornare a parlare italiano, dopo tre mesi. Alcune parole non riuscivo neanche più a ricordarle.
    Il treno per Aversa dovrebbe arrivare a momenti. Chiamo mio padre per avvisargli che sto per arrivare, mentre mi accendo una sigaretta.
    -Pronto?-
    -Papà?-
    -Mia! Oddio, tesoro, ciao!-
    -Ciao, come stai?-
    -Io bene, tu?-
    -Anche!-
    -Dove sei, ora?-
    -A Roma, alla stazione, precisamente, sto aspettando il treno per Aversa.-
    -A che ora è previsto l’arrivo?- Mi chiede.
    -Ora sono le 19.50… Credo, per le 22.00.-
    -Bene. Almeno avrò modo di sbrigare alcune faccende di lavoro. Verremo io e tua sorella.- Mi avvisa.
    Arriva il mio treno.
    -Papà, devo lasciarti: sta è arrivato il mio treno.-
    -Va bene, allora, ci vediamo alla stazione, stasera.-
    -Va bene, papà. Ciao, a stasera!-
    -Ciao, Mia.-
    Poso velocemente il cellulare in tasca e, mentre il treno si ferma di fronte a me, inizio a prepararmi la roba, per salire.
    Salgo sul treno e vado a cercare il mio posto, controllando le varie cabine. Di fronte al mio posto, c’è un ragazzo, con gli occhiali, il quale sta leggendo un libro di Stephen King.
    In aereo, ho pianto per quasi tutto il viaggio. Rimarrà sempre impressa nella mia mente l’immagine di Tom che piange e mi urla che mi ama. Ho smesso di piangere solo quando sono scesa dall’aereo, non volevo che le altre persone mi vedessero che piangevo, mi infastidisce essere vista mentre piango. E, comunque, non potevo chiedere delle indicazioni alla gente, mentre piangevo.

    -Io non ce la faccio!- Dice Tom, continuando a piangere.
    -Tom, devi riuscirci… Ohi, dobbiamo ricominciare a promuovere l’album.- Gli dice Gustav.
    -Non mi frega un cazzo dell’album, ho chiuso con il gruppo.- Gli urla contro, il rasta.
    -No, Tom, non puoi. Non puoi farci questo. Non puoi uscire dal gruppo, in questo modo. Non puoi lavartene le mani!- Lo rimprovera il gemello.
    I Tokio Hotel si sono ritrovati tutti in camera di Bill. Cercano di consolare Tom, ma, nessuno sembra riuscirci… Almeno per il momento. Tom abbraccia l’orsacchiotto e la lettera che gli sono stati regalati da Mia, la notte prima di lasciarlo definitivamente.
    -Che orribile compleanno!- Esclama Tom.
    -Non è orribile…- Lo consola Georg. -…E’ solo un po’ più sfortunato, rispetto agli altri. Prova a dimenticarla.-
    -Non ci riesco. Non posso e non voglio! Non dirlo più!- Gli risponde Tom, alzandosi dal letto.
    -Tom, sapevamo tutti, compreso tu, che era una storia, la quale, prima o poi, si sarebbe conclusa.- Gli dice Andreas.
    Tom inizia a camminare per la stanza.
    -No, la colpa è solo mia: se non fossi andata con quella stronza, a quest’ora, io e Mia, saremmo stati ancora insieme, felici!- Ribatte Tom.
    -Io non so più che fare con lui. È’ testardo, non mi sta a sentire e non riesce a capire che deve farsi una ragione del fatto che, lui e Mia, non stanno più insieme.- Dice Bill ad Andreas.
    -Bill, Tom non è stupido, lo ha capito fin troppo bene. È’ solo che non vuole accettarlo. Vuole convincere tutti noi, soprattutto sé stesso che è come dice lui.- Ribatte Georg.
    -Ora, tornerà a casa, rincontrerà Raoul, anzi no, rincontrerà Erik, si metteranno d’accordo e si rincontreranno e scoprirà di amarlo, magari si sposeranno, avranno tanti bambini e vivranno felici, in una bella villa con un grande giardino e tanti cani con cui giocare.- Dice Tom.
    -Vedi? Vaneggia. Sta delirando, non riesce più a pensare in modo logico. Proprio lui...- Dice Georg. -…Ragazzi, bisogna fare qualcosa.-
    -Invitiamo qualche ragazza.- Propone Andreas.
    -Sì, ma, prima di tutto, leviamogli dalla vista coltelli, rasoi, asce e tutta la roba pericolosa…- Avverte Gustav. -…Non vorrei replicare ciò che è successo a Mia, in California.-
    Tom va di fronte alla scrivania. Inizia a gettare tutta la roba a terra che vi è sopra, spinto da una strana furia. Qualunque cosa fosse sulla scrivania, cade a terra in frantumi. Urla e getta a terra tutto. Sta per gettare anche il PC, quando Bill e Georg lo fermano, giusto in tempo.
    Tom fa un po’ di resistenza, ma, alla fine, si lascia andare e si lascia prendere dall’abbraccio del fratello gemello, sfogandosi con tutto sé stesso. Urla e piange a più non posso.

    Il ragazzo di fronte a me mi ha ascoltata senza lamentarsi. Trovo davvero strano come una persona riesca a scaraventare i propri problemi, le proprie angosce e le proprie ansie e paure ad una persona che non si conosce, invece di riuscire a scaraventarle addosso a chi si conosce già da tempo. Dovrebbe essere il contrario, perché, comunque, una persona cara ti conosce già bene.
    Il ragazzo ha trent’anni (Se li porta benissimo!) e, guarda caso, è un analista. Quando mi ha vista piangere dopo un po’ dalla partenza, mi ha chiesto, gentilmente, cosa avessi, così, gli ho spiegato, a grandi linee, cosa mi fosse capitato. Non mi andava di andare nello specifico. Dopo mi ha dato il suo parere da professionista.
    Il viaggio è quasi finito, manca una sola fermata, poi, sarò a casa. Sono appena le 21.55.
    -Senti, io inizio a prepararmi: tra poco dovrò scendere.- Gli avviso.
    -Va bene” spero che ciò che ti ho detto, ti sia servito o ti serva in futuro. Comunque, ti lascio il mio biglietto da visita, casomai ne avessi bisogno, sai chi chiamare.- Mi risponde, dandomi il bigliettino.
    Guardo quel biglietto. “Marco Guerra. Psicoanalista.” Sotto c’è anche il suo numero di telefono dello studio e del cellulare.
    -Grazie!- Gli dico, mettendo il bigliettino in tasca.
    Prendo borse e valigie. Saluto con un cenno della mano il ragazzo e mi avvio verso la porta automatica del treno.
    Il treno si ferma: è ora di scendere, finalmente. Le porte si aprono davanti a me. Mio padre e mia sorella mi vengono incontro. Mio padre si fa passare le valigie, mentre mia sorella si prende alcune delle mie borse. Dopodiché, compare Raoul, il quale mi aiuta a scendere.
    Abbraccio mio padre.
    -Ciao, tesoro, bentornata!- Mi dice all’orecchio.
    -Ciao, papà.-
    -Mi sei mancata tantissimo.- Mi dice.
    Ci stacchiamo. Vado ad abbracciare mia sorella.
    -Esatto, non sapeva con chi prendersela.- Esordisce mia sorella.
    Corro ad abbracciarla.
    -Oddio, che meraviglia che sei tornata.- Mi dice all’orecchio.
    -Non vedevo l’ora di riabbracciarti!- Le dico.
    -Anch’io. Mi chiedevo quando avrei riabbracciato quella rompipalle di mia sorella- Risponde.
    Mi stacco anche da lei e vado a salutare Rosa. C’è anche lei. Che bello. Dopo lei, passo da Raoul.
    Usciamo dalla stazione e ci avviamo verso l’auto. È’ molto strano tornare a casa, dopo tanto tempo, e rivedere tutto ciò che ti ha circondato per tutta una vita. Tornare a sentire il tuo dialetto e parlarlo diventa più difficile. Anche per capirlo c’è bisogno di molta più attenzione a ciò che si sente. Dopo tre mesi in cui ho parlato in inglese e tedesco. Non riesco più a comprendere alcune parole.
    Papà apre il cofano e vi posa le valigie ed alcune borse. Le altre le poserà sui sedili posteriori. Antonella, Rosa e Raoul se ne andranno con l’automobile di quest’ultimo, mentre io, me ne andrò in auto con papà.

    A casa. Papà posa l’auto in garage. Mi guardo intorno. Mi sembra tutto nuovo. Non mi sono mai sentita spaesata al mio paese come ora. È’ come sognare un luogo, durante la notte ed, il giorno dopo, andarci. È strana come sensazione. Papà prende le valigie e mi dà alcune borse.
    Arriva anche l’auto con Raoul, Anto e Rosa.
    -Cos’hai?- Mi chiede Raoul.
    -Niente, mi sento solo un po’ spaesata.- Rispondo, continuando a guardarmi intorno.
    -Credo che sia normale, dopo tre mesi fuori dell’Italia.- Continua lui.
    -Sì, infatti.-
    Entriamo in casa. Con le valigie e le borse mi aiutano un po’ tutti.
    In casa sono cambiate un po’ di cose. Hanno imbiancato tutto.
    -Papà, ma hai cambiato il colore del muro?- Gli chiedo, continuando a guardarmi intorno, stupita.
    -Beh, sì, mi sa che era arrivato il momento di farlo.- Risponde lui, un po’ imbarazzato.
    Entriamo in cucina. Papà accende la luce. Spalanco gli occhi, per la sorpresa. Ha cambiato la cucina. Lascio cadere le borse che ho in mano.
    -Oddio, papà, ma è bellissima!- Esclamo, aprendo le varie ante.
    -Sono felice che ti piaccia!- Mi dice compiaciuto.
    -Ma che?! Scherzi?! È bellissima!- Continuo.
    -Sapevo che è il tuo genere!- Continua lui.
    Bussano alla porta mentre io mi lascio cadere sul divano, stanca.
    -Vado io!- Dice mia sorella.
    Squilla anche il mio cellulare. Lo prendo dalla tasca e rispondo, senza neanche guardare chi è.
    -Pronto?- Chiedo, con noncuranza.
    -Mia, sono Georg. Ti ricordi di me?-
    Mi alzo dal divano ed esco sul piccolo balcone. Che sorpresa!
    -Che fai? Sfotti? Certo che mi ricordo di te.-
    -Meno male.-
    -Georg, è successo qualcosa?- Gli chiedo.
    -No… Sei a casa?-
    -Sì, sono appena tornata… Georg, perché mi hai chiamata? È’ successo qualcosa a Tom?- Chiedo, leggermente allarmata.
    -No, lui sta bene, però sta di merda.-
    -Puoi ripetere? Non credo di aver capito bene.-
    -Sì, scusami, allora… A Tom, non è successo nulla, però sta di merda per la vostra storia finita.-
    Le lacrime tornano a salire.
    -Lo so, lo immagino! Gè, anch’io sto a pezzi, e lo sai benissimo.- Gli dico.
    -Lo so e non lo metto in dubbio, però… Torna con lui.- Mi dice.
    -No, Georg, non chiedermi questo.-
    -Perché no?-
    -Perché non ho più fiducia in lui e, per me, la fiducia è al primo posto.-
    -Capisco!- Conviene Georg.
    -Georg, ti chiedo solo una cosa.-
    -Cosa?-
    -Ti prego, fallo riprendere, fa’ in modo che torni il Tom di una volta, il Tom che era prima di conoscermi. Il SEXGOTT.- Gli dico, singhiozzando forte.
    -Mia, dai, non fare così. Se avessi saputo che questa sarebbe stata la tua reazione, non ti avrei mai chiamata.-
    -Io voglio sentirvi ancora, ma, ti prego, non ditemi che Tom sta male, non ce la faccio a vivere sapendo che lui soffre.-
    -Va bene, piccola, ci risentiamo.-
    -Va bene, Gè.-
    -Stammi bene!-
    -Anche te… Ti voglio bene!-
    -Anch’io. Ciao, Mia.-
    -Ciao, Georg.-
    Stacco, mi asciugo le lacrime e torno dentro. Sul tavolo, trovo, due placche di pizza e tanti sorrisi.
    Dopo la pizza passo a dare i pensierini. Rimangono tutti contenti. È vero, non sono nulla di speciale, però, sono molto carini, tanto che, a volte, volevo tenerli per me, invece di darli a loro.
    Infine, io, Rosa e Raoul usciamo ed andiamo in piazza, dalla nostra comitiva. Quella che abbiamo sempre frequentato.
    Gli parlo delle mie vacanze. Ed è bello ritrovare tutti.


    Capitolo 71
    Mattina. Mi guardo intorno.
    -Bill?- Lo chiamo.
    Mi guardo di nuovo intorno. È cambiato l’arredamento della mia camera o mi sbaglio? No, è che sono tornata a casa mia. La mia prima mattina, dopo il ritorno in Italia. Ed i Tokio Hotel sono in Germania o, forse, in giro per il mondo.
    Prendo il mio cellulare dal comodino affianco al mio letto. Tre chiamate non risposte. Bill. Ieri sera sono crollata completamente, per la stanchezza che non sono nemmeno riuscita a sentire la suoneria del mio telefono. Vorrà dire che lo chiamo io, ora.
    -Bill!.- Dico.
    -Chi è a quest’ora?- Domanda, con una voce spezzata dal sonno.
    -Ehm… Sono Mia!- Rispondo imbarazzata.
    -Mia!?-
    -Sì!-
    -Oddio, scusami! Ciao, come va?Il viaggio com’è andato? Come sei stata accolta?-
    -Ehi, ehi, ehi, calma. Una domanda alla volta.-
    -Ops… Scusami!-
    -Ma no, dai, figurati.-
    -Ricominciamo daccapo… Allora… Come va?-
    -Abbastanza bene, un po’ scossa per il viaggio, però, non mi lamento. A te e gli altri?-
    -Tutti bene, tranne Tom che sta di merda.-
    Mi sento in colpa. Abbasso la testa. Fortuna che non può vedermi. Credo che stiano complottando qualcosa per farmi sentire in colpa. Beh, Tom soffrirà ora, ma, dopo, riuscirà ad andare avanti.
    -Mia?- Mi chiama.
    -Sì, scusami.-
    -Com’è andato il viaggio?-
    -Troppe coincidenze, troppe corse. Troppo stressante.-
    -Lo immagino… Come sei stata accolta da tuo padre e tua sorella?-
    -Un po’ meno entusiasti dei tuoi genitori, ma non mi lamento… Sono venuti a prendermi anche Rosa e Raoul.-
    -Ah… C’era anche lui?-
    -Sì, Bill, non dirmi che anche te sei geloso di Raoul.-
    -No, no, assolutamente no.-
    -Meglio così. Io gli ho spiegato come stavano le cose, prima di partire. Gli detto che, se vuole, non può essere più di un amico per me.- Gli spiego.
    -Ho capito… Erik?-
    -Erik, cosa?-
    -Lo hai sentito?-
    -Finora, no.-
    -Capisco.-
    -Bill, perché ieri sera mi hai chiamata.-
    -Volevo sapere, semplicemente, come stai.-
    -Ho capito. Mi dispiace non averti risposto, ma dopo essere uscita, dopo mangiato, ero talmente stanca che non ho perso tempo ad addormentarmi.-
    -Capito.-
    -Bene.-
    -Mia, io, ora, ti lascio perché ho ancora sonno, non dirmi nulla.-
    -Tranquillo, ti capisco. Vabbeh… Ciao, Bill, ti voglio bene.-
    -Ciao, Mia. Anch’io ti voglio bene.-
    Stacco. È strano non vederlo gironzolare in giro per la casa. È strano non vedere Georg in camera mia a svegliarmi. È strano non poter più vederli continuamente.
    Mi alzo dal letto, stiracchiandomi. Credo che dovrei disfarmi la valigia. Dovrei, ma non ne ho molta voglia, sinceramente. Vabbeh, prima comincio, prima finisco e prima mi levo questo pensiero.
    Prendo una delle valigie, accanto al mio letto e la poggio sul mio letto. La apro e levo, a mano a mano, tutta la roba dalla valigia. Rimetto al proprio posto ogni cosa.
    Asciugandomi, con un braccio, il sudore sulla fronte, mi accorgo che, ho ancora i polsini di Tom al polso. Me li aveva prestati per coprire la fasciatura. Avrei dovuto ridarglieli ieri, prima di andare via, ma me ne sono completamente dimenticata. Devo ridarglieli assolutamente. Ora, mi sorge spontanea una domanda: come glieli ridò? o glieli invio per posta, oppure, aspetterò il prossimo concerto.
    -Mia?-
    Alzo la testa. È mia sorella.
    -Anto, cosa c’è?- Le chiedo.
    Entra nella stanza. Mi stampa un bacio sulla guancia e va a sedersi sul letto, con le gambe accavallate ed il seno ben in vista. Ha il seno più grande del mio e sa benissimo che m’innervosisce e, sapendolo, lo fa di proposito.
    -E così hai fatto un piercing.- Mi dice.
    -Infatti.-
    -Del quale, nostro padre ancora non si è accorto.-
    -Esatto.-
    -Ma, prima o poi, se ne accorgerà.-
    -Non mi interessa… Tanto io non lo levo.-
    -E se ti picchia?-
    -Sarò escoriata con il piercing.-
    -E se ti ammazza?-
    -Muoio col piercing.-
    -Non ti arrendi, eh?-
    -Mai!-
    Anto infila una mano nella mia valigia.
    -Ehi, sai benissimo che mi dà un enorme fastidio quando ficchi il naso nella mia roba.- La rimprovero.
    -Chissene… Oh, oh… Ho trovato qualcosa.- Mi informa.
    Caccia la mano e mi fa dondolare davanti agli occhi una catenina. È quella che mi regalò Tom, prima di tornare in Germania, tempo fa. Da quanto tempo. Non ricordavo di averla portata con me. La prendo. “T” di Tom. Ora che ci ripenso, Tom, durante le vacanze, non si è mai tolto la catenina con le mie iniziali. Perché mi viene in mente proprio ora?
    Prendo la catenina dalla mano di mia sorella e la stringo nel pugno. Nel frattempo, mia sorella esce dalla mia camera. Vado vicino alla mia scrivania e mi metto di fronte al cestino. Voglio gettarla e chiudere, per sempre, con questa maledettissima storia. Alzo la mano, chiudo gli occhi e faccio per gettarla, ma, poi, il braccio mi si ferma a mezz’aria. Mi mordo il labbro inferiore, dalla rabbia. No, non ce la faccio a gettarla. Non ce la faccio a separarmene. Non ce la faccio a chiudere questa storia per sempre, non è ancora arrivato il momento di farlo. Basta metterla nello “Scatolino del dimenticatoio” e lasciarlo lì, per sempre. È’ semplice. Oppure, sembra semplice.
    Prendo lo scatolino dalla mensola in alto al mio letto, chiudo la valigia e poggio, sulla valigia, lo scatolino. Guardo un’ultima volta la catenina. “T” di Tom. Per farmi capire che sarebbe stato sempre e solo mio. Ma non è così. Non è mai stato così. Ci siamo soltanto illusi per quel poco tempo che siamo stati insieme. Non è mai stato mio, mentre, io sono sempre stata sua. Sempre e comunque.
    Metto la catenina nello scatolino, lo richiudo e3 lo rimetto a posto, dopodiché, torno a disfarmi la valigia.
    Dopo aver finito con valigie e borse vado a farmi una rilassante doccia.

    Adoro la doccia. Peccato che ho dovuto finire, a causa di mia sorella, la quale se n’è appena uscita. Tornerei sotto la doccia, se non fosse per il fatto che hanno appena bussato. Ed io sono ancora in reggiseno.
    Corro all’ingresso e rispondo al citofono:
    -Chi è?- Chiedo.
    -Raoul!-
    Apro cancello e portoncino e torno in camera mia per vestirmi.
    Gli indumenti li avevo già scelti prima di fare la doccia, devo solo indossarli. Mi vesto velocemente, prima che Raoul venga qui, in cameretta.
    -Mia?- Mi chiama.
    -Raoul, sono in camera mia!- Gli dico.
    -Ok!-
    Vado a mettere le scarpe. Ballerine: comode e fresche. Dopodiché, torno in camera mia ed aggiusto il letto. Raoul arriva e si poggia sulla porta, guardandomi. Io lo guardo, senza lasciare ciò che sto facendo, con la coda dell’occhio, senza che lui se ne accorga.
    -Raoul, qual è il motivo per cui sei venuto?- Gli chiedo.
    -Avevo voglia di parlare un po’ con te.-
    -A… Beh… Per quale motivo?-
    -Non parliamo da tantissimo tempo.-
    -Ok… Allora… Parla, ti ascolto.- Gli dico
    Già so cosa vuole dirmi, o meglio, cosa vuole ribadirmi. Sono così stanca di sentire sempre le solite cose. BASTA!!
     
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  10. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 72
    Primo giorno di scuola. Quest’anno è iniziato con qualche giorno di anticipo. Il tredici settembre. Potevano darci anche questi ultimi due giorni, prima di tornare a scuola, non è che si fa peccato a rendere felici dei poveri studenti di liceo. Bah…
    L’otto è stato il compleanno di Gustav. L’ho chiamato per fargli gli auguri. Non se l’aspettava. Ho domandato un po’ di tutti, soprattutto, di Tom. Dicono che sta un po’ meglio, ma non bene. Siamo stati molto tempo a telefono. Non mi sono mai confidata con Gustav, infatti, era l’unico, del nostro gruppo di amici, che conoscevo molto di meno, ma, con quella chiacchierata, ho capito che è davvero una bella persona. È molto simpatico e divertente. Per più di un’ora e mezza abbiamo parlato del loro tour, dei loro live, di ciò che prova lui quando suona. È stato molto piacevole, così, ci stimo sentendo tutti i giorni.
    Aspetto sotto i porticati, dopo l’edificio della mia scuola, con la mia solita ed amatissima sigaretta in bocca.. Come faccio da ben cinque anni. Quest’anno mia sorella non ci sarà. Beata lei. Anche Raoul avrebbe dovuto prendere la maturità, l’anno scorso, ma non è stato ammesso agli esami e, quindi, gli tocca ripetere il quinto anno. Il perché non mi è stato detto e neanche lo voglio sapere. Non sono più fatti miei, ormai.
    Finalmente, arriva Rosa.
    -Ehi…- Mi saluta.
    -Ehi…-
    Ci abbracciamo.
    -Hai visto Marika?- Mi chiede.
    -Dopo ciò che ha fatto nel nostro forum, non voglio vederla neanche più dal binocolo.-
    -Per difenderti, ci ho litigato anch’io.-
    -Non avresti dovuto.-
    -Sì, invece, ha sbagliato.-
    Arriva anche Raoul.
    -Buongiorno a tutti.- Ci saluta, col suo solito sorriso da ebete.
    -Ciao.- Lo saluto, in modo distaccato.
    -Ehi, maschio!- Lo saluta Rosa.
    -Che si dice?- Ci domanda Raoul.
    -Il solito.-
    -E, quindi…?-
    Il suono del mio cellulare mi salva. Lo prendo dalla tasca. Gustav. Mi allontano un po’ dai miei amici.
    -Ehi, Gù, ciao!- Lo saluto.
    -Ciao, come va?-
    -Bene, grazie! A te?-
    -Idem. Quando inizia la scuola?-
    -Stamattina. A voi, il lavoro?-
    -Sempre stressante. Mi credi se ti dico che non ho neanche la forza di sputarmi in faccia da solo?-
    -Certo, Gù, ti credo eccome. L’album?-
    -Guarda, abbiamo iniziato, “Scream -America-“.-
    -Woooow. Ma ci sono differenze notevoli tra l’album normale e questo?-
    -Sì, ci aggiungeremo due canzoni: 1000 Oceans e Live every seconds… David ci ha detto che andremo in America per promuoverlo.-
    -Ma questa è davvero uno bellissima notizia.-
    -Sì, non vediamo0 l’ora. Spero di tornare a Laguna Beach.-
    -Complimenti davvero… Ah, complimenti anche per i VMA.-
    -Grazie. Allora, li hai visti?-
    -Sì, ho riunito alcuni amici a casa mia per guardarli in diretta, alle due di notte!-
    -Hai fatto bene.-
    -Come hai fatto bene, Gustav. Alle due di notte!-
    -Ehi, guarda che stavo scherzando!- Mi dice, ridendo.
    -Sì, lo so, scherzavo anch’io! Comunque… Come stanno tutti?-
    -Tutti bene, solo Tom… Beh, lo sai già.-
    -Sì, lo so già.-
    -Il viaggio in America, soprattutto in Florida e California, non gli farà bene!-
    -Lo immagino, Gustav, lo immagino perfettamente.-
    -Non c’è nulla da fare per voi due, vero?-
    -No, Gustav, l’ho detto anche a Georg giorni fa. Non si può fare più nulla, ormai. Senza fiducia, nulla ha senso.-
    -Capisco. Quindi, hai perso fiducia in lui?-
    -Sì, Gustav, purtroppo, sì. Non siamo fatti per stare insieme.-
    -Ok.-
    -Senti, Gustav, non me ne volere, ma devo lasciarti! Ci sentiamo in questi giorni.-
    -Ok, ciao, Mia, ti voglio bene.-
    -Ciao, Gustav, ti voglio bene anch’io.-
    Stacco. Ritorno dai miei amici.
    -Chi era?- Mi chiede Raoul, infastidito.
    -Gustav.- Rispondo, infastidita a mia volta.
    -Li senti ancora?- Continua.
    -Sì!- Rispondo scocciata.
    -Ma tu e quel Tom non vi eravate lasciati?- Continua Raoul.
    -Sì, ci siamo lasciati, ma questa non è un buon motivo per cui non essere più amica del gruppo.- Gli dico, acida.
    -E ti va ancora di sentirli?-
    -Senti, Raoul, io non ti devo alcuna spiegazione non ho nulla di cui giustificarmi con te.-
    Quando ci vuole, ci vuole. È assurdo, questo ragazzo, è davvero incredibile. Non riuscirò mai a capirlo.
    -Sì, che me le devi. Devi iniziare ad avere un po’ di rispetto per me, che sono innamorato di te.- Mi urla contro.
    -Devo avete rispetto per te? Quando sapevi che credevo di essere innamorata di te, hai mai avuto rispetto per me?! Hai avuto rispetto quando, ogni sera, davanti ai miei occhi, te le baciavi e te le palpavi tutte?! Beh, ti rispondo io: No!e io? Cosa avrei dovuto fare? Uccidere quelle puttane e te insieme? No, non l’ho fatto! Ho sofferto in silenzio. Ora, resta te in silenzio e non lamentarti, come ho sempre fatto io!- Gli dico, sputandogli in faccia tutta la mia rabbia.
    Raoul e Rosa rimangono a bocca aperta. Nessuno si aspettava una cosa del genere da parte mia. Meglio così.
    -Sentite, io entro, se volete rimanere qui, non c’è problema, posso andare anche da sola!- Gli dico.
    -Mia, io vengo con te.- Mi informa Rosa.
    -Non sei costretta!- Le dico, con un tono freddo.
    -Io voglio venire con te!- Mi dice ancora.
    -Vengo anch’io con voi!- Ci informa Raoul.
    -Fa’ come cazzo ti pare, non m’interessa!- Gli dico.
    Do le spalle a tutt’e due e mi allontano, dirigendomi verso la scuola.
    Il grande palazzo è sempre lo stesso, non è cambiato niente in questi tre mesi. Entro nell’istituto, saluto Rosa e Raoul e mi dirigo verso un collaboratore scolastico appoggiato alla scrivania, intento a scrivere.
    -Scusai, Andrea, la quinta Bp?- Gli chiedo.
    -E’ all’ultimo piano l’ultima classe a sinistra, dov’è l’uscita di emergenza!- Mi risponde.
    -Ok, grazie!-
    -Di nulla.-
    Salgo di corsa le scale e mi dirigo in quella che dovrebbe essere la mia classe. Finalmente è l’ultimo anno.
    Guardo l’orologio. Le 8.25. Ancora presto… Almeno per me.
    Entro in classe. Il prof. o la prof. della prima ora non è ancora venuto. Meglio così. Cerco la carissima Antonella Cicala. Hanno tutte lo stesso nome. Mi confondo sempre. Non voglio più conoscere nessuna “Antonella”.
    -Mia!- Mi sento chiamare.
    Mi giro. È lei. La mia cara Antonella Cicala.
    -Anto!- La chiamo io.
    Ci corriamo incontro, abbracciandoci. Che bello ritrovarla, dopo che, per tutti questi tre mesi di vacanza, non ci siamo potute sentire. Ci stacchiamo.
    -Come stai?- Mi chiede.
    -bene, te?-
    -Non mi posso lamentare.-
    -Con Pietro?- Le chiedo.
    Pietro è il suo ragazzo. Ormai sono anni che stanno insieme. Non credo che si lasceranno più.
    -Tutto ok, grazie! E a te con Tom?-
    -E’ finita definitivamente!- Le dico, cercando di farmi vedere serena, nonostante la tristezza che provo nel dire che non stiamo più insieme.
    È stano che appena lo sento nominare, io stia molto male. Credo che sia normale. Lo amo ancora. È la prima persona che io abbia amato in tutta la mia vita. E la ferita è ancora fresca. Non è rimasto ferito solo lui, ma anche io. Per quanto io possa sembrare falsa, ma la mia decisione è stata presa a malincuore. È terribile lasciare la persona che ami ancora, lo è anche essere lasciati da quella persona. È orribile e deprimente.
    -Ehi, Mia, a cosa pensi?- Mi chiede Anto.
    -Ah… A nulla, perdonami!-
    Saluto anche Susy e Rosa Cibelli. È un piacere rivederle per questo nuovo anno scolastico.
    -E così stavi con un VIP…- Mi dice Rosa Cibelli.
    -Esatto.- Rispondo.
    Tutte le mie compagne si mettono in cerchio, attorno a me, per sentire la storia. A tutte interessa che una loro compagna di classe stava con un VIP. A nessuno interessa che soffre.
    -L’articolo non ti descriveva affatto bene!- Mi informa Susy.
    -Lo so. Sono stati un po’ cattivi quelli dei giornali.- Dico.
    -Non sono mai gentili i giornalisti!- Interviene Anto.
    -Esatto… Beh… Ora, raccontaci le tue vacanze.- Mi dice Rosa.
    -Potrei metterci una vita.- Avviso.
    -Chissene.- Fa Anto.
    E un sorriso sul pensiero delle mie vacanze non può far altro che uscire dalle mie labbra. Un grande sorriso.
     
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    Capitolo 73
    -Livvie, allora?- Le chiedo.
    -Sì, l’ho preso.- Risponde.
    -Oh, che bello! Finalmente una bella notizia!- Esulto.
    -Lo so, lo so.-
    -Ero in ansia, avevo paura che mi avresti lasciata andare da sola.-
    -Non ti ci vorrebbe, vero, Mia?-
    -Proprio questo, no.-
    -Oddio, non ci credo: io e la mia migliore amica andremo ad un concerto insieme. Al concerto dei Tokio Hotel insieme.-
    -Infatti, Livvie, ma già sai che mi incappuccerò, e sai anche il perché.-
    -Sì, sì, già me l’hai fatta la lezioncina.- Si lamenta.
    Livvie è la mia nuova migliore amica. IL suo vero nome è Livia, abbiamo la stessa età, solo che lei è nata due mesi prima di me. L’ho conosciuta sul mio forum. Sa tutto anche lei di me e Tom. Direi che sa ogni minimo particolare. Non so come io abbia fatto, ma mi gliene ho parlato come se stessi parlando da sola. Come se la conoscessi da una vita. È stata tutto il tempo ad ascoltarmi.
    Purtroppo, anche lei, non è del mio stesso paese: è di Roma, quindi, possiamo sentirci solo al telefono e le nostre telefonate durano molto a lungo e, talvolta, dobbiamo subire le lamentele dei nostri genitori, solo perché abbiamo sempre il telefono occupato.
    Abbiamo deciso di andare al concerto dei Tokio Hotel insieme. L’undici luglio, a Modena.
    -Livvie, non mi impedirai di farlo.- La avverto.
    -E’ quella cosa peggiore.- Si lamenta.
    -Sarebbe forte se ti facesse salire sul palco ed annunciasse a tutti che sei il suo più grande amore, la ragazza che ha rapito il suo cuore.-
    -Sai bene che non è ciò che voglio.-
    - Per me, è davvero un sacrificio rivederli, dopo tutto quello che è successo con Tom.-
    -Ti conosco. So che non ti interessa la notorietà.-
    Mi sdraio sul letto.
    -Dimentica il passato.
    -E’ difficile.-
    -Tu provaci!-
    -lo sto già facendo.-
    -E…?-
    -Ancora niente. Livvie, su qualunque canali io giri, in TV, compaiono loro, in qualunque edicola io vada, ci sono giornali con le loro foto. Dimmi te come faccio!-
    -Lo so, è questa la cosa peggiore.-
    -Ed è anche per questo che ho deciso che, questo loro concerto, a cui andrò con te, sarà l’ultimo a cui andrò. Non mi interessano più i concerti.-
    -Pensaci bene, però.-
    -L’ho già fatto.
    -Ehi, devi fare le cose dopo che te le ho consigliate io, non prima di avermi consultata.-
    -Perché mai?-
    -Così, Mia, così!-
    -Sei strana.-
    -Lo so. Lo sei anche te.-
    -Sai cosa? La cosa di cui ho più paura è che non riuscirò più a trovare un’altra persona che riesca a farmi sussultare con una carezza come faceva Tom.-
    -Dai non ci pensare. Vedrai che la troverai.-
    -Non ne sono più sicura.-
    -Sììì, te lo dico io. Magari, è proprio quell’Erik.-
    -Dici?-
    -Sì, sì. Devo dire che è davvero figo da quanto ho visto sulle tue foto.-
    -Livvie, non te l’ho mai detto, ma io avevo preso una bella cotta per Erik.-
    -COSA?!- Mi urla per il telefono.
    -Sì, è sempre stato così carino e simpatico. Se lo rincontrassi, non credo che me lo farei scappare una seconda volta.-
    -Wooooow… Bene.-
    -Bene sì, ho bisogno di un po’ di felicità, nella mia vita.-
    -Hai ragione, hai sofferto troppo.-
    -Grazie per la tua comprensione. Ma, ormai, Tom è un capitolo chiuso.-
    -Meglio così.-
    Silenzio.
    -A che punto sei con la lettura di “Twilight”?- Le chiedo.
    -Mia, ma sei fuori come un balcone? Sai fin troppo bene che ho letto “Twilight” secoli fa.-
    -Giusto, scusami.-
    -Ti sei un po’ rimbambita, ultimamente, vero?- Mi chiede.
    -Un po’… Troppo.-
    -Allora, ti lascio.-
    -Sicura?-
    -Sì, sì.-
    -Va bene… Al più presto.-
    -Ok, ciao, Mia, tanti puss. -
    -Grazie, puss anche a te. Ciao! Puss!-
    Stacco.
    Rimetto il cordless al suo posto e guardo l’orologio. Cavolo, siamo state al telefono per più di un’ora e mezza. Ne avevamo di cose da dirci.
    Beh… L’undici luglio. Non faccio altro che pensare a questa data. Rivedrò il mio ex e ci sarà la mia migliore amica a consolarmi, quando i miei occhi cadranno su Tom. Ha insistito per farmi andare ad un concerto con lei ed io voglio accontentarla. Cosa non si farebbe per una carissima amica?
    Anche oggi, sono sola in casa. Mio padre è al lavoro e mia sorella è all’università. Beata lei. Vorrei essere anch’io all’università. La mia più grande fortuna è che questo è il mio ultimo anno di liceo. Mi dispiace solo di dover lasciare le mie compagne di classe. , soprattutto, Rosa, Anto e Susy. Ne ho passate tante con loro. Di cotte e di crude. Sono state le persone che mi sono state più vicine, in ogni occasione. Hanno sempre saputo come prendermi e mi hanno sempre compresa. Rosa è sempre stata la Miss della classe. Bella e simpatica. Nel suo astuccio ha sempre uno specchietto e del trucco. Ha incollato uno specchietto anche nel diario. Sapete come?, se si rompe uno, ha sempre l’altro di riserva. Poi, mi mancherà anche il resto della classe e, perfino, qualche professore, di cui non voglio fare il nome.
    Vado a sedermi avanti al computer. Devo controllare alcune cose sul mio forum. Questi, purtroppo, sono gli ultimi giorni di vacanza (Natalizia, per intenderci!). Natale e Capodanno sono già passati, manca solo l’Epifania. Le vacanze natalizie durano sempre troppo poco. Eppure, sono le vacanze più belle di tutto l’anno. Quelle in cui tutte le famiglie si riuniscono, per stare tutti insieme.
    Qualche giorno prima di Natale, ho inviato, per posta, dei regali ai Tokio Hotel. Ad ognuno di loro un regalo diverso, come lo sono i loro caratteri, ogni regalo aveva un biglietto, uno diverso dall’altro. Il giorno dopo Natale, ho ricevuto il loro regalo. Un bellissimo bracciale. Con un biglietto firmato da ognuno di loro., compreso Tom. Il giorno di Natale ed il giorno di Capodanno li ho chiamati per fargli gli auguri. Mi avevano chiesto di andare da loro, in Germania, per il resto delle vacanze. Non me la sono sentita. Non ce l’ho fatta. Sarebbe stato troppo per. Troppo traumatico. L’ho spiegato ai ragazzi ed hanno capito. Credo che l’abbiano fatto anche per Tom. Sarebbe stato traumatico anche per lui.
    Quando l’ho detto a Livvie, lei mi ha risposto che sono una stupida, poi, le ho spiegato il perché ed ha capito anche lei.
    Per tutto questo periodo, ho sempre sentito i Tokio Hotel, ma ho preferito non sentire Tom, per il bene di tutt’e due. Non serve a nulla farci altro male. I Tokio mi hanno detto che stava iniziando a riprendersi ed a stare meglio, ma non bene. Meglio è più di male. Sono sicura che riuscirà a trovare la donna che farà in modo di dimenticarmi. Che riuscirà a farsi a mare più di quanto abbia amato me. La donna che lo renderà felice, più di quanto non lo sia mai stato. Spero solo che accada al più presto e che si getti alle spalle tutta la nostra brutta storia. Non merita di soffrire, non lo merita per niente.
    Con mio padre ho ripreso a litigare. Che novità! Non sono gravi, ma sempre litigi rimangono. Gli psicologi dicono che è l’età. Bah, non ci credo molto.
    Entro in Netlog. È tutto uguale. Niente è cambiato, come al solito.
    Ho bisogno una svolta radicale nella mia vita.
    Quasi alla fine di novembre sono salita a Roma. Siamo andate insieme a vedere, al cinema, “Twilight”. Ci siamo chiamate “PussXOXOPuss”. “Puss” è bacio in svedese. Volevamo un nome strano e ci siamo riuscite. Il nome dovrebbe essere “BacioBacioBacioBacio”. Perché quattro baci? Perché noi due non diamo più di due baci, quindi, due baci sono mie e due sono di Livvie. Quando ci salutiamo è obbligatorio dirci “Puss”. È vero è un po’ strana come cosa, ma è una nostra mania.
    Sono stata benissimo con lei e la sua famiglia è davvero gentilissima. Mi sono divertita davvero tanto con lei e, per la prima volta, dopo tantissimo tempo, mi sono sentita tranquilla, serena. Spero di provare la stessa sensazione di tranquillità e serenità anche al concerto.

     
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    Capitolo 74
    Undici luglio duemilanove. Modena. Parco Novi Sud. Concerto dei Tokio Hotel. Dopo una lunga attesa per l’intervento alle cisti in gola di Bill, quest’ultimo è tornato a cantare. Meglio di prima. È stato Georg ad avvisarmi dell’accaduto, mesi fa. Volevo precipitarmi da loro, ma qualcosa me l’ha impedito, così, mi sono tenuta aggiornata telefonando molte volte al giorno per sapere come stesse Bill. Più che altro, ho intrattenuto Simone, Gordon, David, Georg, Gustav ed Andreas. Ogni tanto ci scappavano anche delle battutine simpatiche e, in cambio, loro mi aggiornavano sulla salute di Bill e, a mia volta, aggiornavo Livvie. Quando Bill era sotto l’operazione, credevo di impazzire, tanto che ero, davvero, sul punto di partire per la Germania. Non mi fregavo di come avrebbero reagito tutti, m’importava solo della salute di Bill e nient’altro. Lui, il gruppo e la sua famiglia, per me, sono molto più importanti di tutto il resto. Quando ho saputo che l’operazione era andata benissimo, mi sono sentita molto più sollevata, tanto che ho pianto dalla gioia ed ero al telefono con David.
    Dopo l’operazione, durante la convalescenza, non ho mai potuto parlare con Bill, d’altronde non poteva parlare con nessuno. Però, abbiamo usato gli sms. Ed è stato come tornare all’anno scorso. Pensandoci bene, l’undici luglio dell’anno scorso, io e i Tokio Hotel eravamo a Miami. Più grande sollievo l’ho avuto quando ho saputo che Bill poteva tornare a cantare. Non riesco proprio ad immaginare non sentire più la bellissima voce di Bill mentre canta. Sarebbe stata una vera tragedia greca. Un dramma per tutti. In quell’occasione, sarei davvero corsa da lui, non m ne sarei fregata per niente del resto.
    Prima di questo concerto, i Tokio ne hanno fatti altri, anche in America e questo vuol dire che Bill è davvero guarito del tutto.
    Ho saputo che Tom continua a riprendersi, anche se lentamente. Meglio così. Non posso dire la stessa cosa per me. Sto sempre male. Mi manca. Mi manca troppo. Mi manca da morire. Non so come sto riuscendo ad andare avanti senza lui. Sono facilmente irritabile, sempre nervosa, lunatica,peggio di una donna incinta, mangio pochissimo. Ho sempre attacchi di tristezza, lunghi. Quando sono da sola, non faccio altro che piangere. Nessuno lo sa. Meglio così. Anzi no, solo Livvie lo sa. Io e lei abbiamo dei nuovi soprannomi (anche se, a me, ogni tanto mi scappa di chiamarla “Livvie” e, a lei, scappa di chiamarmi “Mia”!): io sono Puss, mentre lei XO, sempre in base al nome del nostro mini gruppo.
    Raoul mi tormenta ancora. Non lo reggo più. Sono stanca di lui. Prima o poi, lo mando al diavolo. E non scherzo. Mi sta scocciando davvero. Peggio di un fidanzato possessivo. Almeno un fidanzato possessivo ti lascia respirare, Raoul neanche quello. Mi chiede sempre quando esco, con chi esco, con chi chatto, se conosco qualche ragazzo, con chi sto al telefono, con chi messaggio. Mi manda cinquanta messaggi al giorno. È ossessivo.
    La settimana prossima dovrei avere gli esami orali e, invece, di stare a casa a ripetere la tesina, me ne sto qui, ad un concerto con la mia migliore amica. Lo stesso anche Livvie. Ecco l’esempio corretto di due persone irresponsabili.
    Siamo partite il nove, cioè l’altro ieri e,ieri mattina presto, ci siamo rincontrate e siamo andate a prendere i posti. Stanotte abbiamo dormito in mezzo alle transenne, per mantenere il posto. Io sono la spettatrice numero centodiciannove, mentre Livvie la numero centodiciotto. Abbiamo corso per prendere i posti in prima fila, al lato di Georg.
    Alla fine ho vinto io: mi sono incappucciata tutta, anche gli occhi. Ho messo un berrettino ed un paio di occhiali da sole. D’altronde, ho saputo che al concerto di qualche giorno fa, a Roma, anche i Tokio li hanno indossati, con l’unica differenza che, per loro, era un costume di scena, mentre, per me, è un travestimento. Per l’occasione ho indossato anche la magli che hanno disegnato loro per la campagna di H&M “Fashion Against AIDS”. Livvie sta tentando da quando abbiamo preso i posti di spogliarmi, in modo da far sì che Tom mi veda. Non ci è riuscita. Non voglio farmi riconoscere da loro. Non me lo posso permettere. La cosa peggiore è che sto in prima fila, quindi, devo essere molto più attenta e in guardia. La fortuna è stata che stiamo al lato di Georg, come ho già spiegato prima.
    Nel pomeriggio, Carlo Pastore di TRL è andato nei camerini dei Tokio Hotel, per un’intervista, prima del concerto. Chissà cosa si saranno detti. Lo vedrò lunedì, durante la replica, o magari, la registrazione che sta facendo mia sorella a casa.
    Prima dei Tokio, si esibiranno i Lost. Durante le prove, sono stati bravissimi. Anche loro hanno molta grinta da vendere.

    Tokio Hotel.
    -Trecento Euro, sì!-
    -Quattrocento, no!-
    -Duecento, no!-
    -Duecento anche per me, no!-
    -Cento, no!-
    Lo guardano male.
    -Ohi, ragà c’ho solo questo!- Si giustifica.
    Scuotono la testa.

    Il concerto inizia. Si alza un sipario a forma di mezzo cerchio, illuminato da lampadine rosse. Sul sottofondo si sente una voce che dice: “Willkommen in Tokio Hotel, 1000 Hotels tour”. La musica inizia. Sento che il mio cuore sta per uscire dal mio petto. Batte troppo veloce. Aiuto! Sto per andare in tachicardia.
    Mentre il sipario si alza, un riflettore illumina Gustav, dietro la sua batteria. Un altro riflettore illumina Georg, con il suo basso. Dopodiché, dulcis in fundo, un altro riflettore illumina Tom, con la sua chitarra, dall’altro lato del palco. Con gli occhi, salgo lentamente sulla sua figura, iniziando dai piedi, soffermandomi sul suo viso. È cambiato. Ha cambiato look. Non ha più i rasta, ora, ha le treccine e i suoi capelli sono più scuri. Anche il suo modo di vestire è cambiato. Più bello. È’ più bello di quanto lo ricordassi. Infine, tocca a Bill. Il sipario continua ad alzarsi e, con esso, anche la pedana su cui vi è Bill. Anche lui è ancora più bello. Ha dei rasta e di nuovo le meches bianche (bionde o bianche, non l’ho mai capito!) e gli occhiali da sole. A Roma, l’indossarono tutt’e quattro, non capisco perché qui li indossi solo Bill. Bah…
    Tornando a Bill, è sempre bellissimo, non c’è nulla da fare. Sono tutti meravigliosi e da mozzare il fiato. Meglio così. non volevo essere l’unica pirla da tenerli. Vabbeh, ma potrei fare la cieca.
    Bill intona Break Away.

    I've got other plans today
    Don't need permission anyway
    'Cause here I'm standing after all
    With my back against the wall
    Against the wall

    I put all the blame on you
    'Bout me and all that I went through
    You don't give me any choice
    Now I'm gonna make some noise
    Make some noise

    (CHORUS)
    I feel so
    Claustrophic here
    Watch out!
    Now you better disappear
    You can't
    Make me stay
    I'll break away
    Break away

    I'm warning you don't follow me
    I won't miss you can't you see
    What you wanted, it didn't work
    Go on diggin' in the dirt
    In the dirt

    Cold sweat on your brow
    Now you can hear me shout
    Your world is about to destruct
    'Cause now I'm gonna pull the plug
    Pull the plug

    (CHORUS)
    I feel so
    Claustrophic here
    Watch out!
    Now you better disappear
    You can't
    Make me stay
    I'll break away
    Break away

    No more counting all your lies
    No more waiting for your goodbye
    It's too late
    Much too late

    You are like a bitter pill
    That I had to take against my will

    (CHORUS)
    I feel so
    Claustrophic here
    Watch out!
    Now you better disappear
    You can't
    Make me stay
    I'll break away
    Break away

    (CHORUS)
    I feel so
    Claustrophic here
    Watch out!
    Now you better disappear
    You can't
    Make me stay
    I'll break away
    Break away
    Break away


    Sono letteralmente sconvolta. Non mi aspettavo che fossero ancora più belli di quanto ricordassi. Sembrano degli dei. Sembrano dei dell’Olimpo. Mi credete se vi dico che ho la bocca spalancata dalla meraviglia?
    -Oddio, Mia, sono sempre bellissimi!- Mi dice Livvie, all’orecchio.
    -Lo so!- Rispondo, senza riuscire a staccare gli occhi dal gruppo.
    -Spogliati e diventa l’invidia di tutte queste ragazze.- Mi consiglia.
    -Livvie, lo sai.-
    -Sì, Puss, lo so, ma che ti frega?-
    -No, voglio che mi vedano.-
    -Ti rendi conto che non hai fatto nemmeno un cartellone e non hai voluto seguire le iniziative dell’Official Italian Fan Club?-
    -Lo so, XO, ma, non ci pensare, ok?- Le dico.
    -Ci penso eccome! Non sei più una fan come prima.- Mi fa notare.
    -Lo so, ma non posso farci niente.-
    Tom ha la sua solita faccia da furbetto. Sembra davvero tranquillo.
    Alzo gli occhiali da sole, per riuscire a guardarlo meglio, poggiandoli sul berretto. Parliamoci chiaro: sono ridicola con questi cosi agli occhi, alle 21:50 di sera. Le persone mi guardano e ridono sotto i baffi e non posso biasimarli, quindi, gli occhiali non li indosso più, per stasera.
    Georg è concentrato a suonare il suo basso. Volete sapere dove? Proprio di fronte a me. Che bello, vero? Questa è sfiga.
    Abbasso un po’ la testa per non farmi vedere.
    Livvie non fa altro che chiamarlo, ma lui non alza la testa.
    -XO, ha le cuffie!- La informo.
    -Lo so.-
    -E, allora, perché continui ad insistere nel chiamarlo?-
    -Potrebbe, comunque, sentirmi!-
    -Seh… C’ha i satelliti, al poste delle orecchie!-
    Ride.
    -Dai, che forse c’hai ragione!- Conviene.
    -Sei la solita.-
    Georg si dirige verso Bill, dopodiché, cambia posto, con Tom. Tom si posiziona, anch’egli, di fronte a me e Livvie.
    -Livvie, ti imploro, nascondimi.- Le dico.
    -No!-
    -Livvie, per favore!-
    -Nooo!-
    -Dai, che mi vede, te lo sto chiedendo per favore!- Le dico con un’espressione e con una voce implorante.
    -Cazzi tuoi! Sai bene che non condivido questa messa in scena che stai facendo.-
    Cerco di non farmi vedere, abbassando la testa e comprendoni il viso con la mano.
    Dopo un po’, alzo di poco la mano, giusto quel poco che serve per vedere ciò che fa. Ok, non mi guarda. Che sollievo! È sempre bellissimo. E il mio cuore sta per strapparmi la pelle ed andargli in faccia, per la potenza e la velocità con cui pulsa nel mio petto. È troppo veloce.
    Poi, noto dei movimenti strani: Tom si gira verso Bill, quest’ultimo lo guarda. Tom gli sorride e gli fa uno strano cenno col capo. Bill ripete i gesti del gemello a Georg e, a sua volta, Georg lo fa con Gustav. Cosa vorrà dire? Non è una cosa normale.
    Tom torna al suo posto, con un nuovo sorriso sulle labbra e, lo stesso, anche gli altri componenti del gruppo. Voglio capire cosa è successo da renderli così felici. Cosa diavolo è successo in un minuto da renderli così felici?
    -CIAO, MODINA!- Urla Bill, dal palco, col suo italiano improvvisato, per così dire.
    Che carino che è. Dolce. Eppure, gli ho imparato un po’ di italiano, l’anno scorso, in vacanza.
    Oddio, è passato un anno. Non ci posso credere. Non ci avevo pensato. O meglio, ci avevo pensato, ma non ci avevo mai dato molto peso alla cosa.
    Il tempo continua a passare e le canzoni si susseguono una ad una.
    -CRAZIE MILE!- Urla di nuovo Bill.
    Livvie continua a scuotermi, mentre io sono assorta dai miei pensieri.
    Guardo dalla parte di Tom: cambia la chitarra, subito dopo, un’altra. Bill si gira verso di lui e lo guarda interrogativo e ride. Mi sa che è successo qualcosa alla chitarra del mio ex. Bel guaio! E neanche quelle di riserva sembrano funzionare.
    Finalmente, gliene arriva una funzionante. Dio, ti prego, fa’ che riesca a riprendere l’accordo. Non farlo per me, ma fallo per lui.
    Tom riesce a prendere l’accordo giusto. Ogni tanto, Dio mi ascolta. Meno male! Stasera direi che è tutt’orecchi per me. Ma di che mi lamento, se le mie preghiere sono sempre state ascoltate? Oddio, ma che cazzate sto pensando?! Sto impazzendo! E sono ridicola.

    -Io lo sapevo! Lo sapevo! Me lo sentivo!- Dice Tom, sudato, senza maglia, seduto sul sedile del loro aereo.
    -Che palle! Proprio stasera dovevamo perdere la scommessa?- Si lamenta Gustav, asciugandosi con un asciugamani.
    -Su, su, ragazzi, sborsate la grana!- Ordina Tom, entusiasta.
    -Sì, Tom, ma non ti esaltare troppo: questo non vuol dire che sarà sempre così.- Gli dice Georg.
    -Lo so, lo so, ma, stasera, oddio… Non lo so neanche io! Sono troppo felice!- Dice Tom.
    -Contento tu!- Conviene il Gemello moro.
    -Io sono un sensitivo!- Dice ancora Tom.
    -Non ti esaltare troppo. Vediamo cosa succede anche agli altri concerti!- Esordisce Andreas.
    -Sì, però iniziate a sganciare i soldi.- Ordina, di nuovo, Tom.
    I suoi amici gli danno le loro somme: Georg quattrocento euro; Bill e Gustav duecento euro; Andreas cento euro. Tom li prende tutto felice e soddisfatto. A dirla tutta, non se l’aspettava. È stata una sorpresa anche per lui. Una bellissima sorpresa. Un bellissimo regalo ed un bellissimo concerto. Questo meraviglioso concerto non solo gli ha fatto guadagnare il loro stipendio, ma anche novecento euro in più. D’altronde, ne ha persi quasi mille. Ma per loro i soldi non sono più un problema. I problemi economici sono finiti da sette anni. Anche se a nessuno di loro non sono mai stati privati di qualcosa, dai loro genitori, soprattutto i gemelli Bill e Tom.
    -Però vedi, che la tua vincita della nostra scommessa ha fatto emozionare la chitarra!- Gli dice Georg, ridendo.
    -Ma è normale: lei è come me: si emoziona molto facilmente!- Risponde Tom.
    I Tokio Hotel sono sfiniti e sudati, nel loro aereo, dopo il concerto. Si dirigono verso una nuova tappa del loro tour: Ginevra. Questo concerto è andato benissimo. Si potrebbe dire che è il migliore, nonostante la chitarra emozionata di Tom.
     
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  14. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 75
    Tre anni dopo.

    Sono passati tre anni da quando ho visto e sentito i Tokio Hotel. È’ dal concerto di Modena che non li sento e non li vedo, almeno non dal vivo. In TV e sui giornali li vedo quasi tutti i giorni. Come si fa a non vederli?
    Non mi fa più nulla rivedere Tom. Per lui non provo più nulla. Non lo amo più. L’ho dimenticato. Credo che sia meglio così. almeno nessuno dei due soffre. Nonostante ciò che ho provato per lui era una cosa importante, che non ho mai provato per nessuno. È stata la cosa più importante per me. Non avevo neanche idea dell’amore. Non ho mai provato per nessuno ciò che provavo per lui. Non ho mai amato nessuno come ho amato lui. In quel modo. Con quell’intensità.
    Da quell’ultimo concerto a cui sono andata, sono successe tantissime cose, ma, soprattutto, sono cambiate tantissime cose. Davvero tantissime. Io e Livvie siamo andate a vivere insieme a Roma. Abbiamo preso l’appartamento che le hanno costruito i suoi genitori. È grandissimo, con un bellissimo terrazzo e cinque camere da letto (I soldi non le mancano, per sua fortuna!) ed io non devo pagare l’affitto. Livvie mi uccide se lo faccio.
    Qui a Roma, abbiamo conosciuto altre due ragazze, due sorelle, Lina ed Antonella (Lo so, lo so, avevo detto di voler chiudere con le Antonella, ma sembrano piovermi da cielo!); sono della provincia di Napoli ed hanno, Lina ventiquattro anni, mentre Antonella ventitré anni. Le sorelle e Livvie frequentano la facoltà di Giurisprudenza, sempre qui a Roma, mentre, io frequento lingue. Volete sapere quali lingue studio? Inglese, francese, tedesco, giapponese e svedese. Difficili? No, non direi. Poi, capirete perché ho scelto di studiare anche la lingua svedese.
    Subito dopo il concerto ho cambiato il numero di cellulare. Ho voluto chiudere, per sempre, i conti con il mio passato. E ci sono riuscita, tranne per un piccolo particolare, che, fra poco, vi spiegherò.
    Finalmente, ho avuto giustizia: Dolores ed i suoi compari sono stati processati ed hanno avuto la pena che meritavano ed io il risarcimento che mi toccava. Con quei soldi mi creerò un futuro. Non chiedetemi che futuro, perché non lo so neanche io.
    Tornando al discorso di Dolores, a mio padre non ho detto nulla. Ho inventato una scusa: un viaggio per rilassarmi. Altro che rilassarmi.
    Ecco un’altra buona notizia: con Raoul ho chiuso definitivamente. L’ho mandato affanculo definitivamente. Mi aveva davvero rotto. Ci provava sempre, stava per chiedere la mia mano a mio padre. Roba da Medioevo! Non l’ho retto più così l’ho mandato a quel paese con un biglietto di sola andata.
    Neanche Rosa sento, potrebbe ricondurmi a Raoul e preferisco non risachiare.
    -Erik, dove sono le Peroni?- Gli chiedo.
    -Amore, controlla sotto il bancone.- Risponde, servendo degli altri ragazzi.
    Allora, credo che stiate aspettando di sapere il piccolo particolare che non mi permesso di chiudere definitivamente con il mio passato, vero? (Lo so, lo so, me la sto sbattendo da sola! Mi dispiace, ma è carattere!) Anche se credo che, a questo punto, abbiate già capito di cosa si tratta. Beh… Tenetevi forte… Credo che i malati di cuore o le persone facilmente impressionabili non debbano sapere questa notizia… Vabbeh… Io ve la dico lo stesso: io ed Erik stiamo insieme. Sono più di sei mesi che stiamo insieme. Ha aperto da un po’ di tempo un bar qui a Roma, in cui lavoro quando non sono all’università o a studiare.
    Quando l’ho rivisto ho avuto un colpo, il quale, subito dopo, si è trasformato in gioia. Dopo averlo lasciato a Laguna Beach, non l’ho più né rivisto, né tantomeno, sentito. Poi, ritrovarmelo qui. L’ho rincontrato per caso. Stavo in un negozio di dischi, vicino casa mia, per comprare un cd per Antonella, quando l’ho urtato. All’inizio non lo avevo riconosciuto, mentre lui mi aveva riconosciuta. Dopo, mi ha spiegato chi era. Grazie a lui, ho cambiato look: capelli corti e niente più indumenti punk e dark. Lui mi definisce fashion, io mi definisco MySelfPuss. Abbiamo parlato molto di ciò che ci è successo dopo esserci lasciati in California. Mi ha detto che non è mai riuscito a dimenticarmi. Se devo essere sincera, neanche io sono mai riuscita a dimenticarlo. Ho avuto più possibilità di conoscerlo ed è davvero una bellissima persona. Anche lui ha sofferto molto. È orfano ed ha vissuto, fino ai diciotto anni, in un orfanotrofio. Della sua famiglia sa solo che erano di origini svedesi, quindi, potete immaginare che razza di figo è! Senza nulla togliere agli altri ragazzi, ma gli svedesi sono gli svedesi. Vi lascio solo immaginare come sta in canotta e bermuda. È incredibile che sia mio. Ed è incredibile come io sia una calamita per i ragazzi stranieri.
    Mi ha detto che è stato fino a dieci anni nell’orfanotrofio di Stoccolma, poi, è voluto venire in uno di Roma, per questo che parla magnificamente l’italiano.
    Quando ci frequentavamo, ha saputo rispettare tutti i miei tempi. Anche secondo lui era meglio non correre e non affrettare i tempi. Anche perché, dopo Tom, non ho avuto nessun altro ragazzo, né tantomeno, baciato nessun altro ragazzo. Al massimo, ci uscivo una sera o due, al massimo tre e non ce la facevo più a portare avanti la storia, se così la si può chiamare. Ho deciso di provare con lui. Magari è lui quello giusto. Anche se è passato molto tempo, non vuol dire che io non provi più nulla per lui. Ho, comunque, continuato a pensarlo. Se non ci ho provato prima, con lui, non è per Tom, ma perché avevo paura ed avevo paura di non provare per lui, ciò che provavo per Tom.
    Il suo bar ha un piccolo palco, per organizzare serate diverse e dove far esibire piccoli gruppi emergenti o serate di karaoke, come stasera.
    -Tesoro, ho già controllato, ma niente!- Ribatto.
    -Prova a vedere nel ripostiglio.- Mi dice.
    -Ok…- Rispondo, dopodiché, mi rivolgo ai ragazzi di fronte a me, i quali aspettano di essere serviti. -…Ragazzi, controllo se sono di là!-
    -Va bene!- Convengono.
    Vado nel ripostiglio. Direi che fare il barista è abbastanza stressante, se non pesante. Servi a destra, vedi cosa vogliono a sinistra. Che palle! Tra l’altro, Erik ha anche voluto insegnarmi a fare i cocktail.
    Le Peroni sono posizionate di fronte a me. Prendo tutta la cassa e la porto di là. Poso la cassa a terra e do due bottiglie ai ragazzi di fronte a me. Dopodiché, ripongo il resto delle bottiglie sotto il bancone.
    Dalla porta, entra Livvie.
    -Ciao, XO!- La saluto con bacio sulla guancia.
    -Ciao, Puss!-
    Livvie fa altrettanto, poi, si siede su uno sgabello.
    -Che fai?- Mi chiede.
    -Non si vede?- Ribatto.
    -Ah, sì, giusto, sorry! Cosa mi dai di buono?-
    -Un paio di calci?-
    -Nooo, qualcosa di migliore.-
    Ridiamo insieme.
    -Dai, ti posso dare tutto ciò che vuoi!- La informo.
    -Offerto dalla casa?-
    -Come sempre. Credo che Erik mi licenzierà per questo!-
    -Livvie, ma come? Vieni nel mio bar, saluti la mia ragazza, ti fai portare ciò che vuoi offerto dalla casa e non mi saluti neanche?- Gli fa notare Erik, avvicinandosi a noi.
    -Erik, ogni volta è la stessa storia. Se io non faccio mai caso a te, che colpa ne ho?- Fa Livvie.
    -Vieni a cercarmi, no?- Propone il mio ragazzo.
    -Seh, aspettami! Comunque, non voglio essere né cattiva, né perfida, ma è Mia ad essere la mia migliore amica, non tu!- Gli fa notare Livvie.
    -Allora, inizia a pagare come fanno tutti i clienti, se la metti in questi termini. E, comunque, Mia, ora, è la mia ragazza.- Le ribatte.
    Erik mi stampa un bacio sulle labbra. Erik fa per staccarsi, ma io lo trattengo di più a me, prendendogli il colletto della canotta.
    Dopodiché, una curiosità mi assale e mi trovo ad allontanare da me Erik.
    -XO, ma a che ora sei tornata, stanotte? Non ti ho sentita rientrare.- Le spiego.
    -Ancora con questi soprannomi stupidi?- Si lamenta Erik.
    -Ehi, sono simpatici!- Ribatte Livvie.
    -Contente voi!- Conviene.
    -Comunque, ho fatto le quattro!-
    -Cosa?!- Faccio, sbalordita.
    -E dove sei stata, fino a quell’ora? Sei perfino uscita prestissimo.- Le faccio notare.
    -Lo so, lo so, ieri sono stata impegnata per tutta la giornata.-
    -Perché?-
    -Mio padre e la sua azienda!-
    -Capisco.- Convengo. La guardo con occhio indagatore. -…Te, non me la racconti giusta.-
    -Uffa!- Sbuffa lei.
    -Amore, ho già parlato con gli altri ragazzi.- Mi dice Erik.
    -Di cosa?- Chiedo, scrutandolo negli occhi.
    -Andiamo a fare un giro, prima che inizi la serata, così, ci facciamo una bella doccia e torniamo.- Mi informa.
    Gli salto addosso e lo bacio ovunque.
    -Sei il ragazzo migliore del mondo!- Gli dico.
    Torno a baciarlo in bocca.
    -Piccini Picciò, potreste andare di là prima che mi venga il diabete?- Chiede Livvie.
    La guardo e stringo di più Erik.
    -Amore mio, voglio che stasera tu sia la più bella di tutte, anche se già lo sei.- Mi dice Erik.
    -Sì, anch’io voglio che tu sia la più bella!- Mi dice Livvie.
    Io ed Erik la guardiamo, scrutandola. Oggi, la trovo davvero molto strana. Sento che mi sta nascondendo qualcosa. Ha una stranissima luce negli occhi. Ma, forse, è semplicemente la mia impressione.
    Scendo da Erik, mi levo il grembiulino, gettandolo sul bancone e mi trascino Erik, fuori del bar.
    Lo poggio ad un muro e lo bacio. Lui risponde al mio bacio. Ci stringiamo, l’uno all’altro.
    -Ehi…- Dice lui.
    -…Ehi…- Continua.
    Non intendo staccarmi da lui.
    -…Amore…- Fa ancora Erik.
    -…Amore!-
    Alla fine mi stacco da lui.
    -Cosa c’è?- Gli chiedo, impaziente di tornare a baciarlo.
    -Andiamo di fretta: dobbiamo prepararci!- Risponde.
    -Non-me-ne-frega-niente! Voglio solo stare con te… Da sola!-
    -Lo so, ma, dai, cerchiamo di calmarci!- Mi dice.
    -Uffa!- Sbuffo delusa, guardando a terra. -…Sembra che non vuoi mai stare con me!- Mi lamento.
    -Ehi…- Mi dice, prendendomi il viso tra le mani e alzandomelo, in modo che io possa guardarlo negli occhi. -…Amore mio, ho aspettato due anni e mezzo prima di ritrovarti e mezzo anno per fare in modo di piacerti, secondo te, perché? Ti rispondo io: perché ti amo! E non posso più stare senza te.-
    -E’ da un po’ di tempo che ho questa impressione. Forse, è perché non riesco a dirti “Ti amo”?- Gli chiedo.
    -No, te l’ho detto che ti amo. Quando sei all’università, sembra che debba passare una vita, prima che tu esca e venga da me. Ti aspetto sempre con ansia e, quando sei lontano da me, mi manchi talmente tanto che sto sempre sul punto di venire da te, anche in mutande o in accappatoio. Ti assicuro che non è per quel motivo e non sto cercando di evitarti.
    Mia, io so ciò che hai provato per Tom. So cosa e quanto hai sofferto, per lui. Ed il fatto che non mi hai ancora detto che mi ami, non mi pesa affatto. Ti ho detto io che avrei aspettato tutto il tempo del mondo. Vita, io ti so aspettare. Ti amo e ti amerò finché avrò vita, ok? Quindi, non crearti ancora queste paranoie, intesi?- Mi dice.
    -Intesi.- Convengo.
    -E, ora, andiamo.- Mi ordina.
    Erik mi aiuta a salire sulla sua Kawasaki e, prima di darmi il casco, mi stampa un altro bacio.

    La doccia ha un potere miracoloso su di me. È incredibile come riesca a rimettermi al mondo.
    Erik è rimasto in cucina. Ormai, è mezzo anno che frequenta assiduamente questa casa. Sa tutto. A volte ci capita di dormire insieme. O a casa sua, oppure, rimane lui a dormire qui. Ma dormiamo solo, non mettetevi strane idee in testa. Vogliamo aspettare, nonostante io abbia ventidue anni, mentre, lui venticinque. Con il suo modo di essere ed il suo modo di fare molto dolci, mi sta facendo innamorare. Credo, di essere già innamorata di lui. Sì, ne sono sicura.
    Esco dalla doccia, mi avvolgo un asciugamano attorno al busto ed un altro in testa e vado in cucina, dal mio ragazzo.
    -Ehi, finalmente, sei uscita da quella doccia; stavo per chiamare i pompieri, credevo che fossi morta.- Mi informa.
    -Meglio tardi che mai, no?- Chiedo.
    -Sempre la battuta pronta, eh?-
    -Sempre.-
    -Mi avvicino a lui e lo bacio. Gli circondo il collo con le braccia.
    Si stacca da me.
    -Stasera canti, vero?- Mi chiede.
    -No, lo sai che non voglio.- Rispondo.
    -Dai, che ho preso anche i tuoi cd con le basi delle canzoni.- Mi informa.
    -Ma, scusa, perché devo farlo proprio io?- Gli chiedo.
    -Ma non sarai la sola.-
    -Ah, no?-
    -No!-
    -E chi ci sarà? Te?-
    -Sai fin troppo bene che sono più stonato di una campana.- Mi risponde.
    -Ti crei troppi problemi, tesoro. Stasera, la maggior parte delle persone che si esibiranno, saranno messi peggio di te.- Cerco di consolarlo.
    -Peggio di me è impossibile.-
    -Vita, cosa ti dico sempre?- Gli chiedo.
    -Giusto: autostima.-
    -Bravo… Forse è meglio che io torni a vestirmi.-
    -Meglio!- Conviene.
    Gli stampo un bacio sulle labbra e lo lascio lì impalato, mentre, io torno in camera mia per vestirmi.
    È da stamattina che non faccio altro che pensare al sogno strano che ho fatto stanotte. A lezione, sono stata molto distratta, cercando di capirne il significato, tant’è vero che ho dovuto farmi prestare gli appunti da Veronica, una ragazza che frequenta il mio corso di Tedesco.

    Mia madre, di fronte a me. Sorridente e bella come lo è sempre stata. Siamo all’interno del Parco Novi Sud di Modena.
    -Mia, tesoro della mamma.- Mi dice.
    -Mamma… Ma che ci fai qui?- le chiedo, un po’ spaventata.
    -Sono venuta perché devo parlare assolutamente con te.- Risponde, avvicinandosi a me.
    -Di cosa?-
    -Di te.-
    -Di me? Che vuoi dire?- Le chiedo.
    -Sei davvero sicura delle tue scelte? Delle scelte che hai fatto finora?- Mi chiede.
    -Continuo a non capire… Mamma!- Esclamo, stupita.
    -Pensaci bene, Mia: è davvero questo ciò che vuoi? O è un modo per non soffrire più?- Continua a chiedermi.
    -Mamma, la mia vita sta, finalmente, andando a gonfie vele. Sto con un ragazzo splendido, dentro e fuori, ho degli ottimi amici e frequento l’università che ho sempre voluto fare. Meglio di così?-
    -Pensaci molto bene, Mia. C’è qualcosa dietro quell’angolo.- Mi avverte, indicandomi un angolo alla mia destra, lontano da noi.
    Non riesco a veder e, tantomeno, a capire di cosa si tratti. Socchiudo gli occhi cercando di mettere a fuoco il più possibile, ma niente.
    -Mamma, io…- Mi interrompo, notando che lei non c’è più, è scomparsa.

    Basta! Sto impazzendo a sforzarmi di capire. Entro nella mia cabina armadio e scelgo i vestiti: una minigonna di jeans ed una canotta bianca. Opto, per dei sandali con la zeppa. Dopodiché, prendo uno scatolino, da una mensola. La apro e trovo una sorpresa. Ciò che non vedevo da tre anni. È’ molto strano. La prendo. La catenina con la “T” che mi fu regalata da Tom, tre anni fa dondola davanti ai miei occhi, non ricordavo neanche di averla portata qui e non ricordavo neanche dove l’avessi messa. Com’è finita qui? Poi, il ricordo…

    Anto infila una mano nella mia valigia.
    -Ehi, sai benissimo che mi dà un enorme fastidio quando ficchi il naso nella mia roba.- La rimprovero.
    -Chissene… Oh, oh… Ho trovato qualcosa.- Mi informa.
    Caccia la mano e mi fa dondolare davanti agli occhi una catenina. È quella che mi regalò Tom, prima di tornare in Germania, tempo fa. Da quanto tempo. Non ricordavo di averla portata con me. La prendo. “T” di Tom. Ora che ci ripenso, Tom, durante le vacanze, non si è mai tolto la catenina con le mie iniziali. Perché mi viene in mente proprio ora?
    Prendo la catenina dalla mano di mia sorella e la stringo nel pugno. Nel frattempo, mia sorella esce dalla mia camera. Vado vicino alla mia scrivania e mi metto di fronte al cestino. Voglio gettarla e chiudere, per sempre, con questa maledettissima storia. Alzo la mano, chiudo gli occhi e faccio per gettarla, ma, poi, il braccio mi si ferma a mezz’aria. Mi mordo il labbro inferiore, dalla rabbia. No, non ce la faccio a gettarla. Non ce la faccio a separarmene. Non ce la faccio a chiudere questa storia per sempre, non è ancora arrivato il momento di farlo. Basta metterla nello “Scatolino del dimenticatoio” e lasciarlo lì, per sempre. È’ semplice. Oppure, sembra semplice.
    Prendo lo scatolino dalla mensola in alto al mio letto, chiudo la valigia e poggio, sulla valigia, lo scatolino. Guardo un’ultima volta la catenina. “T” di Tom. Per farmi capire che sarebbe stato sempre e solo mio. Ma non è così. Non è mai stato così. Ci siamo soltanto illusi per quel poco tempo che siamo stati insieme. Non è mai stato mio, mentre, io sono sempre stata sua. Sempre e comunque.
    Metto la catenina nello scatolino, lo richiudo e lo rimetto a posto.

    La “T” continua a dondolare davanti ai miei occhi. Credo che, ora, posso rindossarla, dato che Tom è scomparso dal mio cuore, per sempre. La aggancio attorno al mio collo e, dopo essermi vestita, la nascondo sotto la mia canotta.
    -Mia, sei pronta?- Mi chiede Erik, sulla porta.
    -Quasi, devo solo asciugare i capelli.-
    -Ok, però, muoviti, ché sono le 18:00 ed anch’io ho bisogno di una doccia!-
    -Ok… Passa il tempo, passa troppo velocemente.-
    -Lo so.- Conviene.
    Prendo l’asciugacapelli, mi levo l’asciugamani dalla testa, gettandola sul mio letto ed inizio ad asciugarmi i capelli.
    -Vita, se vuoi fai la doccia nel mio bagno.- Gli propongo, senza staccare gli occhi dalla mia figura nello specchio.
    -No, tranquilla.-
    -Allora, se vuoi, puoi iniziare ad andare.-
    -E tu?- Mi chiede.
    -Ti raggiungo a casa tua appena ho finito.- Rispondo.
    -Sicura?-
    -Certo… Non voglio che ti annoi.-
    -A me, piace guardarti.-
    -Però, faccio tutte cose noiose… Ah, gentilmente, puoi prendermi l’arriccia-capelli?- Gli chiedo.
    -Certo… La Bellissima o l’arriccia-capelli vero e proprio?-
    -Quello La Bellissima. Inserisci la spina nella corrente, così, inizia a riscaldarsi.-
    -Va bene!-
    Lo guardo dallo specchio, mentre lui esegue i miei ordini.
    -Ci vediamo più tardi da te?- Gli chiedo.
    -Sicura che non ti scoccia?-
    -Sicuro che vuoi perdere tempo?-
    -Ok… A dopo, allora!-
    Ci scambiamo un bacio leggero sulle labbra, dopodiché, lui va via. La catenina esce dalla canotta. È un bellissimo ricordo, ma, ora come ora, Tom fa parte del mio passato; nel mio futuro riesco a vedere solo Erik e nessun altro…
     
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