«Hai paura della notte?

NC17,Adult Content,Non-con,Long Fic

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  1. MiikHy_Deafening
     
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    eccolo donzelle >< ne correggo subito un altro.
    Note. che schifo di ritardo -.-°
    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...







    « ● Hai paura della notte?




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    XVIII Capitolo





    Le gambe facevano male, eppure in poco tempo, forse solo dieci minuti ero giunto rispolverando vecchi ricordi e seguendo il mio istinto, in quell'enorme edificio che si stagliava tra l'ormai già buia città di Berlino.
    Odiavo l'inverno appunto per quello.
    Le giornate erano maledettamente troppo corte e la notte scendeva giù come un mantello anche verso il pomeriggio.

    Arrancai verso l'entrata dell'enorme ospedale appoggiandomi sul davanzale in marmo precedente alla grande entrata.
    Presi fiato, misi una mano sul petto per tentare di calmarmi.
    Non ce la facevo.
    Il mio fuore non voleva regolarizzarsi, non accennava neanche un minimo a rallentare la sua verace corsa.
    Lo sentivo premere, lo sentivo fare male, uscire dalla pelle ed esplodere, scotrarsi con le pareti del mio corpo e sbattere facendosi del male, lo sentivo chiedere aiuto, chiedere ossigeno.
    Non c'era aria.




    Aprii gli occhi. Quelli della mente.
    Sicuramente mi ero appena svegliato.
    Anche se il mio corpo non reagiva, anche se quelle palpebre non accennavano a schiudersi, potevo ben rendermi conto del fatto che fossi consapevole di ciò che mi era intorno.
    Non sentivo bene i rumori, attufati da un ronzio che mi rendeva la mente poco lucida, e non potevo vedere nulla, tenendo gli occhi completamente chiusi.
    Ma un sapore, un sapore amaro, un sapore forte, un sapore schifoso mi impregnava il palato, mi grattava la gola, mi faceva spalancare le labbra alla ricerca di aria.
    E quesa c'era e non c'era.
    La mascherina posta sulla mia faccia per darmi ossigeno non pareva sembrare abbastanza.
    Mi sentivo morire.

    No...stavo morendo.









    Le porte automatiche si aprirono davanti al mio viso titubante.
    La gente brulicante all'interno della sala d'attesa chiacchierava con i telefonini o in silenzio chiudeva gli occhi e congiungeva le mani in segno di preghiera.
    In quell'ospedale, o almeno in quell'ala di ospedale, non vi entravano persone che erano cadute da una bici, che avevano una semplice influenza, che si erano storte una caviglia... in quella sala vi entrava chi era finito sotto un camion, chi era caduto da un aereo, chi era stato malmenato, chi era in pericolo di vita.
    O... chi stava morendo.

    Presi un lungo respiro aspirando l'odore del disinfettante che rieccheggiava all'interno della grande sala.
    Mi avvicinai titubante alla reception e aspettai che una ragazza dall'aspetto fresco e cortese fosse attirata dalla mia presenza e si voltasse verso di me.
    Era bassina, sicuramente molto di più rispetto alla sua altissima collega, ed indossava un grembiulino bianco e verde acqua che le fasciava la fine vita.

    Mi sorrise quando scorse la mia erea spaesata e appoggiando un fascicolo sulla grande scrivania mi disse con fare composto: -Mi dica, sta cercando qualcuno? Qualche reparto?-

    Sorrisi grato a quella fanciulla discesa dal cielo.
    Ogni cosa all'interno di quel luogo pareva o andare troppo in fretta o scorrere troppo lentamente.

    -Un ragazzo, cerco un ragazzo che è stato ricoverato qui proprio oggi pomeriggio-
    La vidi guardarmi un pò vaga, ma forse notò i miei occhi piuttosto insistenti poichè velocemente abbassò lo sguardo e si dedicò completamente al fascicolo sulla scrivania.
    Voltai il capo agitato.
    Un medico dal lungo camice bianco si avvicinò ad una famiglia seduta su quelle scomode sediolette.
    Chissà da quanto stavano aspettando.
    Chissà che responso avrebbero ottenuto.

    -Georg Listing- pronunciò acuta la donna davanti a me riattirando con un balzo tutta la mia attenzione.
    -Georg Listing, stanza 456, basta girare a destra e...-
    non sentii ciò che stava dicendo, non mi importava, non mi serviva.
    Conoscevo quell'inferno come le mie tasche.
    -Grazie- mugugnai iniziando a correre.

    Primo corridoio a destra, scalinata, terzo piano, secondo corridoio a sinistra.
    Fila dei 450.
    Stanza 451, 452, 453.

    Correvo, correvo come un pazzo tra la gente.

    456.

    Bussai forte.
    E sentii una morsa attanagliarmi il cuore.



    Toc-Toc.
    Spostai il viso lentamente, notando come il mio corpo fosse rigido quanto un pezzo di ferro, quanto le mie forze fossero al limite, la mia pressione troppo bassa e la mia mente offuscata come da un incendio.
    Eppure era la mia gola che stava andando a fuoco.

    -Bill- sentii sussurrare da una qualche persona che si avvicinò al mio lettino.
    Non riuscii ad aprire gli occhi, li tenevo leggermente socchiusi, facevano male, pesavano da impazzire.

    "Mamma..."
    Il suo odore, il suo odore e la sua presenza erano scomparsi pochi minuti prima, ed ora alleggiavano di nuovo nella stanza.
    Non mi sentivo affatto rilassato.

    C'erano delle persone accanto a me.
    "Mamma..."
    Sentii il vomito giungermi alla gola percependo la sua mano stringere la mia.
    La paura, la voglia di respingerla, le forze che non me lo concedevano.
    Per quanto la mente dicesse una cosa il corpo ne faceva proprio l'opposto.
    Credevo fosse una condizione momentanea.
    Quello fu il mio problema esistenziale più grande per tutta la vita.
    "Mamma abbracciami, mamma, mamma vieni qui!"

    Un singhiozzo. Un altro singhiozzo ancora.
    -Chiamate la dottoressa presto!-
    -LO PSICHIATRA, LO PSICHIATRA-
    Piangevo, piangevo come un pazzo, singhiozzavo come un tenero bambino.
    Lo ero, un bambino.
    L'età, l'unica cosa che di questa condizione mi restava.







    La porta si spalancò davanti a me.
    La faccia di un ragazzo leggermente più basso della mia statura mi colse impreparato ed arretrai di un passo essendomi trovato completamente appiccicato a lui.
    Però...lo vidi sorridere e voltarsi.

    -Tom, credo che sia arrivato-
    Percepii un tremendo trambusto aldilà della figura del ragazzo davanti a me finché non apparve lui, leggermente trafelato e trabballante.
    Sorrisi pensando che sicuramente aveva sbattuto anche contro lo stipite di qualche cosa pur di correre in tutta fretta verso di me.
    Gliene fui grato.

    -Eccomi qui- balbettai arrossendo ed abbassando lo sguardo dal suo.
    Sentii le sue mani venirmi incontro come sempre e cercare un contatto, cercare la mia presenza è stringerla.
    Quanto era possessivo il mio Tom.
    E per un attimo scordai anche qualsiasi altro ricordo. Qualsiasi altro problema.
    Non c'erano problemi accanto a Tom.
    Tentavo di convincermi e di sperare che fosse così.

    Quando mi allontanò dalla sua figura alzai il viso e guardai i suoi occhi così dolci.
    La sua mano scese a prendere la mia e lentamente mi guidò all'interno della stanza mentre quel ragazzo richiudeva la porta dietro di noi.

    Le pareti erano bianche come il resto del grande edificio.
    La stanza era piuttosto amplia e molto luminosa ed un ragazzo dai lunghi capelli castani stava sdraiato comodamente su dei morbidi cuscini bianchi mentre sorrideva dalla nostra parte.

    -Finalmente ho l'onore di conoscere il tanto amato Bill- disse quel ragazzo guardandomi curioso e rallegrato.
    -Sì, Tom sono giorni che non fa che parlarci di te- disse il ragazzo ormai accanto a noi dandomi la mano.
    -Piacere, il mio nome è Gustav. E quello lì sdraiato è Georg. Non fare caso a lui, è sempre stato stupido-
    Ridacchiai mentre vedevo il volto dell'altro congestionarsi dall'imbarazzo e sbraitare al suo grande amico.
    -Non dire cazzate Gustav che poi non è cretino quanto te- si voltò verso di me e mi accennò un sorriso.

    -Davvero, siamo felicissimi di conoscerti Bill- e mi tese un'enorme mano che, ancora un pò titubante ma sorridente, afferai e ricambiai.
    -Piacere mio.- e notai come era ridotto.
    Notai le fasciature intorno alle sue braccia, il labbro spaccato, i lividi sul corpo e la sua pelle leggermente violacea e arrossata e sussultai forte sentendo poco dopo la stretta di Tom farsi più forte e sentendo il suo sguardo su di me.
    Era stato picchiato davvero molto...
    Tentai di assumere un'espressione piuttosto solare mentre sentivo Georg battibbecchare con Gustav.

    Tentai e sentii Ton trascinarmi sulle sue ginocchia una volta sedutosi su una poltroncina accanto al letto.
    Lo seguii accommodandomi sulle sue gambe.
    Le sue mani che mi strinsero il bacino facendomi sprofondare su di sè.
    Tentai di rilassarmi e chiusi un attimo gli occhi.




    -Buon giorno signorino- sentii dire mentre piano piano tentavo inutilmente di socchiudere gli occhi.
    La luce fastidiosa del mattino penetrava dalle tende appena scostate, potevo notare oltre gli occhi chiusi un leggero bagliore.

    Un'infermiera che era appena entrata nella stanza aveva iniziato a mettere a posto ogni cosa fosse anche solo leggermente in disordine.
    I fiori sul mio comodino, le tende bianche e candide, i macchinari attaccati alle mie braccia.
    Sospirai con la maschera che mi dava ossiggeno attaccata al volto.
    Sentivo i rumori attufati e lontani di quel luogo.
    Sentivo i suoi spostamenti.
    Sentivo e basta.
    Mi prudeva qualcosa.
    Mi doleva la testa.
    Le gambe, il petto, le braccia erano pesanti.
    -Buon giorno signora Trumper-
    -Buon giorno anche a lei...Buon giorno Bill-

    Bip...
    Bip...
    Bip...


    Qualcuno aveva detto forse qualcosa?
    Io...non...

    mamma?

    Mamma?
    Mamma sei tu??

    Urlai dentro di me.
    Gridai...gridai...gridai che avevo paura.



    "Mamma...aiutami...qui...qui è tutto buio"







    Aprii gli occhi quando sentii le mani di Tom aumentare la loro presa su di me.
    -Hei cucciolo, che hai fatto oggi? Sei un pò giù-
    Mezzo addormentato mossi il capo e mi accoccolai maggiormente su di lui spostandomi di lato
    -Sono stanco, sento la... testa un pò pesante-


    "Non chiudere gli occhi"





    Spalancai le palpebre stringendomi ancora più a Tom.

    -Quanto siete carini- ridacchiò Georg beccandosi un qualcosa tiratogli addosso da un Tom super rosso in viso.
    -Stai zitto scemo!!-
    -Heiii, io sono malatooo!-
    -Quando ti fa comodo!!!-
    Sorrisi tirando fuori il capo.



    "Non chiudere gli occhi"




    Strinsi la felpa di Tom deglutendo e mostrandomi tranquillo.

    -Dio, mi si sta rompendo la schiena qui-
    Reclamò Georg torcendosi sul piccolo lettino.
    Sentii Tom ridere spensierato e sinceramente me ne rallegrai.
    E le mi gote si tinsero di rosso.

    Tom era così carino quando stava tra i suoi amici.
    Lo era sempre, ma in queste situazioni era il Tom di tutti i giorni e lo adoravo, adoravo vederlo così.
    Felice.

    Sussultai.


    "Cosa sta accadendo??"

    "Che??"




    "Non chiudere gli occhi!"




    Mi premetti una mano sulla tempia tentando di fermare una fitta nella testa.

    Vidi Tom irriggidirsi dietro di me e tirarmi su in piedi come se fossi un sacco di patate.

    -Benissimo, ora è tardi, sono già le otto e noi dobbiamo tornare-
    Mi pietrificai tra le sue braccia voltandomi di scatto dietro di me.
    -Le otto? Ma se sono qui solo da una ventina di minuti??-
    Lo vidi sorridere, anche se il suo era un sorriso...preoccupato??

    -Hai dormito piccolino, ti sei addormentato-

    Sospirai sorpreso dandomi mentalmente dello scemo.
    Mi ero addormentato mentre ero sopra a Tom?
    Che cavolo di figura ci avevo fatto?
    Arrossii ancora e chinai il viso e sentii Gustav ridacchiare insieme a Georg.
    Complimenti Bill.

    -Hei- di nuovo lui, di nuovo la sua voce roca.
    -S-si?- balbettai sospirando tremulo.
    -Eri dolcissimo mentre riposavi- sussurrò alle mie orecchie - sono rimasti ammaliati dalla tua bellezza- continuò stringendomi forte ancora e ancora.
    Sorrisi ed arrossii.
    -Ciao Georg, ciao Gustav- rosso in viso rivolgendomi ai due amici.
    -Ciao Bill, ci ha fatto davvero piacere conoscerti. Ciao capo-
    E senza darmi il tempo di capire, percepire e comprendere qualcos'altro ancora mi sentii trascinare fuori dalla stanza e perdermi nell'odore di Tom.

    -Ti porto a casa piccolo-









    Quando uscimmo da quell'enorme edificio silenzioso il buio era già calato su Berlino.
    Mi strinsi nelle spalle rabbrividendo per l'immenso freddo e una figura dietro le mie spalle mi fece sussultare.
    -Hai detto che hai paura della notte- sussurrò dietro di me avvolgendomi con il suo enorme giaccone.
    -Perfetto, allora vieni qui e stringiti a me-
    E stupito come non mai sentii le sue forti mani prendermi in braccio e chiudere la lampo di quell'enorme indumento lasciandomi rinchiuso all'interno di questo.
    -T-tomi- bisbigliai.
    Quanto cavolo poteva essere perfetto?

    -Chiudi gli occhi e riposa- mi sentii ordinare con voce rassicurante e autoritaria.
    E immerso in quella sicurezza abbassai il viso in tutto quel calore.

    "Non chiudere gli occhi"



    Chinai ancora di più il viso.

    "NON LO FARE!!!"





    Eppure io li chiusi.

    Perché accanto a me c'era Tom.





    *








    Mi ritrovai in poco tempo di fronte all'enorme casa di Bill.
    Bussai per non farmi sentire dal resto dell'intero edificio ed una Margot in vestaglia venne ad aprirmi la porta guardandomi di sbieco.
    -Ho fatto finta che il signorino fosse a letto, ma guai signor Tom se gli fa fare ancora così tardi-
    Sorrisi al tono scherzoso ma autoritario e preoccupato della donna di fronte a me.
    Infondo Margot era l'unica che forse in quella casa riusciva a capire Bill.
    E ciò che era davvero salutare per lui.
    -Posso salire in camera?-
    -Sali ma fai piano. E non fare baccano per aprire-

    Sorrisi e con un Bill addormentato tra le braccia entrai in quella gelida casa e mi avviai veloce verso le scale.
    Il più completo silenzio che vi alleggiava all'interno.

    Arrivato alla camera di Bill aprii le due porte che lo dividevano da quell'immenso castello di ghiaccio e mi tuffai in un morbido calore che mi fece sciogliore del tutto.
    Il profumo e l'aria ovattata mi fecero subito tranquillizzare.

    Aprii la lampo dell'enorme felpa e ne uscì fuori una testa un pò arruffata ed un corpicino comodamento rannicchiato su se stesso.
    Sfasciai l'enorme letto e lo lasciai distendersi sulle morbide coperte color pesco vedendolo affondare il viso nei cuscini.
    Sorrisi e gli accarezzai le guancie.

    Io ero follemente innamorato di Bill, e avrei voluto difenderlo anche a costo di perdere la vita.

    Ormai la mia vita era lui che se l'era presa ed era riuscito a riempire tutte le mie giornate con un solo sorriso.
    Il sorriso di Bill, intriso di una magica tristezza.
    E avrei tanto voluto riuscirne a capire il perché.

    Perché Bill era sembrato così scosso al telefono?
    Perché non aveva voluto dirmi niente?
    Perché era così stanco? Così nervoso?

    Perché non voleva parlarne con me?

    Sospirai allontanandomi dal letto.
    Ora come ora, dovevo correre da quegli stronzi che avevano malmenato Georg e fargliela pagare.
    Stavo giusto per avvicinarmi alla porta quando sentii una vocina spuntare dalle morbide coperte.
    -Tomi, Tomi dove sei??-
    Sussultai.

    Quel...piccolo...stava...piangendo?
    -Hei Bill, Hei Bill sono qui-

    Corsi agitato verso di lui e me lo strinsi al petto.
    Era sconvolto ed ancora addormentato.
    -Non te ne andare-
    -No, no piccolo non me ne vado- bisbigliai spostando le coperte ed infilandomi proprio accanto a lui.
    Feci a malapena in tempo a levarmi le scarpe che le sue gambe si avvinghiarono a me come fecero anche le sue mani.

    -Non voglio chiudere gli occhi-

    -Piccolo dormi, sei stanco e devi riposare-

    -Se chiudo gli occhi cala la notte- piagnucolò.

    -La notte è già calata- risi io tentando di guardarlo.

    -E non c'è più ritorno-
    Crollò tra le mie braccia.

    Lo guardai, lo smossi un poco, tentai di spostarlo, niente.
    Lui rimase lì attaccato a me.
    Mentre piangeva.
    E mi sentii il cuore sgretolarsi a pezzi.





















    E forse piansi anche io.



















    *







    -Oggi è il tuo compleanno Bill, auguri!- sentii la voce di qualcuno farsi strada nella mia mente intorpidita.
    La vena del braccio mi faceva male.
    Quelle flebo così attaccate erano stranamente parecchio dolorose.
    Sentivo meglio i rumori e i movimenti.
    Che il coma stesse pian piano avendo dei miglioramenti?

    -Allora come va oggi signorino?- come solito Margot parlava da sola.
    Non potevo risponderle.
    Per gli altri ero come morto.

    Forse però ero morto davvero.
    Per quanto il mio cervello funzionasse ancora.
    Per quanto il mio fisico tentasse di reagire in qualche modo.
    Per quanto io tentassi di rimanere sveglio...



    Era sempre buio.

    Le tenebre mi avvolgevano da quella notte e non avevo più visto la luce, non avevo più avuto speranze.

    C'era forse un ritorno?







    Per quando mi svegliai, le tenebre avevano divorato la mia anima e la fortezza del mio cuore, impregnando i miei tessuti, intossicando i miei organi vitali.
    Era un corpo senz'anima.



    Un'anima andava via senza ritorno.
    Andava via...































    Tom?


























    ******

    eccone un altro *-* dopo cena ne posto un altro ancora xD

    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...









    « ● Hai paura della notte?





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    XIX Capitolo





    Ci sono giorni in cui vorresti chiudere gli occhi e sprofondare nel nulla, sprofondare in un luogo dove seguirti non potrà nessuno.
    In questi giorni sai di non avere nulla da perdere perché effettivamente non hai nulla, e non hai paura di morire, non ha più alcuna paura.

    Accade poi però che qualcosa entra nella tua esistenza e hai di nuovo la voglia di continuare a vivere, e hai di nuovo la voglia di sperare, e ti aggrappi alle pareti di un baratro per questo appiglio tentando di non cadere giù.

    E lì ti rendi conto che la realtà come il vento ti sferza in faccia e ti fa male.
    Che chiudere gli occhi e lasciarsi morire è da codardi ed è anche impossibile da fare.
    E le paure quando ricominci a vivere ritornano.
    E per quanto tenti di sfuggirgli loro ti acchiappano.

    E ti squarciano le membra.

    E ne senti il dolore.
















    -AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH-



    Mi alzai con la gola secca e gli occhi spalancati.

    Respirai faticosamente mettendomi a sedere e guardando a destra e a sinistra non trovando nessuno accanto a me.
    Mi premetti una mano sul cuore tentando di tranquillizzarne il battito. Le gocce di sudore che mi ricadevano sulla fronte, lungo il collo ed impregnavano la maglietta che portavo.
    Una maglietta, non indossavo un pigiama.



    Dov'era Tom?


    Ancora scosso dall'incubo che avevo fatto scesi da quel letto lentamente, appoggiando prima un piede e poi l'altro.
    Le gambe tremavano e le sentivo perfettamente instabili. Anche le mani tremavano, le dita non volevano stare ferme.
    Scesi piano piano pressando sui miei piedi tremanti e poggiai una mano sul comodino in modo tale che non potessi cadere.

    Eppure quella sera avevo sentito qualcosa, forse delle lacrime, delle calde lacrime che mi avevano scosso dai ricordi e ricordare che ero ancora in vita.

    Lo ero grazie a lui.




    Mi diressi leggermente più calmo verso il cellulare poggiato sulle mensole dei libri. Lo presi e scorsi la rubrica. Poggiai l'apparecchio sull'orecchio ed aspettai.

    Nessuna risposta.


    Sospirai crollando all'indietro su quel letto e socchiudendo gli occhi.
    Avevo bisogno di una doccia, era tardi e presto in quel giorno sarebbe giunto lo psicologo per i suoi soliti stupidi controlli mensili.
    E Tom non c'era, forse...era meglio così.

    Tom non avrebbe dovuto sapere.


























    -Bene, sono le 18 e 30, abbiamo fatto un nuovo record signorino, vuole rientrare?-
    Sorrisi con le labbra tirate mentre, passeggiando sotto braccio con il mio psicologo, in silenzio procedevamo per l'immenso giardino della mia villa.

    Tremolante tirai gli occhi in alto osservando il cielo ormai già buio.
    Mi stringevo al braccio dello psichiatra sotto i lampioni che illuminavano il viale.
    Erano di nuovo calate le tenebre.
    Era notte.

    -s-sì andiamo sù- sussurrai facendo un passo avanti.

    -Ce la fa a camminare?- lo guardai accennando un mezzo sorriso.
    Solitamente verso le 16 e trenta del pomeriggio, dopo la nostra passeggiata, rientravamo e per me era già un enorme sforzo rimanere così tanto all'aria aperta.
    Raramente poi facevamo anche le 17 o 17 e mezza rimanendo sotto quel viale illuminato, immobili, aspettando che chiedessi di rientrare.

    Era vero, ultimamente ero riuscito a restare al buio anche nelle ore più tarde, ma erano state situazioni differenti.
    Ero preso da altri pensieri.
    Avevo una persona differente al mio fianco.

    -Si, s-i si ce la faccio benissimo- pigolai sentendomi le membra schiacciate verso il terreno.
    Le mani tremare senza riuscire a comprenderne il motivo, la testa scoppiare senza che avvessi fatto chissà che.

    L'ansia riempirmi le ossa.


    Lo psicologo mi tenne forte a sè facendomi arrivare fino all'entrata del grande palazzo.
    Sussultai notando la grande luce all'interno di quel luogo.
    Ero a casa.
    C'era lì un pò di odore di me.

    -è stata una piacevolissima sorpresa sà?- disse lo psichiatra guardandomi negli occhi mentre mi faceva comodamente sedere sul divano.
    Mia madre seduta silenziosa accanto a me.
    -Devo parlarne con i miei colleghi e vedere se questo non è che un segno di una sua presunta guarigione!-

    Sentii mia madre trattenere il fiato e forse per ascoltarla lo feci anche io.
    -Guarigione?- mormorò spostando il suo sguardo su di me.

    -è precoce dirlo solo adesso, ma infondo il ragazzo mi pare sulla giusta strada- ridacchiò sedendosi sulla poltrona accanto al divano.
    Il fuoco acceso che riscaldava l'intera stanza di un freddo marmo bianco.
    Mi appoggiai con le spalle sul morbido tessuto chiudendo gli occhi e respirando forte.
    Avevo la fronte imperlata di sudore.

    Guarigione?
    Certo, come no.
    Solo delle stupide speranze.
    -Ma mi dica signorino...- e a quelle parole riaprii gli occhi spostando lo sguardo su quell'uomo davanti a me.
    -Ultimamente ha avuto qualche cosa che le ha fatto ripensare al suo passato? Che le ha fatto ricordare? Che ha fatto sì che in qualche modo affrontasse le sue paure?-

    Mi bloccai con il braccio a mezz'aria intento a prendere un confetto sul tavolino di cristallo.
    Alzai lo sguardo, lo guardai, e la mia mente procedette lenta lenta a tutto.
    E in quel mio tutto come sfondo c'era Tom.
    -Si- borbottai portando in bocca il confetto rosa.

    Notai le loro teste interessate a me e continuai.

    -Ho fatto...amicizia con un ragazzo. Stiamo spesso insieme, siamo grandi amici. Quando sono...andato a casa sua era buio, tuonava e pioveva a dirotto, ma non sono svenuto, non...subito almeno-
    Abbassai lo sguardo.
    -Bè, ottimo-

    Si voltò verso mia madre.
    -Ottimo direi. Benissimo signorino, signora Trumper- vidi mia madre dargli la mano ma non si accostò di nuovo a me vedendomi stremato sul divano.
    Era sempre molto cauto nei miei momenti sì e nei miei momento no.

    Quando reggevo e quando non nè ero in grado.

    -Allora richiamerò presto, entro questa settimana- prese in mano la sua cartellina una volta alzatosi da quella poltrona.
    Mia madre lo seguì fuori dall'enorme stanza mentre Margot sicuramente correva a porgergli il copri spalle per non sentire freddo.
    Mugulai qualcosa spostandomi dalla mia posizione.

    Il silenzio che mi attufava i timpani.

    Il sudore che colava lungo il collo.

    Il battito del cuore tornato ormai normale.

    Che diamine di fatica.
    Che tristezza...


    Mi alzai dal divano non con poca fatica trascinandomi poi oltre quell'enorme stanza, salendo le gelide scale e dirigendomi veloce verso la mia piccola tana.
    Una volta entrato, non salutando nè mia madre nè Margot, mi richiusi di botto la porta alle spalle e corsi a prendere il cellulare buttato suoi cuscini dinnanzi al focherello acceso.

    Nessuna chiamata, nessun messaggio.

    Sosprirai.

    Tom...




    Quella mattina non lo avevo affatto visto. Tom quel giorno non si era fatto nè vedere nè sentire.
    Mi sdraiai tra i cuscini del tappeto con il cellulare in mano, cercando il suo nome e cercando la sua voce.
    Il cellulare squillò a vuoto per un pò.
    Poi qualcuno rispose.

    -Tom?- trillai felice rizzandomi a sedere.

    -Hei Bill- una voce un pò ammiccata mi giunse alle orecchie e me ne accorsi subito, nonostante sicuramente tentasse di non darlo a vedere.
    -Va...va tutto bene Tom?- sussurai veloce stringendo forte la cornetta.

    Le fiamme che guizzavano allegre difronte a me.

    -Si...si va tutto bene Bill. Sono stato a fare un lavoro e adesso ho salito le scale di corsa e sono stanco, e sono senza fiato, non ti preoccupare-
    Sospirai sollevato ribbuttandomi tra i moribidi cuscini.

    -Mi sei mancato oggi sai?- pigolai avvolgendomi una ciocca di capelli intorno al dito.
    Il soffitto in legno finemente lavorato davanti ai miei occhi.
    -Anche te mi sei mancato cucciolo- mi giunse all'orecchio da una voce roca.
    Sorrisi chiudendo gli occhi e gustandomi quelle morbide quanto eccitanti parole.
    Gustandomi la voce di Tom.

    -Vieni questa sera?-
    -Non posso Bill, sono stanco morto, mi sto gettando proprio ora sul letto-
    -Oh- esclamai dispiaciuto tirandomi dinuovo a sedere
    -Mi-mi dispiace di averti disturbato-
    -Ma scherzi piccolo? Non dire queste cavolate, adoro sentirti, scusami per non averti chiamato-

    Sentii il suo respiro e lo percepii caldo sul mio collo.
    -Di...di niente Tomi...Buonanotte allora-
    -Buonanotte Bill-
    Sentii il silenzio oltre la cornetta e sperai che non si fosse addormentato.

    -A domani-
    -A domani- ridacchiò. Tenni ancora la cornetta stretta a me.
    -Ti voglio bene Tomi- sussurrai.
    -Ti amo di bene Bill- mi rispose pacato.
    Sussultai.

    -Ciao cucciolo-

    -Ciao...-

    E la chiamata si spense mentre il cellulare mi scivolava tra le mani.
    Crollai di nuovo tra quei cuscini, poi lentamente dopo pochi istanti mi alzai in piedi dirigendomi sul letto.
    Non avevo fame, non avrei cenato, ed infondo era anche piuttosto presto.
    Però volevo Tom, lo volevo accanto a me, e questo fece sì che stringessi forte il cuscino intorno alle mie braccia e mi addormentassi stremato.

    Scuola?
    Anche il giorno dopo non se ne parlava.
    Quella giornata con quel pazzo era gia stata una perfetta tortuta.
    Non ne volevo delle altre.

    Volevo stare con lui e basta.








    Con il mio protettore.







    *








    Quando riagganciai il cellulare lo sentii cadere aprendosi ai miei piedi e velocemente lo seguii anche io scivolando sulle ginocchia e cadendo poi davanti a me rimanendo fermo a terra.

    Il sangue che colava lento dalle tempie mi rigò infuocato il volto mischiandosi alle pozze d'acqua a terra.
    L'aria dello spazio imputridita che mi impregnava i polmoni.

    Tossii contorcendomi su me stesso e sputai del sangue ritrovandomi a stringere il ventre con le mani sporche.
    -Dannazione- mormorai tentando di tirarmi su con le mani.
    Niente, non ce la facevo.

    Un gemito mi giunse alle orecchie. Poi di nuovo il silenzio.
    Una consolazione era che i miei avversari fossero scappati via fuggendo.
    Che avessi vinto comunque era andata.
    Che per quanto lo avessi promesso a Bill, in qualche modo, ero riuscito a vendicare Georg per tutte quelle botte che aveva preso.

    Che prima o poi avrei rivisto Bill.

    Il dolore mi impregnava tutte le ossa. Non riuscivo a muovermi, ogni minimo spostamento era un lacerarsi della pelle, una completa devastazione.
    Sentivo il silenzio di quella piazza impregnarmi i timpani, l'acqua che usciva dai tubi cadere a gocce cadenzate sul terreno scandendo ogni secondo.


    Facendomi impazzire.


    Spostai lo sguardo, cadde sulle stelle e ammutolii tutti i miei pensieri, tentai degnignando i denti di scacciare tutto quel dolore.


    Cazzo...







    Il viso di Bill faceva doppiamente male.











    *













    Questo rumore è...opprimente.

    -La macchina continua ad andare così lenta-
    la voce di mia madre era preoccupata, Margot accanto a lei sedeva sicuramente su qualche poltroncina accanto al mio letto.

    I battiti del cuore scanditi con una lentezza esasperante mi trapassavano i timpani facendomi preferire mille volte la morte che quella continua tortuta.
    Facendomi preferire che si spegnesse.

    Che mi spegnessi io.

    Anche la morte immediata e veloce, purchè sentire con le mie stesse orecchie il mio cuore che si affaticava piano, che appassiva, che moriva lentamente tentando di non lasciarsi andare.


    Non avevo paura di morire.



    Io avevo paura di rimanere solo ancora a lungo.


    Solo nell'oscurita.




    Inconosciamente, ancora senza conoscerlo, io volevo accanto qualcuno come Tom. Io volevo accanto Tom.



















    Che senso poteva avere vivere?































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