«Hai paura della notte?

NC17,Adult Content,Non-con,Long Fic

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  1. MiikHy_Deafening
     
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    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...











    « ● Hai paura della notte?




    image

















    XXIII Capitolo.








    Ho pensato spesso a me, alla mia condizione, al mio modo di essere e di pensare.
    Se quel giorno non avessi fatto di testa mia e avessi aspettato Jared sicuramente le cose non sarebbero andate come poi era accaduto.
    Ma il destino, il destino aveva voluto che io quel giorno mi ritrovassi in quel medesimo luogo dove mai più, credevo, avrei messo piede.
    E destino volle anche che mi incotrassi con quella persona, quell'uomo ubriaco il quale poi era scomparso dalla mia esistenza, colui che era scappato dopo avermi mozzato la vita, colui che aveva fatto sì che tutto inevitabilmente potesse inclinarsi su se stesso, ed impazzire.
    Egli aveva aperto le porte dell'inferno.

    Non avrei mai pensato che l'inconscio umano potesse essere tanto ma davvero tanto strano e surreale, non credevo che la mia mente potesse incondizionatamente muovere i miei ricordi e le mie paure, impazzire e rendermi pazzo.
    Sapevo, avevo sentito parlare dei così detti traumi, delle fobie, avvenute in seguito a vicende shoccanti che segnano la vita come un marchio a fuoco sulla pelle, ma non pensavo che potessero avere un tale condizionamento sulla vita di una determinata persona.
    Non pensavo che senza volerlo avrei fatto cose e ragionato in una maniera tanto strana, veloce e istintivamente protettiva...nei miei confronti.

    Dopo ciò che era accaduto, dopo quella volta quando fui portanto in ospedale, ricordo che non avevo mai del tutto chiuso gli occhi, sin dalla violenza fino a quando fui posato su quel gelido lettino.
    Ricordo che vedevo tutto come in uno di quei film, le voci lontante, il corpo insensibile al tocco.
    Gli occhi sbarrati durante la violenza si erano poi pian piano andati a spegnere. Quando avevo ceduto tra le sue forti braccia, le braccia di quell'uomo cattivo, la mia mente aveva iniziato a filmare ogni cosa ed ogni particolare diventando ad ogni ricordo di quella determinata cosa come un ago puntato profondamente sulla pelle.
    Aspettando che il sangue scenda lento fino all'esasperazione.

    Ricordo le voci, il buio avvolgermi ed entrarmi nelle ossa, le grida e le luci veloci di quell'ambulanza. Non ricordo i volti intorno a me, tante piccole formiche che si muovevano come in un grande formicaio, l'interno della vettura, il grandissimo ospedale.

    Ricordo una maschera poggiatami sul viso e in quel momento avevo sentito di ricominciare a respirare anche se poco. Sentivo il cuore, lo stomaco, i polmoni schiacciati dentro di me, sentivo il cuore che comunque imperterrito continuava a tentare di battere senza arrendersi mai, e ricordo la mia mente lucida che filmava, e filmava, e continuava a filmare quella storia imprimendola nella mente per non farmela dimenticare più.
    E rivedere sempre quella trama così dolorosa.

    Ho pensato spesso a me, a quanto io non abbia mosso un muscolo e apparentemente non abbia fatto niente, ma di quanto il mio cervello abbia in tutto quel tempo fortemente lavorato dentro di me, e archiviato situazioni, e modificato ideologie e pensieri.
    E resettato tutto.

    Ricordavo poche cose di tutto ciò che non aveva a che fare con tutto quello che quella sera la mia mente aveva filmato, tra cui le stesse persone, poche cosa della mia vita prima di quella violenza.
    Avevo rimosso il volto del mio unico migliore amico, gli abbracci di mia madre, una vita normale e serena.

    Avevo tentanto in un momento di apparente lucidità di dimenticare, di provare a celare il tutto e ricominciare a vivere.
    Ma era impossibile, la mia mente lo sapeva bene.
    Lei decideva.
    Lei comandava i miei gesti e i miei movimenti.

    Ed ogni giorno per lei era una vera e propria lotta contro tutto ciò che aveva lei stesso deciso essere repellente alla mia figura.
    Sentivo i suoni che avevo filmato quella notte? Impazzivo.
    Sentivo l'odore delle persone così vicino? Sudore, sangue, alcool, sesso, umidità, brezza? Andavo in tilt.
    Sentivo il sapore di qualcosa che pian piano mi arrivava in gola? Vomitavo.

    E tante volte, ironicamente, ho pensato che se fossi stato schiacciato da un automobile forse comunque mi sarebbe andata meglio.
    Avrei iniziato ad avere paura delle auto e sfiducia nella loro carrozzeria e nella loro fabbrica, magari.

    Ma essendo stato soggetto ad una violenza carnale, a volte penso sia stato davvero ingiusto averla ricevuta da un uomo, e quindi odiare le persone, avere sfiducia nei loro comportamenti e nel mondo intero.

    I primi tre anni in seguito a quella vicenda non avevo mai più visto una persona che non rientrasse nel circolo ristretto degli abitanti del mio palazzo e dei miei medici e psichiatri personali.
    Non riuscivo a pensare di voler vedere William perché seppur volevo accanto lui la mia mente sfumava la sua figura e mi faceva serrare gli occhi dal dolore contorcendosi, facendo scorrere dinuovo davanti agli occhi quel maledetto film.
    E sentivo la testa scoppiare. Non volevo eppure il ricordo la mia mente continuava a riproporlo, era lì, stampato davanti a me, ai miei stessi occhi.
    E crollavo, svenivo, sotto lo sforzo e il rifiuto del mio stesso stramaledetto inconscio.
    Tutto era sbagliato.

    Io non volevo che andasse così.

    Con il tempo ero riuscito a migliorare, ad uscire, a parlare anche con altre persone, maestri, ragazzi, gente piuttosto comune.

    Pensavo, pensavano tutti che in un modo o nell'altro presto avrei riacquistato la mia tanto attesa vita normale.
    Non sapevano però, non sapevamo tutti, che quel film era stato solo momentaneamente archiviato, e che un giorno avrei dovuto fare i conti con la sua pellicola ormai ben incisa nella mia esperienza.

    E rivederla giorno per giorno in uno straziante gioco di ruoli dove la trama, in uno splendido e perfetto intreccio, sarebbe stata il mio più grande incubo.

    Ho pensato spesso a me, e al fatto che non avessi mai fatto del male a nessuno.
    Che davvero non me l'ero meritato, e che lui di certo non si meritava un fardello pesante come me.
    Che, parlandoci chiaro, non sarei mai potuto comunque tornare normale.
    Mai.





    -Mai-
    -Cosa Willy?-
    -Noi non ci divideremo mai!-




    La mia mente si riblocca, mi fa scorrere come un flash i ricordi di un pezzo facente parte di quel film.
    E mi fa piangere dal dolore al solo ricordo.

    Bugiardo!


    No, non è vero, lui voleva, lui sarebbe rimasto davvero con me.
    Ma la mia mente, era lei che comandava, io ne avevo paura.
    Lei pensava che fosse così ed io non potevo oppormi a lei.

    Lei ritornava padrona.

    E le tenebre cadevano.















    Serrai gli occhi e li aprii di scatto tirandomi a sedere.
    La testa, la testa era pesante, e a peso morto mi rigettai su quel morbido cuscino portandomi una mano sulle tempie.
    Pulsavano, sentivo il sangue fluirne al loro interno e ne rabbrividii tentando di non pensare a ciò, avrebbè solo complicato quella dannatissima situazione.

    -Ben svegliato!- mormorò una persona accanto a me.
    Spalancai di nuovo gli occhi alzandomi ancora e voltando la testa. Tom era lì, sdraiato sul mio stesso letto, ovviamente dalla parte opposta, e mi guardava mentre era rivolto di profilo verso di me.
    Si tirò a sedere mentre la testa, sconvolta da quel movimento improvviso, mi dolè di nuovo e mugugnai portandomi entrambe le mani ai lati di questa. Faceva male, maledettamente male da impazzire.

    -Hai avuto un incubo...- sussurrò portando una mano sulla mia spalla.
    Quasi sorrisi a quell'informazione.

    Era da quella notte che io ogni notte urlavo e facevo incubi, ma lui di certo non poteva saperlo. Quando ero accanto a lui questo non succedeva mai.
    E da ciò capii anche una cosa.

    -Sei appena arrivato vero?- mormorai facendo uno sforzo immane per voltarmi verso di lui.
    Anche i miei occhi dolevano ad ogni singolo movimento.

    La sua mano mi spinse verso giù e riaffondai in quei freschi e morbidi cuscini.
    -Si...scusami... ho avuto da fare-

    -Hai sempre da fare ma non mi dici mai niente. Perché Tom? Perché non tenti di rendermi partecipe della tua vita?- mugugnai portandomi una mano sugli occhi per tentare di calmare il dolore.
    Niente.

    Avevo un chiodo conficcato bene nella nuca.

    -Non è questo, è che non è importante-
    -Cose non importanti ti portano lontano da me?-
    -Non... non volevo- disse con voce seria, e a quelle parole spostai la mano.

    Sempre il solito stupido esagerato, io.

    -Vieni qui...- sussurrai allargando le braccia, e la sua figura si appoggiò lenta accanto a me poggiando la sua testa priva di quel cappellino sul mio petto.
    Lo accarezzai piano.

    -Scusa- mormorai.
    -Il tuo cuore sta per esplodere- disse poggiando una mano sul posto dove avrebbe dovuto trovarsi.
    Se non era già caduto a pezzi.

    -è l'effetto che mi fai- mormorai chiudendo gli occhi e beandomi del suo dolce e morbido odore che mi impregnava rapido le narici.
    Semplicemente divino.
    Poi...sentii la sua mano poggiarsi calda sulla mia fronte e li aprii gli occhi trovando il suo volto poco distante dal mio.
    -Hai il viso rossissimo- mormorò serio continuando a tenere la sua mano sulla mia fronte. Poi la spostò e si mise a sedere accanto a me.

    -Dove sta il termometro?- bisbigliò sicuramente guardandomi.

    Gli occhi mi pesavano quindi non mi mossi affatto.
    -è proprio qui, dentro il comodino-
    Lo sentii aprire il mobile in legno e fermarsi un attimo silenzioso.

    -è pieno di pasticche qui-
    -Non sto bene per tanto a lungo-
    -Ci sono anche tantissimi sonniferi-
    -è perchè ne ho bisogno Tomi-
    -Hai bisogno anche degli anestetici?-

    Spalancai gli occhi rizzandomi a sedere.
    Questa volta un forte senso di nausea mi fece rabbrividire fino alle punte dei capelli e subito poggiai una mano sullo stomaco ed una sulla bocca ascoltando il mio respiro accellerato ed i rumori che Tom fece correndo subito accanto a me.
    -Hey tutto bene?- disse allarmato avvolgendo le dita sul mio polso.
    Scostai la mano dalla bocca, ma solo per riuscire a respirare.

    La mia testa...

    -No..- mugugnai strizzando gli occhi e lasciandomi avvolgere tra le calde braccia di Tom.
    Avevo freddo, tanto tanto freddo.

    -Ho freddo- borbottai stringendomi più forte a lui.
    -Hai l'influenza- disse sorridendo di sbieco.
    -Non credo che sia l'influenza- mormorai tentando di tenere gli occhi leggermente aperti.

    La mia mente, lei stava reclamando.
    Lei mi faceva impazzire.

    La mia mente, lei stava lottando.
    LEI STAVA LOTTANDO CONTRO DI TOM.

    Questo...questo stava semplicemente succedendo.

    -39 cazzo...- borbottò sfilandomi il termometro da sotto la maglietta.
    Quando me lo aveva messo??

    Mi fece scendere lungo le coperte e si infilò sotto di queste accanto a me stringendomi forte.

    -Mi dici che hai dovuto fare di tanto importante?- insistetti tornando al discordo di prima.
    Sentivo la mia mente offuscata ma, senza voce, continuavo a parlare.

    -Dovevo vedere delle cose. Il mio amico, Georg, mi doveva dire delle cose. Poi però ho avuto altro...da fare, ieri e questa notte, e non ci sono più andato, semplicemente-
    -Che cosa hai dovuto fare?- dissi ancora, sentivo il suo odore entrare in me e confondermi la testa.

    Era buono, era ossigeno, era la mia esistenza.
    Ma era pur sempre una persona.
    Ed io lottavo proprio contro di questo, lottavo contro quel dannato film, imponendo il fatto che o nolente o volente la mia mente avrebbe dovuto accettare tutto quello, avrebbe dovuto accettare Tom.
    Anche a costo di esplodere una volta per tutte.

    Mi chiesi perché Tom non mi stesse rispondendo.
    Mi chiesi anche perché non vedevo nulla in effetti.
    Poi mi chiesi perché non percepivo niente.






















    Strinsi forte quella mano avvolta intorno alla mia vita.
    Sbattei le palpebre un paio di volte prima di voltarmi verso la sua calda figura.
    Tom mi guardava, era fisso su di me, e con un dito spostò una ciocca da davanti ai miei occhi, serio come quando era arrabbiato, quando era confuso, o quando stava pensando a qualcosa.
    -Tomi- mormorai.
    La mia testa pesava anche se leggermente più leggera.
    Mi stava fissando. Continuava a farlo, e arrossii ancora, abbassando lo sguardo.
    La sua mano, ormai avvolta dietro la mia schiena, mi passò ad accarezzare il viso schiudendo piano le mie labbra, soffermandosi su quello inferiore.

    -Come ti senti?- mormorò facendomi alzare il viso.
    -I tuoi occhi sono davvero molto lucidi- disse continuando a fissarmi intensamente.
    Tremavo sotto quegli occhi tanto potenti.
    -Sto..non lo so. Mi fa male ancora tanto la testa-
    -Mi hai fatto prendere un colpo- soffiò via portando la mia testa contro il suo petto e stringendomi forte a sè.
    -Cosa hai Bill? Sei svenuto tra le mie braccia e continuavi a chiamare il mio nome. Cazzo Bill, dimmi cosa cazzo ti succede!-
    Quasi urlò, digrignando i denti.

    Sussultai forte tremando ancora di più.
    Sicuramente se ne accorse, poichè sentii la sua stretta farsi più forte e la sua voce sussurrarmi tra i capelli: -perdonami, scusa, non volevo alzare la voce-

    Io però continuavo a tremare.

    Dio solo sapeva quanto diavolo potevo amare Tom.

    Dio solo sapevo però quanto anche io potessi avere una fottuta confusione in testa che mi metteva paura.
    Io non volevo avere paura di Tom.
    Nolente o volente non avrei ceduto.

    -Non...Tom...io non sto spesso bene-
    Ed infondo era anche una mezza verità.

    Ma potevo andargli a dire che erano semplicemente le fobie successive ad uno stupro e successive anche ad una tortura che mi aveva portato in fin di vita?
    E che ero stato in come in seguito a quello?
    E che la mia vita, questa cazzo di stupida vita era diventata la mia stessa tomba?
    Io Potevo??


    No...







    Io davvero non potevo nulla.
    La mia mente invece poteva qualcosa.

    Lei non voleva che io tutelassi Tom.
    La mia testa era diventata mia nemica e questo forse mi fece anche sorridere.
    Lei non voleva Tom, io sì, chi avrebbe vinto questa sfida?


    Circondai il suo tenero collo con le braccia sfiorandogli le morbide labbra con le mie.

    -Non voglio mentirti- anche se lo sto già facendo.
    -Non lo faccio per me.- lo faccio per te Tomi...
    -Perché non voglio farti preoccupare, davvero- perché non voglio anche farti allontanare da me.

    -Va tutto bene Tomi- io infondo sono solo una persona anormale...

    Strinse le sue braccia forti intorno a me.
    Tanto da farmi quasi male.

    -Cosa stai dicendo? Non riesco a capirti...-

    Non mi capivo nemmeno io.
    Cosa stavo dicendo, che diamine stava succedendo?

    -Hai mangiato ieri?- disse staccandosi da me e guardandomi negli occhi.
    Le coperte alte fino ai nostri menti allineati.

    -Si...a pranzo mi pare- sussurrai perso nel suo sguardo pacifico.
    -Cazzo Bill- imprecò alzandosi a sedere e facendo si che le coporte scoprissero la mia piccola figura.
    Tremai dal freddo e mi ricoprì all'istante.

    -Vado a prenderti qualcosa da Margot. Te non ti muovere, non combinare danni- dettò ciò mi scoccò un baciò dolce sulle labbra e mi parve di sentire la porta chiudersi dietro di me.
    In teoria sarei dovuto andare in bagno ma non riuscivo a muovere un muscolo.

    Tom era...così premuroso con me.
    Non capivo, non capivo perché il mio inconscio non riuscisse ad accettarlo.

    Perché era una persona?

    Ma cosa diamine importava chi Tom potesse essere o meno.

    Lui era Tom.

    Lui era il mio inimitabile Tomi.

    Lui era il mio protettore.

    Strizzai gli occhi accorgendomi di stare completamente delirando.

    Sentii la porta aprirsi lentamente e richiudersi con la stessa calma e tranquilla velocità, poi mi alzai a sedere, piano, aiutato dalle forti braccia di Tom.
    Come una bambola tra le sue mani.

    -Mangia qualcosa, non ti reggi in piedi-
    Senza rispondergli presi io bocca un pezzo di crostata, mangiandolo piano, molto lentamente.

    -Come ti senti?- sussurrò seduto accanto a me.
    La sua mano poggiata sulla mia fronte sudata.

    Stavo...come?

    -Sto b-bene- sussurrai bevendo un goccio d'acqua.
    Poi scostai il resto con una smorfia disgustata, stavo davvero per rivomitare tutto.

    Tom non parve credere alle mie parole, ma da quel che gli dissi capì che non stavo affatto nelle condizioni di poter anche solo provare a ragionare su qualcosa.

    Mi scansò il vassoio poggiandolo a terra e poi mi fece stendere indietro lasciandomi chiudere gli occhi su quel materasso gelido.

    Le sua mani bollenti intorno a me ed il suo sguardo non mi lasciarono per tutta l'intera giornata.
    Forse si riposò anche lui su quell'immenso letto.


    Io so soltanto che quando la notte spalancai gli occhi scosso dal terrore il mal di testa era quasi sparito e quando mi voltai verso quel letto scorsi nel buio di quel luogo solo il tiepido colore della luna.




    Tom era fuggito di nuovo.












    -Stella stellina, la notte si avvicinaaa-
    Sorrisi a William spostando il furgoncino lontano dalla sua piccola ma colorata macchinina.
    -Williii, ma perché tuo fratello James non viene mai a giocare con noi?-
    Vidi William alzare il capo e spostare il suo tenero sguardo su di me.

    Sorridemmo entrambi.

    -James sta con i suoi amici. Gli amici di James sono davvero, davvero tanto strani-
    -Sono cattivi?- sussurrai spaventato stringendo la macchinina tra le nocche delle mie mani.

    -No Bill, loro sono...strani e basta-
    -Quanti anni ha il tuo fratellino James?-
    -Fratellone Bill, lui ha ben dicciotto anni ormai- io sussultai guardandolo stupito.
    -James è così grande?-
    -Si Bill- lui mi sorrise.
    -E con i suoi vestiti così larghi lui lo pare ancora di più!!-
    -A me quei vestiti larghi mettono davvero paura!-
    -A me piaccino, sono molto comodi!-

    Sorrisi facendo scontrare la mia vetturina con la sua.
    -Colpita, stella stellinaaaa-
    -A me non mettono paura i suoi vestiti larghi-
    continuò riprendendo il discorso.

    Alzai la macchina per scontrarla con la sua.
    -A me mette paura chi è contro di lui, i ragazzi della banda dell'altro quartiere-

    E la mia macchinina cadde forte al suolo.
























    La mattina seguente Tom non era accanto a me e ciò fece sì che mi alzassi e mi preparassi per andare a scuola, anche se Margot tentò di fermarmi e il mal di testa non era affatto sparito.
    In cuor mio speravo davvero di incontrare Tom.
    Fu per questo che chiamai Jared e presto salii sulla limousine.






    Quando entrai nell'edificio, non ricordo perché e come, camminavo stranamente più distante rispetto alle altre volte dalle persone intorno a me.
    Poi all'improvviso, nella mia veloce corsa, percepii delle parole che mi fecero bloccare improvvisamente al centro dell'immenso corridoio.

    -Hai sentito di....-
    -Si...dicono sia stato coinvolto in una rissa-

    -Ora è in coma-

    Sussultai.

    -è stato lui, tutti sanno che è stato lui, per quello che hanno fatto alla sua ragazza.-
    -Si, li ha picchiati tutti a sangue andandoli a cercare nelle loro case uno ad uno-

    -Quell'uomo è pazzo. Quel ragazzo è fuori di testa diamine-




    Poi non sentii più nulla.

    Chiusi gli occhi e trattenni il fiato.

    I tasselli di un puzzle che mai avevo saputo di possedere chiusero tante finestre nella quale la paura aveva fatto sì che mai vi voltassi lo sguardo.

    Tom aveva picchiato chi aveva fatto del male a Georg, facendo sì che si levassero di torno.
    Tom aveva picchiato il mio professore di sostegno facendo si che stesse silenzioso al suo posto.
    Tom aveva picchiato chi aveva osato toccarmi spedendo persino uno di loro in coma.
    Era stato Tom.
    Questo era ciò che faceva quando lui non era accanto a me.




    Sentii una lacrima scendere ma lì per lì non me ne preoccupai.
    -Tomi- continuavo a sussurrare, immobile in mezzo a tutte quelle persone che vagavano, ricercando nella tesche alla ceca il cellulare.
    Le mani che tremavano forti come impazzite, le lacrime che veloci ora si inseguivano lungo le mie guance arrossate.

    Cercai di premere il tasto giusto ma le dita che balzavano da una parte all'altra non mi davano nessun aiuto.
    Premetti la cornetta, ma la mente aveva già da un pò smesso si funzionare bene.
    Aspettai...e una voce calda e roca mi rispose dopo attimi di silenziosa attesa.

    Il fiato fermo e bloccato in gola.

    -Hey piccolo- sentii sussurrare da un tono assonnato e dolce...




    -Hai paura?-





    Un flash, come un pugno nella testa, una fitta che mi fece grugnire di dolore piegandomi in avanti.

    Gettai il cellulare a terra non riuscendo a vedere dove diamine potesse essere finito.
    Le persone...neanche quelle ormai vedevo più.

    Posai le mani tremanti sulla faccia, il respiro che non voleva collabborare e funzionare, l'ossigeno che non filtrava più.
    Non riuscivo più a respirare.



    -Aiutatemi...-
    Avrei voluto sussurrare.
    Ma non mi sentivano, tutto scorreva veloce, le loro mani, la barella, la gente che accorreva, tutte quelle luci, tutta la mia vita.

    E io intanto morivo.





    Con gli occhi spalancati mi parve di vedere una ragazza, quella lì della mia classe forse, avvicinarsi confusa a me.
    La sua voce ovattata tamponarmi la mente, le sue mani forti iniziare a scuotermi piano.
    Poi più forte, poi sempre più forte, e la sua faccia contorcersi spaventata, urlare, perché sicuramente stava urlando, e chiamare, perché qualcuno accorse accanto a noi.

    Accanto a quel cerchio che intorno a me si era andato a creare.


    E come quella notte io non riuscivo a muovermi.


    Poi un tonfo e non sentii dolore cadendo tra le braccia di un uomo, forse un professore, che sorressero il mio gracile corpo.






    Volevo Tom, ma la paura mi stringeva il cuore.
    Io odiavo quella fottuta paura ma lei c'era.
    Lei era sempre stata accanto a me.

    -Hai paura della notte?-
    Si ho paura.






    Avevo una fottuta paura di lui.


    Di perderlo.
    Di Rivederlo.
    Di non poterlo più vedere.

    di me stesso.





























    ******

    Autore: MiikHy Deafening
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...









    « ● Hai paura della notte?





    image


















    XXIV Capitolo







    -Guardami...-

    Assottigliai gli occhi tentando di capire chi fosse la persona davanti a me.
    I capelli lunghi e biondi che gli ricadevano morbidi sulle spalle, gli occhi di un azzurro chiaro come pozze di acqua limpida e pura.
    Ma in quella notte anche quelle parevano risplendere del colore delle tenebre.
    Tentai di muovere la testa ma qualcosa me lo impediva, un dolore lancinante sulla gola faceva sì che non potessi respirare come tanto avrei voluto.
    Sentivo il sangue, accumulato nella gola e rischiare di soffocarmi, uscire ai lati delle labbra e percorrere il collo unendosi al sangue lì già presente.
    -Dannazione Bill rispondimi-

    Tentai di dire qualcosa ma ne usci solamente un attacco di tosse che fece gorgogliare il sangue nella bocca dandomi l'impulso di rivomitarmi anche l'anima.
    Le gambe, quelle non me le sentivo più. Qualcosa, forse una lama, sicuramente un cortello, era ben pressato sul muscolo della coscia destra, ed il sangue piano piano scendeva anche da lì cadendo a terra e mescoladosi a quella macchia di dolore.
    Ero immobile, come una bambola gelida e morta tra le sue braccia.
    Avevo freddo, e non capivo chi quella persona davanti a me potesse essere.

    -Sam corri presto, chiama un ambulanza, muoviti, non respira!-

    Non respiravo?
    Tentai di muovere le dita ma non riuscivo a capire quali fossero le dita della mano, come fare a ritrovarle.
    Non sentivo niente, volevo solo piangere, e sicuramente lo stavo gia facendo.
    -Bill mi senti, ti prego diamine rispondi!- continuava chinato su di me.
    La sua mano dietro la mia testa, l'altra poggiata sul cortello della mia immobile gamba.
    Lo strappò procurandomi un grido di dolore che si perse nella notte.
    Ansimavo, silenzioso, il sudore mescolato al sangue dalle tempie impiastrava i miei capelli e sporcava le mani di quell'uomo.
    Le sentivo lì, sentivo la mia testa leggera e vuota, il mio corpo pressato verso il basso, il mio cuore diminuire i propri battiti, il gelo filtrarmi nelle ossa.
    Il dolore, mi faceva male ripetutamente dappertutto.

    Aiutami avrei voluto dire.
    Vattene avrei voluto urlare.

    Aiuto.

    Aiuto.

    Aiuto sto morendo.
    Aiuto c'è qualcuno qui davanti a me.
    Ma aiuto da chi?
    Da altre persone? Da altri come lui?
    Come quello?

    -Hai paura della notte??-

    NOOO!!!!!!!!!!!!

    Singhiozzai, l'unico rumore che riuscii a procurare in quella notte.
    -Calmati Bill, calmati non sforzarti-
    Ero nudo?
    No, un giacchetto mi copriva metà di quel corpo lurido che mi ritrovavo.

    Bruciava, qualcosa lì sotto bruciava da impazzire.
    Ricordavo le sue mani premere su di me, premere sul mio sedere.
    Entrare.

    Gongolai spalancando gli occhi sentendo una fitta tra le costole e qualcosa trapassarmi all'interno.
    -Cazzo- imprecò forte -ha le costole spaccate, dannazione dannazione, SAM!-
    -STANNO ARRIVANDO JAMES!-

    Tornò a guardare nei miei occhi vaqui e pieni di dolore.

    Un'altra onda di sangue uscì dalla mio bocca vomitando tutto ciò che avevo in corpo.

    -Sta perdendo troppo sangue, chiama gli altri presto e tieni Jorg fermo!!-
    -Continua a dimenarsi, cazzo, è drogato fracico-

    -Portalo....portalo via Sam-
    -CHE COSA?-
    -PORTALO VIA DANNAZIONE, PRIMA CHE LO UCCIDA CON LE MIE STESSE MANI!-

    -Ma...-
    -Portalo via o la polizia lo prenderà...e lo uccideranno. Questo è l'unico atto che posso fare per quel bastardo, l'ultimo atto da amico-
    Spostò il suo sguardo su di me, di nuovo.

    -Perché gli ha fatto questo?-

    Poi un rumore, sentii Sam prendere sicuramente in braccio quell'uomo.
    Ma non connettevo.

    Se lo avessi fatto, se avessi capito quello che si stavano dicendo avrei compreso, avrei davvero compreso che lì accanto a me c'era l'uomo che mi aveva fatto tutto quello.
    E avrei iniziato ad urlare, e avrei finito di uccidermi.
    Per una volta la mia mente era restata spenta.

    E piano piano anche il mio cuore la seguiva.











    Sbattei più volte le palpebre aprendo i miei piccoli occhi e tentando di ricollegare cosa era successo.
    Riconobbi intorno a me la mia stanza nel suo chiaro arancione e sbattei di nuovo gli occhi infastidito da quel mal di testa che mi attanagliava il craneo stringendolo come tra due forti mani.

    Mi alzai a sedere spostando il mio sguardo alla mia destra.
    Le voci di mia madre e di persone, di parecchie persone, risuonavano oltre quella stanza, sicuramente avevano lasciato la seconda porta aperta e non erano molto distanti da lì.

    Tentai di ricordare, tentai di rimembrare cosa fosse successo, e una presa mi strinse forte il cuore ricordando cosa fosse accaduto quella mattina, cosa era successo a scuola e cosa mi era passato per la testa.

    Strizzai gli occhi sentendo le lacrime premere ai lati degli occhi.

    La mia mente, i miei ricordi, facevano male, faceva male la voce di Tom, faceva male anche ricordare il suo caldo alito su di me ed il suo respiro solleticarmi il collo.

    Piansi.

    Scoppiai in lacrime come un bambino senza riuscire a fermarmi.
    Ed infondo ero proprio un bambino.
    Lo ero anche anni prima, quando mi accaddero cose che un bambino non avrebbe mai dovuto provare.

    Sentire quel dolore.
    E perdere se stessi, la propria dignità, la cosa più preziosa, e le proprie speranze.
    Perdere la fiducia nella gente.

    Questo prima di tutto.

    -Non farmi del male, no, no, lasciami ti prego-



    -No- gridai in lacrime immergendo la testa tra le mani, le spalle scosse da quei singhiozzi tanto forti, il corpo tremante a metà coperto dal piumone arancio.
    Piangevo forte, piangevo come non mi era mai capitato di piangere.

    E non ne capivo il perché, volevo solo e solamente piangere.
    E gridare.


    Come osavo fare solo quando, immerso nelle tenebre della notte, incosciente, sfogavo me stesso.

    Sentii delle scarpe correre sulle scalinate del palazzo, senti il chiacchiericcio avvicinarsi veloce e farsi sempre più intenso, percepii una massiccia macchia di odore venirmi incontro, delle persone.
    E spalancai gli occhi.



    Entrarono in molti, metà di loro non sapevo neanche chi fossero, riconoscevo il mio psicologo, mia madre, Jared, Margot, il mio dottore, forse anche il mio professore, ma gli altri non li avevo ne mai visti ne mai sentiti.
    Sussultai quando la mano di uno dei due si posò sulla mia spalla.

    -No, ti prego- singhiozzai ancora con la testa nascosta tra le mani.

    Avrei voluto fermarmi.
    Avrei voluto calmare il mio corpo e dire che era tutto a posto.

    Se così davvero fosse stato.

    Ma il mio corpo continuava a fremere e a tremare ad ogni loro singolo respiro, ad ogni movimento in quella stanza sobbalzava e le lacrime scendevano continue senza dare alcun cenno di fermarsi.

    -Cosa Bill? Spiegaci- sussurrò dolce il mio dottore con la mano posta sopra la mia spalla.

    Sentivo la pelle sotto le sue dita bruciare e diventare cenere.
    Sentivo il sangue fluire dalle ferite al di sotto di essa.


    Non vi erano ferite lì e nulla stava andando a fuoco, eppure quella sera ricordavo che il mio corpo dal dolore si stava pian piano accartocciando su se stesso come un foglio di carta tra le fiamme.

    -Cosa gli sta succedendo?- disse mia madre ad alta voce, troppo alta, e saltai così seduto allontanandomi dalla mano del dottore e continuando a piangere e a singhiozzare.
    A strozzarmi dalle lacrime e dai singulti che non volevano esaurirsi.

    -Sta ricordando, sta sovrapponendo ciò che è successo a ciò che accade ora- sussurò basito il mio dottore allontanando la sua mano ormai ferma a mezz'aria accanto a me.
    -Qualcosa...- mormorò lo psichiatra -qualcosa gli ha fatto ricordare tutto quello che è accaduto quella notte-

    A quella parola strizzai gli occhi singhiozzando più forte.

    -Vi prego basta- sussurrai in preda al panico.

    Pietà soltanto per la mia testa che stava scoppiando.
    Non volevo...non volevo ricordare.

    -Deve calmarsi...una pasticcha-
    -Basta pasticche- mormorò il dottore allontanandosi ed avvicinandosi alla porta -lo porteranno ad un esaurimento nervoso. Signora Margot, gli prepari solo un buon thé caldo, nel frattempo lasciamolo solo-
    E vidi lo psichiatra guardarmi e sorridermi per poi uscire e richiudere la porta dietro di sè.

    Spalancai gli occhi scalciando le coperte e avvicinando le ginocchia al petto. Le cinsi con le braccia e ripresi a singhiozzare poggiando la testa su di esse.
    Volevo...volevo lui, ma come il mio pensiero arrivava a sfiorare la sua immagine, tutto, tutto si contorcerva e tornava a fare male.

    Con la testa pesante voltai lo sguardo alla mia destra, sul comodino... sul comodino giaceva silenzioso il mio cellulare che sicuramente qualcuno si era pregato di raccogliere.


    -Hai sentito di....-
    -Si...dicono sia stato coinvolto in una rissa-

    -Ora è in coma-




    Boccheggiai tornando a stringermi la testa tra le mani, strizzai gli occhi, forte, tentando di zittire quelle voci.
    -State zitte perfavore- piansi piano sentendo il sudore scendere lungo le tempie candide.

    Aprii un occhio, il telefono era lì, mi chiamava, appoggiato a quel comodino.

    U'altra fitta.

    -Aih- singhiozzai più forte premendo le mani più forte sulla testa.
    Dovevo prendenderlo, dovevo chiamare Tom, dovevo scusarmi per oggi, dovevo sentirlo.
    Volevo sentirlo.

    Ma non potevo farlo, non lui, non ...non quella persona.

    Chiusi gli occhi sentendo le lacrime scendere più forti.

    Quello che avevo sempre temuto stava piano piano accadendo?
    Davvero avevo paura di Tom?
    Davvero la mia mente stava tentando di allontanarlo?

    Di allontare lui?
    Di allontanare la persona che amavo?

    Non poteva, io amavo solo lui, io amavo Tom.

    Sbarrai gli occhi sentendo la suoneria del mio cellulare risuonare all'interno della stanza.
    Il fuoco, acceso da chissà chi, che guizzava allegro all'interno del camino.

    Rimasi per lunghi secondi interminabili a fissare il vuoto mentre la musica fischiava fine all'interno della testa.
    Tremavo, ma sapevo chi era, e non volevo, non volevo perdere quell'occasione.

    O in quel momento o mai più.

    Mi allungai con le lacrime che scendevano inseguendosi l'un l'altra sulle nivee guancie, il cuore che batteva all'impazzata, il sangue che pulsava nelle vene ad una velocità da farmi quasi male.

    Quasi senza rendermene conto, scollegando la mia mente con uno sforzo immane, afferrai il piccolo apparecchio e premetti il tasto verde portandomelo veloce all'orecchio.

    La musica si zittì ed io mi risvegliai da quegli attimi di lucidità.

    Cosa...


    cosa avevo fatto?


    -Bill?-

    Avevo risposto...avevo risposto a Tom?

    Combattevo per allontanare quel telefono o per tenerlo accanto a me? Oramai non capivo nulla, sentivo solo la testa girare, il freddo pungermi le ossa, un bruciore ricoprirmi il corpo e un'immagine farsi chiara e vivida nella mia mente.

    -T-Tom- boccheggiai, poi gridai, forte quanto bastava per sentire la gola fremere e chiedere aria.

    Aria che faceva male.
    Ma le lacrime, quelle non volevano fermarsi.

    -Bill ma cosa-?- -TOM MI SCOPPIA LA TESTA- lo interruppi strizzando gli occhi tentando di rimanere in me.
    Le forze, non ce le avevo più. Ero stanco.

    -Bill cosa è successo?- -Tomi sto impazzendo- piansi singhiozzando attraverso la cornetta, tenendola stretta a me con le mani tremanti, stringendola come se fosse un carbone ardente, come se fosse la mia unica fonte di salvezza.

    -Bill, calmati! Dove sei?- -A casa Tomi, a casa. mi sono sentito male e...-

    -Hai sentito di....-
    -Si...dicono sia stato coinvolto in una rissa-

    -Ora è in coma-




    -Hai Paura?-



    -TOMI!- gridai forte stringendo la cornetta a me.
    -Sto arrivando!-

    Tu-tu-tu-tu-tu


    Allontanai il telefono stralunato e lo posai accanto a me sul letto.

    Fissavo il vuoto, non sentivo niente.


    -Bill, tutto a posto?- entrò il dottore seguito a ruota dalla cara Margot che mi porse titubante una tazza di thè.

    Fissai le sue mani.


    Volevo il mio Tomi.

    Presi tremante la tazza di thè lasciando che questa, fumante, mi scaldasse le mani. Stavo congelando.

    -Bevilo, ti farà bene- sussurrò e sentii il suo odore entrarmi piano nelle narici. Sussultai sentendo le lacrime ricominciare a scorrere.

    -Margot!- percepii la donna muoversi ad allontanarsi dal mio letto e seguirlo oltre la porta che chiuse bene dietro di sè.
    Il silenzio che regnava all'interno della stanza.

    -Lasciatelo riposare, deve riprendere le forze, ha un volto troppo pallido, ho paura che possa sentirsi male da un momento all'altro-
    -Bene. Chiudi anche la seconda porta,così non sentirà niente e potrà stare tranquillo per un pò-

    Senti la porta chiudersi, poi nessun altro suono.

    Socchiusi le labbra sulla tazza calda sentendo il sapore del thè impregnarmi la bocca. Le lacrime che scendevano facevano sì che le mie labbra tremassero rischiando di farlo cadere a terra.
    Lo allontanai e posai la tazza sul comodino.

    Fremevo...fremevo dalla paura.

    All'improvviso, non so per quanto tempo rimasi così immobile a sentire i minuti segnati dall'orologio a pendolo, sentii un cigolare provenire dalle finestre socchiuse e scattai con la testa sentendo le mani cedere sul morbido piumone e il cuore perdere, ancora, un famelico battito.

    Lo vidi scendere e richiudere la finestra dietro di sè, poi voltarsi e camminare veloce verso il mio letto.

    Avevo lo sguardo vuoto, la vista offuscata e sfocata dalle troppe lacrime, eppure notai la sua figura avvicinarsi a me, salire sul letto ed abbracciarmi, veloce, mentre io tremando convulsamente piangevo tra le sue braccia.

    -Hai sentito di....-
    -Si...dicono sia stato coinvolto in una rissa-

    -Ora è in coma-



    Gridai un singhiozzo di dolore tirando la sua felpa verso di me, tentando di strattonare quella maglia ed avvicinarlo, od allontanarlo, sapevo solo che ero intrappolato tra le sue possenti braccia e qualsiasi movimento era del tutto inutile.
    -Cosa hai fatto a quel ragazzo?- singhiozzai tra le sue braccia sentendo la sua presa ferrea intorno a me.
    -Gli ho dato una lezione-

    Singhiozzai stringendolo più forte.


    Un calcio mi colpì allo stomaco facendomi sputare una macchia di sangue a terra.
    Un pugno, in pieno viso fece sì che la mia testa sbattesse contro la pietra sudicia del muro del palazzo.
    -B-basta, t-ti prego basta- gorgogliai sputando del sangue, i singhiozzi che piano piano scuotevano il mio piccolo corpo.





    -Non picchiarmi, non-
    -Bill ma cosa stai dicendo?- e fece l'errore di allontanarsi un poco da me.
    -No no basta, ti prego, basta- urlai


    -BASTA!- singhiozzai.




    -BILL!-

    Mi abbracciò forte tentando di non farmi spostare.
    Mi dimenavo ma lui non aveva proprio la voglia di lasciarmi andare.
    Tentavo, tentavo di picchiarlo, tentavo di graffiargli il viso ma le sue mani stringevano potenti il mio polso quasi fino a farmi male, e quando gongolai all'indietro con la vista appannata dalle lacrime sentii il suo corpo premersi contro di me e le sue labbra bloccare le mie urlanti e singhiozzanti.

    E subito smisi di gridare.

    Mi bloccai, le lacrime scendevano ancora indisturbate ma io non riuscivo più a muovere un muscolo finché non si staccò ed io non crollai singhiozzante tra le sue braccia.

    -Fa male- piagnucolai sprofondando nel suo petto.
    Il suo odore mi penetrava aspro e soave nelle narici provocandomi un conato di vomito e la voglia bruciante di stringerlo più forte a me.
    -Cosa?- mi sussurrò tentando di accarezzarmi la testa corvina.

    -Il tuo sapore dentro di me...Tom...brucia-

    -Bill...- sussurrò con la voce incrinata.

    Lo riabbracciai sentendo le lacrime premere ancora.

    -Ti voglio, ti voglio ma fa male!-
    -Che cosa fa male, Bill, non ti capisco-

    -Il ricordo Tom...Te, mi fai male-

    Lo strattonai di nuovo a me baciandolo ancora.

    Sentendo il fuoco invadermi la gola come era stata la mia prima volta, il cuore palpitare come se stesse per esplodere, la testa girarmi confusa da quel tremendo e allo steso tempo delizioso odore.

    Lo tirai a me mentre continuavo a singhiozzare.
    Si stese silenzioso su di me appoggiando il suo corpo al mio, baciando famelico come me le mie calde labbra.

    -Mmm...ma-ma Bill-
    -Continua ti prego- ansimai piagnucolando.

    Lo sentii staccarsi e subito spalancai gli occhi impaurito.

    Velocemente, capendo che avevo bisogno di lui, lo vidi levarsi la maglietta, poi farmi alzare il busto e lavare veloce la mia, tornando ad impossessarsi delle mie morbide labbra.
    Ansimai, sulle sue. Le lacrime calde che bagnavano i suoi polpastrelli poggiati sulle mie pallide guancie.

    Scese più giù, lentamente, baciandomi il petto.

    Singhiozzai più forte mettendo una mano sulla bocca per fermare quel tremendo tremare.

    -Ti piace qui?-
    Un morso, tremendo, che fece piano piano scorrere il sangue lungo le mie magrissime costole.



    -No- mormorai singhiozzando ancora.
    Lo vidi alzare il capo preoccupato, dio, stavo facendo impazzire anche lui.

    -Non-non voglio ricordarlo con te-

    -Bill- sussurrò soffiandomi sul collo.

    -Non-non vpglio. Con te deve essere diverso- continuai coprendo gli occhi con le mani.

    -Ma cosa, cosa non vuoi ricordare Bill?-

    Ma io continuavo a piangere e i singhiozzi diventavano piano piano sempre più veloci.

    -Ti è successo qualcosa?-

    Mi bloccai.





    Poi scoppiai in un'agonizzante pianto.
    -BILL!- mi gridò sentendomi strozzare tra i singhiozzi.


    Mi prenderà.



    -Bill-
    Le sue labbra amare premettero sulle mie lasciandovi il fuoco.


    Lui mi ucciderà...



    -Bill...- si allontanò da me poggiando le sue mani sulle mie spostandole dal viso.

    Io Ho paura.



    -Non avere paura di me- sussurò con il suo fiato caldo su di me e alle sue parole spalancai gli occhi.


    -Sei da solo cucciolo?-



    -Non...non sei solo-

    Non sono solo?

    -Non lo sei!-


    -Sei da solo piccolo.-



    -No, non lo sei, cazzo Bill, non lo sei, non così!- mi divorò le labbra spingendomi con forza sul materasso.
    Spalancai gli occhi smettendo anche di respirare.



    -Era da solo-
    -Come...come diamine è potuto accadere?-
    Dei singhiozzi...
    -Perché?...Perché non c'era nessuno con lui????-





    Sentii il calore invadere il mio corpo e le guance tingersi di rosso mentre le sue mani vagavano sul mio petto sudato.
    Il suo completamente pressato su di me.

    -Mmm..Tomi- ansimai forte sentendolo aumentare la pressione delle sue labbra sulle mie.


    -Scusa-
    -Per cosa?- sussurrai.

    -Per essere arrivato in ritardo...-

    E spalancando gli occhi singhiozzai ancora.
    Odorai il suo petto accettando di buon grado il suo fantastico profumo.

    -Grazie- sussurrai sprofondando sotto le sue calde braccia.













    Negli ultimi attimi di lucidità prima di svenire e lasciare che la mia mente piano piano filmasse quel doloroso ritorno alla realtà seguii un qualcosa che tamponò la mia testa pesante.

    -James allora...io vado e porto Jorg con me-
    -Non...non dire niente al piccolo Tom...-
    -Non lo farò-
    -Fallo sparire e basta...anche per il suo bene-

    Poi sentii qualcosa, non so bene cosa, qualcosa farmi davvero tanto male.

    -Bill?? Bill no, cazzo non addormentarti, BILL!-

    E il fiato mi morì in gola un ultima volta prima di vedere tutto buio mentre il sangue gocciolava in un rumore cadenzato, lento, dalle mie morbide labbra.

    E da lì iniziò il mio incubo.


















    *****

    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...







    « ● Hai paura della notte?




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    XXV Capitolo



    Sentire il suo odore solleticarmi le narici era davvero la cosa più soave del mondo.
    La chioma nera e sbarazzina ricadeva morbida sul cuscino sparpagliandosi in una dolce aurea oscura. E gli copriva il volto, un volto completamente nascosto sotto il mio petto, stretto spasmodicamente alla mia calda pelle.
    Accennai un sorriso tendando di accarezzargli la chioma da piccola belva che aveva anche se la mia posizione, completamente sul suo corpo, non era delle più comode in assoluto. Non volevo schiacciarlo sotto di me, ma allo stesso tempo, come tentavo di allontanarmi da lui, le sue manine subito stringevano più forti il mio petto ed il suo corpo addormentato seguiva ogni mio minimo movimento.

    Bill era fatto così, cercava in continuazione la mia figura su cui rimanere aggrappato per non cadere giù.
    Io ero fatto così, cercavo in continuazione la sua figura per poterla stringere a me e solo esclusivamente alla mia persona.

    Il mio sguardo, fisso sul suo collo sotto il mio viso, scrutava con attenzione la sua pelle diafana e candida sotto di sè, morbida tanto da volerla mordere con un'amara dolcezza.
    Lo avrei fatto, se ciò, forse, non avrebbe impaurito Bill.

    Sospirai spostandomi di fianco e aspettando una sua sicura reazione. Il suo corpicino infatti, completamente aggrappato al mio, non mancò di seguirlo intrecciando le candiede braccia intorno alla mia schiena.
    Morboso, ecco cosa era, ed infondo era ciò che ero anche io con lui.

    Avrei voluto, giorni prima, correre da Georg appena lui mi aveva inviato quel messaggio per parlarmi del mio piccolo Bill. La curiosità del sapere qualcosa di lui, la voglia di scoprire il perché dei suoi modi di fare, la certezza che qualcosa, qualcosa di sbagliato era accaduto, mi aveva attanagliato il cuore ore ed ore ed era diventato il mio obbiettivo fisso.
    Poi Andreas mi aveva chiamato, Andreas a cui avevo dato il compito di pattugliare ogni istante la mia scuola in modo tale da tenere sotto controllo Bill, dicendomi di correre alla svelta, di andare in suo aiuto, che qualcuno, e lui sapeva i nomi, l'aveva davvero fatta grossa quella volta.
    E dopo quel professore di sostegno che, sempre in seguito alle parole di Andreas, aveva provato a mettere le mani sul corpicino del mio piccolo cucciolo, e dopo coloro che avevano osato malmenare Georg, la nottata si era rivelata davvero più lunga del previsto inseguendo e torturando coloro che avevano osato mettersi contro di me.
    Che avevano osato toccare qualcuno di mia proprietà.

    Poi...dopo...il disastro assoluto. La chiamata di Bill e il mondo che mi era letteralmente caduto addosso.
    Mi ero impaurito, giacevo scomodamente sotto le coperte del divano, e di corsa mi ero tirato dritto a sedere sentendo il rumore della gente, le grida, qualcosa che mi avevano fatto presagire davvero il peggio.
    La corsa alla scuola, lui che era tornato a casa. Le chiamate, continue... il nulla, ed in seguito le sue parole.

    -Tom...sto impazzendo-



    Ed io lì non ci avevo visto più.

    Sentii la piccola creatura tra le mie braccia muoversi un poco tentando di guadagnare una posizione più comoda. Sentii le sue gambe intrecciarsi morbidamente alle mie e me ne stupii, forse arrossii persino, stringendo la presa come se fosse potuto sparire.
    Da un momento all'altro.

    Tutto con Bill era accaduto da un momento all'altro infondo.

    Il nostro incontro, quella passione travolgente, l'amore, perché si quello era amore, e lui, tutto il mondo di Bill e ciò che questo conteneva, un mondo sconosciuto, un mondo attraente e misterioso, spaventoso.
    Un mondo di cui, avevo capito troppo tardi, solo Bill aveva le chiavi, un mondo dove non avrei tentato di infiltrarmi finché Bill non me ne avesse dato accesso.
    Per questo alla fine avevo deciso di non andare da Georg.
    Perché per quanto la curiosità del sapere che cosa fosse accaduto, per quanto la curiosità del sapere cosa diamine c'entravano Ris e James in quella storia mi attanagliavano fino a stringermi il cuore... il respiro di Bill, così dolce e così tremulo mi aveva fatto intendere che avrei dovuto solo fidarmi di lui, e un giorno, non molto lontano, lui stesso mi avrebbe detto la verità.

    Se una verità c'era e se questa era poi tanto importante.

    -Mmm- mugugnò schiacciandosi di più verso di me, facendo scontrare per sbaglio quel qualcosa che non si sarebbe dovuto scontrare, non in quel momento.

    Serrai gli occhi tentando di calmarmi, mentre il petto caldo e morbido di Bill era completamente pressato contro il mio.

    -Il tuo sapore dentro di me...Tom...brucia-



    Sospirai baciandogli la fronte bollente.

    Ero confuso, agitato, spaventato.
    Perché lui, lui non mi diceva nulla e l'unica cosa che potevo fare era assecondare ogni cosa il mio piccolo bambino volesse, ogni cosa di cui avesse bisogno.
    Di assopire ogni suo dolore, perché soffriva, glielo si leggeva in quegli occhi tanto limpidi.


    -BILL!- uno bussare insistente mi fece spalancare gli occhi e non so perché lo strinsi ancora più forte a me.
    Vidi la piccola testolina nera scuotersi un poco mugugnando un piccolo segno di dissenso tornando a posarsi sul mio petto bollente.

    -BILL!!- continuarono a bussare facendo un baccano assurdo.

    -Cosa c'è?- rispose una piccola vocina impastata dal sonno tornando a stringersi a me e sbuffando forte.
    -Stai bene?? Tutto a posto?-

    -Si!- mugugnò lui portandosi le mani agli occhi.

    -Hai bisogno di qualcosa?- continuò quella voce maschile e possente oltre la nostra calda stanza.
    -N-no grazie, sto bene-
    E senza aggiungere nient'altro sentii perfettamente quelle strane presenze allontanarsi.

    -Mmmm Tomi- si strinse forte a me poggiando le sue bianche mani sul mio petto e odorando la mia calda pelle.
    -Tutto a posto Bill?- sussurrai tentando di metterlo a suo agio, avevo paura che in un modo o nell'altro potesse tornare ad essere quello di poco tempo prima.
    Che potesse tentare di allontanarmi ancora, di avere paura di me.

    -S-si- sussurrò restando attaccato al mio petto. Le coperte che lasciavano intravedere solo la sua nera chioma.
    Sorrisi poggiando una mano sulla sua schiena.

    -Ho avuto paura...-
    -Cosa?- sussurrò alzando la testa verso di me. Vidi i suoi occhi, grandi e lucidi guardarmi con un area spaesata e decisi di non ricoprirlo con i miei problemi, sussurrando un -niente- e riprendendo a stringerlo a me abbassando la testa nell'incavo del suo collo, baciando dolcemente quel lembo di pelle candida sotto di me.
    Mugugnò qualcosa muovendosi tra le mie braccia, facendo sì che le nostre labbra si incontrassero, dolci e lente, e che si unissero in un bacio molto caldo, che mi trasportò sopra di lui facendomi premere inconsapevolmente contro il suo corpo.

    -Non lasciarmi mai-

    -Non lo farei mai piccolo, lo sai-

    -Promettimelo.-

    -...- lo guardai -...è ...una promessa- e ripresi piano piano a baciarlo su quelle morbide labbra rosse come il sangue, mentre il suo corpo si muoveva piccolo e tremante sotto di me, le sue mani, indecise, si muovevano lente lungo la mia schiena.





    Non ricordo per quanto tempo rimanemmo intrecciati in quel modo, sapevo soltanto che era ciò di cui Bill aveva bisogno. Il bisogno di sentirsi protetto e coccolato, di sentirsi tenere forte tra le mie calde braccia senza aver bisogno di staccarsi per nessun'altro motivo.
    E questo bisogno infondo ce lo avevo anche io.
    Avrei voluto approfondire quel contatto, spogliarlo, poter vedere il suo corpo nudo sotto di me, poterlo sentire, poter sentire il mio Bill entrare in contatto con me, baciare la sua pelle e marchiarla come fuoco ardente.
    Ma non l'avrei mai fatto, non avrei mai costretto Bill in nessun modo, tra me e lui andava benissimo così, poteva anche non starci il sesso, per quanto fossi in astinenza e ne avessi bisogno.
    Non lo avrei mai portato a fare nulla, sia perché non ne era pronto, sia perché sapevo avrebbe fatto troppo male, soprattutto per un uomo, soprattutto per un ragazzo gracile come lui.

    Percepii felice pochi istanti dopo la sua testa muoversi ed i suoi occhietti fissarsi dritti nei miei, il volto insonnolito e i capelli arruffati gli donavano un'aria da bimbo fantastica.

    -Mmm- disse solo strusciando le mani sugli occhi.
    -Hei... stai dormendo parecchio- risi io con la voce roca osservandolo muoversi tra le mie braccia.

    -Ho sempre stramaledettamente sonno, non posso farci nulla- farfugliò mettendosi a sedere e stiracchiandosi un poco.
    -A me piace quando dormi- dissi io tranquillo sicuro che di lì a poco sarebbe arrossito come mai.
    Ed infatti divenne di un caldo bordò.

    -Tu non hai dormito?- domandò voltandosi veloce verso di me.
    Una mano, fragile e bianca, corse a sorreggere la testa.
    -Hei...non devi muoverti così velocemente- ribbattei sedendomi accanto a lui e avvicinandolo piano al mio petto per farcelo appoggiare.
    -Volevo solo,... non volevo...-
    Sorrisi sbuffando.
    -Sei sempre il solito scemo-
    -Heii- ribbattè guardandomi di sbieco.
    Lo fissai, sostenei il suo sguardo, ed infine si lasciò andare in un dolcissimo sorriso che mi sciolse il cuore.
    Perché il suo cuore era morbido, troppo morbido per affrontare anche le più piccole delle sfide.

    -Baciami- sussurrò poggiando le sue mani su di me.
    Un Bill tanto intraprendente forse non lo avevo visto mai.
    Mi avvicinai piano osservando i suoi occhi chiudersi e le sue gote imporporarsi di un morbido vermiglio.
    Sorrisi ancora e lo baciai.
    Lo baciai con la mia solita dolcissima passione e le sue labbra si schiusero lasciandomi assoporare vorace l'interno della sua calda bocca.
    Lo sentii gemere, come le altre volte pareva, anche quel giorno, che opponesse un pò di resistenza, le sue labbra erano morbide, il desiderio c'era, ma c'era qualcosa, qualcosa ben tangibile in Bill, che lo rendeva rigido e quasi nervoso ad ogni mio contatto.

    Soffiai sulle sue labbra sentendolo ansimare sotto di me.
    La mia mano si poggiò veloce sul suo bianco petto facendolo scendere fino a toccare il materasso, mentre io mi mettevo a cavalcioni su di lui ascoltando con la mano il suo cuore palpitare veloce sempre più impazzito.

    -Dimmi..come fai- ansimai sulle sue labbra premendo con forza verso di lui.
    -A...a fare cosa?- ansimò completamente trasportato da quel bacio.
    -A farmi impazzire così, cazzo...- sbottai avvolgendo con le mani i suoi morbidi fianchi e tirandoli verso di me.
    Percepii i nostri bacini scontrarsi stridendo tra loro e vidi Bill spalancare gli occhi e spalancare la bocca, fissando le sue pupille nelle mie.
    Lo vidi, così accaldato e bello, e congiunsi le nostre labbra ancora percependo il suo corpo tremare sotto di me.

    Avrei passato tutto il pomeriggio così, sarei restato tutta la notte con Bill, lo avrei avvolto tra le mie braccia e lo avrei trattato sempre come la mia principessa.
    Ora ero lì, eravamo solo io e lui, e questo mi rendeva la persona più felice del mondo perché avevo accanto a me la persona che amavo, l'unica che amava anche me insomma, la persona più importante di tutte.

    In realtà ero stupito di amare qualcuno più di quanto amassi mia madre perché per quanto mia madre mi avesse sempre odiato, in un modo o nell'altro lei era l'unica persona che avevo accanto, pur sempre mia madre insomma.
    Mio padre invece non lo ricordavo affatto accanto a me, sapevo che si chiamasse Jorg, sapevo che aveva messo incinta mia madre, che ogni tanto era tornato per farmi giocare, che poi era sparito, sparito dal nulla come era venuto...

    -Non mi stancherei mai di stare qui- bisbigliai mordendo il labbro inferiore, lo vidi stringere le unghie sulle mie spalle e continuai in quell'eccitante gioco.
    -Non farlo, rimani sempre accanto a me- bisbigliò troppo preso da quel gioco di labbra.
    -Rimarrò sempre qui, sempre qui a coccolarti e a stringerti, non ho nient'altro- sospirai riprendendo quelle labbra tra le mie - ho solo te- e a queste parole percepii perfettamente i suoi occhi inumidirsi e le sue labbra farsi tremule, mentre le mani circondavano il mio corpo come a non volerlo lasciare mai.

    -Quando troverò il coraggio ti dirò tutto- bisbigliò nascondendo il suo visino nell'incavo del mio collo - ti racconterò di me, tu mi dirai di te, ma perdonami se ora come ora non riesco...davvero a dirti cosa è successo-
    Aprii gli occhi stringendolo più forte a me, perché per quanto avessi bisogno di conoscere la vita del ragazzo che amavo, a me andava benissimo così.

    Non so per quanto tempo rimanemmo abbracciati, so solo che presto o tardi calò la sera e mi ritrovai un Bill placidamente addormentato di nuovo tra le braccia.
    Non comprendevo come potesse dormire così tanto ma toccando la sua fronte constatai che la febbre era davvero ancora troppo alta e che almeno per cena avrebbe dovuto mangiare qualcosa, quel ragazzo era davvero fuori dal comune, ma non sentiva la morsa della fame ogni tanto?
    Sorrisi squotendolo un poco e ricavandone un mugolio irritato e un Bill che si voltava dalla parte opposta.
    Risi osservando la sua schiena perfetta e così piccola, mi avvicinai e lo strinsi da dietro come tanto adoravo fare in un forte e caloroso abbraccio poggiando le mie labbra sulle sue piccole orecchie.
    -Bill, tesoro, devi mangiare qualcosa, svegliati-
    -mmmm...Tomi, schh... ho sonno- brontolò tentando di nascondersi sotto le coperte.

    Sbuffai ridacchiando e piano piano gli solleticai il ventre iniziando a baciare quel collo e quella pelle che desideravo più di ogni altra cosa al mondo.
    Così dolce e delicata, profumata, morbida e pura, Bill era davvero la persona più casta, più sinuosa, più attraente e anche più docile che in qualche modo avessi mai avuto il piacere di incontrare.

    -Tomi smettila, mi fai il solleticò- mormorò spingendosi verso di me e voltandosi per guardarmi in faccia.
    -Sei un antipatico- disse con la sua solita faccia indispettita e a quelle parole scoppiai a ridere baciandogli la fronte senza ritrovarmi a capirne il perché
    -Sei bellissimo quando fai così- aggiunsi poi portando una mano sulla sua guancia.

    -Non mi va di alzarmi-
    -Ma devi mangiare qualcosa, assolutamente- e detto questo mi misi a sedere stiracchiandomi per tentare di riprendermi da quel duraturo tepore.
    Vidi Bill osservarmi sognante e gli porsi una mano per aiutarlo a sedersi accanto a me. Ero sicuro che un movimento brusco lo avrebbe riportato a sentirsi male ancora e proprio per questo lo accompagnai piano piano tenendolo tra le mie braccia e baciandogli poi le labbra.
    -Bravo piccolo-
    -Tu sei strano- mormorò guardandomi stralunato, per poi avvinghiare le proprie braccia attorno a me e stringermi tanto da farmi mancare il fiato.
    -Bill!- mormorai tentando di riprendere aria.
    -Grazie- mi sussurrò tra i rasta sciolti, per poi rimettersi a sedere e tentare di scendere dal letto.
    Barcollò, ero sicuro che se non vi fosse stato accanto a lui il comodino sarebbe caduto giù come un sacco di patate, poi si avviò alla porta e con calma premette il pulsante del citofono accanto alla porta.

    Scrutai il suo profilo ed accorgendosene arrossì di colpo.
    La pelle bianca e nivea che caratterizzava quel corpo dall'aspetto lunare, il petto nudo ed i caperlli corvini che morbidi solleticavano le spalle, i pantaloni sicuramente del pigiama tenuti talmente a vita bassa da far uscire il bordo di un paio di boxer neri.

    Sussultai ritrovandomi a guardare proprio lì e spostai lo sguardo per non mettergli addosso ulteriore imbarazzo.
    Non dovevo esagerare perché il sesso non serviva a nulla, se potevo stare con lui, se potevo stare con Bill, quella era davvero la cosa più importante di tutte.

    Interruppe i miei pensieri il cigolare della porta aperta da Bill ed il suo rientrare con un vassoio strapieno di roba, si avvicinò poi al tappeto davanti al fuoco felicemente accesso e silenzioso scesi per sedermi accanto a lui.

    -Ricordi?- mormorò guardando quelle fiamme ardere e prendendo in mano una piccola pesca.
    -Cosa?- -la prima volta che sei venuto qui- sussurrò continuando con lo sguardo perso in quelle dolci e lente scintille.

    Ricordavo...ricordavo.
    Ricordavo il sorriso di Bill.

    -Si, ricordo, non è passato molto tempo infondo-
    -Già-biscicò continuando a guardare il fuoco.

    Non capii perché fosse tanto triste, non capii cosa potesse stranamente avere, ripeto, quel giorno, tutto di Bill mi sembrava totalmente strano.
    -Cosa c'è?- mormorò fissando il suo sguardo su di me, su di me che lo fissavo imbambolato e perso.

    Lo vidi arrossire e spostare il suo sguardo ed io non capii il perché, forse non volevo vederlo così triste, forse il fatto che fosse lì, nel suo piccolo essere Bill, con quella febbre orribile e quello sguardo così lucido e triste mi avevano colpito, forse perché lo amavo da impazzire e non ce la facevo a non stare insieme a lui, fatto sta che spostai il vassoglio davanti a me, poggiai una mano sulla sua togliendole quella pesca ormai finita e facendolo stendere su quei morbidi cuscini.
    Capii dal suo sguardo che era parecchio confuso, eppure vidi una scintilla di calore, di amore, di felicità, e capii che avrei voluto davvero farlo felice in eterno.

    Felice, con tutto me stesso.

    Mi sdraiai su di lui facendo scorrere le mie mani su quel petto tanto caldo.
    Scesi con le labbra lungo quel fantastico collo lasciando a tratti piccoli baci e tremende leccate che, vedevo, gli facevano spalancare gli occhi ed ansimare forte. E sentirlo ansimare per me era divino.
    Scesi lungo quel fantastico petto tentando di essere il più preciso e dolce possibile, intrecciando la mia mano alla sua mentre con l'altra continuavo a tenere il suo polso sopra la sua testa.
    -Tomi- mormorò alzando di nuovo la testa all'indietro e muovendo il suo bacino sinuosamente verso di se facendomi letteralmente impazzire.
    -Tomi ti prego- continuò tentando di spostare il suo polso da sotto la mia mano.

    Sospirai tremulo allontandandomi di mala voglia dal suo corpo e tornando a fissarlo negli occhi.
    -Scusa- mormorai dandomi mentalmente dello stupido.
    -Scusa te- continuò spostando i suoi occhi dai miei.

    Non capivo, non lo capivo il mio Bill.
    -Torna a baciarmi ti prego- sospirò fremendo e richiudendo gli occhi.
    Notai come le sue guance fossero diventate stranamente rosse, come la sua pelle scottasse di più.
    -Stai bene piccolo?- domandai poggiando le mani intorno ai suoi fianchi.
    -Continua ti scongiuro- continuò strizzando gli occhi.

    Ed accettai di non capirlo ancora per l'ennesima volta.
    Tornai con la mano ad accarezzare il suo petto, facendolo pian piano gemere sotto ogni mio più piccolo tocco.
    -Buona notte Bill- sussurrai e mi guardò perplesso.
    Sorrisi mettendomi a sedere e prendendolo lentamente con il suo gracile corpo tra le mie grandi braccia.
    Lo lasciai seduto sul letto, mi sfilai piano i jeans notando come le sue gote si facessero man mano più rosse, percepii il suo sguardo tentare di scollarsi da me.
    Sorrisi avvicinandomi a lui e mettendo una mano sul bordo dei suoi pantaloni.

    -Tomi ma- balbettò muovendo la testa per tentare di capire.
    -Stai bollendo da impazzire, leva almeno questi- e con estrema lentezza tentai di sfilare piano i suoi pantaloni.

    Il buio oltre le finestre non filtrava in quella stanza illuminata dal calore di quel fuoco e da una piccolo lampada posta su quel comodino accanto a me.
    So solo che i suoi occhi luccicavano nel buio della stanza e notavo come le sue mani tremassero in modo sproporzionato.

    -Bill posso?- mormorai sperando di non turbarlo con quel mio comportamento e per un attimo mi apparve come nudo, vidi davanti a me non il mio Bill, ma solo una persona, solo un ragazzo rimasto da solo per troppo tempo, solo un ragazzo con un passato oscuro ai miei occhi, solo un ragazzo che viveva la vita per la prima volta, e ne aveva immensa paura.
    Vedevo un ragazzo che non era un ragazzo, ma ancora un piccolo bambino che accanto a se aveva unicamente me.

    -Si- sussurrò quasi impercettibilmente.
    Singhiozzò, questo lo sentii forte e chiaro, e non mi mossi oltre. Cosa aveva?
    -Lasciamo perdere- mormorai tirandomi su e avvicinandomi a lui.
    lo vidi guardami impaurito, la paura negli occhi di avermi deluso in qualche modo. Sussultai tentando di trovare le sue labbra nascoste nel buio della stanza. Tremavano.
    Sentii il suo fiato caldo mescolarsi in un moto perfetto insieme al mio, il suo calore confondersi con la mia anima, la sua fronte sudata e bollente appoggiarsi alla mia.
    -Non dire niente, non fare domande,non risponderò, mi farai soltanto del male- disse di un fiato continuando a sospirare su di me.

    Non capii inizialmente le sue parole, poi però vidi che con un gesto tentava di far scendere i suoi pantaloni su di sè e sileziosamente poggiai le mie mani sulle sue, e tirai giù.

    Capii al più presto di cosa mi stava parlando, capii che non dovevo assolutamente dire niente, purtroppo però uno strano dolore e una strana rabbia mi crescevano incondizionatamente all'interno del cuore stringendolo tra le mani come a volerlo fermare del tutto.
    Come a volerlo fare esplodere.

    Una cicatrice, breve ma profonda, faceva bella vista sulla coscia magra e pallida di Bill.
    Era una cicatrice sicuramente inferta da un cortello, un cortello che era andato giù, tanto giù, nella gamba, forse arrivando fino all'osso.
    Una cicatrice che non si fa cadendo dalle scale, una cicatrice che si ha quando si ha a che fare con delle vicende dolorose...importanti.
    Una di quelle che lasciano il segno.

    -Cosa?...- bisbigliai trovandomi a fissare il vuoto, in quella buia oscurità.
    Passai un dito lentamente come con la paura di potergli fare male su quel segno illuminato da quella fioca luce.

    -Ti prego, n-non mi chidere nulla- singhiozzò sentendosi nudo e scoperto davanti a me. Fissai i miei occhi nei suoi, piangeva, era terrorizzato, ma non da me ma da ciò che aveva portato a...quella cicatrice.
    Lo abbracciai.
    Lo abbracciai stretto stringendolo tra le mie braccia e poi spostai le coperte e piano mi portai all'interno di queste sopra a lui.
    Lo scrutai facendolo scendere fino a poggiarsi sul cuscino.

    Il viso bambinesco e docile rigato da quelle piccole e luccicanti lacrime.
    Non credo che dicemmo altro, non per un bel pò di tempo circa.
    Rimanemmo ancora così, abbracciati e basta, quasi del tutto nudi, mentre le gambe di Bill, tanto docili e magre si intrecciavano alle mie con fare dolce e sensuale.
    Era eccitante, era sincero, era ingenuo, era il mio piccolo Bill.

    -Non cacciarmi mai più-
    -Non ne avrei più la forza-










    Dormimmo, era notte fonda quando la sua voce, un suo sussurro aggiunse ancora qualcosa.
    -Un giorno o l'altro ti saprò ringraziare come vuoi- poi si mosse tra le mie braccia stringendo la presa con le sue gambe intorno a me.
    -Non sono ancora pronto o almeno non così presto.-
    Ed immagginando le sue gote rosso fuoco gli sussurrai un -non importa- che gli fece spalancare gli occhi stupito.
    Baciai teneramente la sua fronte e poi, sicuramente, ricademmo in quel sonno entrambi.

    -Aspettami- sussurrò prima che chiudessi gli occhi
    cullati dal nostro calore in quella notte.





























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