«Hai paura della notte?

NC17,Adult Content,Non-con,Long Fic

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. MiikHy_Deafening
     
    .

    User deleted


    XXXIV Capitolo.





    Mancava un giorno a capodanno, un unico giorno e poi tutto sarebbe finito per ricominciare nel migliore dei modi, tra promesse e premesse per un anno fantastico, migliore del precedente, sicuramente un anno perfetto.
    Bagiamate, ogni anno era sempre la stessa storia, le stesse speranze che fin dal primo gennaio andavano a farsi fottere.
    Nulla era mai cambiato se non il logorarsi delle cose e l'invecchiarsi della pelle.
    Non era mutato nient'altro.

    Sorrisi pensando che quest'anno invece di cose ne erano successe a bizeffe, e lasciare che finisse era davvero una sensazione triste.
    Strinsi a me la sciarpa immergendoci il nasino congelato mentre con le mani tentavo inutilmente di spalare via la neve che ricopriva la piantina di rose nel giardino circostante.
    Quelle rose erano le mie preferite ed appesantite dalla neve rischiavano di collassare in quella tomba così gelida e invernale.
    Scansai ancora la neve gelata oltre il verde smeraldino della pianta strusciando poi le mani sul giacchetto soddisfatto del lavoro che ero arrivato a fare.
    La mia pianta per ora sarebbe stata sana e salva dalla neve.
    Sorrisi rificcando le manine in tasca e lasciai che il mio sguardo si perdesse nel grande spazio della proprietà dove un mantello bianco e interminabile ricopriva il giardino come se fossi stato in paradiso.
    Pareva il tutto zucchero filato ma il sapore della neve non era propriamente quello e nemmeno la sua frivola consistenza.
    Avevo voglia di un dolce, avevo voglia di biscotti caldi.
    Soffocai un gemito alzandomi dalle ginocchia piegate ed allungandomi per stiracchiarmi mentre il freddo gelato soffiava sul mio bacino per un istante scoperto dalla felpa.
    Biscotti, dolci e teneri biscotti.
    Chissà se a Tom sarebbero piaciuti.
    Detto questo sorrisi tra me e me e osservando la piantina grata che ancora sonnecchiava nel giardino, mi diressi verso l'enorme casa.

    Quando entrai il tepore mi avvolse facendo sì che mugugnassi di piacere.
    Vivere in casa come quando ero più piccolo, da solo, sì, ma sentendo, percependo a pelle quanto quella fosse davvero casa mia era una sensazione nostalgica che mi era mancata e che ero riuscita a riacquistare, piano piano, uscendo dal mio piccolo mondo e camminando verso l'esterno che c'era, mano nella mano insieme a Tom.

    -Margot!- mormorai entrando nella grande cucina mentre il mio visino si imporporava leggermente di colore.
    -Bill, quante volte ti devo ribadire di non uscire con questo freddo- mugugnò intestardita avvicinandosi verso di me con le presine tra le mani.
    Le appoggiò sul tavolo mettendo poi le sue calde dita sulle mie guancie.
    -Ma guarda te, sei gelato. Vieni qui che ti riscaldi un poco- sospirò tirandomi verso la stufa e facendo sì che il vapore si infrangesse sulla mia pelle diafana.
    Tremolai dalla fantastica sensazione di calore.

    -Potevi prenderti una polmonite- aprì il forno e tirò fuori una torta fatta in casa.
    -Ero andato a vedere le rose, erano schiacciate sotto tutta quella neve-
    -Bill Bill Bill, ma dove hai la testa? Bastava chiedere al giardiniere e le avrebbe aiutate lui- disse in tono materno facendo la finta arrabbiata.
    Gonfiai le guanciotte sentendomi bellamente preso in giro.
    -Non potevo aspettare il giardiniere, sarebbero morte soffocate prima-
    -Fatto sta che la prossima volta mi chiamerai così potrò venire ad aiutarti-
    L'odore della torta giunse alle mie narici e subito sorrisi inconsciamente.
    -Che buone- mormorai leccandomi le labbra.
    -Ne vuoi un pezzo? è al limone come piace a te!-
    Saltellai di gioia dando le spalle alla calda stufa mentre un pezzetto di torta mi veniva posato tra le mani.
    -è tanto calda, attento- ma non aspettai che finisse di parlare che subito il dolce sapore si sciolse nel palato lasciandomi completamente inebetito.
    Adoravo fin da piccolo le torte di Margot, adoravo guardarla mentre le preparava, lo facevo sempre... prima di iniziare a vivere per conto mio nella mia parte della casa.

    -Chissà se al signorino Tom piacciono i limoni. Spero di si, perché vorrei tanto fargliela assaggiare-
    Sussultai a quel nome tornando completamente alla realtà.
    Il mio Tomi.

    -Biscotti!- sbottai ricordandomi il motivo per cui ero lì.
    -Biscotti?- domandò incredula guardandomi.
    -Margot voglio fare dei biscotti, per Tom, voglio farli io tutti per lui- urlettai ebete mentre lei continuava a fissarmi.
    -Sempre se posso- mi vergognai all'istante. La cucina era già stata ripulita dopo aver fatto la torta.
    Margot mi sorrise, aprì uno sportello e ne tirò fuori un sacchettino, poi ci ripensò sù e ne tirò fuori anche un altro, e poi un altro ancora.
    -Con le goccie di cioccolato, con lo zucchero a velo o con il cacao?-
    Spalancai la mia bocca dallo stupore per poi sorridere felicemente verso la mia amata badante.
    -Tutti tutti tutti!- e lei sorrise felice mentre io, continuando a battere le manine ormai calde, mettevo in bocca un ultimo pezzettino di torta.





    *








    Mi slacciai la cintura riprendendo lo zaino dai sedili anteriori.
    -Quindi Bill abita qui- sorrise Georg abbassando i finestrini della sua piccola conquista.
    O almeno così continuava a chiamarla lui.
    -Si- sorrisi a quel nome aprendo lo sportello della macchina.
    -Bella...casa- deglutì sporgendosi ancora un poco per riuscire a vedere oltre l'enorme cancello.
    La vista, coperta dal ferro e dalle aiuole era pressochè inesistente.
    -Già, è un bel posto-
    -Solo un bel posto? Pagherei per stare lì- ridacchiò lui sistemandosi meglio sul sedile.
    -Starei con Bill anche in una topaia pur di stare accanto a lui, spero che tu recepisca il concetto-
    Ridacchiò.
    -Hey scherzavo scherzavo. Recepito- e scendendo dalla macchina chiusi la portiera.
    Il finestrino si abbassò mostrandomi la faccia del mio migliore amico.
    -Allora buon fine anno se non ci vedremo prima di domani-
    -Spero ardentemente di no. Dovesse crollare il mondo non chiamatemi, per chiunque io sono morto-
    Rise ancora.
    -Salutami Bill-
    Sorrisi ancora e mossi il capo lentamente -lo farò!-
    Lo vidi squotere la testa ridacchiando ancora per poi premere il pedale ad allontanarsi lungo la ricca via innevata.
    Sorrisi capendo quanto fossi stupidamente innamorato.
    Era una cosa tremendamente fantastica, e ancora sorridendo premetti il campanello aspettando al più presto una riposta.

    Sentii il citofono aprirsi e due voci accatastarsi l'una sopra all'altra.
    -Parlo io!-
    -Si ma prima devi premere il pulsante-
    -Lo sto facendo!-
    -Non quello, quello del cancello!-
    -No, fallo te!-
    -Ma se non so chi sia!-
    -Ma è ovvio che sia Tomi!-
    -Bill, spostati subito, se è lui quel poverettò starà congelando!-
    -Oh no!!- sentii mugugnare da quella vocina tenera e sommessa.
    -Tom?-
    Risi forte lasciando che la mia voce giungesse fino alle loro orecchie.
    -è Tom è Tom è Tom. Vedi che ti dicevo che era Tom?-
    -Si, ho capito, ma bisogna sempre controllare!-
    -Si ma io lo sapevo, me lo sentivo-
    -Bill il pulsante!-
    -Cosa?-
    -IL CANCELLO!-

    Scoppiai nuovamente a ridere mentre le porte automatiche si aprivano davanti a me ed ascoltavo sommessamente la vocina di Bill chiedere scusa a Margot.
    Attraversai il lungo viale bianco quasi correndo, congelato dal gelo tutto attorno, e alzai la mano per bussare ma non ce ne fu affatto bisogno.
    -TOM!- strillò Bill gettandosi completamente tra le mie braccia.

    -Hey- sussurrai mentre una nuvoletta di vapore si andava a formare davanti alle mie labbra.
    Vidi il suo capo corvino spingere sul mio petto e gli accarezzai i capelli stringendo con un braccio la sua vita.
    -Mi sei mancato!-
    -Sono stato via solo un giorno!-
    -Sei andato via ieri pomeriggio e poi..- si staccò da me gonfiando le guanciotte rosse per il freddo.
    -Poi hai chiamato dicendo che restavi al covo, e adesso eccoti qui-
    -Ho fatto tardi- dissi dolcemente.
    -Sono solo le 17 ma fuori è così buio-

    -Em em...- sentii provenire dall'interno della casa e spostai lo sguardo su una Margot piuttosto irritata che fissava truce il fagottino che avevo tra le braccia.
    -Entrate subito, tutti e due. Bill! Non hai nemmeno più la felpa!-
    Risi sentendo il mio amore irriggidirsi tra le braccia e lo spinsi in casa aspettando che Margot richiudesse la porta dietro di sè.
    Il calore mi invase immediatamente facendo sì che sospirassi compiaciuto.
    Quel calore così familiare anche solo per un giorno mi era mancato da impazzire.

    Vidi Bill staccarsi da me ed allontanai il braccio dalla sua vita osservandolo in tutto il suo splendore.
    Indossava un tenero maglioncino nero a collo alto con una collanina argentata di quelle che aveva a bizeffe. I jeans neri ed aderenti gli fasciavano le gambe snelle sottolineando i suoi dolcissimi lineamenti. Ai piedi un paio di scarpette nere e chiuse mentre gli occhi, sottolineati dalla matita e dall'ombretto, luccicavano teneri a pochi passi da me.
    La fede tra le dita che illuminava la sua piccola figura e rendeva quel bambino più grande di quanto non fosse.

    Mi sfilai la felpa allentando la sciarpa nera che tenevo al collo imporporata di una leggera brina che scendeva oltre le finestre.
    Bill rimaneva lì, fermo ed immobile, attorcigliandosi le dita ed aspettando ansioso che facessi qualcosa.
    Sorrisi avvicinandomi e gli posai un bacio sulla fronte.

    -Diglielo prima che si raffreddi- ridacchiò Margot dall'altra stanza mentre prendeva felpa e sciarpa per portarli nella stanza di Bill.
    Nessuno doveva sapere che io oramai vivevo continuamente lì con lui.
    Era un segreto nostro e di Margot ed il fatto che i genitori del mio amore non ci fossero mai aiutava di certo tale impresa.
    Eravamo io e Bill, solo semplicemente noi due.
    Sorrisi.

    Bill diventò rosso balbettando.
    -Zitta, lo so, un attimo- e le sue guance si colorarono ancora.

    -Bill- disse infine Margot.
    -E va bene!- sbuffò rosso in viso. Mi guardò negli occhi, poi mi prese le mani gelide tra le sue morbide e calde e mi tirò verso di sè trascinandomi. Lo seguii spaesato.
    -Ho una sorpresa per te- lo sentii sussurrare mentre il grande portone del salone si ergeva chiuso difronte a noi.
    -Non è niente di speciale, solo...pensavo avessi freddo e volessi riposare. Quindi niente...-
    scosse il capo facendo sì che quei morbidi capelli spolverassero ripetutamente il suo collo.
    Mi avvicinai baciandogli le labbra.

    -Una sorpresa per me?Sono stracurioso...amore-
    Vidi le sue labbra incurvarsi in un sorriso e mi ritrovai a guardare le sue spalle mentre le porte enormi si aprivano nella stanza semibuia.

    Il fuoco guizzava allegro sulla parete principale dell'enorme sala mentre il tappeto, posto davanti a questo era imbandito di cuscini dal colore amaranto. Il colore preferito di Bill.
    C'era un tavolinetto al centro del tappeto piuttosto basso e vi era un vassoio pieno e strapieno di biscotti di ogni forma, tipo e colore con un aspetto caldamente invitante.
    Le tazze in ceramica contenevano sicuramente del thè, fumava e lasciava all'interno della sala un sapore dolce ed aromatico.
    Faceva freddo solitamente nelle stanze grandi, ma in quella casa mi ero reso conto che ogni parte teneva per se il calore di Bill.
    I riscaldamenti erano talmente tanti da far sì che ogni angolo della stanza ribbollisse di tepore e dolcezza mentre la creatura che vi viveva all'interno si spostava in quel soave calore.

    -Siediti- Sussurrò dopo aver richiuso il grande portone dietro di noi.
    Rimasi un pò interdetto ritrovando in quel semplice gesto tutta la dolcezza del mio piccolo Bill.
    Quanto ero cambiato da quando lo avevo conosciuto?
    Quanto la mia vita aveva preso un senso accanto a lui?

    Lo vidi accucciarsi sui cuscini leggermente nervoso e mi sedetti accanto a lui, poi allungai una mano per spezzare quel suo strano imbarazzo e misi in bocca un biscotto imporverato di bianco ritrovandolo granuloso e dolce sulla lingua.
    Davvero molto buono.

    -Ti piace?-mormorò guardandomi indagatore.
    -Si, l'ha fatti Margot?-
    Le sue spalle si rilassarono e sorrise accoccolandosi a me.
    -Li ho fatti io, sono contento che ti piacciano-
    Sorrisi prendendone un altro e portandolo alle labbra.
    -Sei fenomenale- lo montai un poco portando un braccio intorno alla sua vita.
    Ridacchiò, si strofinò contro di me, poi prese la tazza bollente di thè e lo portò alle labbra assaporandolo con dolcezza.
    -Amo il thè- sussurrò perdendosi nel vapore della tazza.
    Io presi la mia e subito lo sorseggiai accanto a lui.
    Anche io amavo il thè, aveva un sapore inconfondibile e buono.
    Proprio come Bill.

    Posai la tazza, presi la sua dalle sue mani e la misi accanto alla mia.
    -Vieni qui- mormorai poi.
    Lasciai che si accoccolasse a me, sul mio petto, per poi cadere lentamente entrambi sui cuscini.

    -Ti ho già detto che ti amo?- sussurrai con gli occhi chiusi accarezzando le sue labbra con le mie.
    Sentii il suo alito caldo e buono solleticarmi le guance mentre si sistemava meglio sotto di me.
    -Oggi no...- mormorò poi.
    Ridacchiò mentre continuavo ad assaggiare le sue labbra.

    La mia vita?
    Eccola lì.






    *










    -Perfetto...cosa vedi in quest'altro disegno?-
    Sospirai alzando gli occhi al cielo.
    Da quando in qua il mio psicologo perdeva tempo con cose del genere?

    -Vedo...uno schizzo nero?- dissi io svogliato continuando a non trovarci nulla di buono in tutto quel tempo che stavo perdendo.
    Era capodanno, o almeno ne era il pomeriggio.
    Avrei voluto passare il pomeriggio accanto al mio Tom ma a quanto pareva i miei proprio quel giorno non avevano trovato nient'altro da fare che piombarmi in casa per tutta la giornata con il mio amato psichiatra di fiducia.
    Che poi lui...il capodanno, non aveva voglia di passarlo per cavoli suoi?

    -Bill?- sbuffò silenzioso riportando la mia attenzione su di sè.
    -Mi scusi- mormorai arrossendo.
    -So che non è una cosa divertente, ma ho bisogno di provare i tuoi cambiamenti e capire quanto mi possa iniziare a fidare della tua presunta stabilità mentale-
    -Non sono matto sà?- sbuffai contrariato incrociando le braccia.
    -Sai benissimo di cosa sto parlando-
    -Si lo so- mi grattai un braccio innervosito -però...non crede di stare esagerando con queste cose da strizza cervelli?-
    -Ti senti migliorato Bill?-
    Pensai alle notti prima.
    Pensai a quanto ero stato fottutamente male, a quanto mi ero sentito rivoltare le budella ad ogni singolo fremito.
    Di quanto tutto stesse diventando terribilmente opprimente.

    -...si-
    -E della febbre che cosa mi dici?-
    -Può capitare- -Non a te- -Sono normale anche io!.-
    Sbuffò sistemandosi meglio sulla sedia.
    -Finché non sarò sicuro che dopo diciassette anni tu non possa arrivare ad un culmine di tutta questa storia che ti porti ad esternare una volta per tutte tutto ciò che ti passa per la testa, noi continueremo a fare queste prove di cui ho estremamente bisogno, che tu sia daccordo o meno.-
    -Mi dispiace- sussurrai.
    -Che non capiti mai più. Ora dimmi, cosa vedi in questo foglio?-
    Un berretto.
    Dei dreads.
    Un sorriso fantastico.
    -Un'altro schizzo?-
    Sorrise muovendo la testa.
    -Ed in questo?-

    Indurii la mascella.
    Una notte stellata? Il buio.
    Il freddo.
    Un vicolo.

    -Non vedo niente, davvero-
    Sorrise e riposò i fogli nella cartellina.
    -Per oggi abbiamo finito Bill, alla prossima settimana-
    Uscì dalla stanza e sospirai.
    Oltre le finestre era quasi notte, un'altra lunghissima notte.
    Non avevo bisogno di sapere il responso da uno psichiatra. Tom era la mia cura, Tom era la mia salvezza.
    Sarebbe bastato lui.


    Bastavamo io e lui per essere felici per sempre.










    Quando bussarono alla porta era tardi ed i miei stavano cenanando nella sala da pranzo. Mi ero preparato come mi aveva detto Tom.
    Saremmo usciti insieme, io e lui, e avremmo passato una serata favolosa insieme ai loro amici. Una volta per tutte avrei potuto vivere una serata da vero adolescente qual'ero ed il nervoso per questa nuova esperienza mi logorava lentamente mentre lo aspettavo seduto sulle scale.
    -Allora io vado- urlai in cucina dando un bacino sulla guancia a Margot.
    -Mi raccomando fa attenzione, e non tornare troppo tardi-
    -è capodanno e sai che non tornerò- sussurrai ridacchiando per non farmi ascoltare dai miei.
    Quella sera erano felici. Uscivo con degli amici, meglio di così cosa si voleva desiderare per un figlio che di amici non ne aveva mai avuti?
    -Ma farò attenzione- aggiunsi prima di sistemarmi la giacca sulle spalle.
    Sorrise.
    -Sei fantastico- e mi riaggiustò la sciarpa intorno al collo mentre venivo spinto dolcemente verso la porta.
    Arrossii come ero solito fare.
    -Ciao Margot-
    -Ciao piccolo Bill- ed aprii la porta uscendo nel freddo polare di Berlino.

    Mi aspettava lì, nascosto in una felpa nera con le labbra premute sulla sciarpa e il capello del medesimo colore leggermente abbassato sugli occhi.
    Sorrisi, era dannatamente troppo perfetto per me, e scesi le scale zompettando, stando attento a non cadere nelle neve.

    -Tomi- bisbigliai sporgendomi a baciarlo sulle labbra.
    Le sue braccione mi strinsero forte come se rischiassi di cadere e il suo alito caldo mi sfiorò la pelle.
    -Sei bellissimo cazzo- mormorò mordendomi la guancia.
    Mugugnai, mi persi per un pò nel suo calore, e poi notai la macchina di Georg lampeggiare con i fari aldilà dell'immenso piazzale.
    -Ci aspetta una serata fantastica-
    -Non vedo l'ora- aggiunsi euforico.
    -Anche io, conoscerai tutti e piacerai, mi vanterò di te- tossicchiò una risata mentre lo spintonavo con quella magra forza che mi ritrovavo.
    -è la mia prima festa-
    -no, è il nostro primo capodanno insieme-

    -Auguri Tomi...-
    Mi baciò le labbra ed aprì lo sportello posteriore lasciandomi passare e tirandosi accanto a me.
    -'Sera Bill-

    Non lo ascoltammo entrambi.
    -Auguri Bill-
    E partimmo verso il party al centro di Berlino.


    Sesso, droga e rock'n roll.

    Quella sera Tom fu il mio angelo custode.

    Il mio principe azzurro.






    Finchè allo scoccare della mezzanotte... la scarpetta di cristallo non si schiantò a terra in mille pezzi.





























    ****
     
    Top
    .
  2. oO°Isa89°Oo
     
    .

    User deleted


    Ohhhhhhhhhhhhh! Eccolo qua, un'altro! *_______*

    Ok... l'ultima frase non so se interpretarla con qualcosa di filosofico o di 'aiuto è successo qualcosa'.

    Nonostante tutto questo capitolo è... MERAViGLiOSO... come tutti gli altri ovviamente!
    Quello che dovevo dirti, te l'ho scritto nell'altro commento quindi non aggiungo altro per non rischiare di essere monotona!

    Amo Bill e Tom. Davvero.
    E amo te MiikHy. <3
     
    Top
    .
  3. MiikHy_Deafening
     
    .

    User deleted


    XXXV Capitolo





    Il percorso in macchina fu piuttosto silenzioso, Tom teneva le braccia strette intorno al mio bacino mentre la macchina trotterelleva tra le vie poco illuminate di Berlino.
    Non che Berlino fosse una città spoglia, ma in quel momento vagoni di gente erano infilati nei club o party più ambiti dell'intera città, pochi erano gli sfigati che andavano barcollanti da soli per le strade.
    Berlino entro poche ore sarebbe scoppiata sotto i tuoni di mille spari colorati, per ricominciare un nuovo anno.
    Una nuova vita accanto alla persona giusta.

    Mi sedetti meglio sulle gambe di Tom e mi lasciai completamente appoggiare su di lui. Era tremendamente caldo, un completo contrasto con l'aria invernale.
    Tom era sempre così maledettamente invitante.

    Scendemmo dall'auto di Georg dopo aver parcheggiato in un viale piuttosto affollato di altri veicoli.
    Era tardi, su per giù, ma la festa sembrava ancora solamente all'inizio. Ragazze e ragazzi affollavano lo spazio davanti all'entrata, sempre se era quella ovviamente, dove un buttafuori aspettava e squadrava attentamente chiunque avesse intenzione di passare.
    Mi guardai attorno mentre aspettavo che Georg richiudesse bene la vettura.
    Gli edifici collocati uno sopra all'altro creavano come alte e vaste muraglie attraverso le quali era praticamente impossibile vedere. Erano immersi nello sfarzo, belli da fare invidia ed illuminati come i tanti edifici nel centro di New York, insegne luminose facevano bella vista nei negozi più in basso.
    Oltre la grande strada che ci divideva da questi edifici vi era poi quello in cui si teneva la festa. Più che un edificio pareva una grande e grossa villa con un sicuro giardino dalla parte esterna e migliaia e migliaia di finestre che davano su tutti i lati delle strade. Un luogo, per un locale, estremamente troppo curato e grande.

    Strinsi la mano di Tom quando lo sentii incominciare a muoversi accanto a me. Ragazzi ubriachi si muovevano barcollanti in mezzo alla strada mentre gruppi immensi di persone erano affollati davanti alla piccola entrata simile ad un enorme cinema.
    Tom era tranquillo e si muoveva come se fosse il padrone dell'intera casa, e mi sembrò sciocco pensare che forse non lo era del locale, ma del territorio in cui quello stava sì.
    -Tom Kaulitz- disse lui mentre passando lateralmente si ritrovava faccia a faccia con il grosso omone all'entrata.
    -Passa, vai tranquillo- e mi strinsi ancora più forte a Tom quando gli sguardi odiosi di coloro che avrebbero dovuto entrare già da ore si soffermavano su di noi che tranquillamente appena arrivati varcavamo la soglia.
    Sì, quello doveva essere per forza il territorio di Tom.

    Non notai cosa avevo intorno, vedevo solo tante luci, sentivo solo tanti odori misti tutti insieme. Non ero mai stato in un locale e piombare all'improvviso tra le braccia di tante persone pareva più una doccia fredda in pieno inverno.
    Ero stato pronto a tutto, ero cambiato ed ero cresciuto accanto a Tom. Avevo combattutto ed ero giunto al culmine della mia battaglia.
    Non avrei rovinato la serata a Tom nè l'avrei rovinata a me stesso, solo autocontrollo, tanto autocontrollo.
    E riuscire a tappare una mente che in quel momento vorticava come fiocchi di neve al vento.

    Mi sistemai meglio la giacca che indossavo. Le ragazze che ballavano erano completamente svestite e questo pareva eccitare molto i loro patner che si strascicavano addosso senza pudore-.
    Mi sentii un pò goffo ad indossare persino una sciarpetta nera che mi copriva le labbra, avevo messo tutto il mio impegno nel vestirmi quella sera ma non avrei mai creduto che forse per far piacere a Tom avrei magari dovuto vestirmi un pò di meno.
    Forse chissà... Tom adorava quelle ragazze che ondeggiavano svestite da una parte all'altra della sala immensa.
    Forse adorava che magari fossi più intraprendente mentre ero con lui, forse Tom preferiva che mi lasciassi andare piuttosto che rimanere rigido e sempre sulle mie, per quanto quella fosse una condizione che non mi imponevo affatto ma che veniva da sè.
    Spostai lo sguardo ritrovandomi ancora a camminare in mezzo a tutto quell'enorme casino, non capivo dove in realtà stessi mettendo i piedi.
    Le luci bianche e blu mi accecavano completamente in viso mentre sentivo mani, corpi e braccia che si stringevano attorno a me toccandomi, sfiorandomi in quella immensa danza che era diventata la pista da ballo di quel posto.

    Più determinato, sì. Eppure mi ritrovai sconcertato di fronte al poco pudore che avessero quelle donne svestite intorno a me. Provavo vergogna, mi sentivo violato anche se ero lì semplicemente a camminare tra di loro, vestito da capo a piedi con sciarpa e giacca compresa.

    -Bill, stringiti bene a me- mi parve di sentir gridare Tom mentre sorridente si avviava con Georg verso dei tavolinetti di acciaio posti alla destra di quello strano posto rialzato al disopra della pista.
    Mossi faticosamente altri passi sentendo la mia testa pesante mentre il suono degli altoparlanti perforava i miei timpani tanto da aver paura che ne potesse fuoriuscire del sangue.
    Essere abituati al silenzio di una stanza non era di certo di aiuto come non lo era aver ascoltato un cd a volume massimo due.
    Il rumore troppo tremendamente forte non era per me.

    -Ragazzi!- urlò Tom facendo un cenno con la mano e solo in quel momento mi accorsi che eravamo arrivati.
    C'erano dei divanetti e ringraziai il celo che fossero ovviamente vuoti solo per noi, sentivo le gambe cedere ed avevo assolutamente il bisogno di sedermi un pò per deglutire tutta quell'acidità che sentivo impregnarmi la bocca.
    Alzai il capo ritrovandomi a fissare lo sguardo in quello di altri ragazzi, sicuramente coloro che Tom aveva salutato, che mi fissavano quasi fossi stato un alieno mentre Tom continuava a dialogare animatamente con Georg in piedi accanto a lui.
    Non feci caso a loro, Tom forse in seguito avrebbe potuto presentarmeli, ma feci caso al dolore lancinante che mi perforava la testa da parte a parte maledicendo la mia povera salute fisica e la mia disgraziata salute mentale.

    Che tristezza.


    *





    -Tomi- sentii qualcuno tirarmi dolcemente la manica e nessun altro oltre a Bill aveva una voce tanto dolce e melodiosa anche nel bel mezzo di tutto quel baccano.
    Mi voltai verso di lui sorridendo e portando un braccio intorno alla sua vita.
    -Dimmi amore- sussurrai portando le mie labbra sulla sua guancia, iniziando a posare teneri e casti baci sulle sue guance rosse e morbide.
    -Tomi perfavore, sediamoci un poco ok?- mi allontanai dalla sua pelle spostando i miei occhi nei suoi.
    -Bill tutto apposto?- dissi io tentando di farmi sentire in tutto quell'enorme baccano.
    Notai come spostò il suo sguardo dal mio mentre in piccoli e lenti movimenti la sua mano tremava aggrappata a me.
    Per un attimo fui colto dal panico, mi guardai attorno cercando un pò di spazio e quando notai il divanetto libero proprio accanto a noi lo afferrai per i fianchi fasciati e lo accompagnai a sedere sopra le mie gambe.
    Mi ero ripromesso di non esagerare. Il divertimento ci sarebbe stato ma quella sera l'importante sarebbe stato far svagare Bill e farlo divertire anche insieme ad altre persone.
    Doveva guarire. Sapevo che ce l'avrebbe fatta, sapevo che insieme avremmo superato tutto.
    Strinsi la sua mano mentre i miei amici continuavano a parlottare tra loro senza essersi fortunatamente accorti di niente.

    Di questo avevo sempre paura, del fatto che nessuno si accorgeva mai di ciò che succedeva in Bill, che nessuno avrebbe mai potuto aiutarlo nel caso si fosse sentito male ed io non fossi stato lì accanto a lui.
    Sorrisi mentre la sua mano si strusciava dolcemente sul mio petto ed il suo respiro ritornava lento e regolare. Il volto nascosto nella mia maglietta.
    Nessuno l'avrebbe mai sfiorato con un solo dito.

    -Tom- distolsi i miei occhi dalla tenera chioma di Bill spostandola su un Gustav alquanto brillo che ridacchiava seduto al tavolo davanti a noi.
    -Ma allora dicci dicci, come va con la tua principessina lì seduta?- scossi il capo ridacchiando mentre Bill, sentendosi chiamato in causa, alzava spaesato la testa verso Gustav.
    Sorrise lasciando che le sue gote si imporporassero appena.
    -Va uno splendore Gustav, come dovrebbe andare sennò? Non siamo adorabili io e lui?-
    -Siete la coppia più bella che ci possa essere!- dichiarò Andreas alzando il suo bicchiere di coca cola e sorseggiandolo con infinita pacatezza.
    Bill sussurrò un grazie che nella confusione comunque gli altri riuscirono a percepire.
    I loro sguardi illuminati quando si posavano su Bill, il loro affetto nei confronti del mio cucciolo tanto quanto l'affetto che provavano per me.
    I miei amici.

    -Allora, cosa prende il signorino Kaulitz?- sculettò una cameriera che neanche mi ero accorta fosse giunta fino al nostro tavolo.
    La sentii appena ma non notarla era di certo impossibile.
    Non che fossi preso dalle sue grazie, per carità, da quando conoscevo Bill ero divenuto apatico a qualsiasi forma o persona avessi difronte, ma indossava, o meglio, non indossava quasi niente e potei scommetere che quella fosse una divisa studiata proprio per il periodo invernale.
    Il reggiseno rosso fuoco circondato da piccoli peletti bianchi simili a docili fiocchetti di neve.
    Terribilmente vomitevole.

    -Portami un pò di Rum signorina...- lasciai il nome in sospeso poiché di certo non potevo ricordarlo. Il suo viso invece mi era familiare, o almeno lo era la sua bocca e il modo in cui muoveva quella lingua.
    Pensai a quanto stomachevole fosse stato provare a fare del sesso con qualcuno che non fosse la creaturina tra le mie braccia, a qualcuno che non gemesse con l'innocenza con la quale gemeva Bill, con qualcuno che non si scioglieva sotto il tocco caldo e possente delle mie mani.
    Con qualcuno per cui non provavo proprio nulla.

    -Signorina Kaisha- Sorrise muovendo la coda di cavallo bionda in maniera alquanto ridicola. Mi strozzai quasi con la mia stessa saliva mentre tentavo di cammuffare una risata con un colpo di tosse.
    Bill si mosse un poco mettendosi comodamente in bella mostra alla ragazza di fronte a me.
    Le guance rosse e una venatura di insicurezza sul volto mentre alzava lo sguardo andandolo a fissare negli occhi della ragazza davanti a noi.
    Sembrava arrabbiato, insicuro, timido ma arrabbiato. Pareva quasi geloso.
    Bill era tanto possessivo quanto me e questo... sarebbe di certo stato a sfavore della cameriera in piedi proprio lì.

    Lei lo guardò, la zona in cui stavamo malamente illuminata da delle luci colorate leggermente soffuse.
    La zona delle persone che contano davvero, la zona nella quale ti puoi avvicinare solo se sei qualcuno o se vuoi essere pestato a sangue.
    Sorrisi stringendo i fianchi della mia principessa tra le dita.
    La ragazza lo fissava, lo sguardo completamente concentrato su di lui, gli occhi sconcertati da una bellezza tanto diafana come quella del mio cucciolo, la consapevolezza di non avere alcuna speranza di essere anche solo un pizzico perfetti come lui, la consapevolezza di stare tremendamente fuori posto.
    -Per-per lei?- mormorò Keisha insicura, notai, sul chiamarlo signorino o signorina.
    Ridacchiai baciando il suo collo niveo e lambendolo con le labbra -Per lui del Rum, rum e fragole-
    La ragazza, intimorita dalla situazione che si era andata a creare, si allontanò annuendo tenendo stretto a se un vassoio.

    -Tomi- mormorò Bill, le luci soffuse che illuminavano i suoi occhi dolci e teneri.
    -Cosa?- sussurrai sulla sua pelle.
    -A me non piace il Rum-





    *








    Bevvi un altro sorso ridacchiando alle battute di quel tizio che diceva di chiamarsi Peter. A quanto pareva un'altro amico fidato della banda del mio Tom.
    Lui era lì, seduto accanto a me sul divanetto con un braccio sporto intorno alle mie spalle, mi guardava sorridendo e bevendo docilmente come se tutto quell'alcool per lui fosse solamente aranciata.
    Per me invece aveva fatto tutto un altro effetto.
    Non so come ero riuscito a mandare già la prima sorsata. L'odore leggermente fruttato aveva fatto sì che non ne sentissi l'acidità dell'alcool.
    Io odiavo chi puzzava d'alcool.
    Poi non so come, avevo ingurgitato un grande sorso credendo che avesse in qualche modo un sapore un pò più dolce ed invece il fuoco aveva iniziato a scendere lungo la gola infiammandomi il ventre e facendomi strizzare gli occhi dal disappunto.
    Era stato solo un bicchiere ma non riuscivo a smettere di ridere alle parole del ragazzo davanti a me.

    L'odore di sudore all'interno della zona rimaneva attutito dal dolce profumo di Tom accanto a me, tutto pareva ridimensionarsi come se fosse stato un odore normale, il sapore scompariva surclassato da quello del rum.
    La mente volava annebbiata dalla bevanda tra le mani.

    -A-allora- singhiozzai portandomi una mano davanti alla bocca imbarazzato.
    Tom scoppiò in una risata roca che mi fece voltare rosso in viso verso di lui.
    Mi strinse con il braccio aperto verso di sè baciando il mio collo con le labbra bagnate e calde.
    Ero eccittato e lo era fottutamente tanto anche lui. Forse anche di più.
    -Bill- mormorò rocamente baciandomi la mandibola mentre con le mani mi stringeva più vicino a sè.

    Erano forse solamente le 11 e mezza eppure la festa pareva persa nel pieno devasto. Migliaia di corpi sudati stridevano tra di loro nella pista mentre le luci vorticavano facendo girare la testa a tutti coloro che avevano anche solo un pò di alcool nelle vene.
    La mia testa pulsava mentre avvicinando la mano al bicchiere di Tom tra le sue dita assaggiavo un pò di rum senza il sapore dolce delle fragole.
    Mandai già una lunga sorsata portando il bicchiere ad essere quasi completamente vuoto. Tom ancora intento a lambirmi ogni centimetro di pelle con le labbra.

    Frastornato mi guardai attorno. Georg, al disotto della zona rialzata ballava nella pista grandissima circondato da decine di ragazze in calore.
    Gustav, completamente ubriaco era accasciato completamente sul tavolino spostando i bicchieri oramai vuoti a mò di castelletto di vetro. Peter, alzatosi da poco si presumeva sarebbe tornato presto con tanto altro rum da divorare, mentre Andreas, seduto nella sedia accanto a noi, continuava a sorseggiare la sua coca cola imperturbato.
    Spostare lo sguardo sul ragazzo biondo mi fece completamente rabbrividire da capo a piedi.
    Andreas era impassibile, Andreas sembrava sempe pronto all'attacco per qualsiasi cosa.

    Ridacchiai quando percepii la mano di Tom entrare al disotto della mia maglietta.
    -Tomi- ridacchiai spostando il capo verso di lui in maniera troppo, forse troppo veloce.
    Sentii la testa stridere, rimbombare e quasi esplodere.
    Il mondo intorno a me pulsava mentre le viscere lentamente bruciavano.

    -Bill, per te- disse un Peter pimpante mettendomi tra le mani un altro bicchiere. Una sostanza strana da un colore che non ero in grado di definire galleggiava nel bicchiere in vetro.
    -è buono, davvero fidati. Questo sì che ti farà amare di essere venuto qui-
    -Voglio anche io un Angelo azzurro- biascicò Gustav mentre dormicchiava sul tavolinetto.
    -Oh Gustav, fosse solo quello. è molto, ma molto, molto di più-
    Vidi Andreas sorseggiare il suo e senza pensarci, la nebbia che oscurava la vista, buttai giù un sorso di quella sostanza mentre piano piano la stanza si contorceva su se stessa diventando doppiamente frenetica.
    I ragazzi si strusciavano stridendo più velocemente tra di loro. La musica scoppiava nei timpani stracciandoli.
    Le mani di Tom sul mio corpo diventavano fuoco.

    -Bill- soffocò un gemito tuffandosi sulle mie scapole mentre mi sbatteva con una dolce violenza completamente sdraiato sul divanetto sotto di sè.
    -Tomi- blaterai non badando ai fischi di approvazione da parte di Gustav che ci fissava divertito.
    Badai solo alle sue labbra che continuavano a divorare le mie con arroganza.
    Con passione.
    Sentivo solo il mondo girare e girare e vivere, e perdersi in una frenesia assurda intorno a me.
    E l'alcool risalirmi su verso la gola.
    E soffocarmi.

    -Tom!- grugnii di disapprovazione mentre le sue labbra si staccavano a malincuore dalle mie ed alzava il viso verso un Georg piuttosto pimpante che ridacchiava davanti a noi.
    Arrossii di punto in bianco tirandomi a sedere e tentando di ridarmi una sistemata. I capelli arruffati e le labbra gonfie e rosse che dimostravano quanto fossimo fottutamente arrapati entrambi.
    Mi sotterrai mentalmente dalla vergogna.

    -Si?- quasi urlò per il gran chiasso tutto intorno a noi
    -Solo 5 minuti a mezzanotte. Volete rimanere qui a copulare oppure ci raggiungete di fuori alla piscina all'aperto?-
    Spalancai gli occhi diventando se possibile ancora più rosso di quanto non fossi.
    Co...copulare?

    Nascosi il volto tra le mani percependo subito le guance fiammanti al tatto.
    Tom si tirò su prendendomi per i fianchi e trascinandomi dietro di sè. La discoteca immensa brulicava di persone che come noi fremevano di spostarsi all'aperto dove si sarebbe tenuta la festa vera e propria per salutare il nuovo anno.
    Soffocai un gemito quando alzandomi sentii la testa scendere pesantemente verso il basso. Barcollavo, volevo vomitare e non capivo un emerito cazzo di tutto quello che stava accadendo intorno a noi.
    Percepivo su di me lo sguardo stranito di tutte le persone alle quali passavamo accanto.
    Vedevo i ragazzi leccarsi le labbra mentre il mio Tom, indifferente, mi stringeva sempre di più quasi a farmi male, marcando un qualcosa che era esclusivamente di sua proprietà.

    Quando uscimmo non so come da un altra immensa porta ci ritrovammo all'interno di un grandissimo locale all'aperto. Piano bar alla nostra sinistra, una piscina dalle dimensioni troppo esageratamente grandi, un immensa pista da ballo e le luci che rombavano insieme alla musica da tutti i lati del luogo. Le stelle invisibili sotto tutti quei tanti riflettori.
    -SIETE PRONTI A VIVERE LA SERATA PIù GLAMOUR DELL'ANNO?-
    La voce del Dj mi colpì come acqua gelida mentre mi appoggiavo a Tom spalancando gli occhi dal grande rumore.
    -BERLINO è TUTTA QUI STA NOTTE, APRITE LE DANZE, VOGLIO VEDERVI SCOPPIARE!-

    La musica si alzò improvvisamente. Tutti i corpi intorno a noi ripresero a cozzare tra di loro con potenza e sensualità come in una grandissima orgia.
    Tom stretto a me rideva mentre parlava liberatamente con i suoi amici, l'intera Berlino pronta a scambiare battute con lui, tutte le ragazze di Berlino pronte a passare una nottata di fuoco con lui.
    Non mi resi conto di quanto lasciare Tom ogni volta in giro senza di me fosse pericoloso per tutte quelle ragazze che gli giravano attorno, finché non notai lo sguardo di una in particolare che ci fissava con un sorriso maligno a divorargli il viso.
    Non vedevo nulla o almeno non in maniera chiara ma la chioma bionda e ondulata oltre le spalle era decisamente bel distinta.
    Sentii un conato di vomito risalirmi lungo la gola e mi tappai la bocca aspettando che riscendesse giù.
    Sentivo, percepivo la necessità di dover bere ancora qualcosa ma provavo perfettamente gli effetti negativi di tutto quello che mi scorreva dentro.
    -Tom?- domandai mentre la testa fremeva da un dolore nauseante.
    -MANCANO SOLO 2 MINUTI, CHE COSA STATE ASPETTANDO VOI GIù IN PISTA?-

    La musica cambiò, l'andamento andò via via accellerando mentre percepivo le luci intensificare la loro potenza.
    Soffocai un gemito di dolore quando lo stomaco iniziò a gridare aiuto.
    -Tomi?- sfiatai ancora ma non riusciva a sentirmi in tutto quel casino.
    -Tom??- urlai più forte finché non sentii delle mani reggermi prepotenti e trattenermi in piedi facendo voltare anche Tom nella mia direzione.
    -Tutto bene?- disse un Andreas preoccupato in piedi dietro di me.
    -Grazie-borbottai mentre tentavo di rimettermi in piedi sulle mie gambe.

    -Hey- esclamò Tom stringendomi per non farmi cadere ancora.
    -Tutto a posto? Non ti senti bene?- mi guardò ansioso aspettando una mia risposta al più presto.
    Avrei voluto dirgli: non preoccuparti, va tutto benone, divertiti.
    Avrei voluto far sì che la sua serata non venisse nuovamente rovinata da un peso come me.
    Poi però le parole mi morirono in gola quando le mie mani iniziarono a tremare senza un vero motivo apparente.

    -TOM!- si voltò ed io provai a seguire il suo sguardo. Josh era lì, o almeno mi pareva si chiamasse così.
    -Abbiamo bisogno di te, subito!-
    -Ora non è il momento.-
    -è importante!- ringhiò.

    Sentii un altro fremito scuotermi le ossa e cedetti ancora, dinuovo retto questa volta dalle forti braccia di Tom.
    -Cazzo- imprecò lui.
    -Amore...- sospirò sulle mie guancie. Il suo alito caldo che per un momento mi ridette un minimo di lucidità.
    -Torno subito, resta con Andreas, ti prego- mormorò dandomi un bacio leggero sulle tempie e lasciandomi completamente tra le mani del suo amico.
    La faccia dura di Josh che mi penetrò da parte a parte.
    Perché nei suoi occhi vedevo tanta angoscia e paura?

    Lasciai che i miei pensieri completamente ubriachi di alcool si lasciassero andare alla nube che pian piano tentava languidamente di coprirli.
    Le mani di Andreas poggiate sul mio busto facevano sì che non crollassi ancora a terra.
    Andreas era alto quasi come Tom ma sicuramente sempre più alto di me. Aveva un fisico piuttosto magro ma di certo se era nella banda insieme a Tom delle potenzialità ce le aveva eccome.
    Andreas era un grande osservatore...

    -MANCA DAVVERO POCO, SIETE PRONTI PER IL CONTO ALLA ROVESCIA?-

    Conto alla rovescia?
    Conto alla rovescia per cosa?
    Improvvisamente sentii le gambe collassare e crollai di soppiatto tra le braccia del ragazzo difronte a me.
    -Andiamo dentro- mormorò trascinandomi con lui fuori da quel giardino.
    -MENO CINQUANTA, QUARANTANOVE, QUARANTOTTO, QUARANTASETTE-

    Deglutii a fatica mentre le braccia di Andreas avvolgevano ormai il mio bacino per non lasciarmi cadere.
    La sala interna immensamente grande era però allo stesso tempo ormai mezza vuota.
    Arrivammo ai nostri divanetti appartati, mi lasciò sedere proprio su quelli mentre lentamente mi allontanava i capelli dal viso.
    -Stai meglio?-
    -No- soffocai un gemito stringendomi la testa tra le mani.
    -Cosa cazzo hai bevuto per stare così?-
    Si sporse sul tavolino mentre il rumore del conto alla rovescia si avvicinava lentamente verso la fine rimbomando come un martello all'interno della mia testa.
    Dov'era Tom?
    -Dov'è Tom?-
    -Cosa cazzo...- bofonchiò spalancando gli occhi e puntandoli nei miei.
    -Dove è Tom?- piagniucolai sentendo il mondo intorno a me vorticare come non era mai successo.
    -Hai... Bill hai bevuto questo qua per caso?-
    Alzai lo sguardo.
    Vedevo solo tremendamente tutto nero.
    -Andreas i-io...-

    -SETTE!-

    -Bill, Hey?- sentii un qualcosa stringermi le braccia.
    -Hey non fare scherzi! Bill? BILL?-
    Soffocai un gemito mentre non riuscivo ad alzare lo sguardo davanti a me.
    Tenevo le pupille basse. Dove, dove erano le luci?

    -CINQUE!-

    -Dannazione- piagniucolò quella voce davanti a me.
    -Il cellullare, dove cazzo è il cellulare?-

    -QUATTRO!-

    Sentii la testa premermi per scoppiare e mi strinsi alla persona che mi stava vicino.
    -Andreas...- deglutii mentre il mondo si contorceva su se stesso in un unico miserabile puntino nero.

    -TRE!!!!-

    -TOM!- urlò la voce di Andreas attraverso quel maledetto strumento che cercava.
    Io v-volevo Tomi.

    -UNO!!!!!!!-

    Spalancai gli occhi.


    Il puntino nero era sparito.
    Tutto era dolcemente, fantasticamente bianco.
    Soffocai un sorriso e collassai sul divanetto di spugna.
    Un divanetto che mi parve di ricordare, sapesse di Tom.


    *






    Uno scoppio in lontananza illuminò i nostri volti.
    Il cellulare in mano, la bocca che tremava leggermente.
    Lo sfilai piano premendo il tasto giusto senza neanche degnarlo di uno sguardo.
    Lo portai all'orecchio.
    -Andreas?- sussurrai sentendo il freddo pungente intorno a me.

    -TOM! Bill è stato drogato, l'hanno drogato Tom, DROGATO!-
    -Cosa?- mormorai confuso mentre rimanevo immobile e fissare il muro davanti a me.
    -è...non so, non so come spiegarlo. Allucinogeni mi pare, sono quelli, erano in quel dannato bicchiere!-

    Una decina di persone che osservavano immobili la stessa cosa.

    Peter scritto a chiare lettere davanti ai nostri volti sconvolti, il ragazzo ricoperto di sangue a terra con il collo sgozzato.

    -Tom, cosa succede?-sussurrò Andreas silenziosamente.
    Lasciai che il cellullare mi scivolasse dalle mani ed iniziai a correre.














    Arrivai trafelato al locale che erano passati ormai i festeggiamenti per il nuovo anno. Tutto sembrava come lo avevo lasciato io.
    Nessuno presumeva che una persona era morta. Nessuno immaginava che tra tutte quelle persone vi fossero sicuramente degli assassini.

    Digrignai i denti portandomi avanti tra i corpi che cozzavano contro di me in mezzo a quel baccano.
    Qualcuno aveva trascinato Peter lì, qualcuno aveva usato qualche dannata esca per catturarlo.
    Qualcuno aveva drogato il mio Bill.
    Qualcuno, vi era qualcuno, che in quel momento stava giocando con le nostre vite come se fossimo state solo bambole manovrate dal destino.

    Deglutii forte riuscendo ad uscire da quella cerchia di persone.
    Peter... il mio amico era morto.
    Le mani tremavano mentre percorrevo a grandi falcate il locale vuoto.

    -TOM!- urlò una voce e quasi mi misi a correre verso il divanetto in cui era seduto Andreas.
    Bill era lì, disteso con la testa sulla sua spalla.
    La fronte imperlata di sudore, il respiro mozzato, gli occhi semichiusi e lucidi.
    Mi sedetti sulle ginocchia davanti a lui prendendo le sue manine tremanti tra le mie e spostandogli i capelli dal volto.
    Socchiuse gli occhi a quel contatto ritrovandosi a gemere di disapprovazione quando levai la mia mano dal suo viso.
    -Cosa era successo Tom?- domandò serio Andreas mentre io mi preoccupavo di rinfilare la giacca al mio piccolo.
    -Peter... -
    -Peter cosa?-
    Deglutii.
    -Lo hanno ucciso-

    Non mi rispose, rimase un attimo in silenzio mentre immobilizzato fissavo un punto indistinto davanti a me.
    Il mio cucciolo appoggiato con la fronte sulla mia spalla respirava il mio odore come alla ricerca di ossigeno.
    Dirlo non aveva fatto altro che sottolineare cosa fosse accaduto.
    Sottolineare a cosa eravamo andati incontro.

    -Questa cosa sta degenerando, MALEDIZIONE!- quasi urlò scaraventando a terra il bicchiere nel tavolino accanto a lui.
    Bill trasalì stringendo la mia giacca tra le mani gelide.

    Peter era mio amico.
    Peter era stato ucciso anche per colpa mia.
    Strinsi forte i pugni ritrovandomi a fissare Andreas.

    -Me la pagheranno, me la pagheranno molto cara- ringhiai tra i denti stringendo ancora più forte Bill.
    -è...è stato Peter-
    -A fare cosa?-
    -A drogare Bill-

    Rimasi in silenzio e questo gli diede il consenso per continuare.
    -Quel bicchiere è quello che aveva portato prima a Bill proprio lui. Sicuramente Tom... Peter era la spia di qualcuno-
    -I... i devilnight-
    -Inevitabilmente...-

    Rimanemmo in silenzio finché un singhiozzo non mi fece stringere ancora più forte Bill. Stava piangendo.
    -Gli allucinogeni... sono stati sicuramente scelti accuratamente per lui-
    Lo strinsi a me tirandomi in piedi e trascinandolo per tenerlo in braccio.
    -Che vuol dire?-
    -Lo sai già, è facile da capire Tom-
    Rimasi in silenzio pensando alle sue parole.

    -C'è qualcuno che vuole arrivare a noi. C'è qualcuno che vuole raggiungere qualche subdola meta. C'è qualcuno che SA... il segreto di Bill. Qualcuno che lo userà per raggiungere il suo scopo-
    -Continuo a... continuo a non capire-
    Si alzò in piedi fissando i suoi occhi nei miei.
    Il ronzio della musica che proveniva dall'esterno del locale.
    -Gli allucinogeni non... creano una qualche crisi di astinenza o dipendenza fisica. Non volevano fargli del male, volevano fargli ricordare-
    Spostò la sua mano sulla fronte di Bill, un Bill che si contorceva silenziosamente tra le mie braccia.
    -Tremori, nausee. Disturbi visivi, uditivi e...-
    -Sulla scala sensoriale- aggiunsi io spalancando gli occhi.

    -Hai capito di cosa ti sto parlando?-
    Certo, certo.
    Certo che avevo capito.
    Qualcuno...qualcuno voleva sfruttare le condizioni instabili di Bill per fargli ricordare, fargli ricordare ciò che gli era dannatamente successo.
    -Perché?- mormorai distrutto.
    -Non lo so...Tom non lo so davvero. Quello che ora sappiamo è che il loro scopo siamo noi ed è il territorio che noi abbiamo. Tutto ciò che abbiamo costruito insieme in tanti anni-
    -Ma perché Bill?-
    Non rispose ma capii da solo la risposta.
    Bill era con me.

    Bill era il mio punto debole.

    -Portalo via da qui. L'effetto durerà circa dodici ore. Non lasciarlo solo nemmeno per un secondo, non lasciarlo vagare in viaggi mentali che lo possano portare a staccarsi dalla realtà-
    Sussurrai un si sommesso coprendolo anche con la mia felpa mentre apparentemente riposava.
    -Il fatto che abbia bevuto tanto è un bene, dormirà per un bel pò- sorrise poi spostando il suo sguardo da Bill.
    -E non pensare a stronzate come di tuo solito-
    Riprese la giacca mettendosela sopra le spalle.
    -Bill vive solo di te, non pensare di essere la causa di qualcosa se non della sua felicità-

    Mi sorrise come solo Andreas sapeva raramente fare, poi prese il cellulare posato sul tavolo e se lo infilò in tasca.

    -Io vado dagli altri, tu portalo a casa e riposate-
    Detto questo sorrise a Bill e scese di corsa verso l'uscita.
    Mi guardai attorno notando poi le chiavi di una macchina sul tavolino.
    La macchina di Andreas.

    Sorrisi grato e le afferrai dal tavolo.



    *












    -Sai...chi rompe paga-
    Sussultai atterrito mentre accanto a me William riposava a terra la sua bambola di pezza senza testa.
    -Me l'hanno sgozzata perché dicevano che era cattiva-
    -Ma non ha fatto nulla!-
    -Già, non sono stati buoni-
    Prese la bambola e osservai i suoi occhietti azzurri farsi scursi.

    -Oggi è capodanno, questo vuol dire che inizierà un nuovo anno-
    -Già, vuol dire questo-
    -Ma io non voglio che questo finisca-
    Guardai William davanti a me e presi le sue manine tra le mie.
    -Ma tu vuoi che uno nuovo ne inizi-

    -Io ho paura del futuro Bill-
    -Io ho paura del passato William...-







    *








    Arrivammo a casa mia che quasi non sfondai la porta con un calcio.
    Il luogo disabitato come sempre era freddo e buio e per questo non tardai ad accendere subito la luce con un gomito richiudendo la porta con un altra botta dietro di me.
    Bill dormiva tra le mie braccia in preda a dei sogni sicuramente fastidiosi. La pelle sudata si intuiva ad ogni minimo tocco.
    Posai il fagottino tremante sul mio letto ritrovandomi poi a correre per accendere la stufa.
    Quella scena me ne ricordava tanto un altra.

    Quando ancora entrambi eravamo infondo dei perfetti sconosciuti.
    Quando il destino aveva fatto sì che le nostre strade si intrecciassero creandone solamente una a senso unico.
    Tastai bene le coperte aprendole e portandoci un Bill alquanto infreddolito all'interno. Le sue piccole sparpe che si sfilavano facilmente a terra.
    Chiusi per un istante gli occhi.
    Un nodo alla gola che non voleva sparire.
    Sospirai portando la testa tra le mani.

    Cosa avremmo detto alla madre di Peter? Come avrebbe reagito quella prostituta che mai si era fregata di un figlio simpatico e buono come lui?
    Ma soprattutto, perché mi aveva mentito in tutto quel tempo?
    Soffocai un gemito lasciandomi ricadere seduto accanto a Bill.
    Non avrei pianto, non io che avrei dovuto tenere in mano le redini della situazione.
    Non io che involontariamente avevo trascinato Bill in quel mondo ricco di peccati.
    Non io che avevo il compito di salvare quel piccolo angelo dall'inferno.

    Mi avviai verso la cucina azzannando la prima cosa che mi capitò a tiro.
    Rimasi in silenzio per diverso tempo cullato dal respiro leggermente irregolare di Bill.


















    ****
     
    Top
    .
  4. 'kiwy;
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    Finchè allo scoccare della mezzanotte... la scarpetta di cristallo non si schiantò a terra in mille pezzi

    No, seriamente Miky...
    Mi hai A DIR POCO inquietata con sta frase. o___o
    Ho i brividi, seriamente. °A°

    Bon, spero di sbagliarmi quando dico che non ho una bella sensazione à_à

    Bellissimo capitolo, come sempre! *_________*
    Looove you <3

    Oddio, un altro o.o leggo subito **
     
    Top
    .
  5. oO°Isa89°Oo
     
    .

    User deleted


    waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahh
    Ammazza che stronziiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii è.é
    Scusate la volgarità ma quando ci vuole ci vuoleeee!
    Ma ci provassero un'altra volta a fare quello che hanno appena fatto sti c******! ç_________ç
    Biiill, povero Bill, ora ci pensa Tom a te! ç^^^ç

    Nonostante tutto il casino successo, il capitolo è meraiglioso come sempre! <3

    Ps: quanto mi piace la foto che hai come avatar *______________*
    *ama MiikHy*
     
    Top
    .
  6. 'kiwy;
     
    .

    User deleted


    Mioddio, che angoscia o_____ò
    Capitolo stupendo, pieno di colpi di scena, tragedie... °---°

    Mioddio, sono sotto shock. xD

    Dio santissimo che casino sta succedendo. e____e
    Spero si risolva in fretta...

    CITAZIONE
    -Ma perché Bill?-
    Non rispose ma capii da solo la risposta.
    Bill era con me.

    Bill era il mio punto debole.

    Ho una paura fottuta. '-'
     
    Top
    .
  7. oO°Isa89°Oo
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE ('kiwy; @ 2/4/2010, 21:52)
    CITAZIONE
    -Ma perché Bill?-
    Non rispose ma capii da solo la risposta.
    Bill era con me.

    Bill era il mio punto debole.

    Ho una paura fottuta. '-'

    Aahahhah pur'io è______é
     
    Top
    .
  8. 'kiwy;
     
    .

    User deleted


    No, stanotte non dormirò. è____e
     
    Top
    .
  9. oO°Isa89°Oo
     
    .

    User deleted


    Ahahahah madonna! '-'
     
    Top
    .
  10. nana_96
     
    .

    User deleted


    uppa ti prego era da un po' k nn la leggevo e gli ultimi 3 capitoli sn stupendi
    kixx kixx nana
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    AshHurricane;

    Group
    Member
    Posts
    16,292
    Location
    second star to the right and straight on 'til the morning //

    Status
    Dead
    complimenti come sempre.
    è.. fantastico. questi chap sono unici..
    spero che non succeda qualcosa di brutto a bill non di nuovo, ma sarebbe chiedere troppo vero??
    questa storia la amo. mi attira, mi incanta e mi strega..
    **
    complimenti.
     
    Top
    .
  12. 'kiwy;
     
    .

    User deleted


    up çOç
     
    Top
    .
  13. ashy1994
     
    .

    User deleted


    dvi assolutamente postare il prossimo capitolooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo,altrimenti morirò per astinenza da twincest
     
    Top
    .
  14. 'kiwy;
     
    .

    User deleted


    uup
     
    Top
    .
  15. MiikHy_Deafening
     
    .

    User deleted


    aaaaaaaaaaaaaaw vi ringrazio tesore ç_ç
    posto posto, one moment u.u

    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...






    « ● Hai paura della notte?




    image











    XXXVI Capitolo.





    Mossi leggermente la testa socchiudendo gli occhi e aspettando un qualcosa che presto arrivò. La luce proveniente dalle persiane aperte mi colpì in pieno viso facendomi girare la testa così forte che mi rigirai a riccio coprendomi dalla luce mattutina.
    Mugugnai sentendo le palpebre pesanti e la testa pulsare mentre una strana sensazione mi ingarbugliava persino le ossa lasciandomi completamente intorpidito.

    Soffocai un gemito e tentai di ritirarmi ancora un pò più in sù con la testa lasciando che la luce colpisse il mio braccio nel quale gli occhi erano nascosti.
    Non avevo mai vissuto le conseguenze di una sicura sbornia, e se erano quelle di certo non avrei bevuto mai più in tutta la mia vita.
    Soffocai al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se mi fossi anche solo tirato a sedere, ma di certo avrei almeno dovuto aprire gli occhi e tentare di capire dove ero capitato e dove era Tom.
    Sospirai tenendo gli occhi serrati e voltandomi facendo in modo che la mia testa fissasse intensamente il soffitto.
    Un passo era fatto, ora bisognava semplicemente farne un altro.

    Aprii lentamente gli occhi ambientando il mio sguardo a tutto quello che era intorno a me. La stanza di Tom, la fantastica e silenziosa stanza di Tom dove tutto era iniziato.
    Sorrisi annusando l'aria dolce e calorosa intorno a me, le coperte pesanti che mi coprivano il corpo, un dolce calore che incorniciava quella strana atmosfera.
    Mi chiesi dove fosse Tom, sicuramente era uscito per qualche commissione, forse aveva qualcosa di importante da fare.
    Non ricordavo maledettamente niente della sera prima. Solo il caldo opprimente, e quel fantastico divano...

    Arrossii decidendo che era arrivato il caso di provare ad alzare il capo.
    Mi tirai a sedere proprio mentre la porta della stanza si spalancava e dei grandi pantaloni XXL strusciavano a terra.
    La testa mi scoppiò in un fuoco d'artificio dai mille colori, la nausea mi salì fino alla gola e mi portai una mano sulla bocca aspettando che la testa smettesse di girare così tanto.
    -Buon giorno- urlò una voce e rimbombò forte da un occhio all'altro della testa.
    Mugugnai di dissenso premendo le mani sulle orecchie.
    -Come stai?- gridò ancora portandomi una mano sulla schiena, piegando le ginocchia seduto accanto al letto.
    -Non urlare- pronunciai con la voce impastata dal sonno.
    -Crisi post-sbornia?- ridacchiò mentre un altro conato di vomito si faceva strada nello stomaco.
    Riportai veloce la mano davanti alla bocca lasciando la mano di Tom a mezz'aria e correndo a perdifiato verso il bagno.
    Spalancai la porta e subito le budella si contorsero facendo sì che riggettassi quel niente che c'era nello stomaco.
    Sentii delle mani fresche e piacevoli posarsi sulla mia fronte mentre un'altra mi tirava indietro i capelli facendo in modo tale che non riuscissero a sporcarsi.
    Rimisi di tutto, o almeno tutto ciò che avevo di rimettibile, e mi tirai in piedi lentamente curvandomi sul lavandino e sciacquandomi subito la bocca.

    Delle mani, dolci e morbide mi cinsero il ventre massaggiandomi lentamente la pancia.
    -Tutto bene?- mormorò lasciandomi appoggiare con il capo alla sua spalla.
    Sussurrai un no incrinato aspettando che in qualche modo riuscissi a ritrovare le forze per potermi almeno girare e ritornare a letto. Capite le mie intenzioni mi strinse più forte a sè e lentamente mi accompagnò in camera aspettando che riappoggiassi la schiena sulla tastiera di legno.

    -Ieri sei stato parecchio male- mormorò premendomi le mani sulla pancia e massaggiando lentamente per darmi sollievo.
    Sorrisi non curante delle sue parole e continuai a gustarmi i suoi morbidi e sfiziosi massaggi.
    Ridacchiò e continuò nella sua impresa.
    -Non ricordo niente della scorsa sera...-
    -Ne ero sicuro- rispose lento accarezzandomi i fianchi con le dita gelide.
    Rabbrividii aspettando qualcosa di più.

    -Oggi devo andare al covo, ma tornerò per pranzo- mormorò facendomi semichiudere gli occhi per fissarlo.
    La luce biancheggiante dell'alba che illuminava i suoi tratti fantastici.
    Avrei voluto passare uno splendido giorno con lui ma sarebbe stato meglio ottenere un pò di riposo.
    La stanza ballava sulle note di una melodia inesistente.

    -Ti aspetto qui-
    -Riposa e vedrai che passerà-
    Mi baciò la fronte e poi scivolai di nuovo verso il basso. Le coperte mi coprirono le labbra.
    -Buon riposo Bill- mormorò sorridente mentre piano piano le palpebre tornavano a scendere.

















    Quando mi risvegliai erano forse le dieci passate. La testa aveva smesso di collassare su se stessa senza fermarsi anche se le immagini intorno a me faticavano ad essere nitide.
    I miei occhi, come l'obbiettivo di una macchinetta scadente, non riuscivano a mettere a fuoco.
    Sospirai frustrato scostando le coperte e poggiando i piedi bianchi sul gelido pavimento della casa.
    Tom sarebbe tornato a pranzo ed io entro tutto quel tempo non avevo proprio nulla da fare.
    Forse avrei potuto aiutare Tom a mettere un pò in ordine la casa.

    Mi avviai verso l'armadio aprendo le ante e sperando di trovare qualcosa leggermente della mia misura. Le statistiche erano del tutto negative ma almeno una maglietta su quattro era di una taglia leggermente più piccola del normale.
    Ne sfilai una rossa poggiandola sul manico di una sedia e cercando poi un paio di jeans abbastanza semplici.
    Mi sarei fatto una doccia e poi di certo, se avessi dovuto mettere a posto, avrei iniziato da quell'armadio completamente messo sotto sopra.
    Sfilai un paio di boxer lasciando che le gote si tingessero di rosso.












    Passai un'ultima volta la scopa osservando il pavimento della cucina brillare sotto i miei piedi. Sospirai prendendo lo straccio ormai asciutto e ripiegandolo al suo posto mentre la casa, piccola ma confortevole, ora aleggiava in un dolce profumo di pulito.
    Sorrisi pensando al bel lavoro che avevo fatto mentre afferravo le chiavi di Tom e prendevo una sua felpa XXL dalla pila di panni ben piegati.
    Mi richiusi la porta alle spalle una volta uscito scendendo lentamente le scale e sperando di aver preso tutto.
    Avrei fatto spesa, comprato qualcosa di buono e magari cucinato un bel pranzetto per il mio Tomi.

    Ero così felice di poter camminare al di fuori di quell'edificio ingoiando a pieni polmoni quell'aria così fresca e lasciando che il gelo mi toccasse il viso e facesse diventare rosso il naso.
    Era una sensazione di vera e propria libertà, ero felice, ero felice di tutto quello che pian piano stavo costruendo.
    Tom e in primis le mie condizioni.
    Forse da un lato peggioravo, sentivo in continuazione i ricordi tornare a galla e le mie paure premere per tornare, ma sapevo che prima o poi tutto sarebbe scatenato in qualcosa che avrebbe detto finalmente la parola fine.
    In qualcosa che sarebbe riuscito a farmi trovare il coraggio di vincere una volta per tutte.

    Passai tranquillo tra le stradine di periferia memorizzando passo per passo le vie ed il percorso che stavo facendo. Non vi era ordine in quella zona di Berlino, le case erano basse e squallide, i mercatini si affacciavano sulle strade popolate da persone che uscivano di casa persino in ciabatte.
    Mi strinsi nella felpa odorando il dolce profumo di Tom, della sua pelle calda e buona. Mi sentivo a mio agio in quei vestiti così larghi e strani. Mi sentivo una parte di quel luogo quasi dimenticato da Dio.
    Eppure quei bambini, quei piccoli bambini che scalzi correvano intorno agli altri ridacchiando dimostravano quella felicità che bambini ricchi mille volte di più magari non avrebbero avuto.
    Se la mia vita non fosse andata come era andata, sicuramente anche io in quel momento non sarei stato così stranamente felice, contento delle piccole cose che rendono bella la vita.

    Sporsi un occhio alle pesche esposte da un signore nella sua piccola bancarella. La frutta colorata era un puntino luminoso in quel grigiore di gennaio.
    Mi chiesi chissà come quei colori fossero così belli anche in pieno inverno e fui felice di constatare che al tocco parevano anche piuttosto buone.
    -Vuole una mano signorina?- chiese quell'uomo anziano guardandomi sorridente.
    Con un sorriso buono, le rughe che incorniciavano dei lineamenti molto moribidi. Le mani rovinate dagli anni e dagli sforzi di tentare di riuscire, di potercela fare ancora.
    Forse aveva una famiglia, forse era solo, ma lavorava per guadagnare quel denaro che forse bastava, forse no, per mantenere anche solo una piccola casa.
    -Si, ne vorrei un pò, grazie- sussurrai con un sorriso mentre quel bravuomo ne metteva un pò in una busta con un guanto.
    -Fanno solo cinque, ecco a lei- sorrise di rimando porgendomi la busta oltre il bancone di frutta.
    Gli porsi una banconota da cinquanta e silenziosamente gli diedi le spalte, non ascoltando i richiami dell'altro.

    Sorrisi incurante, quei soldi non servivano di certo a me.

    Camminai ancora affacciandomi in ogni bancarella possibile sulla via principale e decisi di tornare quando l'orologio del cellulare iniziò a segnare un'ora prossima al pranzo.
    La testa faceva ancora male mentre il gelo invernale mi premeva forte sulle tempie.
    Mi guardai un ultima volta attorno stringendo le buste a me e decidendo di svoltare in una piccola scorciatoia stranamente buia per riuscire a sbucare da lì.
    Strinsi a me la plastica bianca e imboccai il vialetto accellerando il passo per riuscire ad uscire, poi vidi la luce e proprio quando mossi un altro passo in avanti inciampicai su un piccolo cartone lasciato lì a marcire a terra.
    Caddi con il sedere mentre con una mano mi massaggiavo il gomito dolorante che avevo sbattuto sul muro grigiastro accanto a me.
    Ero sempre il solito irreparabile imbranato.

    Stavo proprio per rialzarmi quando un qualcosa mi strusciò sulla mano posata a terra e un brivido mi passò veloce per la schiena facendomi raddrizzare i capelli e scattare all'improvviso dalla parte apposta.

    Un gattino.
    Un piccolo gattino di colore nero simile a un minuscolo e dolcissimo patuffolo si strusciava con il musetto bagnato sulle mie dita lasciando piccoli e morbidi gemiti simili a miagolii incomprensibili.
    Rimasi un pò interdetto spostando la mano a terra e posandola sul suo piccolissimo visino.
    Sorrisi scoprendo i denti bianchi quando mi accorsi che la sua reazione era leggermente spaventata ma curiosa.
    Lo presi con entrambe le mani notando come piccolo si accoccolava tra le dita.
    Poi guardai il cartone, guardai attorno a me, e capii che quel micino era stato abbandonato completamente solo a se stesso in un vicolo buio.










    *







    -Bene... anche il funerale è organizzato, è andato tutto piuttosto liscio-
    Sospirai lasciando andare la testa sullo schienale del divano.

    La madre di Peter, alla notizia della mote del figlio, aveva sbattuto più volte le palpebre e poi... poi era scoppiata in un pianto liberatorio consolata dalle forti e grosse braccia di Georg. Niente che una bevuta ed una scopata con una bella ricompensa avrebbero pututo cancellare.
    Mi chiesi se anche mia madre avesse pianto sapendo della morte di suo figlio. Eravamo tutti bastardi lì, c'era chi si rattristava e chi no, ma alla nostra morte non sarebbe cambiato nulla.
    Eravamo nomi registrati su un documento, alcuni di noi all'anagrafe non c'erano nemmeno mai andati.

    -Bene, allora la questione è chiusa- sospirò Gustav prendendo il giacchetto ed avviandosi alla porta.
    -Io devo andare a casa, ho mio fratello che mi aspetta, ci sentiamo- poi detto questo uscì tranquillamente dalla porta.
    James alzò le mani dalla stufa rimettendosele in tasca.
    -Speravo andasse meglio ieri sera, almeno per voi-
    -Lo pensavo anche io, è stato davvero disastroso-
    Georg spense la sigaretta buttando l'ultima cicca nel posacenere.
    -Non che me ne fregasse nulla, accade spesso, ma almeno la notte di capodanno dannazione-
    -Bill come sta?-

    Alzai la testa sentendomi tirato in casa. Guardai Andreas, impassibile come sempre, che mi osservava seduto su una sedia.
    -Bill sta bene, almeno spero. Non ricorda nulla-
    -Meglio così, non deve spaventarsi per ciò che è accaduto-
    -Già, meglio così. Ma di certo non dovrà accadere più-
    Mi alzai in piedi sfilando il giaccone dall'appendiabiti e poggiandomelo sulle spalle dritte.
    -John-
    -Dimmi capo- rispose una voce dalla stanza vicino mentre una testa si affacciava dalla porta.
    -Te seguirai la loro pista. Cerca di scovarli, abbiamo bisogno di sapere almeno dove sono.-
    -Si Tom- ridacchiò tornando alla sua postazione.
    -Andreas?-
    Andreas ghignò dondolandosi con la sedia all'indietro.
    -Dimmi capo-
    -Te terrai sotto controllo Bill quando non ci starò-
    Aprii la porta lasciando filtrare il vento gelido di Berlino.
    -Ho quasi paura a pensare che possano provare a riusarlo per i loro stupidi giochi-
    Lasciai Andreas annuire per poi fare un saluto generale e richiudermi la porta alle spalle.
    La metro a pochi passi da lì.











    Arrivai in casa che aprii la porta con il doppione delle chiavi, richiudendola come mio solito con un calcio dietro di me.
    Il calore dell'intera casa mi fece arrossire le guance mentre le articolazioni iniziavano a sciogliersi lentamente sotto quel tepore.
    -Bill?- chiamai dolcemente levandomi il giacchetto e lasciandolo ammucchiato all'entrata.
    La casa risplendeva di un ordine che non c'era mai stato.

    -Bill?- chiesi ancora mentre mi affacciavo nella piccola cucina.
    Il tavolo imbandito per due persone, una pentola con del riso che si scaldava sul gas acceso, un cesto di frutta colorata posata proprio sulla mensola accanto alla piccola radio.
    Sorrisi sereno senza un motivo preciso ritrovandomi ad indietreggiare fino all'ingresso.
    -Bill?- chiamai ancora per poi fare un passo in camera mia.

    La luce proveniente dalla lampada rossiccia che illuminava la piccola stanza ordinata.
    Sul letto c'era Bill, gli occhi chiusi e la testa sulle mani. Una area beata stampata sul volto.

    Spalancò gli occhi quando poggiai una mia mano sulla sua guancia.
    -Bill- soffiai sul suo viso mentre osservavo i suoi occhioni contornati di nero.
    Si tirò a sedere, sgranchiò le lunghe braccia e mi guardò, per poi spalancare gli occhi e drizzarsi in piedi.
    -Il riso!- bofonchiò correndo a perdifiato in cucina.

    Scoppiai in una dolce risata.
    -Ho già spento il gas prima che prendesse a fuoco la cucina-
    Lo vidi arrossire mentre davanti al tavolino si apprestava ad allontanare il coperchio dalla pentola.

    -Ciao...- mormorai abbracciandolo da dietro con le lunghe braccia.
    -Ciao- sorrise lui aspettando che lo baciassi sulle labbra.
    Mi sporsi un poco e in un attimo assaporai quei dolci petali rossi.
    Rossi e tremendamente buoni.
    -Hai fatto spesa?-
    -Si, solo per te-
    -Come una perfetta mogliettina-
    Si girò nel mio abbraccio sorridendomi ed intrecciando le mani dietro il mio collo, premendo sulla nuca per intensificare quel dolcissimo bacio.
    -Ti amo- soffiò a fior di labbra stampandomi un altro bacio sulle labbra.
    -Ti amo anche io- risposi sospirando mentre le mie mani scendevano lungo il suo bacino.

    -Indossi i miei vestiti!- ridacchiai tirandomi indietro per vederlo meglio.
    Gonfiò le guanciotte sbuffando e voltandosi dall'altra parte.
    Poi improvvisamente un rumore, ed entrambi ci girammo verso la porta della cucina.

    Un qualcosa di indefinito, piccolo nero e paffutello mi guardava con due pozze scure strusciando la sua codina lungo il legno della porta.
    -Che cos'è quel coso?- mormorai voltandomi verso di Bill.
    Arrossì ancora di più, per quanto possibile, e corse a prenderlo tra le mani lasciandoselo poi cullare tra le braccia.
    -è un micino...- bofonchiò lasciandolo giocarellare con le dita.
    -L'ho trovato abbandonato per strada, mi faceva pena e così l'ho preso, ho fatto male?- mormorò mentre la sua espressione questa volta diveniva di tristezza.

    Non avevo mai avuto un gatto in casa, ma se quel piccino faceva felice Bill, avrebbe anche potuto avere una stanza tutta per se.
    Mi avvicinai a lui muovendo un dito verso quel gomitolo nero e notando che tentava con i dentini affatto appuntiti di mozzicare una mano più grande di lui.
    -Ti assomiglia molto- sussurrai ridacchiando alle mie stesse parole.
    -Tomi...- mormorò.
    -Può restare eccome-

    Non aspettai di veder spuntare un enorme sorriso ad illuminargli il volto. Mi avvicinai a lui e stando attendo al gattino lo afferrai tra le braccia divorando le sue labbra.





    *





    Mi stesi sul letto sotto il caldo tocco delle mani di Tom.
    Lasciai che mi mordicchiasse il labbro mentre lentamente passava le sue calde mani sul mio petto tirando morbidamente la maglietta verso l'alto.
    Me la sfilai lasciandola cadere a terra mentre le mani di Tom mi massaggiavano il ventre creando un dolce motivo immaginario.
    -Ti fa ancora male lo stomaco?- ansimò sull mie labbra mentre le mie dita si infilavano tra i suoi rasta dorati sciolti lungo le spalle.
    -Poco- soffiai veloce gemendo quando una sua mano mi strinse un capezzolo.
    Sorrise sulla mia pelle tracciando una scia di saliva lungo la mascella, mordicchiandomi il collo.
    Il caldo proveniente dalla stufa soffocava entrambi ormai soggiogati dal calore dei nostri stessi corpi.

    -Tom-soffiai mentre scendeva a mordicchiarmi il petto.
    Tentò di levarmi i jeans di due taglie più grandi sorridendo quando si sfilarono in fretta.
    -Questi sono dannatamente i pantaloni giusti-
    -Non li metterò più, sono troppo larghi- risi io gemendo quando mi sfiorò con una mano la pelle al disotto dei boxer.
    -Sei molto sexy- soffiò caldo infilando una mano nel tessuto.
    -Tom!- gridai spalancando gli occhi mentre afferrava in mano la mia erezione già divenuta dura.
    Piagniucolai per i suoi movimenti lenti mentre annaspavo alla ricerca di aria.
    -Più veloce- urlettai aspettando che continuasse in quella danza.
    Lo sentii ridere baciandomi le labbra mentre con la mano mi massaggiava con un movimento lento e regolare.
    Lui ancora completamente vestito su di me.

    -Levati questa maglietta, è una coperta- imprecai tentando di tirarla più su. Premette la sua mano più forte e gemetti nel suo orecchio mentre mi mordicchiava il lobo.
    -Sei fottutamente sexy- mormorò lascivo succhiando la mia pelle tra le labbra.
    -Stronzo- ridacchiai strattonando la maglietta tra le mani bianche.

    Si staccò da me provocandomi un senso di vuoto immenso. Riallacciai le mie braccia dietro il suo collo mentre tentava di sfilarsi la maglia.
    -Bill- ridacchiò spostando le mie braccia dal collo.
    Allacciai allora le mie gambe intorno al suo bacino mentre il suo petto andava a strusciarsi caldo e nudo contro il mio.
    Provai a smanettare con i suoi bottoni mentre poggiava le sue braccia intorno al mio viso sul cuscino e mordeva le mie guance baciandole e succhiandole tra le sue fantastiche labbra.
    -Ti amo- sussurrò stridendo sul mio corpo lasciandomi bloccare per un lungo momento.
    Gemetti riprendendo a schiudere irritato i suoi pantaloni.

    Riuscii ad aprirli e li tirai di colpo giù mentre infilavo in fretta e furia la mano calda all'interno dei suoi boxer.
    -Andiamo di fretta..ugh-
    Strinsi la presa muovendo in modo circolare la mano sulla sua erezione proprio come lui aveva fatto con la mia.
    Ribaltai le posizioni faticosamente riuscendo in un momento a sedermi sconvolto sul suo bacino.
    Era una nuova posizione e stare sotto di Tom era di certo più eccitante, ma stare sopra a Tom era un qualcosa di elettrizzante e curioso allo stesso tempo.
    -Cosa vorresti fare?- ridacchiò guardandomi.
    I suoi occhi lucidi ricchi di amore per me.
    Sentii il mio cuore stringersi e portai le mie mani sul suo petto lasciandomi abbassare sulla sua pelle e lambendo con la lingua quel caldo corpo perfetto.
    -Bill- soffiò via mentre lentamente scendevo lasciando una schia di baci incontrollati.
    Poggiai le mani sul tessuto dei suoi boxer, li tirai più giù finché non li lasciai cadere del tutto lasciando libera la sua erezione.
    Mi stupii di quanto fosse rossa e pronta, Tom era terribilmente eccitato.
    La presi in mano sentendo i suoi denti stridere e la bocca degrignarsi, portai una mano sul suo ventre e lentamente mi chinai.
    Non avevo paura più di niente.
    Tom era l'unica cosa per cui avrei mai vissuto e che avrei mai voluto sentire insieme a me,
    dentro di me.

    Feci guizzare la lingua all'infuori dando una piccola leccata alla parte inferiore del pene.
    Tom spalancò gli occhi e mi afferrò i capelli con un mano lasciando poi la presa per non farmi del male.
    Il suo corpo fremeva, il suo corpo aspettava.
    Tom prima di stare con me aveva avuto migliaia e migliaia di ragazze, ragazze con cui stare ogni santissima notte.
    Da quando invece era divenuto il mio ragazzo, Tom era diventato una mia proprietà privata, e ovviamente doveva sempre ritrovarsi ad aspettare che io fossi pronto.

    Io per Tom ero sempre pronto.

    Infilai la sua erezione in bocca improvvisamente succhiando subito dopo mentre con una mano continuavo a massaggiargli il ventre.
    Afferrò le mie dita tra le sue, le strinse forte e lentamente iniziai a chinare la testa tentando di riuscire ad ospitarlo in bocca.
    Per Tom avrei fatto spazio e ce l'avrei fatta.
    Per Tom avrei fatto tutto.

    Succhiai assaggiando il gusto della sua erezione tra le labbra mentre i suoi gemiti rochi facevano risvegliare calorosamente qualcosa in me ancora imprigionato in dei boxer troppo tremendamente stretti.
    -Bill- ansimò ancora stringendo la mia mano ancora più forte.
    Succhiai un ultima volta tirandomi poi a sedere con rammarico mentre le mie labbra schioccavano.
    -Ti voglio dentro di me- mormorai portando le mie labbra accanto al suo orecchio.
    La sua fronte medita di sudore, il suoi occhi chiusi ed il respiro corto.
    Non feci in tempo a provare a baciare le sue labbra, le sue mani mi strinsero le spalle e mi trascinarono sotto di lui mentre con una mano mi sfilava i boxer lasciandomi completamente nudo.
    -Sono bagnato, eccitato e terribilmente innamorato di te. Non devi tentarmi- sussurrò facendo scendere una mano lungo le mie natiche.
    Piegai le gambe circondandogli il bacino mentre lentamente provava a forzare la mia apertura con un dito.
    Entrò rapido in me ed una strana sensazione mi avvolse del tutto lasciandomi sfuggire un gemito mentre lo piegava veloce.
    -Sei così caldo- mormorò spingendo un altro dito dentro di me.
    Serrai gli occhi lasciandomi invadere da una sensazione di calore che mi circondava le parti basse.

    Si sporse un poco e subito sentii le due dita sfilarsi da me.
    Rilassai i muscoli circondando con le braccia il suo collo e tirandomi leggermente a sedere come lui.
    Tirò fuori una boccetta dal comodino accanto al letto ed aprì la lozione portandosela intorno alle mani.
    -Cos'è- ansimai al suo orecchio mentre con le dita gli massaggiavo il collo.
    -Non voglio farti del male-
    -Non me ne faresti comunque-
    -Ed nvece sì...-
    Si premette la lozione sull'erezione strusciandola con cura.
    Mi stesi sotto di lui e lentamente aspettai che si sporgesse su di me.
    -Ti fa ancora male la testa?-
    -Un pò- ammisi io mentre lentamente si avvicinava alla mia entrata.
    Sentivo il suo calore premere eccitante su di me.
    Bofonchiò un "irresponsabile" mentre mi accarezzava la fronte con una mano.
    Poi si avvicinò alle mie labbra dandomi un bacio leggero, i nostri respiri che si scambiarono tra loro.
    -Posso entrare?- mormorò.
    -Sei già dentro di me, sempre- sussurrai mentre il suo bacino si spostava in avanti.
    La sua erezione scivolò nella mia entrata con una dolce spinta e finii per spalancare gli occhi stringendo i suoi rasta tra le dita.
    Entrò dentro di me e sentii un dolore immenso arrivare ad arrossire persino le mie orecchie mentre con lentezza si sfilava da me.
    -Fai piano- sussurrai stringendomi dinuovo a lui e lasciando che la sua erezione entrasse di nuovo in me.
    Mi baciò le labbra mentre afferrava la mia erezione con una mano e pompava lentamente con un movimento pigro e trascinato.

    Entrò in me ancora facendomi gemere, un pizzico di piacere che mi scosse le membra.
    -Tocca dinuovo lì- boccheggiai inarcando la schiena.
    Sorrise dinuovo spingendosi precisamente lì.
    Grugnì mentre aumentava le spinte e lentamente aumentava anche il mio piacere.
    Sarei voluto stare legato a Tom tutta la vita.
    Ma inevitabilmente prima o poi si sarebbe dovuto sfilare via.

    Venne dentro di me inondandomi con il suo liquido caldo mentre lentamente, come in una dolce tortura, venivo nella sua mano accasciandomi sul cuscino.
    -Sei bellissimo-pronunciò uscendo con lentezza da me.
    Mugugnai di dissenso sprofondando nell'incavo del suo collo.
    -Starò sempre accanto a te, anche se non dentro di te- surrurrò al mio orecchio mentre mi addormentavo esausto tra le sue braccia.





    *





    Mossi con attenzione la padella sul gas appena acceso versando un goccio d'olio ed aspettando che la pancetta friggesse.
    Sorrisi notando come Bill era intento a misurare con diligenza la pasta che poneva nella pentola mentre con la linguetta tra le labbra regolava lentamente il gas.
    -Sei sicuro che la ricetta dicesse che la pancetta dovesse cuocere così?-
    Ridacchiai di gusto quando poggiò le mani gracili sui fianchi ondeggiando il suo fantastico corpo in una posa altrettando sexy.
    -Non sono cieco, ho letto benissimo- sbuffò voltandosi poi per mettere i piatti in tavola.
    Mi spostai ad aiutarlo finché non dovetta girarsi a controllare la pancetta sul fuoco.
    Risi poggiando le braccia intorno alla sua vita mentre un poco alla volta lasciava cadere del sale sulla carne.
    -Tom!- rise lui mentre il suo intento di misurarlo in giuste dosi continuava a vacillare.

    -Si?- risi io facendo il solletico sul suo ventre.
    Scoppiò in una risata lasciando un altro pizzico di zsale sulla carne per voltarsi poi a controllare la pasta.
    -Dai che poi mi viene male- rise ancora tentando di liberarsi dalla mia presa.
    La stanza calda e illuminata che risuonava scossa dalle nostre risate.

    Tutto era così stranamente caloroso.
    Tutto era così dolcemente unico.
    Come in quei telefilm dove nel clima natalizio le famigliole ridevano felici.
    Ma quello non era un film, Bill era tra le mie braccia ed io felice lo ero davvero.
    Strinsi la presa voltandolo improvvisamente a me.
    Smise di ridere quando sorridendo alla sua espressione sorpresa mi impossessai nuovamente delle sue labbra.
    Il suo corpo che si lasciò andare alla mia passione rovente.

    Passammo così la serata, tra baci e carezze.
    Noi che non avremmo creduto mai di riuscire a trovare un briciolo di felicità.
    Ci eravamo trovati, non sapevo come ma era successo.
    Era successo che i nostri destini erano diventati un unico filo.











    Le nostre risate che oltre la finestra risuonavano in quel luogo oscuro alle orecchie di un ombra nascosta.

























    Autore: Me xD
    Rating: NC17
    Avviso: Angst; Adult Content; AU; Blood; Drug Use; Violence; Smut; Non-con;
    Genere: Long Fic
    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.
    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...



    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...







    « ● Hai paura della notte?




    image











    XXXVII Capitolo.




    La luce che filtrava indispettita dalle persiane socchiuse mi fece battere le palpebre mentre un rumore, fastidioso e silenzioso proveniva insistente dal comodino accanto a me.
    Battei ancora gli occhi tentando di abituarmi e di svegliarmi dal torpore del sonno mentre allungavo la mano verso il cellulare posto accanto a me.
    Provai a tirarmi leggermente più sù mentre ancora nel mondo dei sogni una testolina nera poggiava comodamente sul mio petto. Le ditina fine e bianche che stringevano senza un briciolo di forza la pelle lungo gli addominali.
    Sorrisi mentre premevo il tasto di chiamata aspettando che qualcuno parlasse aldilà dell'apparecchio.

    -Pronto?- mormorai, la voce ancora impastata dal sonno.
    Sentii la mano di Bill muoversi goffamente sulla mia pelle mentre il suo viso andava ad infossarsi accanto al mio collo.
    -Pronto!?- rispose una voce mentre con la mano libera accarezzavo lentamente la schiena del moro.
    La pelle morbida e calda sotto il tocco.
    -Andeas- sorrisi sentendo le dita del mio ragazzo stiracchiarsi lungo la mia pelle.
    -Ciao amico!- mi rispose, la voce composta e sarcastica come sempre.
    Aspettai che parlasse mentre mi sedevo comodamente sui cuscini.
    -Abbiamo delle notizie, belle fresche, ma per parlarne dobbiamo incontrarci a quattro occhi-
    -Interessante- mormorai.
    -Lo saranno, davvero-
    -Benissimo hai da dirmi altro?- ridacchiai mentre un musino nero faceva capolino accanto al capo di Bill.
    La testa del moro si alzò, gli occhi insonnoliti e i capelli arruffati, per poi sorridere al micetto che gli leccava una mano.
    -Buon giorno amore- sussurrai sporgendomi a dargli un dolce bacio sulle labbra.
    Rimase fermo, le guance rossiccie e gli occhi leggermente ancora lucidi, per poi sorridere dinuovo e sporgersi per baciarmi una seconda volta sulle labbra.
    -Giorno- biascicò accucciando la testa sul mio collo.
    Andreas trattenne per un attimo il respiro mentre percepiva il dolce clima mattiniero nel quale mi trovavo.
    -Allora?- mormorai accarezzando la schiena di Bill ma sicurissimo che lui stesso e non il micio stesse squittendo miagolando.
    -Ricordati del funerale, tutto qui.-
    -è oggi giusto?-
    -Si..-
    Sospirai guardando il muro davanti a me.
    -L'ora è la solita?-
    -Alle tre, davanti alla Chiesa dell'orfanotrofio-
    -Ci sarò- mormorai sorridendo a un Bill che mi guardava curioso.
    -Chi è?- mimò poggiando il mento sulla mia spalla.
    Ridacchiai. -Andreas-
    -Si?- mi chiamò l'altro.
    Bill sorrise, fece un piccolo cenno con la mano, e prima di chiudere la chiamata mormorai un -ti saluta Bill-.
    E potei giurare di sentire il cuore di Andreas scaldarsi proprio come aveva fatto il mio.







    Il momento del funerale non arrivò lentamente. La mattina era trascorsa silenziosa mentre spiegavo a Bill di un qualche mio amico che era morto, di un fenerale al quale saremmo dovuti andare.
    Quando aveva compreso che si trattava di Peter aveva alzato la testa di scatto sconvolto. Delle perle argentate avevano preso a scendergli dagli occhi mentre le sue labbra non smettevano un attimo di fremere.
    -L-lo conosco- aveva borbottato portandosi le mani davanti alla bocca.
    -Ci siamo conosciuti alla festa, era stato così carino con me, così buono-
    Singhiozzò mentre percorrevo la stanza e lo stringevo reprimendo i suoi singhiozzi.
    Avevo creduto in quel momento di non aver mai visto un ragazzo, o semplicemente una persona, essere dolce e sensibile quanto fosse Bill.
    Mi chiedevo se fosse successo qualcosa a me cosa mai sarebbe potuto accadere.
    Si sarebbe frantumato, come in quel momento continuava a piangere sotto le mie dita.
    Sarebbe caduto in pezzi diventando polvere nel bel mezzo di una tempesta.
    Ma se io fossi davvero finito male in quella faccenda o in qualsiasi altra cosa sarebbe accaduta in futuro, avrei di certo fatto sì che prima di andarmene qualsiasi vento, pronto a spazzarlo via, svanisse.
    Forse, io sarei finito proprio per colpa di quello.

    Stringevo la sua mano mentre teneva gli occhi bassi e colmi di lacrime che però tentava in tutti i modi di fermare.
    Lo faceva per me, per darmi un pò di coraggio. Ma in quel momento il mio cuore era vuoto, il coraggio...non aveva importanza.
    Il cielo, sul cimitero di Berlino, era plumbeo come ogni pomeriggio di gennaio che si rispetti.
    La pioggia preannunciava di scendere da un momento all'altro. La fioca luce del sole di un pomeriggio prossimo al meriggio illuminava la terra con una luce opaca e scintillante, mentre la fossa era aperta, davanti ai nostri occhi, e il prete continuava a parlare e a recitare la sua messa.
    Una bara di un legno rovinato scendeva, trabballante, nella terra dell'inferno e noi, nei nostri abiti neri, la guardavano sparire non proferendo parola.
    Vi era una bambina accanto a quel prete. Stringeva una mano a una signora e riconobbi sotto un velo nero gli occhi di una madre distrutta, la bambina tremante che chiedeva incostantemente perché suo fratello fosse lì, perché non lo aiutassero a farlo uscire dalla cassa.

    Sentii un singhiozzo provenire accanto a me,strinsi la mano ancora di più lasciando che le sue dita si stringessero intorno a quella sinistra, poggiandogli la destra sulla spalla e facendolo appoggiare a me congiungendo le nostre dita sul suo ventre piatto.
    Georg era accanto a noi, vi era Andreas, riconobbi in buona parte in quei volti tutta la nostra banda.
    Amici di infanzia che erano sempre vissuti con lui.
    Perché quando fai parte di questa vita sai che qualcuno potrebbe cadere sotto un colpo di pistola e l'unica cosa che puoi fare è piangerci sù e lasciare che questa merda persista continuando incontrollata a prendere piede.
    Non si può ribattere, non ci si può ribbellare, e se la vittima diventa un tuo amico, un tuo fratello o persino tuo figlio, non resta che ingoiare il boccone amaro ed alzare lo sguardo, perché serbare vendetta era l'unica cosa che mandava avanti quella putrida società.

    Non aspettai che la bambina iniziasse a piangere mentre lentamente ricoprivano la tomba, non aspettai che la madre scoppiasse nel suo dolore sconquassando i cuori deboli di tutte quelle persone accanto a sè.
    Voltai Bill verso il mio petto e lo strinsi a me, sia per lui che per me stesso, sentendomi stranamente vuoto, sentendomi completamente in balia di quel vento che tirava tra le folte chiome dei cipressi lungo il viale della chiesa.
    Quando iniziò a piovere fui sicuro che il funerale fosse quasi giunto al termine, ombrelli di svariati colori si aprirono rovinando l'atmosfera buia che era andata a crearsi accanto a noi, come a sottolineare che la vita continuava. Come a sottolineare che tornati a casa tutto sarebbe tornato come prima, solo con una voragione nel petto in più.
    Mi chiesi se quel vuoto lo stessi provando solo io, ma notando il volto di Gustav accanto a me potei capire che di certo non ero l'unico.

    James era davanti a noi, gli occhi puntati su quella bambina.
    Ricordai quando morì suo fratello per colpa del solito schifo. Quando con le manine strette a quelle di mia madre avevo osservato William scendere in quella bara bianca nello stesso modo nel quale era scomparso Peter.
    Ricordavo James, all'epoca ancora un ragazzo, che si contorceva le mani guardando insistentemente la bara, stringendo sua madre tra le braccia proprio come io stavo facendo con Bill.
    Gli occhi nei quali nasceva lentamente una vendetta che avrebbe dato lo scopo di un altra sola e trististissima vita, vendetta oramai fiamma dei cuori di chi, schiacciato da un qualsiasi dolore, si sarebbe spenta.
    Scostai gli occhi dalle sue mani e le spostai su di lui.
    I nostri occhi si incrociarono, la situazione si ripetè ancora, e ricordai quando a morire fu un'amico di James.
    La memoria percorse in fretta il tempo passato focalizzandosi sull'immagine di quello stesso cimitero di tanti anni fà.
    James stringeva William tra le braccia, la sua testolina bionda che sussultava mentre le lacrime bagnavano la camicia spiegazzata del fratello.
    Aveva stretto il piccolo come in quel momento io stringevo il mio piccolo ragazzo a me.
    Poi però William era morto, William che non c'entrava niente in tutto quello, lui che era l'unico in quel posto che sembrava davvero essere diverso.
    Che non sarebbe mai dovuto essere lì.
    William però non poteva scegliere se restarci o meno.
    WIlliam viveva lì, Bill invece poteva sperare di fuggire e salvare la sua vita dal peccato.

    Un bussare sulla schiena mi fece destare, Andreas, in una giacca nera ed una sciarpa del medesimo colore che gli coprima il collo, accennava un sorriso quanto più adeguato alla situazione.
    Bill si scostò, il trucco nero ancora ben saldo intorno agli occhi, qualche linea più scura che imperterrita gli rigava la guancia.
    Sorrisi e portai una mano sul suo viso cancellandole con il pollice e infondendogli un pò di quella sicurezza che in quel momento avrei voluto io.
    -Ciao- pigolò guardando Andreas mentre continuava a stare con le lunghe dita avvinghiato a me.
    -Ciao- sorrise quello scompigliandogli i capelli con una mano.
    Il suo sguardo, dolce e triste posato su di lui si spostò poi di nuovo su di me, e la sua autorità tornò a farsi notare, il caro vecchio Andreas che mai niente e nessuno era riuscito a scalfire.
    Se non un tenero sorriso di Bill.
    -Io e Josh ti dobbiamo parlare-
    Vidi Bill scostarsi impaurito -te ne vai?- mormorò guardandosi intorno spaesato.
    Poi un ombrello sostituì quello nero di Gustav e il viso di James fece di nuovo capolino mentre dolcemente poggiava una mano sulla spalla di Bill.
    -Ti aspettiamo qui, ci sto io con lui, non ti devi preoccupare-
    Sorrisi, sorrisi a Bill e poggiai le mie labbra sulle sue.
    Il contrasto con il gelo e quella pelle calda lasciò che la mia testa girasse vorticosamente per un attimo.
    -Ti amo, non muoverti da qui-

    Detto questo salutai con un cenno James e mi voltai verso la foschia dei cipressi che adombravano la zona.
    Josh sotto quell'albero che si contorceva le mani.
    Qualcosa non andava, e per un attimo anche io mi scordai di ciò che era successo a Peter, di ciò che era appena accaduto, tornando alla mia vita con un buco nel cuore in più.
    Andreas sospirò affranto.

    Tornando ad una vita che infondo lì conducevamo tutti.




    *






    Tom tornò poco dopo da me. Ero rimasto così, in piedi accanto a quello strano James, i suoi occhi che scrutavano i miei.
    Una sensazione di dolore e di spaesatezza mi avevano stretto il cuore lasciandomi senza fiato ogni due per tre.
    Non sapevo cosa fosse, non capivo perché quell'uomo mi facesse quell'effetto.
    Sapevo soltanto che mi aveva chiamato, mi aveva detto: Bill.
    E per un attimo nella mia testa un fuoco d'artificio era esploso proprio accanto agli occhi, offuscandomi la vista per una decina di secondi.
    -Hey- mormorò prendendomi al volo mentre mi faceva sedere su una panchina accanto a noi.
    Il freddo incrementava il vuoto che sentivo in faccia e sulla pelle, la sua voce risvegliava in me un qualcosa che la mente mi impediva di ricollegare.
    Sapevo solo che qualcosa si mostrava davanti ai miei occhi.
    La scritta: Allarme.
    Quella persona aveva a che fare con qualcosa che era stato nel mio passato.

    La testa vorticò di nuovo e mi ressi inconsciamente lungo i bordi della panchina in legno.
    -Bill?-
    Non lo stetti a sentire.
    Se c'era, se c'era un qualcosa che poteva aiutarmi a capire il mio passato dovevo trovarlo, trovarlo per me e per Tom, riuscire ad eliminare tutto quello che poteva renderlo in un qualche modo stufo di me. Io non volevo che si arrabbiasse per la mia condizione. Io non volevo essere un peso per lui.
    Dove? Dove avevo già visto quel ragazzo nella mia vita?
    In che occasione? Ma più che altro chi era?
    Mi sforzai di ricordare sentendo la testa vorticare instabile. Scavalcai anche quello.
    Chi era lui?

    -James!- urlò Tom avvicinandosi a noi.
    James, era vero.
    Quello...era il suo nome.


    Lui ...era James.





    -Il lupo ci prenderà- canticchiò prendendomi le mani.
    -è una canzone tremenda- ridacchiai guardandolo mentre mi accarezzava il viso.
    -Non è tremenda, è la canzoncina di questo gioco- mise il broncio guardandomi con i suoi occhioni.




    Sbattei le palpebre mentre un qualcosa, un torpore conosciuto mi riscaldava la mente filtrando le voci di un qualcosa di tremendamente lontano.

    -Tom non so che succede, credo non si senta bene.-
    -Cosa?-

    -Ma se siamo nascosti per non farci prendere, che la canti a fare, così ci troverà- sussurrai io avvicinando le mie labbra alla sua morbida e bianca guancia.
    Gli scoccai un bacino e subito iniziò a ridere per il solletico.
    -Zitto- sibilai gonfiando le guanciotte.
    -Eccolo, arriva, arriva il lupacchiotto-



    -Bill?- mormorò Tom sedendosi sulle ginocchia davanti a me e prendendomi le guange gelide tra le mani. Scontrai i miei occhi nei suoi ma un'altra immagine, un'altra immagine si stava sovrapponendo alla sua.

    -Ah ah, vi ho trovati- ridacchiò aiutandoci ad uscire.

    -Tuo fratello è veramente bravo-



    -Bill? piccolo?- Sbattei gli occhi, l'immagine stava pian piano scomparendo.
    No, non doveva, io dovevo sapere, lo volevo, lo pretendevo.
    Mi sforzai di ricordare notando l'espressione di Tom farsi preoccupata.
    Non ancora, non doveva preoccuparsi.
    C'ero quasi, l'avevo quasi afferrato quel pezzo di vita.
    Stava lì, davanti a me.
    Mi sforzai ancora ed un lampo mi trapassò gli occhi. Le tempie bruciarono mentre con un gemito di dolore cadevo in avanti tra le braccia di Tom.
    -Dannazione- mormorò tirandomi in piedi accanto a lui e reggendomi in braccio con facilità.
    -Bill-
    Un attimo Tom.

    -Bill?-
    Aspetta Tom ci sono quasi.
    Dove era finito William? Cosa era successo poi?
    Spalancai gli occhi.

    -Chi è William?- mormorai.

    Tom spalancò i suoi, James si irriggidì guardandomi insistente, pareva teso, colto alla sprovvista.
    James conoscevsa William perché James...


    -Naaa- rise il piccolo guardandomi negli occhi
    -James è soltanto molto bravo a scovare le persone. Sai che nella banda lui è quello che fa la spia?-
    -Spia è una parola grossa- ridacchiò il grande poggiando una mano sulla testa del fratello.



    James era il fratello di William.
    William era... william era stato il mio migliore amico di sempre.
    Il migliore amico che mi aveva salvato dalla solitudine della vita che conducevo.
    Colui che avevo aspettato con ansia dopo che tutto, tutto poi era rotolato via.
    Colui che... non era più venuto a trovarmi in quel letto di ospedale.
    Non dopo quella notte.

    Sentii le palpebre farsi pesanti e mi lasciai andare completamente tra le braccia di Tom.
    Era lì, mi stringeva a sè, e lo vidi baciarmi la fronte dolcemente e coprirmi con la sua grande felpa.
    -Non credevo..ricordasse ancora di lui- mormorò James portandosi una mano sulla faccia.
    -Non potevo nemmeno immagginare che lo conoscesse- disse Tom, per poi fissarmi negli occhi semi chiusi.

    -Forza piccolo- sorrise
    -è l'ora di riposare, si è fatto tardi-
    -Vuoi il mio ombrello Tom? Piove a dirotto e prenderete freddo-
    Sorrise dinuovo il mio amore stringendo a sè il manico e la mano di James.
    -Tornerò a casa con Gustav-
    -Grazie mille James-

    Detto questo si voltò tenendomi in braccio e con un ultimo cenno del capo a Georg si allontanò lentamente verso la macchina dell'amico.
    Gli occhi di James che mentre andavamo via chiedevano perdono.

    Perdono per tanti segreti che avrebbero fatto male in primo luogo a me... e poi a Tom.




    *






    Tornammo a casa che il tramonto illuminava le strade di Berlino. L'aria gelida guizzava tra le chiome del vento mentre la pioggia, che da poco aveva smesso di cadere, lasciava lo spazio ad un arcobaleno inesistente.
    Richiusi la porta dietro di me e lasciai che Bill si stendesse lungo il divano mentre correvo in cucina a preparare un thè o qualcosa di caldo che avrebbe potuto aiutarlo.
    Si teneva la testa tra le mani.
    Sospirai appoggiandomi al fornello mentre l'acqua iniziava lentamente a bollire.

    Una volta tornato davanti al divano lo vidi guardare il soffitto, gli occhi aperti e le labbra dischiuse.
    -Hey...-sussurrai avvicinandomi e posando un bacio sulla sua testa.
    -Mi dispiace...-
    -Non dirlo nemmeno per scherzo-
    Il silenzio filtrava nelle pareti, l'aria dolce e vagamente illuminata che circondava il nostro piccolo nido d'amore.
    -Sei così dolce- sussurrai avviccinando il mio viso al suo e toccando il suo naso con il mio.
    Sorrise e mi sentii rinquorato per questo.
    -Cosa prepari di buono?- biascicò mentre dolorasamente provava a tirarsi a sedere.
    Lo aiutai accarezzandogli i capelli mentre mi tiravo lentamente in piedi.
    -Thè-
    -Amo il thè- sussurrò mettendosi in piedi ed aggrappandosi a me.
    -Io amo te-
    -Anche io...lo sai-
    Mi baciò le labbra con una leggera pressione.
    -Vorrei poter ricordare tutto, e quando accadrà potrò essere libero da questo male che ci opprime Tom-
    Affondai il viso nei suoi capelli mentre annusavo il suo dolce odore.
    -Per quanto possa fare male. Perché ti amo troppo...-
    -Non voglio che ti faccia del male per me.-
    -Potrei vivere qui, senza nessun problema, insieme a te, per sempre, ma prima o poi dovrò scoprire cosa è realmente accaduto-
    -Non voglio che tu soffra-
    -Io soffro se tu non sei accanto a me-
    Mi guardò negli occhi, come a scrutarmi l'anima.
    Lo baciai ancora e lo trascinai in cucina.
    -Nessuno ti farà del male. Scoprirò chi è stato quello che te l'ha fatto, io lo ucciderò con le mie stesse mani Bill-
    -Io non voglio che tu uccida, ti porterebbero via da me-
    -Io non me ne vado!-
    -E allora...non fare queste cose Tom!-

    Poggiai la mia mano sotto il suo maglioncino risalendo fino al petto magro.
    -Sei troppo fragile per stare accanto a me.-
    -Non vivrei una vita senza te-
    -Rischi dei guai, rischi di impazzire-
    -Io sono già pazzo, guardami Tom, guardami!-
    I suoi occhi lucidi si posarono nei miei e le sue parole ruppero il silenzio intorno a noi.
    -Io sto già impazzendo. Ogni giorno che passa la mia lucidità, la mia lucidità va via. Ogni volta che accade qualcosa, una parte di me scompare-
    -Io eviterò che accada-
    -Allora aiutami a ritrovare me stesso Tom, senza andare via...-
    -E te aiuta me ...Bill...-
    Si tuffò sul mio collo mordendolo e lambendolo con le labbra mentre stringeva e strappava la maglietta.
    Lo afferrai per i fianchi, gemette nel mio orecchio mentre lo lasciavo sedere sopra il tavolo e levavo il suo maglione lasciando che i capelli gli ricadessero morbidi sulle spalle.
    -Fammi tuo Tom, di nuovo. Fammi dimenticare quello che ho visto oggi-
    -Cosa hai visto Bill?-
    Sussultò.
    -Ho visto il mio dolore in faccia-

    Aprii il bottone dei suoi pantaloni strattonandoli sulle sue coscie e lasciandoli cadere a terra.
    Sentii la sua pelle tremare e sfiorai con le dita quella cicatrice lungo la sua coscia.
    -Tom?-
    -Dimmi- sussurrai prendendo le sue mani nelle mie.
    Sorrise.
    -Niente...-
    -Niente- ridacchiai tirandolo a me e baciandogli le labbra.
    Sbottonò i miei jeans lasciandoli ricadere lungo la pelle ambrata.
    Divorò le mie labbra mentre affamato percorrevo il suo gracile corpo sotto le mie dita.
    Non parlammo molto quella sera, forse non ne avevamo davvero bisogno, non quanto il bisogno l'uno del corpo dell'altro.

    Il bollitore bollì fino a far sì che metà dell'acqua evaporasse disperdendosi nell'intera cucina.
    I nostri gemiti che coprirono, insieme ai tanti sospiri, il silenzio di quel piccolo luogo.
    Il tavolo che divenne quella sera protagonista della nostra dolce perversione.



    Il telefono che inascoltato suonava dall'altra parte della casa.









    Al segnale acustico registri il suo messaggio

    Tom, sono Andreas.
    Vogliono che ti dica queste cose:
    Lui vincerà sempre e comunque, qualsiasi cosa tu non voglia dargli, qualsiasi cosa tu protegga come un diamante raro stretto tra le braccia.

    Tieni al sicuro quel diamante Tom, sento puzza di guai.
    Aspetto di parlarti appena puoi.

    L'aria sta diventando davvero irrespirabile a Berlino.






























    *******
     
    Top
    .
994 replies since 8/3/2009, 11:23   50445 views
  Share  
.