≈ Still Love Me, Bill?

●NC17 ●Angst ●Non-Con ●Drug Use ●Violence ●Twincest Not Related ●Adult Content ●AU ●Smut ●Language

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  1. Feffì
     
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    Uhuh, che bello ti ricordi di me *.*
     
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  2. Destiny Hope Schafer
     
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    davvero bella!!!!!!
     
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  3. Feffì
     
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  4. •Blue Schreiber
     
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    CITAZIONE (Destiny Hope Schafer @ 27/9/2010, 15:38)
    davvero bella!!!!!!

    Grazie mille *^*

    CITAZIONE (Feffì @ 28/9/2010, 15:57)
    Up

    Feffi ma tu l'hai letta fino al settimo capitolo nell'altro forum xDD
     
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  5. Feffì
     
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    si XDDD ma ci tengo a rileggerli quì ù.u
     
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  6. •Blue Schreiber
     
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    CITAZIONE (Feffì @ 29/9/2010, 13:45)
    si XDDD ma ci tengo a rileggerli quì ù.u

    wooow xDD
    Grazie *-*



    Comunque è quasi fine settimana e ho il tempo di mettermi a scrivere *w*
    non vedo l'ora, ho tante cose in mente e voglio scriverle xD
     
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  7. •Blue Schreiber
     
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    Ed eccomi qui : DD
    Mi dispiace di avervi fatto aspettare troppo per questo capitoletto ma purtroppo l'ispirazione sembrava essermi passata del tutto.
    Dentro di me però avevo una gran voglia di scrivere per questo mi sono munita del mio metodo invincibile:
    Dopo aver ascoltato per 7 ore di fila il Requiem For A Dream di Mozart eccola di nuovo!
    Diciamo che questo capitolo (come tutti) sono stati scritti con questa base musicale ed è per questo che vorrei chiedervi di ascoltarla mentre leggete questo capitolo.


    La canzone la trovate qui in basso:
    Requiem For A Dream By Mozart

    Ok, il video non c'entra un ficoletto secco ma mi serviva solo la colonna sonora, al limite potete ascoltare il Requiem in una finestra e il capitolo in un altra.
    Di sicuro starete pensando ''mamma e quanto rompe per un capitolo'' ma mi serve.
    Detto questo vi auguro una buona lettura.


    Licenza Creative Commons
    Still Love Me, Bill? By •Blue Schreiber is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.





    Titolo: Still love me, Bill?
    Autore: •Blue Schreiber
    Genere: Slash
    Raiting: NC-17
    Avvisi: Angst, Adult Content, AU, Drug Use, Language, Twincest Not Related, Romantic, Non-Con, OOC, Smut.
    Pairing: Tutti i personaggi descritti non sono di mia proprietà, questa storia viene pubblicata senza alcuno scopo di lucro.
    Riassunto: -Tu sei Bill Trümper vero?- disse contorcendo le labbra in un ghigno malizioso.
    -S-si- risposi tremando fra le sue braccia.
    Portò la sua possente mano sotto il mio mento per poter alzare il mio viso, permettendogli così di cogliere la paura che era nata in me.




    Cosa voleva Tom Kaulitz da me? Mi ritrovai a pensare sull'orlo delle lacrime.




    « Still Love Me, Bill? »



    image








    CAPITOLO IV


    Guardai la mia immagine riflessa nello specchio, scrutai a fondo la mia figura facendomi quasi schifo.
    Osservai attentamente i miei occhi gonfi e rossi, osservai attentamente le mie labbra forse troppo gonfie.
    E in quel momento chiesi a me stesso: perché lo hai fatto Tom?
    E in quel momento chiesi a me stesso: perché piangi Tom?
    Mi sforzai ma nonostante tutto non riuscivo a darmi delle risposte.
    Chiusi gli occhi lasciandomi andare a me stesso e solo in quel momento, sentii nascere dentro di me un grido che squarciò le mie membra per poi colpire me stesso.
    Colpii la mia immagine riflessa nello specchio.
    Sentii mille pezzi di vetro galleggiare nell'aria per poi infrangersi sul pavimento, un rumore sordo, un rumore vuoto, guardai quello che restava dello specchio prima di lasciarmi andare una volta per tutte a quello che ero veramente.
    Mi lasciai andare sul pavimento bianco e freddo, guardai con gli occhi appannati le piccole schegge di vetro nelle quali vedevo il riflesso della notte scura e tetra.
    In quel preciso momento desiderai che la morte abbracciasse anche me, così come aveva fatto con mio padre.

    *

    Le lacrime bruciavano sulle mie gote come tizzoni ardenti.
    Non riuscivo a sentire nulla se non la pioggia gelida scivolare lungo il mio corpo caldo e ansante.
    Mi lasciai prendere dalle convulsioni strappando con le unghie il pavimento bagnato, strinsi i denti come a voler massacrare la mia mascella.
    Tentai di strappare piccoli lembi di pelle dal mio braccio ma per quel mio gesto ottenni nulla, se non dei cerchi rossastri sulla mia pelle diafana.
    -BILL- aprii di poco gli gli occhi guardando la pozza d'acqua davanti a me.
    -Gus..- sussurrai ancora ansante, senza riconoscere la voce che sembrava avesse invocato il mio nome pochi secondi prima.
    Stavo sognando?
    Dal più profondo del mio cuore pensai di no.
    -G-g-usta-v- balbettai singhiozzando pesantemente.
    Dov'era lui?
    Dov'era la mia ancora di salvezza?
    Dov'era l'unica persona di cui io mi fidassi ciecamente.
    -BILL- sentii gridare più forte, ormai convinto che fosse tutto frutto della mia fantasia.
    Non era cosi.
    Non questa volta.
    Sentii dei piedi battere ritmicamente sul pavimento bagnato facendo schizzare acqua ovunque, sentii quel rumore farsi sempre più vicino, fino a sentire due mani fredde prendermi per i polsi violacei e tremanti.
    -Gustav-sussurrai di nuovo alla mia anima tentando di placare o soffocare quel dolore che mi lacerava con il nome di quello che era il mio unico amico.
    -Gustav- ripetei ma stranamente non riuscii a sentire nemmeno la mia voce, non sentii niente se non il pianto disperato di Gustav.
    Riuscii solo ad ascoltare le sue grida rimbombarmi nella testa per poi lasciarmi andare al buio della notte che era scesa facendo chiudere i miei occhi.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -vieni con me Bill- disse in modo agghiacciante, guardandomi fisso negli occhi.
    -Cos'altro vuoi?- gridai con quanto fiato avessi in gola.
    -Cos'altro vuoi?- gridai nuovamente facendo bruciare la mia gola.
    Ma lui non mi rispondeva, preferiva restare davanti a me e guardarmi con quel sorriso che tanto amavo, quel sorriso che mi aveva fatto innamorare di lui.
    -LASCIAMI- gridai senza alcun motivo iniziando a tremare, mi accasciai a terra afferrandomi i capelli per poi tirarli violentemente.
    -Perché?-continuai a gridargli contro.
    Portai una mano sul mio stomaco stringendolo forte, strizzai gli occhi e serrai la mascella.
    -Perché?- gridai nuovamente senza ottenere risposta.
    Lui era ancora lì davanti a me che mi guardava e sorrideva.
    -Rispondimi- gridai lasciando uscire lacrime color ebano dai miei occhi a causa del trucco che li contornavano.

    Lo sentii ridere per poi inginocchiarsi davanti a me.
    Prese il mio mento fra le dita, avvicino le sue labbra alle mie sussurrando
    -Io ti avrò tutte le volte che voglio-








    -Bill.- sentii sussurrare.
    Aprii leggermente gli occhi ancora impastati dal sonno.
    Gustav era seduto affianco a me, una sua mano premuta sulla mia.
    -come stai piccolo?- mi chiese ma ero troppo intontito per capire cosa mi avesse chiesto e quindi non potei elaborare la mia risposta.
    Gustav nonostante tutto sembrò aver capito.
    Lasciò scivolare la sua mano sulla mia strofinandola dolcemente mentre i suoi occhi erano costantemente puntati su di me.
    -chi è stato?- mi chiese ancora.
    Osservai dettagliatamente le linee del suo viso quando riuscii ad intravedere sotto la flebile luce della lampada una lacrima scivolare sul suo viso e morire al lato delle sue labbra.
    Il cuore mi si strinse in una morsa dolorosa, una morsa che mi tolse anche il fiato.
    -non è successo nulla- mentii senza sapere nemmeno il motivo.
    -Bill chi ti ha fatto del male? Chi è stato? Dimmelo Bill.- il suo tono di voce era neutro, non lasciava fuoriuscire nessuna emozione.
    Eh sì, pensai, questa è un'altra caratteristica di Gustav.
    -Gustav...- sussurrai.
    -Bill eri steso a terra, privo di forze e di sensi, continuavi a balbettare il mio nome con lo sguardo assente, eri pieno di sangue e nudo.- marcò l'ultima parola incastonando i suoi occhi castani nei miei.
    -Gus..- tentai di dire, perché gli stavo mentendo?
    Per difendere lui?
    -Gus..- sussurrai piano prima di iniziare a singhiozzare.
    Portai le mani sul mio viso per coprirlo.
    -Mi dispiace- riuscii a dire tra un singhiozzo e l'altro.
    Lo sentii abbracciarmi per poi lasciarmi un casto e dolce bacio sulla fronte.
    -Sono io che chiedo scusa a te, ti ho fatto una promessa che non sono stato in grado di mantenere- disse stringendo la presa intorno a me.
    Portai le mie braccia a cingergli il collo per respirare più a fondo il profumo caloroso ed accogliente di Gustav.
    Mi sentii inebriato da quell'essenza dolce e profumata.
    -ti voglio bene- sussurrai, ed era vero.
    Gliene volevo davvero tanto.
    Chissà cosa ne sarebbe stato di me se non avessi avuto lui al mio fianco.
    -Come hai fatto a sapere che ero sul retro della scuola?- domandai strizzando gli occhi tentando di scacciare quel ricordo che aveva affollato la mia mente.
    -Ti ho sentito gridare- disse soltanto facendo scivolare la sua mano lungo la mia schiena.
    -Ma adesso credo anche di aver capito chi è stato.-
    Richiusi gli occhi tentando di non ascoltare le sue parole, mi chiusi in un mondo tutto mio.
    Mi lasciai andare tra le calde braccia di Gustav.
    Braccia che non mi avrebbero mai più lasciato andare.

    *

    Aprii piano gli occhi costatando dopo un po, che ero in bagno.
    Tentai di guardarmi intorno, quando mi voltai verso il lavandino mi soffermai a guardare il tappeto di vetro steso sul pavimento.
    Lo guardai ancora per un altra manciata di secondi per poi fare leva sul lavandino per potermi alzare, sentii una fitta al braccio talmente forte da farmi gridare.
    Scrutai con sguardo attento il mio braccio sanguinante, una piccola scheggia di vetro era addormentata nel mio braccio, la strappai via piano lasciando colare lungo il mio braccio un rivolo di sangue caldo e rosso.
    Lo stesso braccio che era stato marchiato tanti anni addietro.
    Su di me, giacevano ancora quei segni...
    Dopo aver riacquistato la forza nelle mie gambe mi alzai dirigendomi verso il lavandino dove aprii la fontana con l'acqua gelida.
    Vi passai il mio braccio più volte lasciando colare il sangue sul lavandino candido e bianco.
    Se questo fosse successo il giorno prima, avrebbe gridato e sbraitato per tutta la nottata ma visto che era successo quella sera la sera in cui aveva abusato di Bill, l'unica cosa che gli venne in mente di dire era me lo sono meritato.
    Andai verso il mio letto ormai troppo stanco per fare altro, mi lasciai cadere sulle lenzuola pallide per poi guardare il soffitto come se fossi ammaliato da quest'ultimo.
    Sbuffai sonoramente guardando il mio braccio ancora bagnato.
    Non lo avevo fasciato e nemmeno disinfettato.
    Se avrei preso un infezione, pensai, sarebbe stato ancora meglio.
    Quanti modi ancora c'erano per punirsi? pensai prima di lasciarmi abbracciare da Morfeo che arrivò come al solito nel silenzio più totale.


















    -Perché mi fai questo mamma?- domandò un bambino con le gote bagnate dalle lacrime, ormai in preda alla paura.
    -Tom, piccolo stai fermo-affermò la donna bionda afferrando suo figlio per un braccio.
    Il piccolo tentò di divincolarsi ma fu tutto inutile.
    La donna che poco prima stava fumando la sua sigaretta mentre vedeva suo figlio giocare, ad un certo punto si era alzata con uno strano ghigno dipinto sul viso.
    Allontanò la sigaretta dalle sue labbra rosee e carnose per poi schiacciarla sul braccio del bambino, che prontamente lanciò un grido di dolore non appena il suo corpo percepì il dolore della scottatura.
    -mamma- gridò il bambino con quanto fiato avesse in gola, poté giurare, infatti di sentirla bruciare.
    -mammina- sussurrò tra i singhiozzi il piccolo bambino.
    -stai fermo piccola peste- rispose prontamente la madre con uno strano sorrisetto.
    -MAAMMINAA MI FAI MALE- gridò il bambino ma niente sembrava calmare quella che era sua madre.

    Ad un certo punto si udì una porta aprirsi al piano di sotto.
    La donna prontamente sorrise al bambino avvicinandosi a lui per poi baciarlo sulla fronte.
    -non è niente tesoro ma non lo devi dire a tuo padre o stasera viene l'uomo cattivo e ti porta via- disse infantilmente ma con una punta di perfidia nella voce.
    Il bambino la guardò ancora con le piccole labbra gonfie, con gli occhi ingrossati e tremendamente rossi.
    -perché mammina?- chiese alla donna ma in cambio ricevette solo un altro ghigno malizioso.

    La porta si aprì rivelando un uomo sulla trentina, alto, dai capelli biondo cenere e gli occhi del color delle nocciole.
    Quest'ultimo guardò suo figlio in lacrime per poi puntare il suo viso corrugato verso la donna che prontamente aveva afferrato una altra sigaretta e l'aveva accesa sotto gli occhi del marito sorridendogli appena.
    -cos'hai fatto a mio figlio- chiese acidamente.
    -questo marmocchio piange per ogni minima cosa- rispose la donna con non curanza.
    Il padre non esitò a stringere il piccolo corpicino del figlio fra le sue braccia, baciandogli la fronte per poi posare il suo casto bacio sulla ferita ancora calda.
    -piccolo mio, vado a prenderti uno straccio bagnato- disse per poi allontanarsi verso il bagno.
    La donna prontamente afferrò di nuovo il figlio bloccandogli con un braccio la vita e le braccia e con l'altra gli tappava la bocca.
    -hai fatto la spia...- sussurrò sulle sue orecchie -stanotte verrà l'uomo nero e ti porterà via- insinuò facendo tremare il figlio.
    Un bambino che temeva di andare a dormire.
    Un bambino che temeva di essere strappato via dalle mani del genitore.
    Riprese a singhiozzare prima di cogliere l'immagine di suo padre entrare con violenza nella camera e strappare tra le mani della donna quello che era il corpo di suo figlio.
    Il suo amato figlio.








    Riaprii immediatamente gli occhi trovandomi completamente imperlato di sudore, portai le mie mani sulle labbra gonfie poi le feci salire tastando le mie gote bagnate.
    Erano lacrime o era sudore?
    No, lui poté giurare che quelle fossero lacrime.
    Le ennesime lacrime che non smetteva di versare per suo padre.
    Il suo amato padre.







    Quando avrebbe smesso di sbagliare?
    Quando avrebbe smesso di soffrire?











    ✘✘✘✘





    NDA: Note dell'autrice?
    Beh non so che dire in realtà o forse sì.
    Prima di tutto vorrei ringraziare tutte le persone che nonostante questa Twc non sia granché continuano a seguirla.

    Vi ringrazio anche per le tante pagine di commenti.

    Infine parliamo del capitolo... lo avete letto e non è ancora quel granché e questo non lo dico per falsa modestia, purtroppo non riesco a farmi piacere questo capitolo ma mi serviva per il prossimo.
    Spero che continuate a leggerla e grazie ancora <3
     
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  8. AngeKaulitz96
     
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    A me piaceee!!!Continua prestooo!!!
     
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  9. •Blue Schreiber
     
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    CAPITOLO V



    Qualche piccolo raggio fuoriuscito dalla finestra mi fece aprire gli occhi ancora impastati dal sonno.
    Guardai la piccola sveglia postata sul mio comodino e osservai attentamente l'ora.
    È ancora presto, pensai prima di abbandonarmi nuovamente sul cuscino di seta candido e bianco.
    Mi soffermai a guardare un punto indefinito del soffitto per poi gettare lo sguardo sul mio braccio, c'erano piccoli segni su di esso.
    Piccoli cerci rossastri facevano da cornice ad una mia vena poco sporgente.
    Quanto male mi faceva solo guardare quelle ferite che adesso non erano più sole, accanto a loro, infatti, c'era un taglio non abbastanza lungo ma molto profondo.
    Lo guardai attentamente per poi strizzare gli occhi, nel farlo però, scesero dai miei occhi piccole lacrime.
    Erano piccole ma cariche di dolore, lo sentivo, lo sentivo dentro...
    Portai il mio pugno chiuso ad asciugare le lacrime che erano cadute prepotentemente dai miei occhi, dopo mi limitai solo a guardare i miei piedi, colpevole di qualcosa che mi stava portando via anche la vita.
    Non riuscivo ad ammettere quello che avevo fatto a Bill ma oltre a questo non riuscivo a capire il perché mi faceva cosi male pensare a quello che avevo fatto, perché mi importava così tanto.

    Un essere marchiato dal male fin da piccolo può amare?
    Queste furono le ultime domande di Tom.

    *

    Riempii la vasca per poi immergermi in quella piccola distesa di acqua, mi lasciai scivolare su di essa per poi soffermarmi a fissare il soffitto.
    Avrei tanto voluto osservare il mio corpo, un corpo che era stato di Tom, forzai i miei occhi obbligandoli a guardare quello che rimaneva di me.
    Sulla mia coscia era nato un livido violaceo, un livido che mi ricordava il suo volto.
    Un volto che però non abbandonava i miei pensieri mai, pur volendolo con tutta la mia mente e con tutto il mio corpo ma nonostante tutto, mai con il cuore.
    Non riuscii a fermare l'ennesima lacrima che improvvisamente rigò il mio viso.
    Perché mi hai fatto questo Tom? Perché? Dammi solo una valida ragione ed io continuerò ad amarti.
    Ma era possibile amare una persona che aveva abusato di te?
    Non lo sapevo, non sapevo dare una risposta neanche a questa mia domanda.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -l'hai messa la cintura?- sentii dire alle mie spalle.
    Quando mi voltai i miei occhi si persero in una distesa color cioccolato.
    Un sorriso si dipinse sul mio viso, mi voltai completamente abbracciando quello che era il mio migliore amico.
    -di che cintura parli?- dissi affondando il viso nel suo maglione rosso sangue.
    -quella di castità- rispose per poi inebriarmi con il suo sorriso perfetto.
    Lo guardai per qualche secondo prima di scoppiare a ridere fra le sue braccia.

    L'angelo che mi dava sempre la felicità.

    -dai andiamo- disse portando una sua mano lungo la mia spalla per cingermela.
    Camminammo insieme lungo il cortile della scuola come non facevamo da tempo ormai.
    Eravamo ignari e felici di quel piccolo attimo di pace.
    Un attimo di pace che si sarebbe infranto come uno specchio schiantato su un pavimento di cristallo.

    Alle mie spalle infatti, un ragazzo dai lunghi dreadlocks ci stava fissando con il cuore diviso in due.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    aspirai ancora una volta dalla canna che avevo incastrato tra le dita, quell'essenza riusciva a liberarmi l'anima da pensieri che ormai, non mi abbandonavano mai.
    -hey amico, cosa c'è?-mi chiese Georg con un filo di preoccupazione chiaramente udibile alle mie orecchie.
    -niente, cosa vuoi che abbia?!- mentii come ormai ero abituato a fare.

    Dentro di me, di vero non c'era più niente.

    -hai qualcosa che non va, lo sento..- rispose gettando la cicca a terra con non curanza.
    -non ho niente Georg- replicai freddo.
    -ok, ne parleremo quando avrai voglia di dirmelo.- concluse scagliando un calcio ad un sassolino.
    Lo vidi rotolare lungo la strada per poi schiantarsi sul muro che avevamo davanti.
    Sbuffai sonoramente prima di riprendere parola.
    -in effetti...- confessai ammiccando quello che doveva essere un sorriso.
    Un sorriso carico di dolore.
    -io... ho stuprato Bill- ammisi gettando anch'io la canna che avevo tra le dita.
    Si voltò immediatamente verso di me guardandomi con stupore.
    -la checca della scuola?- chiese accigliato.
    -si..- mi limitai a rispondere con un pizzico di rabbia chiaramente dipinto sulla mia voce.
    -oh mio dio...- gracchiò prima di lanciare una fragorosa risata.
    -quando lo hai fatto?- chiese asciugandosi con le dita qualche piccola lacrima che gli era fuoriuscita per le troppe risate.
    -ieri pomeriggio, dopo essere uscito dalla scuola- ammisi nuovamente stringendo entrambi i pugni.
    -wow e com'è stato?- mi chiese dandomi una pacca sulla spalla.
    -in che senso? Cosa vuoi dire?- chiesi stizzito.
    Sentivo la rabbia nascere piano dentro di me.
    -insomma... ti è piaciuto oppure fa schifo anche in quello?- rispose lanciando un'altra risata.
    Lo guardai sconfitto prima di rispondergli.
    -è stato uno sbaglio parlarne con te- conclusi schiacciando la cicca che avevo gettato poco fa.
    La schiacciai con tutta la rabbia che avevo dentro, poi mi incamminai verso l'interno della scuola dove sarei rimasto per altre 3 ore.

    Solo 3 ore...


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -Bill dobbiamo rientrare in classe- ammiccò Gustav prendendomi la mano.
    -voglio mangiare l'ultima patatina- insinuai ricorrendo alla mia tattica segreta: gli occhi da cerbiatto Gustav non li reggeva mai.
    -e va bene ma fai in fretta- disse facendo scivolare la sua mano dalla mia.
    Lo guardai rabbuiato afferrandola di nuovo per poi stringerla con tutta la forza che possedevo nelle braccia.
    Presi l'ultima patatina per poi immergerla nel fiume di ketchup che avevo versato nel mio piatto, la divorai avidamente prima di stringermi di nuovo a Gustav.
    -possiamo andare adesso cerbiatto?- mi chiese sorridente.
    -shi shi- dissi con la bocca piena.
    A quel mio gesto lo sentii ridere rumorosamente.
    -che c'è- dissi con la bocca ancora piena ma per quella mia domanda ottenni solo altre risate.
    -idiota- insinuai con aria di superiorità prima di dirigermi nella classe sotto l'avido braccio del mio migliore amico.

    Fissai la lavagna nera tentando di capire il concetto che l'insegnante si ostinava a spiegare, senza però ottenere successo.
    Sbuffai prima di voltarmi verso Gustav che come routine al posto di ascoltare l'insegnate se ne stava lì a disegnare chissà cosa.
    Mi stavo annoiando, quello era scontato e l'unico modo per combattere quella noia era parlare con Gustav.
    Afferrai un quaderno strappandogli avidamente una pagina.

    ''Cosa disegni?'' chiesi soltanto.

    Mi affrettai ad appallottolare il foglietto per poi lanciarlo malamente sulla testa di Gustav che prontamente balzò sulla sedia.
    Mi fissò accigliato prima di aprire il foglietto che gli avevo ''spedito''
    lo vidi scrivere qualcosa per poi rilanciarmi il foglietto con altrettanta forza, lo afferrai al volo e mi affrettai a leggerne il contenuto.

    '' poi vedrai ''

    mi morsi il labbro inferiore per poi voltarmi verso un Gustav che mi guardava con un chiaro sorriso dipinto sulle labbra.

    '' Perché non adesso?'' scrissi divorato dalla curiosità.

    Appallottolai il foglietto, questa volta con estrema calma e lo rilanciai al destinatario.
    Gustav prontamente afferrò il foglietto e una volta letto il contenuto rise silenziosamente.
    Perché faceva così? Pensai.
    Gustav appallottolò il pezzo di carta alzando di poco il gomito, immediatamente mi preparai a prendere quel pezzo di carta senza farmi vedere da nessuno, una volta afferrato lo aprii delicatamente.

    ''E inutile bambi, non te lo dico''

    Bambi? Era possibile che si ostinasse a tal punto per quel soprannome che mi aveva dato tanti anni addietro?
    Afferrai la penna per scrivere il resto ma il suono della campanella interruppe il mio gesto, balzai dal posto arrivando fino al banco di Gustav.
    -allora che cos'è?- chiesi con la curiosità fin sopra i capelli.
    -l'opera si vede solo quando è finita- rispose lui mettendo al sicuro il foglio nella sua cartellina turchese.
    -come? Perché'- chiesi tentando di appropriarmi della cartellina ma lui prontamente la riprese inserendola nella cartella.
    Lo guardai accigliato per qualche secondo prima di rispondere.
    -mi dici perché non vuoi farmi vedere?-
    -Beh perché voglio conservare tutto per quando sarà pronto, adesso è solo uno schizzo, non capiresti comunque quello che vuole dire- rispose mettendosi la cartella sotto braccio.
    -andiamo?- mi chiese cingendomi la vita.
    -vabene- risposi rassegnato ormai.
    Misi a posto quel poco che c'era sul mio banco e mi incamminai con Gustav verso il cortile.
    -devi andare da solo?-iniziò Gustav.
    -no, oggi mio padre torna da lavoro tardi, quindi mi passa a prendere- risposi convinto cercando di intravedere una Ford nera spiccare tra le altre.
    -perfetto...- rispose Gustav lasciando nascere un ghigno malizioso sul suo volto.
    -è successo qualcosa?- chiesi ingenuo.
    -no, tranquillo, piuttosto ecco tuo padre- rispose puntandomi un punto della strada.
    Vidi lì parcheggiata proprio una Ford nera.
    -ok, allora io vado- insinuai stampando un bacio sulla guancia a Gustav, dopodiché saltellai verso la macchina che era lì ad aspettarmi.
    Lasciai Gustav che era il mio sole, per varcare la soglia del mondo nero e tetro a cui ormai ero abituato.
    Un mondo senza luce, un mondo senza Gustav.

    Un mondo di dolore e sofferenza, il mio mondo.
    Un mondo che non avevo mai neanche voluto.

    Se non ci fosse stato Gustav, cosa ne sarebbe stato di me? Mi ritrovai a chiedere a me stesso prima di salire nell'autovettura.

    *

    -Hey Kaulitz, si ci vede?- sentii dire alle mie spalle, mi affrettai a voltarmi osservando con aria stupita la figura che era davanti a me.
    Mi morsi le labbra come in preda alla disperazione.
    -Sai, sono venuto a conoscenza di uno spiacevole avvenimento- iniziò il biondo.
    Tentai di armarmi del coraggio che avevo nascondendo così la paura che mi era nata dentro.
    -Ah si?-
    -si- rispose secco lui, avvicinandosi ancora di più a me.
    -e con questo cosa vorresti fare? Vuoi litigare Schafer?- chiesi leccandomi le labbra.











    ✘ ✘ ✘ ✘
















    CAPITOLO VI




    -Mi dispiace Kaulitz, per te basta forse troppo poco, un po di violenza ed è fatta ma io non sono un essere come te!- ammiccò acidamente il biondo.
    Lo guardai per qualche secondo perdendomi nei suoi occhi color cioccolato, che uno mi avesse parlato così non era mai capitato.
    Avrei dovuto fargliela pagare?, quella era l'unica domanda che regnava nella mia mente, almeno in quel momento.

    Mi avvicinai di un passo a lui azzerando quasi la distanza che ci separava.
    -Perché sei venuto qui, cosa vuoi?- chiesi pur sapendo la risposta.
    Non era difficile da immaginare.
    Gustav era venuto da me per quello che avevo fatto a Bill, e almeno in questo momento mi sarei sforzato di non soffrire per quello che avevo fatto due giorni addietro.
    No, non lo avrei fatto.

    Non davanti a lui.

    -per quello che hai fatto al mio migliore amico- disse atono, la sua voce non lasciava sfavillare nessuna emozione.
    Lo guardai stranito prima di riprendere parola.
    -capisco- dissi in tono secco, cercando di essere abbastanza convincente.
    -capisco, sai dire solo questo?- domandò arricciando le labbra.
    -cosa dovrei dirti?- domandai a mia volta sorridendogli lievemente.
    -hai ragione, non devi dirmi niente, sono io che devo dire qualcosa a te.- scandì per bene le parole per poi sorridermi.
    Lo guardai stralunato per qualche secondo non riuscendo a capire dove volesse arrivare con quelle parole.
    -Bill non ti vorrà mai più per quello che gli hai fatto.- ammise per poi voltarsi.
    -sappilo- concluse allontanandosi ulteriormente.
    Sbiancai a quelle parole.
    Come faceva lui...
    Strabuzzai gli occhi vedendolo la sua immagine diventare sempre più piccola ai miei occhi, guardai la sua immagine per un numero indecifrato di secondi prima di sentire i miei occhi inumidirsi leggermente.
    Portai un dito sulla palpebra destra notando con stupore che era bagnata, la tastai delicatamente per poi allontanarla dal mio viso.
    Posai lo sguardo su di esso e potei notare la macchia di dolore che l'aveva bagnato pochi secondi prima.
    Una piccola lacrima solcò il mio viso per poi fermare la sua corsa al lato delle mie labbra, strizzai gli occhi tentando di scacciarle via ma per quel mio gesto ne ottenni mille altre, sempre più cariche di dolore.
    Portai nuovamente la mano sulla mia gota bagnata e leggermente arrossata per poi allontanarla nuovamente, la guardai di nuovo scoprendo ancora una volta che era bagnata.
    Le mie erano lacrime.
    La mia mano lo dimostrava.
    Stavo piangendo per Bill, per quello che gli avevo fatto.

    Per la conseguenza del mio gesto.

    Mi inginocchiai con le spalle al muretto per poi abbandonarmi alle lacrime che avevo riscoperto grazie a Bill.


    ¤ ¤ ¤ ¤



    Strascicai i miei pantaloni lungo il corridoio della scuola, sotto gli occhi di tutti mi incamminai verso la mia classe.
    Lasciai che il mio sguardo schizzasse da una persona all'altra scoprendo con delusione che Bill non era tra loro.
    Chissà dov'era, pensai prima di abbassare nuovamente il capo.
    Mi avvicinai alla porta della classe battendo piano le nocche su di essa.
    Una calda e somigliante voce mi diede il permesso di entrare in classe, seppur in ritardo e di accomodarmi al mio posto per seguire la lezione, almeno quel giorno ce l'avrei messa tutta per farlo.

    L'insegnate quel giorno si era data alla spiegazione sugli antichi Egizi, le profanazioni delle mummie, gli antichi gioielli, quasi per la prima volta mi persi in una delle sue spiegazioni, ammaliato da quel popolo antichissimo.
    La voce dell'insegnante era l'unico suono che veniva prodotto in quella classe, tutti si erano persi, ormai in quella che era la civiltà Egizia.

    L'intervallo arrivò abbastanza in fretta, forse più in fretta del solito è questo mi stupì non poco.
    Il tempo volava quando seguivi una spiegazione a te interessante.
    Lasciai schizzare il mio sguardo lungo la porta dove vi trovai un Georg intento ad aspettarmi sulla soglia con un aria piuttosto pensierosa, d'istinto mi alzai dal mio posto per raggiungerlo e una volta arrivato mi fermai per guardarlo bene oltre la visiera del mio cappellino.
    -Come va?- osai chiedergli ma d'un tratto la delusione, la frustrazione delle parole di Gustav mi avevano colpito di nuovo.
    La spiegazione era riuscita a distrarmi per un ora ma adesso cosa avrei fatto?

    Il dolore avrebbe mangiato le mie carni nuovamente assaporandole piano.

    -tutto bene, a te?- mi domandò lui decorando il suo viso con un sorriso smagliante.
    Per un po lasciai volare i miei pensieri sull'improvviso cambiamento di umore di Georg poi decisi di non pensarci troppo.
    -bene, grazie- risposi abbassando la testa.
    -vieni con me- mi disse lui prendendomi per un braccio.
    Lo guardai sorpreso per poi incamminarmi dietro di lui, con la preoccupazione e la curiosità di quello che sarebbe successo di lì a poco tempo.
    Arrivammo in quello che ormai io ero abituato a chiamare ''Luogo personale'', ovvero il retro della scuola.
    Lì solitamente io Georg ci vedevamo per scambiare quattro chiacchiere o semplicemente per fumare le canne che lui mi procurava.
    -Ho portato della roba.- disse spostandosi una ciocca di capelli castani dal viso e portarla dietro un orecchio con fare alquanto femminile.
    Lo guardai stralunato per qualche secondo prima di poggiare lo sguardo sul suo zainetto nero.
    -guarda- continuò lui aprendo lo zaino e porgendo davanti ai miei occhi delle cartine, un paio di sigarette, un accendino, un coltellino e due bustine trasparenti con dentro chissà cosa.
    Persi il mio sguardo nei suoi profondi occhi verdi.
    -Cosa sono queste?- chiesi curioso, puntando l'indice sulle due bustine trasparenti.
    Lo sentii ridere per qualche secondo ma poi finalmente mi rispose.
    -qui c'è Hashish, qui invece Marijuana.- disse con aria piuttosto altezzosa di chi tutto sa e tutto vuole sapere.
    Lasciai volare il mio sguardo sulle bustine piene di droga sentendo la mia fronte imperlarsi di sudore.
    Non era la prima volta che fumavo una canna ma adesso che sapevo cosa di solito Georg mettesse in ognuna di loro, la voglia mi era quasi passata.
    -Adesso le prepariamo noi- disse porgendomi il materiale.
    Lo guardai spaesato non sapendo dove mettere le mani ma in quel momento mi vergognavo a confessare di non aver mai preparato una canna e quindi di non sapere cosa fare.
    Le sue mani esperte vagavano da un oggetto all'altro facendo dipingere sul mio volto più volte un espressione di stupore.
    -sai come si fa?- mi chiese rivolgendo la sua attenzione su di me.
    Lo guardai di nuovo negli occhi ma poi riuscii ad ammettere di non esserne capace.
    -no- dissi quasi in un sussurro.
    -tranquillo, nemmeno io all'inizio sapevo cosa fare e nemmeno come fare, quindi guarda me.- disse afferrando una sigaretta.
    -per prima cosa apri le cartine poi prendi una sigaretta inumidisci con la saliva la striscia di colla e infine la apri poggiando tutto il tabacco sulla cartina. Come secondo passo prendi il fumo, cosa preferisci Hashish o Marijuana?- mi chiese infine.
    -Non saprei- risposi confuso.
    -Quelle che hai fumato erano tutte con della Marijuana adesso ti faccio provare l'Hashish- rispose convinto lui.
    -Sono droghe leggere vero?- mi affrettai a chiedere.
    -Abbastanza, la marijuana sono foglie essiccate della cannabis indica mentre l'hashish è una secrezione della stessa pianta, contengono lo stesso principio attivo, il tetraidrocannabinolo o THC, l'hashish in concentrazioni più elevate, ma sostanzialmente è la stessa.-rispose lui per poi sorridermi.
    Continuai a guardarlo con gli occhi strabuzzati.
    Georg in quell'ambito era molto informato.
    -Comunque adesso prendi l'accendino e stando attento a non bruciare il fumo lo passi più volte su di esso, poi infine mescoli il tutto con il tabacco per poi impastarlo piano. Poi prendi questa carta da filtro, in effetti ci sono molti modi per arrotondarla ma quello più semplice è questo.- disse portandosi la carta da filtro sulla punta del pollice per poi farlo rotolare su se stesso per tutta la lunghezza del dito.
    -Alla fine dovrebbe essere cosi!- concluse facendola scivolare sotto il mio sguardo attento e curioso.
    -te lo porti alla bocca assicurandoti che vada bene, si, questo va bene. Infine prendi la cartina, se guardi bene ha una fila di colla lungo l'estremità che ti servirà per chiuderla, prima però devi posizionare il filtro dove intendi poggiarci le labbra, una volta inserito puoi chiudere la canna, ed eccola qui pronta per essere fumata.- disse porgendomela.
    Prontamente l'afferrai con mani tremanti.
    -Tieni- disse porgendomi un accendino rosso.
    Lo accettai di buon grado sorridendogli infine.
    Continuai a pensare che infondo la sua compagnia non era poi così male.
    Portai la canna sulle mie labbra piene e rosee ornate da un piercing argentato.
    Aspirai dalla canna per poi gettare il fumo nell'aria.
    Guardai un'ultima volta Georg perdendomi nuovamente nei suoi gesti.


    *


    Il ricordo di Tom era vivo in me, non facevo altro che pensare a lui ormai.
    Ogni mio giorno veniva rovinato dal ricordo di quel pomeriggio, un pomeriggio macchiato dal mio sangue.
    Il pomeriggio in cui Tom per la prima volta mi degnò di uno sguardo, di un tocco, un tocco che non aveva nulla di dolce.

    Un tocco che non era come lo volevo io.

    Un tocco che sapeva di violenza, un tocco che sapeva di voglia di me.
    Voglia del mio corpo, non di certo di quello che ero io realmente.

    La cosa mi disgustava non poco.

    Ma in primis quel pensiero mi faceva soffrire, avere le attenzioni della persona che ami è una delle cose più belle al mondo.
    Ma le mie non erano le attenzioni che desideravo da lui.

    Chissà se Tom mi pensava come io pensavo lui, mi ritrovai a chiedermi prima di essere distratto dalle parole di Gustav.
    -sei sovrappensiero, cosa c'è che ti turba, Bill?- mi chiese lui ammiccando un piccolo sorriso.
    -niente- risposi con voce spenta.
    -Bill?- marcò portando una mano ad accarezzarmi una snella gamba fasciata da pantaloni neri.
    -Stavo pensando ai miei genitori ma non ho voglia di parlarne- mentii senza sapere nemmeno il motivo.
    Lo sentii sorridere per poi schiacciarmi un caldo bacio sulla guancia.
    -tranquillo- disse lui con aria pacata.
    Alzai lo sguardo fissando il nero della lavagna per poi vedere ancora una volta il viso di Tom comparire piano davanti ai miei occhi.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -hai finito?- mi chiese Gustav frettoloso.
    -si, un secondo solo- risposi riponendo l'ultimo libro nella tracolla rossa.
    -fatto! Ora possiamo andare.- comunicai saltellando fuori dalla classe.

    Fingendo, almeno in presenza di Gustav, di essere felice.

    Camminammo insieme lungo il corridoio poi riuscii a ricordarmi di un impegno affidatomi dall'insegnante di scienze.
    -Gustav ho da fare un attimo- dissi dirigendomi verso la segreteria della scuola.
    -Ma io ho da fare!- mi rispose Gustav quasi in un urlo.
    -Dai aspettami, ci metterò pochissimo tempo- risposi fermandomi un attimo.
    -d'accordo- si arrese lui infine.
    -Entrai nella segreteria chiudendomi la porta alle spalle.
    Ignaro di quello che sarebbe successo di lì a poco nel corridoio, ormai deserto della scuola.


    *


    -Schafer- marcai quel nome con sdegno.
    Lo vidi voltarsi verso di me per poi avvicinarsi con un sorriso sornione sulle labbra.


    Non mi sarei tirato indietro per nessuna ragione al mondo.
    Si dice che la notte porti consiglio e nel mio caso era vero, tutta la notte avevo riflettuto su ciò che avevo fatto fino ad arrivare, questa mattina, ad una conclusione ben precisa.

    Chi sbaglia paga per gli errori che ha commesso, questa è la legge della natura.

    Io avevo sbagliato e avrei pagato per lo sbaglio che avevo commesso.


    La mia punizione me la sarei cercata da solo, anche perché sapevo perfettamente che Gustav non mi avrebbe mai pestato se non fossi stato io il primo ad iniziare e così feci.
    Mi avvicinai a lui anche io con un evidente sorriso stampato sulle labbra, azzerai la distanza che ci divideva e infine colpii il viso quasi perfetto del biondo che era davanti a me.
    Egli mi guardò stralunato per qualche secondo, prima di rispondere al mio gesto.

    Era quello che volevo.


    La battaglia era iniziata, pensai.



    Lasciai quasi andare il mio corpo sotto i duri colpi del biondo.
    Quella fu la prima volta in cui Tom Kaulitz veniva pestato a sangue, pensai e sul mio viso si dipinse nuovamente un sorriso.

    Un sorriso macchiato da un caldo liquido rosso.











    ✘ ✘ ✘ ✘
















    CAPITOLO VII







    La vita non era mai come volevamo o come speravamo.
    Questo la vita me lo aveva fatto capire in più occasioni.
    Cercai di muovere le braccia ma una fitta pervase il mio corpo facendomi gridare di dolore.
    Quasi socchiusi gli occhi, mi persi fissando il soffitto vecchio e ingiallito della scuola.
    Pensai a ciò che avevo fatto pochi minuti prima ma in quel momento davvero non mi importava.

    Il peccatore ha pagato la sua pena ma solo in minima parte.

    Tom Kaulitz soffrirà ancora, questo me lo sentivo dentro.
    Tirai un lungo sospiro cercando di acquisire una posizione normale, il dolore era lancinante e vivo dentro di me, bruciava quasi quanto quello che provavo interiormente.
    Forse il dolore fisico avrebbe avuto la meglio contro quello emotivo.
    Sperai vivamente in un si.

    *

    -ok, a domani!- pronunciai minuziosamente quelle parole prima di chiudermi la porta della segreteria alle spalle.
    Scrutai attentamente il corridoio lasciando schizzare il mio sguardo in ogni direzione, nel disperato tentativo di notare una testina bionda appoggiata al muro.
    Diedi qualche passo guardando bene da entrambe le direzioni ma di Gustav nemmeno l'ombra.

    Possibile che sia andato via senza aspettarmi? Chiesi a me stesso lasciando che un piccolo broncio decorasse il mio viso.
    -Hey Bill- quasi sobbalzai prima di voltarmi scioccato.
    Gustav era in piedi appoggiato alla porta della segreteria, il suo sguardo puntato nei miei occhi e le labbra leggermente curvate in un ghigno di sollievo.
    -ma.. scusa come mai sei lì..- balbettai più a me stesso che a lui.
    Ero convinto di averlo lasciato dall'altra parte del corridoio.
    Alzai le sopracciglia di poco avvicinandomi poi, al mio migliore amico.
    -vogliamo andare?- chiese lui portando un braccio a cingermi stretta la vita.
    Lo guardai piuttosto spaesato.

    Era alquanto strano, pensai chinando il capo colpevole.
    Ignorai l'accaduto pur avendo la netta sensazione che dietro la calma e la quiete di Gustav si nascondesse qualcosa che io non avrei mai neppure immaginato.

    *

    Le tempie sembrava bruciassero.
    Due tizzoni avevano ormai preso fuoco ai lati della mia testa.
    Tentai di chiudere gli occhi.
    Dopo qualche secondo li aprii leggermente perdendoli sul soffitto bianco, diedi qualche occhiatina fugace al resto della stanza costatando che era l'infermeria della scuola.
    Sbuffai sonoramente senza saperne il perché.
    -ti sei svegliato, finalmente- una piccola vocina si fece largo lungo la stanza.
    Lasciai schizzare il mio sguardo su una donna, non molto giovane, dai capelli castani e ricci.
    -uhm, si!- risposi dopo un po'.
    Studiai attentamente la figura che era davanti a me fino a quando quest'ultima non riprese parola.
    -Il preside vuole sapere cosa sia successo, quindi, dopo essere uscito vai da lui!- disse cauta per poi lasciare la stanza.
    La guardai un ultima volta prima di alzarmi dal letto.
    Le gambe mi dolevano.
    Strascicai dei piccoli passi, arrivando infine alla porta d'uscita che non esitai a spingere per uscire.
    Il corridoio era deserto, cauto in quell'aria, viveva solo il mio respiro.
    Attraversai il lungo corridoio dai muri leggermente ingialliti fino ad arrivare ad uno stretto ascensore.
    Non esitai a schiacciare i polpastrelli dolenti sul tasto 2, strizzai gli occhi per il dolore.
    Il mio corpo doleva, il mal di testa bruciava ancora le mie tempie, mi appoggiai alla parete dell'ascensore aspettando che le porte di quest'ultimo si chiudessero in un sonoro tonfo.
    La mia mano sembrò sfiorare l'enorme tasca dei jeans che portavo addosso, estrassi il cellulare dall'enorme tasca senza un motivo ben preciso, il mio sguardo saettò sul display e poco dopo sull'orario che questo segnava.
    Erano le 16:00 ma infondo non avevo problemi, il mio ritardo non avrei dovuto giustificarlo a nessuno, pensai prima di vedere le porte dell'ascensore aprirsi davanti a me per mostrarmi il piano superiore della scuola che frequentavo.
    Rimisi il vecchio cellulare nella tasca dei miei jeans per poi addentrarmi nel corridoio, decisamente più piccolo di quello presente al piano di sotto.
    Guardai da entrambi i lato le insegne sulle porte fino ad arrivare ad una piccola porticina in legno antico, con su scritto a caratteri cubitali ''PRESIDENZA''.
    Sospirai lentamente prima di battere delicatamente le nocche sulla porta di uno strano marrone.
    -avanti- la voce del preside rimbombò nella mia mente facendomi deglutire.
    Poggiai la mano sulla maniglia d'orata della porta aprendola lentamente.
    Tentai di evitare lo sguardo dell'uomo seduto davanti a me, limitandomi a guardare i piccoli premi messi in mostra sugli scaffali.
    -siediti- disse secco.
    Deglutii nuovamente.
    Un piccolo groppo mi si era formato in gola, un groppo che non riuscivo ad ingoiare.
    Diedi qualche passo in avanti avvicinandomi ad una piccola sedia con dei cuscinetti rossi, la spostai leggermente prima di sedermi su di essa.
    -sei Tom Kaulitz, vero?- mi domandò lui, dopo qualche estenuante ed interminabile minuto.
    -s-si- risposi tremante, forse per la prima volta in tutta la mia vita.
    La luce del caldo pomeriggio illuminava di poco il mio viso rendendolo più chiaro agli occhi del preside.
    -Cos'è successo?- chiese di nuovo lui facendo interrompere il mio respiro per qualche altro secondo.
    -una piccola discussione, signore.- mentii abbassando la testa colpevole.
    -una piccola discussione dici?- intimò lui alzando un sopracciglio diffidente.
    -si..- mentii di nuovo.
    Ormai, mentire era una delle cose che meglio mi riuscivano.
    Mi guardò accigliato per qualche secondo prima di riprendere parola.
    -Bada, non deve succedere mai più!- affermò schietto il preside spiazzandomi nuovamente con le sue parole taglienti.
    Annuii rigorosamente facendomi quasi male al collo.
    -p-posso andare?- chiesi titubante.
    -vai- disse solamente aprendo una pila di fogli.
    Lo guardai per un ultimo secondo prima di alzarmi dalla comoda sedia rossa e dirigermi verso l'uscita.
    Chiusi la porta alle mie spalle scagliando infine, un grosso respiro di sollievo.
    Avanzai di qualche passo ritrovandomi di nuovo nel piccolo corridoio, a fatica giunsi all'ascensore ancora aperto e fermo al secondo piano.
    Entrai schiacciando il primo tasto, le porte si richiusero di nuovo chiudendo dietro di esse, anche la mia visuale.
    Poggiai le mani sul mio viso accarezzandolo piano, il mal di testa non accennava a diminuire e la mia fronte si era già imperlata di sudore.
    Asciugai le goccioline che ricadevano lungo il mio viso con il braccio, bagnandolo leggermente.
    Le porte si riaprirono per un ultima volta davanti ai miei occhi, alcuni studenti erano già tornati a scuola per i corsi di recupero con la noia chiaramente dipinta sul volto.
    Alcune ragazze sedevano tranquille sulle scale discutendo e ridendo gioiose della loro vita alquanto gradevole e chissà forse anche abbastanza perfetta.
    Provai un po di invidia nel vederle sorridere disinvolte.
    Infondo loro, di problemi non ne avevano.
    E nemmeno io non ne avevo molti.
    Quelli che avevo, me li ero provocati da solo.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    Infilai la lunga chiave nella serratura scolorita della porta di casa, a fatica riuscii ad aprirla.
    Poggiai la cartella sul piccolo e vecchio divano rivestito in azzurro.
    I piatti sporchi riposavano sul lavello anch'esso sporco, sospirai rumorosamente capendo che prima o poi avrei dovuto mettere ordine.
    Le piccole mensole avevano uno spesso tappeto di polvere, soffiai forte su una di loro facendone volare un po'.
    Mi sfilai la grossa felpa per poi abbandonarla sulla cartella, arrivai fino al frigorifero scoprendo che era quasi vuoto.
    Alzai un sopracciglio diffidente estraendo infine qualche resto della cena del giorno precedente, apparecchiai la tavola mettendo su di essa giusto quel poco che mi serviva per consumare un piccolo e alquanto modesto pranzo.
    Infilzai la forchetta di ferro assaporando quella piccola pietanza, una volta finiti riempii di acqua il mio bicchiere bevendo infine, grandi sorsi.
    Passai la lingua sui denti per accertarmi che essi siano puliti, senza residui di cibo poi mi alzai con il chiaro intento di dormire, domani avrei pensato a fare la spesa, una spesa non molto ricca, visto che vivevo con quei pochi soldi dati dallo stato per la morte di mio padre.


    Accesi la piccola lampada poggiata sul comodino sorridendo lievemente, sfilai via le scarpe lasciandole cadere inerte.
    La testa mi doleva ancora un po' e non potei fare a meno di sentirmi lo stesso vuoto.

    Ricordare era vietato, questo lo sapevo bene ma per una volta avrei potuto deliziare i miei pensieri con un pizzico di felicità, prima che questa si trasformasse in rimorso e puro dolore.
    Avevo pochi minuti di felicità seguiti da ore di dolore.
    Si, quei pochi minuti di felicità me li sarei goduti fino all'ultima brillante goccia prima di consumare la mia anima tra le fiamme dell'inferno.
    Allungai la mano verso il piccolo cassetto del comodino estraendo un grande porta foto blu e bianco.
    Tastai con le dita tremanti la copertina di quest'ultimo lasciando scivolare una piccola lacrima sul mio viso, lasciai che i miei polpastrelli tastassero la superficie dell'oggetto con estrema cautela.
    Quasi come se nelle mie mani si celasse qualcosa dal valore inestimabile.
    Il segreto più grande ed importante e per me lo era..
    Lo aprii lentamente notando che sulla prima pagina c'era una foto che raffigurava la famiglia al completo, la figura imponente di mio padre sedeva sulla mia sinistra mentre quella di mia madre alla mia destra, quel sorriso che ancora ricordavo e che allo stesso tempo, ancora temevo.
    Al centro c'era un piccolo bambino dai capelli ribelli e castani dorati, un piccolo sorriso disegnato sul viso e gli occhi a mandorla leggermente socchiusi, davano a quel bambino un aria parecchio birichina.
    Il cuore mi si strinse in una morsa dolorosa.
    Sfogliai piano il tesoro che giaceva tra le mie mani lasciando nascere sul mio viso espressioni di gioia e di dolore allo stesso tempo.

    Il respiro mi morì in gola, nell'ultima pagina giaceva una foto antica e leggermente rovinata dal tempo, l'uomo raffigurato nella foto aveva pressoché la mia eta, una fisionomia parecchio slanciata, i suoi capelli erano del color del grano.
    Il ragazzo era piegato con gli occhi gonfi di lacrime e un sorriso stampato sulle labbra, tra le braccia stringeva un piccolo fagotto bianco, da quest'ultimo fuoriuscivano due piccole manine rosee.
    Sorrisi radioso lasciando cadere fiumi di lacrime dai miei occhi, era bello ricordarmi di lui.

    Ricordarmi delle foto.

    Ricordarmi dei suoi abbracci.

    Ricordarmi dei suoi baci.

    Delle sue carezze, delle sue attenzioni.

    Il suo rimboccarmi le coperte ogni notte.


    I suoi occhi dannatamente uguali ai miei.

    Sorrisi ulteriormente prima di addormentarmi sotto la luce fioca della lampada con l'immagine di mio padre chiaramente stampata nei pensieri.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    Tirai su la cerniera della felpa nera e rossa con estrema calma.
    Quel mattino mi ero svegliato di buon ora quindi avrei potuto fare le cose con calma e cautela.
    Presi l'elastico marrone aggrovigliando i rasta e riunendoli tutti in una grande coda poi presi il cappellino del medesimo colore della felpa appoggiandolo sulla testa, lasciai fuori uscire i rasta color cenere per poi farli ricadere sulle grandi e possenti spalle.

    Diedi un 'ultima occhiata fugace alla mia immagine riflessa nello specchio per poi allontanarmi dalla stanza.
    Mi avvicinai al divano prendendo lo zaino che avevo abbandonato sul divano il giorno precedente, non avrei dovuto cambiare nessun libro infondo, presi le chiavi sul tavolino avvicinandomi alla porta e aprendola in fretta.
    Infilai la grande chiave nella serratura chiudendo infine, la porta a chiave.

    *

    -frocio- sentii dire alle mie spalle.
    Sbuffai pesantemente prima di voltarmi.
    Alcuni ragazzi erano seduti sui loro motorini, i loro sguardi erano tutti puntati su di me.
    Scrutavano attentamente la mia figura ghignando di tanto in tanto, li guardai un ultima volta prima di allontanarmi con passo svelto.
    Riuscii ad arrivare alla porta d'entrata in una manciata di secondi.
    Sospirai sollevato.

    Mi sedetti su un gradino in attesa del suono della campanella che tardò ad arrivare.
    Tirai fuori il cellulare dalla stretta tasca iniziando a scegliere un brano dalla playlist, infilai le cuffie bianche e morbide nelle orecchie perdendomi nelle prime melodie.

    Passarono interminabili minuti prima che i miei occhi notassero la fila di studenti dirigersi piano nelle apposite classi.
    Tirai via le cuffie riponendole poi, nella tracolla nera e bianca che portavo su una spalla.

    Mi alzai in fretta aggiustandomi il giacchino e la tracolla poi presi a camminare con lo sguardo basso, attento a non incrociare gli occhi di nessuno studente.
    Entrai nella classe quasi vuota per poi sedermi al mio posto, il professore era già seduto in attesa di poter iniziare la propria lezione.
    Una lezione che, almeno quel giorno non avrei seguito.


    Le ore erano interminabili e vuote, il professore girava tra le file dei banchi perso nella sua dettagliata spiegazione, un piccolo capogiro mi fece strizzare gli occhi contrariato.
    Un conato di vomito mi raggiunse in breve tempo, portai una mano lungo le labbra per fermare quell'irrefrenabile impulso.
    Ingoiai quell'acidità che avevo in gola poi alzai la mano.
    -posso andare in bagno?- chiesi piano.
    -si- rispose il professore atono riprendendo la sua spiegazione.
    Balzai giù dalla sedia dirigendomi verso la porta per poi chiuderla alle mie spalle.
    Camminai lungo il corridoio pieno di classi con un irrefrenabile voglia di vomitare, la mia fronte aveva iniziato ad imperlarsi di sudore.
    In pochi secondi arrivai alla porta del bagno aprendola all'improvviso causando un sonoro tonfo.

    Forse non avrei dovuto farlo.
    Forse non in quel momento.

    Guardai attonito la figura di Tom avvicinarsi a me prima di sentire l'aria farsi terribilmente pesante e malsana.











    ✘ ✘ ✘ ✘
















    CAPITOLO VIII







    Portai le mani alle tempie sentendo gli occhi inumidirsi piano, guardai Tom per un numero indecifrabile di secondi.
    Abbassai la testa fissando le mie scarpe bianche e poco rovinate, prima di sentire la sua mano poggiarsi sulla mia gota ormai imporporata di un caldo rosso sangue.
    -Bill- pronunciò in un tono flebile e poco udibile ma allo stesso tempo dolce e pacato.
    Potei quasi sentire la sua mano bruciare, scatenando in me dei piccoli brividi lungo la colonna vertebrale.
    Strizzai gli occhi sentendoli improvvisamente pesanti e bagnati, portai un dito sotto di esso per asciugare la piccola lacrima che era fuori uscita dai miei occhi pochi secondi prima.
    Tom rimase lì a fissarmi prima di portare l'altra mano sulla mia guancia, inglobando completamente il mio viso nelle sue mani robuste, pressandolo lievemente e alzandolo di poco.
    Socchiusi gli occhi vedendo il suo viso in un piccola fessura prima di sentire qualcosa di umido e soffice intrecciarsi piano alle mie labbra.
    Mi persi in quel piccolo gesto d'amore assecondando a pieno i movimenti delicati di Tom, assaporai le sue labbra perdendomi in esse.
    Le gambe sembravano intenzionate a non volersi fermare nemmeno per un secondo, era come se fossi diventato troppo pesante ed era così che mi sentivo.
    Il mio cuore batteva forse troppo forte, per qualche secondo ebbi paura che potesse perforarmi il petto e fuggire chissà dove, non era normale quello che provavo e questo lo sapevo benissimo ma per nessuna ragione avrei strappato alla mia anima un momento di pace.
    Anche solo per una volta volevo godermi quel piccolo momento di amore che di violento questa volta non aveva niente.

    Quel piccolo sentimento proibito che piano piano stava consumando entrambi.









    Come avrei potuto provare queste cose per Tom?
    Proprio con il ragazzo che aveva abusato di me?
    Si può perdonare colui che ti da un dolore così grande?
    Pensai di no ma i sentimenti che provavo testimoniavano l'esatto contrario.

    *

    Pressai di poco il mio corpo su quello fragile e sottile di Bill facendo toccare la sua schiena sulla parete liscia e fredda del corridoio.
    I nostri corpi combaciavano perfettamente, era come se fossero fatti per stare l'uno sopra l'altro, pensai prima di sorridere al pensiero che mi era balenato nella mente.
    In quelle ore gli studenti erano incastrati nelle loro rispettive classi, quindi non ebbi paura di aprire il mio cuore lì, nessuno avrebbe mai potuto vedere.
    Insinuai timidamente la mia lingua nelle labbra socchiuse di Bill poggiandola sotto il suo palato per laccarlo lentamente, arrossii fino all'inverosimile e in quel momento ringraziai il cielo che Bill non potesse vedermi.
    Dopo un po lasciai a malincuore quelle labbra soffici e rosee ma allo stesso tempo terribilmente invitanti, lo guardai negli occhi scoprendo con disappunto che erano gonfi e bagnati.
    Portai entrambi i pollici sotto gli occhi di Bill asciugandogli piano le lacrime che erano scese dai suoi occhi, sorrise appena e quel gesto mi stupì molto.
    E in quel momento, proprio in quel momento ebbi il coraggio di tentare, andare incontro alla verità e alle sue conseguenze.
    -perdonami Bill- sussurrai quasi prima di posare un caldo bacio sulle sue labbra bollenti.
    Bill strabuzzò gli occhi sembrando quasi sorpreso per quello che avevo appena detto e in effetti aveva ragione.

    Anche io lo ero.


    Non pretendevo il suo perdono immediatamente, sarebbe stato impossibile e questo lo sapevo benissimo ma questa volta non avrei mollato per nulla al mondo.
    Avevo fatto il grande passo e questo mi dava coraggio, volevo cambiare.
    Diventare una persona un po di versa da quella che ero, evitare di dare dolore agli altri ma evitare, soprattutto, di darne a me!

    Vidi Bill sfilare via il viso dalle mie mani ossute e abbassare piano la testa chiudendosela, successivamente tra le dita sottili, il cuore mi si strinse un una morsa dolorosa.
    Vedere Bill soffrire mi faceva male ma mi faceva ancora più male sapere che la ragione di tutto ero io.




    E a chi non è capitato?
    A chi non è capitato di chiedersi, anche solo una volta, perché sono nato?



    Abbracciai quella piccola figura minuta ma molto alta, la strinsi piano tra le mie braccia.
    Poggiai la testa sui suoi capelli del color dell'ebano annusandone la dolce fragranza, inebriai le mie narici scoprendone il suo dolce profumo.

    E ormai ne ero sicuro..



    -Bill- dissi tra i suoi capelli annusandoli ancora una volta mentre sentivo quel piccolo corpicino fremere tra le mie braccia per ogni mio singolo movimento.
    Singhiozzò appena.
    -io... non so perché l'ho fatto, davvero ma adesso mi sento così sciocco, prima sapevo cosa volevo dirti ma adesso che ti ho qui, tra le mie braccia, non riesco a dirti nulla che non sia uno stupido ''perdono'' implorante e mi dispiace di non essere il ragazzo che tu desideri avere al tuo fianco e so anche di non poter pretendere il tuo perdono.- ammisi piano, stringendolo ancora di più a me.
    Quasi come se avessi paura che qualcuno potesse strapparmelo via da un momento all'altro.
    -non puoi dirmi questo, non puoi dirmi che non sai il motivo per cui hai reagito così, non ti credo- sputò con rabbia contro la mia maglia nera, esattamente come era il mio cuore in quel momento.
    -un motivo c'è e voglio saperlo.- ammise infine abbandonandosi ad un altro frustrante singhiozzo.
    -davvero, Bill, non lo so.. forse- mi fermai temendo quasi di poter dire troppo.
    -forse cosa, Tom?- rispose lui irrigidendosi tra le mie braccia.

    Forse perché lo amavo così tanto da desiderarlo a tutti i costi, anche a costo della violenza?
    Forse perché quello era l'unico modo che avevo per avere ciò che desideravo?

    Ma come avrei potuto spiegargli tutto adesso?
    Semplicemente non potevo.

    Lo allontanai di poco dalla mia ferrea stretta permettendo ai miei occhi di potersi incastonare nei suoi, belli da mozzare il fiato.
    -Forse ho reagito così perché ti volevo troppo e ti ho avuto nel modo sbagliato- sussurrai non del tutto convinto delle parole che avevo usato.
    Adesso avevo la tremenda paura che Bill non potesse capire a fondo quello che avevo dentro.
    Non riuscivo ad esprimere con semplici parole quello che provavo per lui, quello che mi era costato subire.
    Avrei tanto voluto aprire il mio cuore a Bill, rivelandogli tutta la mia vita.
    Portandolo ad entrare nel mio mondo e a capirlo fino in fondo, ne ero convinto, con lui la mia vita avrebbe preso una piega diversa.
    Ed era così che la volevo, con lui al mio fianco e avrei fatto di tutto per ottenere il suo perdono.
    Non riuscivo a trovare le parole giuste per sintetizzare il tutto ma che io sapessi, c'erano solo due parole capaci di rendere perfettamente l'idea.




    Avvicinai di nuovo le mie labbra alle sue senza però toccarle, sibilando piano sulle sue labbra un flebile ti amo.











    ✘ ✘ ✘ ✘






    CAPITOLO IX






    -No, Tom, mi dispiace- pronunciai quasi in un sussurro impossibile da sentire.
    Tom mi guardò stralunato e convinto di quello che avevo detto lo ripetei di nuovo.
    -No, Tom- dissi di nuovo sfilandomi piano dal suo abbraccio.
    Indietreggiai di qualche passo fino a toccare la parete fredda del muro che c'era dietro di me.
    Feci qualche passo dirigendomi verso la porta della mia classe, non avevo più voglia nemmeno di andare in bagno.
    Tom mi afferrò nuovamente il braccio con gli occhi che brillavano di dolore e amore allo stesso tempo e gli credevo, in qualche modo lo vedevo nei suoi occhi.
    Tom mi amava davvero come avevo sempre sperato ma la vita è crudele, troppo.
    -Bill, ti prego- pregò lui con labbra tremolanti.
    -mi dispiace, Tom-
    e non capivo nemmeno il motivo delle mie parole, perché mi dispiaceva?
    Ma si, nonostante tutto mi dispiaceva non poter stare con lui, infondo era quello che volevamo entrambi ma c'era qualcosa dentro di me che me lo impediva.
    Sentii gli occhi pizzicarmi ma decisi che mai avrei pianto davanti a Tom, abbassai il capo con aria colpevole e mi allontanai a malincuore dal rasta che continuava a fissarmi attonito.
    Mentre mi dirigevo verso la mia classe qualche lacrima scivolò sul mio viso, bagnando le mie gote imporporate di un caldo rosso sangue, giunsi dopo poco davanti alla porta della mia classe, poggiai una mano sulla maniglia argentata e rovinata pressandola di poco, asciugai l'ultima lacrima dal mio viso prima di aprire la porta e nascondere la mia figura ad un Tom che ancora mi fissava con occhi strabuzzati e tremendamente gonfi.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    Le ore di scuola erano passate abbastanza in fretta, pensai mettendo a posto i miei quaderni nella tracolla nera.
    Non potevo nascondere di aver pensato a Tom per tutta la giornata ma prima o poi avrei dovuto dimenticarlo e l'unico modo che avevo per dimenticarmi di lui, almeno per qualche ora, era Gustav.

    Decisi che dopo aver pranzato sarei andato da lui.

    Attesi paziente che la macchina di mio padre fosse visibile ai miei occhi color cioccolato e quando finalmente riuscii a trovare con lo sguardo quella macchina nera tirata a lucido avanzai di qualche passo fino ad arrivare alla strada poco bagnata dalla pioggia.
    In quei giorni pioveva molto spesso, pensai.
    Attesi che quest'ultima si fermasse davanti a me poi con estrema delicatezza aprii lo sportello dell'autovettura entrando completamente in essa e ponendo il mio corpo lontano dal vento impetuoso di novembre.
    Guardai mio padre per qualche secondo prima di sentire l'auto andare sempre più veloce.

    Durante il tragitto ne io, ne mio padre osammo proferire parola riguardo un qualsiasi argomento, mi limitai solo a sistemarmi su sediolino turchese a strisce bluastre.
    Giocherellai con le dita ricoperte di uno smalto nero e alquanto lucido.
    Grattai con le unghia quella materia facendola sgretolare e facendola cadere sui miei pantaloni, solitamente neri.
    Sentii la pelle bruciare quasi sotto lo sguardo serio e vigile di mio padre.
    Mi voltai di poco per incastonare i miei occhi cioccolato nei suoi neri come la pece, evaporai prima di voltare la mia attenzione verso gli alberi che venivano continuamente scossi dal vento e scontrati l'un l'altro.
    -Com'è andata a scuola?- disse lui freddo.
    Sospirai appena prima di rispondere alla sua domanda che dal tono in cui era stata pronunciata, nulla aveva di confortante.
    -Bene- risposi solo, prima di lasciare che il velo del silenzio si stendesse nuovamente su di noi.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    Scrissi il finale del piccolo tema di attualità assegnatomi dal professore di lettere italiane gettai con non curanza la penna sulla scrivania prima di chiudere il quaderno e cercare la felpa in cotone nero.
    Quando la trovai, presi le chiavi di casa chiudendomi la porta della camera alle spalle, mi affrettai a scendere i gradini di legno e arrivare da mia madre che attenta lavava i piatti che avevamo sporcato poche ore prima.
    -mamma io esco- dissi senza voltarmi a guardarla.
    -dove vai, Bill?- chiese lei leggermente preoccupata.
    -Vado da Gustav- risposi con poca delicatezza è con un po di sfrontatezza nella voce.
    -ah- disse piano abbassando la testa.
    -Per che ora sarai di nuovo a casa?- chiese e io sperai vivamente che quella fosse l'ultima sgradevole domanda.
    -non lo so, penso stasera- risposi con l'intenzione di non mandare avanti quella stressante conversazione, fatta solo di domande preoccupate e di risposte stizzite.





    Camminai lungo l'asfalto bagnato guardando di tanto in tanto le vetrine che si estendevano lungo la strada principale della città di Berlino.
    Per strada c'era un via vai di gente e per qualche secondo mi sentii terribilmente spaesato, quasi come se non avessi mai frequentato assiduamente posti cosi gremiti di persone.
    Un anziana signora, bassa e curvata in avanti attendeva paziente di poter passare e giungere dall'altra parte della strada con mille buste bianche sotto ogni braccio, guardai con aria curiosa l'orologio pensando che forse qualche minuto avrei potuto concederglielo.
    Mi avvicinai all'anziana con passo cauto e quando finalmente giunsi alle sue spalle le chiesi flebilmente.
    -serve una mano signora?-
    Ammiccai un piccolo sorriso.
    La donna sembrò quasi illuminarsi dopo aver sentito le mie parole.
    -Si, con le buste.- concluse lei sorridendomi e allungando verso di me le mani scheletriche, piene di venature e rughe.
    Non potei fare a meno di sorridere prendendole di buon grado e tenendo l'anziana donna sotto il braccio libero da quelle buste terribilmente pesanti e piene di alimenti.
    Feci un piccolo passo in avanti costringendo una macchina grigia a fermarsi per concederci il passaggio.
    -dove deve andare adesso?- chiesi una volta giunti dall'altra parte della strada.
    Aiutare quella signora mi faceva sentire bene e felice, tremendamente bene e felice.
    -di là, in quell'edificio giallo- chiese appoggiandosi ulteriormente al mio braccio.
    Potei giurare che fosse stanca.
    -andiamo allora- risposi prendendo le ultime tre buste che l'anziana stringeva forte al petto per caricarle insieme alle altre.
    -grazie- rispose grata lei regalandomi un altro sorriso.
    Sorrisi radioso per quel sorriso quasi privo di dentatura ma terribilmente dolce e caldo.
    La sua voce era quasi un soffio difficile da sentire.
    Camminai cercando di conservare un andatura lenta per la signora che si era gentilmente avvinghiata al mio braccio magro e una volta arrivati alla porta della signora poggiai le buste stracolme.
    -grazie mille davvero, ragazzo- ringraziò nuovamente le signora.
    -di che- risposi solare in procinto di andarmene.
    Sentii dopo qualche passo la voce dell'anziana signora che sventolava la manina scheletrica, mi avvicinai di nuovo curioso.
    -tieni- mi disse porgendomi qualche spicciolo.
    Arrossi fino alla punta dei capelli.
    -No signora, stia tranquilla, l'ho fatto con piacere- risposi visibilmente rosso in viso.
    -puoi comprarti qualche dolce- disse porgendoli di nuovo.
    Allungai la mano sulla sua chiudendole il palmo ossuto.
    -Stia tranquilla signora- sussurrai allontanandomi, lasciandola alle mie spalle con un delizioso sorriso dipinto sulle labbra rugose.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -come cavolo si è permesso- sbraitò Gustav gesticolando a più non posso.
    Lo guardai piuttosto stralunato e con gli occhi che quasi uscivano dalle orbite.
    Ero venuto a casa di Gustav per rilassarmi un po e distogliere Tom per qualche secondo dai miei pensieri ma a quanto pare parlare di lui era diventato monotono e questo mi faceva male.
    Mi strinsi nelle spalle.

    Tomi...

    mi persi nei miei pensieri prestando un attenzione a Gustav che equivaleva allo zero per cento.
    La mia decisione ormai l'avevo presa ma con tutto il cuore speravo di aver scelto quella giusta.
    Strinsi le gambe forti al petto abbassando la testa e poggiandola sulle ginocchia dure.
    -Gustav ti prego basta- sussurrai quasi sull'orlo delle lacrime.

    Le versavo troppo spesso ormai.

    *

    Con il cuore a pezzi aprii la busta che avevo trovato nella buca delle lettere.
    Il fiato ancora corto per quello che quella mattina Bill mi aveva detto.

    E quelle lacrime, potei giurare di averle viste.

    Il suo comportamento molto chiaro non mi era ma d'altronde non ero mai riuscito a capire nemmeno il mio.
    Gettai un occhiata stanca al contenuto della lettera bianca rimanendone quasi perplesso.
    Credevo fossero di più...
    Contai attentamente le banconote che stringevo possessivamente tra le mani costatando che erano di meno rispetto al mese precedente ma nonostante tutto, attribuii tutto alla mia eta.
    Forse erano di meno perché mi stavo avvicinando inevitabilmente alla maggior età.
    Non lo sapevo..
    Sospirai affranto prima di distendermi sulle lenzuola scolorite del letto.
    Il mio pensiero involontariamente si posò di nuovo come una farfalla su un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi color cioccolato.

    *

    -Questo lo so, Bill, cazzo lo so che lo ami ed è inconcepibile- gridò avvicinandosi spaventosamente a me – come puoi Bill dopo quello che ti ha fatto?- ringhiò a pochi centimetri dal mio viso.
    -non lo so, Gustav- sussurrai sentendo gli occhi bollenti.
    -Bill, tu puoi dimenticarlo, devi solo volerlo- rispose lui calmandosi un po.

    Ma io lo volevo?

    -devi farlo, Bill, per il tuo bene!- spiegò lui accarezzandomi la guancia arrossata.
    Abbassai nuovamente la testa stringendola forte tra le ginocchia.
    Gustav mi massaggiò piano la chioma corvina prima di allontanarsi da me con passo svelto e deciso.
    I suoi passi tornarono di nuovo da me costringendomi ad alzare il viso velato dalle lacrime.
    Gustav stringeva tra le mani un foglio bianco e immediatamente ricordai.











    ''Cosa disegni?'' chiesi soltanto.

    Mi affrettai ad appallottolare il foglietto per poi lanciarlo malamente sulla testa di Gustav che prontamente balzò sulla sedia.
    Mi fissò accigliato prima di aprire il foglietto che gli avevo ''spedito''
    lo vidi scrivere qualcosa per poi rilanciarmi il foglietto con altrettanta forza, lo afferrai al volo e mi affrettai a leggerne il contenuto.

    '' poi vedrai ''

    mi morsi il labbro inferiore per poi voltarmi verso un Gustav che mi guardava con un chiaro sorriso dipinto sulle labbra.

    '' Perché non adesso?'' scrissi divorato dalla curiosità.

    Appallottolai il foglietto, questa volta con estrema calma e lo rilanciai al destinatario.
    Gustav prontamente afferrò il foglietto e una volta letto il contenuto rise silenziosamente.
    Perché faceva così? Pensai.
    Gustav appallottolò il pezzo di carta alzando di poco il gomito, immediatamente mi preparai a prendere quel pezzo di carta senza farmi vedere da nessuno, una volta afferrato lo aprii delicatamente.

    ''E inutile bambi, non te lo dico''

    Bambi? Era possibile che si ostinasse a tal punto per quel soprannome che mi aveva dato tanti anni addietro?
    Afferrai la penna per scrivere il resto ma il suono della campanella interruppe il mio gesto, balzai dal posto arrivando fino al banco di Gustav.
    -allora che cos'è?- chiesi con la curiosità fin sopra i capelli.
    -l'opera si vede solo quando è finita- rispose lui mettendo al sicuro il foglio nella sua cartellina turchese.
    -come? Perché'- chiesi tentando di appropriarmi della cartellina ma lui prontamente la riprese inserendola nella cartella.
    Lo guardai accigliato per qualche secondo prima di rispondere.
    -mi dici perché non vuoi farmi vedere?-
    -Beh perché voglio conservare tutto per quando sarà pronto, adesso è solo uno schizzo, non capiresti comunque quello che vuole dire- rispose mettendosi la cartella sotto braccio.
    -andiamo?- mi chiese cingendomi la vita.
    -vabene- risposi rassegnato ormai.













    Sorrisi a quel ricordo prima di allungare curioso la testa cercando di vedere cosa ci fosse raffigurato su quel foglio e quando finalmente l'immagine divenne visibile ai miei occhi sobbalzai quasi.
    Il disegno era bellissimo ma faticai a capirne il significato.
    Una giovane donna dai capelli rossi teneva le gambe strette al petto magro e nudo, il suo sguardo era rivolto ad un'altra figura messa in ombra rispetto alla prima, il suo sguardo era basso ed esprimeva chiaro il concetto di dolore.
    Inarcai le sopracciglia cogliendone finalmente il significato.
    Gustav lasciò cadere il foglio bianco sul pavimento congelato della camera.
    -Bill, io per te ci sarò sempre e tu lo sai, per te voglio solo il meglio.- disse accarezzandomi una guancia -dimenticalo, Bill-
    Gli sorrisi lievemente prima di stampargli un bacio umido sulla fronte.
    -a domani Gus- dissi chiudendomi la porta alle spalle e soffermandomi dietro di essa.

    Per quel giorno, bastava così.

    *

    Dopo aver finito la modesta cena mi distesi sul divanetto che avevo nel ''soggiorno'' allungai la mano sul piccolo tavolino che c'era davanti a me per prendere il telecomando ricoperto di scotch.
    Schiacciai un pulsante a caso e quando la scatola nera si illuminò sospirai rassegnato.

    Un giorno, prima o poi le cose sarebbero cambiate, non avrei mai più vissuto in queste condizioni, questo era certo.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    Mi inebriai sotto il flusso caldo dell'acqua che lentamente scivolava lungo il mio corpo diafano.
    Versai un po di bagnoschiuma sul palmo aperto della mia mano per poi strofinarlo sulla mia pelle ancora bagnata, sussultai quando il mio corpo ormai caldo entrò in contatto con quella materia terribilmente fredda.
    Lasciai cadere un altro flusso di acqua calda sul mio corpo prima di uscire dalla doccia, sistemai i rasta nell'asciugamano sfilacciato rosso e piano li avvolsi al suo interno.
    In fretta presi un altro asciugamano avvolgendomi con quest'ultimo la vita e prendendo a camminare verso la mia piccola camera trovai un paio di pantaloni con una maglietta bianca.
    Indossai il tutto con una calma snervante e quando finii tutto decisi di uscire subito dalla casa.
    Fame non ne avevo.
    Quella notte avevo pensato molto e non era da negare, che avevo pensato a Bill.
    L'intenzione di arrendermi non c'era ma questa volta avrei agito diversamente, Bill avrebbe saputo che io non avrei mai potuto dimenticarlo.
    Non ci sarei mai riuscito neppure volendolo con tutto me stesso.
    Il suo perdono di certo non lo pretendevo, avevo sbagliato e questo lo avevo capito fin dall'inizio.
    E non era di certo la prima volta in cui avevo pensato di poter tornare indietro nel tempo e modificare il corso degli avvenimenti.
    E se solo potessi farlo, lo avrei già fatto.
    Strizzai gli occhi tentando di liberarmi da quei pensieri che mi avevano affollato la mente.
    Georg era a pochi metri da me, seduto su una panchina verde oliva con la testa quasi infilata nello zaino nero, in cerca di qualcosa.
    Avanzai senza neppure fermarmi a salutarlo, infondo, avevo altro a cui pensare.
    Cose che per me valevano di più, volevo parlare con Bill e la voglia mi stava quasi divorando.
    Quanto mi mancava, pensai.


    Mi guardai intorno cercando di scorcere la sua figura tra gli altri studenti che come animali si dimenavano l'un l'altro, ridendo e scazzottandosi a vicenda.
    Qualcosa di caldo mi strinse il braccio costringendomi a voltarmi e non fui per niente contento della persona che avevo davanti.
    -come ti sei permesso?- rispose piano il biondo davanti a me.
    Gustav sembrava tenerci davvero tanto a Bill, che fosse innamorato di lui?
    Quella domanda fece eco più volte nella mia mente lasciandomi perplesso.
    -cosa ti importa?- ammiccai un occhiataccia liberandomi poi, dalla sua stretta.
    -mi importa eccome.-
    -io dico di no, lasciami in pace Gustav non è con te che voglio parlare- risposi tentando di fronteggiarlo.
    Se anche lui voleva Bill, avrebbe dovuto avere a che fare con me.

    Io sarei andato via solo se sarebbe stato Bill a chiederlo.

    -Il problema è proprio questo, con lui tu non devi parlare, non immagini neanche quanto male gli hai fatto- rispose freddo Gustav.
    Voleva ferirmi, questo era palese e a quel punto lo avrei fatto volentieri anche io.
    -So di avergli fatto del male ma il tuo comportamento mi sembra un po troppo strano, Bill ti piace, non è forse così?- lo istigai.
    Lo vidi stringere i denti prima di avvicinarsi pericolosamente a me, feci lo stesso anche io azzerando la distanza che ci separava.
    Riuscivo a vedere la rabbia bollire nei suoi occhi e in quel momento non avevo paura.
    -Gustav- una voce terribilmente melodiosa echeggiò nella mia testa.
    Mi voltai incastonando i miei occhi nei suoi, terribilmente belli.
    -Bill- sussurrai.
    Guardai Gustav prima di allontanarmi da lui per avvicinarmi a Bill che ancora mi guardava.
    -Bill, devo parlarti- gli dissi accarezzandogli un braccio con la punta delle dita.
    -No, Bill- si intromise Gustav
    -non farlo- continuò.
    Bill lasciò volare il suo sguardo su me e Gustav, per poi abbassare la testa come era solito fare.
    -cosa devi dirmi Tom?- chiese lui guardandomi di sbieco sotto le lunghe ciglia nere.
    -da soli Bill- risposi io, la presenza di Gustav, di certo non la volevo.
    -Mi dispiace Tom, non mi fido a rimanere da solo con te- rispose lui stringendosi nelle spalle e arrossendo non poco.
    Quelle parole mi ferirono ma d'altronde non potevo biasimarlo in nessun modo.

    Se non si fidava più di me, un motivo c'era e io lo conoscevo benissimo.
    -Bill, non voglio portarti in nessun posto, voglio solo rimanere per qualche secondo solo con te- dissi poggiando una mano sotto il suo mento per poterglielo alzare.
    I suoi occhi erano imperlati di lacrime e ancora una volta mi sentii male nel vederli.
    -Ti prego- sussurrai infine.
    -D'accordo- rispose.
    Lanciò un occhiata implorante a Gustav prima di seguirmi lungo il corridoio stracolmo di studenti.


    ¤ ¤ ¤ ¤




    -Dimmi- disse Bill con voce spenta ma con un filo di paura.
    -Bill , lo so che non è facile perdonarmi e ti assicuro che non lo pretendo, vorrei solo farti sapere che per te io ci sarò sempre, se non mi vuoi adesso.- dissi tutto d'un fiato avvicinandomi a lui per prendergli la mano e stringerla possessivamente al mio petto.
    Il cuore batteva troppo forte e per qualche secondo ebbi quasi paura.
    -Tom, io non potrò mai perdonarti, d'avvero, mi è troppo difficile- disse lasciando che le lacrime gli velassero il viso ancora una volta.
    -Bill non piangere-
    -Non ci riesco, Tom- disse lasciando che un singhiozzo echeggiasse nell'aria.
    -Ti ho amato troppo e non so nemmeno se ti amo ancora, sono troppo confuso.-rispose asciugandosi le lacrime che impetuose scendevano senza alcun ritegno.
    -Anche io ti amo, Bill-
    e lo amavo d'avvero ma perché non potevamo stare insieme allora?
    -Tom, devi dimenticarmi e io dimenticherò te, ora in poi ognuno di noi andrà per la propria strada-disse allontanandosi di poco.
    -No Bill, non posso- dissi sentendo il mondo crollarmi sulle spalle.
    -io lo sto già facendo, Tom.-rispose lui andandosene via.
    Guardai la sua immagine farsi sempre più lontana e sbiadita e solo quando sentii le gote bollenti mi accorsi di star piangendo.
    E solo in quel momento chiesi realmente a me stesso, potrò mai dimenticarti amore mio?











    ✘ ✘ ✘ ✘






    - EPILOGO -



    Stranamente il tempo passa, anche quando questo sembra fare il contrario.
    La maturità era quasi alle porte ormai e davanti a me avevo idee per un futuro roseo.
    Il ricordo di Bill ardeva ancora dentro di me, infatti ero convinto che mai neppure gli anni sarebbero stati capaci di cancellarlo dalla mia mente.
    Ormai la sua vita era la mia, di nascosto lo guardavo mentre chiacchierava con Gustav, il suo modo di abbassare lo sguardo e arrossire lo rendeva terribilmente dolce ai miei occhi che ancora bruciavano di amore e di attenzione per lui.
    No, non ero stato capace di dimenticarlo o forse non l'avevo mai voluto realmente.
    Ci stavo male e questo era palese ma in cuor mio mi ero impegnato nella fedele promessa di non intralciare il suo cammino se non fosse stato lui ad inserirmi nuovamente in essa.
    Non credevo che questo fosse possibile, non lo credevo veramente.
    Il vederlo ogni giorno per di più, non mi aiutava a dimenticarlo, anche se non volevo.
    Non avevamo più parlato dall'ultima volta, entrambi, ci limitavamo a scambiarci solo occhiatine cariche di passione e di voglia l'uno dell'altro.
    Questo molte volte, mi aveva spinto a pensare che forse, nemmeno lui era riuscito a dimenticarmi del tutto, che forse qualcosa per me lo provava ancora.



    Da Bill avevo imparato tanto..

    Bill mi aveva insegnato a vivere, a mettere da parte le sofferenze che la vita ci riserva giorno dopo giorno.

    La mia vita era stata piena di problemi ed ero sicuro che anche in futuro ne avrei avuti tanti, mille altri.

    Guardai attentamente il ciondolo di papà brillare tra le mie mani, la sua foto non per niente rovinata dagli anni passati abbelliva ancora quel cerchio d'oro massiccio, dando a quel piccolo oggetto un valore inestimabile.





    Ti amo papà, avevo pensato quel giorno mentre lo guardavo.



    Bill mi aveva insegnato anche ad affrontare i dilemmi che ci si presentavano davanti, quel piccolo angelo moro mi aveva regalato la vita.
    Una vita che credevo mi fosse stata strappata via in modo crudele, la mia infanzia dannata, le violenze di mia madre, la morte di mio padre, il mio amore per Bill.

    E quante volte mi ero addormentato ringraziando Bill di avermi fatto rinascere.

    Ora ero pronto, la vita mi aspettava, una persona per la quale vivere l'avevo ed era la stessa persona che mi aveva insegnato più di quanto gli altri avessero mai potuto fare in un intera vita.



    L'asfalto bagnato mi riportò a pensare a quei tetri giorni di pioggia di tre anni fa.
    Il giorno del mio diploma era arrivato ed ero pronto ad affrontarlo anche se da solo, infondo avevo la certezza, di non esserlo mai stato del tutto.

    Qualcuno che forse mi amava c'era ancora.

    Aprii la porta della scuola deliziosamente addobbata per quell'evento, gli studenti erano in festa, c'erano tante piccole coppiette che si erano unite nel corso di quei tre anni, molte di loro stavano sedute comodamente sui gradini che portavano al piano superiore dell'enorme edificio scolastico.
    Le coppiette si stampavano casti baci sulle labbra e piano si incoraggiavano l'un l'altro promettendosi che sarebbe andato tutto bene.

    Il cuore pianse, forse prima o poi avrei potuto vivere la mia vita con qualcuno che mi amava e che a mia volta io amavo con tutto il cuore.
    Le speranze non le avrei mai perse.

    Cercai attentamente la figura di Bill fino a quando non riuscii a scorcerla tra gli studenti che felici si abbracciavano, Bill era bello come sempre.

    Era cresciuto di qualche centimetro, i suoi capelli ricadevano lisci lungo le esili e candide spalle, il suo corpo minuto e sensuale allo stesso tempo mi faceva ancora venire la pelle d'oca.








    Ci sedemmo tutti comodamente sulle sedie appositamente riordinate per l'evento che si sarebbe celebrato di lì a pochi minuti.
    Tastai le grandi tasche dei jeans che portavo indosso fino a toccare l'oggettino duro da cui, ultimamente non riuscivo mai a separarmi.
    Aprii il ciondolo incastrando i miei occhi in quelli di mio padre, completamente uguali ai miei e forse per la prima volta mi vantai di averli come lui, di quel color nocciola che era capace di sciogliere qualsiasi cuore.

    Infondo non ero da solo, pensai nuovamente.
    Lui era lì con me, pronto ad abbracciarmi quando tutti quanti avrebbero ricevuto il caloroso abbraccio da parte dei propri genitori orgogliosi dei propri figli.


    E credo che nonostante tutto, mio padre orgoglioso di me lo era veramente.



    Il preside si perse in un brillante discorso, commuovendo genitori e studenti che si applicavano ascoltando quello che aveva da dire con un bagliore negli occhi.
    Giunta la fine della consegna dei diplomi, tutti i genitori corsero ad abbracciare, fieri i loro figli che commossi stringevano il foglio di carta tre le dita.
    Sorrisi ai miei professori ed infine al preside che, anch'egli contento si affrettò a porgermi il pezzo di carta.
    Ero riuscito a diplomarmi con 95, guardai quel voto con gli occhi che brillavano di felicità per poi stringere forte la mano ad ognuno di loro.
    Alcuni professori si alzarono per stringermi in un caloroso abbraccio.

    Uscii da quell'enorme stanza con un ampio sorriso sulle labbra, si, mio padre sarebbe stato orgoglioso di me.



    Scesi le scale trotterellando di tanto in tanto, alzai il volto trovando Georg che parlava con il bidello
    Io e lui ci sentivamo solo qualche volta, non più assiduamente come negli anni passati ma potevamo comunque dichiararci conoscenti.

    -ciao, Georg- dissi spezzando la noiosa conversazione che attenti consumavano i due.
    -Hey, Tom- rispose il bidello sorridendomi.
    -ciao, Tom- rispose Georg cordiale dandomi qualche pacca sulla spalla.

    Ci allontanammo dopo pochi minuti arrivando senza nemmeno rendercene conto sul retro della scuola, posto dove tre anni addietro, io e Georg sfruttavamo per fumare tutt'altro che semplici sigarette.



    Proprio qui consumai il mio ultimo peccato, sebbene quello più grave.
    Quello che infondo, non avrei mai potuto dimenticare.
    Il ricordo di ciò che avevo fatto mi avrebbe perseguitato per sempre, questo lo sapevo.





    Nel corso degli anni avevo continuato a fumare qualche canna di tanto in tanto ma Georg non aveva intenzione di contenersi, infatti aveva provato più volte anche delle siringhe ma mai avevo osato chiedere cosa fosse quel contenuto che continuava ad iniettarsi, avvelenando così le sue vene.

    Non avrei mai voluto neppure provare.



    Un flash colpì i miei occhi in quel preciso istante facendomi voltare di scatto.
    Ebbi uno strano brivido lungo la colonna vertebrale quando riuscii a scontrare di nuovo i miei occhi con quelli di un Bill che con le guance deliziosamente imporporate di rosso aveva scattato una foto a me e a Georg.
    Sentii gli occhi pizzicarmi quasi, era come se in tutto quel tempo avessi imparato a vedere Bill come una figura irraggiungibile.

    E per me lo era diventato, irraggiungibile oramai.

    Per sempre.


    I lati delle mie labbra si alzarono in un malinconico e allo stesso tempo falso sorriso.

    Lo guardai risplendere di luce soave cosciente che quella sarebbe stata l'ultima volta.

    Bill fece piano capolino con la testa sventolando la candida mano - imbarazzato - in segno di saluto.


    Chissà perché mi aveva scattato una foto... forse per ricordarsi di me?

    Almeno quello, beh, mi sarebbe piaciuto.

    Bill si diresse verso il cortile della scuola sotto il silenzio dell'aria, che senza emettere alcun suono aleggiava nella scuola.
    Chiusi gli occhi inginocchiandomi sul terreno bagnato, un ennesima lacrima mi ricordò di lui e di quello che provavo.
    Ma soprattutto di quello che avrei dovuto cancellare prima o poi.


    Quello non lo volevo ma per non soffrire ero costretto a farlo.


    Alzai lo sguardo rivolgendomi al cielo celeste.
    -Grazie amore mio, per tutto- sussurrai guardando le nuvole bianche.
     
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  10. †~twinsk@ulitzlove~†
     
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    non dirmi che finisce così *.* ci rimango male è una twincest fantasticaaaaaaaa!!!!!
     
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  11. •Blue Schreiber
     
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    CITAZIONE (†~twinsk@ulitzlove~† @ 20/10/2012, 23:05) 
    non dirmi che finisce così *.* ci rimango male è una twincest fantasticaaaaaaaa!!!!!

    Purtroppo si, finisce in questo modo x3 Comunque ti ringrazio molto :3 <3
     
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  12. †~twinsk@ulitzlove~†
     
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    waaaa *.* sapessi scrivere io così XD se leggi la mia confronto questa è una schifezza XD
     
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  13. •Blue Schreiber
     
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    Ciao potrei sapere il titolo della tua FF, mi piacerebbe leggerla :)))
     
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  14. lovely kaulitz ^ ^
     
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    È. B E L L I S S I M A A A A A!!!! *O* mi credi se ti dico che mi sono commossa?? Sei riuscita a farmi commuovere, nemmeno "Titanic" ci è riuscito!! Alla fine tomi è riuscito a superare le sue sofferenze e ha capito che non é solo <3 complimenti scrivi benissimo
    me vuole il sequel,non puoi finirla cosi!


    se ti verrà in mente di fare un sequel spero che Bill perdoni Tom cosi si metteranno insieme e saranno felici entrambiiii *_* shii lo voglio
     
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28 replies since 5/9/2010, 13:15   1653 views
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