Use somebody

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  1. Kate ~
     
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    Grazie patate! *_*
    Sono contenta che vi piaccia *___*

    5. I’m just a victim of my mind



    Beth aveva seri dubbi circa l’appuntamento con David Jost e i Tokio Hotel. Aveva trascorso l’intera notte a chiedersi cosa le avrebbero proposto perché non riusciva a capire cosa potessero volere delle rockstar da lei. “Magari”, pensava, “mi vogliono in un loro video”.

    Un altro problema con il quale si dovette scontrare, non appena sveglia, fu l’abbigliamento. Sapeva che avrebbe dovuto mostrare Lisbeth Sommer e non Beth ma non sapeva fino a che punto.
    Avrebbe dovuto optare per il look da “brava ragazza” o per quello da “brava ragazza ma con i contro coglioni”? Ci pensò su per qualche istante e, soprattutto, pensò a quello che le avrebbe consigliato Ingrid così decise di optare per la prima scelta. La brava ragazza, in fondo, faceva sempre il suo effetto.
    Provò diversi completi prima di trovare quello giusto: un paio di pantaloni neri, dal taglio semplice e lineare, abbinati ad una canottiera rosa tenue con degli inserti di pizzo sulla scollatura, il tutto completato da una giacca stretta in vita e leggermente ampia sui fianchi. Avrebbe di gran lunga preferito indossare un paio di jeans ed una maglietta ma l’occasione richiedeva un abbigliamento consono. Ai piedi mise un paio di scarpe nere con il tacco medio basso, afferrò la borsa e raggiunse in macchina l’ufficio di Ingrid Scholz.

    Durante il tragitto bevve un caffè preso al volo in un bar e fumò una sigaretta, tenendo il finestrino abbassato in modo da far uscire il fumo ed evitare di far puzzare troppo gli abiti. Ingrid se ne sarebbe accorta lo stesso ma le importava ben poco: al mattino doveva fumare. Sperò, come tutte le volte, che nessun paparazzo la notasse. Ingrid si sarebbe arrabbiata parecchio se fosse comparsa, sui giornali, una foto di Lisbeth Sommer con in bocca una sigaretta.
    Arrivò all’ufficio della sua manager quando mancavano cinque minuti alle dieci. Parcheggiò, si cacciò in bocca una mentina, afferrò la borsa e si catapultò all’interno dello stabile.
    L’ascensore era occupato quindi fece due piani di scale a piedi ed arrivò davanti alla porta dell’ufficio alle 9.58.
    Entrò senza bussare e la prima cosa che vide furono le ampie spalle di un ragazzo che, in testa, aveva delle lunghe treccine nere.

    “Buongiorno a tutti” esordì, schiarendosi la voce. Udendola parlare si voltarono tutti quanti simultaneamente e, coloro che già sedevano, si alzarono per galanteria.
    Il primo ad avvicinarsi a lei fu David Jost che le porse la mano e le presentò i ragazzi. Quando Lisbeth ebbe terminato i saluti di rito si accomodò su una delle diverse poltroncine sparse per la stanza. Di fianco a lei sedevano da un lato Ingrid e, dall’altro, il ragazzo con le treccine nere di cui non ricordava il nome.

    “Bene Mr.Jost” cominciò Ingrid “Ci può finalmente spiegare il motivo per cui ci troviamo qui oggi?”
    “Innanzitutto” esordì David, sorridendo “Se ti sta bene potremmo darci del tu. Renderebbe tutto molto meno formale, non trovi?”
    Ingrid, da sempre suscettibile al fascino maschile, accettò di buongrado sfoderando uno dei suoi sorrisi a trentadue denti “Certo David” rispose, ammiccando
    “Bene. Prima di tutto avrei un piacere da chiedervi. Sarebbe opportuno che tutto quello che diremo questa mattina resti tra queste quattro mura”

    A Beth cominciarono a sudare la mani. Ennesimi sotterfugi, pensò.

    “Dal momento che vivete in Germania credo sappiate benissimo che Bill” e, nel dirlo, indicò il cantante “ha avuto qualche problema in questi ultimi anni”

    Ingrid e Beth annuirono.

    “I Tokio Hotel stanno attraversando un periodo estremamente complicato e la situazione è decisamente delicata. Nonostante tutto, la casa discografica ha deciso di dar loro un’altra possibilità a patto che l’immagine di Bill venga completamente riabilitata. Bill dovrebbe tornare ad essere, agli occhi dei suoi fan, il ragazzo sensibile e romantico e, per farlo, non ci sarebbe modo migliore che trovargli una fidanzata fittizia”

    Ingrid, che cominciava a capire dove David volesse andare a parare, unì la punta delle dita e, annuendo, disse: “Continua, David”
    “E mi sono quindi chiesto: qual è la ragazza più amata e idolatrata dalle famiglie tedesche? E la risposta, cara Ingrid, è seduta accanto a te”

    Beth sbarrò gli occhi ma non fece in tempo ad aprire bocca perché fu Ingrid a farlo, al posto suo: “Quindi fammi capire. Tu vorresti che tra Lisbeth e Bill nascesse una storia fasulla in modo da far credere al resto del mondo che il tuo ragazzo ha ritrovato la retta via?”
    “Esattamente” asserì il manager “Lisbeht è il prototipo della brava ragazza. Le donne tedesche la adorano, specialmente le madri di famiglia, perché è gentile, ha un’immagine pulita, non gioca a fare la bomba sexy e non si atteggia a grande diva. I bambini, poi, la idolatrano addirittura e Bill ha bisogno di farsi vedere con una ragazza simile. Una specie di angelo sceso in terra che lo redime dai suoi peccati. I giornali impazziranno per questa love story. Sarà la coppia dell’anno, me lo sento. E voi non dovrete far altro che fingere che sia tutto assolutamente vero. Ci penserò io ad inventare ogni singolo dettaglio, non preoccupatevi”
    “Quanto dovrebbe durare questa farsa?” chiese Ingrid
    “Un anno circa, il tempo quantomeno di far uscire l’album e di sondare le reazioni dei fan. Dopodiché la coppia si lascerà, in maniera civile ovviamente, e Lisbeth potrà andare per la sua strada”
    “Se il tuo piano funzionerà Bill e i Tokio Hotel torneranno ad essere gli idoli di migliaia di ragazze, riguadagnando così la stima perduta. Ma noi? Cosa ci guadagneremmo noi?” domandò a quel punto Ingrid, mostrando quindi il suo lato più pratico
    David ridacchiò sommessamente “Non mi aspettavo di certo che faceste tutto questo gratuitamente, sia chiaro. Non lo so, c’è qualcosa che posso fare per voi o preferite del denaro contante? Ditemi una cifra, possiamo discuterne”
    “50.000 a testa” sparò Ingrid, senza indugio
    “Può andare” dichiarò David, compiaciuto. Pensava che Ingrid Scholz, che conosceva di fama, gli avrebbe spillato molto più denaro
    “Un attimo” si intromise Lisbeth, a quel punto “La persona tirata in causa sarei io e nessuno di voi si è degnato di domandare il mio parere” si alzò quindi dalla poltroncina e, meccanicamente, estrasse una sigaretta dalla borsa. Ingrid la fulminò con lo sguardo ma Lisbeth finse abilmente di non essersene accorta “Se io non fossi d’accordo?”
    “Signorina Sommer” disse quindi David
    “Lisbeth, chiamami pure Lisbeth”
    “Lisbeth, capisco che la mia proposta possa lasciarti perplessa ma sono pronto a pagarti per questa prestazione e…”
    “Sembra uno scambio di favori sessuali, detto così” fece notare Lisbeth e Tom non poté fare a meno di ridere
    “Intendevo dire che verrà ricompensata. La sua vita non verrà scombussolata così tanto, potrete continuare a vivere in case separate e condurre un’esistenza normale. Dovreste solo presenziare agli eventi pubblici assieme e, possibilmente, farvi vedere in pubblico mentre, che ne so, passeggiate o prendete un gelato. Cose normali, cose che fanno tutte le coppie… inoltre, ci saranno sicuramente i giornalisti da accontentare, vi chiederanno interviste, dichiarazioni ufficiali e cose simili ma a questo penserò io. Insieme alla tua manager, ovviamente. Decideremo cosa farvi dire e quando. Voi dovrete solo recitare, come foste attori. Ecco, fingetevi attori per un anno”

    Lisbeth sospirò. Avrebbe dovuto pensarci, non poteva prendere una decisione simile in dieci minuti. Si chiese, però, se avesse sopportato l’idea di dover mentire anche sulla sfera sentimentale, un aspetto sul quale non avrebbe mai voluto dire sciocchezze.
    Aveva infatti detto alla sua manager, sin dai primi tempi in cui lavoravano assieme, che non avrebbe mai e poi mai nascosto una relazione al pubblico nel caso in cui si fosse innamorata. Almeno quella parte della sua esistenza voleva essere libera di gestirla per conto suo senza imbrogli, senza bugie.
    Ed ora, invece, le veniva chiesto di partecipare ad un gioco d’amore, ad una specie di roulette russa, solo che al posto della pistola c’era un sentimento.

    “Non posso decidere subito” disse infine la ragazza “Datemi almeno un paio di giorni per rifletterci”
    “Come vuoi” la assecondò il manager “Anche se pensavo che tu e Bill potreste cominciare a conoscervi, non credi?”
    “Potremo farlo in seguito, quando e se accetterò l’offerta”
    “O adesso” si intromise Ingrid “Qui. Potremmo lasciarvi soli per un paio di ore, potreste parlarne insieme, ponderare la questione, discutere i dettagli. Non è una buona idea, David?”
    “Ottima direi” rispose il manager, sorridendo
    “Ma…” tentò di dire Lisbeth senza però venire ascoltata
    “Coraggio bambina, vi lascio il mio ufficio per un paio di ore. Fate come se foste a casa vostra! David, ragazzi” disse poi Ingrid rivolgendosi a Jost e al resto della band “E’ stato un piacere conoscervi. Se mi seguite vi faccio strada”

    David, Tom, Georg, Gustav ed Ingrid uscirono quindi dall’ufficio. Prima di chiudere la porta, Tom lanciò un’occhiata al gemello che voleva dire tutto e niente.
    Poi la porta venne chiusa e Lisbeth si ritrovò da sola con un ragazzo del quale conosceva solo il nome.

    **



    Si guardò in giro per qualche secondo prima di andare a sedersi accanto al cantante che, prontamente, cercò di toglierla dall’imbarazzo “Ciao, sono Bill” disse, allungando una mano e presentandosi di nuovo
    “Ciao, Beth” rispose, stringendo la mano del ragazzo che era calda e sudaticcia, proprio come la sua
    “Ehm… quindi che ne pensi?”
    “Scusami, sono leggermente confusa. Non… non mi sono mai trovata in una situazione simile. Insomma, non è la prima volta che mi capita di… ecco… smussare leggermente i contorni della realtà ma mai in questo modo. Di solito devo tacere particolari che riguardano solo ed esclusivamente me stessa, come il fumo”
    “Capisco” disse Bill “Anche io, onestamente, non mi sono mai trovato in una situazione simile”
    “Perché hai accettato? Oppure, è stata per caso una tua idea?”
    “No, veramente non è stata una mia idea. Ero scettico, esattamente come te, all’inizio. Anzi, mi sono anche arrabbiato ma… tu ce l’hai un sogno? Voglio dire, un progetto che riguarda il tuo lavoro e che speri di poter realizzare?”
    Lisbeth sorrise “Certo, eccome se ce l’ho”
    “Ecco, anche io. Da ragazzino ho sempre sognato di fare il cantante. Sapevo che quella era la mia strada, ne ero certo. Quando ce l’ho fatta, quando io e i ragazzi siamo arrivati in cima, mi sono sentito realizzato, felice, completo. Poi sono iniziati i guai ed ora… ora rischio di mandare in fumo anni ed anni di duro lavoro. E rischio di mandare in fumo anche i sogni dei miei compagni. Ho commesso una serie di errori, errori che quasi mi sono costati la vita ed ora voglio rimediare. Sono disposto a fare qualsiasi cosa. Qualsiasi”
    “Ti stai vendendo, praticamente”
    “Lo faccio tutti i giorni, del resto. Lo faccio dal debutto, no? Non lo fai anche tu? Non stai vendendo anche tu la tua immagine?”
    “Sì, in effetti…” mormorò Lisbeth
    “Cerco solo di non vederla in quel modo. Io sto vendendo un prodotto ma è un prodotto che rende felici le persone che lo acquistano. E rende felice me, capisci?”
    “Scusa se mi permetto ma… insomma, non mi sembri così felice”
    “Saggia osservazione. Effettivamente una persona felice non cercherebbe di suicidarsi per sei volte di seguito, giusto?”

    Lisbeth annuì, imbarazzata dalla schiettezza del ragazzo

    “Ho capito il mio errore e voglio rimediare. Voglio ritornare ad essere sereno, voglio godermi il lato più bello del mio lavoro, ovvero i concerti. In quel momento io mi sento libero e vivo. Vivo come mai mi sono sentito. Voglio tornare a scrivere canzoni, a girare il mondo con i ragazzi, a vedere i fan che cantano felici. Rivoglio la mia vita, Lisbeth”
    “Beh, ecco, detto così… insomma, non mi lasci poi molta scelta”
    “Non fraintendere, non ho fatto questo monologo per circuirti. Perdonami ma tendo ad essere logorroico” disse, ridacchiando
    “Accetto” rispose quindi lei, decisa “Accetto a patto che mi lasciate la possibilità di porre fine a tutto nel momento in cui non mi dovessi sentire più in grado di gestire la situazione. Hai la mia parola che resterà tutto un affare privato ma datemi almeno la possibilità di mollare se non mi sentissi a mio agio”
    “Ne parlerò con David ma non credo ci saranno problemi. Che posso fare per ringraziarti?” chiese il ragazzo, sorridendo
    “Ti sembrerà patetico ma… giura che non mi hai preso per il culo. Che tutte le cose che hai detto un attimo fa erano sincere”
    “Lo giuro”
    “Andata”

    Non era sicura che Bill le avesse detto la verità. Era possibile che il ragazzo l’avesse solo infarcita di stronzate melodrammatiche per indurla ad accettare ma la sua bontà naturale l’aveva indotta a credergli. In caso contrario, nel caso in cui si fosse accorta che il ragazzo si era solo preso gioco di lei, avrebbe sicuramente saputo come fargliela pagare. Su questo non vi erano dubbi.
    Bill non sapeva ancora che lei non era Lisbeth Sommer.
    Lei era Beth.

    **



    Era ormai quasi giunto mezzogiorno e lo stomaco di Beth cominciava a brontolare rumorosamente. Sul subito aveva pensato di salutare Bill ed andarsene a casa ma, conscia del fatto che di lì a poche settimane avrebbe comunque dovuto passare parecchio tempo assieme, decise di invitarlo a pranzo.

    “Ti andrebbe di mangiare qualcosa insieme?” chiese
    “Sì, certo” rispose il cantante, sfoderando un gran sorriso accattivante. Beth pensò all’isteria che aveva sempre circondato i Tokio Hotel e capì che, per un sorriso come quello di Bill, era facile perdere la testa.
    “Potremmo andare da Barney” propose “E’ un ottimo ristorante, il cuoco è italoamericano. Ci sei mai stato?”
    “No, non che io ricordi” rispose Bill, ridendo
    “E’ un posto tranquillo, non ci disturberanno vedrai”
    “Ti seguo” commentò Bill, alzandosi e seguendo la sua nuova amica.

    Giunsero al ristorante mezz’ora più tardi e il maitre trovò immediatamente un posto adatto alle loro esigenze. Lisbeth, del resto, era di casa in quel posto.

    “Vengo qui tutte le settimane, di solito la domenica”
    “Ma vieni sola?” chiese Bill, accomodandosi
    “Anche. La maggior parte di volte vengo con un’amica ma mi è capitato di venirci anche da sola. A volte ne ho bisogno”
    “Capisco. Anche io avevo bisogno di starmene solo quando… sì insomma…”
    “Dai, ordiniamo! La pasta alla carbonara che fanno qui è squisita!”
    “Che pasta sarebbe?”
    “Con uova, panna, un po’ di pancetta e il parmigiano!”
    “Pancetta?” disse Bill, con aria sdegnata “Io sono vegetariano”
    “Ah scusami, non lo sapevo” disse, mortificata
    “No, non ti preoccupare, la colpa è mia che non ti ho avvertita. Ci sarà sicuramente altro”
    “Sì, a pagina tre del menù trovi l’alternativa vegetariana” sorrise Beth e poi aggiunse “Lo sei da sempre?”
    “No, da circa un anno. Amo gli animali, non voglio mangiarli”
    “Anche io ho tentato la strada del vegetarianismo. Ma soffro di bassa pressione e il medico mi ha consigliato di mangiare carne rossa almeno una volta la settimana”
    “Amante degli animali anche tu?”
    “Puoi dirlo forte! Non uccido nemmeno le zanzare!”
    Bill scoppiò a ridere e, di nuovo, Beth si fissò su quel sorriso magnetico. Poi il ragazzo trovò la pietanza adatta a lui così chiamarono il cameriere con un cenno ed ordinarono.

    Era piacevole, per Bill, parlare con Lisbeth. La conosceva solo da poche ore ma pensava già di aver fatto un ottimo affare. Avrebbe riguadagnato popolarità (o almeno, sperava) e se la fortuna lo avesse assistito avrebbe anche guadagnato un’amica. E solo il Cielo sapeva quanto ne avesse bisogno.

    **



    Al termine del pranzo, consumato tra chiacchiere e risate, il ragazzo si scusò un attimo e, allontanatosi qualche passo da lei, estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e chiamò il gemello che rispose al secondo squillo.

    “Ehi, dove sei?” chiese Bill
    “A casa. Dove sei tu, piuttosto”
    “Sono appena uscito da un ristorante, ero con Lisbeth”
    “Che la farsa abbia inizio” commentò Tom, sarcastico
    “E’ carina, scommetto piacerebbe anche a te. Sempre meglio fingere con lei piuttosto che con una stronza antipatica”
    “Ti sei già innamorato, fratello?” chiese il chitarrista, ridacchiando
    “Ma smettila! Sto solo dicendo che è simpatica e alla mano. Abbiamo chiacchierato parecchio, siamo sulla stessa lunghezza d’onda e, se questa storia non finirà male, potrei anche aver trovato un’amica”
    “Lo spero per te” mormorò Tom “Questa storia non mi piace, lo sai bene”
    “Non piace nemmeno a me. E, per la cronaca, non piace nemmeno a Lisbeth”
    “Ottimo” farfugliò Tom “Ti aspetto a casa, comunque”
    “Ci vediamo tra poco” disse Bill, prima di interrompere la chiamata e tornare da lei che, nel frattempo, era salita in macchina.

    “Tutto a posto?” gli chiese, sorridendo
    “Sì, era mio fratello. E’ già a casa”
    “Vuoi uno strappo? Non ho idea di dove tu viva ma dato che dovremo passare il prossimo anno assieme, che ne dici di mostrarmi la tua magione?” chiese, scoppiando poi a ridere per la scelta del termine
    “Magione?” ripeté Bill, ridendo assieme a lei “Non credere sia un castello! E’ un appartamento normalissimo”
    “Beh, qualsiasi cosa sia credo dovrei almeno scoprire dov’è dislocato, non trovi? Pensi sia corretto che la tua fidanzata non sappia nemmeno dove abiti?”
    “Sbaglio o ci stai già prendendo gusto con questa storia?” ridacchiò il cantante
    “Mi sto divertendo un sacco, lo ammetto!” e poi, continuando a ridere, accese l’auto e partì sgommando.

    *Symptom of my time - Marie Frank
     
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138 replies since 23/10/2010, 13:11   1627 views
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