Pattinaggio d'arte

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  1. __I'mAHumanoid<3
     
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    D'accordo, eccomi qui! ^^ Posto solo per te, visto che sei l'unica e non mi piace lasciare le cose a metà! :)

    Capitolo 2.
    Era lunedì mattina e si stavano tutti preparando per andare nelle rispettive sale ad allenarsi con gli insegnanti.
    -Mel, mia cara, mi devi la vita! Sono andata di nascosto a spiare il tuo figone per quasi una settimana intera e l’orario in cui viene è sempre lo stesso! Più o meno si trova lì alle 23:30 per starci quattro ore, cioè fino alle 3:30 dell’alba, poi torna in camera sua a riposare, almeno spero! Altrimenti quel povero ragazzo diventerà una specie di zombie!-
    -Oh, May! Ti ringrazio! Così stasera devo andare lì alle 23:00?-
    -Esattamente, mi raccomando comunque, segui le indicazioni che ti ho dato! Se lui ti fa quelle domande che ho segnato sul mio Block Notes, tu rispondi con le risposte che ho segnato sul mio Block Notes! Per il resto, digli quello che vuoi, quello è solo un modo per dargli delle spiegazioni sulla tua presenza nella sala a quell’ora.-
    -Ok, grazie!- le disse Mel staccando il foglio del blocco per studiarsi a memoria quelle due rispostine.
    Si sarebbe preparata al meglio.

    ***

    -Che hai?-
    -Mm? Ehm... niente, niente, tranquillo!- rispose Bill a Iv.
    -Sembra che tu non abbia dormito stanotte!- azzardò Cameron.
    -Sì, infatti, non mi prendeva sonno. Credo che stasera prenderò un sonnifero, altrimenti non penso che mi addormenterò.- si scusò.
    -Faresti bene.-
    Si zittirono subito appena arrivò l’insegnante e si iniziò con gli esercizi.
    La giornata passò molto in fretta, anche se di solito il lunedì era il più lungo. Si avvicinò l’ora di andare a letto per gli studenti.
    Bill aspettò che i suoi compagni si addormentassero e alle 23:30 in punto si preparò in fretta e uscì dalla stanza per correre verso la sala con i pattini in mano.
    Arrivò davanti alla porta della Sala Superiore e la aprì lentamente, fece un passo avanti per entrare e pattinò in avanti, lungo la pista, per un veloce riscaldamento, ma sentì anche che c‘era già della musica. Mentre avanzava, girò la testa a sinistra e notò che una ragazza si stava sistemando un pattino seduta sul muro che separava la pista dalle tribune.
    Sorrise e, distratto dalla ragazza, arrivò alla fine della pista, inciampando sul gradino e ruzzolando in avanti, facendola spalancare gli occhi. Melody rise mentalmente. Che visione! Bill Kaulitz era inciampato! Non gli accadeva spesso mentre si allenava, specialmente nelle gare ufficiali, ma forse l’immagine di Mel l’aveva sbalordito. Lei decise di alzarsi e andare al centro della pista cominciando a pattinare.
    Bill si rialzò e incuriosito la vide eseguire una coreografia sotto le note di “Rose in the Wind” di Anggun. Conosceva bene quella canzone, era una delle sue preferite e tra l’altro non poteva non sapere a memoria la coreografia, perché gli piaceva molto, era un classico “Rose in the Wind“; solo che per eseguirla meglio era necessario anche un uomo: Mel da sola non poteva fare molto. Dato che amava quella canzone, decise di farsi avanti per conoscere la ragazza e chiederle poi di poterla accompagnare nell’elegante danza.
    Senza farsi vedere, andò a sedersi per rimettersi a posto i pattini, poi si alzò e scese in pista. Lei non si accorse che le si stava avvicinando: era troppo presa dalla musica e dall‘idea di far bella figura con lui. Bill le prese la mano e lei sussultò.
    -Ciao... Chi sei?- le chiese.
    -Ehm... m-mi chiamo... Melody... Per gli amici... Mel.- finì la frase e prese un respiro, facendo finta che fosse per la stanchezza. Il suo cuore batteva come se fosse una mitragliatrice. Non pensava che Bill fosse così gentile: credeva che quando l’avrebbe vista l’avrebbe salutata con un rozzo “hey” oppure che le avrebbe urlato contro che quella era la “sua” sala per allenarsi.
    -Io sono Bill! Piacere di conoscerti Mel... Scusa per la caduta!- ridacchiò imbarazzato. -Posso sapere cosa fai qui?- chiese, cercando di sembrare più discreto possibile.
    -Mi stavo allenando... “Rose in the Wind” è la mia canzone preferita, e soprattutto ha una bellissima coreografia, perciò la provo sempre.- rispose lei, cercando di rilassarsi. Non poteva permettersi brutte figure.
    -La provi sempre? Allora com’è che non ti ho mai vista qui?- si stupì lui.
    -Perché... prima venivo ad allenarmi alle quattro di mattina, fino alle sei, ma poi è diventato troppo faticoso e ho pensato di cambiare orario... almeno... dormo un pochino, no?-
    -Ahahah, sì, sono d’accordo!-
    Perfetto! Aveva funzionato! Sì, la scusa che si era inventata May aveva funzionato e Mel era stata brava a memorizzarla. Su quel foglietto c’erano un sacco di scarabocchi, ma il pezzo importante era la frase che la bionda aveva scritto per Mel: “Se ti chiede perché non ti ha mai vista, digli che andavi nella sala alle quattro dell’alba e ora hai preferito cambiare orario perché prima non riuscivi a riposare abbastanza!”.
    L’ha bevuta!
    In fondo non era una cosa così difficile da memorizzare, ma bisogna tener conto che non è facile ricordarsi nemmeno due parole se ti trovi davanti al ragazzo che ti piace, o meglio, che ami. Melody era riuscita a dire tutto per filo e per segno, per sua fortuna, altrimenti ci avrebbe fatto una figuraccia.
    Dietro la porta che dava sul corridoio della scuola femminile, c’era appollaiata May a spiare la scena. Sembrava andare tutto per il verso giusto, anche se la caduta rovinosa di Bill non era prevista: aveva riso a crepapelle. Non pensava che sarebbe successo tutto così in fretta, in realtà aveva un caratterino un tantino pessimista, anche se era una ragazza allegra e simpatica, e credeva che Mel non ce l’avrebbe fatta, ma invece... Wow!
    Già, proprio “wow”! Mel era spontanea di natura, perciò non le riuscì troppo difficile rispondere a Bill, anche se aveva il cuore che sarebbe schizzato fuori dalla cassa toracica da un momento all’altro a causa dell’emozione. Mentre chiacchierava con Bill si accorgeva sempre di più che lo amava. Le piaceva da morire, sì!
    -Senti, visto che “Rose in the Wind” è anche una delle mie canzoni e coreografie preferite, ti va di provarla assieme?- le propose lui gentilmente, da buon cavaliere.
    -Cosa? Dici sul serio?- il suo cuore si mise a saltellare dalla gioia. Bill come suo partner? Dio!
    -Ma certo!-
    -Ehm... ok, ci sto!- accettò Mel.
    Bill le porse la mano e lei l’afferrò sorridendo lievemente. Era un po’ imbarazzata, non lo si può negare, però era felice. Al settimo cielo!
    Fecero ripartire la musica e cominciarono la danza insieme da capo. Quel ballo prevedeva anche che la donna salisse in braccio all’uomo di tanto in tanto, comunque Melody avrebbe avuto sicuramente il coraggio di farsi reggere da quelle bellissime mani e braccia. Era lì vicino a lui in quel momento e il tutto era sparito. C’erano solo lei e Bill che danzavano sulle note della fantastica Anggun. Le sembrava di vivere un sogno reale. Mentre era seduta sul braccio destro di lui le parve di volare.
    Finita la coreografia insieme alla canzone, andarono a sedersi su una panchina al lato sinistro della pista.
    -Sei veramente bravissima!- si complimentò Bill.
    -Ti ringrazio…- gli rispose, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. -Inutile dire che sei bravissimo anche tu. In fondo sei sempre stato il Primo Pattinatore ad ogni saggio di maggio.- disse Mel, facendolo sorridere.
    -Beh, anche tu dovresti essere scelta come Prima Pattinatrice per i saggi!- affermò il moro.
    -Lo sono sempre stata!- precisò la ragazza, ricambiando il sorriso.
    -Davvero? Ah, scusa… Che figura! Forse prima di parlare dovrei guardare i saggi degli altri, invece di concentrarmi solo sui miei.- si rimproverò da solo, poggiandosi una mano dietro la nuca.
    -Ma no! In fondo fai molto bene a concentrarti solo sui tuoi. Così non ti distrai. È anche grazie a questo che fai sempre dei saggi perfetti!- si complimentò lei. Voleva lodarlo il più possibile, a tutti fanno piacere i complimenti.
    -Sei troppo gentile!- disse Bill. -Ma non sono così bravo! In realtà non mi soddisfa ancora il mio livello… Voglio arrivare più in alto.-
    -È una buona cosa desiderare di raggiungere sempre un traguardo migliore di volta in volta. Sicuramente arriverai lontano! Magari, se continui così, passerai nella storia come il gran maestro!- commentò Melody.
    Queste parole passarono come una freccia nel cervello di Bill. Si ricordò del quintuplo Rittberger. Se ci fosse stata Melody ogni notte, come avrebbe fatto? Poi decise…
    -Senti… Io vengo qui apposta per allenarmi nel triplo Rittberger.- disse. -Hai voglia di provarlo con me, oppure…?-
    -Lo faccio molto volentieri!- accettò lei. Sapeva che Bill voleva allenarsi su quel salto per fare cinque giri invece di tre, perciò decise di farlo anche lei. Forse così l’avrebbe anche aiutato in qualche modo.
    La risposta di Mel stupì Bill: credeva che avrebbe rifiutato, rinfacciandogli che anche allenandosi sul triplo non sarebbe mai riuscito a raggiungere il quintuplo. Non l’aveva fatto, però, e questo lo tranquillizzò, non voleva passare per matto.
    Si alzarono dalla panchina e cominciarono a fare giri intorno alla pista, per eseguire dei doppi Rittberger, semplicemente. Era solo riscaldamento.

    ***

    -Ma si può sapere che ti prende?- gridò Ivan. -Oggi sembri ancora più assonnato che mai! Non hai preso il sonnifero?-
    -Sì… e ho dormito bene, ma mi sento stanco.- mentì Bill. In verità, la notte passata, invece di tornare in camera alle 3:30, tornò alle 5:10. Lui e Melody si erano fatti prendere troppo la mano e avevano continuato a fare tripli salti fino a quell’assurda ora dell’alba.
    -Non mi pare proprio…- disse Cameron. -Mi sa tanto di bugia la frase che hai appena detto. Hai dormito o no? Secondo me dovresti riposare oggi. Torna in camera e dormi! Ti copriamo noi. Diremo al professore che stai male. È una mezza verità, insomma.- concluse.
    -Non posso! Devo allenarmi!- oppose resistenza.
    -Ti alleni già abbastanza, Bill. Sei lo studente migliore dell’accademia! Sei anche più bravo di quelli dell’ultimo anno, cazzo, cosa vuoi di più?- lo sgridò Ivan.
    -E va bene…- sospirò rassegnato. In fondo una bella dormita di almeno dieci ore poteva concedersela ogni tanto e poi non aveva mai fatto alcuna assenza dalle lezioni quell’anno, quindi per una volta nessuno avrebbe detto niente.
    Girò sui tacchi, trascinandosi dietro la sacca con i pattini, e tornò in camera, augurando buon allenamento agli amici. Quelli ricambiarono con un “buona notte” e andarono in 5B.
    Chiusa la porta, si buttò sul letto a peso morto, senza nemmeno preoccuparsi di essere vestito.
    “Stasera voglio rivedere Melody…” pensò, prima di addormentarsi.

    ***

    -Che ti avevo detto?- esultò May.
    -Oh, avevi ragione! È così dolce e simpatico!- disse con gli occhi luccicanti e le mani giunte a mo’ di preghiera.
    -Io ho sempre ragione, cara!- si vantò May.
    -Ma cos’è questo fracasso?- fece una voce assonnata. Era Roxana, la compagna di Mel e May. Una ragazza piuttosto strana: lunatica, con diversi caratteri, a volte simpatica, a volte antipatica. Non si capiva esattamente com’era fatta. L’unica cosa che rimaneva immutata in lei era la pigrizia, infatti dormiva sempre, quando non c’era lezione.
    -Roxy, forse è meglio se continui a dormire, mh?- disse sarcasticamente May.
    -Spiritosa.- ribatté. -Volete dirmi a cosa dobbiamo questo allunaggio generale? Mel si sposa?-
    -Quasi.- ridacchiò May.
    -Ma che dici?- si difese la Roofman. -In verità ho conosciuto Bill!- esultò.
    Lo sguardo di Roxy non diceva niente. Era rimasto uguale a prima.
    -Bill?- chiese perplessa.
    -Sì! Ti rendi conto? Bill Kaulitz, il Primo Pattinatore, il Numero Uno!- lo idolatrò.
    -Non ho la più pallida idea di chi sia…-
    Questa risposta lasciò di stucco Mel, che fino a quel momento pensava che Bill, come minimo, fosse famoso a livello nazionale, perciò la sua mascella toccò terra e per poco gli occhi non le uscirono dalle orbite.
    -E va bene!- disse decisa. -Allora sai che facciamo? A maggio tu vieni con me a vedere il saggio dei maschi! Lui sarà Primo Pattinatore come ogni anno, ovviamente!-
    -No, grazie per l’offerta, preferisco dormire tutto il giorno.- fu la risposta scontata di Roxy.
    Gli occhi di Mel presero fuoco.
    -Non osare! Questa è blasfemia!- gridò puntandole il dito contro.
    -Sì, certo. E questa è Sparta.- disse sbadigliando. -Io torno a letto.-
    -Ferma dove sei!- le urlò la vipera. -16 maggio. Ore 21:40, alla Sala Maggiore Est! E non tentare di ingannarmi, sai? Ti ci trascinerò io personalmente!-
    -Oh, no…- bisbigliò May, battendosi una mano sulla fronte.
    -Tu credi di farla franca?- fece Mel, rivolgendo uno sguardo malvagio a May. -Ovviamente non potrai mancare, tesoro!- si addolcì.
    -Che ruffiana! Ok, affare fatto. Assisteremo tutte al saggio dei ragazzi, sei contenta?-
    Mel mostrò un sorriso a mille denti. Certo che era contenta!

    ***

    -BIIIILL!- gridò Cameron, facendo svegliare il malcapitato di soprassalto.
    -Che c’è? Che è successo? La terra è stata attaccata dagli alieni? Siamo in pericolo! Oddio, si salvi chi può!- gridò col cuore a mille.
    Ivan e Cameron lo guardavano perplessi.
    -Bill, calmati “amore nostro”.- dissero all’unisono.
    -Perché mi avete svegliato?- chiese il moro con le lacrime agli occhi. -Stavo sognando Melo…-
    -Eh? Stavi sognando un melo?- fece Ivan, credendo di aver capito male. Da quando una persona sana di mente sogna alberi da frutta?
    -Lasciamo perdere.- sospirò Bill. -Il motivo di cotanto bordello?-
    -Hanno annunciato i ruoli del saggio! Complimenti, Primo Pattinatore!- sorrise Cameron allargando le braccia per abbracciarlo.
    -Grazie!- rispose Bill incredulo. Nonostante ogni anno fosse stato scelto, si stupiva ancora.
    -Quindi preparati, che domani si inizia sul serio! Coby ha detto che domattina tutte le quattordici classi maschili (Gli anni scolastici sono sette, ma ogni classe ha due sezioni: A e B, perciò in tutto sono 14. NdA) si riuniranno nella Sala Maggiore Ovest per le prime prove di gruppo. Per il saggio ufficiale verrà usata la Sala Maggiore Est, perciò deve rimanere intatta fino al 16 maggio.- spiegò Ivan.
    Il saggio di quell’anno però sarebbe stato il più bello forse, perché gli studenti in tutto erano centoventisei, variavano da otto a dieci ragazzi per classe, quindi erano pochissimi, ma negli anni passati erano ancora di meno.
    Sarebbe stato un bel “corpo di ballo”.
    -Perché questo cambiamento?- chiese Bill. -Fino all’anno scorso abbiamo sempre usato la Est per le prove e la Ovest per il saggio ufficiale.-
    Ivan e Cameron scrollarono le spalle.
    -Boh.- risposero.
    -Comunque, sei stato fortunato a riposare oggi, perché nei prossimi giorni avrai poco tempo per rilassarti!- lo ammonì Cameron, riferendosi alle prossime prove del saggio.
    Ma, come al solito, la testaccia di Bill si opponeva alle parole degli amici. Non avrebbe di certo rinunciato ai suoi ossessionanti allenamenti privati notturni per un saggio che ripeteva da sei anni, anche se ogni anno c’era una coreografia nuova.

    ***

    -Sei già qui! Ciao!- sorrise Bill avanzando nella pista con i pattini ancora in mano.
    Mel lo salutò dolcemente, fermandosi davanti a lui.
    -Aspetta, vado a mettermi i pattini e arrivo!- disse il moro andando a sedersi sulla panchina.
    Per quella sera decisero di ballare sulle note di “The Journey” di Dolores O’Riordan.
    Quella canzone prevedeva diversi giri per la pista in coppia e molti salti. Fecero anche una trottola insieme. Girarono così tanto e per così tanto tempo che alla fine della canzone a malapena si reggevano in piedi. Ridevano come se fossero ubriachi.
    -Ah…- sospirò Bill, lasciandosi cadere sul ghiaccio, per sdraiarsi e guardare il soffitto altissimo sopra di loro. -Sai, Mel? Sono contento di averti conosciuta!-
    Lei lo copiò e si distese di fianco a lui, in mezzo alla pista.
    -Sul serio…? Anch’io sono contenta di aver conosciuto te, Bill.- sorrise. Non lo dava a vedere, ma il suo cuore eruttava felicità e deglutiva a fatica.
    Bill si girò su un fianco e la guardò per un attimo, mentre lei osservava il soffitto come se fosse costellato. In realtà era più o meno così, dato che era fatto di vetro e si vedeva tutto. La Luna era bellissima, come sempre del resto. Anche Mel era bellissima agli occhi del moro.
    Lei girò la testa, cogliendolo in flagrante mentre la fissava, perciò Bill distolse subito lo sguardo imbarazzato e arrossì, anche se con quel buio non si notava.
    -Bill? Mi racconti perché fai tutto ciò?- gli chiese lei.
    -In che senso? Spiegati…- la incitò.
    -Cioè… Come ti sei avvicinato al pattinaggio? Perché ami questo sport? Perché ti alleni così tanto? Perché ci dai l’anima?-
    -Beh… tutto è cominciato quando io e mio fratello avevamo circa cinque anni, credo… o forse quattro. Non ricordo bene. Una sera abbiamo visto delle persone pattinare e ci è piaciuto; da lì abbiamo cominciato a pattinare tutti i giorni.-
    -Hai un fratello?-
    -Sì… Più precisamente è il mio gemello, anche se ormai è difficile confonderci, perché abbiamo due stili totalmente differenti.- ridacchiò.
    -Ma… hai detto che pattina anche lui, me lo fai conoscere…?-
    -In verità pattinava… Purtroppo però all’inizio di questo nuovo anno ha avuto un brutto incidente e adesso è costretto su una sedia a rotelle.-
    -Oh, mi dispiace tanto Bill… Non volevo costringerti a parlare di questo.-
    -Tranquilla.- sorrise lui. -Non c’è problema. Comunque è anche per questo che ci metto tanta passione e devozione. Il sogno di mio fratello, e anche mio, era di andare alle Olimpiadi di pattinaggio su ghiaccio, ma ora che lui non può, voglio realizzare il sogno per entrambi. Amo il pattinaggio, amo mio fratello, amo i miei amici e amo la famiglia. Mi hanno sempre sostenuto, tutti quanti. Andrò avanti ad allenarmi senza mai riposare se necessario.- disse fissando per tutto il tempo un punto impreciso sul ghiaccio sotto di lui.
    Per tutto il discorso Mel era rimasta immobile a guardarlo con gli occhi socchiusi, più innamorata che mai. In quel momento capì che Bill era una persona ancora migliore di come l’aveva descritto May. Era una ragazzo fantastico. Ce n’erano pochi come lui.
    -Vedrai che ci riuscirai, Bill…- lo incoraggiò lei. -Raggiungerai anche il Grande Maestro, ne sono certa. Se continuerai a metterci questa forza e questa volontà, ci riuscirai.- sorrise.
    Bill la guardò un po’ stupito.
    -Credi davvero che io possa…?-
    Lei annuì.
    -Bill, meriti tanto. Io credo in te.-
    -Grazie, Melody…-

    Capitolo 3.
    -Bene, ragazzi. Disponetevi per la pista in ordine sparso, le postazioni le sceglieremo domani. Bill, tu vieni già davanti.- ordinò il professor Coby, indicandogli il punto esatto su cui posizionarsi con l’indice.
    Le prove per il saggio erano iniziate. Avrebbero occupato ogni lunedì, ogni mercoledì e ogni giovedì, mentre negli altri due giorni rimasti, gli studenti avrebbero fatto semplicemente lezione come sempre, per tenersi in allenamento con vari esercizi, oltre che fare solo coreografie.
    Da lì a una settimana esatta sarebbero arrivati i costumi. Naturalmente il Primo Pattinatore aveva il più bello e vistoso, l’unico costume diverso da tutti gli altri. Bill ne andava fiero: gli piacevano i costumi dei saggi, erano comodi per pattinare e anche belli, due qualità difficili da trovare insieme in un qualsiasi vestito.
    Aveva deciso di andare a comprarsi un nuovo paio di pattini, due domeniche dopo, quando avrebbe avuto del tempo libero per incontrare Georg, Gustav e suo fratello. Voleva farsi un giretto nello FiSka Store. Aveva sempre pensato che quel negozio che vendeva roba per pattinatori avesse un nome terrificante: sembrava cibo per gatti. FiSka. In realtà era l’abbreviazione di Figure Skating, cioè pattinaggio artistico, ma nonostante l’ingegnosità del nome (pessimo), vendeva cose piuttosto soddisfacenti per gli esperti dei pattini. Appena avrebbe visto il nuovo costume e il colore di esso, avrebbe deciso che tipo di pattini comprare. Era da tre anni che usava gli stessi, non ne poteva più. Nei primi due anni scolastici ne aveva usato un paio ancora più vecchio: i primi pattini regalati dal padre. Non li utilizzava più, non perché erano piccoli: il suo numero era rimasto invariato da cinque anni, ma perché degli studenti dell’accademia, invidiosi del suo talento e del fatto che fosse stato scelto due volte come Primo Pattinatore anche se era solo un pivellino, avevano rigato entrambe le lame, rendendo i pattini inutilizzabili. Bill, comunque, custodiva ancora gelosamente i pattini in una cassa nella sua stanza, insieme ad altre cose che rappresentavano il pattinaggio, perché erano l’unico ricordo materiale che suo padre gli aveva lasciato.
    Quell’uomo aveva abbandonato la madre dei gemelli quando era al settimo mese di gravidanza: non aveva mai voluto dei figli, perciò non era riuscito ad accettarlo. Bill e Tom erano cresciuti senza di lui, non l’avevano mai conosciuto e non sapevano nemmeno che faccia avesse. Probabilmente però, Simone aveva parlato col loro papà e gli aveva raccontato della passione dei ragazzi verso quell’elegante disciplina e l’uomo, al quindicesimo compleanno dei figli, proprio il primo anno in cui Bill e Tom sarebbero entrati nell‘accademia, inviò un grande pacco postale, che conteneva due paia di pattini. Un paio azzurro e l’altro schifosamente arancione. Bill non si era mai vergognato di metterli: li aveva usati per i saggi dei primi due anni e l’avrebbe fatto ancora se non fossero stati rovinati, Si era trovato costretto a comprarsene un paio nuovo; optò per il bianco. Colore neutro. Almeno stava bene con tutto ed era il classico colore dei pattini.
    Ora che aveva vent’anni e frequentava la quinta classe della Figure Skating Academy sentiva la nostalgia dei “pattini schifosamente arancioni” che suo padre gli aveva regalato. In fondo, pensava che non potesse essere un uomo così cattivo e strafottente. Forse aveva solo paura, forse era spaventato dall’idea di diventare padre e non aveva il coraggio di fare un passo avanti. Per Bill, comunque, quel gesto significava molto. Quel regalo per lui significava che il loro papà non si era dimenticato di avere due figli, anche se non riconosciuti, e che in fondo voleva loro bene, altrimenti non avrebbe mai fatto un regalo così costoso. Era solo un uomo incerto e impaurito, che segretamente amava i suoi figli, ma non aveva il coraggio di crescerli. Magari un giorno l’avrebbe incontrato, chissà… Tanto ormai era cresciuto! Suo padre non aveva più tanto lavoro da fare! A vent’anni uno può cavarsela anche da solo, specialmente se vive fuori casa, nella stanza di una prestigiosa accademia.
    Voleva chiederlo alla mamma. Era arrivato il momento di parlare apertamente di questa storia, senza tabù.
    -Kaulitz! Sei ancora vivo?- lo richiamò Coby, stupito di vederlo in stato di trance. Stava pensando un po’ troppo.
    -Eh?- alzò la testa di scatto. -Sì, sì! Sono pronto!- disse.
    Non aveva ascoltato un’emerita minchia! Come poteva fare ciò che aveva detto Coby? -Professore… la prego, può ripetere?- chiese abbassando la testa. Era la prima volta in vita sua che domandava una cosa del genere. Se ne vergognò un po’, ma tirò un sospiro di sollievo quando Coby sorrise gentilmente e rispiegò i primi passi della coreografia a tutto il gruppo. Bill aveva anche dei passi che non rientravano nella coreografia degli altri: in fondo era Primo Pattinatore, doveva per forza “risaltare” in mezzo a loro con qualche passo diverso.

    ***

    -Dio, Tom! Che bello rivederti!- gridò Bill, lanciandosi addosso al fratello. Quest’ultimo ricambiò ill suo abbraccio.
    -Sai cosa? Sono libero il giorno del tuo saggio!- disse Tom.
    -Scherzi? Quindi potrai venire a vedermi!-
    -Assolutamente sì! E verranno anche la mamma, Georg e Gustav!-
    -Ma è fantastico! Non vedo l’ora!-
    -Sì, ma cerca i non strafare… Se ti stanchi troppo, ti sarà difficile arrivare al giorno dl saggio completamente lucido.- ridacchiò. -Te lo dico, anche se so che non mi ascolterai. Ti conosco bene: esageri sempre!-
    Bill gli fece la linguaccia.
    -Dimenticavo di dirti che ci sarà anche una sorpresa per te, al saggio…- continuò Tom. Non riusciva mai a tenere a freno la lingua.
    -Che sorpresa?- urlò Bill, con gli occhi che brillavano. Amava le sorprese e i regali.
    -Non posso dirtelo! Altrimenti che sorpresa è?-
    -Beh, certo…- sbuffò il moro. -Tom? Verresti con me al FiSka?-
    -Perché?-
    -Voglio comprare un paio di nuovi pattini, apposta per il saggio.-
    -Nuovi? Ma quelli che hai non vanno bene? E ti hanno già fatto vedere il costume? Come farai a combinarlo con i pattini, se non sai nemmeno com’è?-
    -Oh, dai… Alla fine ci ho pensato. Non me ne frega niente se non stanno bene col costume. Me ne prenderò un paio nero o bianco, oppure di entrambi i colori. Stanno bene con tutto, no?-
    Tom sbuffò e Bill andò dietro di lui, per spingere la sedia a rotelle.
    Scesero in paese e andarono dritti al FiSka.
    -Bill! Ne è passato di tempo!- lo salutò la commessa. -E vedo che c’è anche Tom! Come va, ragazzi?-
    -Tutto bene!- risposero all’unisono i ragazzi.
    -Bill, scommetto che vuoi che ti faccia vedere la nuova merce da pattinaggio, vero?- gli strizzò l’occhio, facendolo sorridere e lei portò sul bancone tre paia di pattini nuovi di zecca. -Sono i tre nuovi modelli, i più venduti.- lo informò.
    -Wow…- soffiò Bill, passando una mano sul primo paio a destra. -Questi… sono a dir poco perfetti!- sospirò alla fine.
    -Vuoi provarli?- gli chiese la ragazza.
    -Assolutamente sì! Comunque credo proprio che li comprerò! Sono proprio ciò che desideravo!- disse Bill, mentre Tom sorrideva per la felicità del fratello. Si immaginava se stesso quando ancora poteva pattinare. Gli mancava tutto del pattinaggio: ghiaccio, pattini, esercizi, compagni, professori, l’accademia… Aveva una voglia matta di tornare in pista.
    -Posso provarli anch’io?- chiese Tom, suscitando lo stupore della commessa e del fratello. -Non guardatemi con quelle facce! Ho solo detto che vorrei provarli, so che non posso alzarmi! Per favore…- li scongiurò. -Vorrei solo indossare un paio di pattini, tanto per sognare un po’…-
    Bill lo guardò con aria seria e gli porse i pattini bianchi che voleva provare lui stesso, per poi comprarli.
    -Vuoi metterli da solo?- gli domandò, preoccupandosi sia per il fratello, sia per il fatto di offenderlo nel chiedergli se avesse bisogno d’aiuto.
    -Fino a prova contraria le mie mani funzionano ancora! Certo che faccio da solo! Da’ qua!- gli rispose, ridendo.
    Quando indosso i pattini, il cuore di Tom si riempì di gioia. Vedere quelle due nuvolette bianche indossate ai piedi gli fece battere forte il cuore. Le sue labbra non volevano saperne di non sorridere e i suoi occhi si stavano pian piano riempiendo di lacrime.
    Quant’era cambiato Tom, quegli ultimi tempi… Era come se il suo carattere fosse stato completamente stravolto a causa dell’incidente nel bosco.
    Non era più forte, era fragile; non era più arrogante, era remissivo e silenzioso; non era più sbruffone, era timido e modesto. In più aveva cominciato a fregarsene di cosa potessero pensare gli altri e piangeva senza far conto a nessuno. Piangeva spesso e non se ne vergognava più.
    In quel momento, mentre Bill e Mina, la commessa del FiSka, lo stavano guardando con compassione, Tom fece una pazzia: appoggiò le mani sulla sua sedia a rotelle e in fretta, diede una spinta per tirarsi su in piedi. Con grande stupore dei due presenti, rimase in piedi qualche secondo, per poi cadere addosso a Bill, che, prontamente, lo resse.
    -Sei matto…?- gli sussurrò Bill, senza farsi sentire da Mina, quasi cominciando a piangere. Tom lo abbracciò forte e lasciò scendere qualche lacrima.
    -Bill… io voglio tornare a pattinare… Non ce la faccio più..- pianse.
    -Ragazzi…? Va tutto bene?- domandò Mina, perplessa e, al contempo, triste.
    -Tranquilla Mina.- le rispose Bill, girando di poco la testa verso di lei. -I pattini li compro!- disse infine, cercando di sdrammatizzare.
    -A proposito, Bill. Non mancherò al saggio!- gli sorrise lei, ricevendo in cambio un altro sorriso.
    I gemelli uscirono dallo Store per tornare a casa. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, Tom con la testa bassa, osservando il terreno scorrere sotto di lui. Avrebbe tanto voluto arrivare a casa, con le sue sole forze, con le sue gambe. Invece era costretto a farsi spingere la carrozzella da suo fratello. Si sentiva inutile. Si sentiva triste.
    -Bill… Non sai quanto mi dispiace per quanto è successo. Mi perdoni?- gli chiese Tom, quando furono a casa.
    -Stai tranquillo, Tomi, è tutto a posto.- gli rispose dolcemente Bill. Notò che il fratello stava sorridendo.
    -Mi chiami ancora “Tomi”…- mormorò.
    -Certo! Sei ancora il mio fratellone, no?- gridò facendogli il solletico sulla pancia. Almeno lì poteva proteggersi con le braccia.
    -Tomi, io ti giuro che porterò entrambi alle Olimpiadi.-
    -Entrambi?- si stupì il ragazzo.
    -Sì. Arriverò alle Olimpiadi per te, portando anche il tuo nome.- gli promise.
    Si abbracciarono. Il loro rapporto era raro: pochi fratelli si volevano bene come loro. Ma probabilmente era anche il fatto che fossero gemelli. Sarebbero morti l’uno per l’altro e Bill voleva solo la felicità di suo fratello.Voleva solo renderlo felice almeno una volta ancora, dopo quel maledetto incidente.

    ***

    -Guardate un po’ qui!- gridò Bill a Cameron e Ivan. -Ta daaan!-
    Tirò fuori i nuovi pattini bianchi comprati quello stesso giorno, insieme a Tom.
    -Oh, che belli!- urlarono quei due, lanciandosi su Bill. Cominciarono a chiacchierare vivamente sui nuovi pattini di Bill e sparavano complimenti a destra e a manca.
    -Li userai per il saggio?- gli chiese Cameron, continuando a fissare uno dei due pattini che teneva in mano.
    -Sì! Fino al giorno del saggio rimarranno intatti, nella loro scatola!- disse Bill fiero.
    “Sono certo che piaceranno anche a Melody…” pensò Bill, abbassando lo sguardo e sorridendo come un ebete.
    -Bill a che stai pensando?- chiese Ivan, facendolo tornare nel mondo dei vivi.
    -Eh? Niente…-
    -Ultimamente ti distrai così tanto, sai? Ti sei mica innamorato?- scherzò ancora il più piccolo dei tre.
    -Smettila, Ivan! Che dici?- lo rimproverò Bill, arrossendo non poco. In effetti, forse il piccolo Ivan aveva ragione.
    Quella notte la passò di nuovo ad esercitarsi insieme a Melody, alla quale aveva pensato intensamente tutto il giorno. Chissà come avrebbe reagito nel sentirsi dire quelle due semplici paroline, ma piene di significato, da parte sua…? Sicuramente oltre il settimo cielo.
    Ma c’era ancora tempo. L’aveva conosciuta da poco e forse a lei serviva più tempo per innamorarsi di lui. Voleva in qualche modo far colpo su quella ragazza e conquistarla. Proprio non aveva capito che anche lei ricambiava i suoi sentimenti, ma da molto più tempo.
    Si allenarono poco, comunque. Tornarono nelle rispettive stanze già un’ora dopo. Bill non si sentiva tanto bene e non capiva perché. Così entrambi furono costretti e rientrare prima del solito.
    Almeno Bill riposò un po’ di più quella volta.
     
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