Hearts Connected

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  1. tokiettina
     
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    Uupppp
     
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  2. La Fe_10
     
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    Ehila!!!! Si tom, ragazza, proprio * fa pat pat sulla testa di tom* convinto,eh? Vediamo cosa ne penserai quando scoprirai il nome della dolce fanciulla;)
    Ma, domanda piu importante, chi cacchio e sto jeremy??? Mi sa che preato verra allestito un altro club antipersonaggio...
     
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  3. billina16
     
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    CITAZIONE (La Fe_10 @ 14/6/2012, 11:25) 
    Ehila!!!! Si tom, ragazza, proprio * fa pat pat sulla testa di tom* convinto,eh? Vediamo cosa ne penserai quando scoprirai il nome della dolce fanciulla;)
    Ma, domanda piu importante, chi cacchio e sto jeremy??? Mi sa che preato verra allestito un altro club antipersonaggio...

    Eh eh xD più in là scoprirete anche chi è jeremy :rolleyes:
     
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  4. Paddy Blue
     
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    scommeto che jeremy e lo stronzo che ha mollato bill :)
     
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  5. billina16
     
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    CITAZIONE (Paddy Blue @ 14/6/2012, 12:39) 
    scommeto che jeremy e lo stronzo che ha mollato bill :)

    Chissà xD forse si forse no, tutto può succedere ;)
     
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  6. Paddy Blue
     
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    ma perche sei crudeleeeeeee ma dimmi teeeee ^_^ mi fai incuriosire cosiiiiii <3
     
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  7. billina16
     
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    CITAZIONE (Paddy Blue @ 14/6/2012, 17:57) 
    ma perche sei crudeleeeeeee ma dimmi teeeee ^_^ mi fai incuriosire cosiiiiii <3

    Eh eh, io crudele? nooooo xD
    Più in là vedrete ;)
     
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  8. Paddy Blue
     
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    nn farmi morire dalla curiosità ^_^
     
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  9. La Fe_10
     
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    Si sei cattiva!!! Ma secondo me jeremy non ha lasciato bill ma gli e successo qualcosa piuttosto...
     
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    uppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppp
     
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  11. Paddy Blue
     
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    uuuujpppppppppppiiiiiiii
     
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  12. billina16
     
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    Autore: Billina16

    Rating: NC17 - AU - Twincest not related - Language – Slash – Mpreg -

    Avvisi: Bill e Tom Kaulitz (purtroppo xD ) non mi appartengono, tutto quello che scrivo è inventato, e soprattutto NON è a scopo di lucro.


















    Capitolo 2









    Mi desto dal mio sonno quando sento la voce di mamma chiamarmi. Scendo dal letto ancora intontito dal sonno. Vado in bagno a fare i miei bisogni dopodiché mi lavo il viso e scendo al piano di sotto. Quando entro in cucina trovo mia madre intenta a versare il latte nella mia tazzina. Sbadigliando mi siedo al tavolo.
    -Buongiorno tesoro - dice mamma porgendomi la tazzina con il latte e caffè.
    -Giorno - rispondo iniziando a bere.
    Mentre bevo tranquillamente il mio latte fisso lo sguardo sulla televisione accesa guardando con disinteresse un programma sugli appartamenti.
    Quando finisco di bere il latte mangio qualche fetta biscottata con la nutella.
    Sento mia madre entrare in cucina. La guardo mentre ripone la tazzina sporca nel lavandino e pulisce il tavolo dalle briciole.
    -Avrei potuto mettere a posto io. Comunque grazie – le dico alzandomi dalla sedia con l’intenzione di rifugiarmi in camera mia con un'altra noiosa giornata.
    Faccio per salire le scale ma mi fermo quando sento la voce di mamma chiamarmi. Ritorno in cucina poggiandomi allo stipite della porta guardandola interrogativamente.
    -Dobbiamo andare in ospedale a ritirare le analisi del sangue di nonna, e devi venire anche tu così almeno esci un po’ da questa casa -
    Mia nonna vista l’età deve eseguire dei controlli medici periodici, niente di grave per fortuna, se li porta abbastanza bene i suoi ottantasette anni, ma è sempre meglio una visita in più che una in meno.
    -Scusa eh, ma non ci puoi andare da sola? Mi annoio – le dico sbuffando mentre mi siedo scompostamente sulla sedia.
    -No Tom, devi uscire, prendere aria, sei giovane non va bene stare sempre chiusi in casa, muoviti e scrolla le tue chiappe sode da quella sedia – dice cercando di farmi alzare dalla sedia.
    -E’ normale che io non voglia uscire di casa se tu mi proponi di andare in ospedale, odio gli ospedali e tu lo sai, odio la puzza di disinfettante, le camere tutte uguali e bianche… e poi dimmi se c’è un ragazzo della mia età che ha voglia di uscire di casa per andare a ficcarsi in un ospedale – le rispondo mentre mi alzo dalla sedia con le braccia incrociate al petto.
    -Nemmeno io ho voglia di andarci, se vuoi puoi stare in macchina ma almeno se vieni mi fai compagnia, dai - dice con tono pacato carezzandomi la guancia.
    -E va bene - sbuffo mentre mia madre sorride felice che io abbia accettato.
    Mi trascino su per le scale e cammino lentamente nel corridoio fin quando non arrivo nella mia camera.
    Mi avvio verso l’armadio e prendo i primi vestiti che mi capitano a tiro.
    -Tanto sto sempre bene – penso sorridendo beffardo mentre mi guardo allo specchio.
    Indosso il jeans blu e la maglia bianca. Scelgo uno dei miei tanti inseparabili cappellini.
    Dopo aver esaminato per bene tutti i cappelli decido di abbinare sui miei vestiti quello bianco. Decido di mettere una felpa bella pesante e una sciarpa visto il freddo che c’è fuori.
    Scendo le scale preparandomi psicologicamente ad annoiarmi a morte.
    Mia madre non accetta il fatto che io sia un tipo tranquillo a cui piace stare per i cazzi suoi. Crede che per me sia una tortura starmene in casa, ma per me non è così. Oddio, non che sia un asociale o cose del genere ma questo posto non aiuta affatto. Mi verrebbe la voglia di uscire se avessi almeno un po’ di compagnia. Qui ci sono solo tanti alberi secchi e nemmeno l’ombra di un vicinato. Per andare in città bisogna prendere la macchina oppure il bus, ma con questo freddo chi me lo fa fare?.
    Certo è ovvio che come quasi tutti i ragazzi della mia età mi piace uscire e divertirmi , e non nego il fatto che quando abitavo con papà mi rintanavo sempre nei pub con gli amici in cerca di qualche bella ragazza con cui passare il tempo, ma adesso non ne ho proprio voglia. Sembra che questo clima gelido abbia raffreddato anche i miei ormoni.
    Questo posto mi fa solo vien solo voglia di starmene in casa al caldo a rilassarmi, magari con una bella tazza di cioccolata calda tra le mani. C’è tempo per le ragazze.
    Esco di casa dopo aver chiuso la porta e raggiungo mia madre che intanto è già salita in macchina.
    -Certo che se mi avresti proposto d’andare…che ne so…anche a prendere un gelato mi avresti invogliato di più da uscire – le dico mentre mi allaccio la cintura.
    -Ma il gelato devi andare a prenderlo con qualcuno della tua età, e poi che ne sai, magari in ospedale nell’attesa incontri qualcuno e fai amicizia…no? Mai dire mai nella vita -
    -Tu guardi troppi film mamma, comincio a pensare di dover buttare quel televisore dalla finestra - dico guardandola stranito mentre scuoto la testa.
    -Ehi, non guardarmi così, spesso certe cose succedono davvero, magari anche alla fermata del tram –
    -Nei tuoi sogni – rispondo sbuffando mentre poggio la testa accanto al finestrino.
    -Che figlio pessimista – borbotta mentre fissa concentrata la strada davanti a se.
    -Sono solo realista, sei tu che con tutti quei film sdolcinati che trasmettono in tv ti monti la testa e inizia a sparare cazzate a tutto andare – le dico mentre cerco nelle tasche il mio ipod con l’intenzione di starmene un po’ per conto mio durante il lungo tragitto.
    Mi è sempre piaciuto ascoltare la musica. Per me è come entrare in un mondo tutto mio. Quando mi sento triste o semplicemente voglio rilassarmi c’è sempre la mia amica musica, lei che non mi tradirà mai, lei che mi accompagna giorno per giorno nella mia vita.


    Quando finalmente arriviamo davanti all’istituto ospedaliero scendo dalla macchina stringendomi nella felpa per il freddo.
    L’ospedale è affollato, gente che entra ed esce, chi per prenotare le visite, chi per dei controlli, ognuno fa quello che deve fare.
    -Io devo andare agli sportelli, tu aspettami li - dice mia madre indicandomi una panchina con un posto libero.
    Mi dirigo svogliato verso di essa sedendomi scompostamente.
    Mentre attendo mi guardo intorno. Tanta gente aspetta chiacchierando tra di loro.
    Sbadiglio annoiato mentre picchietto la mano sul mio ginocchio, lo faccio sempre quando sono in attesa e mi annoio.
    D’improvviso vedo un signore alzarsi dalla sua postazione per far sedere una ragazzina.
    Spalanco gli occhi riconoscendola, è la stessa ragazza che è entrata in casa mia in cerca di cibo. Resto seduto osservandola mentre con le sue mani pallide e affusolate rovista in uno zainetto nero. Tira fuori dallo zaino una cartelletta trasparente guardando dei fogli, probabilmente degli esami.
    L’osservo attentamente. Ha un bellissimo viso e delle labbra rosse come due ciliegie mature. Le guance un po’ arrossate forse dal freddo. I suoi capelli neri sono leggermente umidi, forse anche bagnati. Il trucco nero sugli occhi è leggermente sciolto. È stretta in un cappotto più grande di lei leggermente sporco e mal ridotto che le nasconde metà corpo, le maniche devono essere più lunghe delle sue braccia visto che sono arrotolate. Indossa dei guanti rossi di lana che non coprono granché visto che non hanno le dita. I suoi jeans chiari sono strappati in più punti. Le sue mani sono candide come la neve in contrasto con lo smalto nero rovinato in più punti.
    Non posso fare a meno di pensare che è bellissima, la ragazza più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita.
    La seguo con lo sguardo mentre si alza dalla sedia e si incammina verso il corridoio fuori dalla sala d’attesa.
    Lancio un occhiata a mia madre che è ancora allo sportello.
    Sono combattuto tra il seguirla o meno. Ci penso un attimo su e mando al diavolo i buoni propositi alzandomi e seguendola facendo finta di niente. Lei non si è accorta di niente.
    Cammino per il lungo corridoio poco affollato. La guardo mentre entra in una delle tante stanze accolta dal dottore.
    Alzo gli occhi guardando il cartellino in alto all’entrata del reparto, c’è scritto ‘’Ginecologia’’, non mi sorprende, avevo già notato il ventre gonfio.
    Mi sorprendo di me stesso. In vita mia non ho mai ficcato il naso negli affari altrui. Sarà perché sembra così fragile e bisognosa di protezione. Mi sento leggermente strano, infondo non dovrebbe importarmi così tanto, e invece sono qui, appoggiato al muro del corridoio a fissare la porta da dov’è entrata lei pochi minuti fa.
    Sento il mio cellulare squillare nella tasca dei miei pantaloni, lo tiro fuori guardando sul display.
    Schiaccio il tasto verde accattando la chiamata. Sento la voce infuriata di mia madre che mi chiede dove sono finito.
    -Mamma sono in bagno, ti raggiungo tra poco ok?- chiedo mentre tengo lo sguardo puntato sulla porta dello studio medico.
    -Potevi avvisarmi invece di sparire – risponde stizzita.
    -Scusa ero di fretta, faccio il più presto possibile…a dopo – dico mettendo fine alla chiamata. Vedo la ragazza uscire dallo studio mentre si siede su una sedia nella sala d’aspetto e guarda i fogli che ha in mano. Deduco siano le ecografie.
    Non sono mai stato bravo ad iniziare una conversazione con una persona che non conosco ed è raro che io lo faccia. Ma io credo ci sia un motivo se il destino ci ha fatti incontrare. E sento che lei ha bisogno d’aiuto…altrimenti non si sarebbe intrufolata in una casa solo per un po’ di cibo…no?. Infondo che cosa ci perdo andando li e provando ad attaccare bottone?, niente…quindi perché no. Decido di fidarmi delle mie sensazioni.
    Mi avvicino un po’ di più e quando le sono di fronte invento una balla sul momento tanto per rompere il ghiaccio iniziale.
    -Ehi, sai che ore sono per caso? – dico grattandomi leggermente la nuca.
    Lei alza il viso e spalanca per un attimo gli occhi come se fosse spaventata prima di scuotere velocemente la testa in segno di dissenso.
    Mi blocco non sapendo più che dire mentre lei si alza in piedi di scatto e fa per andarsene. D’impulso le afferro un polso.
    -Mi hai riconosciuto…vero? Io mi ricordo di te –
    Lei continua a tacere con lo sguardo basso.
    -Non…devi essere spaventata, non sono arrabbiato solo perché sei entrata in casa mia di nascosto per rubare del cibo, se posso aiutare una persona lo faccio. A patto che questa persona la prossima volta bussi alla porta. – le dico abbozzando un sorriso.
    -Comunque, hai dimenticato il tuo cellulare a casa mia - dico ancora vedendola tacere.
    Lei finalmente alza lo sguardo, nei suoi occhi riesco a scorgere solo…stanchezza? Sofferenza? Non c’è una minima traccia di felicità nei suoi occhi color nocciola.
    -Grazie per il cibo…e per non aver chiamato la polizia - dice a bassa voce.
    -Non preoccuparti di questo…solo una cosa ti rimprovero. Sai che è pericoloso salire su una scala così alta? Soprattutto nelle tue condizioni – dico accennando al ventre.
    Lei scrolla le spalle sospirando stancamente.
    -Non ho paura d’affrontare l’altitudine se ho fame – dice quasi in un sussurro. - Ora scusa, devo andare -
    La vedo voltarsi facendo per andare via.
    -Come ti chiami? - domando all’improvviso.
    Lei si blocca un attimo voltandosi verso di me.
    -Bill…tu? -
    Rimango un attimo interdetto quando mi rivela il suo nome. Bill sembra un nome da ragazzo per quanto ne so io. Comunque decido di sorvolare e non do tanto peso alla cosa.
    -Io sono Tom, ci becchiamo in giro? – le chiedo sperando in una risposta positiva.
    Lei annuisce semplicemente per poi incamminarsi in un altro corridoio sparendo così dalla mia vista.
    Aggrotto le sopracciglia ripensando a tutta la piccola conversazione. Neanche un accenno di sorriso…solo parole tirate fuori e sbuffate a fatica. Mi piacerebbe così tanto saper leggere nel pensiero. Chissà che cos’è che l’affligge. È un peccato veder delle labbra e degli occhi così belli senza un pizzico di luce e armonia.
    Sembrerà starano ma provo un moto di tenerezza nei confronti di questa ragazza. Non sono un tipo che nega un aiuto ad una persona che soffre. Mi piace aiutare la gente, mi piace ascoltare, forse per il fatto che per tutti questi anni nessuno ha ascoltato me. Mi chiedo se questa ragazza abbia con se qualcuno che le vuole bene e che si prenda cura di lei. Chissà se si sente sola, io so cosa vuol dire sentirsi soli, so cosa si prova a non sentirsi amati. Molto spesso i genitori credono di dare felicità ai figli solo con le cose materiali, un po’ come faceva papà. Non ha mai capito quanto io desiderassi passare un po’ di tempo con lui, raccontargli della mia giornata, mi sarebbe bastato anche un semplice ‘’ti voglio bene’’ che non è mai uscito dalle sue labbra. Forse è per questo che non soffro tanto la sua lontananza. Ho un padre, vivevo anche con lui…ma era come se non esistesse, quindi non sento la differenza, e forse è un bene.
    Potrei decidere di fregarmene altamente invece di farmi tutti questi problemi per una persona che non conosco neppure…ma non ci riesco, perché…io non sono uno stronzo egoista, io non assomiglio a quello che mi ha messo al mondo. Fino ad ora non mi importava dei problemi degli altri, infondo a chi è mai importato dei miei?.
    Poi quello sguardo,… quello sguardo ha riportato alla mente un ricordo che ho sempre celato dentro di me.


    Frequentavo la terza elementare, era l’ultimo giorno di scuola e ricordo che non vedevo l’ora che arrivasse il momento della recita di fine anno.
    La sera prima supplicai papà di rimandare i suoi impegni di lavoro per venirmi a guardare alla recita e fui sorpreso quando senza esitazione mi disse che sarebbe venuto a tutti i costi, che mai al mondo si sarebbe perso la recita del suo adorato bambino, mi disse così.
    Andai a letto felice, per la prima volta papà mi fece sentire importante, per la prima volta dopo tanto tempo mi addormentai con il sorriso sulle labbra.
    Il mattino seguente una delle tante inservienti mi preparò la colazione. Mangiai tranquillo guardando nel frattempo la televisione.
    Quando finii presi il mio zainetto e controllai che fosse tutto apposto, carezzai orgoglioso il mio costume da scena. Avrei interpretato la parte del principe azzurro.
    Almeno per quel giorno pregai mamma e papà di accompagnarmi in macchina, e così fu.
    Arrivati davanti al portone della scuola entrai con i miei genitori. La maestra mi accolse dicendomi di entrare in classe a prepararmi intanto che i faceva accomodare i miei genitori nel piccolo teatrino con gli altri genitori.
    Indossai il mio costume da principe guardandomi allo specchio, stavo davvero bene.
    Tutti pronti e vestiti a dovere aspettammo i nostri turni di scena, avremmo recitato la favola della bella addormentata nel bosco, ed io avrei dovuto corteggiare e baciare la principessa.
    Pensai che papà sarebbe stato fiero di me.
    Quando arrivò la mia parte la prima cosa che feci quando entrai in scena fu cercare i miei genitori.
    Immobile sul palco guardavo a destra e a sinistra per individuarli mentre la maestra mi incitava ad andare avanti.
    Non c’era traccia di mamma e papà.
    La maestra fermò la musica quando tutti sentirono delle urla dal corridoio.
    Mamma e papà stavano litigando, stavano litigando nel giorno che io ritenevo importante.
    D’improvviso vidi papà entrare nel piccolo teatrino, prese il suo cappotto poggiato sopra le sedia e se ne andò, senza degnarmi di uno sguardo.
    Subito dopo entrò mia madre, venne sul palco e mi prese in braccio portandomi via davanti agli occhi di tutti.
    Salimmo in macchina, chiesi perché stavano litigando.
    Mi disse soltanto che papà non meritava un bambino dolce come me, mi disse che l’avevano chiamato per un viaggio d’affari.
    Questo mi bastò a capire…papà preferiva il lavoro al posto mio, papà non ci teneva a me.
    Passarono le settimane, era ancora sconvolto e segnato d’all’accaduto, a scuola le maestre continuavano a farmi domande su come andasse la situazione a casa.
    Mi rintanai in me stesso, decisi che mai e poi mai avrei cercato mio padre per un po’ d’affatto.
    Quanti morsi ho dato ai miei polsi? Quanta rabbia sono stato costretto a sfogare su me stesso? Per quanto tempo ho sognato una figura paterna degna di questo nome? Per quanto tempo ho sognato una famiglia ‘’vera’’?
    Per troppo tempo.
    Decisi che mi sarei accontentato delle cose materiali, almeno non avrei più sofferto. Gli avrei fatto spendere un sacco di soldi come prezzo da pagare per non avermi dato l’amore di cui avevo bisogno.



    Ricordo ancora i miei occhi rossi e spenti. Proprio come quelli di quella strana ragazza che ha riportato alla mia mante questo brutto ricordo.
    Scuoto la testa come per scacciare pensiero dalla mia testa.
    Mi incammino anch’io e raggiungo mia madre che appena mi vede alza le braccia al cielo.
    -Finalmente, ma quanto ti ci è voluto? Stavo per diventare vecchia qui dentro – borbotta mentre insieme ci dirigiamo verso l’auto parcheggiata sul retro dell’ospedale.
    -Che hai fatto tutto questo tempo?, sembri giù di tono, successo qualcosa? – mi chiede mentre guida concentrata.
    -No niente, ho camminato un po’ per i corridoi, ora scusa…ascolto un po’ di musica – le dico mettendo fine alla conversazione.
    Per tutto il tragitto in macchina io ascolto la musica mentre mamma guida ma a volte lancia un occhiata nella mia direzione, si è accorta che qualcosa non quadra, ma per fortuna non chiede niente.
    Io in realtà sto morendo dalla voglia di piangere, mi pizzicano gli occhi e guardandomi dallo specchietto vedo che si sono arrossati di molto. Stavolta neppure la mia amica musica riesce a distrarmi, il dolore è troppo intenso, la ferita è ancora aperta. Mi sto odiando con tutto me stesso. Odio apparire debole davanti agli altri, mi fa sentire stupido. Odio il fatto che le mie labbra si curvino arricciandosi verso il basso premettendo un imminente pianto. Odio i miei battiti del cuore accelerati che mi tormentano. Odio il peso al petto che mi sta rodendo dentro.


    Quando arriviamo a casa faccio appena in tempo a sentire mia madre che mi avverte che tra poco dovrà andare a lavoro che subito mi fiondo su per le scale.
    Corro per il corridoio mentre le lacrime finalmente libere scendono sul mio viso.
    Entro in camera e mi rifugio nello stanzino dov’è riposto l’armadio, riesco a vedere la mia figura distrutta dal pianto dai vetri dello specchio attaccato all’armadio.
    Non mi importa niente, adesso sono solo e posso piangere per tutto il tempo che voglio, sento la rabbia verso mio padre crescere ogni minuto di più e non posso fare a meno di mordermi forte, tanto forte che non sento neanche più il polso. Potrà sembrare una cosa innaturale e sbagliata da fare ma almeno riesco a sfogare la mia rabbia. Quando sono nervoso sento un inquietudine all’centro del mio petto che poi si espande per tutto il mio corpo e l’unica cosa che mi permette di tirarla fuori è mordermi forte, più forte che posso.
    Provo un odio profondo verso quell’uomo che non ha più considerazione di me, mi fa male ricordare, vorrei svegliarmi la mattina e dimenticare tutti i brutti ricordi.
    D’improvviso sento la porta dell’ mio piccolo rifugio aprirsi, poggio la testa sulle ginocchia e non posso fare a meno di singhiozzare forte quando sento mia madre accovacciarsi di fronte a me e prendermi i polsi tra le mani.
    -No Tom, questo no…ti prego, non ne vale la pena – dice baciandomi i polsi mentre inizia a piangere anche lei.
    Alzo il capo guardandola negli occhi mentre continua a piangere.
    -Scusa, scusa figlio mio, avrei dovuto rimboccarmi le maniche e dedicarmi a te con tutta me stessa, avrei dovuto cercare di farti anche da padre e invece non ho fatto niente, ho solo pensato a tradire tuo padre per un po’ d’amore mai ricevuto da lui. Non è facile Tom…sai quand’è stata l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore ? sai quando è stata l’ultima volta che mi ha fatta sentire amata? Non me lo ricordo neppure io-
    Scuoto la testa in attesa di una risposta.
    -Quando sei nato tu era tutto fantastico, ci amavamo alla follia, ogni occasione era buona per riunirci in famiglia…poi dopo qualche anno i nostri rapporti si sono raffreddati, lui ha incominciato a conoscere gente nuova, e tra giochetti sporchi e viaggi d’affari si è montato la testa…e ha dimenticato le due persone che un tempo erano fondamentali nella sua vita, tu…ed io – dice abbracciandomi mentre cerca di asciugarmi le lacrime che dispettose non smettono di scorrere dai miei occhi.
    -Non è stato facile per me, lui mi trascurava…ed io sono arrivata a pagare per ricevere un po’ d’amore , ti prego non giudicarmi per questo, non ne potevo più, sentivo il bisogno d’esser amata e corteggiata come qualunque uomo dovrebbe fare con la sua donna –
    Mi asciugo le lacrime ricambiando l’abbraccio.
    -Ma quindi tu e papà…non…capisci no? –
    La vedo scuotere la testa.
    -Era da tempo che non…ci amavamo più, e poi non è che mi ha convinta con questa storia di stare a lavoro dal pomeriggio fino alla sera e di tutti quei viaggi…secondo me anche lui ha avuto qualche scappatella –
    -Su questo non so dirti…però ora comprendo anche la tua sofferenza, infondo ti sei sentita come me…non ti sentivi amata ed è la stessa cosa che ho provato io per tutti questi anni – dico mentre mi alzo in piedi e aiuto mia madre a fare lo stesso.
    -Ti voglio bene Tom, lo sai vero? – dice dandomi un bacio sulla guancia.
    -Si...e te ne voglio anch’io mamma -

    Dopo la bella sfogata di pianto io e mamma abbiamo passato un po’ di tempo insieme a cucinare, è stato divertente, abbiamo fatto una fritto di pesce, gamberetti, alici fritte, trote…di tutto e di più insomma. Peccato che poi sia dovuta andare a lavoro.

    Chiudo la porta di casa e salgo in camera mia, mi sdraio sul letto mentre guardo le crepe sul soffitto.
    D’improvviso sobbalzo mentre sento il cellulare squillare, noto che non è il mio ma bensì quello della ragazza.
    Afferrò il cellulare e capisco che si tratta di un messaggio. Decido di leggerlo.
    -Ehi checca incinta, non vieni più a scuola? Non sai quanto mi dispiace non poterti picchiare fino a farti sanguinare da tutti i pori. Povera creaturina che porti nella pancia, spero non somigli a te…altrimenti nascerebbe uno scherzo della natura…magari ermafrodita come te, ciao ‘’uomo’’ nel corpo di una donna -
    Sono basito. Sento il mio respiro fermarsi per qualche minuto. Mi schiarisco la voce sentendo una sensazione strana, come se avessi un nocciolo incastrato nella gola.
    Stento a crederci, somiglia in tutto e per tutto ad una ragazza, ad una bella ragazza. Ma la cosa che più mi preoccupa e questo messaggio e tutta la cattiveria racchiusa al suo interno, e questo mi fa incazzare.
    Voglio andare in fondo a questa storia, voglio capirci qualcosa.
    Ho appena scoperto che quella che credevo fosse una ragazza incinta in realtà è un ragazzo, e la cosa strana e che pensandoci bene non mi turba più di tanto, la mia voglia di sapere e conoscere è ancora accesa, non ho mai provato così tanto interesse per una persona, mi incuriosisce, ho così tante domande per la testa anche se non sono affari miei.
    Rileggo ancora il messaggio nella mia mente soffermandomi sulla parola ‘’ ermafrodita ‘’. Provo una forte rabbia dento, non credo sia giusto prendersela con una persona solo perché ha una diversità.
    La cattiveria di certa gente non ha limiti, molti sono bravi solo a giudicare. Nella mia vita mi sono sempre messo nei panni degli altri pensando a come mi sarei potuto sentire io…ma vedo che ormai sono veramente poche le persone che lo fanno.
    Non mi spaventa la diversità, anzi…mi incuriosisce, mi attira.
    Mi affaccio alla finestra e con mia sorpresa vedo il bellissimo ragazzo che ignaro di quell’orrendo e spregevole messaggio se ne sta appoggiato ad un albero poco distante da casa mia con una coperta addosso ed un libro in mano.







    Note finali:

    in questo capitolo molti comportamenti , pensieri e sensazioni che prova Tom sono della sottoscritta.
    spero che vi sia piaciuto e spero anche di non avervi annoiate. ;)
     
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  13. La Fe_10
     
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    Brav hai postato prima della mia dipartita;) ti lovvo

    Eh no, tom non mi toccare. Miei film sdolcinati! Hai visto che succede proprio cosi? * fa pernacchione* ecco poi testa di cavoletto, bill e il nome di un maschio, ci siamo arrivati, hip hip urra per tom, che a detta di varoe scrittrice di ff ha due neuroni e un criceto!
    Cap bello, ma voglio il prossimo! Dai allieta le mie giornate T-T
     
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  14. billina16
     
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    CITAZIONE (La Fe_10 @ 16/6/2012, 12:36) 
    Brav hai postato prima della mia dipartita;) ti lovvo

    Eh no, tom non mi toccare. Miei film sdolcinati! Hai visto che succede proprio cosi? * fa pernacchione* ecco poi testa di cavoletto, bill e il nome di un maschio, ci siamo arrivati, hip hip urra per tom, che a detta di varoe scrittrice di ff ha due neuroni e un criceto!
    Cap bello, ma voglio il prossimo! Dai allieta le mie giornate T-T

    Visto? io sono imprevedibile ù.ù
    Povero Tom, bisogna capirlo xD Bill è facilmente confondibile >.<.
     
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  15. Paddy Blue
     
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    ma e bellissimo questo capitolo nn vedo l'ora di leggere il seguito ;) <3
     
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213 replies since 7/6/2012, 11:19   2909 views
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