«Hai paura della notte?

NC17,Adult Content,Non-con,Long Fic

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  1. MiikHy_Deafening
     
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    grazie cara *-*
     
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  2. anneTHa
     
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    B-e-l-l-i-s-s-i-m-a
    sei bravissima! continua presto!!
     
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  3. linny_93
     
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    Io l'ho iniziata a leggere su livejournal dove cè già il sesto capitolo.
    Il mio parere è già esposto lì. ^^
    Ma in ogni caso... up!
    xD
     
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  4. gaia21^^
     
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    madò è stupendooooooooo!!!! davvero bellissimo... tom vuole fare tanto il duro ma con bill non ci riesce ihihi^^ che amoriiiii continua presto ti prego
     
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  5. oO.anna.Oo
     
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    ho letto solo ora gli ultimi due capitoli!
    sono stupendi entrambi, questa twincest la adoro *-*
    trovo adorabile il comportamente di Tom, dolce e imbarazzato e Bill... piccolo e indifeso...
    quando gli ha poggiato la felpa sulle spalle, troppo bello quel pezzo!!! non vedo l'ora di leggere il seguito! posta prestooo!! uup^^
     
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  6. MiikHy_Deafening
     
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    *O* che bello,, piace, evvai <3
    Posto subito *^*

    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o né ce lo voglio guardagnare x°D.






    « ● Hai paura della notte?





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    Capitolo V






    Non ho mai riflettuto sul fatto che quello che mi accadde era già accaduto ad altre tantissime persone...eppure mi ero sempre chiesto perché quella specie di maledizione fosse capitata proprio a me. Perchè la mia mente, il mio corpo e i miei sensi avessero reagito cosi a quella situazione. Perchè molte persone dopo uno stupro fossero in grado di tornare a vivere una vita normale, o alcune con l'aiuto di qualche psicologo almeno a riprovare a ricominciare da capo, a “dimenticare”... mentre la mia anima si era accartocciata su se stessa esternando tutto ciò che vi era al di fuori, eliminando ogni possibilità di avere una vita come tutti.

    Perchè la mia mente era stata segnata cosi a fondo da ammalarsi e rendermi uno psicopatico.
    Non che fossi pazzo insomma, ma avevo una specia di malattia mentale che a causa di uno shock era nata, e che a detta dei miei psicologi se ne sarebbe andata prima o poi.

    Sapevano che non era cosi.
    Lo sapevamo anche i miei genitori ma non volevano accettarlo e questo mi faceva impazzire dalla rabbia e dal dolore, perchè loro stavano male, loro erano le vittime, loro erano da compatire, loro che avevano un figlio malato, ma io...
    Io che ero il protagonista di tutta quella storia...
    Io che non avrei mai avuto una vita normale...
    Io che non avrei mai potuto amare nessuno...

    …Io non ero niente.







    Mi alzai sudato dal mio letto, il fiato corto, le mani tremanti che stringevano convulsamente le lenzuola.
    Anche quella notte avevo urlato, di questo ne ero più che sicuro.
    Sentii delle voci al piano di sotto e mi alzai pigramente mettendo una vestaglia sulle spalle e scendendo piano piano una piccola parte della scalinata laterale di quella immensa casa.

    -Bene, allora si è relazionato con qualcuno, ne siamo felici-
    sentii un sospiro e capii subito che quella voce pigolante apparteneva alla mia mamma.
    Dai rumori delle poltroncine capii che di certo in quella sala non era da sola, ma c'era qualcun'altro con lei, l'odore del tabacco alla grappa era di certo appartenente al sigaro che stava fumando Gordon lì accanto mentre quell'altro odore era lui, il mio psicologo, diamine, la puzza del suo dopobarba era indistinguibile...

    e le altre due persone lì insieme a loro chi potevano essere mai??

    Scesi ancora un po' le scale camminando poi piano piano e con minor rumore possibile verso la grande porta che portava sulla sala da lettura.
    L'enorme camino acceso alla parete centrale della stanza dava un grande segno di onnipotenza in tutta la sala dalle pareti bordò.
    I divanetti, rigorosamente rossi e dai piedi di un antico legno pregiato sfoggiavano la loro ricchezza e preziosità proprio al centro della stanza, davanti a quell'enorme camino.
    Le pareti laterali ricoperte di arazzi finemente lavorati e teste di animali appese qua e là che odiavo da impazzire. Con disgusto notai anche i piedi di qualcuno ben poggiati sul tappeto maculato di chissà quale povero leopardo sfortunato.

    Quel consumismo mi faceva impazzire dallo spreco e dallo schifo.
    I ricchi stessi mi facevano schifo.
    Io mi facevo schifo.

    Il mio occhio indagatore salì dai loro piedi ai loro volti mentre fissava ben nascosto tra le ante semichiuse del grandissimo portone in legno.
    L'area che alleggiava in quella stanza era troppo pesante e carica di tensione e qualcuno forse stava sudando, ne sentivo vagamente l'odore nauseabondo.

    -Si sognora Kaulitz, suo figlio Bill sta reagendo positivamente alla cura che gli abbiamo somministrato-
    Un signore un po' tarchiato e barbuto sorrise seduto accanto a lui.
    -Detto cosi sembra che lo stiamo impasticcando- disse sorridendo disgustosamente -usare come cura però l'idea di lasciarlo direttamente tra la gente al primo impatto mi è sembrata positiva. Il signorino, secondo i suoi insegnanti, ha stretto la mano al suo professore e non è svenuto né si è sentito mancare nemmeno una volta mentre stava proseguendo la lezione. Da questo ne deduco che possa davvero forse riuscire a riprendere qualche relazione con le persone-

    Vidi mia madre sorridere nervosa e stringere la mano di mio padre accanto a lei quasi per darsi del coraggio.

    -Questo significa che forse nostro figlio potrà tornare ad essere...un ragazzo normale?-
    storsi il naso a quella stupida domanda, io ero normale, che diamine intendeva dire??

    -Non possiamo esagerare signora Kaulitz- sorrise il mio psicologo privato, Dio quanto lo odiavo.
    -Dobbiamo ricordare che quando il signorino Kaulitz è tornato dalla scuola è subito svenuto nella macchina e lo abbiamo subito dovuto far tornare in camera sua, sembrava non respirasse più!-

    -Si e...e io e Gordon abbiamo avuto paura quando ci hanno chiamato in studio. Che vuol dire tutto questo? Cosa gli sarà successo??-
    -Come ben sa signora Kaulitz,suo figlio reagisce in modo negativo alla presenza della gente.
    Dopo il suo stupro...non ha più parlato per molto tempo con le altre persone e prima che lei stessa riuscirre a riabbracciarlo e a potersi avvicinare toccandolo anche solo lontanamente erano passati dei mesi...-

    -Ricordo bene...- la sentii ammettere sconfortata.
    -Il fatto è che...come tutti ben sappiamo, Bill è rimasto in qualche modo segnato psicologicamente da quell'evento. Il fatto che si allontani anche solo alla vista di un qualcuno che non conosce non è solo per la paura di essere sfiorato ma anche solo dell'odore di quella persona stessa-

    -Riesce a sapere ogni volta che profumo indosso- sorrise Simone guardandolo negli occhi.
    -E questo perchè quella notte di tanti anni fa probabilmente fu colpito dall'odore di quell'uomo. Bill ha paura dell'odore del sangue, dell'odore del sudore, dell'odore della polvere, della sporcizia, dell'erba bagnata di rugiada. Bill ha paura di tutti quegli odori che hanno caratterizzato la sera del suo stupro-
    -Ho avuto clienti- iniziò l'omino accanto a lui, probabilmente un suo collega -che hanno reagito in modo diverso ma pur sempre nello stesso ambito. Vi è chi ha paura dei luoghi angusti come appunto il luogo in cui ha subito la violenza, o chi ha paura del buio...-

    -Bill ha paura del buio!- lo interruppe mia madre all'improvviso guardandolo negli occhi, e il mio psicologo sorrise -la signora Kaulitz ha ragione Josh- sicuramente il nome dell'omino parlante accanto a lui – Bill ha paura di tutto ciò che ha a che pare con le persone, dunque il contatto fisico e il loro odore, e di tutto ciò che ha a che fare con la notte appunto perchè il suo stupro avvenne a tarda ora-

    -Ha paura della notte?- disse quasi stupito guardandolo un po' stranito.
    Sobbalzai a quelle parole anche se era forse la duecentesima volta in 10 anni che le sentivo ripetere ogni volta venisse consultato un nuovo psicologo per la mia “cura”.

    -Questo non me lo avevi detto-
    -Scusa Josh, non lo avevo ritenuto cosi importante- sorrise continuando a guardare mia madre.

    -Che cosa possiamo fare allora? Anni e anni rinchiuso in questa casa senza conoscere né parlare con nessuno!-

    -Mandarlo ad una scuola pubblica è stata un ottima idea, una delle migliori secondo me- affermò il mio psicologo annunedo con la testa -è vero, dopo è crollato e purtroppo non abbiamo potuto portarlo a scuola per la settimana successiva, ma questo è solo un dettaglio, ieri pomeriggio stava bene, mi ha stretto la mano molto amichevolmente e è anche uscito in giardino dopo le 18 per passeggiare un pochino all'aria aperta. Sta reagendo, dopo anni sta reagendo, e lunedì potrà tornare a scuola e rientrare in contatto con la gente. Forse un anno o due e riuscirà persino a farsi qualche amico!-

    Sentii mia madre sospirare ancora e ritrassi un pochino il mio occhio dalla porta.
    Quei tipi parlavano di me come se fossi stato un esperimento. Ero una persona normale, con qualche problema psicologico,...ok, con un po' troppi problemi psicologici, però pur sempre una persona, pur sempre normale, ero normale diamine, diverso ma normale.

    -Q-quindi...- balbettò incerta.
    -Quindi forse potrà essere un ragazzo normale??-

    Ancora con quella storia?
    Alzai lo sguardo stranito ed anche un po' arrabbiato. Ma dopo anni e anni di questi discorsi te ne fai una ragione.
    Dopo 10 anni che tutti ti trattano come se fossi un malato terminale ci fai quasi il callo insomma.

    Eppure fino a 7 anni ero sempre stato un tipo piuttosto solare, senza amici, vero, e frequentando sempre degli insegnati rigorosamente privati e talentuosi, però amavo correre all'aperto, uscire con il mio cagnolino, guardare le stelle la sera, abbracciare mia madre e … sorridere.

    Mi grattai il capo sbadigliando e risalendo piano piano le scale fino in camera mia.
    Mi ributtai sul letto a baldacchino affondando il viso tra le calde lenzuola invernali.
    Tra di queste una felpa colorata svettava ovattata accanto al cuscino.
    La presi e sorridendo la strinsi forte a me.

    Ero mancato cosi tanto tempo, una settimana visto che quel giorno era domenica, e non ero potuto tornare per ridargliela, tornare a scuola per vederlo.
    Il mio primo giorno era stato straziante e una volta tornato a casa non ero riuscito a muovermi né ad uscire dalla mia camera per almeno due o tre giorni di seguito.
    E lui chissà cosa stava facendo, chissà se si era ricordato di quello svampito che lo fissava fumarsi una canna in santa pace.

    Chissà se almeno lui aveva visto qualcosa di più oltre al suo aspetto esteriore, alla maschera che portava in viso e al suo cognome.

    Quel sentimento che provava perso quel Tom era...confuso...era...affetto??
    Forse perchè era l'unico ragazzo che senza un secondo fine gli aveva riposto la parola negli ultimi 10 anni!?
    Forse perchè era l'unico ragazzo con cui in 10 anni aveva mai realmente parlato senza dovere aver paura di lui, senza dover, e strinsi forte a me la sua felpa immergendoci il volto ed annusando a pieni polmoni, senza dover aver paura del suo sguardo, del suo odore e dell'oscurità che accerchiava qualsiasi persona si avvicinava a me.

    Poiché ogni estraneo mi ricordava quella persona, quella sera, quel maledetto giorno e quel dannato vicolo.

    Odorai ancora stringendo ancora più forte quella felpa calda a me



    Una figura, il buio più totale, un tuono e il suo gnigno orripilante illuminato dalla luna

    E dopo quelle parole 10 anni di reclusione.
    10 anni sotto cure psichiatriche
    10 anni senza riuscire a parlare con qualcuno...




    -Ei bimbetta, hai paura della notte??-














    *****
     
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  7. anneTHa
     
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    fantasticosamente stupendamente magnificamente bella!! *-*
     
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  8. oO.anna.Oo
     
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    me che triste questo capitolo T_T
    povero Bill, non è considerato nemmeno normale...
    bellissimo questo chappy, non vedo l'ora che Bill torna a scuola e parla di nuovo con Tom *-*
     
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  9. twincest_4_ever
     
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    waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!
    tauuu finalmente riesco a leggere la tua twc!!
    tutti questi impegni mi hanno fatto perdere questo capolavoro^^
    è stupendoooooooooooo!!!!
    posta prestuuu^^


    susy
     
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  10. elythestrange_th_95
     
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    saaalve...scusate se mi intrometto..sono nuova di questo forum e ho appena letto questa ficcy..è bellissimaaaaaa!!!!tom mi piace davvero taanto...continua presto daiii!!basi basi ELY

    CITAZIONE (•Shine Angel• @ 15/3/2009, 17:19)
    intanto vado a leggere il 15esimo nell'altro forum! xD

    oi scusa il disturbo..ma non è che mi potresti dire qual è l'altro forum cosi continuo a leggere anche io?...se non vuoi non fa niente ma per favooore sii buona io mi sto contorcendo per l'attesa.. :tytu: .*ringrassia*

    per Senia
     
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  11. anneTHa
     
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    uppyyyy :(
     
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  12. MiikHy_Deafening
     
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    eccomi quii *-*
    allora grazie e scusate il ritardo, ma ho avuto davvero a che fare con la scuola ç_ç


    Vi posto due capitoli per farmi perdonare *__*

    Disclaimers: ciò che scrivo è inventato O_O, Tom e Bill non mi appartengono anche perchè sennò non starei qui O_O, Tom e Bill non si amano e se lo fanno di certo non lo dicono a me O_O, non ci guardagno un ficoletto inacidito O_o ne ce lo voglio guardagnare x°D.

    Riassunto:
    Ero Tom Kaulitz diamine.
    Non credevo nell'amore, non esisteva, ne avevo avuto la certezza.
    Ma a me andava benissimo cosi...


    Incredibile come poi tutte le mie certezze sarebbero crollate...






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    Capitolo VI









    Sbattei per l’ennesima volta la porta di casa tentando di chiudere quella serratura completamente a pezzi che non aveva proprio nessunissima voglia di richiudersi.

    Sospirai sconsolato poggiandomi addosso a questa chiudendola infine con le spalle mentre piano piano scivolavo seduto a terra all’interno della mia abitazione. Come solito non c’era nessuno ad attendermi. Come solito era tutto maledettamente vuoto.

    Mi alzai con un po’ di fatica dal pavimento, sconsolato, e presi a camminare verso la stufetta posta in un angolo della piccola topaia per poter diffondere almeno un po’ di calore all’interno di quella maledettissima casa che di qualcosa di caldo e confortevole, di dolce e familiare, non aveva proprio nulla.

    Mi stesi sul divano stringendomi sulle spalle e chiusi gli occhi.
    Una settimana era passata, una settimana dove stranamente ero andato tutti i giorni a scuola, cosa mai successa, e poi chissà perché…
    Non ne capivo il motivo, non capivo un emerito cazzo.
    Mi chiedevo semplicemente cosa diamine stesse facendo lui in quel momento, dove fosse, se era stato un’illusione, perché avevo cosi tanta voglia di vederlo, se stava bene o meno…

    Sicuramente se aveva con se tutta l’attenzione del professore di sostegno aveva qualcosa che non andava, forse non riusciva ad apprendere scolasticamente parlando e di conseguenza aveva bisogno di un aiuto, o forse semplicemente era troppo fottutamente ricco per poter anche solo pensare a scrivere da solo, magari il professoresse gli faceva da mascotte e gli passava la gomma da cancellare o tutto ciò di cui aveva bisogno.

    Ero stupido, lo sapevo, stavo delirando senza averne una determinata motivazione, senza avere un preciso scopo.
    Se Bill stava con i suoi amici in quel momento, se fosse fidanzato, della sua vita, dei suoi perché, che diamine ne volevo sapere io?
    Bill era semplicemente uno dei tanti ragazzi che avevo conosciuto nella mia esistenza in 17 anni di vita. Magari un po’ più dolce, magari un po’ più socievole, magari un po’ più carino…

    No cazzo, Bill non era niente di tutto ciò, eppure eravamo stati insieme per cosi poco tempo.

    Passai una mano sulla testa lasciandole tastare il calore della fronte e della febbre che avevo da un giorno a questa parte. Stupida febbre.

    Bill non era più dolce. Bill era l’incarnazione della timidezza e della dolcezza in persona.
    Appena lo aveva visto ne era rimasto colpito.
    Appena lo aveva notato ne era rimasto confusamente preso come se avessi dovuto proteggere quel piccolo essere umano, come se fosse infinitamente troppo cucciolo per poter stare in mezzo a quel mondo che adoravo definire una vera e propria merda, stronzi compresi.

    Bill non era più socievole, era taciturno e ripeto, terribilmente timido, perennemente imbarazzato, eppure era stato l’unico in tanti anni che mi avesse rivolto la parola, l’unico che non aveva avuto paura di me, l’unico che pur sapendo o almeno vedendo ciò che facevo, non mi aveva considerato uno scemo, un’idiota, un fenomeno da baraccone.
    Solo quelli della mia banda mi consideravano come una persona uguale a loro, come una persona normale. Eppure stare in mezzo a loro era cosi diverso dallo stare insieme a Bill, perché loro lo conoscevano, erano come lui, e Bill era diverso…

    E non era carino, era infinitamente bello, una bambola di porcellana, la perfezione fatta persona. Un Dio…Bill era…uno spettacolo. Non avevo mai visto nessun modello essere più bello di lui, mi sentivo ripetitivo a dirlo ma fisicamente mi attraeva, era un gran pezzo di…ragazzo, si, ragazzo, maschio, maschio, ragazzo, Bill… era Bill, e nient’altro. Uomo o donna non c’entravano nulla, era Bill, la creatura più stramba e perfetta che avessi mai incontrato sulla mia strada.

    Sorrisi con gli occhi chiusi e la testa poggiata sul bracciolo del divano malandato mentre la testa mi scoppiava dal dolore.

    Sicuramente era la febbre e tanto lui, anche se fosse stato, non lo avrebbe considerato mai.
    E andava bene cosi…
    Cosi come solito…del resto.

    Quando sei distrutto…quando ti senti totalmente a pezzi e il tuo cuore è in lacrime, allora lì ti ritrovi a pensare se sulla terra ci sarà mai qualcuno che potrà farti tornare il sorriso, se andare avanti per cercare quella persona forse inesistente, sia qualcosa per cui vale davvero la pena vivere.

    Sorrisi sorprendendo me stesso, non c’era nulla da sorridere, proprio niente.



    *





    Quando alzai la testa fuori dalla finestra pioveva, e il suo banco era vuoto, da due giorni a questa parte se non più.
    Era mercoledì forse, non so, non tenevo molto il conto.
    Mi sentivo semplicemente vuoto, leggermente perso, perché l’unica persona con la quale avevo mai parlato era sparita, e non sapevo più cosa fare, dove girarmi a guardare.

    Il professore continuava la sua noiosissima lezione, il naso mi pizzicava dal dolore, gli occhi erano lucidi dallo sforzo di esser rimasto per altre sei ore ad ascoltare ciò che gli insegnanti dicevano, a prendere appunti tentando di concentrarmi su qualcosa che non fosse quel banco e il cielo cupo oltre la finestra illuminato di tanto in tanto da qualche lampo silenzioso ma abbagliante.

    Uscii tenendomi a debita distanza dai miei compagni, aspettando che tutti se ne fossero andati per non scontrarmi con qualcuno.

    Arrivai all’uscita a presi il mio ombrello nero aprendolo quando ero ancora sotto il portico. La pioggia era talmente fitta da fare in modo che non si vedesse nulla oltre la soglia dell’entrata se non una fitta nebbia che ricopriva tutti e tutto, sia i contorni delle figura che il loro odore ovattato e confuso dalle gocce di pioggia che cadevano schiantandosi a terra.

    Un tuono mi fece sobbalzare dandomi come una spinta a gettarmi sotto quell’orribile acquazzone tentando di ricordare da che parte fosse l’uscita o almeno da che parte potesse essere la limousine parcheggiata da Jared per venirmi a prendere.

    Forse avevo svoltato troppo a destra, mi pareva quasi di ritrovarmi fuori dal cancello scolastico, sicuramente era cosi. Continuai a camminare lungo il marciapiede bagnato mentre i fari delle macchine mi illuminavano di tanto in tanto.
    Ma Jared dove diamine era finito??

    Ero totalmente preso dai miei pensieri da non accorgermi di un individuo seduto scompostamente ad un lato dell’edificio.
    Avevo camminato forse per una trentina di metri, della limousine nessuna traccia, e c’era un ragazzo, sicuramente proprio un ragazzo, seduto a terra sotto la pioggia, riparato da una tettoia di una fermata dell’autobus che lo stava fracicando da capo a piedi.

    Non ci misi molto per focalizzare la sua figura e per capire di chi fossero quegli splendidi rasta che gli ricadevano sulle spalle.

    Ma che ci faceva Tom buttato lì a terra??

    Senza paura, senza timore, senza quella forza che ti impedirebbe di avvicinarti ad un ragazzo che non conosci realmente, che giace come un sacco dell’immondizia a terra, come un drogato nel pieno di un overdose o di qualche canna appena fatta, mi avvicinai a lui.

    Sentii una macchina frenare veloce al mio fianco ma non ci feci proprio caso. Spostai l’ombrello in modo tale da riuscire a coprire la figura del ragazzo seduto davanti a me mentre sotto la pioggia mi gli accovacciavo davanti, i miei jeans subito infradiciati dalla strada bagnata.

    -Tom??- sussurrai un po’ spaventato. Lo scossi piano piano mentre l’acqua scrosciava forte sulla mia testa inzuppandomi i capelli e i vestiti, ma non me ne curai.

    Lo scossi di nuovo, questa volta con più forza, mentre lo sportello dietro di me si apriva con un potente scatto e qualcuno scalpicciava verso la mia figura a grandi passi.

    -Signorino Trümper, signorino!!- sentii la voce di Jared giungere alle mie orecchie. Ma perché la sua voce invece non usciva?? Perché diamine non diceva niente e non alzava il capo??
    Gli occhi chiusi e le braccia scomposte ai lati mi fecero spaventare all’improvviso come poche volte mi era accaduto.

    -TOM!- gridai più forte scuotendolo ora con entrambe le mani mentre l’ombrello cadeva a terra trascinato dal vento ed entrambi finivamo letteralmente sotto l’acqua.
    Perché non rispondeva? Cosa gli era successo??

    -Signorino!!!- sentii le mani di Jared infilarsi sotto le mie braccia e tirarmi su di peso.
    -No Jared, diamine lasciami !!!- urlai tentando di divincolarmi mentre l’ombrello del mio autista si reggeva a malapena tra le sue dita.
    -Lui! Prendi lui, aiutami a tirarlo su!!- gridai più forte per far sì che sì sentisse mentre riuscivo a liberarmi dalla sua presa più leggerà.
    Mi guardò quasi sconcertato.
    -Dai presto! È un mio amico, aiutalo!-
    Senza fare domande, anche perché sapeva che non avrei risposto, prese Tom in braccio e aprii loro lo sportello posteriore dell’immensa limousine.
    Una volta che salì al volante premetti subito un pulsante che fece salire una parete tra noi e lui, e poi il silenzio più mostruoso smorzato solo dai miei respiri affannosi mentre, seduto ai piedi dei sedili dove vi era un ampio spazio come in una piccola stanza, iniziai a trafficare aprendo qualsiasi sportellino mi capitava a tiro.

    Tirai fuori non so da dove un plaid mai utilizzato e feci sdraiare con un po’ di fatica Tom su entrambi i sedili ponendogli sotto la testa un cuscino di una morbida pelle che ricopriva l’intero interno della limousine, mentre una moquette dello stesso colore tappezzava il suolo della vettura.
    I vetri oscurati e il calore della macchina facevano si che al suo interno vi fosse un’atmosfera intima e piuttosto soffocante.

    -Tom?- ciungettai mentre con la mano sfioravo le sue gote arrossate. Il respiro affannato e il calore della testa che facevano presagire una febbre piuttosto alta.
    Continuai ad accarezzarlo mentre i rasta gocciolavano di fronte alla mie ginocchia.
    Ero spaventato, ero…non sapevo cosa fare, non era una cosa normale, non era di certo una cosa tanto positiva.

    Se non mi fossi avviato alla ricerca della limousine non lo avrei mai incontrato per strada, e allora che sarebbe successo? Sarebbe rimasto sotto la pioggia con quella febbre? E poi?? Di certo non si era messo apposta lì a prendere freddo, forse gli era successo qualcosa, forse si era sentito male, forse qualcuno gli aveva fatto del male!

    Inizia a tremare impercettibilmente a causa dei brividi che mi scorrevano sulla pelle imbevuta di acqua. I capelli appiccati al viso e il trucco che chissà per quale miracolo divino era rimasto quasi totalmente in faccia sul mio viso, mentre i miei occhi continuavano a fissare attenti qualsiasi suo spostamento, qualsiasi sua parola pronunciata all’improvviso.

    Non mi accorsi nemmeno che stavo trattenendo il fiato finché non sentii la macchina frenare all’improvviso e poi lo scendere da una macchina frenetico e la luce inaspettata all’interno della vettura di lusso.

    Tom. Dovevo aiutare Tom.



    *





    Morbido…e….e c’era dell’odore di buono in quel qualcosa sulla quale era poggiato.

    Aprii lentamente gli occhi mentre un forte mal di testa me li feceva richiudere all’istante, la luce accesa che infastidiva la mia vista.

    -Oddio scusa…- sentii sussurrare accanto a me mentre la luce oltre gli occhi si spegneva e la stanza calava in un buio caldo ed accogliente, la luce del cammino che guizzava allegro dinnanzi a me come unica fonte di luminosità.

    Aprii gli occhi un po’ socchiusi e subito questi si abituarono a quella lieve luce calorosa. Il tepore delle coperte calde ed un cuscino morbidissimo sotto la mia testa fecero si che il dolore si alleviasse per un po’ mentre delle piccole manine gelide ma morbidissime ponevano un panno umido appena strizzato sulla mia fronte accaldata.

    Non ci misi molto a capire che quel luogo non era di certo casa mia né l’ultimo posto che avevo visitato poiché la sfarzosità e la ricchezza di quel posto era di certo qualcosa che non mi sarei mai potuto permettere in tutta la mia vita e che avrebbe fatto invidia persino ad un principe, come non ci misi che pochi secondi a focalizzare l’immagine divina di fronte a me di un ragazzo senza trucco, dai capelli scompigliati in un pigiama morbido ed azzurro che gli fasciava il corpo.

    -Bill?- sussurrai registrando la mia voce ancora più roca e bassa di quanto ricordassi.
    Lo vidi sussultare e farsi più vicino, il viso illuminato parzialmente dal camino, gli occhi lucidi e lo sguardo vispo e attento.

    -Tom come stai??- aveva sussurrato piano mentre notavo tutta la sua preoccupazione nel suo tono incrinato e spaventato.
    -Dove sono?- sussurrai, quella, ripeto, non era di certo casa mia.
    -Sei nella mia camera Tom!- pigolò piano avvicinandosi ancora di più al letto mentre, notai, sedeva su una piccola sedia accanto ad esso.
    Le tende che coprivano il baldacchino di un tenero color pesca, le lenzuola dell’ennesimo colore ed una trapunta di un arancio un po’ più scuro finemente ricamato erano solo un piccolo punto della grandissima stanza intorno a me.
    Le pareti in un legno scuro con quadri che ritraevano chalet di montagna e paesaggi innevati.
    Pareva proprio di stare in una di quelle piccole ma calorose casette in legno, il fuoco che guizzava allegro in un camino in marmo raffinatamente lavorato. E davanti a questo un tappeto di un bordò piuttosto scuro, con cuscini rossi e blu sparsi a destra e a sinistra.
    Quella era la camera di Bill? Per essere una semplice stanza da letto era un tipo piuttosto bizzarro.

    -Cosa ci faccio qui?- continuai guardandolo dritto nei suoi occhi timorosi.
    -Sono uscito da scuola…e-e ti ho trovato a terra, eri bagnato fradicio e ti ho portato qui..e- non continuò la frase.
    Notai i suoi occhi inumidirsi e sentii una stretta al cuore.
    -Come stai? Dimmi che stai bene!? Vuoi qualcosa, ti serve qualcosa?- iniziò frenetico guardando a destra e a sinistra, controllando se le mi guance fossero bollenti o leggermente un po’ più fredde.
    -Bill…sto-sto bene- sussurrai sorridendo e sentendomi improvvisamente più leggero.

    Si stava preoccupando per me?Lui? Che nemmeno mi conosceva??

    Lo vidi rilassarsi e stringere all’improvviso la mia mano al di sopra della morbida trapunta.

    -Cosa ci facevi lì?- trillò un po’ spaurito.
    Pareva un piccolo e tenerissimo pulcino.

    Tentati di ricordare, cosa diamine era successo quella mattinata? Non ricordavo…!
    Poi un flash…
    Mia madre che rientrava a casa ubriaca, io che sbattevo la porta e me ne andavo con un mal di testa atroce perché quella donna non voleva abbassare il volume della televisione.
    Io che me ne andavo a dormire nel solito vicolo sotto casa.
    Io che la mattina mi svegliavo scosso dal freddo e distrutto dal dolore.
    Io che venivo sbattuto fuori da quell’autobus per cosa? Per la puzza? Per la canna tra le dita? Per quella faccia da bastardo che mi ritrovavo?
    Io seduto lì.
    Io che morivo dentro.

    -Sono svenuto…credo- sussurrai, era una mezza verità infondo, no?
    Lo sentii stringere ancora di più la mia mano.
    -Con che coraggio mi hai raccolto?- dissi con più fermezza provandomi a tirare su.
    Sussultò, di nuovo, e voltò lo sguardo.
    -Siamo amici no?- disse silenziosamente, ma lo percepii, percepii quel sussurro silenzioso... e non potei fare altro che sentirmi sollevato.

    Amici, io e lui?
    Amici? Un poveraccio ed un “signorino”?
    Amici? Io e…Bill?

    Sorrisi e lo vidi arrossire furiosamente al mio gesto.
    Strinsi la sua mano tornando a toccare con la testa il morbido cuscino.

    -Amici- dissi.
    Vidi sorridere anche lui.
    Poi mi addormentai.

    Poi forse volli tentare di far finta che nulla era accaduto.
    Che non avevo davvero accolto quel Bill nella mia vita.

    Che non ero stato tanto egoista da stringergli la mano per portarlo all’inferno insieme a me.














    *****










    « ● Hai paura della notte?





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    VII Capitolo.






    Aprii gli occhi ancora un po’ intontito.
    Non mi rigirai nelle morbide coperte ma rimasi a fissare il soffitto tentando di comprendere dove fossi e che cosa fosse accaduto.



    -Sono svenuto…credo-




    L’atmosfera calda e familiare mi fece subito sorridere e sentire rilassato. Quel luogo era divino. Quel ragazzo era divino.



    -Siamo amici no?-





    Stava ancora lì, la sua presenza, il suo respiro lento e regolare era a malapena percettibile, le spalle che si alzavano ed abbassavano in un ritmo quasi invisibile ma soave.
    Sedeva sul grande tappeto bordò rannicchiato in posizione fatale tra i cuscini mentre scrutava attentamente il fuoco chissà perso in quali pensieri.

    Poi lo notai, un lampo al di fuori delle finestre, la sua luce abbagliante e il suo sussultare e stringersi ancora di più alle sue gambe, il volto nascosto tra gli esili arti e le mani tremanti.

    Facendo un inavvertibile rumore scostai le coperte e scesi dal letto un po’ frastornato. La stanza però stava ferma, almeno questo era un passo avanti.
    Camminai pian piano alle sue spalle, poi non so perché, non so con che coraggio, mi sedetti accanto a lui ponendomi leggermente al lato opposto di quella piccola creatura, un cuscino che ci divideva, i suoi occhi che improvvisamente sussultarono scattando verso i me, e poi un sorriso, tra le sue labbra dal colore delle fragole, un sorriso fantastico.
    Il sorriso di Bill.

    -Hey…- bella cosa intelligente da dire, complimenti Tom.
    -Hey…- rispose ammiccando un sorriso, arrossendosi in volto.

    -Scusa per prima, sono…sono crollato dal sonno- dissi guardando fisso il fuoco davanti a me. Quelle fiammette rosse e gialle erano davvero interessanti.

    -Macché…non-non devi proprio scusarti di nulla. Hai fatto bene a riposare- trillò piano mentre continuava a guardarmi con il volto leggermente piegato verso di me. Il nasino all’insù illuminato dalle fiamme giallastre del camino, i suoi occhi splendenti nel quale vi era riflessa una vampa di danze e fuochi.

    Passarono alcuni istanti di silenzio, l’unico rumore della stanza era il mio respiro lento, il suo leggermente accelerato e il fuoco scoppiettante all’interno dell’elegante fumaiolo.

    -Allora questa è camera tua!- dissi tentando di instaurare una qualche conversazione.
    Mi guardai intorno come per annuire alla mia stessa parola, il “cottage di montagna” in miniatura era sorprendentemente ben arredato come una scena famosa di qualche film, nulla era fuori posto, nulla era troppo sorprendentemente sfarzoso.
    Era un luogo attufato ma allo stesso tempo libero e pieno d’aria, uno di quei nascondigli per le coppiette perfette, uno di quei nascondigli per chi vorrebbe fuggire dalla realtà.

    -Si- lo sentii dire piano seguendo il mio sguardo. –Ti piace? L’ho arredata tutta io- e nelle sue parole notai una piccola nota d’orgoglio.
    Se ad arredarla era stata davvero lui, quel ragazzino era davvero un piccolo genio.
    -Si è…è sorprendente davvero, pare…una piccola casa in miniatura- sorrisi pensando che era quasi grande come la mia di casa mentre questa invece era solo la stanza di un palazzo.
    -Questa è, la mia casa- trillò sorridente spostando di nuovo il suo sguardo su quel magico fuoco.
    -Io vivo qui Tom, il resto della casa non mi appartiene, non ci entro proprio mai-
    Sorrisi pensando che stesse scherzando e poi lo guardai.
    Le parole mi morirono in gola.
    Non stava scherzando.

    Il suo sorriso era come il sorriso di qualcuno che aveva paura anche della scintilla di una fiamma di quel fuoco, di qualcuno che voleva vedere ciò che aveva davanti ai suoi occhi, e basta. Il sorriso di quei pazzi che ammettono di essere pazzi e che si sono arresi di ripetere alla gente che però anche loro sono persone normali.

    -E perché?- domandai senza pensare.
    Eravamo amici da quanto? Massimo due ore? E io già mi immischiavo nella vita di quel ragazzo sconosciuto.
    -Perché questo è il mio nascondiglio Tom, qui ci sono le mie cose, i miei sogni, i miei segreti, il mio profumo…al di fuori di qui c’è un mondo che non mi appartiene e odori che non ho la forza di sentire-
    -è un onore essere qui- allora gongolai sorridendo come uno scemo.
    Che diamine mi stava prendendo?

    E sicuramente sorrisi poichè non detti troppo peso a quelle parole.
    Parole che avrebbero dovuto spaventarmi.


    Ma poi lo sentii, sentii quello che disse e ne rimasi…impaurito?

    -Si Tom…sei l’unica persona da anni che oltre a me abbia mai messo piede qui dentro-



    *




    Odore di buono…




    *






    Aveva subito spostato lo sguardo dai miei occhi come anche lui spaventato da qualcosa.
    Non feci in tempo a ricollegare il tutto che sentii come una specie di citofono.
    Che la porta principale stesse non molto lontano da quel luogo?
    Forse eravamo al primo piano, proprio cosi!
    Eppure quel campanello era…cosi vicino.

    Vidi Bill sussultare a quel rumore, alzarsi veloce tra i cuscini come una piccola fata e librarsi sul parquet di legno per avviarsi vicino alla porta della piccola casetta.

    Poi lo vidi premere un pulsante.
    E poi lo sentii parlare.

    -Margot? Poggia il tutto grazie!-
    e dopo piccoli secondi di silenzio lo vidi aprire la porta e sbirciai oltre a questa.
    Dava su uno stanzino, un minuscolo stanzino anch’esso in legno ma libero di qualsiasi oggetto, solo una mensola e le due porte opposte che collegavano quel piccolo mondo alla realtà.

    Lo vidi prendere in mano un vassoio poggiato sulla mensola e appoggiarlo sul tappeto accanto a me per correre poi di nuovo a chiudere quella porta.

    E lo vidi sussultare quando al chiudersi di questa una vampata di aria fredda uscì infine da quel piccolo stanzino, forse rabbrividito per il freddo.

    -Hai fame?- disse dolcemente tornando veloce come una cavalletta a sedersi accanto a me. Le gambe magre e lunghe che si piegarono come le zampette di qualche piccolo insetto.
    Eppure pareva morbido e tenero come un gattino.

    -Ecco io…- ero imbarazzato. Tom Kaulitz era imbarazzato diamine.
    Aveva fatto portare del cibo per me? Perché?

    -Non hai mangiato nulla oggi no? Mangia qualcosa, ti rimetterai in sesto, abbiamo entrambi saltato il pranzo infondo-
    -Hai saltato il pranzo?- dissi fissando quel “tutto” che poteva esserci su quel piccolo vassoio. Erano spuntini e tramezzini e…e tutte quelle cose piccole ma appetitose che in una casa come quella erano all’ordine del giorno.

    -Io non pranzo quasi mai- disse prendendo un non so cosa e portandolo a quelle morbide labbra.

    Morbide? Bha…sicuramente lo erano.

    Portai la mano a quel vassoio strapieno e presi anche io quella…quella cosa.
    E la mangiai. Era…afrodisiaca, caspita.

    -Buono…- mugugnai masticando lentamente quella cosetta.
    Lo vidi sorridere e prenderne un’altra portandola alla bocca, felice come un bimbo che era riuscito a convincere la madre a comprare un ovetto kinder.

    La madre…

    -Dove sono i tuoi?- mi lasciai uscire tra una pietanza e l’altra.
    Mannaggia a me e alla mia boccaccia.

    Bill si immobilizzò un secondo, rimase con gli occhi piantati nel vassoio e poi sorrise di nuovo con quel magico, triste, malinconico, rassegnato, pazzo sorriso.
    Si, proprio il sorriso di Bill.
    -Non lo so. Dovrebbero tornare a momenti comunque. Verranno qui e mi saluteranno, e poi niente. Li rivedrò domani alla stessa ora su per giù-

    Rimasi con quel cosino tra le dita a mezz’aria. Lo sguardo sconcertato.
    Stava scherzando vero??
    Qualcosa però mi disse di no, ancora quel maledetto sorriso e…un campanello, di nuovo, che fece sobbalzare sia me che Bill riempiendo di rumore quel piccolo mondo silenzioso e caldo.

    -Eccoli..-sussurrò.
    Poi si alzò di nuovo, corse verso quella porta e dopo pochi istanti la porta opposta si aprì mentre quella alle sue spalle si chiuse con un tonfo.

    Non sentii quasi nulla, sbirciare mi sembrava proprio non adeguato così rimasi seduto lì con le orecchie attente a percepire qualsiasi minimo rumore.

    -Ciao!- sentii poi sussurrare e la figura di Bill ricomparve dalla porta.
    Una testa dai folti capelli biondi si sporse adocchiando un attimo la stanza fino a che la porta, che sbatté forte, non interruppe la sua visuale.
    Fece ripiombare la stanza nel silenzio e nella sua magia.

    -Quelli erano…-
    -I miei genitori- mi interruppe.
    -Sono venuti a salutarmi- rise tornando accanto a me silenzioso.

    -A darmi la buonanotte-
    -Ma che ore sono?- domandai sorpreso.
    -Saranno le 18- sospirò portando gli occhi all’orologio a pendolo sopra il camino, aveva ragione.
    -Ho dormito tantissimo!- dissi.
    E tornò di nuovo il silenzio.

    Un silenzio che stranamente non aveva bisogna di parole.
    Mangiavamo piano sorridendoci ogni tanto e non ricordo quanto tempo passò.

    Il vassoio era quasi vuoto.

    Poi sentii una suoneria vibrare da qualche parte. Era la mia suoneria e ciò che portavo addosso erano dei vestiti enormi come di solito erano i miei, ma non i miei.

    -il tuo cellulare è lì! Era nella tasca dei tuoi jeans completamente zuppo.- sussurrò quasi leggendomi nel pensiero.
    Lessi per un secondo nei suoi occhi del rancore per aver parlato.
    Non capii, una volta alzato avevo voltato lo sguardo dal suo viso per prendere in mano il cellulare e leggere.

    E rimasi un po’ spiazzato anche io.



    *





    Strinsi le mani sul morbido pigiama.

    Non te ne andare…




    *






    -Devo andare Bill- dissi di un fiato voltandomi verso di lui.
    Un sorriso tranquillo che gli illuminava il viso.
    -Ti riporterò i vestiti a scuola quando tornerò- disse sereno guardandomi negli occhi.

    Mi avvicinai quanto bastava per stare a pochi centimetri da lui.

    Sussultò.

    -Grazie- dissi dandogli un bacio sulla fronte.


    Perché?




    *






    Imbarazzato e rosso come un gambero abbassai lo sguardo.
    Le mani strette a pugno.
    Le lacrime che premevano per uscire.

    Ti prego Tom...

    Non te ne andare…





    *






    Lo vidi sorridere ancora.
    Non volevo andarmene da quel mondo però… però il dovere mi chiamava diamine.

    Presi il mio cellulare. Indossai le mie scarpe asciutte accanto alla porta.

    -Per uscire…-
    -ah, si- trillò guardandomi sereno.
    -Attraversa le due porte e scendi le scale. Margot ti porterà fuori di qui-
    -Grazie- dissi ancora.
    Poi la stanza calò di nuovo nel silenzio.

    -Ciao!- aprii la porta, presi una sorsata d’aria ed uscii da quel luogo incantato allontanandomi da quella fata, immischiandomi in un palazzo bianco e freddo che mi fece rabbrividire nelle ossa.




    *





    Quando sentii la porta chiudersi di colpo trattenei il fiato.
    Il sorriso tirato scomparve, le lacrime scesero veloci sulle gote arrossate e le mani si aprirono più rilassate.

    Non poteva mica durare per sempre, era ovvio che diamine, doveva tornare a casa sua anche lui.
    Eppure volevo che restasse per sempre con me.

    Sorrisi ancora sentendo la testa più leggera.

    Quella vicinanza mi aveva fatto male?
    Sussultai alla luce filtrante dalle finestre di un tuono lontano.
    Con Tom mi ero persino dimenticato che tuonasse.

    Sorrisi di nuovo e ancora e ancora sentendo questa volta un capogiro impossessarsi del mio corpo.
    E come un macigno svenni su quei cuscini bordò.

    La sua vicinanza non mi aveva fatto male.
    Era la mancanza del suo odore, ora, che aveva reso l’aria come priva di ossigeno.

    Come quando prendi una droga e non puoi farne più a meno.



    Il mio odore senza il suo era diventato veleno.














    *





    Richiusi l’ombrello che quella Margot mi aveva passato prima di uscire e con un calcio aprii la porta distrutta e gocciolante che dava su quel vicolaccio malfamato.
    -Capo sei arrivato finalemente!- udii provenire da quella stanza scarsamente illuminata.
    Accennai un ghigno.
    -Georg, qual’era la cosa tanto urgente?-

    Vidi Georg sogghignare accanto ad un Andreas che ridacchiava sulla poltrona malridotta.
    -Abbiamo scovato il nascondiglio di quella banda da strapazzo che voleva soffiarci il territorio-
    Risi anche io richiudendo la porta sgangherata dietro di me.
    Assaporando, leccate le labbra, la dolcezza della pelle di Bill.

    L’unica cosa che c’era ancora di puro in me.










    -Siamo amici no?-













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  13. oO.anna.Oo
     
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    tu hai postato due capitoli *-*
    non ho parole, davvero... sono scritti benissimo,
    mi piace un sacco il fatto che Bill si preoccupa pr Tom anche se lo conosce appena e Tom che pensa sempre a Bill ma non sa spiegarsi il motiivo....
    e la parte finale dell'ultmo chappy... wow....
    Bill è drogato di Tooom xD
    non vedo l'ora di leggere un altro capitlo
    complimenti^^

    Edited by oO.anna.Oo - 19/5/2009, 22:59
     
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  14. twincest_4_ever
     
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    waaaaaaaaaaa!!!!!!!
    oddio 2 capitoli stupendiiiiiiii!!!!!!
    che bello Tom sta diventando dolceeee!!!!
    che cuccioliiiiii
    posta prestuuuu^^

    susy
     
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  15. MiikHy_Deafening
     
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    CITAZIONE (oO.anna.Oo @ 18/5/2009, 17:32)
    tu hai podtato due capitoli *-*
    non ho parole, davvero... sono scritti benissimo,
    mi piace un sacco il fatto che Bill si preoccupa pr Tom anche se lo conosce appena e Tom che pensa sempre a Bill ma non sa spiegarsi il motiivo....
    e la parte finale dell'ultmo chappy... wow....
    Bill è drogato di Tooom xD
    non vedo l'ora di leggere un altro capitlo
    complimenti^^

    grazie cara *^*
    posterò presto <3

    CITAZIONE (twincest_4_ever @ 18/5/2009, 20:41)
    waaaaaaaaaaa!!!!!!!
    oddio 2 capitoli stupendiiiiiiii!!!!!!
    che bello Tom sta diventando dolceeee!!!!
    che cuccioliiiiii
    posta prestuuuu^^

    susy

    grazie anche a te susy,, che carina <3
     
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994 replies since 8/3/2009, 11:23   50445 views
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