Bill & Tom Kaulitz Italian Forum

Posts written by ~BloodyInk~

  1. .
    Eh, già, la storia si sta complicando XD
    Ti sembra che Tom potrebbe mai ammettere che ci è rimasto male sul serio?! Nah, piuttosto si farebbe evirare XD
    E Sasha non capisce più una mazza, troppi ormoni maschili in giro XD
  2. .

    Capitolo 10





    Entro in camera cercando di fare il meno rumore possibile, non voglio disturbare Georg che strimpella sulla sua pianola, non voglio interrompere la fantastica melodia che invade l’aria.
    «Sa, entra. Forza...» lo dice con dolcezza, ma c’è un retrogusto amaro nella sua voce ed ho quasi paura di chiedere il perché. Forse perché, in fondo, ne conosco il motivo.
    «Allora?» chiede voltandosi verso di me sorridendo.
    Entro con calma, i capelli un po’ in disordine, il trucco sbavato, e mi siedo sul letto perfettamente in ordine.
    «Come è andata? Come ti aspettavi?»
    «Oserei dire meglio di come mi aspettavo. Tutti dicono che la realtà non può uguagliare la fantasia, che ci sarà sempre qualcosa in meno di quello che ci eravamo immaginati, ma...beh...»
    Non riesco a terminare la frase, imbarazzata, e spero che lui capisca quello che intendo dire; soprattutto spero che non mi chieda di raccontargli i dettagli come di solito faccio.
    «Beh, suppongo che tu abbia soddisfatto il desiderio che ti stava facendo impazzire!» dice scherzando accomodandosi accanto a me sul letto.
    «Eccome, credimi! Soddisfatta appieno...» mormoro ridendo.
    Non voglio raccontargli esattamente quello che ho provato, ho paura che ci rimanga male, che si offenda perché sto parlando così di uno dei suoi migliori amici, non voglio che soffra.
    Sarebbe lecito, tra le altre cose. Sarebbe lecito e avrebbe ogni santo diritto di offendersi, arrabbiarsi, sbraitarmi contro che non avrei mai dovuto fare una cosa del genere, che tutto questo lo mette in una strana posizione nei confronti di Tom, che ho combinato un casino.
    «Sa, che hai?» mi chiede alzandomi il mento, facendo incontrare i miei occhi con i suoi.
    Non rispondo, distolgo lo sguardo pensando a quello che ho detto solamente la mattina prima: “abbiamo avuto un rapporto due giorni fa... tu mi stai chiedendo quando ho intenzione di averne un altro con uno dei tuoi migliori amici?! Credi che posso essere così troia ed insensibile da venirtelo pure a dire?”.
    Già. Troia e insensibile.
    «Mi sono proprio comportata come una troia, vorrei evitare di essere anche insensibile...» affermo insicura, sperando capisca che mi riferisco al discorso avuto il giorno prima.
    «Sasha...» sussurra ripristinando il contatto visivo tra noi «non sei nessuna delle due cose. Se non avessi voluto che tu andassi a letto con lui, non ti avrei consigliato di “battere il ferro finché è caldo” e poi mi sembrava di avertelo detto non mi importa con chi vai a letto, voglio solo che tu continui ad essere quella che sei sempre, almeno con me. E la ragazza che conosco mi avrebbe detto tutto, e sottolineo tutto, su quello che è successo in quella camera; mi avrebbe detto come è stata convinta ad entrare in quella camera, cosa le ha detto lui prima, durante e dopo il fatto, mi avrebbe detto cosa aveva provato, come si era sentita, cosa aveva pensato; avrebbe persino fatto qualche commento piccante e magari un confronto con i suoi amanti precedenti. Perché adesso dovrebbe essere diverso?»
    Non dico niente.
    Il suo discorso non mi convince, non credo che convincerebbe nessuno e se anche fossero convinti dalle sue parole, non lo sarebbero dai suoi occhi malinconici.
    Crede di potermi prendere in giro in questo modo, dopo anni che ci conosciamo? Sono anni che lo guardo, sono anni che riconosco ogni sua piccola espressione: gioia, felicità, delusione, rabbia, disprezzo e lui pensa di darmela a bere con questo discorso inutile.
    «Oh, dai, devo pur avere qualcosa per sfotterlo durante il tour in America! Dai spara!»
    Alzo gli occhi al cielo con teatralità, fingendo di non essermi accorta di quello che in realtà prova, fingendo di non averlo ferito, perché so che lo ferirebbe ancora di più sentirsi allontanato.
    «Beh, non so se avrai qualcosa con cui sfotterlo, perché – non avrei mai pensato di dirlo – Tom ci sa proprio fare, in tutto e per tutto!» esclamo tirandogli una spallata.
    «Oh, davvero? Sarà stata tutta la pratica fatta finora!»
    Ci guardiamo, complici, e scoppiamo a ridere finendo straiati sul letto.
    Rimaniamo in silenzio, immersi ognuno nei propri pensieri.
    Perché non mi dice cosa sta pensando realmente? Perché non mi dice che ho fatto qualcosa che non dovevo fare, che tutto quello che ho fatto è stato un errore, che non dovrei fare nulla del genere con i suoi amici? Perché non mi dice che tutto questo l’ha ferito profondamente, che tutto quello che vuole è che io sia felice, ma non vuole che questo distrugga la sua di felicità?
    Semplicemente, perché non è più sincero con me?
    Ed io, io perché ho dovuto fare tutto questo? Perché non mi sono limitata a guardare Tom da lontano, ignorando quel fuoco che nasceva dentro di me?
    In fondo mi ero detta che avrei rinunciato a lui per Georg, che avrei messo da parte quel desiderio per vedere il sorriso di Georg ancora una volta sul suo viso. Avrei dovuto pensarci due volte prima di fare una cazzata del genere, avrei dovuto pensarci più a lungo, avrei dovuto guardare in faccia la realtà e farmi da parte per una volta, non è questo che si fa per gli amici?!
    Già, si fa questo per gli amici. Per gli amici si è sinceri, sempre e comunque, per gli amici si sopportano delusioni, per gli amici si dimenticano offese e insulti, per gli amici si è disposti a soffrire in silenzio.
    Ma non è così che si dovrebbe fare, dovrebbe dirmi tutto, dovrebbe dirmi quello che pensa sempre e comunque, dovremmo discuterne, non dovremmo far finta di niente.
    Perché non ci riusciamo?
    «Sash...»
    Lo sussurra piano, solleticandomi il braccio con un dito.
    «Dimmi.» rispondo continuando a guardare l’intonaco bianco del soffitto.
    «Ti ha trattata bene, almeno?»
    La sua domanda mi lascia di stucco.
    « È stato dolce e impetuoso allo stesso tempo, mi ha accarezzata fino a farmi male, ma era un dolore che portava con sé un immenso piacere. Mi ha avuta con forza e delicatezza allo stesso tempo; non credevo che fosse capace di una cosa del genere, detto tra noi.»
    Non sono riuscita a guardarlo in faccia mentre lo dicevo, non sono riuscita a guardare quegli occhi mentre mi aprivo a lui.
    Rimaniamo entrambi in silenzio lasciando correre il tempo, lasciandoci cullare ognuno dal respiro dell’altro.
    Mi sembra di essere tornati ad essere quelli di una volta, quei semplici ragazzi conosciutisi un po’ per caso, quei ragazzi che hanno fatto le prime esperienze insieme: la prima sigaretta, la prima canna, il primo rapporto sessuale.
    Sembra tutto così dannatamente lontano in questo momento e non posso far a meno di pensare che sia tutta colpa mia.
    Devo rimediare, in un modo o in un altro.



    L’acqua mi scorre bollente sulla pelle, lasciando dietro di sé, sul mio corpo, un alone rosso.
    Avrei preferito fare una doccia fredda, ma in quel momento avevo bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa che mi allontanasse dalla realtà prima di dover decidere come comportarmi.
    «Pensavo di poter essere l’unico, oggi, a poterti infiammare così!»
    SPOILER (click to view)
    La voce di Tom mi raggiunge inaspettata assieme al tocco ghiacciato delle sue mani sulla mia schiena rossa.
    Ci metto un attimo a capire che Tom, completamente nudo, entra nella doccia: appoggia le sue mani al muro, imprigionandomi, mentre la sua lingua infiamma ulteriormente la pelle tra le mie scapole.
    «Dovresti chiudere la porta quando decidi di fare la doccia in una casa con cinque uomini dentro, non sia mai che entri qualche malintenzionato.» lo sento sospirare al mio orecchio, mentre le la sua mano destra va a stuzzicare il mio capezzolo destro.
    «Malintenzio...nati, in questa casa?! Non credo... ce ne sia...no...» ansimo a fatica chiudendo gli occhi.
    «Ho sempre sognato farlo in una doccia...» dice tranquillo, per poi succhiare la pelle al di sotto del mio orecchio.
    La sua mano sinistra sta scendendo paurosamente verso il mio inguine, la sua bocca si sta dedicando alla mia scapola, mentre il suo membro fa pressione sulla mia schiena eccitandomi sempre di più.
    Tento di girarmi, ma il ragazzo mi blocca nella posizione in cui ci troviamo.
    Voglio baciarlo, ne sento la necessità impellente così afferro la sua mano destra portando le sue lunghe dita nella mia bocca ed iniziando a succhiarle senza ritegno.
    Lo sento ansimare sulla mia spalla, ma non si scompone più di tanto continuando incessantemente a torturarmi, lasciandomi giocare con la sua mano destra.
    Poi, all’improvviso, sento un suo dito dentro di me; non respiro più, non riesco più a capire dove mi trovo né cosa sto facendo, con chi lo sto facendo; sento solo un piacere incontenibile, implacabile.
    «Sasha, sei...Cavolo...sei...» non riesce a finire la frase perché rotta da un ansito più forte degli altri.
    «Ti...prego.» è una preghiera la mia, quello che mi sta dando non mi basta, pretendo di più, desidero tutto quello che può darmi.
    Non ci mette molto, anche lui è troppo eccitato per continuare questa tortura, così si gira e mi penetra in fretta muovendosi con frenesia, dopo avermi preso in braccio e avermi schiacciata contro la parete.
    «Cazzo!» sussurro.
    Non ci metto molto, tra le sue possenti braccia, ad arrivare all’orgasmo.
    Respiro affannata mentre Tom raggiunge, dopo qualche altra spinta, il piacere.

    Ci calmiamo entrambi, lasciando regolarizzare i nostri respiri, senza però staccarci: lui è ancora dentro di me, la sua fronte appoggiata sulla mia, gli occhi chiusi, mentre io ho ancora le gambe attorno alla sua vita.
    «Non mi era mai capitato.» sussurra.
    «Cosa?»
    «Di far raggiungere quel piacere ad una ragazza prima che lo raggiungessi io...»
    «Oh... ed è un male?»
    Lui apre gli occhi, sbalordito. Un sorriso malizioso sulle labbra.
    «No, vuol dire che sono diventato proprio bravo.»
    Mi lecca le labbra per poi darmi quel bacio tanto agognato e, uscendo da me, mi mette giù.
    Prende il bagnoschiuma al sapore di more, se ne versa un po’ sulle mani e mi guarda.
    «Girati» sussurra.
    Non obietto, mi volto e lascio che le sue mani callose ricalchino, ancora una volta i contorni del mio corpo.
    Inaspettatamente il suo tocco è delicato, gentile, come se avesse paura di rompermi; lo sguardo, che sento puntato sulla mia schiena è dolce, non indagatore e questo mi mette in imbarazzo.
    Lo sento voltarmi gentilmente perché lui possa insaponarmi il resto del corpo e spero che non noti il lieve rossore sulle mie guance, o almeno spero che lo imputi all’acqua bollente che non ha smesso di scorrere sui nostri corpi.
    Sento le sue mani abbandonare il mio corpo e, dopo aver preso un po’ del bagnoschiuma, ricambio il gesto appena ricevuto: accarezzo con delicatezza il suo collo, le sue spalle, mi soffermo sui suoi pettorali non troppo sviluppati e poi sui suo addominali per poi risalire verso l’altro accarezzando la sua schiena e le sue spalle.
    Rimango incantata pensando che ho fatto sesso con questo corpo e non una sola volta.
    Molte ragazze sarebbe volute essere al mio posto e molte già lo erano state, mi stringo a lui titubante lasciandolo forse di stucco.
    Improvvisamente l’acqua su di me scorre ghiacciata ed io sussulto.
    «Meglio se ci rinfreschiamo un po’ le idee...» mi dice ridendo accarezzando la mia schiena.
    «Tom, deve essere l’ultima volta.»sussurro.
    «Cosa?»
    «Si, io e te, basta. Niente più docce insieme o “sport selvaggio” in camera tua. Credimi, mi hai appagata, mi hai mandata in paradiso, ma... non vorrei rovinarti la reputazione. Tre volte di fila con la stessa ragazza? Non farebbe bene alla tua immagine di playboy!» cerco di metterla sul ridere, ma il nervosismo e l’ansia, non mi rendono la cosa alquanto difficile.
    «Oh, quindi per te questo è stato solo un gioco. E, dimmi, ti sei divertita?»
    «Oh, avanti lo sapevi che tra noi non sarebbe stata una cosa seria, una scopata e via. Pensavo tra noi ci fosse un tacito accordo!»
    «Non hai risposto alla mia domanda.» mi guarda gelido con quegli occhi color nocciola.
    «Si, non mi ero mai divertita così in vita mia, ma... Non avrei nemmeno dovuto iniziarlo questo gioco...»
    «Oh, quindi è stato anche un errore.»
    «No, non volevo dire questo.»
    «Si, certo, come no!» dice uscendo dal box della doccia.
    «Tom... Ti prego...»
    Tento inutilmente di fermarlo con una blanda protesta, in fondo era quello che volevo e che dovevo fare.
    Mettere fine a questo turbine di passione era la cosa giusta.
    E poi perché l’aveva presa tanto male? Non era lui quello per il quale il sesso era solo un gioco?
    Chiudo l’acqua ed esco anche io dalla doccia, fissandomi allo specchio.
    Che cosa sono diventata?


    «Allora ragazzi, vi piace?» chiede il manager esaltato.
    Guardo lentamente il piatto davanti a me, una sostanza informe si presenta ai miei occhi: un misto di pasta, ragù e formaggio, abbastanza liquido, mi guarda a sua volta.
    «Cosa dovrebbe essere?» chiede Gustav circospetto, saggiando il tutto con la forchetta.
    «Pasta al forno! Ovvio!»
    «Se lo dici tu!» borbotta Bill titubante.
    «Oh, non fate gli schizzinosi, dovreste fare come Tom, ha praticamente spazzolato il piatto!»
    Osservo sottecchi il chitarrista.
    È vero, ha praticamente ripulito il piatto, ma non credo che si sia soffermato più di tanto sul sapore del cibo che ha appena mangiato e sta giocando con un pezzo di pasta rimasta sul piatto.
    Ha la testa da un’altra parte e so che anche questo è colpa mia.
    Chino la testa sospirando e attacco, di malavoglia e con lo stomaco chiuso, quella pasta informe.
    Chiunque abbia detto che i piaceri del cibo distolgono dai pensieri malvagi e ti rendano felice, non si è mai trovato ad aver intristito e deluso due amici, nell’arco di sole due ore.
    «In effetti... in effetti non è poi così male, nonostante l’aspetto...» sussurro per rompere il silenzio caduto sulla tavola.
    «Visto? Qualcuno che sa apprezzare il mio lavoro, mica come voi ingrati!» esclama David riconoscente.
    «Oh, dai, lo avrà detto per cortesia e poi, anche l’occhio vuole la sua parte!» sbotta Bill.
    «Si, ma le apparenze non sono tutto!» esclamo io.
    «Già le apparenze non sono tutto...» sbotta Tom puntando gli occhi su di me «una ragazza può sembrare tranquilla e sincera e poi, sotto la sua dolce e morbida pelle, è invece una stronza insensibile!»
    Gli occhi di tutti corrono tra me e lui, curiosi, Georg cerca la mia mano sotto al tavolo, ma io sfuggo alla sua presa.
    «Magari si adegua semplicemente a quello che sta succedendo.»
    «Si, certo, come credi.» dice alzandosi da tavola e, afferrando un pacchetto di sigarette, esce dalla stanza.
    «Tom!» esclama Bill.
    Mi alzo di scatto seguendolo mentre sento alle mie spalle Georg sospirare.
    Mi spiace, Ge, ma devo risolvere questa situazione. Devo sistemare tutto con calma, devo spiegargli perché mi sono comportata in questo modo.
    Lo trovo immobile, seduto davanti alla porta di casa con una sigaretta spenta che si rigira tra le mani, senza pensarci due volte mi chino verso di lui e la accendo.
    Lui mi guarda o, per meglio dire, mi fulmina con lo sguardo.
    Non diciamo niente. Assolutamente niente e rimaniamo ad osservare il fumo che sale leggero verso il cielo.
    «Non pensavo sarei arrivata a questo, sai? Non pensavo nemmeno che fossi così sensibile, Cazzo di Piombo, ti facevo più...» non mi permette di finire la frase.
    «Pensavo avessi capito che quello che diciamo nelle interviste è solo per consolidare la nostra immagine. Sì, è vero mi sono portato a letto tante di quelle ragazze che ricordarle tutte sarebbe impossibile. Pensavo che avessi anche capito cosa intendevo dirti ieri, in cucina...»
    Un flash.
    C’è stato un periodo in cui mi portavo a letto solo ragazze che ti assomigliavano: una lunga chioma nera, gli occhi azzurri, un corpo minuto, ma ben proporzionato; alcune avevano persino il tuo stesso odore!
    Ma nessuna era te.

    «Io...non avevo capito che...»
    «Si, tu non hai capito! Hai pensato solo a quello che ti ho detto dopo, riguardo a Georg.» aspira lento dalla sua Marlboro rossa, come a volermi dare il tempo di ripensare a quanto mi ha detto.
    E le sue parole bruciano nella mia mente: avevi occhi solo per Georg, e quello che è di Georg io non lo posso avere...
    «Credo che tu voglia mettere fine a questa cosa solo per lui, perché soffrirebbe e non riuscirebbe più a guardarti in faccia, né a suonare con me. Fai bene, credo, anche se...»
    «Tom, frena. Quello che faccio è una mia scelta, non centra niente Georg, non centri niente tu. Ti ho desiderato, bruciavo per il desiderio di essere tua e tu ora hai spento quel fuoco. Rimane solo la cenere di tutto. Ho sempre fatto così: ho desiderato qualcuno, ho ottenuto quello che volevo ed è finita. Niente di più, niente di meno. Lo so che sembro una santa, ma alla fine si può dire che sono come te, al femminile. E poi, nonostante tutto, nonostante il mio modo di stuzzicarti e di darti fastidio, ti voglio bene e volevo mettere in chiaro tutto prima di creare casini inutili.»
    «Casini inutili. Si. Hai fatto bene, l’ho presa male, non mi aspettavo che fossi così diretta, non ti preoccupare, ok?» chiede scompigliandomi i capelli.
    Non riesco a rispondere, ma appoggio la testa sul suo petto lasciando che mi abbracci.
    «Che poi, detto tra noi, non avevo mai scopato così in vita mia!» sussurra ridendo.
    «Sei un idiota!» esclamo per poi scoppiare a ridere anche io.



    NdI.
    Non sono pienamente convinta di come stia procedendo la storia, mi è tutto sfuggito di mano, ma quando quella bellissima illusione, chiamata ispirazione, mi coglie non riesco a fermarmi. Forse è un po' presto per postare, ma non riuscivo più ad aprire il file, leggere il capitolo, fare qualche modifica e chiudere. Ci saranno sicuramente degli errori e delle incongruenze, spero vi piaccia lo stesso^^
  3. .
    Giuls, hai visto come sono stata brava?!
    A dire il vero ero indecisa sullo spoiler, mi sembrava un po' troppo presto per metterlo, ma poi, boh, scrivendo mi è venuto naturale XD
    Presto la storia farà un gran bel salto in avanti -stranamente ho già scritto più della metà dei prossimi due capitoli-
  4. .
    Grazie mille! Sono contenta che ti piaccia^^
  5. .

    Capitolo 9



    «Io non vengo!»
    «E dai Bill, perché no?»
    «Punto uno: con me siamo in cinque e dividersi in squadre non sarebbe possibile. Punto due: l’ultima volta mi sono rotto un’unghia...»
    «Oh, ma se sono tutte finte quelle ung...»
    «Non interrompermi!» esclama Bill infastidito «e punto tre, quello più importante: non ho voglia, voglio dormire.» conclude la frase con calma, sottolineando la sua posizione con un sorriso a trentadue denti.
    «Ok» affermo. So che c’è sotto altro ed è giusto che abbia i suoi spazi per fare quello che preferisce e, soprattutto, quello che crede sia meglio per lui.
    «Ok un cazzo! Che cazzo vuol dire ok?!» sbotta Tom, girandosi verso di me.
    «Tu cosa credi che voglia dire?! Non ha voglia, si vede dalla faccia, lascialo fare. È o non è un giorno di vacanza anche per lui?»
    «Ma tu poi che ne sai? Perché ti devi immischiare? Proprio perché è un giorno di vacanza, dovremmo passarlo tutti insieme!»
    «E se lui volesse rimanere un po’ da solo?» chiedo io marcando bene le ultime parole della frase«Passate insieme ventiquattro ore su ventiquattro duecento giorni all’anno, avrà anche lui il bisogno di dormire, farsi un bagno rilassante o cose del genere!».
    «Ma tu cosa cazzo ne vuoi sapere dei suoi bisogni, eh?»
    «Senti, sai cosa ti dico? Fai quello che vuoi! Vuoi rimanere qui con tuo fratello, fallo. Io vado con Georg e Gustav!»
    Lascio la stanza infuriata, gli occhi di tutti puntati addosso.
    E poi, perché sono così arrabbiata?! Vuole rimanere con suo fratello, che lo faccia, vuole rompere le palle al mondo che lo faccia, ma che non dia fastidio a me!
    «Ehi...»
    Non c’è bisogno che Georg dica nient’altro, so esattamente cosa pensa e il suo sguardo interrogativo sottolinea come sia sembrato strano a tutti che io mi sia infuriata così per una stupidata.
    E lo so anche io.
    «Eh non guardarmi così!» esclamo alzando gli occhi al cielo e girando la testa dalla parte opposta.
    «Lo sai, quando fai così sei...» blocca la frase a metà, avvicinandosi lentamente ed incatenando i miei occhi coi suoi. «Sei dannatamente sexy!»
    Rimango un attimo spaesata e mi riscuoto solo quando sento il suo respiro solleticare le mie labbra.
    Sorrido allontanandolo.
    «Eh no, carino, non mi freghi così! Forza andiamo!» esclamo ridendo.
    Non sembra averla presa male, anzi, ride con me e mi indica il vialetto in cui è parcheggiata la macchina, con già dentro Gustav pronto alla guida.
    «Tu vai a dirgli di mettere in moto, torno dentro a prendere la borsa... l’ho lasciata sulla sedia come una scema!»
    Riapro silenziosa la porta di casa e mi dirigo verso la cucina, ma, nell’entrare, indugio; i gemelli sono ancora nella stanza e stanno ancora discutendo della questione “uscita tutti insieme”.
    «Tom, perché fai così? Non ho voglia di venire, non è la fine del mondo...»
    «Lo so che non è la fine del mondo, ma mi andava di fare qualcosa tutti insieme; lo so, lo so, facciamo sempre tutto insieme, ma volevo fare qualcosa che non centrasse con il nostro lavoro. Mi manca divertirmi come una persona normale!» dice il tutto con una vena di tristezza nella voce ed io non posso che abbassare la testa, sentendomi in colpa per la mia reazione esagerata.
    «Abbiamo altri giorni, no? Non verrò oggi, ma la prossima volta sarò con voi... Oggi ho solo voglia di stare un po’ a casa, rilassarmi, fare un bagno caldo, ascoltare un po’ di musica, disegnare, scrivere... una cosa tranquilla insomma.» Non c’è bisogno che io guardi, so che Bill sta sorridendo; è rimasto calmo e deve aver trovato anche il modo per far calmare il suo gemello, qualche modo che prima o poi mi dovrò far spiegare.
    «E poi tu hai una voglia matta di passare un po’ di tempo con Sasha...»
    «Ma che?»
    «Ah, non ci provare Tom, non ti leggerò nella mente –grazie a Dio –ma si vede da come la guardi che vorresti sbatterla contro il muro e...
    «Frena frena frena...»lo interrompe Tom «Si vede? Cazzo.»
    «Si, beh, la tua faccia da “questa me la scopo”... - eh non guardarmi così!-»
    «Io non ho una facci da questa me la scopo!»
    «Oh, caro mio, si che ce l’hai, occhio vispo, sopracciglio alzato, lingua sul piercing... comunque non sembra che le dispiaccia...»
    «Non sembra che le...»
    Decido di interrompere il discorso, non volendo a sapere fin dove sarebbe arrivato, ed entro nella stanza facendo più rumore del previsto.
    «Scusate, ho dimenticato la borsa.»
    Mi sento gli occhi dei due ragazzi puntati addosso: Bill mi guarda compiaciuto, come se avesse saputo fin dall’inizio che io avevo sentito tutto, che io ero dietro la porta senza avere il coraggio di entrare; mentre lo sguardo di Tom è tra il preoccupato e il terrorizzato, che abbia paura di quello che potrei, e che in effetti, ho sentito?
    «Beh, allora noi andiamo, non credo che torneremo per pranzo, Georg ha adocchiato sulla cartina stradale un MacDonald molto vicino al “campo di battaglia”» dico virgolettando metaforicamente con le mani l’aria.
    «Ci vediamo dopo e divertitevi!» esclama contento Bill, lanciando un occhiataccia al fratello, che riesco ad intercettare mentre mi giro.
    «Ehm... Aspetta, vengo anche io...» borbotta Tom, dietro di me.
    «E io che pensavo volessi rompere le palle a tuo fratello!» dico facendo la sostenuta senza voltarmi, procedendo verso l’ingresso.
    In un attimo le trovo davanti a sbarrarmi la strada con un sorriso malizioso sulla faccia.
    «Avevi promesso di colpirmi in mezzo alle gambe o sbaglio?!»
    Non dico niente, mi fermo soltanto, alzando il sopracciglio, scettica, nel sentire come ha cambiato completamente idea nei confronti della giornata.
    Sono convinta che abbia in mente qualcosa e quel qualcosa potrebbe anche non piacermi, d'altronde si sa, le idee di Tom Kaulitz sono sempre un disastro.
    «Ok, senti, facciamo così, se riesci a colpirmi farò tutto quello che vuoi tu per un’intera giornata, se non ci riesci, beh, sarai tu a fare tutto quello che voglio io. Allora, ci stai?»
    Ok, forse la sua idea non è poi così male, questa volta, potrei anche accettare, vederlo fare tutto quello che voglio sarebbe divertente e dannatamente eccitante.
    «Ok» affermo atona, facendo finta che non mi importi poi molto di questa scommessa.
    Si abbassa lentamente avvicinandosi, mentre un lampo di gioia gli attraversa gli occhi.
    «Proprio tutto quello che voglio.» sussurra al mio orecchio per poi respirarci sopra.
    Inavvertitamente deglutisco e lui se ne accorge scoppiando a ridere.
    Ok, non sono più tanto convinta che quella che ho preso sia la decisione giusta; forse devo iniziare a preoccuparmi.



    «Ok allora le squadre sono: io e Georg contro Sasha e Gustav. Io prendo il colore verde.»
    Guardiamo tutti Tom ed annuiamo all’unisono, dirigendoci verso gli spogliatoi.
    Non mi piace indossare quegli abiti di poliestere, con delle semplici protezioni, poco rigide, su ginocchia e spalle, mi sento un pinguino inamidato e questi pantaloni sono dannatamente scomodi.
    Non perdo nemmeno un attimo a chiedermi perché ho deciso di stare al gioco, il perché lo so benissimo: io adoro questo gioco, adoro l’adrenalina che sale e l’ansia e la paura che tendono i miei muscoli, adoro scaricare la frustrazione e la rabbia con questo sport giudicato, forse, un po’ troppo violento per una ragazza.
    Finisco con calma di allacciarmi le scarpe e stringo i miei capelli in una coda bassa in modo che non mi diano fastidio sotto al casco, poi con altrettanta calma esco con la maschera sotto braccio raggiungendo gli altri ormai pronti.
    «E con lei ci siamo tutti.» dice Gustav con tranquillità, staccandosi dal muro.
    Il responsabile del posto si meraviglia e sembra rimanere senza parole nel vedere me, una fragile ragazzina pronta a sparare biglie di gelatina contenenti una vernice biodegradabile.
    «Oh, non la guardi così è meno innocente e delicata di quanto non sembri!» esclama Georg divertito, seguito dalla risata di Tom che cristallina che riempie l’aria.
    «No, ma...io... è solo che sono poche le ragazze che vedo qui e... comunque, vedo che avete indossato le protezioni, devo ricordarvi le norme di comportamento: niente scontri fisici né linguaggio troppo volgare e che spinga alla rissa...»
    «Quindi Kaulitz vedi di stare zitto!» sbotto, facendo scoppiare a ridere tutti i presenti.
    «Le regole le sapete: quelli che vengono colpiti devono stare fuori per cinque minuti, rientrano in campo da...»
    «Si, si le regole le sappiamo, non si preoccupi è la...quinta volta che lo facciamo, ormai siamo degli esperti in questo campo!»
    «Vi pregherei soltanto di togliere la sicura soltanto quando siamo arrivati all’area di tiro e di indossare sempre e comunque le maschere. Allora non vi resta che scegliere i colori, formare le squadre e divertirvi!» ci sorride gentilmente e ci indica il campo di gioco: un bosco di 120 metri per 80, uno spazio immenso per sole quattro persone.
    «Ok allora io prendo il rosso! Il colore del sangue.» sorrido maliziosa rivolta a Tom, che indietreggia.
    «Ehi, culetto d’oro, così mi metti paura!» si finge spaventato senza distogliere lo sguardo da me, mentre tutti noi alziamo gli occhi al cielo.
    Georg e Gustav scelgono rispettivamente il blu e il giallo e ci incamminiamo verso due degli ingressi al poligono, tra risate e battutine.
    «Ti sei protetto i gioiellini, Tom? perché io sono pronta a vincere la nostra scommessa!»
    «E tu, sei pronta ad essere colpita? Aspetta, non abbiamo deciso dove ti devo colpire!»
    «Uhm... scegli tu, tanto sono sicura che non riusciresti a colpirlo nemmeno se ci fosse una x lampeggiante sopra!»
    «Ok, sul tuo bellissimo culetto d’oro, allora!» nel dirlo mi tira una pacca sul sedere e si allontana in fretta, salutandomi con la mano e seguendo Gustav che si è trasformato in una tremenda macchina da guerra borbottando una serie di piani di guerriglia che farebbero invidia anche al più incallito vietcong.
    «Georg.»
    «Sì?»
    «Devi pararmi il culo, nel vero senso della parola!»
    Ok, ho una paura fottuta, come una brava fan, o meglio, come una brava amica, ho guardato la puntata della Tokio Hotel TV e so per certo che Tom ci sa fare, ci fare anche troppo in questo gioco.
    Ma perché ho accettato la scommessa?


    Sono nascosta dietro un albero, il cuore che mi martella in petto e il respiro irregolare.
    Sento che è vicino, so per certo che è vicino e che è lui.
    Lo riconoscerei ovunque.
    Il modo di muoversi, il modo di respirare al di là di quella maschera nera, riesco a capire che è lui persino da quel suo profumo che sovrasta l’odore muschiato che mi sta attorno.
    Sta tutto nella velocità, sta tutto nella mira.
    Devo rilassarmi e stare tranquilla, devo respirare e sperare dal profondo che non riesca a beccarmi, anche se le possibilità sono veramente poche.
    Controllo le munizioni e mi alzo, portando il marker all’altezza degli occhi per muovermi furtiva verso l’ultimo ostacolo che mi separa da Tom, ancora pochi metri e potrò avere un’ottima visuale e una buona linea di tiro.
    Colpirlo proprio in quel punto potrebbe fargli male, anche con le protezioni, in effetti non vorrei rischiare di essere linciata dalle fan per aver reso il loro idolo impotente, ma in fondo una scommessa è una scommessa ed io voglio vincerla, voglio vedere Tom sottostare al mio volere, ai miei desideri.
    Ok, penserò dopo a come sfruttare la mia vittoria, per ora devo solo stare attenta.
    Devo solo stare attenta.
    Un rumore alla mia destra mi fa sussultare, costringendomi a portare la mia attenzione su quello che sto facendo; mi accuccio rapida, pronta però a scattare nel caso in cui ce ne fosse bisogno, nel caso in cui Tom, spuntasse fuori dal nulla.
    I minuti passano lenti, nulla si muove, entrambi aspettiamo che sia l’altro a fare la prima mossa, entrambi aspettiamo che l’altro faccia il primo errore.
    L’attesa sembra infinita, il mondo attorno a me sembra immobile, senza nemmeno un rumore a disturbare l’atmosfera carica di tensione, poi accade tutto in un secondo, decido, senza nemmeno pensarci, di scattare in avanti e di fare il primo passo, in fondo la miglior difesa è l’attacco.
    Porto il marker all’altezza degli occhi per l’ennesima volta e sono pronta a colpire, abbandono rapida il mio nascondiglio e mi guardo attorno.
    Tom non è dove dovrebbe essere.
    Dove diamine si è nascosto?
    Mi guardo attorno furtiva, cercando di mettere a fuoco ogni possibile angolo dove un ragazzo di un metro e ottanta possa nascondersi, ma non riesco a farlo. Rimango immobile al centro dello spiazzo cercando di rilassarmi. Lui deve essere qui ed io devo vincere.
    Ma ho fatto male i miei conti.
    Sento un sibilo dietro di me e non ho nemmeno il tempo di voltarmi e di schivare la pallottola di gelatina, il colpo di Tom raggiunge preciso il suo obiettivo lasciandomi di stucco.
    Sono costretta al ritiro. Sono costretta a fare quello che lui vuole che io faccia.
    Vedo il ragazzo sorridere al di là di quella maschera nera; è un sorriso carico di malizia che mi fa sussultare.
    Una sirena ci avverte che il tempo a nostra disposizione è finito e che dobbiamo lasciare il poligono.
    Tom mi precede verso l’uscita canticchiando felice una canzone a dir poco spinta e di tanto in tanto si gira per ammiccare nella mia direzione.
    Sono fregata.
    Raggiungiamo con calma la zona sicura dove Georg e Gustav, eliminati poco prima, ci stanno aspettando con ancora indosso i vestiti sporchi di vernice.
    «Te l’avevo detto che avrebbe vinto Tom, sgancia quei dieci euro, avanti!» esclama Gustav divertito allungando la mano verso il mio migliore amico.
    «Cioè, fammi capire, avevi scommesso contro di me? Io sono imbattibile!»
    «Sapevo che avresti vinto, è solo che per una volta volevo sperare che qualcuno riuscisse a farti fuori dal gioco proprio alla fine!» risponde rapido Georg «E poi scusa, tu per chi avresti fatto il tifo? Per un ragazzo super modesto o per la tua bellissima migliore amica?!»
    «Uhm... non so, fammi pensare... per un paio di tette suppongo!»
    Ignoro le risate dei ragazzi e il testosterone che stanno diffondendo nell’aria assieme al virile odore di sudore e tolgo a fatica la maschera che mi protegge il volto, sciogliendo inavvertitamente i capelli nel farlo.
    «Finalmente, non ce la facevo più!» esclamo liberatoria..
    Silenzio. Perché c’è silenzio?
    Fino a pochi secondi fa l’aria era carica di risate, battutine e pensieri sconci e adesso, adesso sembra che il mondo si sia bloccato nel nulla.
    Guardo i ragazzi attorno a me imbambolati, mi guardano come se fossi un’aliena, o almeno così mi sembra.
    Non capisco cosa sia successo, anche perché sembrano avere in faccia l’espressione che avrebbe un santo dopo aver visto la Madonna.
    «Che avete?»
    «Rifallo!» sbotta Georg tra l’estasiato e l’incredulo, gli occhi ancora fissi su di me.
    «Cosa?»
    «Quella...quella cosa con i capelli!»
    «Oh, per l’amor del cielo! Io vado a cambiarmi, vuoi vedete di riprendervi che vorrei tornare a casa prima dell’alba!»
    Mi passo una mano tra i capelli e vado verso gli spogliatoi per tirarmi via quel poliestere di dosso, per far respirare la mia pelle, per tornare ad essere una ragazza normale, con indosso un paio di jeans, una maglietta ed un paio di scarpe normali.
    Sfilo lentamente la maglietta, ruotando poi le spalle per mandare via tutta la tensione e per controllare che tutto sia realmente a posto, quelle biglie di gelatina lasciano dei bei lividi sul corpo se non si sta attenti.
    Allungandomi per prendere la maglietta sento una fitta al fianco e mi accorgo di avere un livido grande come un pugno sulla vita.
    Deve essere stato Gustav quando mi ha eliminato per la prima volta, pazienza, passerà con un po’ di crema e qualche giorno di riposo, dovrò evitare di sollevare pesi e stronzate del genere.
    Liscio la maglietta verde marcio, con stampate sopra costole e colonna vertebrale, e tolgo anche i pantaloni chinandomi poi per tirarli su e piegarli.
    Mi massaggio delicatamente il sedere che mi fa un po’ male e sento un fischio prolungato alle mie spalle.
    «Se vuoi posso darti una mano!»
    Non ho nemmeno bisogno di voltarmi, so che è Tom che vuole rinfacciarmi la vittoria e prendere ciò che gli spetta.
    «No, grazie, penso di potercela fare da sola.» rispondo indossando i pantaloni e sedendomi per allacciare le all star.
    «Come vuoi, comunque basta metterci un po’ di ghiaccio quando siamo a casa e ti passerà subito.»
    Lo guardo: è immobile appoggiato allo stipite della porta con una spalla, la gamba destra piegata, un sorriso dolce stampato sulla faccia.
    «Lo farò, grazie.»
    Lui mi guarda più intensamente e si avvicina a me cambiando espressione sul viso. Lo osservo sedersi accanto a me e portare una mano sulla mia guancia per poi spostarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio; chiudo gli occhi sentendo il calore della sua mano sulla mia pelle.
    Io rimango immobile, lasciandolo fare, senza nemmeno sapere perché, senza nemmeno pensare di fermarlo.
    Sento la sua mano scivolare lentamente sotto alla mia maglietta, mentre le sue labbra sfiorano il mio collo gentilmente per poi farsi sempre più provocanti, più feroci.
    Sento il suo corpo premere sul mio, spingendomi la schiena sulla panca su cui entrambi siamo seduti; sento il suo odore su di me e il suo respiro affannato sulle mie labbra, mentre il mio cuore inizia a battere freneticamente ed il mio petto si alza e si abbassa ritmicamente.
    «Questo è solo un assaggio, culetto d’oro, scoprirai presto di cosa sono capace... d’altronde ho una giornata intera a disposizione, no?»
    In un attimo, il suo peso, il suo odore, il suo respiro, il suo calore scompaiono, lasciando un gran vuoto dentro e fuori di me.
    «Cazzo!»

    «Allora come è andata?» chiede Bill non appena entriamo nel salotto.
    È seduto sul divano angolare, con un blocco da disegno sulle gambe e una matita in mano, i capelli sono un po’ per aria, come se, una volta lavati, siano stati lasciati asciugare senza l’utilizzo del phon, gli occhi sono
    struccati lasciando così in risalto il colore naturale delle sue iridi.
    David invece è seduto sulla poltrona con un giornale in mano e un paio di occhiali per leggere nell’altra; deve averli tolti non appena siamo arrivati a disturbare la loro pace.
    « È stato fantastico! Favoloso, divertentissimo!»
    «Vedo che hai vinto anche questa volta, Tom. Ci sarà qualcuno che riuscirà mai a metterti ko?»
    «Oh, Sasha c’era quasi riuscita, ma io sono più astuto e intelligente...»
    «Si e anche più modesto!»
    «Ah sì? Anche quello, ovviamente!»
    «Certo che le battute tu proprio non le afferri!»
    «La tua è tutta invidia!»
    «Si, si, come no?!» nel dirlo esco dalla stanza seguita dal moro che mi fissa il culo.
    «Tom, smettila!»
    «Ehi, ho vinto posso fare quello che voglio, ricordi?»
    Sbuffo, salendo le scale andando verso la camera di Georg, ma vengo strattonata verso la porta accanto e sbattuta contro il muro non appena questa viene aperta.
    Le labbra di Tom si attaccano frenetiche alle mie lasciandomi impietrita.
    «Fanculo Georg, io non resisto più!» sussurra eccitato il ragazzo fiondandosi nuovamente sulle mie labbra.
    Tento di fare resistenza, tento di oppormi a quel bacio passionale e alle sue mani che cercano uno spiraglio di pelle al di sotto della mia maglietta, ma non ci riesco, o meglio non voglio e dopo due secondi mi ritrovo a ricambiare famelica quel bacio.
    Lui, compiaciuto, mi spinge ulteriormente contro il muro, schiacciandomi sotto al suo peso, mentre finalmente la sua mano bollente riesce a venire a contatto con il mio ventre facendomi sussultare e costringendomi a cercare una boccata d’aria.
    SPOILER (click to view)
    Tom sembra contrariato, ma ne approfitta per spingermi sul suo letto dopo avermi tolto la maglietta; mi guarda voglioso, accarezzandomi con foga e andando a leccare il livido sul mio fianco. Non lo riconosco più, sembra un animale che, dopo essere rimasto in gabbia per mesi, riesce finalmente a scappare ritrovando la libertà perduta.
    Mi stringe i polsi sopra la testa baciandomi un’altra volta e poi un’altra ancora, invogliandomi ad allungare il capo verso di lui quando, sadico, si allontana da me, quando sa che io lo desidero maggiormente.
    Odio sentire il vuoto che lascia sulle mie labbra, odio sentire il freddo dell’aria che mi circonda quando le sue labbra riuscirebbero a scaldarmi, lo voglio sentire su di me, adesso.
    «Tom, ti prego...» è solo un rantolo, un sussurro, ma lui lo avverte, si avvicina a nuovamente a me, mi bacia il collo, la gola, la scapola, scende più giù, raggiungendo il seno.
    Io inarco la schiena, voglio che mi spogli, voglio che mi accarezzi.
    Capisce e mi sorride malizioso, mentre con le mani mi libera dal reggiseno, con la bocca ricalca i contorni del mio capezzolo, facendomi ansimare.
    Sa esattamente cosa fare, sa esattamente cosa mi fa sussultare, cosa mi fa ansimare; è come se non fosse la prima volta che mi sfiora, come se non fosse la prima volta che mi accarezza per farmi sentire in paradiso.
    Una sua mano, galeotta, raggiunge i miei jeans, slacciandoli rapidamente e facendoli scivolare fino alle caviglie; le sue labbra abbandonano il mio corpo e mi lasciano nuda di fronte ai suoi occhi.
    Ormai respiro a fatica, ho una dannata voglia di lui.
    Ho un frenetico e insano bisogno di sentirlo, di abbracciarlo, di baciarlo e così mi sollevo travolgendolo con desiderio: gli tolgo la maglietta, gli calo i pantaloni e lo tiro addosso a me, per farmi scaldare dal suo corpo, teso e muscoloso.
    Sento che mi avvolge, che mi accarezza le gambe baciandomi la pelle poco sotto l’ombelico, sento che si è scaldato parecchio, che non manca molto e lo costringo a baciarmi di nuovo, con passione, con voglia.
    Mi afferra i glutei e so che sta per succedere, so che finalmente il mio desiderio sarà appagato, quel desiderio che mi stava infuocando da giorni, che mi stava consumando da dentro.
    E feroce nella sua prima spinta, è feroce e mi lascia senza fiato.
    Si ferma, il mondo attorno a me si ferma, siamo soltanto io e lui, io e la sua impulsività che corriamo verso il piacere; si muove rapido costringendomi, con le mani, a rimanere inchiodata al materasso, ma io voglio alzarmi, voglio leccare quella goccia di sudore che birichina scivola lungo il collo.
    Facendo forza sui gomiti riesco a farcela, riesco a racchiuderla tra le mie labbra e vado in estasi. Tom si muove ancora più frenetico ed io lo sento ancora più presente in me, quando si spinge in me ancora più in profondità.
    Ansimo. Non posso fare altro.
    «Tom...»
    «Ripetilo» mi sussurra «Ripetilo!»
    «Tom...io...»
    Mi tappa la bocca con un bacio per poi venire dentro di me portando anche me nel vortice del piacere vere e proprio.
    Mi stringe ancora, immobile, cercando di recuperare il fiato.
    Non so cosa dire. Non so nemmeno se ci sia bisogno di dire qualcosa. Abbiamo fatto sesso. Punto.
    Mi accarezza il viso, uscendo da me, senza lasciarmi andare.

    «Scusa.»
    Perché mi sta chiedendo scusa? Perché mi sta guardando con quegli occhi?
    «Non dovevo essere così impulsivo, io...»
    Non gli permetto di finire la frase, lo tiro nuovamente a me e lo bacio con foga.
    «Lo volevi no!?» sorrido ammiccante e lui mi segue a ruota.
    «Si e lo voglio ancora.» sussurra.
  6. .
    Avevo scritto un poema, ma poi mi sono accorta che ero dentro con l'account di mia sorella -.-'
    Comunque mi scuso per l'immensa attesa, ci metto sempre secoli per postare!
    E poi sì, Tom... questo personaggio voglio renderlo sfaccettato, un po' stronzo, ma anche sensibile, strafottente, ma anche gentile. Un essere umano insomma, tutt'altro che perfetto ^^
    E per Sasha, credo sia un caso perso, un po' confusa, come la sottoscritta XD

    E te pareva che fosse uguale al post di prima TT_TT
  7. .



    Capitolo 8




    «Ehi ragazzi! Siamo arrivati!» urla Georg.
    Mi stupisco sempre di quanto sia “delicato” questo ragazzo dagli occhi verdi che mi stringe la mano, quasi a volermela stritolare.
    «Siamo in cucina!» risponde, con altrettanta delicatezza, Bill da due stanze più in là.
    Non riesco a trattenere una risata.
    Spero non cambieranno mai; adoro il loro modo di essere bambini dentro, mi piace vederli scherzare e ridere come ragazzi qualunque che non hanno un contratto discografico sulle spalle e una privacy inesistente.
    La cucina è esattamente come l’ultima volta che l’ho lasciata: un casino assurdo. Ci sono bicchieri impilati sul lavabo, mentre sulla tavola troneggiano sei cartoni di pizza ancora chiusi e, a giudicare dall’odore, ancora caldi.
    «Siete arrivati giusto in tempo, ce le hanno appena portate!» esclama Bill tutto sorridente.
    Mi chiedo come faccia ad essere sempre così allegro, voglio dire è sempre sotto i riflettori e deve sempre essere perfetto a causa di tutti quei giornalisti pronti a giudicare ogni sua azione, in più non ha praticamente vita privata né tempo libero. Deve essere parecchio forte oppure deve aver imparato a nascondere così bene i suoi sentimenti che riesce a nasconderli perfino a se stesso.
    Boh, questo ragazzo è un mistero; uno di questi giorni gli chiederò come fa.
    Prendo posto vicino a Georg e mi trovo, per l’ennesima volta, proprio di fronte a Tom che, dall’altra sera mi guarda come avesse visto un alieno.
    Faccio finta di niente, in fondo mi è sempre piaciuto essere guardata, da chiunque, ragazzi, uomini, anziani.
    È sempre divertente camminare per strada e vedere le persone girarsi al mio passaggio, è una di quelle cose che mi fanno sorridere e mi rendono ancora più fiera del mio corpo e del mio carattere.
    Però non capisco che cazzo ha da guardare, ho qualcosa in faccia e non me ne sono accorta? Qualche pelo superfluo, la matita sbavata?
    No, ok, non è uno sguardo di quel tipo, ma quasi quasi lo avrei preferito, anche se così posso cogliere l’occasione per giocare un altro po’ con lui, per stuzzicarlo un po’.
    «Ehi Cazzo di Piombo se vuoi una foto basta dirlo, non ci sono problemi...Basta che non la usi per...»
    «E chi la vuole una tua foto!? Per carità... e poi io non ho bisogno di masturbarmi per...»
    «Dai Tom, che schifo! Stiamo mangiando!» esclama Bill infastidito, facendoci ridere tutti.
    Lo vedo fare una smorfia imitando Bill per poi ammiccare nella mia direzione.
    Io lo ignoro, in questo momento non voglio guardarlo, rischio di infuriarmi con me stessa, questa storia dell’uomo zerbino mi sta incasinando e basta!
    Forse avrei dovuto puntare su qualcun altro, forse lui è troppo fiero, orgoglioso e strafottente per farmi vedere quello che vuole davvero, troppo pieno di sé per ammettere che sono io e solo io quella che vuole e non una puttanella da quattro soldi.
    «Sash... è il tuo che vibra?»
    «Uh e poi sono io quello che deve usare...»
    Mi allontano dalla stanza prima di sentire la fine della frase di Tom anche se sono sicura che era una scemata, in fondo lui non sa dire altro.
    «Ehi, ciao mamma!»
    Mi mancava sentire la sua voce, è solo grazie a lei se sono qui, se ho avuto la possibilità di incontrare il mio migliore amico di nuovo; è la persona alla quale voglio più bene in assoluto, la persona a cui, dopo Georg, racconto tutto, beh non proprio tutto, ma quasi.
    «Come sta Georg? E i ragazzi?»
    «Oh, lo sai come sono, sempre carichi di energie, forse troppo!»
    «E tu come stai? Tutto bene? Mi sembri un po’ strana, è successo qualcosa
    «Ma no, tranquilla, è che ho dormito poco, sono solo un po’ stanca! » senza nemmeno rendermene conto sorrido, come per rassicurarla, anche se lei non può vedermi.
    «Hai fatto le ore piccole, eh? Con chi con quel figo di Tom?!»
    «Mamma! Sei proprio un caso perso!»
    «E che ho detto di male?! In fondo sarebbe capibile, con quella nuova acconciatura poi, io me lo farei all’istante!»
    «Mamma! Oddio, ma perché devi dirmi queste cose?! Se anche avessi avuto in mente qualcosa, adesso come pensi che io possa farlo adesso?! Avrò davanti a me la tua immagine con lui! Bleah non mi ci far pensare!»
    «Allora ci avevo preso! Lo sapevo che prima o poi avresti aperto gli occhi su di lui, altro che Georg
    «Oh, dai! Ge è...»
    « È cosa, tesoro
    « È tutto un casino! Lasciamo perdere, ti racconterò quando torno a casa, sempre se sono viva...»
    «Dai piccola torna dai tuoi amici, che con la tua madre pazza puoi parlare sempre!» sento che sta ridendo, se solo sapesse cosa sto combinando non sarebbe così allegra.
    La saluto, è sempre stata un po’ fuori di testa quella donna, beh in fondo da qualcuno dovevo per forza aver preso questa mia caratteristica.
    «Chi era al telefono, il tuo ragazzo?»
    «Cavolo, Tom, mi hai fatto prendere un colpo!» esclamo tornando a respirare dopo aver fatto un salto di almeno due metri.
    «Allora chi era?» chiede di nuovo, dopo aver aspirato nuovamente dalla sigaretta che stringe sensualmente tra le dita.
    «Mia madre...» rispondo rubandogli la sigaretta per aspirare a mia volta.
    Nessuno dei due dice più niente, rimaniamo in silenzio mentre la nicotina riempie i miei polmoni e si libera, leggera, nell’aria.
    È strano condividere una cosa così con lui, lui che scherza sempre, lui che trova sempre il modo per prendermi in giro, per sorprendermi; lui che non sta mai zitto e cerca sempre di avere i riflettori puntati di su di sé come un clown al circo. Un clown dannatamente sexy con i suoi occhiali da sole, la sua fascia, le sue treccine che ricadono leggere sulle spalle, con quel piercing che riesce sempre a conquistare tutti, quel piercing che mi ha fatto impazzire quando l’ho fatto mio.
    «Allora per quella foto?» mi sussurra all’orecchio mentre una sua mano mi accarezza dolcemente il fianco.
    Non mi sono nemmeno accorta che si è avvicinato così tanto a me da potermi toccare, ma come cavolo ha fatto? Ma tanto non importa, per ora può anche fare come vuole, se ne pentirà dopo.
    Non rispondo, ma lascio che il suo pollice sfiori dolcemente il mio bacino, mentre il suo respiro, calmo e leggero, solletica la mia nuca.
    «Adoro il tuo profumo, sai...mi stuzzica e allo stesso tempo mi frena, sei dolce e acida allo stesso tempo, mi viene voglia di morderti...» è solo un sussurro, un sussurro sensuale e inebriante, seguito da un leggero morso alla base del collo.
    Sto fremendo in questo momento e lui lo sa, lo sento da come mi stringe a sé e vorrei voltarmi, vorrei voltarmi e baciarlo, sentire il suo sapore in modo da porre un freno a questo desiderio che mi sta uccidendo, ma non posso farlo, non a Georg, non adesso.
    «Sasha! Puoi venire un attimo?» eccolo, l’urlo del mio migliore amico si fa sentire come a sottolineare quello che sto pensando.
    Mi stacco delicatamente da Tom, ignorando lo sbuffo che fa quando mi allontano, ma posso comunque sentire i suoi occhi spogliarmi, mentre, credo senza nemmeno rendersene conto, si accarezza velocemente il cavallo dei pantaloni.
    Quando torno in cucina mi sembra, se possibile ancora più in disordine di quando me ne sono andata pochi minuti fa: sulla tavola ci sono delle bottiglie di birra ormai vuote, tovaglioli unti e una confezione formato famiglia di gelato quattro gusti quasi a metà.
    «Ti ho chiamato perché pensavo ne volessi un po’!» esclama Georg guardandomi con i suoi profondi occhi verdi.
    «Hai fatto più che bene! Adoro il cioccolato e il limone insieme! Mi fanno impazzire!»
    «Ma che schifo!» esclama una voce alle mie spalle «Come puoi accoppiare una cosa del genere?»
    «Tom, ti ricordo che sei stato tu a farmelo assaggiare per primo!»
    «Non dire stronzate!»
    «Ma è vero, scemo!»
    «No!»
    «Si!»
    «Eccoli che ricominciano! Tom ha ragione lei, lasciala stare e mangia!» sbuffa Georg sorridendo.
    «Ah, sta zitto, bassista da strapazzo!» esclama tirandogli una manata sulle spalle, mentre sul suo viso si apre uno di quei sorrisi che farebbe morire milioni di ragazzine urlanti, durante i loro concerti.
    Assaggio il gelato prendendo contemporaneamente il limone e il cioccolato. Sento un mix di sapori che mi manda in estasi, ho sempre adorato i contrasti, anche quelli più banali come amore e odio, guerra e pace, felicità e tristezza.
    Ma è quando il confine è difficile da tracciare che, tra dubbi ed illusioni, mi eccito di più, che cerco di trovare in me il coraggio di crescere ed affrontare i miei limiti, in fondo le sfide servono a questo.
    «Allora, come ci sistemiamo per stasera?» borbotta Bill buttando giù l’ennesimo cucchiaio di gelato.
    Vedo Gustav alzare le spalle, mentre, con molta calma tenta, inutilmente a mio avviso, di mettere in ordine qualcosa in quella cucina.
    «Pensavo...» sbotta Georg «che avessimo già deciso l’altro giorno... Ognuno nelle proprie stanze e Sasha nella mia!»
    «E perché non dovrebbe stare nella mia?!» chiede Tom con un ghigno sul viso.
    «Quella faccia dice tutto! E poi fino a prova contraria è la mia migliore amica, non la tua!»
    «Oh dai ormai la conosciamo come le nostre tasche tutti e quattro, non puoi arrogarti il diritto di tenertela tutta per te!»
    «Oh andiamo Tom, non puoi parlare sul serio?! Lei è la MIA migliore amica, è me che chiama quando ha bisogno, mica te! E poi tu con le ragazze ci fai solo una cosa!»
    «Oh, sei solo invidioso del fatto che io saprei “usarla” come si deve!»
    «Usarla? Non è mica un oggetto!»
    Non riesco a crederci, cos’è questo battibecco assurdo?
    «Scusate...» sussurro interrompendo gli sguardi omicidi che i due amici si stanno lanciando «Ma non avete una stanza per gli ospiti?»
    Tutto inutile, i due ragazzi continuano a guardarsi come se non esistesse niente oltre a loro e alla loro stupida discussione senza senso.
    «Ovvio che c’è, ma l’ha occupata David, che ha ben deciso di tenerci sotto controllo anche in questa settimana di meritato relax che ci spetta!» risponde Bill calmo, ignorando il gemello e il bassista che continuano a parlare
    «Uhm...magari potrei condividerla con lui...» dico con una smorfia.
    «Cosa!?» esclamano in coro i due litiganti.
    «Si, mi sa che è l’unica soluzione...» dice Bill, reggendomi il gioco.
    «Eh, infatti, non si dice che tra i due litiganti il terzo gode?!»
    Tento di trattenere una risata, e così fa anche Bill, ma è tutta fatica sprecata; i volti dei due ragazzi mi portano inesorabilmente a scoppiare a ridere con Bill che mi segue a ruota.
    «Dovreste vedere le vostre facce, sono da...» ma non riesco nemmeno a concludere la frase colta da un’altra risata che mi toglie il fiato.
    Ancora con le lacrime agli occhi raccolgo i coltelli e i bicchieri che i quattro ragazzi hanno lasciato sul tavolo e li metto nel lavabo, mentre, con molta calma Gustav, l’unico che tenta di darmi una mano, accatasta i cartoni della pizza per poi schiacciarli tutti in una volta stringendoli tra le braccia.
    «Gus, lascia stare, andate a riposarvi, qui ci penso io!» esclamo regalandogli uno dei miei sorrisi più belli.
    Lui mi guarda riconoscente, si vede lontano un miglio che è stanco morto e che si regge in piedi solo per grazia divina. Senza farselo ripetere due volte lascia i cartoni schiacciati sul tavolo e, seguito da Bill, sparisce al di là della porta della cucina.
    «A proposito, ma David?» chiedo stranita. In effetti mi sono appena ricordata che non ho potuto fare la doccia con calma per colpa sua e del suo dettagliatissimo piano nel quale non si poteva perdere mezzo minuto della giornata.
    «Arriva in serata...» dice Tom con noncuranza, guardando, svogliatamente la TV davanti a lui.
    «Cosa?! Tu stupido bassista dei miei stivali questa me la paghi, come hai osato dirmi che non avevo nemmeno il tempo per farmi una doccia come si deve!» esclamo inviperita.
    Si affretta a scansare il tovagliolo di stoffa che ho in mano e corre in cortile, sparendo dalla mia vista dopo aver sussurrato un «E comunque tu dormi con me! Punto e basta!»
    Il tempo di tornare a guardare i piatti e noto che Tom, con l’agilità di un felino a caccia nella savana, si è avvicinato a me quanto basta per sentire il suo profumo avvolgermi.
    «Perché hai pianto?» sussurra debolmente sistemandomi delicatamente la maglietta sui fianchi.
    Sono spiazzata dalla domanda, non me lo aspettavo proprio, non da lui.
    «Chi ti fa credere che io abbia pianto?» chiedo senza guardarlo, mentre lavo le posate forse con troppa attenzione.
    «I tuoi fantastici occhi azzurri sono rossi e...» aggiunge spostando una ciocca dei miei capelli dietro all’orecchio facendomi sussultare «hai ancora il segno delle lacrime sulla guancia.»
    Non rispondo. Non so cosa dire.
    Credo di averlo sottovalutato, e dire che lo conosco da parecchio, come ho fatto a non accorgermi che sotto quella cortina di battutine, malizia e falsa modestia, si nascondeva un ragazzo che fa attenzione anche ai più piccoli particolari?
    «Niente di che. Io e Georg non ci siamo capiti su una questione irrilevante e alla fine, come una scema, sono scoppiata a piangere... niente di cui preoccuparsi!» rispondo sorridendo.
    Rimaniamo di nuovo in silenzio.
    Un silenzio diverso da quello vissuto nemmeno una mezz’ora fa, un silenzio che non è nutrito da niente se non da se stesso. Un silenzio nel quale mi perdo inevitabilmente mentre lui inizia ad accarezzarmi con una lentezza snervante il braccio, gli occhi puntati su di me.
    Non riesco a muovermi, in realtà non tento nemmeno di farlo, a che pro? Rovinare tutto? No in questo momento mi fa stare bene così, con dei piccoli brividi, provocati dalle sue mani callose, che si espandono in tutto il mio corpo.
    Non riesco a trattenere un sospiro, mi risulta praticamente impossibile e lui se ne accorge, lo vedo da come sorride soddisfatto.
    «Sai...» esordisce avvicinandosi ulteriormente «ho sempre pensato che tu... fossi proprio una bella ragazza, solare, spensierata, ma anche capace di essere seria e responsabile, in più hai sempre generato subbuglio in me... »
    «Ah si?» chiedo tentando di ignorare il suo respiro sul collo.
    «Si, c’è stato un periodo in cui mi portavo a letto solo ragazze che ti assomigliavano: una lunga chioma nera, gli occhi azzurri, un corpo minuto, ma ben proporzionato; alcune avevano persino il tuo stesso odore!» esclama leccandomi il collo. «Ma nessuna era te»
    Cosa? È andato a letto con delle ragazze che mi somigliavano solo perché voleva me?
    Non è possibile, cosa cazzo sta dicendo?! L’ho sempre attirato, sessualmente parlando, e lui si fa avanti solo adesso, perché? Perché non quattro mesi fa, un anno fa o che so io?
    «Se tu non mi avessi stuzzicato l’altro giorno...» continua accarezzandomi il ventre «non ci avrei mai provato con te; non sei alla mia portata, mi sembri lontana anni luce... e poi non mi avevi mai degnato nemmeno di uno sguardo, avevi occhi solo per Georg, e quello che è di Georg io non lo posso avere, ma l’altro giorno hai cambiato le carte in tavola e...» non conclude la frase, respira pesantemente sui miei capelli e soltanto con un mio grande autocontrollo riesco ad evitare di farlo anche io.
    E così è questo che pensava, pensava che io fossi di Georg e che avessi occhi solo per lui, eppure io non l’ho mai guardato, mai con occhi diversi da quelli di un’amica. Tutti hanno sempre visto qualcos’altro, qualcosa che io non vedevo, qualcosa che ancora adesso faccio fatica a vedere. A Georg voglio solo bene, nulla di più, o almeno credo.
    Non posso fare a meno di sbuffare.
    Lo sento allontanarsi velocemente da me e non posso che pensare che abbia creduto lo stessi rifiutando, ma mi accorgo subito che non è così, perché Georg varca rapido la porta della cucina annunciandoci che il manager è arrivato con una notizia entusiasmante.
    David entra nella stanza dopo qualche minuto, il suo aspetto è sempre lo stesso: i capelli marroni sono disordinatamente sistemati sul suo capo, gli occhi azzurri nascondono a fatica la sua stanchezza ed il suo abbigliamento trasandato e le sue braccia, lasciate andare mollemente accanto ai fianchi, non aiutano certo a migliorare la situazione.
    «Allora Manager da strapazzo qual è la grandissima news che hai da darci?» Tom non perde un attimo per irritare l’uomo, suscitando le risate divertite di Georg.
    Io non posso che girarmi verso quel trio di belli e dannati, appoggiando le mani sul piano della cucina.
    «Anche io sono felice di vederti, Tom!» esclama ironico «Per domani non avevate programmato niente vero? Perché vi porto in un posto fantastico; il...»
    «Non se ne parla!» esclama il chitarrista. «Non se ne parla proprio!»
    «Ma non sai nemmeno che piani ho per la giornata! Stai zitto e fammi parlare!» Tom rimane ammutolito guardandolo in faccia «Ora si che si ragiona! Allora per domani avevo pensato ad una giornata di divertimento assoluto, almeno per voi, io me ne starò qui, bello spaparanzato sul divano!»
    «Vuoi arrivare al punto!?»
    «Dirò solo una parola: paintball!»
    Tom ulula, letteralmente, tirando fuori la parte animale che è in lui. Non credo di aver mai sentito nulla del genere in vita mia, nemmeno il cane della vicina di casa di mia zia riuscirebbe a fare un verso così, sono senza parole.
    «Corro a dirlo a Gustav!» esclama Georg, correndo fuori dalla stanza seguito dal manager che ride soddisfatto per la reazione dei due ragazzi.
    «Domani ci sarà da divertirsi! Sei dei nostri vero?» mi chiede Tom speranzoso.
    «Dovrei forse perdermi la possibilità di spararti un colpo dritto in mezzo alle gambe?»
    «Tesoro mio, non credo riusciresti a colpirmi nemmeno se rimanessi immobile davanti a te!»
    «Non ne sarei così sicura, Kaulitz...»
  8. .
    Agli ordini Giu! XD
    Comunque posto presto il capitolo è in fase di scrittura! muahahaha
  9. .
    Grazie Mary <3
  10. .
    Graaaazie per aver letto anche questo capitolo^^
    Qui si incomincia a delineare il futuro quindi penso che la storia del loro rapporto si spiegherà da sola più in là, con i prossimi capitoli!
    Diciamo che ti lascio un po' sulle spine XD
  11. .
    Capitolo 7


    Mi sveglio lentamente.
    Sono ancora nel letto: le calde braccia di Georg mi avvolgono, il suo forte odore muschiato mi culla mentre il suo respiro tranquillo mi solletica il collo.
    Era da tanto che non mi risvegliavo con questa bella sensazione, la sensazione di una calma profonda che mi fa sentire protetta avendo accanto qualcuno che mi vuole bene.
    Mi godo per qualche secondo il suo calore chiudendo gli occhi.
    Non c’è nient’altro oggi, ci siamo solo noi due, non riesco nemmeno a sentire il mondo che, al di là di queste mura, pulsa, esattamente come i nostri cuori.
    Mi giro lentamente per poterlo guardare in faccia, cercando di non svegliarlo: ha dipinta sul volto la dolcezza di chi si sente al sicuro, la serenità di chi non ha nulla da perdere perché, ormai, ha esaudito tutti i suoi desideri; un sorriso che non gli vedevo da tempo, il sorriso di una persona che si sente completa.
    Guardando i suoi lineamenti rilassati non posso non pensare che lui sarebbe perfetto per me, lui sarebbe la persona giusta, quella persona che potrebbe capirmi sempre e comunque, quella persona che potrebbe accettare tutte le mie scelte seguendomi in tutte le mie decisioni.
    La persona giusta al mio fianco.
    Già, se solo lo amassi.
    Se solo provassi per lui quel sentimento che renderebbe la mia vita realmente piena, quel sentimento che la renderebbe diversa, semplice e complicata allo stesso tempo.
    Lui sarebbe qualcuno che tutti cercano, quel qualcuno che, quelli come Bill, vorrebbero avere al loro fianco per affrontare tutto, quel qualcuno che pochi credano esista.
    Eppure è qui, davanti a me che sorride felice.
    Lui sa tutto di me, sa cosa mi piace, sa cosa mi fa arrabbiare, sa cosa mi rende felice, sa come tirarmi su il morale quando ho avuto una giornata storta; conosce tutti i miei difetti e li accetta, conosce ad una ad una tutte le mie smorfie, di gioia e di dolore; capisce quando sto male e quando vorrei rimanere sola, capisce quando ho bisogno di parlare e quando condividere con me il silenzio.
    Saprebbe riconoscere la mia voce tra mille, saprebbe ritrovarmi in mezzo ad una folla scalmanata solo dal mio odore; sentirebbe il mio cuore sussultare per uno spavento o accelerare per l’adrenalina che ho in corpo solo guardandomi, sarebbe capace di stringermi a sé per salvarmi dai mille pensieri che ogni giorno mi affollano la testa.
    Semplicemente sa tutto di me.
    Mi conosce anche meglio di me stessa e mi vuole bene per quello che sono, standomi accanto incondizionatamente.
    E chi non vorrebbe uno come lui al proprio fianco?
    Uno che sa sempre spronarti, sa sempre appoggiarti, sa sempre capirti. Una persona dolce, ma dura quando la situazione lo richiede, una persona che farebbe di tutto per te, anche lasciare tutto pur di vederti felice.
    Lui è quello perfetto, quello che tutte le ragazze vorrebbero, il tipo che nessuna si farebbe scappare.
    Eppure è esattamente quello che sto facendo io.
    Gli voglio bene, sì, ma non lo amo.
    Un leggero venticello entra dalla finestra riscuotendomi dai miei pensieri.
    Georg deve aver lasciato la finestra aperta quando è uscito a fumarsi la sigaretta rilassante “pre-riposino”, come dice lui.
    Senza rendermene conto sussulto e le sue braccia, con la mia stessa automaticità, si stringono attorno a me.
    «Buon giorno!» sussurra per poi baciarmi dolcemente.
    Ecco questa è esattamente una cosa che due amici non dovrebbero fare, è una cosa che rende il nostro rapporto diverso, strano.
    «Credo che la tua ragazza non approverebbe...» esclamo ridendo per poi ritrarmi da lui.
    «Chi?» borbotta mezzo assonnato.
    «Ah devi dirmelo tu, sei tu quello impegnato da ormai... tre mesi, a quanto dicono i giornali a cui TU rilasci interviste!»
    «Uhm... non ricordo...»
    Finge di non sapere di cosa sto parlando e tenta di avvicinarsi di nuovo a me per darmi un altro bacio.
    Mi allontano, sospettosa, ma lui non demorde.
    Non riesco a capire perché non mi dice chi è questa fantomatica ragazza, non mi piace avere segreti con lui, ci diciamo sempre tutto, dalle cose più insignificanti a quelle che potrebbero cambiare per sempre la nostra vita.
    «Le cose sono due: o non me lo dici perché è una strafiga assurda che puoi vedere una volta ogni morte di papa oppure non me lo dici perché in realtà non esiste e ti vergogni di dirlo!» esclamo sorridendo.
    Lui ricambia malizioso, per poi bloccarmi sotto al suo corpo.
    «In effetti ci hai preso in pieno su tutto, tranne sul “ti vergogni”»
    Me lo soffia in faccia e senza troppe cerimonie si abbassa a baciarmi il seno, stringendolo tra le sue mani callose.
    Rabbrividisco, un po’ per l’aria proveniente dalla finestra, un po’ per il suo tocco deciso e inaspettato.
    Poi come fulminata all’improvviso, capisco cosa ha detto.
    «Frena frena frena...» esclamo di colpo. «Non stavi mica parlando di me con quei giornalisti?!»
    Sorride compiaciuto per poi tornare a baciarmi il collo.
    «Georg, sono seria...»
    Lo vedo sollevarsi e sbuffare. Lo sa, mi conosce, non può passarla liscia, se mi metto in testa qualcosa nessuno può farmi cambiare idea, ed io adesso voglio capire perché cavolo lo ha fatto.
    «Dai, non sarai arrabbiata?! L’ho fatto perché mi hanno sentito mentre ti lasciavo un messaggio in segreteria quando...»
    Sta mentendo e questo mi fa incazzare.
    Perché cavolo non può dirmi la verità, non può essere poi così difficile.
    Cazzo!
    «Inventane un’altra!» Sbotto alzandomi dal letto per poi sbattere con forza la porta del bagno una volta dentro.
    «Dai Sash, non fare così!» urla entrando in bagno a sua volta «Io non sapevo che fare ed ero stufo di sentire le cazzate di Tom sul io mi scopo questa, io mi faccio quella. Dai lo sai quanto sa essere stronzo e io volevo zittirlo! Poi però il pirla l’ha detto durante un’intervista e... sai come vanno le cose!»
    Si è avvicinato lentamente a me, guardandomi negli occhi.
    Sta dicendo la verità, la pura e semplice verità.
    «Sash...»
    «Uhm...» non riesco a mettere insieme due parole, o meglio non riesco a formulare un pensiero coerente.
    «Dai siamo amici e gli amici si aiutano, no?» mi guarda preoccupato. «Io e te stiamo bene così, con il nostro rapporto di scopamici...»
    «Lo sai che non mi piace quel termine, mi fa sentire una puttana profittatrice...»
    «Allora sei la puttana profittatrice più dolce, simpatica e gentile che io abbia mai conosciuto!» sussurra.
    «Non stai migliorando la tua posizione!»
    «Se tu mi lasciassi finire... e sei l’unica che vorrei avere come amica. Quindi smettila di farti assurde pare mentali, perché so che lo stai facendo, e stai tranquilla! Non ti voglio come ragazza, sai che strazio!» conclude scherzando.
    Il suo abbraccio mi fa sciogliere e non riesco a rimanere arrabbiata con lui; il suo calore e il suo profumo sono qualcosa mi rilassa a tal punto che non riesco a tenergli il broncio.
    Lo stringo a me anche io e lascio che mi accarezzi delicatamente la schiena.
    «Ora la tua “ragazza” pretende un po’ di tempo per farsi la doccia...»
    Fa per parlare, ma non glielo permetto, so già cosa vorrebbe proporre, ma non se ne parla.
    Non posso permetterlo. Non adesso.
    «Nemmeno se te lo chiedo come favore?» tenta di impietosirmi con tutta la sua convinzione.
    «No, nemmeno se me lo chiedi come favore...»
    «Nemmeno se ti dico che David mi uccide se non arriviamo ad Amburgo entro le 13 e sono già le... 9 e mezza della mattina?» si fa serio.
    «Perché cavolo non l’hai detto prima che era così tardi? Perché?» borbotto mentre lui sorride per la vittoria appena conquistata.
    Non mi piace fare la doccia con lui, in un certo senso mi imbarazza anche se mi ha già vista nuda tante di quelle volte che ormai ho perso il conto.
    Eppure è diverso quando siamo a letto insieme il corpo va venerato, ammirato, ma quando facciamo la doccia è come se fosse qualcosa di più intimo.
    Lo so, è assurdo, ma al solo pensiero divento rossa, completamente rossa, e lui se ne accorge scoppiando a ridere.
    «A cosa stavi pensando sporcacciona?»
    La sua risata viene rotta dall’asciugamano che io gli lancio dritto in faccia.
    Ben gli sta.
    ***


    La macchina di Georg ha sempre lo stesso odore, l’odore che ricordavo, l’odore che mi fa sentire a casa.
    Mi siedo comodamente sprofondando nel sedile di pelle beige e sospiro lasciando cadere la borsa tra le mie gambe.
    Placidamente afferro la cintura di sicurezza e la allaccio, ho idea che mi servirà dato il ritardo accumulato.
    Georg controlla tutti gli specchietti e parte.
    Passano solo pochi minuti e la musica si spande nell’abitacolo creando una atmosfera rilassante.
    Non è la prima volta che facciamo un viaggio in macchina così lungo noi due da soli, ma è la prima volta che c’è silenzio tra noi, non so neanche perché ma non ho voglia di dire niente, voglio solo godermi il viaggio e il paesaggio che scorre al di là del finestrino della sua BMW.
    È tutto molto semplice lì fuori: gli edifici si alzano senza timore verso il cielo tentando di sfiorare il cielo, mentre il verde degli alberi tenta di vincere il grigio dell’inquinamento, ma è una battaglia persa la loro, i pedoni camminano tranquilli e spensierati verso le loro case, i luoghi di lavoro e i mini-market, mentre le macchine sfrecciano accanto a noi lasciando impresse nei miei occhi sono delle fugaci macchie di colore.
    Vorrei essere lì fuori con loro in questo momento, vorrei essere accarezzata dall’aria fredda per schiarirmi le idee e smettere di pensare a tutto, a me, a Georg, a Tom. Vorrei essere libera in questo momento, vorrei non essere legata a nessuno e lasciarmi indietro tutto.
    Ma non è possibile.
    Vedo il cartello della E55 passarmi accanto e sono conscia che il viaggio è appena iniziato.
    «Allora cosa farai con Tom?» chiede il mio migliore amico rompendo l’armonia di suoni che si era venuta a creare.
    È la domanda che temevo, dopo il discorso di stamattina speravo non me lo chiedesse, speravo potessimo parlare di altro.
    «Che intendi?» chiedo facendo finta di non aver capito dove vuole andare a parare, lasciando vagare i miei occhi verso il cielo.
    «Sasha guardami!»
    «Cosa c’è? Non lo so, ok... non so cosa voglio!» esclamo infastidita.
    «Non dire cazzate! Sei andata fino in camera sua, lo sai benissimo cosa vuoi!»
    Si sta scaldando, lo sento.
    «Ge non ne voglio parlare!»
    «Be’ io si, quindi adesso mi dici che cazzo vuoi fare! Non mi pare che tu ti sia mai fatta grandi problemi a riguardo!» lo dice con rabbia, stringendo il volante fino a far diventare le nocche delle sue dita bianche.
    «Oh quindi ti ha sempre dato fastidio che ti parlassi di questo genere di cose, beh bastava dirlo mi sarei tenuta tutto per me senza troppi problemi! Scusa se per te è stato un peso sentirti raccontare delle mie esperienze! Scusami tanto!»
    Mi stringo nelle spalle e sospiro rumorosamente.
    Sono arrabbiata, anzi no, sono infuriata. Non ha il diritto di parlarmi in questo modo, sono libera di parlare e di non parlare, sono libera di scopare con chi voglio senza che lui lo debba sapere, sono libera di fare quello che voglio!
    Sento che l’auto rallenta per poi fermarsi.
    «Senti Sash non volevo, ok. È che mi sono lasciato prendere la mano! Non mi hai nascosto mai niente, non mi hai mai mentito su queste cose, non ne hai mai avuto bisogno. Cosa è cambiato adesso?» poggia la sua mano delicatamente sulla mia spalla, sperando che questo atto potrebbe farmi girare, ma io rimango saldamente ferma a guardare il ciglio della piazzola di sosta.
    «Faremo tardi se...»
    «Sash, ti prego.» è poco più di un sussurro, ma riesco ad avvertirlo lo stesso.
    Lo ripete, ancora e ancora e ancora.
    Non posso che girarmi per guardarlo.
    «Vuoi sapere cosa c’è di diverso? Vuoi davvero saperlo?! Tu sei diverso, io sono diversa! Cazzo! Hai detto in giro che io sono la tua ragazza, io, lo capisci?!» fa per parlare ma io lo blocco «No, aspetta, volevi che parlassi e ora mi fai finire! Abbiamo avuto un rapporto due giorni fa! Due giorni fa! E tu mi stai chiedendo quando ho intenzione di averne un altro con uno dei tuoi migliori amici?! Credi che posso essere così troia ed insensibile da venirtelo pure a dire? Io ti voglio bene e se per non farti stare male devo rinunciare a qualcosa non mi importa! Ci rinuncio. Non voglio che guardandomi pensi che faccio schifo, voglio che continui a guardarmi come sempre, come...sempre!» butto fuori le parole velocemente, con un tono che pian piano si affievolisce.
    Ecco, i pensieri che mi ronzavano in testa finalmente sono usciti come una valanga andando a colpirlo in pieno; non se lo aspettava e glielo leggo negli occhi verdi che mi fissano.
    La sua mano sale velocemente verso la mia guancia. La accarezza dolcemente mentre io scoppio in lacrime.
    «Ehi... ehi» sussurra sollevandomi il viso «Non potrei mai pensare niente di male nei tuoi confronti, ti voglio bene e te ne vorrò sempre, anche se dovessi andare a letto con mezza Germania! Saresti sempre la mia Piccola, la persona a cui voglio più bene al mondo. Non mi importa di niente, quello che conta sei tu, mi basta starti accanto, anche solo per un minuto, ogni giorno... ok? »
    «Io non ti merito...» borbotto tra le lacrime.
    «Ho detto... ok?» chiede deciso.
    Annuisco debolmente per poi stringermi tra le sue braccia.
    Rimaniamo in questa posizione per minuti, ore, non lo so e non mi importa; siamo solo io e lui e questo, per ora, mi basta.
    Come per un tacito accordo ci stacchiamo e lui si immette nuovamente nell’autostrada, direzione: Amburgo.
    Il viaggio continua in silenzio, un silenzio diverso da prima, più sereno.
    Eppure io non lo sono per niente, c’è qualcosa in tutto questo che non mi convince.
    Io non mi merito un’amicizia del genere, non mi merito una persona del genere al mio fianco, non per i comportamenti che ho. Eppure non posso farne a meno, non voglio farne a meno perché lui è una parte fondamentale di me, una parte alla quale non posso rinunciare.
    «Smettila di pensare, si vede il fumo che ti esce dalla testa! Piuttosto metti un po’ di musica!»
    «Agli ordini capo!» dico dopo avergli fatto una linguaccia.
    Cerco tra i suoi mille Cd qualcosa che possa andare bene per la situazione: niente di troppo sdolcinato, ma nemmeno niente di troppo pesante; direi che è proprio una scelta difficile.
    Sto per afferrarne uno quando lo sento borbottare qualcosa.
    «Cosa?»
    «No, non quello... dai l’altro quello...»
    «Ge, dovresti guardare la strada, non i Cd che ho in mano io! Tu pensa a guidare che alla musica ci penso io!»
    « È questo che mi preoccupa!»
    «Oggi sei peggio di una pentola di fagioli, smettila di borbottare e lasciami fare!»
    Nel finire la frase inserisco un Cd nel lettore e lascio che la musica si spanda delicatamente nell’aria.
    «Ehi, questo non è uno dei miei!» esclama divertito.
    «No, infatti, ormai i tuoi li so a memoria! È uno di quelli che ho masterizzato io, un bel misto di cose che tu non ascolteresti mai!»
    Le note di Beat It dei Fall Out Boy si spandono nell’aria e lo vedo sorridere.
    Lo sapevo gli sarebbe piaciuta, come molte delle loro canzoni questa cover è eseguita veramente bene: la voce è quasi perfetta e gli strumenti, dal basso alla chitarra, sono in perfetta sintonia tra di loro.
    Non si può dire che li adoro, ma sicuramente rientrano tra i miei preferiti assieme a gruppi di generi completamente diversi. Ma è proprio la diversità ad attrarmi.
    Passano diversi minuti e un’altra canzone inizia a diffondersi nell’aria, mentre la strada attorno a me continua a cambiare.
    «Comunque credo che ti convenga battere il ferro finché è caldo!»
    «Che?» chiedo stranita.
    «Tom, dico...»
    Faccio una smorfia.
    Pensavo avessimo chiuso il discorso prima, anche perché non so proprio cosa fare, cosa dire e cosa pensare a riguardo. Ho paura di quello che può o non può succedere e sinceramente non sono ansiosa di scoprire niente.
    «Uhm... all’inizio pensavo di potermi divertire un po’ con lui, ma adesso non lo so più...»
    «Se lo fai per me...»
    «No, non è per quello, o meglio anche per quello... è solo che non so se alla fine ne vale la pena! Troppo sbattito per cosa? Una scopata? Non lo so...»
    «Lui dice che ne vale la pena...»
    «Si beh lui dice un sacco di stronzate! Ed è imprevedibile, non riesco mai a capire cosa vuole, cosa pensa, se mi vuole...»
    Appena finisco la frase lui scoppia a ridere senza riguardi ed io, di riflesso, gli tiro una manata sul braccio.
    «Ehi! Non è mica colpa mia se spari cavolate a raffica! Ma ti sei guardata allo specchio!? Dimmi chi non ti desidererebbe? Ed è inutile che alzi il sopracciglio! Piuttosto parla! Non mi hai raccontato bene che è successo con lui, dai spara!»
    Ci metto qualche secondo, ma poi mi lascio andare e trascorriamo così tutto il viaggio fino ad Amburgo, tra risate e commenti acidi, ma tra la serenità ritrovata tra noi.
    In fondo lui è il mio migliore amico, se non parlo con lui con chi dovrei farlo?




    NdI. Questo capitolo non è il massimo ma spero riusciate ad apprezzarlo lo stesso^^
  12. .
    Allora doppiamente grazie XD
  13. .
    CITAZIONE («KiA; @ 23/5/2010, 18:26)
    Il secondo set è incredibile *-*

    Grazie!!Se penso che era in bianco e nero mi viene male XD

    CITAZIONE (#Lucy# @ 23/5/2010, 18:31)
    waaaaaaaaaaa.....................che belli........complimenti ila^^

    Grazie Lucy!!
  14. .
    Grazie mille^^
  15. .
    <p align="center">Nuovi deliri grafici!!

    *Cancellato*

    Edited by ~BloodyInk~ - 13/9/2012, 12:32
3244 replies since 11/4/2007
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