...Mia...

La Mia prima Fan Fiction...

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  1. BloodyVampire90
     
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    Mia

    Capitolo 1
    Molti di noi ha dei perché… Non sono riuscita ancora a capire i miei. Perché la vita è così strana? Perché prima non ti piaceva una cosa, poi tutto d’un tratto non puoi più farne a meno? Ma soprattutto perché ho accettato di andare al concerto dei Tokio Hotel con Rosa e Marika? Avevano programmato tutto. I giorni della partenza e del ritorno, quanti giorni dovevamo pernottare lì, quale treno avremmo dovuto prendere, a che ora ci dovevamo svegliare per andare fuori al Palamalaguti di Bologna, era tutto pronto. La sera del 24 marzo saremmo partite. E così è stato. Alle 19.00 andammo alla stazione di Frattamaggiore. Prendemmo il treno mezz’ora dopo. Ma non il treno diretto, ma quello che faceva le varie fermate, in modo da poter arrivare a Bologna la mattina e avremmo dormito in treno. Nel treno Rosa e Marika erano tutte elettrizzate. Io no, non mi faceva né caldo e né freddo.
    -Raghy, ma ci pensate fra un giorno vedremo i Tokio Hotel…- Fa Marika.
    -Ehm… Marika io non vengo al concerto.- Faccio io.
    -Mia, come non vieni? Hai comprato anche il biglietto. Ti è venuto trentaquattro euro e cinquanta e te non vuoi neanche venire?-
    -Mari, alt, frena! Io non volevo comprarlo, siete state voi a costringermi. Ok? E comunque posso ancora rivenderlo a qualcuno.-
    -Eddai, Mia, non fare così.- Mi fa Rosa.
    -uffi… Ma a me non piacciono ‘sti tizi.-
    -Lo sappiamo, ma per noi è importante che ci sia anche te.- Mi supplica Rosa.
    -Ok! Però non è che ci vengo con tanta voglia e, poi, voglio che voi vi mettiate a mia completa disposizione dopo, ok?-
    -Ci va bene qualsiasi cosa te ci chiederai.-
    Continuiamo a chiacchierare per tutta la serata. Rosa è tutta agitata perché vedrà il suo grande idolo Bill, mentre Marika è agitata perché vedrà Georg. Tutt’e due a casa lasciano il loro ragazzo. Non mi chiamo proprio “Mia”, ma Valentina. Sono loro due che hanno iniziato a chiamarmi così, perché, da piccola, per qualsiasi cosa dicevo sempre “Mio, mia” e da lì mia hanno dato questo soprannome.
    Rosa e Marika continuano a parlare, mentre io penso sempre a lui, il mio Raoul, non Raoul Bova l’attore, ma il ragazzo di cui sono innamorata. Lo vidi per la prima volta a una festa due anni fa e da lì non l’ho più dimenticato; ci conoscemmo quella stessa sera, dopo la festa. Ci riunimmo tutti in piazza e c’era anche lui. Ci conoscemmo e da lì iniziammo a vederci, anche se, per lui, sono solo la sua migliore amica e niente di più. Marika ad un certo punto caccia il suo cartellone con le foto e una scritta in tedesco. Per colpa loro sto prendendo anch’io con loro delle lezioni di tedesco private. Mamma mia, tutte queste cose per loro, per il loro pazzo “amore”. Che cazzata. È da un po’ di anni che mi sono promessa di non amare più. E solo più in là mi accorgerò di quanto sarà impossibile. Aspetto con ansia che Raoul mi faccia uno squillo, sì, succede, ma non sarà mai uno “Squillo d’Amore”, ma “D’amicizia”.
    Marika e Rosa continuano a raccontarsi le loro informazioni sui loro amati Tokio, sperano di entrare nel Backstage, anche se sanno che per loro sarà del tutto impossibile. Hanno voluto che portassimo tutt’e tre un vocabolario di tedesco. Non vogliono fare brutta figura davanti ai Tokio. “Che stronzate”, continuo a dire fra me e me. ma, purtroppo è sempre stato un mio difetto, fare tutto per accontentare gli altri. Vuol dire che non sarò più così, che cambierò, anche se so che non succederà mai, che rimarrò sempre la solita.
    -Mia, perché ti isoli?- Mi fa Marika.
    -Io non mi sto isolando.- Rispondo.
    -Ok, come vuoi! Scommetto che stai pensando a lui.-
    -Lui chi?! Io non penso a nessuno, penso solo a me stessa. E poi comunque Raoul sta con un’altra.
    -E che vuol dire?-
    -Vuol dire che… Hai ragione, non vuol dire nulla, perché io non sono gelosa.-
    E iniziamo a ridere tutte come pazze. Nonostante mi costringano a fare ciò che non vogliono, devo ammettere che quando ne ho bisogno, loro mi aiutano sempre. Anche ora. Non credono che io non voglio più amare, perchè dicono che io e l’amore siamo due cose unite. E anche loro lo sono e, anche più di me, infatti loro un ragazzo, mentre io sto impazzendo per uno che mi considera solo la sua migliore amica. Com’è strana la vita. Alle 04.30 di mattina ci addormentiamo tutt’e tre. Per poi svegliarci alle 06.00 e scendere dal treno.



    Capitolo 2
    Mattina. Sono le 06.00. Siamo appena arrivate a Bologna. Prendiamo un autobus per arrivare a Casalecchio di Reno. Ci ferma a cinque minuti dalla pensione in cui alloggeremo. Proseguiamo a piedi. arriviamo dopo un po’. Andiamo alla reception. Rosa suona il campanello sul bancone. Arriva un signore sulla cinquantina, con pochi capelli, con un pantalone chiaro e una maglia a collo alto. Ci sorride.
    -Posso aiutarvi?-
    -Sì, grazie. Abbiamo prenotato una camera con un letto matrimoniale e uno singolo a nome di “Mozzillo Valentina”.- Faccio io. Ecco un’altra cosa che ho fatto per loro: prenotare una stanza a nome mio.
    -Sì, vi do subito la chiave.-
    -Grazie.-
    Il signore ci prende la chiave e ce la dà. La prendiamo e gli facciamo un sorriso.
    -E’ al primo piano a destra.-
    -La ringraziamo.-
    Il signore ci fa un altro sorriso. Noi ricambiamo, poi ci avviamo verso camera nostra. La numero 17. Che bel numero, eh? “La disgrazia”.
    -Sarebbe stato forte se avremmo avuto la 483, come il secondo album dei Tokio Hotel: “Zimmer 483”!- Fa Marika.
    -E che palle, Marika!-
    -Mamma mia certe volte non ti sopporto proprio.- Mi risponde lei. Poi scoppiamo a ridere tutt’e tre, mentre attraversiamo un lungo corridoio. Ci fermiamo fuori la nostra stanza.
    -Ok, dovrebbe essere questa.-
    -Sì, è questa Rosa.- Faccio io sicura, ridendo ancora.
    Entriamo, buttiamo le nostre borse a terra e ci guardiamo intorno. Guardiamo ogni minimo particolare.
    -Però… Per essere una pensione, non è niente male, davvero.- Faccio io.
    -Infatti.- Risponde Marika.
    Andiamo in bagno. Controlliamo anche lì. È tutto pulito, bello. Ci guardiamo allo specchio. Abbiamo tutt’e tre delle occhiaie orrende. Il trucco un po’ sfatto. Decidiamo di farci una doccia prima di uscire a visitare la città. Una alla volta. Marika e Rosa sotto la doccia continuano a cantare i Tokio Hotel. E che palle! Io invece sotto la doccia canto delle canzoni dei Within Temptation. Le mie amiche sbuffano. Poi passiamo a vestirci e truccarci. Vogliamo stare comode. Jeans, felpa e scarpette per tutte. Io indosso il mio immancabile guanto nero a rete. Chiudiamo bene la porta a chiave, percorriamo il corridoio e scendiamo giù. Andiamo alla reception, trilliamo con il campanello. Arriva di nuovo il signore di prima. Gli diamo la chiave. Poi sorridiamo ed usciamo. Non sappiamo bene dove andare.
    -Che ne dite di andare al Palamalaguti?- Propone Marika.
    -No, dai, già ora no.- Mi lamento io.
    -Dai, vediamo se stanno montando il palco.–
    -Chissenefrega del palco!-
    -Su, dai.- Mi alzano con la forza e mi trascinano. Io sbuffo, cerco di liberarmi dalle loro mani, ma loro non mollano. Uffi, che palle! Ogni tanto chiedono delle informazioni sulla strada. Marika dice a Rosa di ricordarsi la strada dell’andata e del ritorno. Io me ne sto zitta e penso. Penso a cosa starà facendo a quest’ora Raoul, se ha fatto colazione presto, se è andato a scuola oppure ha fatto sega, se ha studiato per qualche interrogazione. Se si è messo la felpa che tanto mi piace, soprattutto per come gli sta. Dio, quanto lo amo! Ma perché non posso averlo? Uffi! Non è giusto.
    Arriviamo fuori al Palamalaguti. Purtroppo per Rosa e Marika, non si può entrare. E io dentro di me ho una piccola fitta di soddisfazione. Da dentro si sentono i rumori di ferri, staranno sicuramente montando il palco. E qui le mie migliori amiche hanno un sussulto di gioia. Tutt’e due s’abbracciano come se avessero visto la madonna. Io guardo il cielo come a dire: “Ma perché sono ancora mie amiche ‘ste due?!”. Rimaniamo lì a parlare fino alle 14.00 senza accorgerci del tempo che passa, poi decidiamo di tornare alla pensione. Chiediamo sempre delle informazioni. Poi improvvisamente sentiamo delle ragazze che urlano. Io rimango ferma dov’ero, Marika e Rosa corrono a vedere cos’è successo. Iniziano ad urlare anche loro. Poi si girano verso di me.
    -MIA! Ci SONO I TOKIO HOTEL!- Mi urlano tutte felici.
    I Tokio Hotel?! Oh cazzo, già ora no.
    -E chissenefrega, scusate!- Vado vicino al muro e mi ci appoggio. Prendo il cellulare e compongo il numero di Raoul. Squilla. Ok, bene! risponde.
    -Ehi, ciao!-
    -Ciao! Mia. Come butta?-
    -Bene, bene, grazie. E a te?-
    -Non c’è male! Sei a Bologna vero?-
    -Sì, purtroppo.-
    -Come mai “purtroppo”?-
    -Non è per la città, ma perché sono Rosa e Marika mi hanno costretta a venire al concerto dei Tokio Hotel.-
    -Ah… capito.-
    -Tra l’altro sono a pochi passi da me.-
    -Chi?-
    -I Tokio.-
    -Cosa?! I Tokio sono a pochi passi da te e tu sei a parlare al cellulare con me?!-
    -Certo, preferisco più parlare al cellulare con me, invece di vedere i Tokio.-
    -Ma sei imbecille?!-
    -Perché, scusa?-
    -Quando ti ricapita di rivederli così da vicino?-
    -Domani sera.-
    -Al concerto non è la stessa cosa.-
    -Ma che m’importa.-
    -Fa’ come vuoi.-
    -Sei andato a scuola.-
    -Mia, sei sicura di stare bene? Guarda che a scuola si ritorna la settimana prossima. L’hai dimenticato?-
    -Giusto, hai ragione.- Rimaniamo per un po’ in silenzio. Io mi giro un secondo dalla parte dei Tokio. Vedo la capigliatura di Bill. Poi vedo un po’ dei rasta di Tom. Rosa parla con Bill, in tedesco. Certo che ha imparato tanto dalle lezioni. Che brava. Anche io e Marika non lo parliamo niente male.
    -Ehi, Mia, ci sei?- Mi chiede Raoul. Io ritorno alla realtà.
    -Sì, scusa! Devo staccare, ti richiamo, ok?-
    -Va bene… Ciao!-
    -Ciao.- Stacchiamo. Rimetto il cellulare in tasca. Vado incontro anch’io ai Tokio Hotel, ma prima di arrivare loro già se ne stanno andando. Le mie amiche mi corrono incontro.
    -Mia, non puoi neanche immaginare.- Mi dice Marika, felice come non l’avevo mai vista.
    -Che è successo?- Le chiedo.
    -Domani sera, dopo il concerto, dobbiamo andare nel backstage! Ci ha invitate Bill.-
    -Cosa?!-
    -Sì, non è meraviglioso?-
    -Sono felice per voi, io tanto prenderò un autobus da sola per tornare alla pensione.-
    -No, gli abbiamo parlato anche di te, hanno detto di portarti.-
    -No, ragazze, questo non era nei patti. Avevamo detto che venivo al concerto, ma vi avevo detto che sareste riuscite ad andare nel backstage io non ci sarei venuta. Ok? Rispettiamo i patti.-
    -Lo sappiamo. Noi gliel’abbiamo detto che a te non piacevano, ma hanno insisto. Figurati che non gliene importa neanche che a te non piacciono.-
    -No, ragazze, io non ci verrò. Ringraziateli anche da parte mia, ma io non ci verrò.-
    Mi avvio alla pensione seguita dalle mie amiche che cercano in ogni modo di raggiungermi in modo da riuscire a convincermi.




    Capitolo 3
    Eccoci qui. Sono le 05.00 del mattino e siamo già alzate. Precisamente siamo fuori al Palamalaguti. Rosa e Marika sono tutte pimpanti, mentre io, invece, non faccio altro che sbadigliare da quando siamo arrivate, che erano le 04.50. non stanno nella pelle per il fatto che dopo il concerto andremo nel backstage a conoscerli da vicino. Sì, “andremo”, alla fine sono riuscite a convincermi, ma le ho detto che me l’avrebbero pagata, in più saranno a mia completa disposizione per dieci anni e mi hanno regalato ognuna, la propria felpa preferita. Devo ammettere che con tutto questo, però, c’ho guadagnato. Cavoli se c’ho guadagnato e non poco. Continuo a sbadigliare, mentre loro continuano il loro ultimo cartellone, quello che devo tenere alzato io. Fossero così pimpanti alle cinque di mattina per venire a scuola, avrebbero sicuramente tutti 10. ma d’altronde chi è che si sveglia pimpante per andare a scuola? Nessuno.
    Marika sceglie detta la frase in tedesco a Rosa. Quest’ultima cerca di non sbagliare, e un po’ ci riesce e un po’ no. Comunque cerca di fare del suo meglio. Aggiusta qualche virgola. Colora prende la colla e con essa attacca delle foto dei Tokio Hotel.
    -Mia, sei sveglia?- Mi chiede Marika.
    -Secondo te?- Chiedo con voce assonnata, mentre sbadiglio.
    -E sta’ sveglia, su che oggi ci si diverte. Ci si sta tra i vip.-
    -Sì, tra i vip.- Faccio io scocciata. -Marika, cerca di stare con i piedi a terra, altrimenti dalle nuvole potresti cadere e farti molto male.-
    -Ma che dici?! Mia, è possibile che te non riesci proprio a essere un po’ felice.-
    -Certo che sono felice, felice di aver deciso di uccidervi.-
    Nel frattempo fuori ai cancelli del Palamalaguti inizia a farsi la folla e il sole inizia ad alzarsi. Noi prendiamo i primi posti sicuramente, dato che siamo state le prime ad arrivare. Marika e Rosa hanno voluto che ci mettessimo attaccate ai cancelli.

    Le ore iniziano a passare in fretta. Le ragazze iniziano ad agitarsi. A parlare un po’ più forte. io con le mie Ray Ban agli occhi e il mio berrettino cerco di non annoiarmi troppo anche se è impossibile visto che non ho nulla da fare e non posso neanche chiamare Raoul visto che si sta allenando a palla – volo. C’ho parlato stamattina. Gli ho raccontato del fatto che sarei andata nel backstage dopo il concerto. Gli ho detto che non ho voglia di andarci e che se ci vado è solo per fare un piacere alle mie amiche. Poi mi ha detto che senza me non sa con chi parlare. Per me questo già è tanto. Poi m’ha detto che dopo il concerto gli devo fare uno squillo perché mi deve chiamare e parleremo finché non ne potremo più di sentire l’uno la voce dell’altro.
    -Ragà, io ho fame.- Fa Marika.
    -Anch’io.- Fa Rosa.
    -Ok, non c’è due senza tre: anch’io ho fame.-
    -Chi va al supermarket?- Chiede Marika, guardando prima me, poi Rosa.
    -No, non contate su di me, io vi ho già fatto troppi favori finora.-
    Eccomi qua. Fuori a un supermercato. Non è possibile… Ah, ma me la pagheranno… e molto cara. Entro e mi avvio vicino al bancone della salumeria. Prima di me c’è una ragazza con una sua amica e stanno parlando.
    -Ma secondo te i Tokio Hotel dopo il concerto fanno entrare noi due nel backstage?-
    -Mah, non lo so. Però ci sono buone possibilità.-
    -Te dici?-
    -Sì, sì,- Faccio una faccia di soddisfazione. Sì, perché andremo io e le mie amiche nel backstage. Anche se io non entrerò con loro, anzi me ne starò per i fatti miei fuori. Le ragazze dopo aver preso i loro panini, si allontanano, dirigendosi verso gli scaffali delle bibite. È il mio turno.
    -Sei panini con salame napoletano.- Faccio io alla signora dietro al bancone.
    -Subito.-
    -Grazie.-
    Aspetto qualche istante. Guardandomi intorno. Come sono strani qui al nord. Anche se non ti conoscono ti salutano e ti fanno domande in modo molto gentile. Molte non se ne fregano di dove sei, sono davvero gentili e soprattutto molto fini e delicati. Sembra che Marika sia nata proprio qui, anche se so che non è vero. La signora mi consegna i tre panini. La ringrazio nuovamente. Vado anch’io vicino agli scaffali delle bibite. Prendo una Red Bull e due Coca – Cola. vado agli scaffali dei dolci. Prendo tre Kinder Bueno. Poi vado alla cassa a pagare. Vado a pagare da quella dove non c’è nessuno. Il tutto mi viene a costare sui dieci euro. Esco dal supermercato e mi avvio verso il Palamalaguti. Dopo un po’ trovo un tabacchino. Entro e compro un pacco di Merit. Esco di nuovo e mi riavvio verso il Palamalaguti. Dato che non so la strada ogni tanto chiedo un’informazione. Finalmente arrivo e non riesco a passare, perché ci sono molte persone. Marika e Rosa mi vedono. Iniziano ad urlare. Ma non si muovono dalla loro postazione. Riesco ad arrivare da loro. Mi siedo a terra, sopra alla tovaglia che abbiamo portato da casa. Apro la busta e distribuisco i panini. Poi passo a distribuire le bibite e infine i Kinder Bueno. Iniziamo a mangiare i nostri panini. Non diciamo una parola. Io mi guardo intorno. Alcune ragazze stanno mangiando come noi, altre continuano a perfezionare i loro cartelloni.
    -Il cartellone che dovrei mantenere io, l’avete finito?-
    -Sì e dopo mangiato te lo faremo vedere. Hai preso anche le sigarette?-
    -Certo, anche se l’altro pacchetto ancora non è finito, non hop voluto rimanerne senza. D'altronde: ”Prevenire è meglio che curare!”.-
    -Oh sì!-
    Apriamo le nostre lattine. Facciamo una specie di brindisi con la Coca – Cola e la Red Bull.
    -Al concerto di stasera!- Fanno insieme Marika e Rosa.
    -Alla mia vita!- faccio invece io.
    Mi guardano un po’ male ma io non me ne frego e bevo la mia Red Bull.
    -Mia, lo sai che la Red Bull è la bevanda preferita di Bill e Tom?-
    -Certo che ‘sti tizi mi copiano pure, eh? Complimenti!.-
    -O forse sei te che hai copiato loro.-
    -Rosa, sai benissimo che a me non piace copiare.-
    -Seee, infatti sono io che copio i compiti a scuola, eh?-
    Scoppiamo tutt’e tre in una risata. Dopo aver finito di mangiare, io mi accendo una sigaretta, mentre Marika e Rosa cacciano il poster che dovrei mantenere io. Lo guardo. È davvero bellissimo.
    -‘Mazzate, è proprio bello. Complimenti.-
    Le mie migliori amiche ne sono felice, d’altronde devo mantenerlo io già a me non piacciono i Tokio Hotel, figuriamoci se mi fossi presentata al concerto con un cartellone che faceva pena. Oh, che tristezza! È il primo concerto a cui vado ed è proprio quello dei cantanti che non mi piaccio. Che pizza!

    Il concerto è iniziato già da mezz’ora. Tutte le ragazze urlano ed io mi sto rompendo i timpani appunto per le urla delle ragazze e, soprattutto, per le canzoni che cantano. Abbiamo preso i posto sotto al parco, in piedi. il cartellone lo alzo poco. Marika e Rosa stanno ancora urlando dalla gioia. Vorrei ascoltare il mio Mp3 con le mie canzoni preferite, ma seppure lo facessi, neanche riuscirei a sentir nulla per colpa del baccano che c’è. Uffi! Perché mi sono lasciata convincere.
    Bill non fa altro che ringraziare e dire frasi metà in tedesco e metà in inglese. Il concerto continua. Non conosco le canzoni, ma una mi colpisce in particolar modo. Tutti sanno le canzoni a memoria e le cantano insieme a Bill. Tom se ne va camminando per tutto il palco. Georg invece rimane fermo per qualche minuto poi inizia a muoversi anche lui. Gustav è l’unico che non può muoversi, perché è dietro la batteria. Cavolo, non mi piacciono, però so a memoria i nomi. Meno male che non mi piacciono. E se mi piacevano? Avrei saputo anche quante volte vanno in bagno? Mah, sono proprio strana. Tom guarda delle ragazze. Poi si sofferma su di me. Su di me?! impossibile! Infatti è impossibile, non mi avrebbe mai notata. Sta guardando quella dietro me. una bella moretta, alta, tutta truccata. Ecco. Marika e Rosa avevano ragione, Tom guarda solo le belle ragazze. Quindi sarebbe stato davvero impossibile se mi avesse guardata.
    Finalmente all’una finisce il concerto, ma per me e le mie amiche la serata non è ancora finita. Dobbiamo andare nel backstage.

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  2. ~NiCkY~
     
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    Bella anche questa ficcy ma devi continuare...:P...voglio sapere :P
     
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  3. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 4
    Non sappiamo dove andare, ma non ci muoviamo dal Palamalaguti. Ora è vuoto. Non c’è più nessuno. Un uomo si avvicina a noi. Parla in tedesco. Io capisco quello che dice. Marika e Rosa un po’ meno. Io gli rispondo. Poi si avvia di nuovo.
    -Mia, ma cosa ha detto?-
    -Ha detto che si chiama Saky, è una guardia del corpo dei Tokio Hotel e che dobbiamo seguirlo.-
    -Wooooooooooooooooooooooooooooooow… Non ci posso credere, il mio più grande sogno che si realizza.- Fa Marika.
    Seguiamo Saky. Siamo un po’ distanti da lui. Percorriamo un grande corridoio. Una ragazza ci guarda. Io la ricasco subito: è la ragazza che Tom ha guardato durante il concerto. Non ha perso tempo il ragazzo. Mi sento un po’ infastidita dal fatto che lei starà con Tom. Caccio questo pensiero subito.
    Continuiamo a seguire Saky. Poi ci fa fermare prima di una porta. Lui la apre entra e la richiude. Noi aspettiamo fuori. Marika si sporge a vedere cosa sta scritto sulla porta. Lo stesso lo facciamo anche io e Rosa: “Tokio Hotel”. È il loro camerino. Quindi Saky gli starà dicendo che stiamo qua fuori. Marika e fanno un piccolo urlo di gioia. Sono emozionate per quello che starà succedendo.
    -Ragazze, io vado a fumarmi una sigaretta, ok?-
    -No, Mia, ci avevi promesso che saresti entrata nei camerini con noi. E poi te sai il tedesco meglio di noi due.-
    -Marika, fumo la sigaretta e vengo dentro e poi c’è l’interprete, non preoccupatevi.-
    Mi avvio verso l’uscita. Apro la porta ed esco fuori. Prendo il pacchetto di Merit. All’improvviso sento il mio cellulare che squilla. Sorrido. Rispondo.
    -Raoul!-
    -Ciao, piccolina. Come butta?-
    -Bene, bene.-
    -E’ finito il concerto?-
    -Sì, ora Marika e Rosa stanno parlando con i Tokio Hotel, io invece sono uscita fuori a fumare, anzi se aspetti un attimo mi accendo la sigaretta...- Prendo l’accendino e me l’accendo. Poi mi siedo su una sedia che si trova al centro. -…Allora, cosa dicevamo?-
    -Stavi dicendo che le tue amiche stanno parlando con i Tokio Hotel. Perché tu non sei con loro?-
    -T’ho detto che sto fumando, poi non mi va.-
    -Ahhh. Ma potresti farlo per le tue amiche.-
    -Ho già fatto tanto per le mie amiche, e poi…- All’improvviso delle mani mi coprono gli occhi. Mi blocco non riesco più a parlare. La voce di Raoul inizia a chiamarmi, io non rispondo. Tocco quelle mani. Sembrano morbide, un po’ ruvide. Sono maschili. La persona che mi copre gli occhi, sta anche ridacchiando. Senza volerlo chiudo la telefonata. Ho ancora la sigaretta in mano. Con uno scatto veloce e violento caccio via dai miei occhi. Mi alzo e mi giro.
    -Ma chi cazzo… Oh!- Davanti a me c’è Tom. Era lui che mi ha coperto gli occhi. Parla in tedesco.
    -Scusa ho sbagliato persona… Ma tu chi sei?-
    -Veramente, sto con delle mie amiche e dovrebbero parlare con voi.-
    -Tu sei l’amica di quelle due che stanno parlando con Bill, Gustav e Georg?-
    -Sì, perché?-
    -Ci avevano detto che la loro amica ancora stava un attimo qui fuori e che soprattutto non ti piacevamo come gruppo.-
    Rispondo in italiano. -Porca puttana, gliel’hanno detto.-
    -Cosa?- Mi dice in tedesco. Rispondo nella sua lingua.
    -No, niente. Quindi ve l’hanno detto.-
    Poi sorride. –Non preoccuparti, tranquilla. Ci hanno detto che ti hanno costretta a venire qui, vero?-
    -Sì.- Io non ho ancora finito la mia sigaretta.
    -Comunque, potevi fumare anche in camerino.-
    -Pensavo che fosse vietato.-
    -No, lo facciamo anche noi. Ti va di entrare?-
    -Ok.- Non finisco la sigaretta, che Tom mi trascina dentro. Percorriamo il corridoio. Lui mi dà la sua mano. Poi incrociamo la ragazza che doveva andare con lui. Lui si scusa e la congeda dicendo le che ora è occupato. Poi si gira verso me e mi sorride. Non avevo mai visto nelle varie immagini che avevano Rosa e Marika che il sorriso di Tom fosse così dolce. I suoi denti sono così perfetti, come lo anche lui, i suoi occhi sono più profondi di un oceano, la sua bocca non troppo piccola e con quel piercing che gli dà un’aria così sexy… Oddio, sto rischiando di innamorarmi perdutamente di lui. Mia, ma cosa dici, te prima di tutto sei innamorata di Raoul, giusto Raoul, io stavo parlando al telefono con lui… Poi se non avrai lui non dovrai avere più nessuno, poi, Tom fa parte del gruppo che detesti di più al mondo, dopo i Finley. Arriviamo fuori la porta del loro camerino. Tom la apre. Fa entrare prima me, poi entra lui. Tutti mi guardano. Marika e Rosa sorridono.
    -Mia!-
    -Ehi!-
    Bill, Gustav e Georg mi guardano con una faccia interrogativa.
    Marika mi presenta.
    -Ragazzi, questa è la nostra migliore amica Mia.-
    -Salve!- Faccio io timida.
    -Accomodati!- Mi fa Bill.
    -Grazie!-
    Mi siedo affianco a lui su un divanetto. Tom si siede accanto a me. oddio che imbarazzo. Certo che Bill è davvero molto bello da vicino, è davvero fighissimo.
    -Quindi tu saresti un’anti – Tokio Hotel, spero che almeno tu non dici che sono gay.-
    -No, non mi piace giudicare le persone solo all’apparenza. Devo ammettere che all’inizio ho pensato che tu fossi una donna, ma quando ho saputo che eri un uomo ho detto che nonostante non mi piacete come gruppo, siete tutti dei bei ragazzi.- Gli rispondo io.
    -Meno male, se ne incontrano poche di persone così.- Mi fa lui nuovamente.
    -Lo so.-
    -Ti è piaciuto il concerto di stasera?- Mi fa Tom.
    -Sì, m’è piaciuto. E’ stato molto bello, ma comunque non vuol dire che iniziate a piacermi come gruppo.-
    -Guarda che non vogliamo piacerti per forza.- Mi fa Tom.
    -Meno male.-
    Il mio cellulare squilla di nuovo. È di nuovo Raoul. Non vorrei rispondere, ma devo chiedergli scusa perché gli ho attaccato il telefono in faccia. Rispondo.
    -Ohi, scusa per prima.-
    -Ma che è successo?-
    -Poi ti racconto, ok?-
    -Ok. Allora che dicevamo?-
    -Senti ora non posso parlare.-
    -Come non puoi parlare?-
    -Sì, è così. Ti va se ti richiamo io domani mattina?-
    -Come vuoi. Allora buonanotte.-
    -Anche a te! Un bacio enorme, appena torno a casa vorrei parlarti.-
    -Anch’io.- Stacchiamo.
    Nella stanza si è creato silenzio. Sono educati questi Tokio.
    -Era Raoul?- Mi chiede Marika.
    -Sì, prima stavo parlando al cellulare con lui.-
    Inka, l’interprete dei Tokio Hotel, gli traduce tutto quello che ci diciamo.
    -Prima che io ti facessi lo scherzetto?- Mi fa Tom ridendo.
    -Sì.- Gli sorrido anch’io. Lo guardo negli occhi e mi sto sciogliendo in quel castano, potrei continuare a guardarli per sempre. Mia, ma cosa dici? Tom e io continuiamo guardarci negli occhi, mentre gli altri stanno parlando. È come se io e Tom stessimo da soli. Sto così bene.
    -Mia, dobbiamo andare, prima che si faccia troppo tardi.- Mi fa Rosa. Mi sveglio dal mio stato di ipnosi.
    -Già andate via?- Chiede Gustav.
    -Purtroppo sì. La pensione dove alloggiamo è a dieci minuti da qui.- Risponde Rosa.
    -Perché non venite nel nostro hotel?-
    -Cosa?!- Faccio io. No, Mia,
    -Sì, dai nel nostro hotel. Vi paghiamo noi tutto.- Insiste Georg.
    -Veramente, non vogliamo approfittarne.- Fa Marika.
    -Non vi preoccupate. Vi accompagniamo a prendere la vostra roba e poi andiamo in albergo.- Fa Bill.
    Oddio, noi che alloggiamo nello stesso albergo dei Tokio Hotel?! Chi ci crederebbe mai. Questo sì che è culo! Mia, ma cosa dici?! Stasera ne sto sparando di stronzate! I Tokio Hotel non ti piacciono.
    Usciamo tutti dai camerini. Percorriamo un altro corridoio. Usiamo dai cancelli del Palamalaguti. Ci fanno entrare in un piccolo furgoncino. Dentro sembra una limousine. Ci sediamo. L’autista chiede il nome della pensione. Glielo diciamo. Dopo un po’ siamo arrivati. Scendiamo io e Marika. Entriamo velocemente. Saliamo velocemente al primo piano. Rimettiamo tutto nelle valigie in modo disordinato. Controlliamo che non ci siamo dimenticati nulla. Poi riscendiamo giù, dirigendoci alla reception. C’è il portiere di sempre. Paghiamo ed usciamo fuori. Ci dirigiamo verso il furgoncino. Entriamo e torniamo a sederci.
    -Avete fatto presto.- Fa Tom, guardandomi.
    -Sì, non volevamo farvi aspettare.-
    Questa volta mi siedo vicino a Bill. Mi sento troppo in imbarazzo accanto a Tom. E nella notte ci dirigiamo all’hotel insieme ai Tokio Hotel.




    Capitolo 5
    La sveglia puntuale alle 9.00. Marika è già sveglia da un bel po’ e lo stesso anche Rosa. Io invece cerco ancora di dormire, ma con loro due è difficile. Fanno un casino enorme. Improvvisamente bussano. Mi alzo. Non ho un pigiama, ma solo una culottes e una canottiera a bretelline, all’americana. I capelli sono in disordine e delle occhiaie che arrivano ai piedi e sbadiglio ogni cinque secondi. In confronto a me quando mi sto appena svegliando, Dante è il più bello del mondo col suo nasone.
    -Mia, vedi te chi è!- Mi fa Marika.
    -Uffi!-
    Mi alzo e mi dirigo verso la porta. Apro senza chiedere chi è. No, non è possibile! Chiudo la porta. Avrò preso un abbaglio. Poi la riapro per vedere se era un abbaglio. Torno a richiuderla. Non era un abbaglio. Tom no, Tom no. Ora ho gli occhi aperti a 360 gradi. Tom non può vedere come sono appena svegliata. Oddio che figura di merda. Bussa di nuovo alla porta. io mi pettino i capelli con le mani. Poi torno ad aprire la porta. cercano di fare una posa sexy.
    -Buongiorno.- Gli dico.
    -Buongiorno.- Mi risponde. –Posso entrare?-
    -Certo!- Lo faccio entrare.
    Si guarda intorno. E’ come se cercasse qualcosa, ma non trova niente. Poi si gira verso me. mi guarda. Lo vedo abbastanza imbarazzato.
    -Ehm… potresti coprirti?-
    -Sì, certo! Ma te non eri quello che si era fatto venticinque ragazze in una notte e poi sei imbarazzato nel vedere una ragazza in culottes?-
    -Sì… però…-
    -Dai, non fa niente. Hai bisogno di qualcosa?-
    -Vedo che vi siete sistemate bene. Noi nella stanza 483 di qualunque albergo ci siamo trovati sempre bene.-
    -Sì, infatti è davvero bella e comoda. E grazie per avercela “donata”.- Gli dico mettendomi un paio di jeans.
    -Figuratevi. È stato un piacere… Scendete a colazione?-
    -Sì, il tempo che la dormigliona si prepari e scendiamo.- Fa Rosa uscendo dal bagno.
    -Ciao, Rosa, vero?-
    -Sì, Rosa. Buongiorno anche a te Tom.-
    Io mi dirigo verso il bagno. Nel frattempo arrivano anche gli altri componenti del gruppo. Si salutano tutti. Faccio tutto frettolosamente, ma a truccarmi ci metto una vita. Bussano alla porta del bagno.
    -Avanti.-
    È Tom in tutto il suo splendore. Riesco vederlo dallo specchio. Mi sorride. Ricambio con il sorriso più bello che io riesco a fare. Si poggia affianco al lavabo. Mi guarda mentre mi trucco.
    -Sei peggio di mio fratello quando ti trucchi, eh?- Sorrido, cercando di non perdere la concentrazione per non sbagliare a mettere l’eyeliner.
    -D’altronde sono una donna.-
    -Giusto. Tu dici che noi non ti piacciamo come gruppo, giusto.- Annuisco. -Allora perché ti trucchi come mio fratello?-
    -Veramente è lui che si trucca come me.-
    -Ah sì?- Annuisco ancora. –Questa ancora non l’avevo sentita… Comunque ti sta davvero bene questo tipo di trucco, risalta meglio i tuoi bellissimi occhi.-
    Rimango a bocca aperta. Cioè, ragazzi, Tom sa che a me non piace il suo gruppo e mi dice che ho dei bellissimi occhi?! E’ strana come cosa. Mmm, mi sa che ha in mente qualcosa. Lo guardo negli occhi. Lui mi sorride. Io questa volta non ricambio il sorriso. Allora comincia a guardarmi serio. Finalmente finisco di truccarmi. Indosso il mio guanto nero di rete, poi i miei bracciali e infine la mia collana con le croci. Tom vuole allacciarmela. Glielo lascio fare. Il tocco delle sue mani sulla mia pelle mi fa rabbrividire, tanto che ho un sussulto. Mi chiede di lasciare i capelli. Mi sfiora la mano nel prenderli. Ho un altro brivido. Il mio cuore batte fortissimo. Non riesco a capire cosa mi stia succedendo. Me li poggia delicatamente sulle spalle. Poi me ne mette alcuni avanti.
    -Ecco, così sei perfetta.-
    Esce dal bagno sorridendo. Io mi giro di scatto. Perché se n’è andato? Voglio che mi sfori ancora. Voglio che mi tocchi ancora i miei capelli. Ma che cazzo stai dicendo, Mia?! Tu vuoi che tutto questo te lo faccia Raoul e non Tom. Io e Raoul ci prendiamo la mano, ma non mi ha mai fatto lo stesso effetto di quando Tom mi ha sfiorato. Che stronzate! Prendo la mia spazzola con un elastico. Mi faccio una coda di cavallo. Poi torno in camera. Saluto gli altri componenti dei Tokio e mi dirigo verso la mia valigia. La poggio sul letto e la apro. Scavo tra i vari jeans e maglioni. Poi prendo quella che mi piace di più. Lascio aperta la valigia sul letto e torno in bagno. Chiudo la porta a chiave, tolgo la canottiera e infilo la maglia. Piego per bene la canottiera e torno di là. Gli altri continuano a parlare. Solo Tom e io non diciamo niente. Metto la canottiera nella valigia, la chiudo e la rimetto nell’armadio.
    Ora sono pronta. Mi metto davanti a loro tutta pimpante. E chiedo se vogliamo scendere. Bill mi sorride. E mi risponde “sì”. Usciamo tutti insieme dalla camera. Scendiamo per le scale. Io e Tom non ci guardiamo neanche. Bill mi ha messo il braccio intorno al collo. Entriamo nella sala da pranzo. Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo tutti cappuccini e cornetti. Tom è seduto affianco a me. Non mi parla. Non so cosa gli è preso.
    -Ragazzi, questa è l’anti – Tokio più simpatica che conosciamo.-
    -E’ vero.- Fa Gustav.
    -Marika e Rosa invece sono le Tokio – fan più simpatiche che conosciamo.- Fa nuovamente Bill. Poi le manda un bacio ad ognuna. Arrossiscono tutt’e due insieme. Facciamo colazione e dopo usciamo. Tutti mascherati loro per non essere riconosciuti. Anch’io ho occhiali da sole e berretto, ma solo perché sto comoda così. Tom continua a non guardarmi. Se ne sta con Marika e Rosa e questo mi infastidisce molto. Bill e Georg hanno tutt’e due il loro braccio intorno al mio collo. Sono davvero simpatici, anche se la loro musica continua a non piacermi.

    Tutta la giornata la passiamo a camminare per tutte le vie di Bologna. Ci facciamo varie foto. Io gli ho chiesto se potevo metterle sul mio blog. Che strano papà in questi giorni non mi ha mia chiamata, dovrà essere con la sua nuova ragazza. Ma chissenefrega, detto sinceramente! Gustav prende il suo cellulare e ci fa dei video. Poi me li manda. Mi raccomanda di metterli su YouTube. Io gli rispondo di non preoccuparsi che appena arriverò a casa domani, sarà la prima cosa che farò.
    Le ore passano velocemente. Infatti si fa anche l’ora che noi dobbiamo andare a prendere il treno per tornare a casa. Questa volta prendiamo quello diretto. Ci accompagnano alla stazione tutti insieme. Prima di entrare nel treno ci chiedono il numero di cellulare. A me lo chiedono Sia Bill, sia Gustav e sia Georg, Tom no, non lo vuole. Vuole solo quello delle mie amiche, e, a questo punto neanch’io lo voglio. Mi sento un po’ triste per questo, ma in fondo io non gli ho fatto niente. È stato lui che tutto d’un tratto ha iniziato a non parlarmi più, Io, Marika e Rosa li salutiamo ed entriamo nel treno. Aspettano finché il treno non parte e ci lasciamo con la promessa che ci chiameremo presto.



    Capitolo 6
    Durante tutto il viaggio di ritorno, le mie migliori amiche commentano questi giorni passati a Bologna, iniziando dal giorno in cui siamo arrivate e finendo ad oggi pomeriggio. Rosa dice che Bill da vicino è ancora più figo, su questo le do ragione, anche se gli altri non sono da buttare. Marika ha chiesto a Georg chi è il suo parrucchiere. Lui prima s’è fatto una risata che non finiva più, poi l’ha fatto venire in albergo e le ha fatto fare i capelli più lisci di un pavimento in marmo. Marika ne è rimasta felicissima, tanto che gli ha chiesto se qualche volta poteva farlo venire a casa in modo da poter avere capelli perfetti sempre. Georg è scoppiato nuovamente a ridere e con lui hanno riso tutti, compresa me. Anche Rosa s’è fatta lisciare i capelli dal parrucchiere di Georg. Quando ha finito di lisciare i capelli a Rosa, mi hanno chiesto se anche io avevo bisogno di lisciarli, io ho risposto che non ne ho bisogno dato che i miei capelli sono già lisci naturali. Marika ha risposto:
    -Georg, lei ha avuto il culo che quando si lava i capelli, le escono già belli lisci. E con la pioggia non si arricciano mai. ‘Sta mazzosa!- E subito e ristoppiata la risata generale. In quel momento ho guardato Tom, anche lui mi guardava. Ho provato a sorridere, ma mi sono intimidita troppo. Rosa continua a dire che non dimenticherà mai questi due giorni. A proposito di Tom. Non ho ancora capito quello che è successo. Non ho capito ancora perché tutto d’un tratto non ha più voluto parlarmi. Perché se n’è stato in disparte da me? Perché non mi ha più sorriso, con quel suo modo dolce? Perché non mi ha proprio guardata tranne quando è successo l’episodio del parrucchiere? Perché non ha voluto il mio numero di cellulare? Perché? Perché? Perché? Vorrei riuscire a capirlo, ma non ci riesco. Eppure io non gli ho fatto nulla. Eppure sembrava che… Oddio, Mia, ma cosa dici?! E’ Tom dei Tokio Hotel! Vuoi mettertelo in testa questo o no?! A te non piacciono affatto i Tokio Hotel. Non ti piacciono. Anche se devo ammetterlo che quella canzone mi ha colpito molto. Cazzo, no! Ho scordato di chiedere a Bill come cavolo si chiamava. Non avrò mai più l’opportunità di chiederglielo. Sento il mio cellulare che vibra. Sarà di certo Raoul, dopo stanotte ancora non abbiamo più parlato. Poi preferisco parlare con lui da vicino. Prendo il mio cellulare e con grande sorpresa scopro che non è lui, ma è Bill che mi ha squillato. Ha squillato anche Marika e Rosa. Queste ultime si accorgono della mia faccia.
    -Ehi, Mia, ma cos’hai?- Mi chiede la prima.
    -Niente, stavo pensando.-
    -A cosa?-
    -A Raoul. Stanotte al telefono mi ha detto che vuole parlarmi.-
    -Ah. Vabbeh, forse vorrà dirti quello che te tanto attendevi.- Fa Rosa.
    -Non lo so. È che il non averlo visto in questi due giorni mi ha fatto pensare a quello che provo per lui. E non sono più sicura di esserne innamorata.-
    -E infatti ti sei consolata con Tom. Abbiamo visto come ti guardava stanotte in camerino. Menomale che non ti piaceva nessuno dei Tokio.-
    -E infatti è così!-
    -Rosa, ma che dici?!-
    -Infatti, se era interessato a lei, l’avrebbe subito portata a letto. Ma ho notato che dopo che, stamattina, mentre te uscivi dal bagno, t’ha guardato. E prima sorrideva, poi ha cambiato espressione. E poi per tutta la giornata non vi siete parlati. Volevo chiederti come mai.-
    -Non lo so neanche io.-
    -Ah, capisco! Comunque, cosa ti ha fatto mettere in dubbio quello che provi per Raoul?-
    -Non so neanche questo. L’ho capito all’improvviso.-
    -Non c’è stato niente che t’ha messo in dubbio?- Chiede Marika seria.
    -Non so.-
    -Ragà, non pensate che sia stato bello conoscerli?- Fa Rosa.
    -Devo ammetterlo e questo mi dispiace, ma io direi di sì.- Faccio io.
    -Mia, te ti sei fusa.- Fa Marika.
    Scoppiamo a ridere tutt’e tre.
    -Ragà, Tom mi ha inviato un messaggio.- Fa Marika.
    Il mio cuore inizia a battere forte. Ma cosa gli prende? Spero tanto che chieda il mio numero. Dio, ti prego, fa che lo chiede. Te ne prego! Marika inizia a leggerlo.
    -“Ciao carissima. Allora siete arrivate a destinazione o ce ne vuole ancora molto? Salutami Rosa.”-
    -Perché ha chiesto di salutargli solo me? Mia, ma cosa gli hai fatto?-
    -Non ne ho idea. Forse perché sono un’anti – Tokio? È solo questa l’unica spiegazione.-
    -No, non penso, perché comunque gli altri ti hanno accettato.-
    -Gli altri! Si vede che a lui sto sulle palle, ok?-
    Marika e Rosa non sanno cosa dire. E neanche io. Ci sono rimasta malissimo. Perché sta facendo così? Non riesco a capirlo.
    Per scacciare questo pensiero brutto pensiero penso a Bill e agli altri due, Georg e Gustav. Loro mi hanno accolta benissimo. Mi hanno fatto sentire subito a mio agio. Non gli è pesato il fatto che non ero una loro fan. Ok, ora basta pensare ai Tokio. Basta! Cavolo il mio anello preferito non l’ho più messo stamattina. Ieri lo misi nel giubbetto. Lo prendo dal sedile affianco al mio. Frugo prima nella tasca destra. Trovo un foglietto piegato più volte su se stesso. Lo apro e lo leggo: “Ciao, è stato un piacere conoscerti… alla prossima!”. È firmato “Tom Kaulitz”. Rimango scioccata. Lo rileggo altre tre volte. Poi alzo lo sguardo e guardo fuori al finestrino. Faccio un piccolo sorriso. Ritorno sul mio anello. Rimetto la mano nella tasca destra del mio giubbetto e ci frugo dentro. Niente, non è qui. Poi frugo nell’altra. Neanche qui. Oh cazzo! Dov’è? Dov’è? Dov’è? Torno a frugare nella tasca destra, poi di nuovo quella a sinistra. Niente! Frugo nelle tasche del jeans. Niente neanche lì. Mi sto agitando. Oddio, quell’anello no. L’ho cercato tanto. Oddio, no! Marika e Rosa notano il mio agitamento.
    -Che hai?- Mi chiede Marika.
    -Non trovo il mio anello. Quello fatto a tre tutti incastonati che uso per il pollice.-
    -Non ricordi dove l’hai messo?-
    -Ieri lo misi nella tasca del giubbetto, ora non c’è più.-
    -Forse sarà caduto.-
    -Uffi! Non sai quanti negozi ho girato prima di riuscire a trovarlo.-
    Finalmente alle 19.30 arriviamo alla stazione di Frattamaggiore. Scendiamo dal treno con trascinando i nostri piccoli trolley. Passiamo per il sotto passaggio, dirigendoci all’uscita.
    I genitori di Marika ci vedono. Marika gli corre incontro. Si salutano. Poi salutano noi. Mettiamo i trolley nel cofano ed entriamo in macchina. La madre di Marika ci fa molte domande a raffica. Marika risponde entusiasta, senza tralasciare nessun particolare. Soprattutto le dice che ci hanno chiesto il numero di cellulare. Accompagnano me per prima. Io li saluto, li ringrazio per il passaggio ed infine scendo. Prendo le chiavi di casa e apro il cancello. Salgo le scale e apro la porta dell’ingresso. Stranamente non c’è nessuno. Né papà e né mia sorella. Vado in tutte le stanze per controllare se realmente non c’è nessuno. Dopo essere andata in tutte le stanze e aver constatato che realmente non c’è nessun, vado in camera mia. È tutto come avevo lasciato prima di partire. Il computer è spento. Il mio cellulare vibra. È un messaggio di Georg: “Ehi, combinaguai, sei arrivata?”. Sorrido, poi gli rispondo e mi preparo per una bella doccia.

    Bologna. Bill, Tom, Gustav e Georg sono nella camera di quest’ultimo a fare il resoconto di come sono andate le date italiane. Tutt’e quattro sembrano molto soddisfatti di com’è andata. E sperano che anche gli altri concerti fuori dall’Italia vadano bene. Poi iniziano a parlare di Mia, Marika e Rosa. Ma si soffermano di più su Mia.
    -Oh, Tokio, Mia m’ha risposto.- Fa Georg.
    -Vai, vai, leggi ad alta voce.- Fa Bill.
    -Sì, allora: “Ma perché mi hai chiamata “Combinaguai”? …Comunque sì, sono appena arrivata a casa mia! Voi come state?”-
    -Una meraviglia!- Fa Gustav.
    Inizia una risata generale.
    -Tom, perché non le rispondi tu col tuo cellulare?- Fa Georg.
    -Non ci tengo proprio!- Gli risponde.
    -Ma come? Ieri quando l’hai portata da noi le tenevi la mano, per non parlare di come la guardavi, poi stamattina non le hai rivolto la parola. Cos’è? Non è voluta venire a letto con te?- Fa sempre Georg ridendo e con lui ricominciano anche Bill e Gustav. Tom fa la faccia infastidita. Si alza e si dirige verso la porta. La apre, esce e la richiude sbattendola. Bill, Gustav e Georg si guardano in faccia con l’espressione di chi non sa cosa dire. In camera sua, Tom si butta sul letto a braccia aperte, chiude gli occhi. Poi li riapre, guardando il soffitto. Mette una mano in una tasca della sua felpa di tre taglie più grandi della sua. Prende l’anello che ha rubato a Mia e lo fissa. Poi richiude gli occhi e chiude la mano a pugno. Se l’è preso quando le ha messo il bigliettino nella tasca del giubbetto. Bill entra in camera e trova il suo gemello disteso.
    -Mi dici che ti è preso all’improvviso?- Gli fa.
    Tom si mette seduto e, senza farsi notare, rimette l’anello in tasca.
    -Niente!- Gli risponde.
    -Come “Niente”?! Allora per quale diavolo di motivo oggi eri così nervoso? Se così si può dire.-
    -Non ho niente, Bill, voglio solo rimanere un attimo da solo, se non ti dispiace.-
    Bill guarda un secondo il pavimento, poi torna a guardare Tom.
    -Ok, non insisto, sai che non mi piace forzarti per farti fare le cose. Se vuoi parlare io ti ascolterò, ok? Sai che ci sono sempre per te.-
    -Grazie, fratellino, grazie.-
    Bill gli si avvicina e l’abbraccia. Tom lo stringe di più. Rimangono stretti così per un po’, poi si staccano e si ricompongono. Bill esce dalla stanza e torna da Gustav e Georg, mentre Tom rimane lì. Si distende di nuovo a braccia aperte. Rimette la mano in tasca e riprende l’anello. Torna a stringerlo nel suo pugno.


    Capitolo 7
    Sono appena uscita dalla doccia e sto in accappatoio. Dalla cucina sento delle risate. Saranno sicuramente mia sorella Anto e mio padre. Vado in camera mia. Dall’armadio prendo un jeans ed una t-shirt a lunghe maniche e inizio a vestirmi velocemente. Metto il mio guanto a rete nero (non manca mai!), i miei bracciali e i miei anelli. Poi accendo il computer e mi connetto ad Msn. Non c’è quasi nessuno. C’è Raoul. Mi trilla. Inizio ad asciugarmi i capelli tra una risposta e l’altra. Mi chiede se stasera esco. Gli rispondo di sì. Allora lui mi ribadisce di volermi parlare. E che è una cosa molto importante. Mio padre e mia sorella, molto probabilmente ancora non si sono accorti che io sono tornata, anche se il rumore del phon dovrebbe averli insospettiti.
    Finisco di asciugare i capelli, mi disconnetto e esco dalla mia camera. Vado in cucina. Trovo mia sorella e mio padre seduti sul divano che stanno ridendo mentre guardano un film di Vincenzo Salemme.
    -Salve!- Faccio io.
    -Mia! Sei tornata, che bello!-
    Mi corre incontro mia sorella. Mi abbraccia forte. è più grande di me di un anno. Ma è come se fosse mia coetanea. Anche lei una fan dei Tokio Hotel. Purtroppo sono circondata da fan, è una persecuzione. Al concerto non è venuta perché no è riuscita a trovare il biglietto. Le avrei donato il mio, ma Marika e Rosa mi hanno detto che se lo facevano mi avrebbero uccisa. Io le ho chiesto cosa cambiava se ci andavo io o mia sorella. Loro mi hanno risposto che volevano la loro migliore amica e non sua sorella, con tutto il rispetto. E per questo mia sorella me la farà pagare cara.
    -Sì, sono tornata da un bel po’, ma voi non c’eravate.-
    -Ciao, Mia.- Mi saluta mio padre. Il suo tono è duro. Com’è sempre lui con me.
    -Ciao, papà! Come ti butta?- Gli dico con un tono più naturale possibile, con cui riesco a nascondere il mio imbarazzo.
    Ricordo ancora l’ultimo litigio che abbiamo avuto. È stato poco prima che io partissi, è stato perché era troppo lontano Bologna. Io gli ho detto che ho quasi diciotto anni e che potevo iniziare a fare quello che mi pare. Lui si è incazzato tantissimo e se n’è andato sbattendo la porta. è da molto tempo che non facciamo altro che litigare. In continuazione., per un motivo o per un altro. Anche in questo momento l’aria è molto tesa fra noi.
    -Va tutto bene. Ti sei divertita?-
    -Direi di sì, anche se non ero entusiasta nel vedere quel gruppo.- Cerco di sorridere. Mi esce una smorfia strana.
    -Mia, mi hai portato gli autografi di tutti i componenti dei Tokio Hotel?- Mi chiede mia sorella.
    -Sì, ora vado a prenderteli.-
    Ritorno in camera mia. Prendo la valigetta che è poggiata vicino al letto. La metto sul letto poggio sul letto e la apro. Frugo dentro cercando il jeans in cui li ho messi. All’improvviso tocco qualcosa di duro. Sembra alta. La tiro fuori dalla valigia. La guardo esterrefatta. È un pacchetto regalo. Cerco di capire cos’è con le mani. Non riesco a capirlo. Sopra c’è anche una bustina con su scritto “Für Mia”. La grafia non è né di Marika e né di Rosa. Allora di chi può essere? Scarto prima il pacchetto. Sono agitata e non riesco a capire il perché. Getto a terra la carta da regalo. No! Non ci credo! È il dvd dei Tokio Hotel “Zimmer 483 – Live in Europe“, e i loro cd “Schrei“, “Schrei (So laut du kannst!)”, ”Zimmer 483” e ”Scream”. Prendo subito il la bustina e la apro. Caccio un foglietto. È tutto scritto in tedesco. Leggo quello che sta scritto. Prima però prendo il vocabolario grande di tedesco per aiutarmi a tradurre il testo. Metto la valigia a terra e mi metto seduta sul letto.
    “Ehi, anti Tokio Hotel combinaguai (da precisare che “combinaguai” ha voluto ci ha costretto Georg di scriverlo!), siamo i tuoi odiati Tokio Hotel. Ti abbiamo fatto questo regalo, non perché vogliamo che tu diventi obbligatoriamente una nostra fan, ma solo per farti un piccolo dispetto. No, dai, stiamo scherzando! Non sappiamo neanche noi perché te l’abbiamo fatto, speriamo solo che ti piaccia. Ora però ti lasciamo. Stacci bene! ciao. Grandi baci!
    P.S.: La lettera è stata scritta da Tom, quindi se ci sono degli errori grammaticali è colpa sua.
    Firmato i tuoi carissimi amici Tokio Hotel!”
    Li metto nel mio diario che ho portato con me. caccio dalla tasca anche il bigliettino di Tom. Lo rileggo ancora molte volte. Poi ripenso alla piccola lettera che mi hanno scritto che stava sul pacchetto. All’improvviso scoppio a ridere da sola. Oddio, che pazzi che sono! Continuo a ridere come una scema. Questa che mi hanno regalato dev’essere la loro discografia completa. Sono matti, ma gentili. Tutti tranne Tom. Dopo un po’ torno alla realtà. Rimetto la valigia sul letto e torno a frugarci dentro. Finalmente trovo i jeans che indossavo ieri sera. Metto le mani nelle tasche. Trovo dei foglietti. Sono quelli degli autografi. Me li hanno fatti stanotte in camerino. Prima di andarcene dal Palamalaguti. È ripiegato più volte su se stesso. Gli ho chiesto di fare delle dediche in inglese perché mia sorella non sa il tedesco. Mentre torno in cucina guardo le dediche. Mio padre e mia sorella sono seduti a tavola e stanno già cenando. Mi siedo accanto a papà e di fronte a mia sorella. Era il posto dove sedeva mia madre. Inizio a mangiare anch’io. Poi do a mia sorella i foglietti con le dediche dei Tokio Hotel. lei me li scippa quasi da mano. Li apre felice. Se li guarda più di una decina di volte. Ride e piange contemporaneamente.
    Dopo aver cenato torno un altro po’ in camera mia, mentre mia sorella già esce. Per me è ancora presto mancano ancora dieci minuti. Esco sempre alle 21.00. Mi ricollego ad Msn. Poi entro nel mio Blog. Controllo se ci sono dei nuovi commenti. Sì, ci sono ma ne sono pochi. Li leggo per far passare il tempo più velocemente. Ad alcuni rispondo, ad altro preferisco non farlo.
    Finalmente si fanno le 21.00. prendo il mio giubbetto dal letto, lo indosso, esco da camera mia e mi dirigo verso la porta dell’ingresso.
    -Io esco!- Faccio a mio padre che seduto sul divano in cucina a vedere uno stupido programma su RaiTre.
    -Dove vai? Quando torni?- Mi fa senza girarsi e guardarmi.
    -Vado in piazza, fuori la caserma dei Carabinieri e tornerò verso le 20.30 massimo 23.00.-
    -Torni da sola?-
    Cerco di risparmiarmi la battuta che mi è appena venuta in mente, almeno per ora, altrimenti potrebbe non farmi uscire.
    -No, mi accompagna Raoul, come sempre, ok?-
    -Ok!-
    -Ciao, papà!-
    -Ciao, Mia!-
    Esco di corsa prima che possa davvero cambiare idea. Scendo velocemente le scale, esco dal cancello e finalmente sono libera. Da casa mia alla piazza ci vogliono cinque minuti. Tengo le mani in tasca. Non perché fa freddo, ma… non so neanche io il perché. Tom, ancora lui. Perché lo penso sempre? È’ da quando mi ha sfiorata stamattina che lo penso e non riesco a capire il perché è tutto così stranamente strano. Sì, stranamente strano. E ora da dove cavolo mi è uscito “stranamente strano”? e poi perché dopo che è stato così dolce con me stanotte e stamattina. Poi il suo avermi sfiorata così dolcemente mi ha fatto rabbrividire. Ma cosa cavolo mi sta succedendo? E Raoul? Perché non è al centro dei mie pensieri? Perché ora al posto suo c’è Tom? Vabbeh, forse ora quando lo rivedrò mi farà lo stesso effetto che mi faceva prima di partire. Finalmente arrivo in piazza. Tutti i miei amici sono seduti sul muretto della caserma. Mi dirigo verso loro per salutarli. Uno per uno. Marika e Rosa non ci sono. Saranno sicuramente sul loro letto a dormire. Per fortuna non ne sono molti.
    -Raoul?- Chiedo ad uno di loro.
    -E’ lì!- Mi indica la fontana. Eccolo lì. È seduto sul muretto della fontana.
    Vibra il mio cellulare. Sarà sicuramente o Rosa o Marika che vorranno chiedermi se sono uscita. Chi mi chiama insiste. Prendo il mio cellulare. Non è né Rosa e né Marika: è Bill e mi sta chiamando. Mi allontano un po’ dai miei amici e rispondo.
    -Bill!-
    -Ehi, finalmente! Ce ne hai messo per rispondere.-
    -Scusa è che stavo salutando i miei amici… Allora come va?-
    -Bene, bene! A te come va?-
    -Direi bene! sono appena uscita.-
    -Come mai? Se posso chiedertelo.-
    -Certo che puoi, comunque perché c’è il mio migliore amico che vuole parlarmi di una cosa molto importante. Tra l’altro io sono innamorata di lui.-
    -Ah! Spero per te che voglia parlarti perché è innamorato di te.-
    -Grazie, sei molto carino. Mia sorella è rimasta contentissima delle vostre dediche.-
    -Ah sì?-
    -Sì… Comunque… Sei da solo?-
    -No, ci sono anche Georg e Gustav con me. tom è di là.- Appena sento il nome “Tom” mi sento bollente. E non so perché.
    -Ah… Domani andrete via dall’Italia, giusto?-
    -Sì. Perché tu e Tom non vi siete proprio guardati oggi?-
    Ecco, l’ha notato anche lui. Era quello che temevo. E ora cosa gli rispondo? Mica posso dirgli che Tom all’improvviso non ha più voluto parlarmi? Anche se è la verità. Forse è meglio che io gli dica la verità, non serve a nulla mentire, su qualcosa che non è mai successo.
    -Mia, ci sei?-
    -Sì ci sono, scusami! …Se devo essere sincera non so neanche io perché tuo fratello non vuole più parlarmi. Stamattina è venuto in bagno mentre io mi truccavo. Abbiamo parlato un po’ e devo ammettere che è stato molto dolce, poi appena io sono uscita dal bagno ha cambiato espressione e, come hai detto te, non mi ha più nemmeno guardata. Non so cosa ho fatto di sbagliato e se davvero l’ho fatto.-
    -Capisco! Ma per caso -mi vergogno un po’ a chiedertelo- ti ha chiesto di fare sesso con lui?-
    -No.-
    -Mmm… Davvero molto strano! Cercherò di capirlo io e magari farti sapere qualcosa.-
    -Grazie, Bill… Grazie anche per il regalo.-
    -Quale regalo?-
    -Come quale regalo?! Bill, i vostri cd e il dvd. È stato un pensiero davvero molto carino da parte vostra.-
    -Spero che li ascolterai.-
    -Certo che lo farò. Ma non vorrà dire che diventerò una vostra fan, sia ben chiaro, li ascolterò solo per curiosità.-
    -E se ti piaceranno le canzoni?-
    -Se mi piaceranno le canzoni, allora inizierò a pensare all’eventualità di cambiare idea sulla vostra musica. Mentre parlo con Bill, all’improvviso mi trovo davanti a me Raoul che mi fa un sorriso a trecentosessanta gradi. ricambio il sorriso e stranamente non mi batte più il cuore all’impazzata come mi faceva prima di partire. Eppure io ero convinta che se l’avessi rivisto, forse mi avrebbe rifatto l’effetto di una volta. Mi limito a salutarlo con un semplice “Ciao” labiale. Preferisco parlare con Bill al telefono ora. Quest’ultimo decide di mettere il vivavoce e, allora entrano nella conversazione anche Georg e Gustav. E passo la serata a parlare, ma non con Raoul da vicino, ma al telefono con Bill, Gustav e Georg.



    Capitolo 8
    Passano i giorni, passano le ore, passa il tempo. A volte passa veloce, a volte lento. Oggi, per esempio, è tutto più lento. Guarda un po’, proprio oggi che vorrei passasse in fretta. Non puoi gestire tu il tempo a tuo piacimento. È lui che gestisce te, te non puoi far altro che fare quello che dice lui. No fai altro che aspettare che la lancetta grande da un minuto si sposti all’altro e quella piccola da un’ora si sposti all’altra. Soprattutto quando hai qualcosa di importante da fare, soprattutto lì il tempo non passa mai. Oggi, più degli altri giorni, vorrei che il tempo passasse in fretta. Lo vorrei proprio oggi che è il giorno del mio compleanno. Oggi compio diciotto anni. Voglio che sia un giorno come un altro. Gli altri non fanno altro che aspettare i loro diciotto anni per fare una mega-festa. Io no. Non amo fare queste cose, ma a casa mia è un po’ difficile che i compleanni siano un giorno come un altro, ma qui a scuola è tutto più semplice, perché non sanno la tua data di nascita, al massimo una persona più ricordarla, al massimo due, ma mai tutte. Per mia fortuna nessuno se l’è ricordato in classe. Marika e Rosa stamattina sono venute in classe e mi hanno detto che hanno preparato delle sorprese per me. Io le ho risposto di non architettare nulla: né feste e né regali. Non se ne sono fregate e, prima che io potessi dirle qualche altra cosa, sono tornate in classe loro. Quelle due hanno un tempismo perfetto. Ieri sera ho parlato a lungo al telefono con Gustav e Georg: sono così simpatici. Mi hanno chiesto quante volte ho ascoltato i loro cd. Volevo fingere di averli ascoltati sì e no una volta, ma non l’ho fatto. Ho preferito non mentire e dirgli tutta la verità, cioè che li ascolto sempre. Mi sa che sto diventando anch’io una Tokio – Fan. L’unica in tutta la mia classe. Ho iniziato a cercare su internet delle loro foto e salvarle. Soprattutto quelle di Tom. Tom. Chissà come sta. Se ogni tanto mi pensa. Se chiede di me a Bill, Gustav e Georg. Se gli viene la voglia di prendere il cellulare di Bill o Gustav o di Georg e prendersi il mio numero e salvarlo sul suo cellulare. Sto diventando patetica, ma non posso farci niente. Da quando l’ho conosciuto, non faccio altro che pensare a lui, anche quando non voglio.
    Subito dopo aver parlato al cellulare ho parlato con mio padre. Ci siamo chiariti. Abbiamo chiarito le nostre incomprensioni, il perché reagisco in un modo, invece che in un altro. Poi ho iniziato a confidarmi con lui. Gli ho raccontato di Raoul, poi di Tom, di Bill, di Gustav e di Georg. Gli ho parlato soprattutto di Tom. È stato tutto molto naturale. E lui non faceva altro che dirmi che sono cresciuta troppo in fretta. Per me, l’aver chiarito con mio padre è stato il regalo più bello che potessi mai ricevere per il mio compleanno.
    Le ora scolastiche sono sempre lentissime. La campanella che ci avvisa che siamo liberi di tornare a casa non vuole proprio suonare. Oggi c’ho solo voglia di dormire fino a domani mattina. Ultimamente con Raoul sto parlando poco e niente. Lo vedo pochissimo e, se devo essere sincera, non me ne frega più di tanto se non lo vedo, anzi per me è meglio se non lo vedo. Non gli ho parlato di quello che successe in albergo con Tom la mattina dopo il concerto.
    Guardo l’orologio. Finalmente sono le 12.30. Tra cinque minuti dovrebbe suonare la campanella. Nel frattempo inizio a prepararmi lo zaino.
    -Signorina Mozzillo, le interessa molto la lezione, sicuramente non vede l’ora di correre a casa a studiarla, vero?- Mi fa il professore di Filosofia.
    -Detto molto sinceramente, di questo filosofo di cui, tra l’altro, non ricordo neanche il nome, e di tutta la filosofia in generale, non mi frega proprio niente!- Faccio io sfacciata.
    -Mmm… Quindi potrei dire che della in generale scuola le frega poco e niente.-
    -Direi di sì, sì!-
    -E come mai quando vedo le sue pagelle noto voti così alti? Eppure ha appena detto che non le frega della scuola.-
    -Lo faccio solo per non deludere mio padre.-
    -Ah sì? Che bello! Lo fa per non deludere suo padre. Allora perché…- La campanella mi salva. Il prof ci dà l’assegno. Esco velocemente dalla mia classe e mi dirigo verso quella di Rosa e Marika. Aspetto per qualche minuto. Tutti gli studenti corrono per i corridoi, si chiamano. C’è chi è felice per un’interrogazione o un compito andato bene e chi piange per un’interrogazione o un compito andato male. Mi giro un po’ dietro. Il prof. di Filosofia che si dirige verso me verso l’uscita di emergenza che si trova di fronte a me. Il mio cellulare vibra. Lo prendo. È un messaggio. Lo apro. È il messaggio della Tim. Qualcuno si ferma di fronte a me. Alzo lentamente la testa. È il prof. di Filosofia. Gli sorrido timidamente. Lui invece è serio. Poi mi fa un sorriso beffardo.
    -I cellulari, a scuola, devono stare spenti.- Mi fa con aria di sfida.
    -Preferisco tenerlo sul silenzioso. Non mi piace tenerlo spento.- Anch’io lo sto sfidando.
    -Vede, signorina, anche se non le importa della scuola non vuol dire che lei debba ignorare le sue regole.-
    -Ma io non le ignoro, solo che mi dà fastidio il cellulare spento.-
    Non gliela do vinta. Si arrende e decide di andarsene. La porta della classe delle mie amiche è aperta. Mi affaccio. No, non c’è più nessuno. Cavolo! Oggi Marika e Rosa all’ultima ora avevano Educazione Fisica. Ok. Scendo di corsa le scale, anche se c’è molta gente ed è molto difficile passare. Mi guardo intorno. Non le vedo. Ok, ora vado a vedere in palestra. Entro. Non c’è più nessuno manco qui. Ma dove cazzo sono andate? Perché non mi hanno aspettato? Ok, tanto vale che me ne vado. Percorro il cortile della scuola. Oh, cazzo devo muovermi altrimenti perdo il pullman. Cammino un po’ più velocemente. Non c’è quasi più nessuno per strada. Mi incammino nella strada dove ci aspetta il pullman. Questa me la pagano. E si aggiunge alla lista di tutti favori che ho da chiedere a tutt’e due.
    Qualcuno mi blocca il braccio e, prima che io possa girarmi mi mette le mani sugli occhi. Metto subito le mani sopra a quelle della persona che mi sta tappando gli occhi. Le tocco. Cerco di trovarle qualcosa che possa essermi familiare. Queste mani le ho già toccate.
    -Mia!- Mi sussurra.
    È una voce maschile. Molto bella. E molto familiare. E’ una voce che volevo riascoltare da molto tempo. Tolgo le mani con dolcezza. Mi giro. Sì, è lui.
    -Tom! Tom Kaulitz!-
    È Tom. Non ci credo, non ci credo! È un sogno. Ha gli occhiali da sole neri, il suo immancabile cappello con la visiera. Mi sorride. Lo abbraccio forte. Mi è mancato molto. Non ci stacchiamo. Ok! Ora basta!
    -Come stai?- Mi chiede.
    -Bene, bene, e te?-
    -Non mi lamento.-
    Mi abbraccia di nuovo. Lo stringo più forte. come se avessi paura che potesse scappare da me da un giorno all’altro.
    -Mia, devi seguirmi.- Mi fa mentre stiamo ancora abbracciati. Poi ci stacchiamo.
    -Dove?-
    -E’ una sorpresa!-
    -Una sorpresa?-
    -Sì, sì! Tra un po’ lo capirai!-
    Mi prende la mano e mi porta con sé. Abbiamo cambiato la direzione. Ci dirigiamo verso piazza San Pasquale. Vedo un pullman fermo sotto i porticati. Oddio mi sembra davvero di sognare, ma, invece, è la realtà. Gli chiedo dove sono gli altri componenti del gruppo, lui mi risponde di non preoccuparmi. Non devo preoccuparmi?! E che risposta è “non preoccuparti”?! Boh, io non ci sto capendo più niente. Qui c’è qualcosa di strano. E poi, come fa a sapere di dove sono? Come fa a sapere io dove vado a scuola? Come ha fatto ad arrivare fin qui? Oddio, questo è davvero un sogno! No, io non sto sognando! Il pullman è ancora lì fermo. Tom inizia a correre e mi trascina. Gli stringo la mano per non perderlo. Arriviamo al pullman. Lui sbatte la mano. Dopo un po’ la portiera si apre. Fa salire prima me, poi sale lui. Mi guardo intorno. Più che un pullman mi sembra una casa. La portiera si chiude. Lascia un secondo la mia mano, passa avanti e la riprende. mi fa fare il “giro turistico” per tutto il pullman. Nel frattempo il pullman ha iniziato a camminare. Questo dev’essere sicuramente il pullman che usano per gli spostamenti durante i loro tour. Dopo avermi fatto “visitare” tutto il pullman, mi porta in quella che lui e gli altri componenti del gruppo chiamano “sala relax”. Lì trovo Marika, Rosa, Bill, Gustav e Georg seduti su un divanetto. Ci vedono arrivare. Gli ultimi tre vengono ad abbracciarmi. Mi stringono così forte da farmi mancare l’aria. Tom mi lascia la mano. Mi danno baci sulle guance. Mi dicono che sono felici di rivedermi e che non sono cambiata affatto. Anch’io sono felice di rivederli e anche loro non sono cambiati affatto. Finalmente mi lasciano respirare. Uff… inizia la raffica di domande: come stai?, cosa hai fatto?, sei felice di rivederci?. Tom se ne esce con:”Sei fidanzata?”. Rimango impietrita da quella domanda. È strano da parte sua. Soprattutto dopo che il giorno in cui dovevo ripartire non mi ha degnata di una parola. E neanche di uno sguardo. Se me ne fossi ricordata quando l’ho visto prima, non l’avrei abbracciato così forte e con tanto entusiasmo.
    -Mia, togli zaino e giubbetto e siediti vicino a me.- Mi dice Bill.
    Obbedisco. Poso lo zaino a terra e mi libero del mio giubbetto. Poi mi faccio fare posto fra lui e Georg. Tom si siede affianco a Rosa. Iniziamo a parlare del più e del meno. Non so dove stiamo andando e, se devo essere sincera, non me ne frega proprio. Comunque è meglio avvisare mio padre. Prendo il cellulare. Prima che io componga il numero Marika mi dice:
    -Se vuoi avvisare tuo padre, lascia stare, sa già tutto. Lo abbiamo avvisato ieri pomeriggio.-
    -Avete programmato tutto ieri pomeriggio?-
    -Nooo, da una settimana.-
    -Oddio!-
    Sto per posare il cellulare quando mi compare la chiamata di Raoul. Bill mi strappa il cellulare di mano. Lo spegne e se lo mette in tasca.
    -Oggi non sei rintracciabile. Oggi tutt’e tre siete solo per noi. E tu, Mia, se era Raoul, ti consiglio, non cagarlo più: è solo un cretino. Non permettergli di trattarti come gli pare.- Mi fa Bill con il suo modo di fare sempre fraterno. Gli ho raccontato tutto di Raoul. Sia a lui e si a Georg e Gustav.
    -Sappiamo che oggi è il tuo diciottesimo compleanno.- Mi fa Georg. Annuisco timidamente.
    -Ed è soprattutto per questo che siamo qui, per fartelo festeggiare nel miglior modo possibile.- Mi fa Gustav. Sorrido timida.
    -Allora, visto che oggi è la tua giornata, ogni tuo desiderio per noi è un ordine.- Questa volta è Tom che parla. Lo guardo, anche lui mi guarda.
    -Dite sul serio?- Annuiscono tutti. –Marika e Rosa lo fanno già, perché mi hanno trascinato al vostro concerto con la forza.-
    -Ma se non l’avessero fatto tu ora non ci conosceresti e non saresti qui.- Fa ancora Tom. Torniamo a guardarci. Ha degli occhi così profondi e belli. Ok, penso che sia il caso di staccare gli occhi da lui.
    -Su questo ti do ragione, ma comunque resta il fatto che mi hanno costretta e, quindi devono pagarla.-
    Guardo con aria diabolica Marika e Rosa. Loro si fanno minuscole. E, questa volta senza volerlo mi trovo a guardare Tom e anche lui fa la stessa cosa, solo che non so se lo ha fatto apposta o no. Ancora non ho avuto l’occasione di chiedergli perché ce l’aveva con me quel giorno. Perché non mi ha chiesto il numero. Perché non mi mandava i suoi saluti nei messaggi che inviava Marika e Rosa. L’occasione l’ho avuta prima, solo che me ne sono completamente dimenticata. Ok, ora cercherò un modo per rimanere sola con lui. Sì, ma come? Siamo in un pullman e ci sono i miei amici. Ho comunque un pomeriggio intero a disposizione e in un pomeriggio può succedere di tutto. Tom si alza e se ne va. Io faccio la stessa cosa. Ma prima vado vicino al mio zaino, lo apro e prendo il mio diario. Non so in quale parte del pullman sia andato. Vabbeh, lo cercherò. Lo trovo quasi subito. Sta aspettando che la sua PlayStation si accenda. È’ semi sdraiato sul letto. Alza lo sguardo mi vede e sorride.
    -Posso sedermi?- Gli faccio indicando il letto col dito.
    -Prego!- Mi fa posto togliendo i piedi.
    Mi siedo tolgo le molle dalla mia Smemoranda e lo apro. Alla prima pagina, dopo la copertina c’è il suo biglietto, quello che mi lasciò nel giubbetto il giorno dopo il concerto. Lo prendo mi giro verso lui e lo guardo. Anche lui mi guarda. Sto per metterglielo sotto il naso, ma mi blocco subito. Lo tengo stretto in mano. Poi lo metto in tasca.
    -Ci facciamo una partita?- Mi chiede.
    -Sì!- Ci sorridiamo a vicenda.
    Ecco, Mia, ora potevi chiederglielo. Perché non l’hai fatto? Che imbecille che sono. Tom si inginocchia per fare qualcosa. Il suo viso è a due centimetri dal mio. Non so cosa stia pensando di fare. Attacca un altro Joystick alla Play. Mentre sta per tornare al posto improvvisamente si blocca, rimanendo a due centimetri da me. ci guardiamo. E per la prima volta mi sento guardata nel modo che piace a me e in cui nessun ragazzo ancora mi ha guardata. Si avvicina ancora di più e tutto sta diventando così meravigliosamente pericoloso. Stiamo per baciarci.
    -Tom!-
    Ecco, lo sapevo, c’era la fregatura. Ci giriamo entrambi. È Georg.
    -Tempismo perfetto, Georg!- Fa Tom a bassa voce. Io faccio un piccola risata che traduco in tosse.
    -Cosa?- Gli chiede.
    -Niente, piuttosto, che c’è?- Fa ancora Tom.
    -Volevo sapere dov’eri, o meglio, dov’eravate.-
    -Stiamo facendo una partita alla PlayStation, vero, Mia?-
    -Sì, stiamo giocando, giusto!- Faccio io subito.
    -Con il televisore spento?- ci chiede Georg.
    Io e Tom ci guardiamo, non sapendo bene cosa dire. Poi guardiamo il televisore.
    -Giusto, lo accendo subito.-
    Cerco il pulsante di accensione. Ma non c’è il telecomando? Lo trovo e lo premo. Davanti a me compare il menù del gioco. Poi mi rigiro verso Georg e faccio il sorriso più smagliante possibile. Georg decide di andarsene. Scuote la testa. Tom e io torniamo a guardarci negli occhi e scoppiamo a ridere. Dopo un po’ torniamo seri. Tom mi mette la mano dietro la nuca e riavvicina la sua testa alla mia e mi chiede dolcemente:
    -Dove eravamo rimasti?-
    Io indietreggio e gli rispondo:
    -Che dovevamo fare la partita.-
    -Ah, sì… Ehm, giusto…-
    Indietreggia di nuovo. Questa volta si mette seduto. Mia, ma cosa hai fatto? Tom voleva baciarti e te che fai, pensi alla partita? Complimenti, Mia, hai dimostrato che il tuo stato di imbecillaggine è più alto di quanto si pensasse! Apparte che la magia, purtroppo, si è spezzata. Ma, poi, perché penso a questo? Fino a poco tempo fa non mi parlava e ora vuole addirittura baciarmi. Ok, prima scopro perché sì è comportato in quel modo e prima potrò far sì che la situazione del bacio si ripeta. Ora dipende solo da lui. Voglio proprio sapere cosa mi dirà quando glielo chiederò.



    Capitolo 9
    Questo è uno dei momenti che vorrei non passassero mai. Prima volevo che passasse il più presto possibile, mentre ora voglio vivere questo momento per sempre e, invece, sta passando in fretta e furia. Tom e io ci stiamo divertendo come matti alla Play. Io sono una schiappa, ma Tom non è che è più bravo di me, anzi direi che peggio. Le sue gambe sono piegate e aperte, in mezzo sto sdraiata io e la testa è poggiata sul suo petto. È così forte. Insieme stiamo bene e ci divertiamo, mi diverto di più di quando sto insieme a Raoul. È anche molto dolce e mi fa sentire protetta. So che lo conosco da pochissimo, ma è tutto talmente naturale, nel senso che non conoscendolo bene ho già capito molte cose di lui. Voglio rimanere così per sempre.
    -TOOOOM, MIAAAAA!-
    E’ la voce di Bill. Non faccio in tempo a rialzarmi, che lui è già davanti a noi.
    -Bill, che c’è?- Gli chiedo con voce un po’ imbarazzata per la nostra posizione. Mi alzo subito, anche se Tom cerca di trattenermi per rimanere in quella posizione.
    -Mia, devi venire di là con me.-
    -Di là dove?-
    -In sala relax.-
    -Perché?-
    -Ora lo vedrai.-
    Bill mi alza, mi prende la mano e mi trascina con sé. Arriviamo in sala relax.

    Tom prima di andare anche lui in sala relax sbuffa e chiude gli occhi per un po’ di tempo. Prende un cuscino da sotto la sua testa e lo lancia contro la parete del letto di fronte.
    -Bravo, Bill, proprio ora dovevi farla venire con te? Avete tutti un tempismo perfetto.-
    Decide di alzarsi e andare anche lui in sala relax, ma prima spegne sia la PlayStation, poi la televisione.

    Dopo un po’ arriva anche Tom. Bill parla con Marika e Rosa. Queste ultime prendono qualcosa dal loro zaino. Gustav e Georg parlano fitto. Ok, ora basta!
    -Mi dite cosa diavolo succede?- Chiedo io con voce un po’ nervosa.
    -Niente, Mia, ora devi andarti a preparare.- Mi fa Gustav.
    -Che vuol dire “devi andarti a preparare”? Non capisco!-
    -Vuol dire che devi farti una bella doccia e devi cambiare vestiti.- Mi spiega Georg.
    -Ma dove li prendo altri vestiti? Io ho solo questi ora. E non credo che i vostri vestiti mi entrino.-
    -Non preoccuparti, Mia, abbiamo preso tutto ieri pomeriggio a casa tua: vestiti, shampoo, doccia schiuma, biancheria intima, eccetera eccetera.- Mi risponde Marika. Sono esterrefatta. Una busta, dove dovrebbero esserci tutte le cose che potrebbero servirmi.
    -Il bagno Tom te l’ha mostrato, vero?- Faccio cenno di sì con la testa. -Bene, allora non uscire finché non sei pronta.
    -Io continuo a non capire. Perché devo prepararmi? Dove dobbiamo andare?- Chiedo io.
    -Ancora?! Tu ora vai a lavarti e, quando sarà il momento, ti spiegheremo tutto.- Mi fa Bill.
    Mi prende la mano e mi trascina con sé. Penso che mi stia portando nel piccolo bagno del pullman. Mi spinge dentro e chiude la porta sbattendola. Guardo la porta e non riesco a capire. Ok, farò come mi dicono. Inizio a spogliarmi. Tolgo bracciali, collane, anelli, e il mio guanto. Entro nella doccia e cerco di rilassarmi. Anche se mi è un po’ difficile, perché ho paura che possa entrare qualcuno da un momento all’altro. Chissà cosa stanno architettando tutti. Vorrei tanto che ci fosse anche mamma ora, per poterle raccontare tutto.

    -Ok, ora possiamo parlare. Ha appena aperto l’acqua.- Fa Bill.
    -Marika, il padre di Mia è già al locale, vero?- Chiede Tom.
    -Sì, sta preparando tutto insieme all’altra figlia.-
    -Anche Andreas è lì ad aiutarli. Quindi, già stiamo a metà lavoro. Tom, Georg, avete accordato i vostri strumenti?- Fa nuovamente Bill.
    -Sì!- Risponde Georg.
    -Io ancora no!- Risponde invece Tom.
    -E cosa aspetti? Che passi il treno?- Fa Gustav.
    -Ok, ora vado.- Fa Tom scocciato. Poi si alza per tornare dov’era prima, quando stava giocando alla Play, lasciando gli altri a parlare della festa a sorpresa. Passa fuori al bagno. Si ferma un attimo. Sente l’acqua della doccia che scorre. Vorrebbe tanto aprire quella maledetta porta e andare da lei. Andare da lei e baciarla. E farlo lì, sotto la doccia. Mentre pensa a tutto questo, sorride. Un sogno che certamente non si realizzerà mai. Arriva al suo letto. Si sdraia un attimo sul letto. E pensa. Pensa a Mia. A Mia sotto la doccia. Mia mentre si insapona. Con gli occhi chiusi e si rilassa. Mia mentre si strofina. Mia mentre lava i capelli. Mia che tocca i suoi capelli. Mia che lo chiama. Mia che lo vuole. Mia che vuole solo lui e non quel Raoul. Il suo migliore amico. mia che lo trascina sotto la doccia. Mia che lo spoglia. Vuole quella Mia. Ok, basta è ora di accordare la chitarra. Si alza dal letto, prende la chitarra dal letto di Georg, le leva la custodia. Inizia ad accordarla. Continua a pensare. Pensa che è la prima volta che si innamora. Non era mai successo prima d’ora. Ancora non l’ha detto a nessuno, neanche al suo amato fratello. Penso che è ora di dirglielo, aspetta solo il momento giusto, appena saranno da soli. Poi dichiarerà il suo amore a Mia. Improvvisamente si ricorda delle canzoni che ha cantato lui: Sex e Ich liebe Dich.

    Sala relax. Tutti si sono già preparati prima di Mia. Solo Marika, Rosa e Bill si stanno truccando.
    -Ragazzi, non avete notato niente tra Mia e Tom?- Fa Georg.
    -No, perché?- Risponde Rosa.
    -Quando prima sono andato a cercarli, stavano per baciarsi.-
    -No, dai. Dici sul serio?- Fa Marika sbalordita. Georg fa sì con la testa. ¬-Questa sì che è una bella cosa.-
    -Georg ha ragione, quando sono andata a chiamare Mia, erano in una posizione davvero…- Fa Bill.
    -Davvero come?- Chiede Rosa.
    -Come dire? Diciamo, come se stessero insieme.-
    -Wooow!- Fa Marika. E insieme a lei anche i Tokio Hotel.
    -Ok, però ora pensiamo alla festa, ok?- Fa Georg.
    -Bill, chiama Andreas.- Fa Gustav.
    Bill prende il cellulare e chiama. Si accordano per l’orario. Gli chiede come vanno i preparativi. Se ci sono il padre e la sorella di Mia. Anto è entusiasta perché vedrà i suoi miti per la prima volta dal vivo.

    Esco dalla doccia. Prendo l’accappatoio che era nella busta della mia roba che hanno rubato da casa mia. Mi asciugo. Cerco di farlo il più veloce possibile. Inizio a vestirmi. Metto prima le mie culottes, poi il reggiseno. Inizio a mettere il mio guanto e i bracciali. Infilo i miei jeans strappati e la camicia. È il mio completo preferito e Rosa e Marika lo sanno troppo bene. Bussano. Io ancora non ho finito di abbottonare la mia camicetta, anzi direi che non ho ancora iniziato. Aprono prima che io possa rispondere. È Tom. Ma perché mi cerca solo quando sono in bagno. Le voci di Marika e Rosa rimbombano nella mia testa: “Tom è un playboy: con le ragazze vuole solo scopare!”. Ecco svelato il mistero. Ma io non gliela do, che se lo metta bene in testa. Si poggia alla parete e mi guarda. Inizio ad abbottonare la camicetta guardandomi allo specchio. Prendo i miei anelli e li infilo nelle dita. Poi prendo la mia collana perle nera. Infine prendo quella con tutte croci e faccio per abbottonarla. Tom viene dietro me e cerca di abbottonarmela. Questa volta rifiuto, ma insiste. Ok, Tom hai vinto te. Con la mano destra alzo i capelli ancora bagnati. Come l’altra volta, il suo sfiorarmi mi fa venire i brividi. Arrossisco pesantemente. Il mio cuore batte forte. Spero che non mi stia guardando da dietro. E come potrebbe? Mi sta allacciando la collana. Dopo averlo fatto poggia la sua mano sulla mia, quella che tiene i capelli su. Il mio cuore inizia a battere ancora più forte. Potrebbe andare in tachicardia, potrebbe venirmi addirittura un infarto. Ci guardiamo negli occhi dallo specchio. Arrossisco sempre di più. La sua mano è ancora sulla mia. Me l’accarezza dolcemente. Oddio, ora svengo, ora svenga! Anzi molto peggio, ora muoio! Me lo sento sto per morire! Ok, sto esagerando. Ok, sto per svenire. Lascio i miei capelli nella sua mano. La mia scende giù piano. Raggiunge l’altra. Tiene ancora i miei capelli alzati, poi, come l’altra volta, li lascia cadere delicatamente sulle spalle. Si avvicina al mio orecchio.
    -Hai davvero un bel collo! Chiaro, liscio, delicato! …Vuoi che ti asciughi io i capelli?-
    Me lo dice piano, sussurrando, come se fosse un segreto. Non riesco ad aprir bocca, sono completamente immobilizzata. I suoi occhi continuano a guardarmi attraverso lo specchio. Oddio, ma che mi succede? Perché mi sento così? Perché ho i brividi ogni volta che mi sfiora? Perché divento volgarmente rossa in viso? Tom non sorride, è serio. Faccio cenno di no con la testa. Poggia la testa sulla mia spalla e mi abbraccia. Inizia a baciarmi il collo. Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare. Lo fa dolcemente. E mi piace, sì, mi piace. Poi passa all’altro lato. Metto le mie mani sulle sue che mi stringono in vita. Poi si ferma. Apro lentamente gli occhi. Ci guardiamo alo specchio per un po’. Poi si stacca da me e si rimette poggiato alla parete. Mi guarda da lì. Ok, Mia, è il momento. Fallo ora.
    -Tom, posso chiederti una cosa?- Gli faccio guardandolo negli occhi.
    -Tutto ciò che vuoi.-
    Sono un po’ imbarazzata. Mia sta tranquilla. Chiediglielo su.
    -Perché dalla mattina dopo che ci siamo conosciuti per tutta la giornata non mi hai rivolto la parola?-
    Tom ride. Ride?! Come ride?! Perché ride? Mica gli ho chiesto: ”Andresti a letto col mio migliore amico”?!
    -Perché ridi?- Gli chiedo.
    -Per la risposta alla domanda che mia hai fatto. Non immaginavo neanche che me l’avresti chiesto.-
    -Perché?-
    -Perché ho visto che, comunque, quando mi hai visto quando ti sono venuto a prendere, hai fatto finta di niente… Non so come reagirai quando ti spiegherò il perché del mio comportamento di quel giorno.-
    -Che vuoi dire?-
    -Niente…-
    -Come niente?!-
    -Se mi ascolti… Allora… Ricordi che prima che io uscissi dal bagno, quando tu ti stavi preparando, ti aggiustai i capelli e ti dissi: “così sei perfetta!”?-
    -Sì, lo ricordo, e allora?-
    -Ecco, quando tu uscisti dal bagno la prima volta ti vidi con i capelli legati. In quel momento non perché pensai che te l’eri legati solo perché dovevi finire di prepararti e i capelli davanti potevano darti fastidio. Ma quando uscisti la seconda volta, sempre con i capelli legati, e dicesti che eri pronta e mi offesi.-
    Rimango pietrificata. Cosa?! Cosa?! Cosa?! Cosa?! Cosa?!
    -COSA???????????- Gli urlo. -Te ti sei offeso solo perché io ho legato i capelli invece di tenerli sciolti come hai detto te?!-
    -Sì!- Fa lui ridendo. -So che è ridicolo, ma è così!- Continua a ridere.
    -Oddio, oddio, oddio, oddio, oddio!- Metto le mani nei capelli. Sto per strapparli dalla testa. -Te sei pazzo! Te non ragioni! Te non stai bene! Ma dico io che cazzo te l’hanno messo a fare il cervello? Per far prendere forma al cervello? Anzi, penso proprio che te non ce l’hai un cervello! M’hai fatto credere di averti fatto chissà che e invece… Più ti guardo e più mi viene voglia di ucciderti e, giuro che lo faccio!-
    Mi ricordo del bigliettino. Prendo i jeans che ho tolto prima. Metto la mano nella tasca e lo prendo. Glielo metto sotto al naso e gli dico:
    -E questo cosa vuol dire, eh?-
    Lo prende in mano, mi guarda e poi legge il bigliettino. Sorride. Come sorride?! Ma questo è scemo col GPS!
    -Ce l’hai ancora? Non l’hai buttato?- Mi chiede.
    Rimango allibita.
    -Mi dici che vuol dire?!-
    -Quello che ho scritto, cioè, mi ha fatto davvero piacere averti conosciuta.-
    Mi appoggio al lavandino. Metto le mani sul viso. Poi scendono sulle ginocchia. Sbuffo. Poi lo guardo. Anche lui mi guarda. Ha una faccia offesa. Cerca di sorridermi. Scuoto la testa. Poi rido. Subito dopo torno seria. Lo guardo.
    -Esci fuori!- Gli dico calma.
    -Come?-
    -Esci fuori, adesso!- Il tono della mia voce inizia ad essere più alto.
    -Perché?-
    -Perché?! Perché?! Perché?! Hai anche il coraggio di chiedermelo?! anche il coraggio di chiedermelo?!- Ora sto urlando. Lo spingo fuori con la forza. Lui cerca di fermarmi. Non ci riesce. Gli sbatto la porta in faccia. Mi poggio sulla porta, prima solo la schiena, poi poggio anche la testa e chiudo gli occhi. Do dei pugni sulla porta. Sbuffo. Non so se ridere o piangere. È tutto così assurdo. Che stronzo! Che stronzo! Che stronzo! Che stronzo! Che stronzo! Poi ci ripenso e inizio a ridere, come una scema. Torno a prepararmi. Indosso prima le scarpette, le mie DC Shoes. Poi inizio a truccarmi cercando di essere precisa.

    Tom è ancora dietro la porta. Anche lui è poggiato alla porta. Sta ridendo. Ride piano però, non vuole farsi sentire da lei. Però sente ridere lei ed è più sollevato. Quando ha sentito i pugni s’è un po’ spaventato. Vuole aspettare che si calmi. Ora, anche se ride, potrebbe comunque ucciderlo. È meglio aspettare qualche minuto.

    Dopo essermi truccata, passo ad asciugarmi i capelli. Bussano di nuovo. Neanche questa volta Mia fa in tempo a dire avanti, che già hanno aperto la porta. È ancora Tom. Ancora?! Ma vuole capirlo che non voglio più vederlo?!
    -Ok, hai ragione! Ho sbagliato e mi dispiace, non puoi nemmeno immaginare quanto, ma ho reagito d’impulso, non volevo trattarti in quel modo intenzionalmente, davvero!-
    Rimango un po’ allibita, non so se credergli o no.
    -Tom… Io… A me dispiace per come ho reagito prima, so che è stata esagerata, ma anche te hai esagerato, non pensi?-
    -Sì, sì, sì, sì, hai ragione e non devi essere tu a scusarti, ma io. Ti chiedo umilmente perdono… Ora voglio solo chiederti una cosa.-
    -Cosa?-
    -Di ricominciare dall’inizio, di fare finta che tutto questo non sia mai successo. Ti chiedo di ricominciare dalla notte in cui ci siamo conosciuti, anzi no da quando sono uscito dal bagno, quel giorno.-
    -Sai che mi stai chiedendo molto, vero?-
    -Sì, lo so. E so anche che ora mi giudichi uno stronzo viziato, ma se accetterai la proposta, io giuro che farò di tutto per non sbagliare.-
    Mi porge la mano determinato. Gliela guardo. Ha le dita lunghe, da chitarrista, le ha come piacciono a me. Non sono del tutto sicura di quello che sto facendo. Ok, va bene! Accetto la sua proposta. Lo guardo negli occhi. Mi sorride. Sorrido anch’io. Si avvicina a me e mi abbraccia forte. Anch’io lo stringo. Il mio cuore torna a battere forte. La rabbia se n’è andata. Vorrei tanto baciarlo. Mia, ma che dici?! vuoi baciarlo?! Mi stacco timidamente da lui e, sempre timidamente, gli sorrido. Torna a poggiarsi alla parete, mentre io mi asciugo i capelli.
    -Ma perché non me l’hai detto quel giorno?- Gli domando.
    -Ero offeso…- Lo guardo male. -Ok, non ero offeso, ci sono rimasto male.-
    Questa volta li terrò sciolti come vuole lui.
     
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  4. ~NiCkY~
     
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    Ma questa ficcy è bellissima e poi tom è tenerissimo...continua presto ;)
     
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  5. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 10
    Il pullman si è appena fermato e Tom mi sta bendando con una delle sue fasce, che indossa sotto al suo cappellino. Sento il suo odore, o meglio, il suo profumo. Gli altri sono scesi prima di me. tom mi dice di stare attenta a non inciampare. Con una mano mi tiene la mia e con l’altra tiene stretta la fascia davanti ai miei occhi in modo che questa non me li scopra. Ci dirigiamo verso la portiera piano, senza correre. Dovremmo essere arrivati alla portiera. Qualcuno la apre. Lui mi lascia un attimo, cerca di passare avanti. Scendiamo pian piano. All’ultimo scalino mi lascia ancora un po’ la mano. Faccio per scendere lo scalino e poggiare il piede a terra, ma Tom mi prende in braccio. Faccio un piccolo urlo, poi sorrido, non so se anche lui sta facendo la stessa cosa. Gli metto una mano sul viso e gli do un bacio leggero sulla guancia.
    -Tom, ma dove stiamo andando? E non rispondermi “non ti preoccupare”!-
    -E’ una sorpresa, va bene? Dai, non preoccuparti.-
    Gli do un piccolo schiaffetto in viso.
    -Ok, va bene, mi fido, ma non farmene pentire.-
    -Ok!-
    E mi dà un bacio sulla guancia. Sento che sto arrossendo. Ma quanta strada dobbiamo fare? Non oso chiederglielo, voglio fidarmi di lui e, comunque, già so come mi risponderebbe. Tom continua a camminare per un altro po’.
    -Eccoci qua, siamo arrivati.- Mi posa piano a terra.
    Mi dà una mano e con l’altra continua a mantenere la fascia. Mi stringe forte la mano. Continua a guidarmi. Mi aiuta a scendere altri scalini. Ci fermiamo. Mi prende il viso fra le mani.
    -Ok, Mia, ora sta ferma qui e non togliere ancora la benda.-
    -Ok!-
    Mi dà un altro bacio sulla guancia. Sento dei passi. Si sta allontanando sicuramente. No, no, no, no, no, non può lasciarmi qui.
    -Ok, Mia, ora puoi toglierla.- Mi dice.
    La sua voce è lontana. Ho paura. Paura di togliere la fascia dagli occhi. Ok, Mia levala. La levo. È tutto buio, non riesco a vedere niente.
    -Tom …Tom… Tom, dove sei?- Non mi risponde e sto avendo un pò paura. -Tom… Tom, ti prego, rispondi! Non fare il cretino!- Gli dico. Non mi muovo. Ma dov’è andato quell’imbecille? Che coglione. Scuoto un po’ la testa. Poi l’abbasso. Dopo un po’, si accende una luce. Inizia la musica. Poi si accende un’altra, quella sopra a Gustav. Poi quella su Georg. Poi quella su Tom e, infine, quella su Bill. Mi sorridono tutti e quattro. Bill inizia a cantare. Leb’ die Sekunde. Mi faccio più avanti. Stringo la fascia di Bill. Poi la metto in tasca. La voce di Bill è magica. Riesce a rabbrividirmi. Ok, è ufficiale: Mia Mozzillo è diventata una fan dei Tokio Hotel! Una delle fan numero uno. Guardo Tom. Le sue mani sanno come muoversi sulla sua chitarra. È serio quando suona ed è così figo. Mia, te ti sei innamorata di Tom. Sì, è vero mi sono innamorata di lui. E ora come diavolo faccio? Non so neanche se lui prova la stessa cosa per me. E, poi, chissà quando lo rivedrò la prossima volta. Non puoi, Mia, non puoi! …Ma perché? Mica è un mafioso? O un alieno? No, è un essere umano come me. Tra l’altro è un ragazzo dolce, solare, stupendo, sensibile, affettuoso, logicamente quando vuole. Quando non vuole è proprio un imbecille e purtroppo mi piace lo stesso. Continuo a fargli gli occhi a cuoricino.
    Finisce la canzone. Tutt’e quattro saltano dal piccolo palco. Appena scendono, li abbraccio. Li abbraccio forte. A poco, a poco iniziano ad accendersi.
    -SORPRESA!- Urlano.
    Mi stacco dal gruppo e mi giro. Sono Marika e Rosa con i loro ragazzi, mio padre, mia sorella e Raoul. Poi c’è anche un ragazzo biondino. Non lo conosco. Le lacrime iniziano a scendermi sulle guance. Mi hanno fatto una festa a sorpresa! Istintivamente prendo la mano di Tom, che è accanto a me e gliela stringo forte. mi giro verso Tom e metto il viso sul suo petto. Le lacrime continuano a scendermi. I singhiozzi si fanno più forti. Tom mi carezza dolcemente la testa.
    -Ehi, ma che fai? Piangi?-
    Faccio sì con la testa. Dopo un po’ la alzo e lo guardo negli occhi. Oddio, avrò sicuramente tutto il trucco sbavato. Sono orribile!
    -Come sta il trucco?- Gli chiedo.
    Scoppia a ridere e anche io con lui.
    -Va bene! Sei bellissima.-
    Lo guardo un altro po’ negli occhi, ci sorridiamo e mi giro verso gli altri.
    -Ragazzi, non so davvero come ringraziarvi.-
    -Non devi farlo, Mia.- Risponde mio padre.
    Corro ad abbracciarlo. Lo stringo forte e inizio a singhiozzare di nuovo. Papà mi accarezza la testa. Anche lui sta piangendo. Lo stringo ancora di più. Poi mi stacco da lui e abbraccio mia sorella. Stringo forte anche lei. Ok, Mia, basta piangere. Mi stacco anche da lei. Tom mi raggiunge e mi tira. Mi porta verso il ragazzo biondino.
    -Andreas, questa è Mia!-
    -Mia, questo è Andreas, il mio migliore amico, dopo Bill.-
    Ci diamo la mano. Iniziamo a parlare tutti e tre. Poi si aggiunge anche Bill. Andreas è davvero simpatico. Iniziano a fare i cretini. Certo che quando si dice “Dio li fa e poi li accoppia!”, c’ha ragione. Povero Bill, chissà come fa a sopportare suo fratello. Certo che a stare in contatto con un imbecille si diventa imbecille. Arriva Gustav, dopo un pò.
    -Ok, ora è arrivato il momento dei regali.- Ci fa Gustav.
    -Già me lo avete fatto il regalo più bello.-
    -Mah, figurati, è cosa da niente! …Ma di che regalo parli tu?- Mi chiede Bill.
    -il regalo più bello che io possa mai aver ricevuto è che voi esistete. Comunque voglio annunciarvi che sono diventata anch’io una vostra fan numero uno.-
    -Evvai, ce l’abbiamo fatta!-
    Bill, Tom e Gustav mi abbracciano forte. anche ora non riesco a respirare. Poi si staccano e ci dirigiamo al centro della sala. Per primo arriva Raoul. Mi abbraccia facendomi gli auguri. Ci stacchiamo e mi dà il suo regalo. Lo scarto subito. Sono un paio di occhiali da sole della Gucci. C’è anche un bigliettino. Lo leggo: ”Carissima Mia, voglio iniziare questa lettera scrivendoti “Ti amo! Non so quante volte ho provato a dirtelo, ma non ci sono mai riuscito, perché m’è mancato il coraggio. So che anche tu mi ami e desidero iniziare la nostra storia insieme da oggi. Oggi che è la tua giornata. Oggi che compi i tuoi primi diciotto anni. Ti prego dimmi di sì! Tuo Raoul!”
    Alzo lo sguardo dal foglio e guardo Raoul a bocca aperta. Non so che dire. Lui mi sorride. Si avvicina a me, mi prende il viso tra le mani e cerca di baciarmi. Io giro la faccia per respingerlo. Si allontana.
    -Come fai a sapere che ti amavo?- Gli chiedo.
    -Ho letto il tuo diario.-
    -Hai letto il mio diario?! Chi ti ha dato il permesso?- Sono calma mentre glielo chiedo.
    -So di aver sbagliato, ma dovevo capire quello che provi per me. io mi sono innamorato di te appena ti ho vista. Ho cercato di capire fin dall’inizio se anche tu mi ami, ma non sono mai riuscita a capirlo dai tuoi gesti e ho deciso di leggere il tuo diario.-
    -Ecco perché non lo trovavo mai dove lo lasciavo. Ora capisco tutto.-
    -E ora so che anche tu provi la stessa cosa per me.-
    -No, non è così. Raoul io ho creduto di amarti. L’ho creduto fino ad ora, ma non è mai stato così.-
    -Ok! …Ehm, c’è già un’altra persona?- Mi chiede dispiaciuto.
    Non vorrei girare il coltello nella piaga, ma a questo punto è meglio essere del tutto sincera, anche perchè, se lo scoprisse più in là, potrebbe rimanerci ancora più male.
    -Sì, c’è un altro.- Evito di guardarlo in faccia.
    -Lo conosco?-
    -Non proprio!-
    -Spero per te che vada bene con lui e vorrei che rimanessimo comunque migliori amici.-
    -Sempre. Sei un amico fedele, ma non leggere mai più il mio diario.-
    -Ok!-
    Ci abbracciamo di nuovo. Dopo ci stacchiamo. Poggio il suo regalo su un tavolino. Si avvicinano Marika e rosa con i propri ragazzi. Mi danno il loro regalo. Lo scarto velocemente. È una collana della Tribe.
    -E’ stupendo, grazie, ragazzi!-
    Abbraccio tutti. Li voglio troppo bene. Mi stacco da loro e poggio il loro regalo sul tavolino dove ho poggiato il regalo di Raoul. Dopo si avvicinano anche mio padre, mia sorella, i Tokio Hotel, tranne Tom e Andreas. Chissà dov’è To. Vabbeh, non fa niente. Mi porgono il loro regalo. Lo scarto. No! Oddio, non può essere! Il cellulare che chiesi a papà. Non pensavo che me lo regalasse perché mi disse che costava troppo.
    -Mia, questo non te lo regalo io, ma loro cinque.- Fa mio padre.
    -I Tokio e Andreas?- Chiedo io.
    -Sì.- Mi risponde lui.
    Abbraccio tutti loro. Sono stati davvero tutti gentili con me e li voglio un mondo di bene. vorrei abbracciare anche Tom ma non so che fine ha fatto. Papà mi dà il regalo che mi ha fatto con mia sorella. Scarto anche quello. È un orologio della Breil. Lo indosso subito.
    -In più abbiamo chiesto a tuo padre se per tutta l’estate tu e tua sorella potevate venire con noi e lui ha risposto di sì.- Fa Bill.
    -E in più rimarremo qui un mese intero. Così potremmo darti fastidio.- Fa Georg.
    Abbraccio tutti loro. Poi mi stacco da loro e abbraccio mio padre e mia sorella. Gustav e Georg si allontanano. Bill e Andreas rimangono qui. Mi stacco da mio padre e mia sorella. La voce di Georg mi fa girare verso il piccolo palco.
    -Ora vorremmo farvi sentire due canzoni. Sono canzoni che non ha cantato Bill, ma Tom. Vorrei invitare Mia a salire sul palco.-
    Mi avvicino al piccolo palco. Tom abbassa la mano per aiutarmi. Io salgo da sola, come un maschiaccio. Ci sono due sgabelli al centro. Su uno di essi è poggiata la chitarra di Tom. Mi siedo sull’altro. Tom prende la chitarra, si siede e se la poggia sulle gambe. Inizia a cantare suonando la chitarra. Non so come si chiamano le canzoni che sta cantando, non le avevo mai ascoltate. Ha una voce stupenda, dolcissima. Incredibile! Come faccio a non essere innamorata di lui? Lo amo da impazzire. Lo amo, lo amo, lo amo, lo amo…
    Quando finisce di cantare mi dà la mano. Poi si alza, posa la chitarra a terra poggiandola al suo sgabello e mi abbraccia forte. io lo stringo ancora di più. Mi sussurra:
    -Queste canzoni sono solo tue e di nessun altro, ora.-
    Sorrido. Mi dà un bacio sulla guancia. Ora, per la prima volta nella mia vita, sono davvero felice. Solo quando c’è lui sono felice.
    La festa continua e io continuo ad essere ancora più felice.


    Capitolo 11
    È durante la notte che si hanno le idee geniali. La notte è il momento in cui ognuno di noi fa i conti con sé stesso. È di notte che ognuno fa i conti con la propria vita, pensa a ciò che ha sbagliato e cosa ha fatto bene, pensa agli amori, riflette su ciò che crede di sbagliato. Quando ero piccola mi consideravo una bambina fortunata: avevo una bella famiglia, una sorella con cui giocavo sempre, una bella casa, un cane fedele, una bella vita, degli amici di giochi. Crescendo, ho iniziato ad avere i problemi, d’altronde per tutti è così, e mi sono resa conto che era la mia famiglia che cercava di non farmi avere dei problemi. La mia soffitta è sempre stato il mio rifugio, è sempre stato il luogo dove estraniarmi dal mondo che vi è lì fuori. Ci sono sempre venuta per qualsiasi cosa. Ho fumato qui la mia prima sigaretta, cercando di non farmi sgamare da mio padre. Vengo a fumare solo quando so che mio padre è al lavoro oppure quando esce. È come la casetta sulla casa che hanno quasi tutti i bambini americani. Qui, da piccola, inventavo storie, fingevo di essere una principessa che aspettava il suo principe azzurro. Mia sorella faceva la mia damigella. Erano davvero belli quei tempi. Ed è stato qui dove io, Marika e Rosa parlavamo di ragazzi e io soprattutto di Raoul.
    La mia festa di diciotto anni è finita un’oretta fa e io, a differenza degli altri, non riesco a prendere sonno e ho deciso di salire qui in soffitta, munita delle mie sigarette, del mio nuovo cellulare, del mio Mp3 e della fascia di Tom. Marika e Rosa sono rimaste a dormire qui da me. Mi siedo sulla finestra. Mi accendo una sigaretta e infilo le cuffie del mio Mp3 nelle orecchie. Da qui riesco a vedere il pullman dei Tokio. Chissà se dormono. Vorrei tanto parlare e divertirmi con loro. Chissà se Tom dorme o, come me, non riesce a prendere sonno. In mano giro e rigiro la sua fascia, la annuso cercando di respirare il suo profumo e di trovare in esso la dolcezza delle sue parole e dei suoi gesti. Ho sempre in mente lui mentre mi canta le sue canzoni alla festa e mi prende la mano e dopo viene ad abbracciarmi dicendomi che quelle canzoni sono solo mie e di nessun altro. Ho voglia di tenerlo stretto a me, di intrecciare le mie mani fra le sue, di baciarlo, accarezzarlo, giocare con i suoi rasta. Chiudo gli occhi lasciandomi cullare dalla voce di Leona Lewis che canta Bleeding Love. Continuo a fumare la mia sigaretta e pensare a Tom. Pensare il suo sorriso, i suoi occhi, le sue mani, tutto ciò che gli appartiene. Ho messo la ripetizione per quella canzone. Ho come la sensazione che appartenesse a me e a Tom. Non so il perché. Finisco la sigaretta e la getto giù. Appoggio la fascia di Tom avanti a me e inizio ad esplorare il mio cellulare per far passare più velocemente il tempo, anche se è impossibile, perché sto qui da soli dieci minuti, ma a me sembra un’eternità.

    Tom non riesce a dormire, pensa sempre a lei. Mia. È sdraiato sul letto, ma non riesce proprio a prendere sonno. Pensa. Vorrebbe mandarle un messaggio col cellulare, ma non ha il suo numero e si pente di non averglielo chiesto quel giorno alla stazione, prima che lei partisse. Mia. Immagina il suo sorriso, i suoi occhi. Poi mette una mano nella tasca e si rende conto di avere il suo anello. Allora lo prende e lo stringe nella mano, mettendola sul suo cuore. Vorrebbe baciarla, toccarla, stringerla, accarezzarla. Mannaggia a Bill che ha rifiutato di dormire sopra da lei. Perché ha detto no? Avrei avuto l‘opportunità di guardarla dormire e di vedere com’è bella quando dorme, pensa.
    È da quando è tornato dalla festa che ascolta sempre la stessa canzone. Bleeding Love. Si chiede se anche lei starà sul suo letto a pensarlo perché non riesce a dormire. Se anche lei vorrebbe stare lì con lui. E non sa che anche Mia non riesce a dormire perché pensa a lui, solo che lei non è sul letto ma sulla sua soffitta.

    Ok, ora basta! Ora vado da lui e la finiamo qui. Gli dico come stanno le cose. Se mi accetta bene, se non mi accetta cercherò di andare avanti. Prendo tutta la roba che mi sono portata in soffitta, scendo dalla finestra e scendo giù. Arrivo alla porta la apro ed entro. Richiudo la porta e, prima di avviarmi verso l’ingresso, entro in camera mia a prendere una vestaglia. Per fortuna che Marika e Rosa sono a dormire nella camera di mia sorella. Perché in camera mia non c’è il divano – letto. Percorro tutto il corridoio cercando di fare meno rumore possibile. Prendo le mie chiavi, apro la porta ed esco. Scendo le scale ed esco anche dal cancello. Giro a destra e subito dopo ancora a destra e mi avvio verso il pullman dei Tokio Hotel. fuori fa molto freddo ed è ancora molto buio, d’altronde sono appena le 02.30. Mi stringo alla vestaglia, ma comunque non riesco a riscaldarmi. C’è la nebbia e non riesco a vedere bene. Se corressi, potrei inciampare. Mi sto avvicinando al pullman. E se stanno dormendo tutti? Se Tom non è sveglio? E se gli dicessi che mi sono innamorata di lui e lui mi respingesse davvero? E se lui fosse infastidito dal fatto che sono andata da lui? Sarebbe molto meglio tornare indietro! E se, e se, e se, e se… Basta! Ora stai qui e non ha senso tornare indietro. O la va o la spacca! Mi fermo. C’è qualcosa, o meglio, qualcuno fermo accanto al pullman. E se fosse un ladro? E se si accorgesse di me e venisse qui ad uccidermi? Mamma mia, Mia, sei una fifona! Non può mica essere un ladro. Si sta avvicinando. Oddio, no, non voglio morire a soli diciotto anni, tra l’altro appena compiuti. Questa sarebbe pura sfiga. Ok, Mia, calma e sangue freddo. Lo dice anche Luca Dirisio: “Ci vuole calma e sangue freddo, calma, oh yeeeah!”. Ma che cazzo dici, Mia?! E poi Luca Dirisio non era qui a vedere chi è quella persona che sta lì! Oddio, si sta avvicinando ancora di più. Aiuto! Ha qualcosa di familiare. Non riesco a vedere bene a causa di questa nebbia. Oddio, ma è Tom. Indossa solo i boxer e un paio di pantofole. Mi sorride. Anch’io faccio la stessa cosa. Tolgo le cuffie dalle orecchie e spengo il mio Mp3, poi lo infilo nella tasca della vestaglia, insieme all’altra roba. Oddio, ma non avrà freddo? Ora è poco distante da me.
    -Oddio, Tom, meno male che sei te, pensavo fosse un ladro.-
    -Mia, ma cosa ci fai ancora sveglia?-
    -Non riuscivo a dormire. E te?-
    -Lo stesso. Ma non hai freddo?-
    -Abbastanza. E te che sei mezzo nudo?-
    -Nooo. Sono un uomo e gli uomini non hanno freddo.-
    Scoppio a ridere. Oddio, questa è troppo divertente. Ma da dove le prende queste battute?
    -Che c’è? Che ho detto?-
    -Nulla, ma… Ok, basta!-
    Cerco di non ridere più.
    -Vabbeh…-
    Ci guardiamo per qualche secondo. Oddio, quanto è figo! Sembra che voglia dirmi qualcosa. Mi guarda intensamente. Solo lui riesce a guardarmi come io voglio. Abbasso lo sguardo, in modo che non mi possa tradire e, anche per trovare qualcosa di intelligente da dirgli.
    -Tom, ti va di salire da me?-
    Mi sorride con quel suo dolce sorriso. E io mi sento molto imbarazzata. Cerco di sorridere, ma mi esce una smorfia strana.
    -Certo, che mi va!-
    -Però metti qualcosa addosso o prenderai freddo.-
    -Dai, Mia, non preoccuparti.-
    -Tom, io, invece, mi preoccupo.-
    Tolgo il braccio sinistro dalla manica della vestaglia e gliela offro. Tom rimane un po’ incerto, poi infila il suo braccio nella manica. Con il braccio libero mi abbraccia, facendo andare a finire la mano sul mio fianco. Metto la mia mano sulla sua, intrecciammo le nostre dita le une nelle altre. Io alzo lo sguardo per guardarlo bene in viso. Rimaniamo a guardarci per un po’. Poi io abbasso lo sguardo. Sento che i miei occhi potrebbero tradirmi e fargli capire che lo amo. ci stringiamo sotto la vestaglia e ci avviamo verso casa mia. Arriviamo al mio cancello. Prendo le chiavi e lo apro. Entriamo, chiudiamo il cancello e saliamo le scale. Apro la porta di casa ed entriamo. Richiudo la porta a chiave e rimetto le mie chiavi al proprio posto. Tom si guarda intorno.
    -Non ti faccio visitare la casa, altrimenti potrebbero svegliarsi tutti.- Parliamo sottovoce.
    -Ma non preoccuparti.-
    Mi stringe ancora di più a sé e mi dà un bacio sulla guancia. Arriviamo fuori la porta della mia camera. La apro accendo la luce ed entriamo. Anche qui Tom si guarda intorno. Si sofferma sulle mie foto. Quelle che di quando ero piccola, quelle fatte alle gite, quelle insieme alle mie migliori amiche, quelle con mia sorella, etc…
    -Tom, prendo la coperta e saliamo in soffitta.-
    -Ok… Ma in soffitta non fa freddo?-
    -Ma come? Non sei un uomo? Prima hai detto di esserlo e che gli uomini non hanno freddo.-
    -Giusto! E poi voglio dimostrartelo.-
    Tolgo l’altro braccio dalla manica della mia vestaglia. Anche Tom se la leva. Lo poggia sul mio letto. Dalla vestaglia prendo il mio cellulare e le sigarette con l’accendino. Prendo la coperta che è sopra il mio letto facendo cadere la vestaglia. Lui continua a guardarsi intorno come se cercasse qualcosa che forse possa parlargli di me. Continua a toccare alcuni oggetti. Usciamo, spengo la luce e chiudo la porta. Apriamo la porta che conduce sia alla soffitta e sia alla cantina e al garage. Tom è avanti a me. Senza volerlo chiudo bene la porta.
    -Merda!- Faccio io.
    -Che c’è?-
    -Dopo come facciamo ad entrare.-
    -Vabbeh, aspettiamo che si sveglino.-
    -Ok!-
    Saliamo le scale nel buio. Non accendo la luce delle scale e neanche le luci della soffitta. poso le sigarette e il cellulare su un mobile e porto Tom verso la finestra su cui mi sono seduta. Si siede prima lui mettendosi semi sdraiato. Io mi sdraio sul suo petto. Stendiamo bene la coperta su di noi, in modo da non rimanere scoperti. Poi ci diamo le mani, intrecciandole. Mi tiene stretta a lui, come se avesse paura che io possa andarmene da un momento all’altro. Ma non sa che questo non succederà mai. Anche se tra un mese ripartirà, io starò sempre con lui. Inizio a parlargli di me, della mia vita, della mia famiglia e della morte di mia madre e lì scoppio in un pianto. Quante volte ho voluto che fosse qui con me, come ieri sera alla mia festa. Come vorrei dirle che amo profondamente il ragazzo che ora mi sta consolando. Che sono innamorata dello stesso ragazzo che fa il playboy solo per paura di innamorarsi davvero. Tom mi carezza la testa cercando di consolarmi. Mi giro verso lui. Mi mette una mano sul viso e con l’altra mi sposta i capelli dal viso. Immergo il mio viso sul suo petto. Lui continua a stringermi forte a sé. Non avevo mai raccontato a nessuno la morte di mia madre e, soprattutto di come essa è avvenuta, neanche a Marika, Rosa e Raoul. Tom continua a tenermi stretta. Lo stringo il più forte possibile.
    -Ti prego, Mia, non fare così, ti prego non piangere.-
    Continuo a singhiozzare. Inizia a dirmi parole dolci e a dirmi che non è colpa mia se lei non c’è più e lì io inizio a calmarmi. Alzo il mio viso dal suo petto. Gli metto una mano sul viso e col pollice gli carezzo la guancia. Pian piano mi avvicino e gli do un bacio leggero sulle labbra. Forse stavo aspettando quest’occasione per farlo. Oddio, che bello! Per la prima volta ho colto l’occasione al volo! Ma come sono riuscita a farlo? E se ora vuole andare via perché non gli piaccio? E se gli ha dato molto fastidio? Ci guardiamo per qualche secondo. Lo vedo molto meravigliato. Poi mette la sua mano dietro la mia nuca e avvicina a sé la mia testa e mi bacia lui stavolta. Però ora è un bacio vero, non a timbro come quello che gli ho dato io. Era quello che aspettavo da tempo. Mi stacco da lui e scendo dalla finestra gli do la mano. Faccio scendere anche lui e lo trascino con me. Arriviamo al divano che si trova accanto alla balaustra. Faccio sedere lui poi mi siedo io cavalcioni su di lui. Sembro Marika quando si bacia con il suo Pasquale. Tom torna a mettermi la mano dietro la nuca e a baciarmi. Colgo l’occasione al volo per togliergli il cappello e la fascia. Mi stacco un attimo da lui e lo guardo.
    -Sei più bello senza la fascia e il cappello.-
    -Ah sì? Però io mi sento più bello se li indosso.-
    -Chissenefrega! Non metterli più.-
    -Eddai, mi sento più figo!-
    -Fa’ come vuoi… Tom, sai da quanto tempo è che volevo baciarti?-
    -Non più di me!-
    -Invece sì.-
    -No.-
    -Sì.-
    Mi sdraia sul letto tenendo un braccio sotto di me.
    -No.-
    -Ok, basta, mi arrendo!-
    Mi bacia nuovamente. Gli carezzo i capelli. Sono ruvidi, ma comunque belli. È strano come lo stare con lui mi faccia sentire così tanto bene da riuscire a dimenticare i miei problemi, come la morte di mia madre. È bastato che lui mi cullasse e la mia tristezza è iniziata ad evaporare. Decido di tornare sulla finestra e in poco tempo siamo di nuovo nella posizione in cui ci trovavamo prima del nostro bacio, anzi prima che io iniziassi a piangere. Ok, Mia, ora basta essere euforiche! Cerca di ragionare. Cosa vuol dire che vi siete baciati? Che vi siete messi insieme? E quando ripartirà dimenticherà questi baci? Dimenticherà questo momento? Ma, soprattutto si dimenticherà di te? Ha detto che è tanto tempo che voleva baciarti, però se non l’avessi detto te questo, lui non te l’avrebbe mai detto. Ho paura che si dimenticherà presto di tutto questo. Continuiamo a baciarci per molto tempo ancora, poi vado a prendere il cellulare e le sigarette ci accendiamo una ciascuno. E ad ogni tiro un bacio e ad ogni bacio un tiro. E ad ogni bacio anche un sorriso. Prende il mio cellulare dalle mie mani e mi segna il suo numero, fa uno squillo sul suo e salva il mio numero. E continuare a stare così. A stare bene fino al mattino, o meglio, finché non esce il sole, addormentandoci scomodi su quella finestra.



    Capitolo 12
    La voce di mio padre che urla il mio nome da giù, mi fa svegliare di soprassalto. Scendo dalla finestra e inizio a scuotere Tom per svegliarlo.
    -Tom, Tom, Tooom! …Tom, svegliati, per favore.-
    -Eddai, Mia, lasciami stare, è ancora presto, lasciami dormire un altro po’ che ho sonno!- Mi fa lui con voce assonnata.
    -Tomi, ti prego, alzati!-
    Apre gli occhi, ma non li tiene del tutto aperti, anzi li ha socchiusi.
    -Ma perché?-
    -Devi andare via!-
    -Perché, scusa?-
    -Come perché?! Tomi, non sta bene la tua presenza qui!-
    -Ah sì? E perché? Non mi pare che abbiamo fatto qualcosa di male.-
    -Vallo a spiegare a mio padre.-
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    -Tomi, siamo in intimo tutti e due. Secondo te, cosa potrebbe pensare mio padre?-
    -Mia, guarda, che io non faccio mai sesso vestito!-
    -Imbecille! Ok, o te ne vai subito da solo oppure ti butto giù!-
    -Ok, me ne vado, ma c’è un piccolo problema.-
    -Quale?-
    -Come me ne vado?-
    -Ti faccio uscire dal cancello affianco al garage.-
    -Ok! …Ma non me lo dai il bacio del buongiorno?-
    Non ho neanche il tempo di nascondere le sigarette, che sento aprire la porta. Faccio scendere Tom dalla finestra e lo spingo nell’armadio, dandogli le mie sigarette, il suo cappello e la sua fascia. Lui cerca di fare resistenza, ma non ci riesce. Non faccio in tempo a chiudere tutt’e due le ante dell’armadio che papà sta arrivando qui. Lascio quella di destra aperta.
    -Mia, ti sto cercando da molto tempo, perché non mi rispondi?-
    -Scusa, papà.-
    -Ma cosa ci fai qui già a quest’ora?-
    -Non riuscivo a dormire.-
    Oddio, ti prego fa che non si accorga dell’anta. Ti prego, Dio, aiutami!
    -Ma non hai freddo stando solo con quelle culottes e canottiera?-
    Ora che gli rispondo? Dì la verità, no?
    -Ehm… Abbastanza!-
    Tom mi dà un piccolo colpetto sulla gamba. Io mi agito. Papà ancora non se ne va, anzi attacca a parlare. Ma perché ha sempre tanta voglia di parlare? Mi chiede se mi è piaciuta la festa di ieri sera, se mi sono divertita, se mi ha fatto piacere che ci fossero anche i Tokio Hotel. Tom continua ad infastidirmi e di conseguenza mi fa agitare. Sento che ride, spero che papà non lo senta. Se papà lo scopre, giuro che oggi commetto un omicidio, lo ammazzo. Già immagino domani su tutti i quotidiani: “Ragazza appena diciottenne uccide il chitarrista dei Tokio Hotel, perché lui si è fatto scoprire dal padre che era a casa sua!”. Oddio, ora papà se ne accorge, ne sono sicura. Ti prego, papà, va’ via, ti prego va’ via! Papà decide di tornare giù, Oddio, ti ringrazio!
    -Mia, muoviti, che la colazione è quasi pronta.- Mi dice, avviandosi verso le scale.
    Oddio, ti ringrazio! Grazie mille per avermi salvata.
    -Etchiù!-
    Mi giro di scatto verso Tom. Oddio, non farmi questo, ti prego.
    -Proprio ora dovevi starnutire? Quando se n’era andato mio padre no?- Dico a Tom, cercando di parlare con la voce più bassa che posso. Tom mi guarda un po’ dispiaciuto.
    Poi mi giro verso mio padre, noto che lui guarda me.
    -Mia, ma con chi parli? Hai starnutito tu? C’è qualcuno qui?-
    Ora cosa gli dico? Dì sì, dì sì! Mannaggia a me quando stanotte ho chiesto a Tom di venire da me! anche se c’è stata una cosa positiva nel farlo venire.
    -No, papà, ma che dici? Sono da sola. E poi lo sai bene che a me la polvere dà fastidio e mi fa starnutire.- Faccio un finto starnuto. -Visto?-
    Mi guarda per un po’ con la faccia di chi non sa se credermi o no, poi inizia ad incamminarsi di nuovo verso le scale. Mi giro verso Tom e lo guardo male. Prima di parlare aspetto che la porta si richiuda. Chiudo gli occhi sollevata, poi li riapro. Tom inizia a ridere. Ma che cazzo ha da ridere, io non lo so.
    -Se non mi è venuto un infarto ora, non mi verrà mai più.- Gli dico.
    Lui continua a ridere. Poi apre l’altra anta, mi prende la mano e mi attira a sé. Mi stringe forte e inizia a baciarmi. Ci baciamo per un po’, poi decido che è il momento di staccarsi.
    -Tomi, dai, basta. Potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro.-
    -Chissenefrega! Ora voglio solo baciarti.-
    Mi dà dei piccoli baci sulla bocca.
    -Tomi, ti prego!- Tom sbuffa. -Io scendo giù a prendere le chiavi, te aspettami qui, ok?-
    -Ok!-
    Ci diamo un altro bacio a timbro e subito dopo corro alle scale. Le scendo velocemente. Prendo la chiave dal posto in cui la lasciamo sempre, in modo che se uno di noi si dovesse chiudere fuori quando non c’è nessuno. Apro velocemente la porta e corro nell’ingresso. Prendo le chiavi e ritorno alle scale. Lascio la porta aperta e salgo le scale, ancora una volta, velocemente. Trovo Tom seduto sul divanetto. Vado da lui, gli prendo la mano e lo trascino con me. scendiamo velocemente le scale e, in me che non si dica, ci troviamo davanti al cancello. Gli tolgo il lucchetto e apro il cancello. Lo spingo fuori e gli stampo un bacio in faccia. dopo richiudo il cancello e rimetto il lucchetto. Salgo le scale, ora vado con calma. Arrivo alla porta e mi trovo davanti Marika.
    -Ehi, ma che succede dov’eri?-
    -Ehm… Sì, Marika…-
    -Ma quello che ora è uscito era Tom?-
    -Non urlare, ché se so sente papà, m’ammazza. Comunque, sì!-
    -Oddio. Ma perché è venuto?-
    -Te lo spiego dopo. Ora andiamo a fare colazione.-
    -Ok!-
    Le faccio un sorriso poi entriamo dentro entrambe e chiudo la porta, poi ci avviamo verso la cucina. Appena arrivate corriamo a tavola per fare colazione.

    Tom arriva tutto trasandato al pullman. Dà due colpi alla portiera. Gli aprono quasi subito. Sale velocemente. Bill gli si piazza davanti.
    -Tom, ma dove cazzo eri? Ti abbiamo cercato ovunque.- Gli fa, tenendo le mani sui fianchi e con un tono un po’ arrabbiato.
    -Ero da Mia.- Gli risponde.
    -Ah sì? Eri da Mia? E perché quando abbiamo chiamato Rosa lei c’ha detto che non eri lì?-
    -Perché nessuno sapeva che io ero lì!-
    -Addirittura! Allora hai orbitato!-
    -Bill, sono andato stanotte a casa sua. Non riuscivo a dormire allora ho pensato di andare da lei. Dopo un po’ mi stavo tirando indietro, ma l’ho vista che stava venendo qui e le sono andato incontro e così mi ha chiesto di andare da lei! Tra l’altro ha dovuto fare un casino per farmi tornare. C’era il padre e lei non voleva sapesse che io ero lì a causa del nostro abbigliamento.-
    -Davvero?- Bill non sa se credergli o no.
    -Sì. Cos’è? Non ti fidi più di tuo fratello?-
    -Ok, ti credo.-
    Bill fa per andarsene, ma Tom lo blocca prendendogli il braccio. Bill si gira di scatto e lo guarda negli occhi.
    -Bill, aspetta vorrei parlarti, a questo punto voglio che tu lo sappia.-
    -Ok, andiamo in sala relax.-
    Si dirigono entrambi verso la sala relax. Appena arrivati si siedono sul divano.
    -Allora, Tom, dimmi tutto.-
    Bill lo guarda con le braccia incrociate, aspettando di sentire ciò che il fratello ha da dirgli. Tom è abbastanza imbarazzato. Poggia il suo cappellino e la sua fascia sul divanetto.
    -Oddio, non so da dove iniziare. È una cosa che mi imbarazza tantissimo ed è una cosa che mai, prima d’ora, avevo provato nella mia vita.-
    -Cosa?-
    -Bill, mi sono innamorato… Di Mia!-
    Bill lo guarda stralunato, poi gli sorride e, alla fine, lo abbraccia anche. Dopo un po’ si staccano.
    -Oddio, fratellino, è una cosa stupenda! Io lo dicevo che prima o poi ti sarebbe successo. E, poi, Mia la vedo giusta per te.-
    -Lo credo anch’io. Io non mi sarei mai aspettato di innamorarmene. È una ragazza così dolce, solare, sensibile, bella, poi non è il classico tipo che si fa prendere in giro, quando deve, sa cacciare molto bene il suo carattere. Oddio, penserai che ho perso la testa! Ma è così, io la amo!- Gli dice mettendosi le mani in testa.
    -Tom, però voglio dirti una cosa!-
    -Cosa?-
    -ieri sera ho parlato con sua sorella e lei mi ha raccontato delle cose.-
    -Saranno le stesse cose che lei ha raccontato a me, solo che, forse, a me, Mia avrà raccontato sicuramente tutti i dettagli. Comunque, con questo che vuoi dire?-
    -Voglio dirti di non farla soffrire. Cerca di essere sincero con lei, di non farla soffrire e rendila felice. E se questo non vuoi farlo per lei, fallo almeno per me, che sono tuo fratello.-
    -Bill, io non riuscirei mai a farle del male. Io la amo da impazzire. Potrei morire per lei. Se stare con lei dovesse significare rinunciare alla mia carriera, allora io rinuncerei alla mia carriera senza pensarci nemmeno una volta. Bill, stanotte, quando ero da Mia, lei mi ha raccontato la morte di sua madre e s’è messa a piangere. Dopo un po’ mi ha dato un bacio e posso dirti che, se non l’avesse fatto prima lei, l’avrei fatto io. Con tutto questo voglio dirti, mio caro Bill, che il vecchio Tom, quello che faceva il playboy, è morto ora ce n’è uno nuovo che è serio, innamorato e, soprattutto, felice e sta’ sicuro che questo nuovo Tom non se ne andrà mai più.-
    -Di questo ne sono felice e, riguardo al fatto di rinunciare alla carriera, non penso che Mia ti chiederà mai di scegliere. Però devo ammetterlo Tom, sentirti dire che sei innamorato, è una cosa davvero molto strana.-
    -Posso immaginarlo, anche a me fa uno strano effetto dirlo. Su, fratellino, abbracciami ancora.-
    Bill obbedisce e lo abbraccia. Si stringono forte. Nel frattempo li raggiungono Gustav, Georg e Andreas. Appena li vedono si staccano da quell’abbraccio.
    -Ehi, Tom, ma dov’eri? Ti abbiamo cercato molto.- Gli fa Gustav.
    -Lo so, lo so. Comunque, ero da Mia. E vi dirò di più, sono innamorato di lei.-
    -Non è possibile!- Fanno Georg e Andreas.
    -Sì, ragazzi, è così.- Gli risponde Bill. -Il nostro playboy si è innamorato. E devo ammettere che a me piace molto la sorella.-
    -State facendo tutto in famiglia, eh? Ma un’altra sorella op magari una cugina per me c’è?- Fa Andreas.
    -Io mi sono accorto subito che a te piaceva, Tom. Ho notato come la guardavi e ieri, quando sono venuto da voi, stavate per baciarvi, e non osare negare l’evidenza.- Fa Georg.
    -No, non lo nego, ma devo aggiungere che per colpa tua non ci siamo più baciati. Comunque ci siamo messi insieme stanotte, a casa sua. Oddio, ragazzi com’è bello essere innamorati.- Dice Tom.
    E inizia a raccontare anche agli altri tutto quello che è successo durante la notte.

    -Non so se stiamo insieme, Marika, ci siamo solo baciati.- Le faccio.
    -Ma per te, stare mettersi insieme vuol dire andare prima a letto?- Mi chiede.
    -No, non vuol dire questo, ma me lo dicevate voi che Tom era un gran playboy.- Le dico ancora.
    Dopo aver fatto colazione io, Marika, Rosa e Anto ci siamo messe in camera mia e le ho raccontato tutto quello che è successo stanotte con Tom e, ora, mi stanno riempiendo di domande.
    -Mia, ma cosa hai provato quando vi siete baciati?- Mi chiede mia sorella.
    -Io ero felice, anche se devo ammettere che quando l’ho baciato la prima volta ho pensato che mi respingesse.-
    -Ah sì? Perché?- Mi chiede sempre mia sorella.
    -Perché non sapevo se lo voleva o no. Insomma se gli piacevo mi avrebbe già baciata da un pezzo. Comunque, ho notato che nei baci c’era qualcosa… un sentimento che non sono riuscita a decifrare.-
    -Forse era amore?- Mi chiede Rosa.
    -Non so. So solo che quel qualcosa mi diceva che mi desiderava, che voleva baciarmi ad ogni costo.-
    -Allora è amore, Mia.- Fa nuovamente Rosa.
    -Oddio, Mia, hai una storia con un personaggio famoso, che, tra l’altro è il chitarrista di uno dei gruppi più amati in Europa.- Dice mia sorella urlando e, con lei, iniziano ad urlare anche le mie amiche. Poi tutt’e tre mi abbracciano forte e mi dicono: -Spero che ti vada bene, te lo meriti tutto questo e anche dell’altro.-
    Ci stacchiamo.
    -Ok, grazie, ragazze, grazie davvero. Ma non è ancora sicuro che stiamo insieme, oggi voglio parlargli.-
    -Perché?- Mi chiede Marika.
    -Perché può darsi che per lui siano solo dei baci senza senso e io non voglio soffrire come per Raoul. Appena gli avrò parlato, vi farò sapere… Ok, ora cambiamo coppia. Allora, Anto, che ci dici di te e Bill?- Le chiedo ridendo.
    E continuiamo a parlare e a ridere e a divertirci come matte. Senza pensare a niente e a nessuno.


    Capitolo 13
    Tom, Tom, Tom, Tom. Perché sono innamorata di lui e non di un altro? Magari di Raoul, anche se ho creduto di esserlo fino a poco tempo fa. Perché mi sono innamorata degli occhi castani di Tom, della sua bocca sottile,con quel piercing al lato sinistro che spicca da solo, delle sue mani da chitarrista, dei suoi rasta? L’unica risposta che mi viene in mente è “non lo so!”ed è proprio questo il bello dell’amore, non sai perché sei innamorato di una persona, non sai perché capiti proprio a te e non ad altri. Quando sono partita per Bologna pensavo che se non avessi avuto Raoul non avrei voluto più nessuno, ma non sapevo che andando a Bologna, sono andata incontro al mio grande amore. Non so come ho potuto pensare anche per un po’ che non mi sarei mai più innamorata. Ecco perché l’amore è imprevedibile, anche per questo. Tom. Tom che mi accarezza la testa con le sue mani da chitarrista, Tom che mi bacia con la sua bocca sottile, Tom che mi sorride tra un bacio e l’altro, scoprendo i suoi denti bianchi, Tom che mi sussurra parole dolci fra un bacio e l’altro. Tutto questo e altro è Tom e tutto questo lo sta facendo giusto ora. Sì, ora. Ora che siamo soli in camera mia, sdraiati sul mio lettino. Io con la mia testa sul suo petto forte, con le dita di una mano intrecciate fra le sue. Ancora non gli ho parlato di stanotte. Non gli ho ancora chiesto se stiamo insieme o no. Non sono ancora riuscita a trovare le parole giuste e ho troppa paura che mi possa dire che, per lui, quei baci non sono significati nulla, che non vuole una storia seria con me (anche se alla nostra età è molto difficile avere una storia seria!). devo pensare bene a quello che voglio chiedergli e rispondergli. Ma non mi viene niente in mente.
    Ok, basta, ora basta, o la va o la spacca. Lo guardo negli occhi. Anche lui fa la stessa cosa.
    -Tom, voglio parlarti.-
    -Ah sì? E di cosa?-
    -Di stanotte!-
    Mi metto seduta sul letto a gambe incrociate. Lui fa la stessa cosa.
    -Mia, c’è stato qualcosa che ho detto o ho fatto che ti ha dato fastidio stanotte?-
    -No, Tom, non mi ha infastidito nulla di quello che mi hai detto o che hai fatto stanotte.-
    -E allora? Cos’è?-
    -E’ stato tutto meravigliosamente bello ed è proprio questo il punto.-
    -In che senso? Spiegati meglio perché non riesco a capire dove vuoi andare a parare.-
    -Tom, sto cercando di dirti che tutto quello che è successo stanotte io lo stavo aspettando da molto tempo perché…-
    -Perché?-
    -Tom, io ti amo. Ecco, l’ho detto!-
    Ok, Mia, ti sei rovinata con le tue stesse mani. Complimenti, ora se ti umilia non osare lamentarti! Sta’ sicura che questo ora ti dice che è stato solo un flirt! Ancora non sono riuscita a trovare le parole giuste per dirgli quello che voglio davvero dirgli. Lui sorride. Ma perché ha sempre quel sorrisino preparato? Perché ad ogni cosa che io gli dico, lui fa sempre quel sorrisino idiota?
    -Mia, con questo che vuoi dire?-
    -Tomi, io conosco la tua fama di playboy e ho già sofferto in passato per dei ragazzi che non mi hanno mai voluta. È stato a te che ho dato il mio primo bacio.-
    -Mia, potresti arrivare al dunque? Stai facendo dei giri di parole enormi.-
    Ora Tom è serio. Finalmente ha capito he stavo parlando di una storia seria.
    -Ok, va bene! Io non so cosa hai stanotte e cosa provi ora per me ogni volta che ci baciamo o stiamo insieme e ora vorrei sapere proprio questo, cioè se per te stiamo insieme oppure questo è solo una storiella senza senso?-
    Tom torna a sorridere. Cazzo, ora gli do un pugno e gli levo quel sorrisino idiota. Io abbasso lo sguardo: non voglio incontrare i suoi occhi, mentre cerca di umiliarmi.
    -Finalmente sei arrivata al dunque. Ok, va bene! devo ammettere che non mi aspettavo che tu mi facessi una dichiarazione d’amore.-
    -Perché?-
    -Non lo so, so solo che se stanotte non mi avessi baciato tu per prima, io ti avrei bruciata sul tempo. Anche io desideravo baciarti da molto tempo. E posso dirti che anche io ti amo!...- Alzo lo sguardo di scatto rimanendo a bocca aperta. -…E questa è una cosa che non ho mai provato finora. Mi sono innamorato di te dalla prima volta che ha incrociato il tuo sguardo, ricordi? Quando ti coprii gli occhi credendo che tu fossi un’altra ragazza.-
    -Tomi, stai dicendo sul serio?-
    -Non mi piace scherzare su queste cose. I sentimenti sono sentimenti e giocando con essi si possono ferire gli altri. Mia, tu vuoi stare o no con me?-
    Lo guardo negli occhi. La risposta è chiara.
    -Sì!- Gli faccio felice.
    Gli salto addosso e o bacio. Una mano la mette dietro la mia nuca l’altra dietro la schiena. Un po’ alla volta la fa scendere verso il basso. Scende piano verso il basso, finendo sulla mia coscia. La rimane lì. Ogni tanto la carezza. Le mie braccia sono intorno al mio collo. Ho paura che se non lo stringo, potrei perderlo. Continuiamo a baciarci, con sempre più passione. Senza che noi ce ne accorgiamo la porta si spalanca. Uno schiarimento di voce di fa guardare verso essa. Bill e Anto sono sull’uscio a guardarci. Tom ha ancora la mano sulla mia coscia.
    -Oddio, ma state facendo un video porno in casa?- Fa Bill ridendo.
    -No, ci stiamo solo baciando.- Rispondo io, diventando rossa dalla vergogna per la posizione in cui ci troviamo io e Tom. Dopo un po’ scendo dal letto, indosso le scarpe e mi siedo sulla sedia.
    -Bill, dai, non stavamo facendo nulla di male.- Fa Tom, per discolparsi.
    -Ah no?- Dice Bill, mettendo le mani incrociate.
    -No, ci stavamo semplicemente baciando. Per fortuna che non ci avete scoperti stanotte, altrimenti mi denunciavate per molestie sessuali.- Gli fa ancora Tom.
    -Ok, ok, abbiamo capito. Comunque, Tom, eravamo venuti per avvisarti che è appena arrivato Saki con la tua Cardillac.- Gli dice mia sorella.
    Tom fa un urlo di gioia, poi scende anche lui dal letto e si mette le scarpe. Mi prende per mano e mi trascina con sé fuori dalla stanza. Arriviamo all’ingresso, Tom guarda in cucina: vede Saki seduto su una sedia. Mi lascia lì e va da lui. Si avvicina all’orecchio di Saki e gli dice qualcosa. Saki caccia delle chiavi da una tasca dei jeans. Tom le prende e ritorna da me, apre il cancello, mi ridà la mano e mi trascina ancora con sé. Non faccio in tempo a chiudere la porta che sono catapultata per le scale, rischiando anche di cadere. Usciamo dal cancello e giriamo a destra. Poi ancora a destra. La macchina di Tom è parcheggiata di fronte al mio garage. Proprio in quel momento passano per strada le mie peggior nemiche. Si avvicinano a noi. Ci guardano dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle nostre mani intrecciate quelle di uno in quelle dell’altro.
    -Ehi, ragazze, ma questo non è il chitarrista del gruppo delle checche?- Fa una.
    -Prima di tutto “questo” ci chiami tuo fratello, seconda cosa, checche a chi?- Le dico.
    -Ai Tokio Hotel.-
    -Loro non sono checche, anzi sono uomini, uomini veri. E prenditi poca confidenza, ok? Non stai parlando con tua sorella.-
    -Oh, ma guardate come si incazza la bambina.-
    -Ti dico solo due cose: Fich Dich e Arschlock!- Le faccio.
    Prendo Tom per mano e ci avviciniamo alla macchina.
    -E che vuol dire?- Mi urla.
    Io e Tom entriamo in macchina non fregandocene di quello che lei continua a dirci. Tom mi attira a sé e mi bacia davanti agli occhi invidiosi di quelle lì. Ora so che in quei baci che mi dà c’è amore.
    -Mia, io non so quello che hanno detto quelle tizie poco fa, ma ti ringrazio per avermi difeso, so che erano delle offese contro me e il mio gruppo.-
    -Tomi, io ti amo, ok? E, quindi, ho il dovere di difendere te e il resto del tuo gruppo.-
    -Parli anche del gruppo?-
    -Sì, anche loro. …Allora! Torniamo a noi, dove mi porti di bello?-
    -Vorrei portarti in un luogo isolato.-
    -Perché?-
    -Vorrei insegnarti a guidare.-
    -No, dai, dici sul serio?-
    -Certo. Ora sei maggiorenne ed è un tuo dovere imparare a portare la macchina.-
    -Grande!-
    Gli indico la strada per il centro commerciale che si trova nel mio paese. In poco tempo arriviamo. Andiamo nel grande spiazzo affianco al campetto. Tom ferma la macchina al centro. Scende per fare il giro, mentre io passo all’altro sedile scavalcando. Tom si siede sul sedile affianco al mio. Mi sistemo meglio sul sedile. Metto in moto. Tom inizia a darmi delle indicazioni e dei consigli. Ogni tanto mette le mani sul volante per aiutarmi… E’ davvero un ottimo istruttore di guida: alcune volte sono davvero testarda, quindi lui è molto paziente. È molto comodo avere un istruttore come lui. Che fortuna che ho! Senza accorgercene passano due ore e mezzo e io mi sono già stancata di guidare. Tom insiste per farmi continuare, per lui sono abbastanza brava, ma sicuramente mi sta prendendo per il culo! Ok, basta! Mi giro verso lui e lo guardo, anche lui fa la stessa cosa. Gli salto addosso e mi metto a cavalcioni su di lui. Lo bacio. Per nostra fortuna i vetri dell’auto sono scuri quindi nessuno può vedere chi siamo e cosa stiamo facendo. Gli tolgo il capellino e la fascia da testa e li butto sui sedili posteriori. Lui ha una mano dietro la mia nuca e l’altra dietro la mia schiena. La mano dietro la schiena inizia a scendere giù pian piano, fermandosi di nuovo sulla mia coscia. La carezza e porta anche l’altra mano sull’altra mia coscia accarezzandomela. Le mie mani sono fra i suoi capelli. Continuiamo a farci trasportare. La bocca di Tom dalla mia bocca inizia a scendere sul mento, per poi andare a finire sul mio collo. Com’è bello essere baciati sul collo. La sua mano destra inizia a salire portandola sotto la mia maglia. Arriva al gancio del reggiseno. La stessa cosa fa anche con l’altra mano: cerca di slacciarmelo. i miei occhi si aprono di botto. La mia mano corre subito sulle sue per fermarle. Tom mi guarda, io guardo lui.
    -No, Tom, non me la sento ora!- Gli dico mortificata.
    -Ok, ok, ok, non preoccuparti.-
    Ci sorridiamo. Dio, quant’è figo? Torna a baciarmi, prima sulla bocca, poi di nuovo sul collo. Le sue mani tornano sulle mie cosce. Le mie le metto sotto la sua felpa: ha ancora un’altra maglia. Poggio la mia mano destra su una tasca del suo jeans. Ha qualcosa dentro. Infilo mano e tocco l’oggetto nella tasca: è tondo. Lo caccio, apro gli occhi e lo guardo bene. con mia grande sorpresa noto che è l’anello che non riuscivo a trovare sul treno quando sono ripartita. Il mio anello preferito. Come fa ad averlo lui? Tom non si è accorto di nulla. Lo stacco da me in modo brusco.
    -Ehi, cos’è questo?-
    -Come cos’è? è un anello, Mia, non si vede?-
    -Certo che si vede, ma noto anche che è mio. Come diavolo fai ad averlo te?-
    -Ok, lo confesso: l’ho rubato quando ti ho messo il bigliettino in tasca il giorno in cui sei ripartita.-
    -Perché l’hai fatto?-
    -Perché volevo a tutti i costi qualcosa di tuo.-
    -E non potevi chiedermelo invece di rubarmelo?-
    -Perché non sapevo se me l’avresti regalato.-
    Rimaniamo qualche minuto in silenzio a guardarci. Tom fa il viso più dolce che può, io, invece faccio il viso più arrabbiato che posso.
    -Davvero l’hai rubato perché volevi qualcosa di mio a tutti i costi?-
    -Sì. Allora, che fai, Mia, mi perdoni?-
    -Sì, ma lo faccio solo per questo motivo.-
    Ci sorridiamo e torniamo a baciarci e a stringerci e a perderci e a toccarci e a intrecciare le mani di uno in quelle dell’altro. Continuando così fino a sera.


    Capitolo 14
    Ultimamente i giorni passano lenti. Per esempio questa settimana: è ancora sabato e non è ancora passata una settimana dal mio compleanno e dall’arrivo dei Tokio Hotel qui. Le ore sembrano non passare mai, soprattutto quelle in cui io e Tom stiamo insieme. Il mio Tom. Tom con la sua dolcezza. Tom con la sua continua voglia di divertirsi. Tom con la sua gioia di vivere. Tom con la sua sensibilità. Tom che difende a spada tratta suo fratello. Per fortuna, le uniche ore che passano in fretta sono quelle scolastiche. Ad esempio stamattina. Sono già le 10.55 ed è appena entrata il professoressa di Storia dell’arte. Tutte le mie compagne sono preoccupate per l’interrogazione, mentre io sono l’unica ad essere tranquilla.
    -Mia, ma come diavolo fai a stare così rilassata? Vorrei essere io al tuo posto, senza preoccuparmi di nulla.- Mi dice Susy.
    -Già, e se t’interroga la professoressa?- Mi chiede Rosa.
    -Se mi interroga, mi interroga. Ci vado.-
    -Ma sai qualcosa?- Mi chiede Nella, la mia compagna di banco.
    -No.- Le rispondo. -Ieri non ho aperto nessun libro.-
    Nella, Susy e Rosa mi guardano, poi le ultime due si girano avanti scuotendo la testa, mentre Nella continua a guardarmi. Io le sorrido.
    -Oggi interrogo… Mozzillo… Cicala… Canciello… e Pellino.-
    Io, Nella, Susy e Delia ci alziamo e ci dirigiamo verso la cattedra, armate di libri, quaderni con appunti e riassunti di tutti gli argomenti studiati fin ora e un pizzico di speranza.
    -Iniziamo da te Mozzillo?- Mi chiede la prof., senza nemmeno farmi arrivare alla cattedra.
    -Va bene!-
    Mi fa dire la lezione del giorno. Mi chiede qualcosa su dei monumenti e delle opere pittoriche. Poi passa a Delia, a Susy e, infine, a Nella. Ci chiede la ripetizione. Ogni tanto Susy mi chiede aiuto e io chiedo aiuto a Nella. Cerchiamo di aiutarci tutt’e quattro in modo da poter raggiungere almeno la sufficienza. Riusciamo a rispondere a quasi tutte le domande. A dieci minuti dalla fine dell’ora, ci congeda dicendoci il voto: 8 per tutt’e quattro.
    -Complimenti, Mozzillo, mi stupisci sempre.- Mi dice la prof.
    -In che senso?- Le chiedo, sedendomi dietro al banco.
    -Ho saputo che tu odi la scuola.-
    E ti pareva se non lo diceva in giro il prof. di Filosofia!
    -Ah, sì, infatti è così! Comunque, sono felice di stupirla.-
    Questa è l’arte dell’essere ruffiana e in quest’arte io eccello. Mentre la prof. spiega, io prendo in cellulare dal mio astuccio. Trovo quattro chiamate di Tom. Metto il cellulare in tasca, prendo le sigarette e l’accendino e infilo anche questi in tasca.
    -Prof. posso andare in bagno?- Le chiedo.
    -Vai.-
    -Grazie!-
    Corro alla porta, la apro, esco e la richiudo alle mie spalle. Corro in bagno. Il cellulare mi vibra in tasca. Lo caccio e rispondo subito, senza neanche vedere chi è.
    -Pronto?- Chiedo sedendomi sulla finestra e accendendomi una sigaretta.
    -Mia, sono io.-
    -Io chi?-
    -Io, Tom.-
    -Ehi, ciao, amore!-
    -Perché non mi rispondevi?- Mi chiede con un tono un po’ alterato.
    -Si suppone che io stia in una scuola… E comunque ero all’interrogazione.-
    -Ah, ok! …E com’è andata?-
    -Benissimo, grazie.-
    -Che voto hai avuto?-
    -Otto.-
    -Cazzo, così basso?! Meno male che era andata benissimo.-
    -Infatti è così: da noi è diverso.-
    -In che senso?-
    -Nel senso che i voti alti sono il sei, il sette, l’otto, il nove e il dieci, mentre i voti bassi sono l’uno, il due, il tre, il quattro e il cinque.-
    -Ah, ora ho capito… Che fai?-
    -Oltre a parlare al telefono con te, sto fumando una sigaretta. Te che fai, invece?-
    -Ho appena finito di vestirmi e io, Bill, Gustav, Georg e Andreas stiamo per uscire con la macchina, sempre che Bill riesca ad uscire dal bagno.-
    -Perché?-
    -E’ ancora in bagno a prepararsi.-
    -Da quanto tempo?-
    -Mah, sarà una mezz’oretta.-
    -Ah! Mi raccomando, attenti a non perdervi.-
    -Allora che l’ho comprato a fare il navigatore satellitare? Ho scritto su un foglietto anche il nome della tua strada.-
    -Ah sì? Mi raccomando, non guardare altre ragazze.-
    -Nooo, assolutamente, ho messo i paraocchi.-
    -E’ meglio per te.-
    -Lo so!-
    -Ecco, meno male che lo sai.-
    Rimaniamo qualche secondo in silenzio. Continuo a fumare la mia sigaretta. Penso a qualcosa di carino da dirgli, ma non mi viene niente in mente.
    -Amore, ci sei?-
    -Sì, Tomi, ci sono.-
    -Allora?-
    -Pensavo.-
    -A cosa?-
    -A qualcosa di carino da dirti.-
    -Che amore che sei!-
    -Senti, Tomi, mi dispiace, ma devo tornare in classe.-
    -Ho parlato troppo presto quando ho detto che eri un amore.-
    -Amore, io vorrei stare sempre al telefono con te, ma ora sto a scuola e se non rientro la prof. mi dà per dispersa.-
    -Ok, va bene. Ti amo.-
    -Anch’io Ti amo, Tomi.-
    -Ricorda: tu sei solo mia e di nessun altro.-
    -Va bene!-
    Stacchiamo entrambi. Prima di rimettere il cellulare in tasca, lo guardo bene. cazzo, dovrei mettere come sfondo una foto insieme a Tom, ma ancora non ne abbiamo fatto nessuna. Ok, vuol dire che oggi provvederò. Rimetto il cellulare in tasca, do gli ultimi tiri alla sigaretta e la getto giù. Scendo dalla finestra e corro verso la porta del bagno. Esco e corro verso la mia classe. Apro la porta, entro e la richiudo alle mie spalle. Torno al mio banco.
    -Ehi, Mia, come mai non venivi più? Che sei stitica?- Mi chiede Nella.
    -No, no, è che mi ha chiamato il mio ragazzo.-
    -Cosa?! Tu hai un ragazzo e non me l’hai ancora detto?!-
    -Sì.-
    -E chi è?-
    -Non ci crederai mai, ma è Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel.-
    -No, davvero?-
    -Sì.-
    -Woooow, stai con personaggio famoso, che bello. Quand’è che me lo farai conoscere?-
    -Appena possibile.-
    La campanella che ora sta suonando ci avvisa che è finita la terza ora e deve iniziare la quarta. Mancano solo quest’ora e dopo è finita anche questa giornata scolastica. Ora c’è Religione. Che allegria!

    -Biiiiill!-
    -Che c’è, Gustav?-
    -Sei pronto?-
    -Quasi, mi sto truccando.-
    -Ancora?-
    -Sì!-
    -Mamma mia, è peggio di una donna.- Dice ancora Gustav, questa volta rivolto a Georg, Andreas e Tom seduti sul divano della sala relax con lui. Bill continua ad entrare ed uscire dal bagno con tanta roba in braccio, tra cui prodotti per capelli e trucchi. Ogni giorno è sempre la stessa storia: Bill è sempre l’ultimo a finire di prepararsi. Tutti e quattro sembrano annoiati: Gustav e Georg tamburellano le dita sulle proprie gambe, Tom messaggia con Mia e Andreas legge i messaggi che si inviano Tom e Mia. Finalmente anche Bill è pronto. Tom, Andreas, Gustav e Georg fanno un sospiro di sollievo. Bill arriva da loro tutto pimpante, come un bambino che non vede l’ora di andare a divertirsi in un Luna Park. Tom, Andreas, Gustav e Georg lo guardano.
    -Andiamo?- Chiede Bill a tutti.
    -Sì, andiamo.-
    Tom, Andreas, Gustav e Georg si alzano dal divano e, insieme a Bill, si dirigono alla portiera. La fanno aprire da Saki e scendono. Dopo essere scesi, la portiera si richiude. Tom, Bill, Gustav, Georg e Andreas si guardano intorno un po’ spaesati, poi si guardano.
    -Ragazzi, facciamo che l’ultimo che arriva è gay?- Propone Tom.
    -Per me va bene.- Risponde prima Georg e, insieme a lui, accettano anche gli altri tre.
    Si posizionano come i corridori veri.
    -Via!- Urla Gustav.
    Tutti e quattro iniziano a correre. C’è chi supera uno, chi viene superato da un altro. Si dicono parolacce, ridono. Alla macchina arriva prima Georg, seguito da Bill, Gustav, Andreas e, infine Tom. Tutti e quattro si piegano in due, stanchi, respirando a fatica. Poi si rialzano.
    -Tom è gay!- Iniziano ad urlare Bill, Gustav, Georg e Andreas.
    -Se non la piantate, vi lascio a piedi!- Ribatte Tom.
    -Ok… ok… ok… Amico, la piantiamo. Ma rimane il fatto che sei gay.- Dice Gustav.
    -Chissà cosa dirà Mia quando glielo diremo.- Dice Georg.
    -Non preoccuparti, mio caro, ben presto conoscerà il mio migliore amico!- Gli risponde indicando il basso ventre.
    -Chi? Il pennarello che usa Puffo Pittore?- Dice Bill e tutti, tranne Tom, scoppiano a ridere.
    -Molto divertente! Siete solo invidiosi delle prosperose dimensioni del mio amico.- Dice Tom indicando ancora il basso ventre.-
    -Sì, sì, come no. Lasciamo perdere, andiamo dove dobbiamo andare.- Dice Andreas.
    -Invidiosi!- Dice Tom, prendendo le chiavi della macchina. La apre col telecomando e i cinque amici salgono. Tom accende il motore e si dirige verso una meta sconosciuta, sconosciuta come le strade, però divertendosi con i suoi amici a bullarsi delle persone incontrate durante il tragitto. Più tardi Bill chiama Mia. Le domanda cosa stia facendo e, quest’ultima pone a lui la stessa domanda. Bill le risponde che stanno facendo un giro in macchina e si sono persi. E riuscire a tornare al Tokio – Bus per pranzare pur non conoscendo la strada.



    Capitolo 15
    Il pomeriggio è il momento in cui mi diverto di più, soprattutto ora che ci sono i miei amici Tokio Hotel. Insieme ne combiniamo di tutti i colori. Combiniamo soprattutto dei guai. Ora stiamo tutti in camera mia seduti qua e là. C’è chi è semi sdraiato e chi è seduto, chi è sdraiato del tutto è chi, invece, è in piedi.
    -Mia, Tom te l’ha detto che è gay?- Mi chiede Andreas.
    -No, davvero?- Faccio io con la voce da finta scandalizzata.
    -Non è vero!- Ribatte Tom.
    -Sì, che è vero!- Ribattono Gustav, Georg, Bill e Andreas.
    -Tom, mi deludi profondamente.- Gli dico.
    -Perché, scusa?- Mi chiede lui.
    -Perché tutti dicono che è Bill il gay.- Gli rispondo io, scuotendo la testa e facendo una faccia schifata.
    -Se vieni con me, ti faccio vedere il mio amico pennarello e vedrai che pennarello che è.- Mi dice prendendomi la mano.
    -Sì, sì, il pennarello dl puffo pittore lo conoscerò al momento giusto.-
    Gustav, Georg, Bill e Andreas iniziano a ridere.
    -Che avete da ridere voi?- Gli chiedo.
    -E’ la stessa cosa che abbiamo detto noi stamattina.- Mi risponde Gustav.
    Faccio una piccola risata anch’io.
    -Sei sicura di non volerlo conoscere ora?- Mi chiede ancora Tom.
    -No, no, grazie lo stesso per la tua disponibilità.- Gli rispondo.
    -Come vuoi.-
    -Raghy, facciamo qualcosa di divertente?- Chiedo.
    -E cosa?- Mi chiede Marika un po’ annoiata.
    -Non lo so.-
    -Inizia a pensare.- Mi dice Rosa.
    -Pensiamoci tutti.-
    Iniziamo a fare tutti le facce pensierose. A me non viene nulla in mente. Da quando sono qui, abbiamo già fatto quasi tutte le stronzate possibili ed immaginabili.
    -Ci sono, ci sono.- Inizia ad urlare Rosa.
    -Su, Rosa, dicci tutto.- Le dice Georg.
    -Mia, perché non imiti Bill quando canta? Noi ti facciamo un video.- Mi propone.
    -Imitare Bill quando canta? In che senso?- Le chiedo un po’ perplessa.
    -Come in che senso?! Devi imitare le sue movenze, i suoi sguardi quando lui canta. Noi ti mettiamo delle canzoni dei Tokio Hotel e tu fai finta di cantarle muovendo le labbra, però non devi aprirle come un pesciolino, devi andare a tempo con le parole e far vedere che pronunci le stesse parole della canzone… Poi prendiamo il tuo microfono, Bill ti presta un po’ di roba ed è fatta.- Mi spiega Rosa.
    -Ma io non so come sono le sue movenze quando canta.- Le dico.
    -Vabbeh, magari io mi posiziono accanto a chi gira il video e ti suggerisco le mosse.- Mi dice Bill.
    -Mi state propondendo playback. Ok.- Faccio.
    -Ah, che bello!- Fa Bill.
    Poi mi viene in mente un altro problema.
    -C’è ancora un altro piccolissimo problema.- Dico.
    -Quale?- Mi chiedono Bill e Rosa scocciati.
    -I capelli.-
    -Che vuol dire “i capelli”?- Mi chiede Rosa.
    -Bill quando si esibisce ha i capelli… diciamo, alzati.-
    -Non fa niente, mica devi essere per forza uguale a me. Basta fare solo le mie mosse.-
    -Ah, ok.- Faccio io.
    -Il trucco già lo fai come il mio, quindi hai bisogno solo dei miei oggetti.- Mi dice Bill.
    -Guarda che sei te a fare il trucco come il mio e non il contrario.- Gli rispondo.
    -Ah sì? Questa è davvero molto divertente!- Mi dice Bill ridendo.
    -E’ così!- Gli dico insistente, mettendo le braccia incrociate sul petto.
    -Comunque… Georg, va’ al Tokio – Bus a prendermi degli anelli, dei bracciali, delle collane, compresi i collari, l’orologio a polsino. Poi prendimi anche la mia giacca bianca di pelle. Poi mi prendi una cintura nera con il teschio e qualche catena, mi prendi anche un paio di stivali neri di pelle. - Gli chiede Bill.
    -Ok, Bill, vado subito.-
    Georg esce dalla stanza e corre via.
    -Marika, te vai in soffitta a prendermi il microfono?- Le chiedo.
    -E che faccio? La tua cameriera?- Mi chiede.
    -Please!- Le dico, facendole gli occhi dolci.
    -Ok, Mia!- Mi dice. Poi esce da camera mia, apre la porta che conduce in soffitta ed esce lasciandola aperta. Corre per le scale. Io, nel frattempo, vado da Tom. Gli metto le braccia intorno al collo e lo bacio. Lo mette la sua mano dietro la mia nuca e mi stringe. Dopo un po’ mi stacco da lui e mi sposto verso il mio armadio. Lo apro e prendo i miei trucchi, poi lo richiudo. Poi vado di fronte allo specchio e inizio a truccarmi. Tom, Bill, Gustav, Georg, Rosa e Anto mi guardano. Faccio tutto con calma e precisione. Marika torna giù e posa il microfono sulla scrivania e si siede sul mio letto. Appena finisco di truccarmi, riapro il mio armadio e tolgo i miei jeans strappati dalla gruccia e il bastone per prendere le grucce, poi richiudo l’armadio. Allungo il bastone e lo poggio all’armadio. Ma guarda te che stronzata devono farmi fare! Poso i jeans sul letto.
    Georg ritorna con, in braccio, tutta la roba che Bill gli ha chiesto di portargli. Chissà come ha fatto a portare il tutto in braccio, è così tanta roba. Posa tutto sul mio letto. Bill prende la giacca bianca di pelle e me la mette di fronte.
    -Questo l’ho indossato alla finale del Festival Bar, alla finale, quando vincemmo il premio Digital.- Mi dice passandomelo.
    Lo alzo in alto e lo giro sorridendo.
    -E’ bellissimo!-
    Lo indosso e mi giro verso lo specchio. È un po’ grande. Vabbeh, non fa niente! Tanto non penso che si noti tanto. Comunque mi sta molto bene. faccio delle giravolte davanti allo specchio. Bill mi passa un collare bianco con le borchie. Tom mi aiuta ad indossarlo. Poi, sempre Tom, mi mette delle catene al collo. Poi Bill mi passa i bracciali e gli anelli. Ne indosso solo quattro. Poi mi passa l’orologio e il polsino. Poi prendo dal letto i miei jeans strappati e vado in bagno per indossarli. Chiudo la porta a chiave per evitare brutte sorprese. Tolgo le scarpette e sfilo i jeans che avevo prima e indosso quelli che ho appena preso. Mi guardo un po’ allo specchio per vedere come sto. Mi metto sulle punte in modo da riuscirmi a vedere il più possibile. Torno in camera mia scalza, portando le scarpette e i jeans in mano. Appena arrivata in camera mia, poggio la roba che ho in mano sul mio letto. Bill mi passa un paio di stivali suoi di pelle. Prima di mettere i jeans sopra, me li guardo bene allo specchio. Mamma mia, che fighi che sono questi stivali! Mi vanno anche bene. Bill mi viene vicino. Io mi abbasso e sistemo i jeans sugli stivali. Poi indosso la cintura e le catene al pantalone.
    -Ora sembri davvero Bill.- Mi dice.
    -Non riuscirei mai a sembrare Bill nemmeno volendo.- Gli rispondo.
    -Sei troppo modesta e troppo cattiva con te stessa.- Mi rimprovera.
    Mia sorella si avvicina a noi e mi guarda.
    -Allora, dato che sei pronta, io direi di decidere quali canzoni vuoi cantare.- Mi dice Anto.
    -Allora… Io ne so a memoria pochissime, però voglio fare quelle più movimentate.- Dico io.
    -Quali sai meglio?- Mi chiede Bill.
    -“Ready, set, go!” e “Scream”, sono quelle che so bene, bene, bene, poi “Break away”, “Monsoon” e “Final day” le so così, così.-
    -Ok, allora vada per “Ready, set, go!” e “Scream”.- Dice Bill.
    Anto va al computer e cerca nelle mie cartelle le due canzoni. Nel frattempo, Bill inizia a spiegarmi alcune delle sue movenze sul palcoscenico. Mi fa vedere come si mette quando ha il bastone che mantiene il microfono, dove e come mette le mani.
    -Mica avrete intenzione di metterli su Youtube?- Chiedo a tutti.
    -Certo che sì!- Mi rispondono.
    -Come immaginavo.- Faccio con voce scocciata.
    -Ok, iniziamo?- Chiede Georg.
    Si siedono tutti sul mio letto. Guardo Tom, il quale mi sorride. Ricambio il sorriso. Poi stacco lo sguardo da lui e prendo il bastone e ci poggio sopra il microfono, mantenendolo. Bill mi dice la posizione che devo assumere. Mi allarga le gambe e mi fa tenere una mano sul microfono. Ok, sono pronto. Rosa prende il mio cellulare. Con la mano fa il conto alla rovescia partendo dal tre. Bill va da Rosa e mi fa segno di guardarlo. Faccio segno di sì con la testa. Tutti mi stanno guardando. Stanno per guardare la performance del finto Bill. La musica parte, grazie a mia sorella, la quale si sposta subito dal computer. La prima è “Ready, set, go!”. Lo guardo mentre mi suggerisce le mosse. Cerco di andare a tempo. Ci sto riuscendo. La performance sta andando benissimo. Il labiale mi riesce benissimo anche perché le parole le conosco tutte a memoria. Poi mi vengono in mente le mosse che ha fatto nel video degli EMA 2007. Bill mi sorride e mi fa segno di “ok” per farmi capire che sto andando bene. Non posso sorridere.
    Finalmente la musica finisce. Alzo il braccio destro col microfono in mano stringendolo più forte in segno di vittoria e urlo: -Danke schon!-
    Tutti mi applaudono. Faccio qualche inchino sorridendo.
    Bill viene da me e mi abbraccia. Poi si stacca.
    -Ok, fatto uno e sei andata benissimo.- Mi dice.
    -Riguardiamolo.- Dice Andreas.
    Ci avviciniamo tutti a Rosa. Lei va nel “Menu” - “Galleria” - “Clip Video” - “Riproduci”. Stiamo tutti addosso a Rosa per vedere il video. Bill non fa altro che dire che sono stupenda e mi fa arrossire.
    Dopo averlo visto si allontanano tutti e riprendono il posto di prima. Tom viene da me, mi abbraccia e mi bacia sulla bocca. Poi si stacca e mi dice:
    -La mia piccola Bill…- Si avvicina al mio orecchio. -…Dimmi che sarai per sempre mia, solo ed esclusivamente mia.-
    Mi avvicino anch’io al suo orecchio.
    -Te lo prometto, Tomi.- Gli sussurro.
    Ci guardiamo negli occhi e torniamo a baciarci.
    -Piccioncini, è ora di girare l’altro video.- Ci avvisa Anto.
    Riprendo la mia postazione e la mia posizione. Guardo Tom e ci sorridiamo. Poi stacco lo sguardo da lui e riprendo il bastone e ci poggio di nuovo il microfono. Mentre mia sorella cerca la canzone, Bill mi dice , che dopo un po’ che è iniziata la musica devo gettare dietro il bastone stando bene attenta a non rompere lo specchio.
    -Ok, siamo pronti?- Chiede Tom.
    -Sì!- Gli rispondo.
    Tutti tornano ai loro posti a farmi da spettatori. La canzone “Scream” parte. Bill torna a suggerirmi le mosse. Ora sono più sicura di prima e può anche non suggerirmele. Il più delle volte faccio le mosse a modo mio.
    Anche questa canzone finisce. Bill corre di nuovo da me e mi riabbraccia.
    -Bravissima, bravissima! Che brava che sei!- Mi dice, riempiendomi di baci sulle guance.
    Tom si avvicina a noi.
    -Bill, vacci piano.- Gli dice.
    Bill si stacca da me.
    -Perché, fratellino, scusa?- Gli chiede Bill.
    -Perché Mia è mia.- Gli risponde dandomi la mano. Le stringiamo una nell’altra. Poi mi si piazza davanti avvicina il suo viso al mio. Mette la sua mano dietro la mia nuca e torna a baciarmi.
    -Dio, quanto ti amo.-
    -Anch’io, Tomi.- Ci diciamo fra un bacio e l’altro.
    Bill ci distacca e si mette di fronte a me.
    -Vieni con me!- Mi dice.
    -Dove?- Gli chiedo.
    Non mi risponde, prende la sua roba, mi dà la mano e mi trascina con sé. Arriviamo nell’ingresso.
    -Potresti aprire tu il cancello?- Mi chiede.
    Apro subito il cancello, poi apro la porta, usciamo e la richiudo alle mie spalle. Scendiamo le scale ed usciamo dal cancello. Ci dirigiamo verso il Tokio – Bus. Arriviamo tutti e due trafelato. Bill dà dei colpetti alla portiera. Aprono subito. Bill fa salire prima me, poi sale lui. La portiera si richiude. Andiamo dove sono i loro lettini. Bill poggia tutta la roba su uno di essi. Davanti ai suoi occhi, tolgo i suoi oggetti. Mi blocca.
    -Non togliere tutto. Prenditi un bracciale, un anello, una collana, l’orologio e… il giubbetto.- Mi dice.
    Bill prende la sua valigia e la poggia sul letto. La apre e cerca qualcosa dentro. Prende un paio di jeans.
    -Bill, io non posso accettarli.- Gli dico.
    -Certo che puoi. Dato che siamo cognati due volte.- Mi dice.
    -Perché due volte?-
    -Perché io e tua sorella stiamo insieme.
    -Davvero?! Wooooooooow!-
    Lo abbraccio. Che bello! Che bello! Mi stacco da lui. Bill ha ancora i jeans in mano.
    -Grazie! …Comunque, puoi tenere anche gli stivali e…- Mi mette davanti i jeans. Noto che sono quelli quasi tutti strappati che mi piacciono tanto. Me li passa. -…prendi anche questi, so che ti piacciono tanto.-
    Rimango a bocca aperta, non so che dire e, soprattutto, non so se posso accettare. Essere cognati due volte non vuol dire che devo approfittare di lui due volte. Sono così imbarazzata.
    -Bill, io non posso accettare, mi sento in imbarazzo.-
    -Non devi esserlo e devi accettare. Mia, tu sei la sorella che io e Tom non abbiamo mai avuto. Sei la fidanzata della persona a cui tengo di più al mondo. Sei la persona che è riuscita a far innamorare davvero quel cretino di mio fratello e, credimi, non avrei mai pensato che potesse riuscirci qualcuno. Per questo voglio che accetti questi regali, poi non saranno mai troppi rispetto a quello che tu hai fatto per me e per Tom.-
    -Bill, io non so che dirti.-
    -Nulla, non devi dire nulla. Mi basta solo che tu rimanga la mia migliore amica.-
    Prendo i jeans e mi stringo a lui. Sto piangendo peggio di una bambina capricciosa e sento che anche lui sta piangendo. Guai a chi osa offendere lui e i Tokio Hotel. nessuno mi ha mai detto delle parole del genere. Non ho mai conosciuto persone migliori di queste. Ci stacchiamo l’uno dall’altra e notiamo che tutt’e due stavamo piangendo. Scoppiamo a ridere tra le lacrime. Bill mette a posto la sua roba e torniamo a casa mia. Continuando a divertirci e facendoci foto. Sono queste le cose per cui vale la pena di vivere.



    Capitolo 16
    Due settimane, due settimane, due settimane! È passato già così tanto tempo da quando i Tokio Hotel se ne sono andati. Sarebbero dovuti partire oggi, ma i genitori di Bill e Tom li hanno chiamati per passare del tempo con loro. Quando l’ho saputo ci sono rimasta davvero malissimo. Chissà quando li rivedrò la prossima volta. Mia li rivedrai in estate per passarla insieme. Starete tre mesi insieme. Meglio no? Ma per l’estate devo aspettare ancora e io già non riesco a stare senza Tom. Questo è proprio amore. Voglio Tom! I giorni stanno passando davvero lentissimi, soprattutto qui a scuola. Mi annoio solo. Ora sto seduta con i piedi sulla sedia di Nella, ho le cuffie nelle orecchie e sto ascoltando i miei Tokio Hotel. Uffa, ma perché i genitori di Bill e Tom dovevano chiamarli proprio ora? Non è giusto. Io e Tom non possiamo sentirci sempre, per vari motivi. Questa è davvero sfiga! In classe solo Nella sa di me e di Tom, ho preferito non dirlo altre perché di sicuro non mi avrebbero mai creduta. Nella mi ha chiesto di conoscerlo. Le ho risposto che non l’avrebbe capita perché non parlano la nostra lingua, lei mi rispondeva che non fa niente, così l’ho invitata varie volte a pranzo a casa mia, ma ogni volta per un motivo o per un altro non riusciva a venire, così loro sono partiti e lei non ha potuto conoscere Tom. Quest’ultimo ogni volta che lo avvisavo che sarebbe venuta Nella, mi chiedeva sempre che tipo era. Io gli rispondevo di non farsi strane idee, perché, prima di tutto, lei è fidanzata, poi se sarebbe successo qualcosa fra loro, prima avrei ammazzato lui, poi lei. Quando sentiva questo, Tom mi rispondeva che aveva recepito il messaggio.
    Da quando io e Tom non avevamo nessuna foto insieme, ce ne siamo fatte talmente tante che potremo farne un book fotografico. Siamo molto buffi in ogni foto. Tom è talmente buffo da riuscire a fare il cretino anche senza volerlo. Ogni sera io, mia sorella, Rosa, Marika e i Tokio andavamo a mangiare tutti insieme. O in qualche ristorante o in qualche pizzeria, oppure rimanevamo a casa e cucinavamo noi. Papà ci lasciava la casa libera per farci stare da soli. Ci siamo davvero divertiti molto. Che bei giorni che erano quelli (parlo come se fossero passati trent’anni!). Pagherei per far tornare quei giorni! Ma non si può.
    La prof. di Pedagogia sta finendo di spiegare. Quasi nessuna la sta ascoltando stiamo tutte pensando ai fatti nostri. Clemy e Lully, come al solito, leggono una rivista dove ci sono sia notizie di moda e sia notizie sulle star di Hollywood. Durante le lezioni leggono quasi sempre le riviste, tra l’altro ogni tanto ridono pure. Sono davvero simpatiche. Tra le altre mie compagne di classe c’è chi pensa al fidanzato e chi pensa a ciò che farà durante il pomeriggio. Ok, basta guardare le altre. Prendo il mio cellulare e guardo tutte le foto mie e di Tom. Stiamo davvero bene insieme. Ha voluto che gliele inviassi e le ha messe, davanti a me, come sfondo. Sorrido ad ogni foto e ho una fitta di nostalgia. Perché quando tutto mi va bene, ci dev’essere sempre qualcosa che rovina tutto. Ora non voglio colpevolizzare i loro genitori, potevano aspettare altri quindici giorni per rivederli.
    La campanella della fine della seconda ora suona. È la ricreazione. Clemy e Lully vengono da me e Nella. Si siedono avanti a noi, approfittando del fatto che Susy e Rosa si sono alzate. Clemy ha ancora il giornale in mano. Lo chiude e lo poggia sul banco di Susy. E iniziano a parlare con noi.
    -Clemy, puoi passarmi il tuo giornale?- Le chiede Nella.
    Clemy glielo passa subito.
    -Dopo voglio vederlo anch’io.- Dico a Nella.
    Io, Clemy e Lully continuiamo a parlare. Parliamo dei voti, dei compiti a casa e in classe, dei proff. Poi, senza neanche rendercene conto, passiamo a parlare dei vestiti, della moda. Mi dicono come si vestiranno per uscire in questo week – end, di dove andranno e con chi. Sono molto prese da quest’argomento. La prof. D’Italiano entra. Susy e Rosa tornano al banco davanti al nostro. Clemy e Lully tornano al proprio posto, come fa tutta la classe. Ci ricomponiamo tutte. Dopo un po’ Nella ridà il giornale a Lully. Guardo male la prima. Ma è imbecille? Le ho detto che volevo vederlo!
    -Nella, ma io volevo vederlo.- Le dico.
    -Scusa, me ne sono dimenticata.-
    -Ah, sì?-
    -Sì.-
    -Ok. Ti credo.-
    -Comunque non c’era niente che potesse interessarti.-
    -Ma te che ne sai di cosa può interessarmi o meno?-
    -Non lo so.-
    -E allora?-
    -E se ti scopre la prof.?-
    -Chissenefrega!-
    -Come chissenefrega?-
    -Anto…- Le dico guardandola male. -Io voglio vederlo!-
    -Sei peggio di una bambina.- Mi dice ridendo.
    -Lo so! …Su, fattelo dare di nuovo.-
    -Ok!-
    Chiama Lully e glielo chiede, quest’ultima prende un quaderno e lo mette avanti al giornale. Nella lo prende e lo posa sul mio banco. Inizio a sfogliarlo. Guardo, per un attimo, male Nella, poi guardo il giornale. All’inizio ci sono solo notizie sui vari vip. Chi è incinta, chi si è appena sposato e chi, invece ha appena divorziato. La prof. sta spiegando, mentre io mi soffermo su qualche articolo interessante. Alla faccia che non c’era niente che potesse interessarmi! Qui c’è quasi tutto il giornale che mi interessa. Sfoglio velocemente le pagine della moda, quelle dove ci sono le modelle anoressiche che indossano vari vestiti. Mi soffermo su quelle che danno notizie sui cantanti. Leggo gli articoli sui My Chemical Romance, 30 Seconds to Mars, Vanilla Sky, Lost, anche se non mi interessano molto, tranne i Lost. Cazzo, ma perché quasi nessun giornale porta notizie sui Tokio Hotel? Giro la pagina e trovo la sorpresa. Ho parlato troppo presto. Un articolo di due pagine sui Tokio Hotel. Leggo il titolo: “Una festa per i Tokio Hotel!”. Una festa? Che festa? Tom non mi ha mai parlato di nessuna festa, da quando è tornato in Germania. Però, beati loro che frequentano i personaggi famosi! Inizio a leggere l’articolo. Certo che sono proprio dei matti quei quattro. L’articolo continua dietro. E io che mi lamentavo perché non trovo mai nessun articolo su di loro. Giro la pagina. Rimango senza fiato. C’è un’altra sorpresa, ma questa volta è peggiore. Le foto che ci sono in queste altre due pagine sono molto chiare e Tom, qui, è inconfondibile. Le lacrime iniziano a scendere sul mio viso. Metto una mano sul braccio di Nella. Dopo un po’, giro la testa verso lei e noto che anche lei mi sta guardando. Le metto le foto di Tom e Katrynca che stanno entrando in un bagno sotto i suoi occhi.
    -Era questo quello per questo motivo che non volevi farmi vedere questo giornale?- Le dico fra le lacrime.
    -Mia, io…-
    -So che non volevi che io lo sapessi, ma…-
    Alzo la mano in modo che la prof. possa vederla.
    -Sì, Mozzillo, dimmi.- Mi dice la prof.
    -Posso uscire?- Le chiedo, cercando di non farle notare che sto piangendo.
    -Sì, certo, vai pure.-
    Mi alzo e corro alla porta. La apro, esco e la richiudo alle mie spalle. Corro per le scale ed esco nel cortile. Corro verso il bar. Percorro la piccola salita che porta ad una delle porte secondarie della palestra e mi siedo sul muretto. Singhiozzio ininterrottamente. Mi porto le mani al viso. Mi sdraio sul muretto. Il mio cellulare inizia a vibrare. Lo prendo dalla tasca per vedere chi è. E’ Tom. Piango ancora più forte. non rispondo. Stacco la chiamata e stringo il cellulare. Sto per gettarlo. Non voglio più saperne niente di lui. Alzo il braccio e sto per buttarlo. Sì, Mia, gettalo, gettalo… No, non posso farlo! Non posso farlo! Non me l’ha regalato solo lui, ma anche Georg, Gustav, Bill e Andreas. Sarebbe un gesto brutto se lo gettassi. Il cellulare torna a squillare. Non si arrende. Ti prego, Tom, non chiamarmi mai più, ti prego! Ok, basta, ora lo spengo. Rimetto le mani sul viso. Perché mi ha fatto questo, perché? Tutto questo vuol dire che non mi ama, né mi ha mai amata. Ma perché succede tutto a me? Sa tutto di me, tutto! È stata la prima persona a cui ho raccontato com’è morta mia madre, la prima. Non l’avevo detto manco a Marika e Rosa.
    -Mia! Mia… Mia, ma che hai?-
    Questa è la voce di Raoul. Ma come ha fatto a sapere che ero qui? Mi scuote, mentre io continuo a piangere.
    -Mia, è successo qualcosa? Parlami, ti prego!- Insiste, quasi come se mi stesse supplicando.
    -E’ tornato con Katrynca!-
    -Chi?-
    -Tom! Io sto solo con lui!-
    -Che vuol dire?-
    -Come che vuol dire?! Tom, il mio ragazzo, è tornato con Katrynca, la sua ex, questo voglio dire.- Gli dico urlando. Tutti si girano a guardarmi.
    -Parli delle foto sul giornale?-
    -Sì!-
    -Le ho viste anch’io.-
    -Ah, sì?-
    -Sì, e mi dispiace tanto.-
    -Se devo essere sincera, ci credo poco!-
    -Perché?-
    -Era quello che aspettavi, no? Tom ora è fuori gioco.-
    -Mia, per favore!-
    -”Mia, per favore!”…- Faccio con la voce in farsetto. -…Come facevi a sapere che ero qui?-
    -Una mia compagna di classe mi ha detto di averti vista, mentre correvi qui piangendo. Appena è arrivata sopra me l’ha detto ed io sono sceso subito.-
    Tolgo le mani dalla faccia e mi metto seduta. Lo guardo negli occhi. Lui mi sorride. Purtroppo non riesco a sorridere. Cavolo, quante cose non gli ho detto. È molto tempo che non mi confido con lui. Sono passate due settimane da quando abbiamo fatto l’ultima chiacchierata insieme. È stato proprio lì che ha voluto sapere di chi sono innamorata. Quando gli ho detto che stavo insieme a Tom, lui m’ha subito risposto che, in questa storia, io mi sarei fatta molto male. Non volevo credergli. Lo vedevo solo come uno che vuole mettere zizzania. Gli risposi che Tom non è il tipo di ragazze che i giornali raccontano. Non è un playboy, ma un ragazzo dolce. Ora mi pento di quelle parole e, mi dispiace molto ammetterlo, ma Raoul aveva ragione, ha sempre avuto ragione. Senza accorgermene, mi trovo a stringere con la mano la catenina che mi ha regalato Tom. Ricordo ancora quando me la diede, come se fosse ieri.

    Due settimane fa, io e Tom seduti sul suo letto nel Tokio - Bus.
    -Domani, a quest’ora sarai in Germania dai tuoi parenti.- Gli dissi.
    -Mi mancherai tantissimo, Mia. Non so come farò senza di te.- Mi rispose.
    Si avvicinò al mio viso e mi baciò con la stessa dolcezza che mi ha fatto innamorare di lui. Poi mi staccai da lui.
    -Dai, che, appena finisce questa cazzo di scuola, ti raggiungo.-
    -Non vedo l’ora. Ce ne staremo io e te per tre mesi sempre insieme, e viaggeremo tanto.-
    Tornò ad abbracciarmi e baciarmi. Con la sua mano dietro la mia nuca e la mia sul suo viso. Poi gli tolsi, come sempre il suo cappellino e la su fascia. Si staccò nuovamente da me e iniziò a frugare nelle tasche dei suoi jeans. Cacciò un astuccio e me lo passò.
    -Tomi, cos’è?- Gli chiesi curiosa.
    -Aprilo!-
    Lo aprii, guardando lui negli occhi. Mi sorrise. Abbassai lo sguardo sull’astuccio e vidi una catenina con la lettera “T” come ciondolo. Rialzai lo sguardo sul suo viso e rimasi a bocca aperta. Non so che dire. Lui cacciò da sotto la sua maglia una catenina con le lettere “V” e “M” come ciondoli.
    -Tomi, non so che dirti!-
    -Allora, non dire niente.-
    -Ma perché te hai la “M” e la “V”?- Gli chiesi.
    -Perché ero indeciso sul quale prendere tra le due, dato che ti chiami Valentina, ma ti chiamiamo Mia. -
    -Oh, Tomi, sei così dolce!-
    -Passamela che te la metto io.-
    La presi dalla custodia e gliela passai. Gli diedi le spalle e alzai i capelli. Lui me la mise al collo e mi mise la mano sulla mia, quella che teneva i capelli. Io tolsi subito la mia. Poggiò dolcemente i miei capelli sulla schiena. Ci alzammo dal letto e andammo di fronte ad uno specchio. Mi guardai la collana per un po’. Tom si piegò un po’ per baciarmi sul collo. Poi mi voltai verso lui e lo baciai. Cademmo sul letto. Tom non è più un playboy, ora è un ragazzo innamorato.

    Tutto questo lo pensavo prima di scoprire questa brutta verità. Era tutto solo un bellissimo sogno, in cui avevo creduto profondamente. La realtà è che non tutti i sogni possono essere realizzati, soprattutto questo. Come ho potuto pensare di riuscire a cambiare una persona? Io non ho questo potere. Mi è sembrato di stare in un libro di Federico Moccia. Ma le storie di Federico Moccia sono tutte finzioni, mentre questa è la realtà. Mi è bastato pensare di essere in un suo libro per cercare di essere anch’io felice, almeno per un po’. è stato solo uno stupido sogno da ragazzina.
    -Mia, mi ascolti?- Mi chiede Raoul.
    -Ehm… Cosa?- Gli chiedo come se fossi appena uscita da un sogno ad occhi aperti.
    -Non mi ascoltavi, eh?-
    -Raoul, so che avevi ragione te e so anche quello che provi ora, ma io non ho bisogno delle tue parole, ora.-
    -Perché?- Mi chiede sbalordito.
    -Perché qualunque cosa te mi dici, potrebbe avere un secondo fine.-
    Scendo dal muretto e corro verso l’ingresso della scuola. Salgo le scale, vado fuori la porta della mia classe. Mi blocco. Cambio direzione e mi dirigo verso la segreteria. Percorro tutto il corridoio. Arrivo fuori alla segreteria, entro e chiedo al vicepreside di farmi un permesso per uscire ora.
    -Perché?- Mi chiede, mentre prende il blocchetto per i permessi di entrata e di uscita.
    -Per ragioni di salute, non mi sento molto bene.-
    -Cosa ti senti?-
    -Un gran dolore allo stomaco.-
    -Ok.-
    Mi dà il foglio. Saluto e ritorno nel corridoio del mio piano. Arrivo fuori alla porta della mia classe, entro, lasciando la porta semi aperta. Vado dalla prof. E le do il foglio. Poi vado al mio banco e metto tutta la roba nel mio zaino. Sulla mia sedia è seduta Clemy. Quel maledetto giornale è ancora sul mio banco, ancora sulle pagine dei Tokio Hotel. Gli occhi tornano a farsi lucidi.
    -Clemy, posso prendere queste pagine sui Tokio Hotel?- Le chiedo.
    -Certo! Prendile pure, tanto a me e a Lully questo gruppo non piace proprio.- Mi risponde.
    Stacco le pagine delicatamente, stando bene attenta a non strapparle, in modo che non possa dire che ho frainteso. Metto quelle pagine nella tasca e torno a mettere la roba nel mio zaino. Appena ho finito, lo chiudo e lo metto sulle spalle. Mi dirigo verso la porta, saluto, esco dalla classe e richiudo la porta alle mie spalle. Scendo le scale. Esco nel cortile e mi dirigo verso il portone principale. Finalmente libera. Sì, ma dove vado? I pullman ancora non saranno arrivati. Devo per forza aspettare fino alle 12.35, per vedere un pullman passare. Vorrà dire che mi avvierò alla fermata.


    Capitolo 17
    Tom è sdraiato sul suo letto col cellulare in mano sta cercando, da un’ora, di chiamare Mia. Non gli risponde e Tom si sta chiedendo il perché. Di fronte a lui, seduta su una sedia, c’è Katrynca, la quale sta cercando di capire cos’ha Tom. Ma non sa che Tom per la prima volta nella sua vita è innamorato, ma non di lei. Ma, comunque Katrynca non demorde e cerca ancora cercando di convincerlo sul fatto di essere cambiata, anche se non è vero.
    -Tom, io sono davvero cambiata!-
    -Ancora con questa storia?!-
    -Sì, e non la smetterò finché non mi crederai.-
    -Katrynca, anch’io sono cambiato.-
    -E questo cosa c’entra?-
    -C’entra. Io non sono più quello di una volta.-
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    Tom si alza dal letto e va da lei. Va nel menu del cellulare e prende una foto sua insieme a Mia e gliela mette davanti agli occhi.
    -La vedi questa ragazza?- Le chiede.
    -Sì, chi è?-
    -Ecco, questa è la mia ragazza.-
    -E allora?-
    -Katrynca, io amo questa ragazza.-
    Katrynca inizia a ridere sguaiatamente, come se Tom le avesse detto di aver visto un asino che vola.
    -Che cazzo ridi?-
    Katrynca non riesce quasi a parlare dalle risate.
    -Per quello che hai appena detto.-
    -Cioè?-
    -Il fatto che stai con questa tizia e…- Katrynca torna a ridere. -…Come ha detto tu, che la ami… Oddio, è più forte di me, non ce la faccio a smettere di ridere.-
    Katrynca continua ancora a ridere e Tom s’innervosisce ancora di più. Mette il cellulare in tasca, va vicino alla sua scrivania, ci sbatte una mano sopra e scuote la testa.
    -Cosa c’è di così strano?- Tom inizia a urlare. Katrynca si alza dalla sedia e va da lui.
    -Tu non sai amare!-
    Tom rimane colpito da questa frase. Si volta verso lei e la guarda. Le va vicino.
    -Chi ti dice questo?-
    -Me lo dice il fatto che in questi quindici giorni sei venuto ben sette volte, una dietro l’altra, a letto con me. E non hai mai pensato a lei mentre scopavi con me, altrimenti ti saresti alzato e te ne saresti andato. E non penso che vi siete messi insieme ieri sera.-
    -Ho sbagliato a venire a letto con te. Non deve interessarti quando ci siamo messi insieme io e Mia. Katrynca tu non sei cambiata affatto altrimenti non diresti tutte queste cose.-
    -Forse non sarò cambiata, ma tu, tu non sei capace di amare. Forse potrai amare tuo fratello, ma non saprai mai amare una donna.-
    -Tu non mi conosci affatto. Io amo questa ragazza e non puoi neanche immaginare quanto e ti voglio dire ancora un’altra cosa: ognuno di noi è capace di amare, basta volerlo e io questo lo voglio, ma noto che tu non lo vuoi, altrimenti ora non parleresti in questo modo… Bene, ora puoi anche andartene.-
    -E se lo venisse a sapere?-
    -Di quello che è successo tra noi?-
    -Sì.-
    -E’molto improbabile, ma se succedesse io la affronterei e le dimostrerei il mio amore.-
    -Perché molto improbabile?-
    -Perché questa ragazza è italiana e queste foto sono solo sui tabloid tedeschi.-
    -Ma il tuo gruppo è famoso anche in Italia, quindi potrebbero arrivare.-
    -Te l’ho detto, se mai arriveranno lì io cercherò in modo di farmi perdonare e le dimostrerò il mio amore. Comunque lei ancora non mi ha detto niente, il che vuol dire che le foto non sono arrivate e ci sono molte possibilità che non arrivino mai.-
    -Possibilità da uno a dieci?-
    -Dieci!- Dice Tom con aria di sfida.
    -Meno dieci!- Katrynca risponde alla sfida.
    -Contento te. Comunque io vado via, fatti sentire. Il mio numero è sempre lo stesso.-
    -Sì, contaci.-
    -Tom, tu mi sottovaluti troppo.-
    -No, affatto. Semplicemente, non mi fai né caldo e né freddo.-
    -Vaffanculo.-
    -Vacci prima tu.-
    Katrynca prende la borsa e se ne va. Tom torna a sdraiarsi sul letto. Riprende il suo cellulare e prova a richiamare Mia. Il telefono risulta ancora spento. Getta il cellulare sul letto del fratello e si mette le mani in faccia. “Ma perché è spento? Mezz’ora fa era acceso! Forse si è scaricata la batteria. Potrebbe anche essere.”.
    Bill entra trafelato nella loro camera. Tom si mette seduto.
    -Tom, le foto tue insieme a Katrynca sono arrivate in Italia. Le ha pubblicate un giornale italiano.-
    -Cosa?!-
    -Sì, è vero.-
    -Come lo hai saputo?-
    -Me l’ha detto Anto, ne ha comprato una copia.-
    -Oddio, oddio! Come diavolo faccio ora?-
    -L’unica cosa che puoi fare ora è sperare che il giornale non arrivi mai nelle mani di Mia.-
    Tom si alza e va vicino al muro. Ci poggia la testa, chiude gli occhi e dà dei pugni al muro. Li dà così forte da farsi male le mani.
    -Io non posso perderla, non posso, non voglio, non voglio perderla…- Dice dando ancora dei colpetti al muro. -…E’ una delle poche cose belle che mi sono capitate nella vita.-
    Bill va da lui cercando di calmarlo. Lo fa girare verso lui e lo abbraccia. Bill lo stringe forte, cercando di consolarlo. Tom ha le mani rosse, in alcune parti esce anche del sangue. Tom si stacca da lui. È ancora triste.
    -Tom, diglielo tu.-
    -No, non posso, potrebbe lasciarmi.-
    -Devi correre questo rischio.-
    -No, non posso.-
    -Tom, ormai il guaio l’hai fatto. Prenditi le tue responsabilità. Affronta i problemi. E sii sincero, in un rapporto è molto importante la sincerità, ricordalo.-
    -Lo so, ma non voglio perderla.-
    -Tom, questo l’ho capito. Facciamo così: ora io dico ad Anto di non far avvicinare Mia a nessuna edicola fino all’anno prossimo.- Gli propone Bill.
    -Ok, grazie… Mia mi ha raccontato che quasi tutti i giorni alcune sue compagne di classe portano dei giornali e se in qualcuno di questi ci fossero le foto e lei le vede?-
    -Se succedesse, il guaio è ancora più serio.-
    -Perché è ancora più serio?-
    -Perché non sei stato tu a dirglielo, le hai mentito.-
    -Oddio, no, non voglio perderla, non posso perderla.-
    -Tom, diglielo tu. Almeno considererà il fatto che gliel’hai detto e potrebbe darti un’altra possibilità. Tom, io non voglio che tu soffra, ma sii sincero con lei e promettile che non capiterà mai più.-
    -No, non lo so. Potrebbe comunque lasciarmi.-
    -Tom, hai quasi diciannove anni, cazzo, inizia a prenderti le tue responsabilità. E poi ricorda: non lasciare che la paura di perdere ti impedisca di partecipare.-
    -E questo che c’entra?-
    -C’entra, c’entra. Pensaci.-
    Bill se ne va lasciandolo nuovamente solo al centro della stanza. Si guarda alle mani, poi va vicino al letto di Bill, prende il suo cellulare e torna a sdraiarsi sul suo letto. “Forse Bill ha ragione. Forse è meglio che glielo dica io. Tanto potrebbe venire a saperlo prima o poi, almeno sarò stato sincero. Magari dopo un po’ se ne scorderà e mi vorrà di nuovo.”, pensa. Il sangue inizia a sporcargli la maglia e il copriletto, ma non se ne frega per niente. Prende in cellulare, compone il numero di Mia per l’ennesima volta e, per l’ennesima volta, torna a chiamarla. È ancora spento. E la paura che Mia possa aver visto quelle foto inizia a farsi sentire e inizia e crescere. Allora inizia a preparare le parole per riuscire a dirglielo. La paura di perderla è sempre più forte.

    Sono ancora qui a Marcianise, alla fermata del mio pullman, cercando di ammazzare il tempo, anche se è molto difficile. Sono ancora le 12.00 e manca ancora mezz’ora alla fine delle lezioni. Prendo il mio cellulare dalla tasca e la tentazione di riaccenderlo si fa sempre più forte. Vorrei vedere solo se ha provato ancora a chiamarmi. No, non voglio sentirlo mai più. Cazzo, ma perché ha dovuto rovinare tutto? Stava andando così bene, la distanza non sembrava pesare secondo entrambi, anzi no, solo secondo me.
    “Allora, Mia, questo, invece è Tom, Il fratello gemello di Bill e, nonché, il playboy del gruppo…”, le parole di Rosa mi rimbombano nella mente. Le lacrime tornano a scendere. Cerco di trattenerle, ma non mi riesce, è davvero molto difficile. Ha distrutto tutto ciò che avevamo costruito. Purtroppo l’amore è così (soprattutto quest’amore), come un castello di sabbia: difficile da costruire, ma facile da distruggere. Era una storia a senso unico, l’amore proveniva solo dalla mia parte, dalla sua, no. Mia, ma cosa ti aspettavi da lui? È il chitarrista di un gruppo famoso in quasi tutto il mondo. Può avere tutte le donne che vuole ovunque vada. Mia, è un playboy e i playboy non cambiano mai, e se lo fanno non può succedere tutto così facilmente. Come poteva innamorarsi di una qualunque ragazza di provincia? Prendo dalla tasca le pagine di giornale e torno a guardarle. Le guardo per più di venti minuti. Non riesco a staccare lo sguardo da quelle foto. Come può essere così falso?
    Iniziano a venire delle ragazze, il che vuol dire che è finita un’altra giornata scolastica. Per fortuna tra qualche giorno finirà l’anno scolastico. Cazzo, a giugno dovevamo raggiungere i Tokio Hotel per passare l’estate con loro! Oddio, io non posso andarci, non ce la farei a vederlo, soprattutto se sta insieme a Katrynca!
    A poco a poco iniziano a formarsi dei gruppetti di ragazze. Dopo cinque minuti vedo Marika e Rosa arrivare di corsa. Piego velocemente quelle pagine e le metto nella tasca posteriore. Arrivano vicino a me.
    -Mia, ma com’è che sei già qua?- Mi chiede Marika col fiatone.
    -Ho fatto un permesso per uscire prima.- Rispondo io.
    Arriva anche mia sorella con un’amica.
    -Ehi, Mia, ma cosa ci fai già qui?- Mi chiede mia sorella.
    -Ho fatto un permesso.- Rispondo scocciata.
    L’amica di mia sorella ci saluta e se ne va. Squilla il cellulare di mia sorella. Si allontana per rispondere.
    -Mia, c’è qualcosa che non va?- Mi chiede Rosa.
    -No, no, va assolutamente bene.- Rispondo facendo un finto sorriso. Non so in che modo, ma sto riuscendo a trattenere le lacrime.
    -Sicura?- Mi chiede ancora Rosa insistente.
    Mia sorella torna da noi col cellulare in mano. Me lo passa. Rispondo facendole una faccia interrogativa.
    -Sì?- Chiedo, aspettando una risposta.
    -Mia, amore mio, sono io.-
    -Io chi?- Chiedo ancora.
    -Come chi?! Sono Tom.-
    A quella risposta ho un’altra fitta allo stomaco e le lacrime tornano fuori dai miei occhi. Stacco subito la chiamata e ridò il cellulare a mia sorella. Le mie amiche e mia sorella mi guardano sbalordite.
    -Mia, ma sei fuori?- Mi chiede mia sorella.
    -No, affatto.- Rispondo.
    -Allora come spieghi il fatto di aver attaccato il telefono in faccia al tuo ragazzo?- Mi chiede Marika.
    -Lo spiego col fatto che Tom è più falso di un assegno circolare da un milione di euro.- Dico arrabbiata.
    -Ma perché dici questo, Mia?- Mi chiede ancora Marika con un tono comprensivo.
    Prendo dalla tasca le pagine del giornale di Clemy e gliele metto sotto al naso. Tutt’e tre le guardano a bocca aperta. Poi alzano lo sguardo e guardano me. Mia sorella mette le mani nello zaino e cerca qualcosa. Caccia un giornale diverso da quello di Clemy. Lo sfoglia velocemente e me lo passa. Ci sono altre foto, diverse da quelle che ho io. È sempre insieme a Katrynca. Foto dove si baciano. Che schifo! Che schifo! Che schifo! Lo chiudo e giro la testa le lacrime iniziano a scendermi velocemente. Poi torno a guardare le mie amiche e ridò il giornale a mia sorella.
    -Perché cazzo me l’hai fatto vedere, eh? Per farmi stare ancora peggio?- Le chiedo arrabbiata, tra le lacrime. Finalmente arriva il pullman. Sono la prima a salire. Mi siedo al primo posto. Non mi è mai piaciuto stare dietro si fa troppo casino. Prendo il mio il mio Mp3 ed infilo le cuffie nelle orecchie. Ora voglio solo dimenticare tutto di lui. I suoi occhi che mi guardano con la dolcezza di un pasticcino (che paragone, mamma mia! Qualcosa di meglio no, eh? Vabbeh, andiamo avanti!), le sue mani fra i miei capelli e quando mi accarezza piano, la sua bocca mentre mi bacia, i suoi capelli ruvidi. Mi mancherà tutto questo, mi mancherà davvero tanto, ma ora voglio solo dimenticarlo, per sempre e riuscire a trovare un ragazzo giusto per me che mi ami davvero con tutto il suo cuore.
     
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  6. ~NiCkY~
     
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    Che bella ficcy...povera Mia...Tom è stato proprio uno S******vabbè si sa...comunque questa frase mi è piaciuta un sacco...
    CITAZIONE
    -Non preoccuparti, mio caro, ben presto conoscerà il mio migliore amico!- Gli risponde indicando il basso ventre.
    -Chi? Il pennarello che usa Puffo Pittore?-

    Oddeooo il pennarello del Puffo Pittore... :yuyyi: :yuyyi: :yuyyi: :rttrtrtr: :rttrtrtr: :rttrtrtr:
     
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  7. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 18
    Quattro giorni. Sono passati solo quattro giorni da quando ho visto quelle foto. Quattro giorni di pianti. Quattro giorni di digiuno. Quattro giorni con il cellulare spento. Quattro giorni, in cui non ho interagito con nessuno. Quattro giorni in cui sono tornata da scuola e mi sono gettata sul letto. Quattro giorni in cui non sono uscita. Quattro pomeriggi deprimenti. In questi quattro giorni ci sono state mia sorella e le mie amiche che hanno tentato a tirarmi su il morale. Facevano tutte le stronzate possibili e immaginabili solo per farmi sorridere, ma non ci sono mai riuscite. Però, ho apprezzato il fatto di averci provato. In questi quattro giorni Marika e Raoul hanno voluto mangiare e dormire qui e nel letto Raoul non faceva altro che stringermi forte a sé e io mi sono lasciata cullare e iniziavo a stare bene, finché il destino non era crudele con me girando il suo dito nella mia piaga facendomi vedere delle immagini di Tom, sia in televisione, sia sui giornali, sia in qualsiasi altro modo e mi crollava di nuovo il mondo addosso. E ancora ora sono sdraiata sul mio letto aspettando che il tempo passi un po’ più velocemente. Il telefono di casa squilla. Non mi alzo per rispondere, c’è mia sorella. Chissà chi è. Oddio, ma che mi frega? Io sto male e penso a chi è al telefono. Sto evitando di ascoltare le canzoni dei Tokio Hotel: qualsiasi cosa potrebbe ricordarmi lui. L’ho lasciato tramite un messaggio. Un messaggio povero dove ho scritto solo che tra me e lui era finita. Poi l’ho spento di nuovo il cellulare. Ha provato a chiamare tante volte qui a casa. Mia sorella, sotto mie indicazioni ha risposto che non c’ero. Lo stesso anche mio padre.
    -MIAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, ALTELEFONO!- Mi urla lei dalla sua camera.
    -Va bene.-
    Mi alzo dal letto e vado vicino alla scrivania. Prendo il cordless e lo poggio sull’orecchio.
    -Pronto?- Chiedo.
    -Mia, sono Andreas.-
    -Andreas?!-
    -Sì, il migliore amico di Bill e Tom.-
    -Ciao, come va?-
    -Bene, grazie. E a te?-
    -Secondo te? Ma come hai avuto il mio numero?-
    -L’ho preso da Bill.-
    Mi siedo sul letto per stare più comoda.
    -Ah, ho capito… Come mai mi hai chiamata?-
    -Perché volevo parlare un po’ con te.-
    -Di cosa?-
    -Secondo te?-
    -Di Tom?-
    -Esatto.-
    -No, Andreas, se vuoi parlare di Tom allora possiamo anche staccare.-
    -Mia, ti prego parliamone.-
    -No.-
    -Devo essere sincero: l’avevo immaginato che avresti detto di no.-
    -Se l’avevi immaginato, allora perché mi hai chiamata?-
    -Solo per dirti che lui sta male.-
    -Perché? Secondo te, io non sto soffrendo? Secondo te, io sto benissimo?-
    -Non voglio dire questo, Mia, non fraintendermi.-
    -Allora cos’è che vuoi dire?-
    -Voglio dire che lui ti ama e molto.-
    -Se mi amava non si sarebbe rimesso con l’altra.-
    -Mia, lui non sta con Katrynca. Lui ha solo fatto l’errore di andare sette volte a letto con lei, ma niente di più. Credimi, lui ti ama davvero.-
    -Sette volte?! Oddio, una settimana intera. E te dopo che lui è andato sette volte con lei mi dici che devo tornare a stare con lui, no, non ci sto.-
    Il mio sguardo è basso, come se avessi paura di qualcosa o di non farmi vedere da qualcuno, anche se non c’è nessuno. Rialzo lo sguardo e lo trovo lì, davanti a me che mi guarda. Non sorride è serio. Lo guardo. Ma come ha fatto ad entrare. Rimango di sasso. Il telefono mi cade da mano. Restiamo a guardarci per un po’. Tom chiude la porta e si avvicina al mio letto. Si siede. Facendosi più vicino a me. Io indietreggio il più possibile.
    -Che ci fai qui?- Gli chiedo.
    -Possiamo parlare, Mia?-
    -No.-
    -Ti prego fammi spiegare tutto quello che è successo.-
    -Non voglio sentirlo.-
    Tom si alza dal letto.
    -Perché no?-
    -Perché mi fai schifo. –
    Mi alzo anch’io dal letto e gli vado vicino. Mi metto il viso a pochi centimetri da lui. Ci guardiamo intensamente negli occhi. Ho l’impulso di baciarlo, ma non lo faccio. So che lui sa che vorrei baciarlo.
    -Non è vero, tu mi ami.-
    -Sì, è vero, io ti amo, ti amo ancora e tantissimo, ma farò in modo che questo amore scompaia molto presto.-
    -No, Mia, non puoi farlo.-
    -Ah no?-
    -No.-
    -E perché?-
    -Perché anch’io ti amo!-
    -Tu m i ami?! Tu mi ami?!-
    -Sì, ti amo più della mia stessa vita.-
    -Te mi dici che mi ami dopo che ti sei rimesso con la tua ex?! Questo è davvero il colmo!-
    Tom scuote la testa. Poi mi ripunta i suoi occhi.
    -Io non sto con Katrynca, come te lo devo dire? Io sto solo con te e voglio continuare a stare solo con te.-
    -No, Tom, io e te non stiamo più insieme: è finita!-
    -No, Mia, non può finire tutto così, non puoi farlo.-
    -Sì che posso. E comunque non prendertela con me, ma con te stesso. Tu hai distrutto tutto ciò che stavamo costruendo.-
    -Mia, lo so, ho sbagliato e ti chiedo perdono. Ti prego, perdonami.-
    -No, Tom, tu mi stai chiedendo di fare finta di niente. Mi stai chiedendo di far finta che, tutto ciò che è successo tra te e Katrynca, non sia mai accaduto.-
    Le mie lacrime tornano ad uscire. Ecco, lo sapevo. Perché piango quando non devo? Che testa di cazzo che hai, Mia. No, no, no, no, no, non posso piangere davanti a lui. È la prima regola di una ragazza: “Non bisogna mai piangere davanti ad un ragazzo, soprattutto davanti al diretto interessato: potrebbe solo godere e sentirsi più forte!”seppure tentassi di trattenerle, non ci riuscirei comunque: mi stanno scendendo troppo velocemente. Tom mi si avvicina ancora di più, mi guarda negli occhi e mi mette una mano sulla guancia.
    -Credimi, mi dispiace davvero. Vorrei tanto che tutto questo non sia mai accaduto.-
    Metto la mia mano sulla sua, quella che ha sulla mia guancia e, violentemente, la tolgo. Mi accorgo che ha una benda.
    -Cos’hai fatto alla mano?-
    -Nulla, cercavo un modo per riparare al mio errore.-
    -Mi dispiace, Tom. Io non vorrei essere crudele, ma io non ti voglio più. Ora puoi anche andartene.-
    -Ti prego, perdonami. Non voglio perderti.-
    Tom mi stringe la mano. Le lacrime continuano a scendermi, non vogliono fermarsi per niente. Apre la porta e ci guarda dall’uscio.
    -Spero che almeno passerai le vacanze con noi, come avevamo programmato al tuo compleanno.-
    -Non lo so.-
    -Ti prego vienici.-
    -Perché vuoi così tanto che io venga?-
    -Perché non vorrei che per colpa mia tu devi rinunciare a divertirti.
    -Posso divertirmi anche qui, con i miei amici.-
    -Ti prego vienici.-
    -Ti prego, Tom, lasciamo stare.-
    -Ok, lascio stare, ma voglio dirti che non ho intenzione di arrendermi: quando voglio una cosa io la ottengo sempre.-
    -Neanche io voglio arrendermi.-
    -Che vuoi dire?-
    -Il contrario di quello che hai detto te.-
    -Cioè, che farai di tutto per non farti riconquistare da me?-
    -Precisamente.-
    -Ok, io ora vado, ma me ne vado ora: la prossima volta sta’ sicura che non me ne andrò.-
    Tom se ne va, salutando mia sorella che è rimasta sull’uscio. Mia sorella corre ad abbracciarmi. Mi stringe forte e mi carezza la testa. Non voglio più rivederlo, ma non voglio perdermi il fatto di passare le vacanze con i Tokio Hotel.
    -Ehi, Mia, dai. Io non ne sapevo niente, me l’ha detto Bill nel momento in cui è arrivato.-
    -Ora non voglio più vederlo, ora voglio solo dimenticarlo.-
    -Su, Mia, stai tranquilla. Gli altri del gruppo vuoi sentirli lo stesso?
    -Certo che sì, loro non c’entrano niente.-
    Improvvisamente mi ricordo che dovrebbe esserci ancora Andreas al telefono. Mi stacco da mia sorella. Prima però mi tolgo la collana e la stringo tra le mie mani, mentre mia sorella se ne va. Faccio per buttarla ma ci ripenso e la metto in un cassetto. Mi butto sul letto e prendo il telefono.
    -Andreas, ci sei ancora?-
    -Sì, ci sono.-
    -Hai sentito tutta la discussione con Tom?-
    -Sì.-
    -Qualche commento?-
    -Sì. Mia, lui ti ama davvero, ti ama. Io non l’ho mai visto così innamorato, anzi non lo è mai stato in vita sua, se devo dirtela tutta.-
    -Questo comunque non giustifica quello che ha fatto.-
    -No, è vero, però concedigli un’altra possibilità.-
    -Andreas, è stato con lei per una settimana intera, come faccio a concedergli un’altra opportunità?-
    -Facciamo così: vieni in vacanza con noi durante le vacanze osserva il modo in cui si comporta, poi da lì prenderai la tua decisione definitiva.-
    -Non lo so.-
    -Dai, cosa ti costa?-
    -Ok. Accetto.-
    -Grande!-
    -Ma ad una sola condizione.-
    -Quale?-
    Accetto solo se i Tokio e, soprattutto, Tom non lo sappiano prima del mio arrivo, dev’essere una sorpresa. A loro dirai che non me la sono sentita-
    -Mi va bene!-
    -Allora io verrò in questi giorni.-
    -Noi rimaniamo in Germania, finché non arriverà anche tua sorella.-
    -Prendo l’aereo per Berlino.-
    -E io vengo a prenderti all’aeroporto di Berlino.-
    -Ok, papà dovrebbe andare a prendere il biglietto oggi e avevamo programmato per mercoledì 4 giugno.-
    -Mattina o pomeriggio?-
    -Mattina.-
    -Ok allora io vengo all’aeroporto dalla mattina.-
    -Ok.-
    -Allora, a risentirci.-
    -Ok, grazie, Andreas.-
    -Ma figurati. Ciao.-
    -Ciao.-
    Attacchiamo entrambi. Vado al computer e, dopo tanto tempo metto la canzone Don’t jump. Torno a sdraiarmi programmando le mie vacanze con i miei miti.

    Capitolo 19
    L’aereo per la Germania è appena decollato. Stanno per cominciare le mie vacanze con i Tokio Hotel. È la mia prima vacanza da sola. Ho lasciato la mia povera sorella nelle grinfie dei commissari degli esami. Poverina! Ieri sera ho rotto con Raoul, per sempre. Ieri sera ha esagerato, ha avuto un comportamento che è arrivato al limite della mia sopportazione.

    Martedì sera. In piazza. Eravamo io e Raoul seduti su un muretto di fronte alla caserma dei Carabinieri. Gli altri del gruppo erano sparsi un po’ dappertutto. Io e Raoul stavamo parlando della mia partenza e di Tom. Mi chiedeva se mi ha più ricercato dopo l’altro giorno, quando è venuto a casa. Sì, mi ha cercata e mi cerca ancora. Non vuole arrendersi. È di coccio, quel ragazzo!
    -Quindi hai deciso comunque di partire domani, nonostante tutto.- Mi ha detto.
    -Sì, e spero che vada tutto nel migliore dei modi.-
    -Ma perché vuoi andarci? Non ti è bastato quello che ti ha fatto?-
    -Ancora?! Io vado solo per divertirmi. E comunque i Tokio Hotel non sono solo Tom, ma anche Bill, Gustav e Georg. Sei di un pesante cronico.-
    -Mi preoccupo solo per te.-
    -Non devi, Raoul, non devi, io sto benissimo. Questa cosa devo farla soprattutto per me stessa, non per Andreas o Tom, anzi Tom neanche lo sa.-
    -Mia, Tom non è l’unico uomo sulla faccia della terra, ci sono anch’io.-
    -Sì, ma io amo Tom, non te.-
    -Cos’ha Tom che io non ho? Ah sì, certo! I soldi.-
    -Davvero pensi che io da lui voglio solo i soldi? Se pensi davvero questo, allora vuol dire che in questi due anni non hai mai capito niente di me.-
    -Non lo ami davvero, Mia.-
    -Ma te che ne sai?-
    -Lo so.-
    -No, che non lo sai.-
    A quel punto, si avvicina a me e mi bacia. La mia bocca è serrata. Lui cerca di aprirla in ogni modo, ma non c’è nulla da fare, non si apre. Ha cercato di baciarmi con la lingua, che squallido! L’ho staccato da me violentemente e gli ho dato uno schiaffo. Uno schiaffo davvero fortissimo, tanto che gli ho lasciato il segno delle cinque dita sulla guancia. Mi ha guardata strafatto: si aspettava che non aprivo la bocca e che mi staccavo in quel modo da lui, ma non si aspettava lo schiaffo, in qualche modo l’ho stupito.
    -Come ti sei permesso?-
    -Scusa, Mia, ma dovevo farlo. Non ce la facevo più. O ti baciavo o impazzivo.-
    -Avrei preferito che fossi impazzito.-
    -Mia, io non riesco ad essere solo il tuo migliore amico. C’ho provato, ma non ci riesco, è più forte di me. Io voglio stare con te e se tu non lo vuoi allora vuol dire che non possiamo rimanere amici.-
    -Se è questo quello che vuoi, allora la nostra amicizia può anche finire qui. Però ti avverto che stai cancellando due anni di una bellissima amicizia.-
    -Ma io voglio stare con te. Io ti amo!-
    -Mi dispiace ma non posso darti quello che cerchi. Sai benissimo che il cuore appartiene ad un altro.-
    A quel punto mi sono alzata e me sono andata. Sono tornata da Rosa e Marika. Ha voluto gettare una bella amicizia nella spazzatura. Se mi chiederà di fare pace, non lo perdonerò. Appena sono tornata a casa ho ripreso la collana dal cassetto in cui l’avevo messa giorni fa. Non l’ho indossata ma l’ho messa, prima in una scatolina, per poi metterla nel mio beauty-case.

    Odio il fatto che nell’aereo non si può usare il cellulare. L’agente di viaggio ha detto a papà che ci volevano due o tre ore per arrivare a Berlino da Napoli. Mi sono sentita morire quando ho lasciato papà e lui e Anto già mi mancano da morire. Prima di salire sull’aereo ho chiamato Andreas per avvisarlo che stavo salendo sull’aereo. Lui mi ha risposto che era già nel treno per Berlino e che sarebbe arrivato in tempo. Mi ha anche detto che, nel frattempo che aspettava il mio aereo, sarebbe andato a fare delle compere. Chissà com’è bella la Germania, soprattutto in estate, anche se ci resteremo per poco. Andreas mi ha detto che Bill e Tom vogliono restare ancora a casa loro per una settimana. Chissà com’è bella la casa di Bill e Tom. Ma perché penso ancora a Tom? Mia, hai bisogno che lui ti sputtani davanti a tutto il mondo oppure vuoi che ti picchi per dimenticarlo? Guarda caso il mio mp3 sta riproducendo la sua Sex .

    Irgendwie weiß ich genau,
    du bist eine wunderbare Frau
    und sowas läuft eim´ wirklich nicht so oft übern Weg.

    Ist ja wirklich auch egal,
    du bist es ja auch ohne mich,
    Du hast einfach nur ein neuen Freund gewonnen für dich.

    Ich mag alles wie du gehst
    und wie du mich verstehst
    und wie du mir dann immer wieder meinen Kopf
    verdrehst und es bleibt spannend,
    Du hast diesen Respekt.

    Für dich geh ich durch die Wand,
    Du behandelst mich perfekt,
    und es geht im Endeffekt nicht einfach nur um Sex.

    Immer wenn ich an dich denk,
    ist es wie Musik im Ohr
    und die schrägsten Töne komm´ mir am Schönsten vor.

    Einmal Eins ist dreimal Vier,
    als wärn ganz viele Engel hier. Alle
    es gibt kein Himmel wenn dann gibt’s ihn nur mit dir!

    Ich mag alles wie du gehst
    und wie du mich verstehst
    und wie du mir dann immer wieder meinen Kopf
    verdrehst und es bleibt spannend,
    Du hast diesen Respekt.

    Für dich geh ich durch die Wand,
    Du behandelst mich perfekt,
    und es geht im Endeffekt nicht einfach nur um Sex

    Vorrei passare avanti la canzone, ma non ci riesco, è più forte di me. La sua voce mi ipnotizza. Gli occhi mi si inumidiscono, ma, nonostante tutto, non scende alcuna lacrima. La signora accanto a me si è addormentata. Appena ha visto che ero da sola a viaggiare, ha voluto rassicurarmi, ma non ce n’è stato bisogno: non ho paura di volare, non l’ho mai avuta, anche se questa è la prima volta che prendo un aereo.

    Pomeriggio.
    -Tom, ti prego, non fare così, dai!- Cerca di consolarlo Bill.
    -Come faccio? Io non riesco a stare senza lei, non posso starci.- Gli risponde Tom piangendo. -Sto passando giorni di merda.-
    I Tokio Hotel sono tutti in camera di Bill e Tom, seduti sul letto di quest’ultimo, il quale sta piangendo e stanno tutti cercando di consolarlo. Tom si sente in colpa anche per il fatto che Mia non vada con loro in vacanza, ma non sa che lei sta per arrivare e passare un’estate intera insieme a lui e ai Tokio Hotel.
    -Tom, vedrai che si sistemerà tutto per il meglio. Lei non viene solo perché ora è arrabbiata con te. Fai passare del tempo e vedrai che tutto si aggiusterà. E sono sicuro che verrà qui insieme a sua sorella.- Cerca di rassicurarlo Gustav.
    -No, non penso. Verrà Anto, ma lei no. Lei non vuole più vedermi, me l’ha detto chiaramente per telefono. Ed ha aggiunto che non vuole più sapere niente di me… ma perché sono così coglione?- Risponde Tom.
    -Tom, non dire così. Mia, ora, ha bisogno di tempo per mandare giù tutta la faccenda.-
    Tom continua a piangere. Non aveva mai pianto per nessuna in vita sua. Anzi lui non piange quasi mai, soprattutto per amore di una ragazza, dato che Mia è l’unica di cui sia mai stato innamorato. I suoi singhiozzi sono sempre più forti. Poi si alza dal letto e va di fronte al muro. Inizia a dargli dei pugni. Forti. Come se volesse tirare giù la parete. La fascia che aveva prima inizia a sciogliersi. A mano a mano, le mani si fanno rosse per poi iniziare ad aprirsi delle ferite ed uscire il sangue.

    La casa di Bill e Tom è davvero molto bella: da fuori sembra una di quelle case classiche di legno, mentre dentro c’è un arredamento davvero moderno, è a più piani. Poi non è né troppo grande e né troppo piccola. Ha un giardino enorme, pieno di fiori e con due alberi. Simone, la madre di Bill e Tom, ci aspettato sull’uscio. Appena sono arrivata, mi è corsa incontro e mi ha abbracciata. Mi ha detto che Tom le aveva già raccontato tutto di me. Mi tratta come una figlia, anche se mi conosce da poco. Bill e Tom sono come lei. Non se ne fregarono che ero un’anti - Tokio. Anche la nonna è davvero molto affettuosa. Ho capito da chi hanno preso quei due. Simone mi ricorda molto mia madre: affettuosa, calorosa, gentile, premurosa con tutti, soprattutto con gli estranei. Simone mi ha detto che Tom e Bill le hanno raccontato tutta la faccenda del primo e Katrynca. Simone ha detto che Tom era sempre il solito imbecille. Mi ha detto che lui ha sofferto più di Bill dell’abbandono del padre. A differenza di Bill, Tom soffriva in silenzio. Simone mi ha detto che è sempre stato, fin da piccolo, protettivo nei confronti della famiglia, anche nei confronti del padre, nonostante li avesse abbandonati.
    Da sopra si sentono urla e rumori forti. Sembra che ci sia un incontro di box. Lascio Simone, la nonna e Andreas e salgo sopra. Salgo gli scalini a due a due per fare più in fretta possibile. Apro la porta e vedo Bill, Gustav e Georg vicino al muro. Cercano di fermare Tom. Oddio, sta prendendo a pugni la parete. C’è del sangue un po’ dappertutto. Mi avvicino a loro Georg mi guarda come se vedesse un fantasma. Gli faccio segno con l’indice di stare zitto. Georg fa segno a Bill e Gustav di spostarsi. Bill e Gustav e si allontanano. Io mi avvicino sempre di più a Tom. Gli copro gli occhi con le mani. Tom smette di dare i pugni. Mette le sue mani sulle mie. Il suo sangue inizia a scorrere sulle mie mani, per poi scendere sui polsi e sulle braccia. Continua a scorrere.
    -Mia!- Mi chiama. Mi avvicino al suo orecchio destro.
    -Sì, sono io, Tom.- Gli sussurro.
    -Sei davvero tu?- Mi chiede ancora. La sua voce è tremante.
    -Sì, Tomi, sono davvero io, ma ora cerca di stare calmo, ok?-
    -Ok, ora mi calmo.-
    Tom prende le mie mani e le intreccia tra le sue. Poi si gira verso me, mi guarda e mi sorride. Lo abbraccio, stringendolo forte a me. Tom mi stringe ancora più forte. Indosso la mia maglia preferita e non mi frega del fatto che mi si sta sporcando di sangue. Anche perché è il sangue della persona che amo più al mondo e con cui vorrei cercare di riparare. Ci stacchiamo l’uno dall’altro. Mi giro verso gli altri componenti del gruppo.
    -Ragazzi, potreste lasciarci un po’ da soli?- Gli chiedo.
    -Sì, certo, come no!- Mi risponde Gustav.
    Bill e Gustav escono velocemente. Io blocco Georg. Quest’ultimo mi guarda.
    -Potresti portarmi la cassetta del pronto soccorso?- Gli chiedo.
    -Subito.-
    Poi anche lui va via, rimanendo me e Tom soli. Mi giro verso lui e ci guardiamo senza dirci nulla. Vorrei guardarlo arrabbiata, ma non ci riesco. Tom mi sorride con una faccia abbastanza desolata. Cerco di tornare alla realtà. Quella realtà che mi fa male e allora riesco ad essere arrabbiata con lui e il mio viso è tornato serio.
    -Cos’hai creduto di fare, prendendo a pugni la parete? Pensavi che facendo così, io sarei tornata di corsa da te?-
    -No, Mia, non l’ho mai pensato, ma posso dirti che non riesco più a vivere senza te.-
    Georg arriva con la cassetta del pronto soccorso. Me la dà in mano e se ne va.

    Georg arriva giù, nel salotto, dove sono anche Bill, Simone, Gustav, Andreas e la nonna. Sono tutti seduti sul divano e parlano di Mia e Tom.
    -Georg, che aria tira?- Gli chiede Simone.
    -Brutta.- Risponde.
    -Cazzo!- Dice Bill.
    Simone gli dà uno schiaffo sulla testa. Bill si massaggia la testa.
    -Ma perché mi hai dato lo schiaffo?- Le chiede Bill.
    -Perché non voglio che dici queste brutte parole.- Le dice un po’ arrabbiata.
    -Scusa, ma permettimelo, la situazione è molto tragica.- Le dice ancora.
    -No, non te lo permetto… Comunque, io vorrei sapere cosa passa nella testa di quel cretino di tuo fratello. Quella ragazza è così brava e bella.- Dice Simone.
    -Bella, vero Simone? Se Tom non ne fosse innamorato, ci avrei provato io. Dice Gustav.
    -Si vede dalla faccia che è un a ragazza buona e affettuosa. E anche dolce e sensibile. Ma anche molto educata.- Dice la nonna.
    -Perché ho un fratello così scemo?- Sì chiede Bill.
    Simone gli dà un altro schiaffo in testa e Bill torna a massaggiarsela guardando “offeso” sua madre.

    Io e Tom siamo seduti sul suo letto. Sto ancora medicandogli la prima mano. Gliela disinfetto bene. Ogni tanto Tom fa dei sussulti di dolore. Non ci diciamo nulla. Tom è mortificato per la scena che ho visto prima. Ma lo è ancora di più per il fatto che sia stato con Katrynca. Continua a guardarmi mentre gli metto l’acqua ossigenata sulle ferite. Poi ci tampono sopra del cotone.
    -Brucia molto?- Gli chiedo con un tono scostante e senza guardarlo in faccia.
    -Abbastanza.- Mi risponde.
    -Sto cercando di farti meno male possibile.-
    -Lo so, e te ne ringrazio. Dopo quello che ti ho fatto dovresti farmi davvero molto male, mentre invece… Tu sei davvero una persona buona.-
    Non gli rispondo, anche se queste parole non me le ha mai dette nessuno e sono felice che me le abbia dette proprio lui. Ora vorrei tanto capire cosa gli passa in quella testa di cazzo. Di Bill ha ben poco e questo l’ho capito per due motivi: 1) perché sono gemelli, anche se sono abbastanza diversi; 2) perché Bill è responsabile e intelligente. Neanche da Simone ha preso, perché da quel poco che ho visto, anche lei e la madre sono due donne molto intelligenti e responsabili.
    -A cosa stai pensando?- Mi chiede.
    Lo guardo.
    -A niente!-
    -Dai, dimmelo.-
    -Cercavo di capire da chi hai preso.-
    Tom fa una piccola risata.
    -Ah, ho capito.-
    -Bene!-
    Ancora silenzio. Però devo ammetterlo, vorrei tanto abbracciarlo e riempirlo di baci, ma non lo faccio perché potrebbe capire che sono una persona debole e non è così. Tom si leva il cappello e la fascia, lasciando i capelli sciolti. La collana con le mie iniziali.


    Capitolo 20
    Nelle ultime notti sono diventata insonne. Anzi direi che la voglia di dormire non ce l’ho proprio. Quando tutti vanno a dormire, io li seguo, ma poi scendo di nuovo in cucina, armata del mio computer portatile e mi collego ad MSN con mia sorella. Proprio di quest’ultima, ultimamente, io non capisco il comportamento. Lei e Bill si sono lasciati e non mi hanno detto il motivo per cui è successo. Né lei e né Bill vogliono dirmelo. Tra l’altro non verrà manco in vacanza con noi. I motivi per cui si sono lasciati è noto solo a loro due. Non capisco il motivo per cui non mi dicono mai nulla.
    La notte mi tocca dividere il letto con Tom. Bill voleva che io dormissi da sola, ma Tom ha insistito tanto. Ha detto che non vuole lasciarmi sola e che vuole il più possibile vicino a me. Simone vuole che io stia a mio agio e di fare come se stessi a casa mia. Non sono mai stata fuori casa per molti giorni e mi sento a disagio, soprattutto per il fatto che qui conosco solo Bill, Gustav, Georg, Tom e Andreas. Mia, non hai detto niente! Conosci cinque persone e poi Simone ti tratta come se ti conoscesse da quando sei nata, cosa vuoi di più?
    Sento dei rumori strani. Eppure, da quando sono qui, questi rumori non li ho mai sentiti e penso che fossero frequenti, la famiglia Kaulitz mi avrebbe avvertita. Non riesco a capirne neanche la provenienza. Pian piano, mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso l’ingresso. Salgo la scala in punta di piedi, non vorrei svegliare nessuno. Le porte di tutte le camere sono chiuse. Anche se la camera mia e dei gemelli è aperta. Mi affaccio. Sembra che sia tutto apposto. I gemelli stanno dormendo. Chiudo la porta e mi guardo intorno. Ma allora cos’è questo rumore? Forse è solo una mia impressione, una specie di allucinazione. Mia, un’allucinazione è quando vedi un qualcosa o un qualcuno che non c’è. Non può essere un’allucinazione. E allora cos’è? Scendo le scale sempre in punta di piedi. Oddio, ho paura. E se inciampassi? Non posso accendere le luci, altrimenti potrebbero svegliarsi. Ok, Mia, almeno una volta nella tua vita, cerca di essere coraggiosa. Sto tornando vicino al computer quando qualcuno mi prende da dietro e mi copre la bocca con la ,mano. Oddio, è un ladro! Oddio, questo, ora, m’ammazza! Non voglio morire così giovane e senza aver detto per l’ultima volta a Tom che l’amo! Spero che Dio mi faccia diventare il suo Angelo Custode. Spero che mi faccia entrare nei suoi sogni. Mia, ora però stai esagerando. Ho una paura fottuta! Ti prego, Dio, aiutami! Cerco in ogni modo di liberarmi, ma non ci riesco, è troppo forte.
    -Mia, sono io, Tom, sta’tranquilla!-
    Tom? TOOOOOOOOOOOOOM?! Ma che stronzo! È lui che mi ha fatta spaventare! Io non ho ancora capito se questo ragazzo ci è o ci fa oppure ci è e ci fa! Ma dico io, ha la testa solo per dividere le orecchie? Mi ha fatto prendere uno spavento allucinante. E io che volevo diventare il suo Angelo Custode. Volevo anche entrare nei suoi sogni! Semmai dovessi diventare un Angelo Custode, chiederei a Dio di non affidarmelo mai, al massimo vorrei esserlo di suo fratello o di un altro componente della sua famiglia. Mi va bene chiunque, l’importante è che non sia lui. Mi libera. Lo guardo arrabbiata. Lui ride.
    -Ma sei pazzo?!-
    -Perché, scusa?-
    -Come “perché”, Tomi? Mi stavi facendo venire un infarto. Se non mi è venuto ora, sto sicura che non mi viene più.-
    -Scusa.-
    -Sì, scusa! Comunque, come mai non sei a dormire?-
    -Non tornavi e mi son preoccupato.-
    -Non ce n’era bisogno. È da un po’ di notti che non riesco a dormire.-
    -Come mai?-
    -Non lo so.-
    -Forse perché è la prima volta che sei via da casa da sola. È capitato anche a me la stessa cosa, con l’unica differenza che dopo due notti di insonnia, le notti successive, sembrava che fossi andato in letargo.
    -Beh, forse domani notte riuscirò a dormire.-
    Quel rumore continuano a farsi sentire. Tom mi fa segno di stare zitta e mi indica che il rumore proviene da sopra. Mi prende la mano e mi porta sopra. Camminiamo entrambi in punta di piedi. Ci guardiamo intorno. Sembra tutto normale. Ora il rumore non si fa più sentire. Sono spaventata. Mi avvicino ancora di più a Tom. Lui mi guarda e mi sorride. Perché nel buio riesco a vedere quello che fa? Perché riesco a vedere il suo sorriso? Con l’altra mano mi carezza la testa, poi caccia dalla tasca del suo boxer il cellulare, usandolo come torcia. Lo ferma in basso, di fronte a lui. Ci sono dei piedi. Tom sale piano su. Arriva al viso. Ho una fitta al cuore. Gli occhi mi si bagnano di lacrime. È lei. È Katrynca. Lascio la mano di Tom e mi dirigo giù di corsa. Sento i passi di Tom dietro me. Non mi chiama per non svegliare gli altri. Vado in cucina e inizia a spegnere il computer, per smontarlo. Tom mi ferma, bloccandomi il polso. Mi giro verso lui, con un’aria arrabbiata e ferita allo stesso tempo.
    -Aspetta, Mia, ti prego non andartene.-
    -No, Tom, non puoi chiedermi questo. Non puoi chiedermi di assistere alla vostra scopata.-
    Le mie lacrime iniziano ad uscire dagli occhi. E io e Tom ci guardiamo. Mi libero dalla mano di Tom. Torno a smontare il portatile. Ci ha raggiunti anche Katrynca. La guardo per un attimo, ha un’aria soddisfatta. Giro la testa scuotendola facendo tornare la mia attenzione sul computer. Poi mi fermo e le vado vicino. La guardo, in silenzio, per qualche istante. Poi le dico:
    -So che ora sei felice del fatto che io mi sono messa da parte e, quindi, Tom è tutto tuo…-
    Tom m’interrompe. -Mia, io non voglio lei, ma voglio te. Lei per me non conta nulla.-
    -Non la pensavi così, quelle sere, mentre mi stringevi tra le tue braccia, Tom, mentre facevamo l’amore e mi dicevi che mi amavi e che volevi solo me e nessun altra. Mentre mi dicevi che tu non amavi lei, ma me.- Risponde lei.
    Tom le ha detto questo? Quindi ha solo giocato con me, non mi ha mai amata. Non posso restare a sentire, non posso riuscirci. Ne morirei. Perché mi hai fatto questo, Tom?
    -Non è vero, Katrynca, io non ti ho mai detto niente del genere. Con te è stato solo sesso e nient’altro.- Le risponde.
    -Dio mio, Tom, ma perché sei così bugiardo, almeno ora, cerca di essere sincero. Non vedi come soffre.- Gli risponde lei, indicandomi col capo.
    Certo che è di un’ipocrita ‘sta ragazza! So che non le frega della mia sofferenza. Cerca solo di mettermi contro Tom e, devo ammettere che ci sta riuscendo. Sono davvero confusa, non so a chi credere. Non so se credere a Tom o a Katrynca. Vorrei capire anche che cosa ci guadagna Katrynca nel fare tutto questo. Cosa ci guadagna nel mettere zizzania fra me e Tom. Forse ho capito: lei vuole Tom. Ma non perché lo ama, ma perché per lei è un trofeo. Che squallore! Come si fa ad essere così?
    -E’ inutile che fai l’ipocrita, so che non ti frega di quello che sto provando, da quando ho saputo di voi due.- Le dico, questa volta, sicura di me.
    -Chi te lo dice, piccoletta?- Mi fa lei, con aria di sfida, mischiata alla cattiveria.
    -Prima di tutto, io, ho un nome, che non è “piccoletta”; seconda cosa, me lo dice il fatto che io, differenza tua, ho dei sentimenti e so cosa vuol dire amare e soffrire per amore. Ti dirò di più, non sai quante ho sofferto per amore e non puoi nemmeno immaginare cosa significhi. Se ami, non potrai mai sapere cosa vuol dire soffrire. Aggiungo anche che riesco a mettermi anche nei panni degli altri, per cercare in ogni modo di stare attenta a quello che faccio in modo da riuscire a non far soffrire gli altri, perché quando vedo soffrire gli altri, soffro anch’io.- Le dico soddisfatta. Ora ho cacciato la vera Mia.
    -Wooow, abbiamo la martire di periferia!- Mi risponde lei, sarcastica.
    -Mia non è una martire, ma è una persona piena di umanità. Sa cosa vuol dire soffrire, sa cos’è la vera sofferenza. Devo essere sincero: sono stato molto fortunato a trovarla e le uniche cose che cambierei della nostra storia, sono le notti passate con te. Con te che sei un a persona cinica egocentrica, che non pensa mai agli altri, perché l’importante per te è che sei al centro dell’attenzione.- Le risponde Tom.
    -Potrai anche avere ragione sul fatto che io sono egocentrica e che non ho sentimenti, ma sono sicura al 1000% che tornerai da me, perché ti sarai stanco di lei.- Gli risponde.
    -Pensala come vuoi, l’importante, per me, è quello che penso io o, al massimo, quello che pensa Mia, mia nonna, mia madre e mio fratello Bill… Bene, ora puoi anche andare via.-
    -Ok. Ma non finisce qui.- Ci avverte Katrynca.
    Poi si dirige verso la porta, seguita da Tom, il quale le apre la porta, e se ne va. Tom torna da me. Ci guardiamo. È serio. La sua serietà mi fa paura, perché quando è serio vuol dire che è accaduto o sta per accadere qualcosa di brutto. Ed è strano che lui sia serio, perché è sempre allegro. E libero. Libero di esprimere le sue emozioni, muovendo le sue dita lunghe sulle corde della sua chitarra. Libero di scegliere come vivere la sua vita. Libero di urlare la sua rabbia per strada, in mezzo al viavai della folla. Libero di essere libero. Tom si avvicina a me e mi abbraccia, forte. Come se avesse paura che da un momento all’altro potrei svanire nel nulla. Mi carezza dolcemente la testa e infila le sue dita fra i miei capelli. Non so quanta verità c’è stata fra le parole di Katrynca. Mi stacco da Tom e ritorno a smontare il mio computer portatile. Lo ripongo nella sua custodia. Lo poggio sul divano. Tom, il quale ha seguito la mia accuratezza nel smontare il computer, mi prende per mano e mi porta sul balcone con sé. Si sdraia su una sedia –sdraio. Mi fa posto accanto a lui. Mi sdraio senza essere brusca, in modo da non fargli male. Dal tavolino accanto a lui prende il pacchetto di sigarette del suo patrigno ne prende una per sé e ne offre una anche a me. Posa il pacchetto e, sempre dal tavolino, prende l’accendino. L’accende prima a me, poi a lui. Tom mette il suo braccio intorno al mio collo e mi carezza la testa, con la sua dolcezza di sempre. Non ci siamo ancora detti niente, da quando se n’è andata. Mi stringe, per farmi sentire meno freddo, dato che, da quello che mi hanno detto Simone e la nonna, qui, di notte, fa abbastanza freddo. Il laghetto è molto bello anche di notte, anzi, direi che è bello soprattutto di notte. Ci guardiamo negli occhi. Mi sento abbastanza in imbarazzo. Io e Tom non stavamo così vicini dal giorno in cui, lui e gli altri della band n on sono tornati qui.
    -Certo che l’abbiamo proprio spenta quella lì, eh?- Mi dice, ridendo.
    -Sì…- Gli rispondo un po’ intimidita.
    -Siamo una bella squadra.-
    -Sì, infatti…- Tom continua a guardarmi. -Posso farti una domanda?-
    -Certo!-
    -Ma tutto quello che le hai detto, era vero?-
    -In che senso?-
    -Nel senso che sentivi tutto ciò che dicevi? Ti veniva dal cuore?-
    -Certo, che sì. Ne dubitavi?-
    -No, non è che dubitavo.-
    -Allora perché mi hai fatto questa domanda?-
    -Non lo so. Sono molto confusa.-
    -Su cosa?-
    -Su tutto questo e…-
    -E?-
    -…E soprattutto su di noi.-
    -E’ stata tutta colpa m
    ia, se ti sta succedendo tutto questo.-
    -No, Tomi, non è tutta colpa tua.-
    -Sì, invece. È tutta colpa mia.-
    Giro la testa dall’altro lato, poi torno a girarla verso lui.
    -Ti prego, Tomi, non giochiamo a incolparci.-
    -Hai ragione, incolpandoci non risolviamo proprio niente.-
    -Tomi, io non me la sento di perdonarti. Ora posso darti solo la mia amicizia e nient’altro. Non riesco più a starti vicina come fidanzata.-
    -No, Mia, ti prego, solo amici no.-
    -Ogni volta che ti guardo, io ti immagino mentre la tocchi, mentre la baci, mentre la spogli, mentre la getti sul letto, mentre le sussurri parole dolci, forse le stesse che sussurravi anche a me.-
    -Mi dispiace.-
    -So che ti dispiace, ma ora preferirei non parlare più di tutta questa storia e buttarcela alle spalle. Anche se so che non sono più la tua ragazza, io sono tranquilla perché so che sei un mio caro amico.-
    -Ti dico solo questo: due persone che si sono amate e che si amano ancora, non potranno mai essere amici, soprattutto migliori amici.-
    -Lo so. Ma noi ci proveremo e vedremo come andrà a finire.-
    -Ok, va bene.- Mi risponde rattristato.
    Continuiamo a fumare e stare bene e parlare e raccontarci tutto ciò che è successo mentre l’uno era lontano dall’altra. Ce lo raccontiamo da amici e chissà come andrà davvero a finire.


    Capitolo 21
    Mattina. Io e Tom ci siamo addormentati sulla sedia – sdraio.
    -Buongiorno.- Mi dice.
    -Buongiorno.- Gli rispondo con voce ancora assonnata.
    -Dormito bene?-
    -Sì, te?-
    -Non ho dormito.-
    Mi sveglio di colpo.
    -Come mai?-
    -Ho preferito guardarti mentre dormivi.-
    -Ah, sì?-
    -Sì.-
    -E com’ero?-
    -Eri stupenda.-
    -Non è vero, anzi di sicuro ero orribile. Di sicuro ho russato.-
    -Ma che dici? Non russavi affatto.-
    -Sì, invece, russavo.-
    -Come te lo devo dire che non russavi affatto?!-
    -So che russo.-
    -Non è vero. Mamma mia, che pesante che sei.-
    -Giura.-
    -Giuro.-
    -Metti la mano sul petto e dì: “Giuro solennemente che te, Mia, non hai russato.”-
    -Ok… Allora…- Tom si mette la mano sul petto. - Giuro solennemente che tu, Mia, non hai russato. Va bene?-
    -Anche se hai giurato, non ti credo comunque.-
    -Non mi credi?-
    -No.-
    -E perché no?-
    -Non riesco più a crederti.-
    -Ti capisco.-
    Tom fa una faccia triste, direi da cane bastonato. Abbassa la testa. So che quello che gli ho appena detto potrebbe, anzi, lo ha ferito molto, ma non mi sento di dirgli una bugia. Tom torna a guardarmi. Mi sorride, poi gira lo sguardo, guardando di fronte a sé. Io continuo a guardarlo.
    -Sai, appena partimmo da casa tua, io iniziai a stare male. Mi mancavi da morire, ero convinto che non sarei riuscito a resistere senza te. Non mi è mai bastato sentirti solo al telefono per pochi minuti o per e-mail. Io volevo vederti, toccarti, baciarti. Parlavo di te a chiunque e dovunque. Senza te mi sentivo perso…- Si gira verso me e mi guarda. -…Hai presente, nella canzone “Monsoon” quando dice “…And when I lose myself, I’ll think of you…” cioè “…E quando perdo me stesso, io penserò di te…”. Ecco, io seguivo questa frase: quando mi sentivo perso ti pensavo e subito mi ritrovavo ed ero talmente felice, che ero capace addirittura di ammazzare Bin Laden. Poi mi dicevo anche “…Together we’ll be running somewhere new…”, cioè “…Insieme noi andremo ovunque…”, e come lo ero convinto poco tempo fa, sono convinto anche ora che io e te, insieme possiamo fare qualunque cosa possiamo andare ovunque, anche su Venere, volendo, non lo pensi anche tu, Mia?-
    Nessuna mai, mi aveva detto cose del genere, né, tantomeno, Raoul. Perché prima fa il coglione, poi mi dice queste cose? E la voglia di perdonarlo e di tornare con lui è così forte da stare quasi per farlo, ma la ragione mi raggiunge subito, ricordandomi che mi ha tradita e che, se lo ha fatto una volta, potrebbe farlo tranquillamente altre volte, anche se lui continua a ripetermi di volere solo ed esclusivamente me. Ma queste sono parole e io voglio i fatti e non parole. Le parole sono amiche del vento e lo accompagnano nel suo viaggio tra i monti e i mari. Direi che Tom è stato come il vento: il tempo di soffiare al massimo due volte ed è andato via. E’andato in posti, da lui, conosciuti e, da me, sconosciuti. Tom è così: ti sorprende in bene e in male.
    Tom accende una sigaretta. Lo guardo. Ha dei lineamenti così delicati. Un misto tra quelli di un bambino e quelli di una uomo.
    -Buongiorno.- Ci saluta Gustav.
    Lo guardiamo mentre si avvicina alla balaustra e si stiracchia. Torno a guardare Tom. Quest’ultimo si gira verso me. Ha uno sguardo ipnotico. Riesce a farsi guardare senza far nulla di particolare per attirare gli sguardi. È davvero unico.
    -Ehi, piccoletta.- Mi saluta Bill, dandomi un bacio sulla fronte.
    -Buongiorno, Macky.- Lo saluto.
    Bill si mette di fronte a noi, poggiandosi alla balaustra, guardando ora me, poi Tom.
    -Come fai a conoscere questo soprannome?- Mi chiede, sempre Bill.
    -Me l’hanno detto i tuoi nonni e tua madre.- Gli rispondo.
    Bill, proprio nel momento in cui Tom si sta avvicinando la sigaretta alla bocca, gliela leva dalla mano.
    -Potevi anche chiedermela.- Gli dice Tom.
    Bill fa qualche tiro, poi la dà a me.
    -Noooo, poi che sfizio c’era. Invece, io, facendo così, ho sfruttato l’effetto sorpresa.- Gli risponde Bill.
    Io guardo ora uno, poi l’altro. Alla fine mi soffermo su Bill.
    -Ok, mi sto confondendo: chi dei due è Bill? E chi è Tom? Non riesco più a distinguervi.- Dico io, tornando a guardare prima l’no poi l’altro.
    -In che senso?- Chiede Tom.
    -Nel senso che la battuta che ha fatto Bill è da imbecilli e il fratello scemo, qui, sei solo te, Tom.- Gli rispondo.
    -Ma perché ce l’avete tutti con me?- Ci chiede Tom, a tutti.
    -Te l’ha detto prima, Tom, perché sei il fratello scemo.- Risponde Gustav.
    Arrivano anche Georg e Andreas.
    -No, mio caro, ti sbagli di grosso, io sono il fratello figo.- Gli risponde Tom.
    -Seeee, il fratello figo! Vallo a raccontare a qualcun altro.- Gli dico.
    Il mio cellulare vibra. Lo caccio. Sullo schermo lampeggia “Raoul casa”. Rispondo.
    -Raoul, che c’è?-
    -Come stai?- Mi chiede.
    -Bene.-
    Tutti se ne stanno in silenzio. Tom mi guarda male. Stanotte gli ho raccontato tutto ciò che è successo con Raoul la sera prima della mia partenza. Getto la sigaretta.
    -Ok. Sei sola?-
    -No, ci sono Bill, Tom, Gustav, Georg e Andreas.-
    -Tutta la banda, in poche parole.-
    -Sì… Senti, devo staccare.-
    -No, dai, aspetta, vorrei parlare un po’ con te.-
    -Sono spiacente, ma ci siamo già detti tutto la sera prima della mia partenza. Non ho più niente da aggiungere.-
    Stacco senza sentire la sua risposta. Rimetto il cellulare in tasca.
    -Era lui?- Mi chiede Tom, guardandomi.
    -Sì.-
    -Ma non aveva detto che non voleva essere solo il tuo migliore amico?-
    -Sì, infatti non mi spiego questa telefonata.-
    -Sicura?-
    -Ehi, non fare il geloso, ora… Comunque, ora sono cazzi suoi, perché io l’ho avvisato che se finiva ora la nostra amicizia, sarebbe finita per sempre.-
    -Anch’io allora?- Continua a chiedermi Tom.
    -Io, con te, ho chiuso solo la nostra storia ‘amore, non la nostra amicizia, è diverso.- Gli rispondo.
    -Aaaaaaah… E… Potrei recuperare, giusto?-
    -Sì, vabbeh, ora mi pare che tu ti stia allargando un po’ troppo.-
    -Uffa…-
    -Prendo in prestito la battuta del film di Leonardo Pieraccioni, “Ti amo in tutte le lingue del mondo”… “Sì, uffa la muffa!”- Gli rispondo.
    Mi alzo dalla sdraio e rientro dentro. Vado in cucina e trovo Simone ai fornelli. La raggiungo.
    -Ciao, cara.- Mi dice affettuosamente.
    -Buongiorno, Simone.
    Mi abbraccia forte.
    -Hai dormito bene?- Mi chiede.
    -Certo, certo e te?-
    -Direi che ho dormito, come uno scoiattolo in letargo.-
    -Mi fa molto piacere… I nonni?-
    -Dorme ancora. Beati loro, si godono l’anzianità.-
    -E’ giusto così. Vedrai che anche te ti godrai l’anzianità, sicuramente.-
    -Senti, ti va se passassimo insieme tutto questo pomeriggio? Sempre se ti fa piacere.-
    -Certo che mi fa piacere.-
    -Ne sono felice.-
    Simone mi sorride.
    -Anch’io. .. Ma tuo marito quando torna?- Le chiedo.
    -Chi Gordon? Dovrebbe tornare nel pomeriggio. Non vedo l’ora.-
    -Vorrei tanto conoscerlo. Bill e Tom me ne hanno parlato tanto.-
    -E lo conoscerai… Sai, ogni volta che sta via per vari giorni, io mi sento sempre triste, poi non appena torna, gli salto addosso,m peggio di una ragazzina innamorata. Lui è il mio orsacchiottino… Lo so, lo so, è un nomignolo da ragazzini, ma è uguale ad un orsacchiotto.-
    Faccio una piccola risata. Simone è una persona molto solare.
    -Mi ricordi tanto lei!- Le dico.
    -Lei chi?-
    -Mia madre.-
    -Ah… In che senso te la ricordo?-
    -Siete uguali: tutt’e due solari, dolci, sensibili, buone d’animo, cordiali. ..-
    -Davvero pensi questo di me?- Mi interrompe.
    -Sì. Se fosse ancora viva, te l’avrei fatta conoscere.-
    -Mi sarebbe piaciuto davvero tanto conoscerla.-
    Prendo le tovagliette e inizio ad apparecchiare la tavola per la colazione. Ormai riesco a muovermi bene in questa casa e so dove si trovano le varie cose, anche se cercano sempre di non farmi fare le pulizie.
    Dopo una decina di minuti siamo tutti a tavola a fare colazione e, come sempre divertendoci tutt’insieme.

    Capitolo 22
    Pomeriggio. Io e Simone stiamo in centro a fare varie compere. Ci stiamo raccontando della nostra vita, prima di esserci conosciute. Si nota dal viso che Simone è una persona semplice, onesta e umile. Le ho parlato di mia madre. Di come era felice quando giocava con noi. Di come giocavo con lei. Di quando mi portava al parco. Le ho parlato della sua cordialità, della sua voglia di vivere, della sua solarità, poi della sua morte. Le lacrime mi sono scese prima che io potessi fermarle. Simone mi ha accarezzato le guance come una madre e mi ha sorriso e mi ha detto:
    -Ora, se vuoi, ci sono io che posso farti da madre!-
    Le ho sorriso e l’ho ringraziata. Poi ha aggiunto:
    -Non intendo sostituirla, ma se hai bisogno di aiuto per qualsiasi problema, ti prego chiamami. Sarei davvero felice di aiutarti.-
    Le ho sorriso nuovamente e l’ho abbracciata forte.
    Gordon è già tornato stamattina. Ha fatto una sorpresa a tutti e tutti erano davvero felici di rivederlo. Quando me l’hanno presentato lui è stato subito caloroso nei miei confronti ed ha subito scherzato con me facendo battute del tipo: come faccio a sopportare il suo figliastro Tom. Tutti hanno riso, compreso Tom, il quale, poi ha aggiunto che chiunque sopporta Gordon riesce, poi a sopportare lui.
    Ora mi sta raccontando del padre di Bill e Tom, di come si è innamorata di lui, del loro matrimonio, della nascita dei suoi ragazzi, ma anche del suo abbandono. Mi sta raccontando cose che, forse, io non dovrei sapere. Ma me le sta dicendo con naturalezza, come se ci conoscessimo da chissà quanto tempo.
    -Poi è arrivato Gordon e la mia vita è cambiata di nuovo, con l’unica differenza che questa volta è cambiata radicalmente. È riuscito a farmi ritrovare la gioia di vivere e, soprattutto, la voglia di amare una persona. È grazie a lui che Bill e Tom hanno iniziato ad amare davvero la musica. Lui ha regalato la sua chitarra a Tom quando era molto piccolo e gli ha insegnato a comporre la musica.-
    -L’ho letto su un giornale questo. Ora mi sorge spontanea una domanda.-
    -Chiedimi tutto quello che vuoi, Mia.-
    -Hai sempre approvato il fatto che volessero fare musica, invece di fare un lavoro, come definirlo?, più “normale”?-
    -Ho sempre cercato di farli essere liberi. Liberi di scegliere ciò che per loro era giusto; liberi di coltivare le proprie passioni; liberi di poter dire ciò che pensavano. Poi anche la musica è arte, non lo è solo la pittura.-
    -Prima hai parlato d’amore, Simone, e hai detto che dopo l’abbandono del tuo primo marito, avevi paura di tornare ad amare, giusto?-
    -Sì, è esatto!-
    -Ti devo dire che, da quando io e Tom ci siamo lasciati anch’io ho paura di tornare ad amare. H paura che qualcun altro possa fare quello che mi ha fatto Tom.-
    -Vedrai che, se non sarà mio figlio Tom ad essere l’uomo della tua vita, lo sarà colui che ti farà perdere questa paura, che riuscirà a farsi amare da te con tutta te stessa e, molto probabilmente, più di quanto tu abbia mai amato.-
    -Io lo spero davvero tanto, ma ora e per un po’ di tempo, avrò bisogno di stare un po’ da sola.-
    -E’ normale, la tua ferita è ancora fresca.-
    -Posso farti un’altra domanda?-
    -Certo, Mia, anche altre sei.-
    Mi sorride. Ci sediamo su una panchina, poggiando alcune buste sulla panchina, mentre altre a terra.
    -Da quando sei nata ad oggi, qual è la cosa che hai fatto di cui vai più fiera?-
    -I miei figli!- Risponde decisa, senza alcuna esitazione.
    -Lo immaginavo, ero sicura al 100% che avresti risposto così.-
    -Mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni. Una delle più grandi l’ho ricevuta da Tom.-
    -Ah sì? E quale? Se non sono indiscreta.-
    -Sei tu!-
    -Io?-
    -Sì.-
    -Perché io?-
    -Sei riuscita a far innamorare una persona che dell’amore non voleva ancora saperne. Hai fatto innamorare di te una persona che pensava solo al sesso e non all’amore vero, quello che ti fa battere il cuore quando vedi l’altra persona.-
    -Oddio, mi stai dipingendo come la fatina buona della situazione.-
    -E’ così, Mia. Se ci riesci, perdonalo. Non puoi neanche immaginare di com’è stato e sta ancora adesso male. Con questo io non voglio dire che tu non abbia sofferto per quello che è successo, ma voglio dirti semplicemente che Tom ti ama davvero. Io lo conosco benissimo e so benissimo che non è mai stato innamorato. Vuoi sapere cosa mi disse quando è tornato qui da casa tua?-
    -Sì!-
    -Quando mi riabbracciò, mi disse: “Mamma, mi sono innamorato!”. Io lo portai subito dentro e mi feci raccontare tutto. Mentre me lo raccontava, i suoi occhi brillavano di una luce che non gli avevo mai visto prima di allora. Poi gli vedevo dei cuoricini, le mani gli sudavano e gli tremavano. Io non lo avevo mai visto così. Poi qualunque frase diceva in mezzo c’eri sempre tu. A volte, quando siamo andati insieme a fare compere, mi chiedeva: “Mamma, tu che sei una donna, secondo te, questo pantalone, a Mia, potrebbe piacere?”, oppure mi chiedeva: “Mamma, se mi faccio questa pettinatura così, a Mia, piaccio? “, oppure mi diceva, quando faceva delle cose buffe: “Se fosse qui Mia, di sicuro avrebbe riso di me come una pazza!”.-
    -Simone, queste cose non possono che farmi piacere, ma la domanda ora sorge spontanea: se mi amava davvero, allora, perché è andato con quella?-
    -Se devo essere sincera non lo so manco io. Però dopo che successe lui era disperato per il gesto che aveva fatto, non sapeva come fare. Ha pianto per giorni, soprattutto quando ha saputo che c’era un articolo sul giornale con la loro foto. Quando ha saputo che tu hai scoperto tutto, è stata la cosa più brutta del mondo. Non voleva più mangiare, non voleva parlare con nessuno, è stato davvero orribile.-
    -D- Davvero?-
    -Sì!-
    -Questo, però, mi fa andare ancora su i nervi! Se stava così allora perché non si è fermato alla prima volta che mi ha tradita?-
    -Che vuoi dire?-
    -Simone, Tom e quella Katrynca sono stati insieme per ben sette volte… Lei era la tentazione e lui ha ceduto ad essa per sette volte.-
    -Io non sapevo che fossero andati a letto insieme per sette volte. Ora riesco a capire perché hai paura di tornare a stare con lui.-
    -Ma non lo sapevi?-
    -No, nessuno me l’aveva detto… Allora, se è così, mi rendo conto che è molto difficile tornare a dare fiducia ad una persona che ti ha tradita per sette volte, quindi ti dico solo di fare ciò che ti senti.-
    -Io sto valutando tutto: i suoi atteggiamenti, i suoi comportamenti, le sue parole, tutto. Alla fine prenderò la mia decisione.-
    Improvvisamente i miei occhi la vedono. Il tempo sembra fermarsi in quei secondi, e tutto sembra un’eternità. Il mio cuore si ferma di botto. Tutto come un fulmine a ciel sereno. Katrynca è con delle sue amiche, poco lontane da noi. Giro subito la faccia, facendo finta di guardare una vetrina. Poi guardo Simone. Torno a guardare nel punto in cui Katrynca era e noto che lei non c’è più, per fortuna.
    -Ok, ora basta parlare di cose tristi. Che ne dici di andare dall’estetista? Dato che ti sei lasciata devi pur farti un regalo.- Mi chiede entusiasta.
    -Anche la mia migliore amica dice la stessa cosa. Comunque, va bene.-
    Le sorrido, prendiamo tutte le buste e, insieme ci dirigiamo verso il centro estetico più vicino. Entriamo. La ragazza alla Reception saluta cordiale Simone. Sembra che si conoscono da molto tempo. La ragazza alla Reception chiama la ragazza che sta mettendo a posto la Sala d’attesa. Le dice di portarci da una certa Yvonne. La seconda ragazza obbedisce e ci accompagna in una stanza molto grande. Ci sono molti lettini e vari macchinari. La seconda ragazza pronuncia il nome “Yvonne” e una ragazza girata di spalle che si sta lavando le mani, si gira di scatto. Nota subito Simone e corre ad abbracciarla, come se non la vedesse da tantissimo tempo. Dopo un po’ si staccano. Simone mi presenta. Faccio un sorriso timido, mentre ci diamo la mano.
    -Allora, Yvonne, io e Mia vorremmo rinascere.- Le dice sorridendo.
    -In che senso?- Chiede Yvonne.
    -Vogliamo essere più belle di Angelina Jolie, Monica Bellucci e Catherine Zeta Jones messe insieme.- Risponde Simone.
    -Non voglio recitare la parte di quella che, per fare bella figura fa l’ipocrita, ma voi due già siete belle da sole. Io magari posso togliervi quei piccolissimi e pochissimi difetti che avete.- Ci dice Yvonne gentilmente.
    -Ok, fai quello che puoi fare.- Le risponde Simone.
    Yvonne ci toglie dalle mani le borse e le varie buste e ci fa accomodare ognuna sul suo lettino. Poi s’infila il camice e chiama un’altra ragazza. Quest’ultima arriva e, appena la vede, Simone si rialza dal lettino e corre a salutarla calorosamente. Poi la porta da me e mi presenta anche questa ragazza. Mi metto seduta.
    -Mia, questa è Laura… Laura questa è Mia.- Ci presenta.
    Io e Laura ci diamo la mano sorridendoci.
    Io e Simone torniamo a sdraiarci sul lettino. Le due estetiste iniziano con i loro trattamenti di bellezza. Prima di tutto ci fanno dei massaggi sulla schiena, durante il quale non riesco a rilassarmi molto. Cerco di non avere pensieri per la testa, ma l’aver visto Katrynca poco fa non mi fa stare per niente serena. La mia unica fortuna è che non mi abbia vista, altrimenti, di sicuro, avremmo litigato. Per fortuna, tra un po’ partiremo e starò tranquilla per tutto il viaggio… almeno lo spero.
    Forse è meglio che io inizi a rilassarmi. Ok, Mia, caccia dalla mente tutti i pensieri che potrebbero non farti rilassare. Pensa a delle cose belle. Pensa a Raoul Bova, a Gabriel Garko, a Johnny Depp… Vabbeh, non ho bisogno degli attori per rilassarmi. Ok, basta, rilassati! Yvonne e Laura ci mettono mezz’ora solo per fare questi rilassanti massaggi. Dopodiché, passano alla pulizia del viso.

    Tom è sdraiato sul suo letto. Non fa altro che guardare e riguardare le sue foto con Mia. Le sue mani sono ancora fasciate. Ricorda i bei momenti passati insieme. In ogni foto di Mia, lui riconosce la sua dolcezza, la sua felicità, la sua solarità, la sua gioia di vivere, le sue speranze, le sue paure, i suoi diversivi, tutto ciò che è lei. E la voglia di tornare a stare con lei cresce sempre di più.
    Tom si rifugia nella sua musica. Mette le cuffie nelle orecchie e accende il suo iPod. Shania Twain canta la sua When you kiss me. Allora inizia a pensare. “Quando lei mi baciava. Dio, non ero più in me. Sembrava che stessi volando. Sembrava che stessi galleggiando sulle nuvole!”. Come vorrebbe tornare a baciarla, mentre la stringeva forte tra le sue braccia. La stringeva talmente forte da farsi mancare il respiro, per paura che lei potesse andare via.
    La musica continua ad andare avanti. Ora è la volta di una canzone di Leona Lewis che canta I will be.
    Da quando Mia e sua madre sono uscite insieme nel pomeriggio, la prima non gli ha mai risposto alle telefonate. Non vuole pensare che lei non vuole rispondergli, no, vuole pensare che non può rispondergli o che, forse, non ha sentito il cellulare. Anche se ha tentato di chiamarla per ben dieci volte e quindi è un po’ difficile che per dieci volte non sia riuscito a sentire il cellulare. Al massimo, uno non lo sente per massimo due volte, ma non per dieci. Ma comunque non vuole pensare a cose peggiori.

    Finalmente abbiamo finito. Sono appena le sei. Io e Simone prendiamo le nostre borse. Ci dirigiamo al bancone per pagare. Prendo i soldi dal borsellino, anche se Simone tenta di fermarmi, ma io insisto , anzi decido di pagare anche per lei. Prima di uscire, ho un altro colpo al cuore. Katrynca mi guarda con aria di sfida. Oddio, ti prego fa che non voglia litigare! Ti prego! Katrynca mi si avvicina. Ok, come non detto, o meglio, come non pensato! Le sue amiche rimangono al loro posto. Non avevo pensato all’eventualità che potesse stare anche lei qui.
    -Ma guarda un po’ chi si rivede!- Mi dice.
    -Che vuoi?- Le chiedo.
    -Voglio, anzi pretendo che tu lasci stare Tom. Lui è mio, hai capito? È MIO!!!!!!!-
    -Non mi risulta che te l’abbia comprato.-
    -Io non voglio litigare, anche se la tentazione di spaccarti la faccia è davvero molto forte, io ora ti sto avvertendo, per evitare di farti male. Se vuoi ascoltarmi andrà a finire bene, altrimenti, sta sicura che non ci arrivi a casa con i tuoi piedi.-
    -Te, non mi fai paura, quindi non aspettarti che io faccia quello che mi dici.- Le dico.
    -L’hai voluto tu!-
    Mi dà uno schiaffo forte. ‘Sta stronza! Ok, l’ha voluto lei. Le tiro uno schiaffo più forte di quello che ho ricevuto io da lei. A quel punto, non capisco più niente. Ce le diamo di santa ragione. Volano calci, pugni, schiaffi. Qualcuno cerca di dividerci. Io non mollo. Ci gettiamo a terra. Mi è prima lei sopra, poi riesco ad andarle sopra. Le do schiaffi, poi inizio a tirarle i capelli, poi torno a darle i pugni. Qualcuno riesce a staccarmi da lei. Le sue amiche l’aiutano ad alzarsi. Ho i capelli in disordine. Per sua sfortuna, Katrynca ha avuto la peggio. Simone mi prende sottobraccio e mi porta fuori. Usciamo dal centro estetico. Simone inizia a ridere. Mi fermo di fronte a una vetrina e mi metto in ordine i capelli. Simone continua a ridere.
    -Certo che fai male quando picchi, eh?- Mi dice, continuando a ridere.
    Faccio una piccola risata.
    -Se mi innervosisco, sì. Anche se ora non ero arrabbiata,quindi le ho fatto poco e niente.- Le rispondo.
    Io ho avuto la meglio: Katrynca mi ha fatto solo dei graffi sul viso, da cui esce un po’ di sangue. Simone torna a prendermi sottobraccio e, insieme, ci dirigiamo verso casa. Mi ricordo del cellulare. lo prendo dalla tasca e mi trovo dieci chiamate perse di Tom. Cazzo! Non l’ho proprio sentito. Parliamo di quello che è appena successo, scherzandoci anche sopra.

    Capitolo 23
    Appena arrivate a casa, io e Simone, troviamo seduto sulle scale davanti alla porta, con una sigaretta in mano, Bill. Mi guarda in faccia. Io cerco di nascondere il più possibile quei grafi che mi ha fatto Katrynca, il che è molto difficile.
    -Mia, ma che è successo?- Mi chiede lui.
    -Nulla.- Gli rispondo.
    -Come “nulla”?!-
    -Davvero, Bill, non è successo nulla.- Ribatto, ancora, io.
    -Allora, mi spieghi il motivo per cui hai quei graffi, se davvero non è successo nulla?-
    -Penso che voi due dovete parlarne da soli. Anzi, ora vado a chiamare anche Tom.- Ci avvisa Simone.
    Prende le varie buste che porto in mano, e, con un serietà, si avvia verso la porta e vi entra. Bill continua a guardarmi il viso. Ormai è inutile che io continui a nascondermi il viso tra i capelli, dato che li ha notati. Ok, forse è meglio che io gli racconti tutto ciò che è successo con Katrynca, dato che siamo migliori amici. Ormai Bill è diventato un fratello maggiore per me. Anche quand’ero in Italia, lui da qui cercava di aiutarmi. Se non ci fosse stato lui, non so come avrei fatto. Mi è sempre stato vicino. Da quando ci siamo conosciuti, io e lui abbiamo avuto la stessa sintonia. Anche se questo non vuol dire che io mi sia innamorata di lui, o che mi stia innamorando. Provo un affetto particolare, ma lo amo solo di bene, niente di più.
    Inizio a raccontargli tutta la storia. Parola per parola, senza tralasciare alcun particolare.

    Nel salotto, Simone trova Georg e Gustav. Dopo un po’ arriva anche Andreas. Simone posa tutte le buste a terra e tira un sospiro di sollievo. Posa la sua borsa sul divano, accanto a Gustav e Georg. Andreas si siede in mezzo a Georg e Gustav.
    -Ragazzi, dov’è Tom?- Gli chiede Simone.
    -E’ di sopra, in camera sua, perché?- Chiede Andreas.
    -Perché c’è bisogno di lui.- Gli risponde.
    -Ah sì?- Chiede Georg. –Com’è? All’improvviso qualcuno ha bisogno di Tom?- Continua.
    -Infatti.- Aggiunge Gustav.
    -Sì, uno di voi tre deve andare di corsa a chiamarlo e farlo andare da Mia e Bill, fuori.-
    -Ma perché? Cos’è successo?- Chiede allarmato Andreas.
    -Vai prima a chiamare Tom, poi vi racconto, per filo e per segno, tutto ciò che è successo, ora che siamo uscite io e Mia.-
    -Ok, vado io, Simone.- Si propone Gustav.
    Subito si alza dal divano e corre su per le scale. Lasciando Simone sedersi sul divano accanto ad Andreas.
    Gustav trova Tom disteso sul letto con le cuffie nelle orecchie. Quest’ultimo lo vede e si toglie una cuffia da un orecchio, mettendosi seduto.
    -Che c’è, Gustav?-
    -Ha detto tua madre che devi correre urgentemente fuori da Bill e Mia.-
    Tom leva anche l’altra cuffia. E si allarma.
    -Perché?-
    -Non lo so ancora. Tua madre ci ha solo chiesto di chiamarti e di farti andare da tuo fratello e Mia.-
    Tom si alza, facendo cadere il suo iPod sul pavimento e corre fuori dalla sua stanza. Corre anche per le scale. Sua madre e Georg e Andreas lo vedono fuggire.

    Tom esce fuori e trova Bill e me seduti su dei massi. Lo guardo con le lacrime agli occhi. Queste mi fanno bruciare i graffi. Tom arriva da me e mi abbraccia forte. Mi cade la sigaretta dalla mano. Chiudo gli occhi e poggio la testa sulla sua spalla. Ho bisogno di lui. Lo stringo forte a me. Dopo un po’ fa per staccarsi, ma io lo blocco e lo riporto da me. Non può staccarsi proprio ora da me. Non ora. Ho bisogno della sua spalla ora. Poggia la sua testa sulla mia. Con una mano mi carezza la testa. Come mi mancano le sue carezze. Come vorrei far tornare tutto com’era prima. Prima che succedesse tutto questo gran casino. Continuo a piangere.
    -Su, su, non fare così, dai. – Mi dice con la sua infinita dolcezza. –Spiegami cos’è successo da farti stare così male.- Continua.
    Mi stacco da lui dolcemente e tiro su con il naso. Bill mi offre un fazzoletto. Lo prendo e lo ringrazio. Ancora non mi ha visto i graffi. Ho i capelli tutti in disordine davanti al viso. Tom con un gesto della mano me li porta dietro. Vede i graffi e spalanca gli occhi, poi abbassa la testa. Dopo un po’ la rialza e guarda Bill, poi torna a guardarmi. Con una mano mi carezza il viso. I suoi occhi si fanno lucidi. Guarda Bill, il quale, capendo subito di “essere di troppo”, si alza dal masso e si avvia verso la porta d’entrata. Rimaniamo noi due a guardarci.
    -Te li ha fatti lei, vero?- Mi chiede.
    Non gli rispondo e abbasso la testa.
    -TE LI HA FATTI LEI???- Mi urla.
    Torno a singhiozzare forte e abbasso la testa per evitare di guardarlo. Tomi con una mano me la rialza.
    -Perdonami, non volevo spaventarti… Però rispondimi, per favore… Te li ha fatti lei questi graffi?- Torna a chiedermi.
    -Sì. Ci siamo picchiate nel centro estetico.- Gli rispondo piangendo.
    Tom scuote la testa. Torno a calmarmi.
    -Tomi, io non volevo, te lo giuro. Ma lei prima mi ha minacciata, poi mi ha tirato uno schiaffo e non ci visto più, poi è successo tutto così velocemente.-
    -Lo so, lo so che tu non avresti voluto arrivare alle mani. Quali minacce ti ha fatto?-
    -Mi ha detto che dovevo lasciarti stare perché eri solo suo.-
    -Dio, quella è pazza! …Mi dispiace che sia finito così. Non volevo arrivare a questo punto. Ho fatto solo un gran casino con te. Volevo essere felice con te, non renderti la vita impossibile.-
    -No, Tom, non è affatto colpa tua.-
    -Io ora voglio capire, questa da noi cos’altro vuole.-
    -Lei vuole te.-
    -Ok, mi vuole? Bene ora vado subito da lei.-
    -Che vuoi dire?- Gli chiedo, cercando di capire.
    -Vado a dirle di lasciarci stare in pace una volta e per tutte.-
    -No, ti prego, Tomi, non farlo. Facciamo come se non fosse mai successo niente.-
    -Come “facciamo come se non fosse successo mai niente”?! Mia, Katrynca ti ha messo le mani addosso e questo non doveva proprio farlo. Come fai a chiedermi di fare finta che non sia mai successo niente?-
    -Lo so, ma ora ,me ne voglio solo stare tranquilla. E, comunque, lei ha avuto la peggio.-
    -In che senso?-
    -Se io ho avuto solo questi graffietti, lei ha avuto le botte vere.-
    -Giura?- Mi chiede ridendo.
    -Giuro.- Gli rispondo mettendo la mano destra sul petto e ridendo anch’io.
    Tomi scuote la testa.
    -Ok, va bene, non farò nulla, ma la prossima volta che ti si avvicina, la uccido.-
    -Ok.-
    Ci guardiamo profondamente per un po’, poi Tom mi si avvicina e mi bacia dolcemente. Cazzo, da quanto tempo non sentivo il contatto delle sue labbra. Sono rimaste quelle di sempre. Con le mani mi carezza la testa. Poi mi stringe forte a sé. Vorrei che il tempo si fermasse. Vorrei rimanere così per sempre. Vorrei spogliarlo e farlo mio. Vorrei farlo mio ora. Davanti a tutti. Davanti ai passanti. Davanti a suo fratello e ai suoi amici. Davanti a sua madre. Davanti al suo patrigno. Davanti ai suoi nonni. Davanti a tutti. Nel giardino, in mezzo ai fiori. Non mi frega di niente e di nessuno.
    Cavolo, Mia, sei uscita fuori di testa? Ma cosa stai dicendo? Che stai facendo? Non farti prendere dalla tua “debolezza”, se così si può chiamare. Mi stacco da lui. Tom mi guarda.
    -Tomi, no, scusami, ma non me la sento ancora di tornare con te. Tra i tradimenti e la tua “amante” che mi aggredisce ho bisogno di più tempo per capire.
    -Ok, hai ragione.-
    -Grazie, per avermi capita.-
    -Figurati… Comunque domani mattina partiamo.-
    -Così presto?-
    -Sì, l’abbiamo deciso prima io gli altri.-
    -Ok, allora è meglio che mi vada a preparare le valige, o meglio, che le metta un po’ in ordine.-
    -Ok.-
    Mi alzo dal sasso. Anche Tom lo fa. Torniamo a guardarci negli occhi. Poi mi avvio verso la porta di casa. Entro e trovo nel salotto tutti gli altri, compreso Gordon. Mi guardano tutti. Salgo le scale e mi dirigo in camera di Bill e Tom. Prendo la valigia da sotto al letto su cui abbiamo dormito io e Tom, la metto sul letto e la apro. Con ,mia grande sorpresa, trovo la valigia già sistemata. Sui panni trovo un biglietto. Lo leggo:
    “Dato che sei la mia più gradita ospite, mi sono
    permesso di riordinarti la valigia. Spero che non
    ti dispiaccia! Tom.”
    Tom. Sa sempre come stupirmi. Cavoli quel bacio. Mi ha fatto andare fuori di testa completamente e per l’ennesima volta. Ha un potere ipnotico su di me quel ragazzo. Ma perché ha dovuto fare quelle stronzate. Mi accorgo di una freccia in fondo al foglio, su cui sta scritto a piccoli caratteri:
    “Gira il foglio…”
    Lo giro e leggo:
    “Dato che stasera è l’ultima serata che passeremo
    qui, vogliamo noi Tokio Hotel + Andreas, vogliamo fare
    qualcosa di davvero speciale ed insolito. Ci affidiamo a
    te, quindi decidi bene. Tokio Hotel + Andreas.”
    Sorrido. Che carini che sono tutti. Madonna! …Ok, allora, concentriamoci su cosa dobbiamo fare stasera. Ho sempre avuto delle idee geniali per le mie serate con i miei amici. Però, non riesco a capire perché non mi viene in mente niente di geniale, speciale, insolito e divertente. Vorrei tanto capire perché devo essere io a scegliere come passare quest’ultima serata qui. Mia, concentrati, su! Magari potremmo restare qui ad ascoltare della loro musica, oppure parlare, o giocare con qualche gioco di società. Ma se si annoiano? Che figura ci potrei fare? Ok, prime idee andate a puttane. Bene. Sono spacciata!
    Potremmo andare in un pub o in una discoteca. Ma se delle fan li aggrediscono? Dopo devo portarli a vita sulla coscienza! Dio mio, perché hanno deciso di caricarmi questa “responsabilità”? Uffi! Mi sdraio sul letto di Bill, cercando di farmi venire in mente qualche idea geniale. Poi, finalmente, la mia lampadina si accende. Ho l’idea per stasera. O meglio non proprio tutta, diciamo che mi è venuto in mente metà parte della serata, poi il resto lo deciderò con gli altri. Spero che per loro non sia troppo esagerato. Direi che questa sia l’idea più geniale che mi sia mai venuta in mente. Mi alzo dal letto di Bill di scatto e vado giù dagli altri di corsa. Li trovo tutti in salotto davanti al televisore. Tutti annoiati a fare zapping.
    -Ehi, Mia, hai trovato il biglietto nella tua valigia?- Mi chiede Gustav.
    -Sì e vi ringrazio davvero tantissimo.- Gli rispondo.
    -E allora?- Mi chiede ancora.
    -La mia idea è questa…-
    Inizio a proporgliela. Le loro facce non hanno un’espressione molto chiara, anzi non saprei cosa pensare. Sembrano tutti molto turbati.
     
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  8. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 24
    Siamo io, Bill, Gustav, Georg e Andreas, tutti in macchina con Tom. Come sempre mi sono portata i loro cd con me ed ho messo Schrei. Ormai fanno decidere tutto a me. essendo l’ultima qui in Germania, ho deciso di vestirmi bene. purtroppo i graffi non ho potuto coprirli con nulla, quindi sono molto visibili. Tornando al mio abbigliamento, non sono vestita in modo elegante, ma bene nel senso che ho una minigonna sportiva con le scarpette DC Shoes, quelle che indosso quasi sempre, una camicia a giro maniche e indosso quasi tutti gli accessori che mi regalò Bill poco tempo fa. Mi hanno fatto sedere avanti, accanto a Tom, che guida. Gli altri sono ancora un po’ perplessi sulla mia idea. Non ho ancora capito perché. Potrebbe essere perché, comunque, mi vengono in mente sempre delle idee molto pazze, e Rosa e Marika ne sanno qualcosa. Ecco perché non volevano mai che io non uscissi con loro. Bill stasera ha voluto i capelli lisci e non “alzati”, come al solito.
    Sono le 19.30 e Tom continua a guidare serio. È tutto concentrato. Bill, Gustav, Georg e Andreas stanno scomodi dietro. Si stanno stringendo per stare più comodi. Questa sera hanno deciso che il loro staff non doveva venire. Hanno voluto che fosse una serata solo nostra. Non hanno voluto far venire neanche Simone e Gordon. Hanno deciso che questa serata sarebbe dovuta essere solo nostra.
    Bill ogni tanto fa qualche battuta e si sentono ridere tutti tranne Tom. È particolarmente serio stasera, dev’essere successo qualcosa. Bill mi disse, un po’ di tempo fa, che Tom è serio solo in “casi straordinari”. Mi sa che questo è uno di quei “casi straordinari”.
    Questa serata, ho deciso che fosse divisa in tre momenti, i quali durano due ore, e ognuno dei quali ha una tappa diversa. Poi ci sarà una pausa di mezz’ora e raggiungeremo la terza tappa. La prima tappa l’abbiamo affittata tutta completamente per noi. La seconda abbiamo affittato solo una parte, perché il proprietario ci ha detto che era impossibile, dato che, quando l’abbiamo chiamato, già stavano entrando i primi clienti. Loro conoscono solo le prime due, la terza ancora non la conoscono. Se è per questo, non la conosco neanche io, dato che non l’ho ancora pensata. Questa serata dev’essere speciale, quindi l’ultima tappa dev’essere la più trasgressiva e originale possibile. Non me ne preoccupo più di tanto perché, ho tutta la serata per pensarci. Penso che, comunque, la serata sia stata programmata bene, forse ho dato per scontato i particolari, ma sono sicura che ci divertiremo come matti.
    Abbiamo appena raggiunto la prima tappa. Scendiamo tutti. Io, prima di scendere, prendo i miei cd, in modo da farli mettere. Bill si aggiusta l pantaloni. Tom chiude la macchina col telecomando. Gustav, Georg e Andreas si danno dei colpetti sulla schiena. Guardo l’edificio. Era da gennaio che non andavo in un Bowling. Solitamente ci andavamo io e la mia comitiva ad Aversa. Come ci divertivamo. Sono felice di tornare in un Bowling, soprattutto in compagnia dei miei amici Tokio Hotel. il proprietario ci aspetta sulla soglia. Tom mi circonda il collo con un braccio. Ci guardiamo e ci sorridiamo. Mi sembra di essere tornata a quando stavamo bene insieme. Cavolo, perché non riesci a tornare con lui, Mia? Gli metto la mano sulla sua. Gustav, Andreas e Georg fanno dei fischi. Bill va da loro e gli dà uno schiaffo dietro la nuca ciascuno. Entriamo dentro. Mi stacco da Tom. Andiamo tutti al bancone. Arriva una ragazza che chiede i documenti ad ognuno di noi. Uno ad uno glieli diamo. Dopo aver controllato i nostri documenti, ci dà un foglietto, su cui scrivere il nome di ognuno e il numero di scarpe. Lo prende Gustav e inizia a scriverci su il nome di ognuno. Io, nel frattempo parlo con un ragazzo che lavora qui.
    -Scusi, può mettere uno di questi cd come sottofondo musicale?- Gli chiedo.
    -Certo… Decidi tu.-
    -No, per me va bene qualunque.-
    -Ok.-
    Ci sorridiamo, poi raggiungo gli altri. Gustav finisce di compilare il foglietto e lo dà alla ragazza. Nel frattempo, quest’ultima ci fa accomodare su un divanetto. Bill e Tom mi si mettono il primo da un lato e il secondo dall’altro. Bill mi abbraccia, poi mi dà un bacio sulla fronte. Lo guardo e ci sorridiamo. Poi poggio la testa sulla sua spalla.
    -Pizzico a te e fortuna a me!- Dice Georg a Tom, dandogli un pizzico sul braccio.
    Tom gli risponde anche lui con un pizzico sul braccio di Georg. Tom e Georg iniziano a scherzare con degli schiaffetti. Georg non riesce più a difendersi, quindi si alza e inizia a correre per tutto il locale. Tom gli è dietro. Fanno un gran casino. Bill scuote la testa e mi guarda come a chiedermi: “Come hai fatto ad innamorarti di lui?”. Io scuoto la testa come a rispondergli: “Non lo so neanche io!”. E questa è la verità, non so neanche io come ho fatto ad innamorarmi di lui, e perché mi sono innamorata di lui. È successo tutto all’improvviso, durante il concerto, mi è bastato osservare i suoi occhi e, da lì, sono stata rapita da lui. È cambiato tutto radicalmente, nella mia vita.
    Da noi arriva un ragazzo con sei buste, in cui ci sono le scarpe e ci chiede cortesemente di seguirlo. Ci alziamo e lo seguiamo. Ci porta di fronte alla “pista da gioco”. Ad uno ad uno controlla i nomi, ci chiama, ci chiede se è giusto il numero scritto sul foglietto che ha compilato prima Gustav e ci dà le scarpette. Ognuno di noi si leva le scarpette e se le mette. Il ragazzo si guarda intorno cercando Georg e Tom, i quali dopo un po’ ci raggiungono. Sono entrambi affannati. Si piegano in due. Il ragazzo dà ad ognuno dei due il suo paio di scarpe. Tom e Georg si siedono sul divanetto e le indossano. Tom si alza. Lo guardo da capo a piede. È strano vederlo con delle scarpette diverse da quelle che indossa lui di solito. Da un plasma non molto grande posizionato in alto, vi è scritto i nostri nomi con, affianco una tabella in cui c’è il punteggio, ovviamente ora, il punteggio di tutti noi è zero. La partita inizia sotto le note di Über's Ende der Welt. Il primo a tirare la palla è Andreas. Prende una delle palle non molto pesanti e ci dice:
    -Ragazzi, ora vi faccio vedere la mia bravura. Non parlo solo di quella al letto, ma anche di quella nel Bowling.-
    Georg, Gustav e Tom fanno dei fischi. Io e Bill ridiamo.
    -Ma cosa dici?! Ma se l’ultima ragazza che ti sei rombato un altro po’ ti vomitava addosso per la tua prestazione! …Poi non sai giocare neanche con le biglie, come fai a buttare giù tutti quei birilli?- Risponde Tom ridendo e, insieme a lui, ridiamo tutti.
    -Ma come sei simpatico, Tom! Guarda che le mie prestazioni sono sempre state le migliori. E, comunque, sono il migliore in qualsiasi gioco!- Gli risponde, sempre Andreas.
    Andreas prende una piccola rincorsa e tira la palla. Purtroppo per lui non butta giù nessun birillo. Neanche il secondo tentativo gli va bene. i fischi incombano di nuovo.
    Dopo Andreas tocca a Tom. Quest’ultimo prende la rincorsa facendo la sua solita camminata da fighetto. A lui va meglio, al primo tiro butta giù cinque birilli. Prende la seconda palla, questa volta più pesante, riprende la rincorsa da fighetto. La fortuna è dalla sua parte, infatti riesce a fare Strike. Ora se la tira che è una cosa eccezionale. È sempre il solito. La sua presunzione, però, è davvero divertente.
    Ora tocca a me.
    -Non voglio dire frasi per tirarmela, altrimenti succede come ad Andreas.- Dico guardando ognuno di loro.
    Prendo una palla tra quelle più pesanti, faccio un sospiro, prendo la rincorsa e tiro. Striiiiiiiiike!!!!!!!!!! Cazzo, non mi era mai successo al primo colpo con una palla molto pesante. Ok, il bacio di Tom mi ha portato fortuna. Se è così allora lo ribacio molto volentieri. Vado da Bill e lo abbraccio. Facciamo una giravolta. Ci fermiamo e noto che Tom è di fronte a me e ci guarda. Fa una faccia strana. Bill guarda prima me, poi il fratello. Mi stacco da Bill e corro a stringere Tom. Ora sulla sua faccia si forma un sorriso. Mi stacco da lui e gli do un piccolo bacio sulla guancia. Mi avvicino al suo orecchio.
    -Mi porti fortuna!- Gli sussurro.
    -Ah sì?-
    -Sì!-
    -Perché?-
    -Grazie a te ho fatto strike al primo colpo con una palla pesante.-
    -Ma io non ho fatto un bel niente.-
    -Tu no… Ma il bacio sì!-
    Ci sorridiamo, continuando a guardarci negli occhi.
    -Questo, però, non vuol dire che siamo tornati insieme.- Continuo.
    -Lo avevo immaginato.-
    Mi stacco da lui e mi dirigo verso gli altri.
    Il gioco continua con Bill. Non riesce a fare strike con nessuno dei due tiri, anzi per lui è già tanto aver lasciato in piedi tre birilli, con due tiri: si aspettava di peggio.
    Dopo Bill tocca a Gustav. Anche lui riesce a fare strike con il primo tiro, solo che lui ha usato una palla più leggera. Infine tira Georg, che ha la mia stessa fortuna, infatti, con una palla pesante come la mia è riuscito a fare strike al primo tiro.
    Tom prende la sua fotocamera. Non mi ero accorta che se ne fosse portata una. La dà al ragazzo che ci ha dato le scarpette e gli dice qualcosa che non riesco a sentire. Il ragazzo annuisce continuamente. Tom torna da noi e il ragazzo inizia a scattarci delle foto. Facciamo le pose più pazze. Il giro ricomincia. E tocca di nuovo ad Andreas. Nel frattempo, vado un po’ da Bill, il quale lo vedo molto pensieroso. Vado da lui.
    -Cos’hai?- Gli chiedo.
    -Nulla.-
    -Impossibile…-
    -Perché?-
    -Ci sono due perché.-
    -Ah sì?-
    -Sì!-
    -Dimmeli.-
    -Il primo è perché è impossibile non pensare a nulla.-
    -Allora perché si dice “Non penso a nulla!”?-
    -Lo si dice o per non far preoccupare qualcuno oppure per non far sapere i fatti nostri agli altri.-
    -Ah sì?-
    -Sì!-
    -E qual è l’altro motivo?-
    -Sei sempre pensieroso da un po’ di tempo.-
    -Non pensavo che te ne fossi accorta.-
    -Come faccio a non accorgermene?-
    -Non saprei.-
    -Bill, io non dico di conoscerti bene, ma ti conosco abbastanza per dire che hai qualcosa che non va.-
    -Lo so…-
    -Riguarda mia sorella.-
    -No!-
    -Sì, Bill, riguarda lei. Te lo leggo negli occhi.-
    -Ok, lo ammetto, riguarda lei.-
    -Mi dici perché vi siete lasciati?-
    -Ora non me la sento.-
    -Bill, io voglio saperlo, anche per aiutarti, darti qualche consiglio.-
    -Ok, ma è una storia troppo…-
    -Mia!- Mi chiama Tom.
    Continuo a guardare Bill, poi mi giro verso il fratello.
    -Che c’è?- Gli chiedo.
    -Tocca a te!-
    -Ok, arrivo.- Gli rispondo.
    Torno a guardare Bill.
    -Poi ne riparliamo con calma e bene.- Dico a Bill.
    -Ok!-
    Bill mi abbraccia e mi dà dei baci sulla fronte.
    Mi stacco da lui e torno alla mia partita.
    La partita continua al suono degli scatti della fotocamera, al suono delle nostre risate. Alla vista delle pose più sceme che si possano fare. Alla vista degli scherzi di Tom nei confronti di Georg. Ad esempio, nel momento in cui Georg deve tirare la palla, Tom lo spaventa e gli fa sbagliare il tiro e Georg, prima di tutto lo insegue, poi lo ripaga con la stessa moneta. È questo che amo di più di loro: la voglia di scherzare. La voglia di divertirsi. La voglia di stare sempre insieme agli altri. La voglia di essere amici. La partita la vince Andreas. Io sono arrivata seconda, Bill terzo, Tom quarto, Gustav quinto e Georg sesto, anche se Georg era quello che, come me aveva iniziato bene.
    Alle 21.30, ci leviamo le scarpe paghiamo, prendo i miei cd, e ce ne andiamo. Fra i cd trovo anche il numero di telefono di quel ragazzo a cui ho chiesto il piacere di mettere i miei cd. Tom, facendo finta di far cadere involontariamente lo sguardo sul foglietto, fa la faccia storta. No, Tom, non devi sai bene che io amo solo te e te l’ho dimostrato oggi. Apro il finestrino e getto il foglietto fuori, lasciandolo volare tra la notte.
    Tom ci porta alla seconda tappa. E io non ho ancora pensato all’ultima tappa.


    Capitolo 25
    Tom ci porta verso la nuova tappa. Gustav, Bill, Andreas e Georg continuano a divertirsi e ogni tanto mi unisco a loro. La città è accesa. Tutti escono e si divertono. Tom continua a guidare sotto le luci della città. Ultimamente sento molto la mancanza di casa mia, delle mie amiche e, soprattutto, della mia famiglia. Vorrei tanto che fossero qui con me. Io e le mie amiche, a quest’ora, eravamo insieme a combinare casini. Tutt’e tre insieme. Però devo, essere sincera, nonostante quello che è successo con Katrynca, mi sto divertendo davvero tanto. Li trovo tutti molto simpatici e affettuosi con me, eppure ci conosciamo da poco tempo. È come se ci conoscessimo da tantissimo tempo. Come se fossimo cresciuti tutt’e sei insieme. Anche Simone e Gordon e i nonni sono molto affettuosi con me.
    Tom parcheggia l’auto.
    -Siamo arrivati?- Gli chiedo.
    -Non ancora… Dobbiamo prima farti fare una cosa.- Mi risponde Georg.
    -“Una cosa”?!- Faccio.
    -Sì.- Risponde Bill.
    -E cosa?- Chiedo ancora.
    -E’ una sorpresa.- Risponde Andreas.
    -Che sorpresa?- Chiedo perplessa.
    -Ora lo vedrai.- Mi dice Tom.
    Scendiamo tutti insieme dall’auto. Tom mette l’anti-furto. Mi guardo intorno. Dopo guardo i miei amici, uno per uno, per capire cos’hanno in mente. Dopo aver squadrato ognuno di loro mi trovo a guardare un’insegna su cui c’è scritto “Tatoos”. No. Non è possibile. Non può essere possibile. Non può essere vero. Mia, ma di cosa ti preoccupi. Di sicuro, semmai, dovremmo andare lì, non sarebbe per far fare un tatuaggio a me, ma di sicuro dovrà farlo o Bill o qualcun altro di loro. Entriamo nel palazzo e Tom bussa su “Klaus”. Aspettiamo qualche secondo, poi qualcuno viene ad aprirci. Tom, appena lo vede, lo abbraccia.
    -Klaus, vecchio mio, come va la vita?- Gli chiede Tom.
    -Bene, bene, e a voi?- Chiede.
    -Non possiamo lamentarci.- Risponde Bill.
    L’uomo avrà almeno una trentina d’anni. E’ robusto e abbastanza alto, con vari tatuaggi sul braccio. Bill mi presenta. Ci diamo la mano. Poi, ci fa entrare uno ad uno e ci accompagna in una stanza con una sedia e vari strumenti per tatuaggi e, a quanto ho capito, anche piercing.
    -Allora, chi è la persona di cui mi avete parlato?- Chiede Klaus.
    Tutti indicano me e, sempre tutt’insieme, rispondono:
    -Lei!-
    Deglutisco.
    -State scherzando, vero?- Chiedo.
    -No.- Rispondono, sempre tutt’insieme.
    -No, ragazzi, no!- Dico, facendo per andarmene.
    Tom mi blocca per il polso. Lo guardo dritto negli occhi.
    -Come “no”, Mia?! Non eri tu che avevi sempre desiderato, un piercing e un tatuaggio?- Mi chiede lui.
    -Sì, ma, è per questo, desidero anche vivere in California, questo non vuol dire che…-
    -Questo non c’entra… Comunque, ora hai l’occasione di “realizzare” due dei tuoi desideri e non lo fai?- Mi interrompe Tom.
    -Tom, sai benissimo che non li ho mai fatti perché avevo paura.- Gli dico.
    -Anch’io prima di farlo avevo paura, ma, poi, mi accorsi che era solo un pizzico ed era finita lì. Il tatuaggio fa un po’ più male, ma dopo passa il dolore. E comunque non sei da sola: ci siamo noi e, soprattutto, ci sono io.- Mi dice, sempre Tom, con la sua dolcezza. La stessa dolcezza che mi fa sciogliere.
    -Non lo so, non sono sicura.-
    -Dai, ti tengo la mano.- Mi dice ancora Tom.
    Ci penso su qualche secondo e in quei secondi tutti hanno gli occhi puntati su di me. Anche Klaus che ha seguito tutta la scenetta con la massima attenzione.
    -Ok,va bene, lo faccio. Ma siano ben chiare due cose.-
    -Cosa?- Chiede Gustav.
    -Se mi succedesse qualcosa durante o dopo queste due, come definirle?, “operazioni”, rima di tutto mi avrete sulla coscienza e seconda cosa, molto più importante, vi ammazzo tutti, compreso lei, signor Klaus.-
    -Ok, anche se io non c’entro niente in tutta questa storia, io faccio solo quello che mi si chiede… Comunque, Mia, giusto?, dammi del “tu”!- Precisa Klaus.
    -Ok, grazie.- Dico.
    Klaus si alza e va vicino ad un tavolo. Dopo un po’ arriva con un foglio in mano. Me lo dà. Inizio a leggere. In poche parole, c’è scritto che mi devo prendere tutte le responsabilità per qualunque cosa possa succedermi dopo aver fatto il buco e il tatuaggio. Tom mi dà una penna. Firmo in fondo. Glielo restituisco. Dopo tutto ciò che ho letto su quello che potrebbe succedere, la paura inizia a crescere ancora di più.
    -Allora vuoi fare prima il piercing o il tatuaggio?- Mi chiede Klaus.
    -Piercing.- Risponde Tom.
    Klaus si alza e di sicuro va a prendere i suoi ferri da lavoro. Guardo Tom, mi fa sorriso. Ecco che fa il suo solito sorrisino da ebete.
    -Cioè, ragà, manco a fare il piercing ora e il tatuaggio tra qualche settimana, tutto oggi.- Dico.
    -Sì.- Fa Andreas.
    -Ma dai, non ci pensare, pensa alla salute.- Mi dice Georg.
    -Mi ricordi qualcuno che conosciamo e che è pazza di te.- Dico.
    Georg mi sorride.
    -E, comunque, la salute potrei perderla ora.- Preciso.
    -Eddai, non lamentarti sempre.- Mi fa Bill.
    Klaus torna da noi con un ago molto largo e lungo. Indossa dei guanti in lattice.
    La mia paura continua crescere ancora di più. Bill, Tom, Gustav, Georg e Andreas, a turno, prendono i loro cellulari.
    -Sei pronta?- Mi chiede Klaus.
    Faccio un respiro profondo e annuisco.
    Dai telefoni dei miei amici parte la canzone By your side.
    Guardo Tom.
    -Questa è per darti un po’ di coraggio.- Mi dice Gustav.
    -Eh, se devo essere sincera, non mi aiuta molto.- Rispondo.

    No one knows how you feel
    No one there you'd like to see
    The day was dark and full of pain

    You write "help"
    With your own blood
    'Cause hope is all you've got
    You open up your eyes
    But nothing's changed

    I don't want to cause you trouble
    Don't want to stay too long
    I just came here to say to you
    Turn around
    I am here
    If you want it's me you'll see
    Doesn't count
    Far or near
    I can hold you
    When you reach for me

    Your life is meaningless
    Your diary full of trash
    It's so hard to get along
    With empty hands

    You're looking for the rainbow
    But it died not long ago
    It tried to shine just for you
    Until the end

    I don't want to cause you trouble
    Don't want to stay too long
    I just came here to say to you
    I'm by your side
    Just for a little while
    Turn around
    I am here
    If you want it's me you'll see
    Doesn't count
    Far or near
    I can hold you
    When you reach for me

    If the world makes you confused
    And your senses you seem to lose
    If the storm doesn't wanna diffuse
    And you just don't know what to do
    Look around
    I am here

    Doesn't count
    Far or near
    I'm by your side
    Just for a little while

    Turn around
    Turn around
    I am here
    Turn around

    Doesn't count
    Far or near
    Turn around
    If you want it's me you'll see
    Turn around

    I can hold you when you reach for me
    Turn around
    I am here
    Doesn't count
    Far or near

    Klaus prende il labbro sinistro inferiore con una pinza. Infila l’ago. Faccio un sussulto. Il dolore non è molto sopportabile. Toglie l’ago e prende il piercing. Pian piano lo infila nel buco. Lo fa entrare dentro, per poi farlo uscire fuori. Prende la vite a forma di pallina e la avvita al piercing.
    -Ecco fatto! Ti ho fatto molto male?- Mi chiede Klaus.
    La canzone finisce al momento in cui Klaus finisce di avvitarmi il piercing.

    I'm by your side
    Just for a little while
    We'll make it if we try.

    -Non molto.- Rispondo.
    -Visto che non faceva quasi niente.- Mi dice Bill.
    -E’ quel “quasi” che mi preoccupava.- Gli rispondo.
    -Allora… Dove vogliamo fare il tatuaggio?- Mi chiede Klaus.
    -Mmm… Non saprei… Sono indecisa…-
    -Perché non lo fai sull’avambraccio… O sul polpaccio… O, ancora, sul piede…- Mi consiglia Georg.
    -Fallo sul collo.- Gli dico.
    -Ok. Lo vuoi dietro la nuca o su uno dei due lati?- Mi chiede Klaus.
    -Sul lato.- Rispondo.
    -Destra o sinistra?- Mi chiede ancora.
    -Sinistra.- Rispondo.
    -Cosa vuoi farti tatuare?- Mi chiede, ora, Andreas.
    -Il simbolo dei Tokio Hotel.- Rispondo.
    -Ok. Se non sbaglio, dovrei avere ancora l’immagine che mi hai dato tu, Bill. Gli dice.
    -Oddio, sul collo fa malissimo. Lo ha fatto un mio amico.- Fa Andreas a Gustav.
    Deglutisco. Oddio, mi sto cagando addosso nel vero senso della parola. Ma che diavolo passa nella testa di questi? Cazzarola! Capisco che volevano farmi un pensiero carino, ma potevano almeno chiedermi se me la sentivo. Sto per mettermi a piangere.
    -Klaus, scusami, puoi farmelo dietro la spalla?- Gli chiedo.
    -Certo!- Mi risponde.
    A quel punto si alza e torna al tavolino dove sono tutti gli attrezzi del suo mestiere. Nel frattempo caccio la spalla sinistra fuori dalla camicetta. Per fortuna che ho messo un top sotto la camicetta, altrimenti non lo avrei mai fatto lì. Klaus torna da noi. Strofina dell’ovatta sulla mia pelle.
    -Iniziamo?- Mi chiede Klaus.
    Annuisco. I miei amici rimettono di nuovo la musica col cellulare. Questa volta è An deiner Seite(Ich bin da). Fa abbastanza male. Il mio viso fa smorfie di dolore. Prendo la mano di Tom e gliela stringo forte. Lo guardo e il dolore sembra diventare più lieve. Non riesco a credere che di aver fatto il piercing e di stare facendo anche un tatuaggio. Se fossi stata da sola, di sicuro sarei fuggita via. Mi sono sempre piaciuti i piercing e i tatuaggi, solo che non ho mai avuto il coraggio di farli.

    Keiner weiss, wies Dir geht.
    Keiner da, der Dich versteht.
    Der Tag war dunkel, und allein.
    Du schreibst Hilfe, mit Deinem Blut.
    Obwohl es immer wieder wehtut.
    Du machts die Augen auf, und alles bleibt gleich.

    Ich will nicht störn, und ich will auch nicht zu lange bleiben.
    Ich bin nur hier um Dir, zu sagen.

    Ich bin da, wenn Du willst.
    Schua Dich um, dann siehst du Mich.
    Ganz egal, wo Du bist.
    Wenn Du nach mir greifst, dann halt ich Dich.

    Dein Leben sinnentleert, Deine Schatten tonnenschwer.
    Und alles was Du jetzt brauchts, hast Du nicht.
    Du suchts den Regenbogen.
    Es liegt tot vor Dir, am Boden.
    Er hat solang es ging gestrahlt, nur für Dich.

    Ich will nicht störn, und ich will auch nicht zu lange bleiben.
    Ich bin nur hier um Dir, zu sagen.

    Wenn Du die Welt nicht mehr verstehst,
    und jeder Tag im Nichts vergeht.
    Wenn sich der Sturm nicht mehr legt,
    und Du die Nacht nicht mehr erträgst.
    Ich bin da wenn Du willst, ganz egal wo Du bist.

    An deiner Seite, bur eine Weile.

    Ich bin da,
    Ich bin da, wenn Du willst.
    Ich bin da, ganz egal wo Du bist.
    Ich bin da, schau in Dich rein dann siehst Du mich.
    Ganz egal wo Du bist.
    Wenn Du nach mir greifst dann halt ich Dich.
    Ich bin da wenn Du willst, ganz egal wo Du bist.

    An Deiner Seite, nur eine Weile.
    Du bist nicht alleine.

    Tutti guardano come Klaus disegna sulla mia spalla.
    -Klaus, scusa se ti interrompo, non è che potresti scrivermi anche la data di oggi e l’orario? E magari aggiungere Bill, Tom, Gustav, Georg e Andreas?- Chiedo.
    -Mamma mia, ci vuoi un tema sulla spalla?! Dai, scherzo… Comunque, per non c’è problema…- Mi risponde lui.
    Stringo ancora la mano di Tom.
    Ci mette tre quarti d’ora per fare il tutto.
    Appena ha finito, prende due garze e le attacca con del nastro adesivo che usano i medici e gli infermieri per medicare i pazienti, e con queste garze ci copre il tatuaggio.
    -Devi tenerlo coperto per almeno tre settimane.- Mi avvisa Klaus.
    -Ok.- Dico.
    Paghiamo. Io il piercing e i Tokio Hotel + Andreas insistono per pagarmi almeno il tatuaggio. Usciamo e torniamo in macchina. E proprio in questo momento mi viene in mente l’ultima tappa.



    Capitolo 26
    Tom mi fa portare la sua amatissima automobile. Mi sta accanto, attento a come la porto. Era da quando sono partiti che non porto la macchina. Non ho neanche ancora la patente. Ogni tanto mi dà delle indicazioni per guidarla bene, in più mi dice che sono una pilota nata. Chissà da chi ho preso! Dalla mia povera mammina. Anche lei era una pilota provetta.
    I quattro dell’Apocalisse che stanno dietro, non fiatano da quando ho acceso il motore e questo mi fa dubitare sul fatto che possa mai portare bene la macchina.
    -Ragazzi, ma perché non parlate?- Chiedo, guardandoli dallo specchietto retrovisore.
    -Per paura.- Risponde Tom, il quale si gira e li guarda, dopodiché, torna a guardare me.
    -Mi deludete. Avete così poca fiducia in me?- Chiedo.
    -Mia, io, già quando guida Tom sono terrorizzato, figuriamoci con te che sei una ragazza.- Mi risponde Georg.
    Le macchine dietro me continuano a suonare il clacson a causa della mia andatura lenta.
    -Addirittura!-Esclamo sbalordita.
    -Georg, ma perché devi offenderla?!- Gli dice Tom.
    -Tom, tu non parlare proprio, che Mia porta la macchina meglio di te… Vergognati!- Gli dice Gustav ridendo.
    L’automobile continua ad andare piano: ho troppa paura di fare un incidente per correre, soprattutto di sera. Poi non sono ancora per niente padrona della strada per correre. Le macchine continuano a suonare. Mi scoccio e spengo la macchina in mezzo alla strada. I miei amici mi guardano. Non capisco cosa mi sia successo. Ora dietro di me c’è un concerto di clacson stonati.
    -Ehi, ma perché ti sei fermata, così, in mezzo alla strada?- Mi chiede Tom.
    -Non voglio più guidare.- Gli rispondo, guardando avanti a me con il broncio.
    -Perché?- Mi chiede ancora.
    -Ma li senti? Mi suonano tutti dietro. Io ho paura di correre. Così mi fanno solo innervosire.-
    -Fregatene. Non pensarli.-
    -Come faccio a non pensarli e a fregarmene, se mi suonano per tutto il tempo?-
    -Ma non sei quella che se ne fregava sempre di tutto?-
    -Sì, ma ora è un’altra cosa.-
    -No, Mia, non c’entra nulla… Lo so come ti senti… anch’io ci sono passato… Gli automobilisti “esperti” vanno sempre di fretta. E il gioco sta nel fregarsene di loro. Di non pensarli. Di fare come se non esistessero. Devi farlo sempre. E devi ricordarti sempre che “I am by your side”… Anche quando non mi vedrai…- Mi dice Tom.
    Continuiamo a guardarci negli occhi.
    -Ok, va bene!- Dico.
    Faccio un respiro profondo e riaccendo la macchina.
    -E, comunque, devi portarci all’ultima tappa della nostra ultima serata qui a qui in Germania.- Continua Tom.
    Come prima, cammino ad andatura lenta. Come al solito, i cretini di dietro suonano il clacson. Questa volta, seguo il consiglio di Tom e me ne frego di loro. Cammino come voglio io in mezzo alla strada. Che suonassero pure.
    Prima siamo stati per un po’ di tempo al locale che avevamo deciso come seconda tappa. Abbiamo preso qualcosa di analcolico da bere e ci siamo scatenati un po’ sulla pista da ballo. Era la prima volta che andavo nel privè. È stato bello ballare con loro in mezzo alla gente. Ad un certo punto Georg mi ha fatto ballare sul cubo. Ero talmente imbarazzata e rossa in viso che un peperone, in confronto a me, era albino. Poi non me ne sono fregata più di tanto e ho continuato a ballare, finché non è venuto un tizio che si è spiaccicato a me. A quel punto, Tom e Andreas sono dovuti intervenire e per poco non iniziava una lite furibonda. Per fortuna che ce ne dovevamo andare, così abbiamo risparmiato un bel po’ di guai. Nel locale siamo stati fino a mezzanotte.
    -Mia, ma i fari sono accesi?- Mi chiede Bill.
    -No, perché?- Chiedo.
    -Accendili immediatamente, prima che qualcuno della polizia ci fermi. Per fortuna che non l’abbiamo incontrata finora. Altrimenti una bella multa nessuno ce la toglieva.- Mi dice, ora, Tom.
    Finalmente siamo arrivati. Parcheggio la macchina nel grande spiazzo. I miei amici mi guardano perplessi.
    -Ora perché ci siamo fermati?- Mi chiede Andreas.
    -Siamo arrivati.- Rispondo.
    -Dove?-
    Indico di fronte a me. Si guardano tra loro, poi guardano me.
    -COSAAAAAAAAAAAAAAAA??????- Mi chiedono in coro.
    -Scusate, ma che c’è di male? È’ un posto come un altro.-
    -Mia, stai scherzando vero?- Mi chiede Andreas.
    -No, affatto. Ditemi che c’è di male!-
    -Che c’è di male?! Prima di tutto, a quest’ora è chiuso.-
    -E allora?-
    -Come si fa ad entrare?-
    -Scavalchiamo.-
    -Ma come puoi pretendere che noi andiamo lì?! …E’ tutto buio! …Poi ci sono i pipistrelli… E i ragni… Lo sai che i ragni mi terrorizzano.- Si lamenta Bill.
    -Bill, ma quali ragni?!- Gli faccio.
    -Non solo i ragni, ma anche tutti gli altri insetti. Mi viene la pelle d’oca al solo pensiero. Oddio, che orrore!- Continua Bill.
    -Ma, ragazzi è un luogo come un altro!- Cerco di convincerli, ma le facce non cambiano.
    -Ok, ragazzi, non fa niente… Fate finta che non lo abbia mai proposto. Andiamo dove volete voi.- Dico arresa, facendo un sorriso triste.
    Pensavo che gli sarebbe piaciuta la mia idea, ma mi sbagliavo. La prossima volta non mi caricheranno di questa responsabilità.
    -Ma dai, ragazzi, io la penso come Mia… E’ un luogo come un altro, un po’ insolito dove passare una serata, ma è proprio questo il bello. Passiamo una serata diversa dalle altre…Perché opponete così tanta resistenza? Sarà, di sicuro, figo!- Fa Andreas entusiasta. -…E, poi, Bill, almeno per una volta, cerca di non pensare a quegli stupidi insetti! Almeno, per una volta, Bill, pensa solo a divertirti!- Continua Andreas.
    -Io dico che Andreas ha perfettamente ragione!- Fa Tom.
    -Ragazzi, se non vi va, non fa niente: non dobbiamo andarci per forza.- Faccio io.
    -Ok, va bene, andiamo!- Fanno Bill, Gustav e Georg.
    Tutti e sei scendiamo dalla macchina. Io mi dirigo verso il cofano posteriore e prendo sei torce e le due confezioni di birra da sei bottigliette. Distribuisco le torce ad ognuno. Dopodiché chiudo la macchina col telecomando. Le birre le porta una confezione Georg e una Andreas. Tutti e sei ci dirigiamo verso il cancello d’entrata. Do la torcia a Tom e mi arrampico sul cancello. Bill canta un pezzo della sua Hilf mir fliegen. Scavalco il cancello saltando, poi, all’interno del cimitero.
    -Bill, che fai? Sfotti?- Gli chiedo, aggiustandomi.
    -Noooo, assolutamente… Perché dovrei?- Mi chiede.
    -Per tua informazione, Mia, comunque, abbiamo visto tutto il ben di Dio che hai sotto la gonna!- Mi dice Gustav.
    Divento rossa e abbasso la testa per l’imbarazzo. Gli altri iniziano a ridere, tranne Tom.
    -Passatemi le birre e le torce invece di fare i cretini!- Gli ordino.
    I cretini obbediscono. Mi passano le birre e le torce attraverso gli spazi del cancello. Ad uno ad uno, iniziano a scavalcare il cancello. Quando salta Bill, dato che soffre di vertigini, gli devo dare la mano per aiutarlo a scendere. Per ultimo salta Tom. Aiuto anche lui. Riprendiamo, ognuno, la sua torcia e ci incamminiamo per un po’. Bill mi cammina affianco e mi ha chiesto di “proteggerlo” dagli insetti. Ma come si fa, a diciotto anni, quasi diciannove, ad avere paura degli insetti?! Tom cammina avanti a noi. Georg ci fa segno col dito di non fiatare. Poi posa la confezione di birra e la torcia a terra e dà un pizzico a Tom.
    -Pizzico a te e fortuna a me!- Gli fa, poi inizia a correre.
    Tom fa cadere la sua torcia e lo insegue.
    -Ma no, dai, non potete fare così!- Si lamenta Gustav.
    -Lascia stare, Gusti, tanto, ormai, lo sappiamo come sono fatti quei due.- Gli dico.
    -Vabbeh, ma non possono fare sempre così.- Continua Andreas.
    -Ci fermiamo qui?- Chiede Bill.
    -Ok.- Faccio.
    Posiamo le torce, ognuna su una lapide, formando un cerchio. Posiamo anche quella di Tom e Georg, anche se, per dispetto la vorremmo riportare in macchina, tanto le chiavi della Cadillac le ho ancora io.
    -Ragazzi, chi è che guida dopo?- Chiedo.
    -Andreas!- Rispondo in coro Gustav e Bill.
    -Ok, Andreas, te, allora, berrai una sola birra.- Gli informo.
    -E ti pareva se devo essere sempre io quello che va male.- Si lamenta, roteando gli occhi.
    -Eddai, non lamentarti sempre, pure tu, sembri quel coglione di mio fratello Tom.- Gli fa Bill.
    -Cazzo, che solidarietà che c’è fra i due fratelli.- Mi complimento.
    Inizio a prendere le birre. Le passo una Bill, una a Gustav e un’altra ad Andreas.
    Tutt’e tre cercano di aprirla, ma non ci riescono. Li guardo.
    -Avete bisogno d’aiuto?- Gli chiedo.
    -No, no, assolutamente!- Rispondono.
    -Ah, ok!-
    Provano ad aprirla con la bocca e con le dita, ma niente, non ci riescono.
    -Come cazzo si apre ‘sta cosa?! Mia, ma un cavatappi non potevi portarlo?- Mi chiede Gustav.
    -No, me ne sono completamente dimenticata… Dai, dalla a me, ci provo io.-
    Gusti me la passa. Poggio la parte superiore, dove c’è il tappo sulla lapide e con un colpo secco lo faccio saltare. Bill, Gustav e Andreas, mi guardano scioccati, a bocca aperta. Nessuno osa dire nulla. Ad una ad una, le apro tutt’e quattro.
    -Ragazzi, ma vi rendete conto?! Facciamo schifo come uomini! Siamo la vergogna del sesso maschile. Cioè, lei è una donna ed è riuscita ad aprire una bottiglia di birra! Io vado a farmi dieci minuti di vergogna.-
    Bill lo blocca.
    -Mi sento tanto una femminuccia!- Dice Bill.
    Io, Gustav e Andreas lo guardiamo male.
    -Ma dove hai imparato ad aprirle così?- Mi chiede Gustav.
    -I miei amici. Quando usciamo ci prendiamo sempre qualche bottiglia di birra e, dato che dimenticavo sempre il cavatappi, i miei amici mi hanno insegnato ad aprirla così.- Rispondo.
    -Ehi, Bill, ma cos’hai sulla gamba? A me sembra un ragno!- Gli dice Gustav.
    Bill si guarda sulle gambe.
    -DOVE??? DOVE??? DOVE???- Chiede urlando.
    Poi salta in braccio ad Andreas.
    -NOOO… GLI INSETTI, I RAGNI MI FANNO SCHIFO E PAURA. AIUTATEMI, VI PREGO! QUALCUNO MI AIUTI! DIO, TI PREGO, AIUTAMI, NON FARMI MORIRE!!!!!!!!!!!!!!!! NON VOGLIO MORIRE CON UN MORSO DI UN RAGNO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- Continua Bill, continuando ad urlare e tenendo gli occhi chiusi. Io, Andreas e Gustav ci guardiamo perplessi, poi guardiamo lui e scoppiamo a ridere. -NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!ODDIO, CHE QUALCUNO MI AIUTI! PROMETTO CHE NON DIRO’ PIU’ LE BUGIE A NESSUNO, SOPRATTUTTO ALLA MIA DOLCE MAMMINA E AL MIO CARISSIMO PATRIGNO!!!!!! PROMETTO DI NON FARE PIU’ I DISPETTI AL MIO DOLCISSIMO FRATELLINO GEMELLINO E NEANCHE AI MIEI CARISSIMI AMICI E COLLEGHI GEORG E GUSTAV!!!! NON LI FARO’ PIU’ NEANCHE AL MIO PIU’ CARO AMICO ANDREAS!!!!!!!!!!!!!!! LO PROMETTO!!!!!!!!!!! LO PROMETTO!!!!!! LO PROMETTO!!!!!!!!!!!!- Continua lui.
    Sembra che stia piangendo. Anche se tutto questo è talmente divertente. Oddio, non ce la faccio più a ridere: mi scendono le lacrime e mi fa male la pancia.
    -Bill! Bill! Bill! Bill! Bill! Era uno scherzetto di Gusti!- Gli avviso.
    -Eh?- Fa lui guardandoci ridere.
    -Sì, Bill, era uno scherzetto innocente.- Gli dice Gustav.
    Bill scende da Andreas. Si scuote un po’ i pantaloni e aggiustandosi la maglietta. Poi va da Gustav.
    -Uno scherzetto innocente?! Uno scherzetto innocente?! UNO SCHERZETTO INNOCENTE?!- Gli urla Bill. -Il tuo “scherzetto innocente” stava per farmi rimanere secco!!!!!!!!!!! Sai benissimo che ho paura degli insetti e soprattutto dei ragni!- Gli dice ancora.
    -Dai, Bill, non pensarci, non fa niente!- Gli dico gentilmente, passandogli una birra. -Bevici su!-
    -Ti sembra facile! …Oddio, che spavento che mi sono preso! E, comunque, ci bevo su solo perché me lo dici tu!- Esclama Bill.
    Ci sediamo tutt’e quattro su una lapide. Bill si mette affianco a me.
    -Ragazzi, ma che fine hanno fatto Georg e Tom?- Chiede Andreas.
    Tutt’e quattro ci guardiamo in faccia, non trovando alcuna risposta.


    Capitolo 27
    -Ok, Georg, basta!- Dice Tom affannato.
    Entrambi si piegano in due, entrambi affannati. Si guardano un secondo in faccia e scoppiano a ridere.
    -Cazzo, ma dove siamo?- Gli chiede Georg guardandosi intorno.
    -Ad occhio e croce, al cimitero.- Risponde Tom.
    -Ma va! Fin qui ci ero arrivato!-
    -E allora che cazzo chiedi?!-
    -Io intendevo in che parte del cimitero stiamo.-
    -Non saprei… Non frequento spesso al cimitero da sapermi orientare, soprattutto di notte. Mi sa che ci siamo persi.-
    -E ora che si fa?-
    -Lo chiedi a me?-
    -Nooo, dicevo alla tomba accanto a me. Ogni tanto, mi piace parlare con i morti! Cretino, a chi lo devo chiedere se ci sei solo tu?! Cerca di essere intelligente almeno una volta nella tua vita… ora capisco perché Mia ti ha lasciato.-
    Tom lo guarda male.
    -Comunque, io intendevo dire che non so come tornare dagli altri.-
    -Non abbiamo neanche le torce.-
    -…E neanche le birre.-
    -Tom, ma posso capire perché sei sempre così coglione?-
    -Perché ogni cosa che dico, rispondete che sono un coglione? Sembra di stare in tribunale: “Signor Kaulitz, può avvalersi della facoltà di non rispondere, perché qualsiasi cosa dica, potrebbe essere usata contro di lei.”-
    -Guarda che non te lo dicono in tribunale, ma quando ti arrestano.-
    -Quando lo dicono, dicono, non fa niente, l’importante è che lo dicono.-
    -Comunque… Torniamo a noi… Per caso il tuo piccolo cervello di gallina ricorda la strada che abbiamo percorso durante la corsa?-
    -No!-
    -Benissimo! Siamo fottuti! Posso capire che campi a fare?-
    -Uffa…-
    -Come dice Mia, “Uffa, la muffa!”-
    -Georg, invece di sparare più stronzate di quante ne sparo io, prendi il cellulare e chiama qualcuno di loro, no?-
    -Ho finito il credito.-
    -Bene… E poi sarei io il coglione, eh?-
    -Chiama col tuo.-
    -Ho finito anch’io il credito.-
    -Allora, che cazzo vuoi, siamo nella stessa situazione.-
    -Facciamo così, usiamo i display come torce.-
    -Giusto, buona idea, non ci avevo pensato. Vedi che, quando vuoi, riesci a essere anche più intelligente di me?-
    -Lo so, non c’è bisogno che lo dici, e, comunque, lo sono sempre!-
    -Uhmm… Perché non sono rimasto in silenzio, ora si monta la testa più di quanto lo è già!- Fa Georg roteando gli occhi.
    -Voglio una birra!- Si lamenta Tom.
    -Senti, Tom, ma con Mia come va?-
    -Non lo so. Il fatto che lei e Katrynca se le siano date di santa ragione, mi ha un po’ scosso.-
    -A te ha scosso?! Secondo te, Mia non è rimasta scossa?-
    -Non sto dicendo questo. Lei di sicuro è rimasta più scossa di me e la capisco. Venire in un altro luogo in cui non conosce nessuno e, dopo qualche giorno, una stronza ti mette le mani addosso solo perché ama lo stesso ragazzo che vorresti tu, non è una cosa bella, anzi, direi che è una cosa orribile.-
    -Io penso che lei stia lottando contro la sua stessa volontà.-
    -In che senso?-
    -Nel senso che lei vorrebbe tornare con te, ma ha paura!-
    -Di cosa?-
    -Che tu possa tornare a tradirla, non solo con quella Ann Katryn o Katrynca o Trina o come cazzo si chiama, ma anche con altre. Lei ha una paura fottuta e penso che questo sia normale dopo tutto quello che è successo.-
    -Lo so, però io… Georg, ho una paura fottuta anch’io… Ho paura che lei non voglia più tornare con me… Ho paura che lei possa mettersi con un altro… Ho paura che lei si accorga di amare quel Raoul.-
    -Tom, ora dovrai accettare tutte le sue scelte… Se davvero la ami, devi accettare tutto da lei… Tu, comunque, cerca di stupirla… Dimostrale il tuo amore. In ogni modo, falle capire quanto immensamente la ami…-
    -Hai ragione, Georg… Hai perfettamente ragione… Io ci provo… Poi, come si dice? “O la va o la spacca”!-
    -Giusto.-
    Tom abbraccia Georg. Per Tom, Georg, è un grande amico e, soprattutto, un grande confidente. Non davvero come farebbe senza lui. È contentissimo di averlo conosciuto.
    -Cerchiamo di tornare dagli altri?- Gli chiede Georg.
    Tom annuisce.

    -Ich will da nich allein sein. Lass uns gemeinsam, in die Nacht. Irgendwann wird es Zeit sein. Lass uns gemeinsam, in die Nacht.- Tutt’e quattro insieme cantiamo In die Nacht.
    -Sai, Mia, hai una bella voce, potresti fare anche tu la cantante.- Mi dice Gustav.
    -Macché… Una campana, in confronto a me, è David Bowie.
    -No, Mia, davvero, hai una bella voce.- Mi dice Bill.
    -Vabbeh… Ragà, non diciamo stronzate.- Continuo.
    Scuoto la testa e mi trovo a guardare davanti a me. Vedo due luci. Mi spavento. Scuoto Bill e gli indico di guardare davanti a sé. Anche Gustav e Andreas fanno lo stesso. Se prima Bill si è cagato addosso, ora sono io che mi cago addosso! Oh, porca minchia! Perché mi è venuta la brillante idea di venire in un cimitero di notte?!! Mi stringo a Bill. Che cazzata! A chi vado a stringermi? A Bill! Lui che ha paura perfino degli insetti! Ok, se la notte in cui io e Tom ci siamo messi insieme, me la sono scampata, questa volta sono fottuta! Ora sono davvero fottuta! Nel vero senso della parola.
    -Chi va là?- Chiede Gustav.
    Nessuna risposta. Continuano ad avvicinarsi. Mi stringo di più a Bill, abbracciandolo. Andreas punta la torcia su quelle due sagome che continuano ad avvicinarsi. Non posso guardare. Affondo la testa nel petto di Bill.
    -Ehi, ragazzi, siamo noi!- Fa una voce molto conosciuta. Una voce che ho amato fin dalla prima volta che l’ho sentita e che continuo ad amare. Mi giro e vedo Tom e Georg. Tiro un sospiro di sollievo. Mi stacco da Bill. Tom si siede accanto a me, facendomi stare in mezzo tra lui e il fratello.
    -Allora… Domani finalmente si parte per le vacanze: non vedevo l’ora!- Dice Georg.
    -Ma dove eravate?- Gli chiedo.
    -Ma che ne so!- Risponde Tom.
    Allora, ragà, da domani, chi non si diverte, è out, è uno sfigato pezzo di merda!- Gli dico.
    -Cazzo!- Fa Bill.
    -Che è? Un altro insetto?- Gli chiedo ridendo.
    -No, è per il fatto che, chi non si diverte, è uno sfigato pezzo di merda!-
    -Comunque, Mia ha detto bene!- Dice Gustav.
    -Le tappe sono queste: una settimana a Ibiza; una settimana alle Maldive, dove siamo stati io e Tom l’anno scorso; una settimana in Florida, un po’ dappertutto per poi fermarci a Miami; e, infine, dulcis in fundo, per le settimane rimanenti abbiamo affittato una villa che dà sul mare in California!- Ci avvisa Bill.
    Urliamo tutti e sei.
    -Wooooooooooooooooooow! Che bello! Adoro la California! È stupenda la California!- Esclamo entusiasta.
    -E’ per questo motivo che abbiamo deciso di stare più tempo lì.- Dice Tom.
    -Ragà, state avverando quasi tutti i miei desideri. Grazie davvero tante!- Continuo entusiasta.
    -Per ora pensiamo a questi più, come definirli, pratici. Agli altri ci penseremo più in là.- Continua Tom.
    -Ok... Cazzo, ma com’è grande questo piercing!- Dico, muovendolo con la lingua.
    -Dev’essere per forza grande!- Risponde Tom.
    -Mia, mi raccomando, non prendere lo stesso vizietto di Tom che lo muove continuamente per flirtare.- Fa Georg.
    -Nooo, dai, Georg, ma che dici? Io l’ho fatto soprattutto per flirtare.- Gli rispondo.
    -Ok, ragazzi, cambiamo discorso.- Propone Tom infastidito.
    -Mia, cantaci una canzone italiana, dai.- Dice Andreas.
    -No, ragazzi, vi prego, non so cantare.- Rispondo.
    -Ma che ti frega! Siamo tra noi.-
    -Ok! Allora… canto Il tempo di morire, di Lucio Battisti. Allora… Motocicletta. 10 HP. Tutta cromata. È tua se dici sì. Mi costa una vita. Per niente la darei. Ma ho il cuore malato. E so che guarirei. Non dire no. Non dire no. Non dire no, no. Non dire noo. Lo so che ami un altro. Ma che ci posso fare? Io sono un disperato, perché ti voglio amare. Perché ti voglio amare. Perché ti voglio amare. Perché ti voglio amare. Stanotte, adesso, sììì. Mi basta il tempo di morire, yeah. Fra le tue braccia così. Domani puoi dimenticare, domani, ma adesso, adesso dimmi di sì. non dire no… Ok, basta ragazzi, perché, primo: non so cantare; secondo: sto rovinando una splendida canzone, appunto, perché non so cantare; e terzo: non ricordo più le parole.- Dico.
    Noto che tutti gli occhi sono puntati su di me.
    -Che c’è?- Chiedo.
    -Che è successo?- Mi chiede Gustav.
    -Boh! Me lo dovete dire voi cos’è successo… Mi guardate tutti con certe facce.-
    -Non è successo nulla. Tranquilla!- Risponde ancora Gustav.
    -Ok…-
    Poi iniziamo a parlare dello scherzetto che Gustav a fatto a Bill. Tom e Georg, quando sentono la reazione di Bill, scoppiano a ridere. Poi parliamo delle vacanze che verranno. Poi passiamo a parlare dei nostri progetti futuri. Quelli dei Tokio Hotel già li conosciamo. Gli dico che mi piacerebbe aprire a Roma un bar, oppure un pub-discoteca. Mi rispondono che è un bel progetto, anche se non è molto facile. Andreas, invece, vorrebbe diventare un imprenditore. Di sicuro il suo “progetto” è più bello ed importante del mio. Mi è sempre piaciuto il pensiero di essere sposata con un imprenditore, anche se ho sempre saputo che è un lavoro che ti toglie molto tempo libero. Tutti ci raccontiamo. Raccontiamo le nostre esperienze infantili e quelle adolescenziali. Le ore passano così, tra il racconto di un’esperienza e un altro. Alle esperienze brutte, ognuno di noi fa delle battute per sdrammatizzare quella situazione negativa passata.


    Capitolo 28
    Mezzogiorno. Io, i Tokio Hotel e Andreas siamo in viaggio verso Ibiza. Sono seduta accanto a Bill e stiamo parlando della sua situazione con mia sorella. Mi sta raccontando il perché è finita anche la sua storia. Accanto a me e Bill, c’è Gustav che dorme. Si è addormentato da poco. Sì, perché siamo usciti dal cimitero verso le 7:30 di stamane e siamo corsi subito a casa per cambiarci e preparare le ultime cose. Alle 09:30 ci hanno accompagnato a Berlino per prendere l’aereo. Sull’aereo siamo saliti verso le 10:00 e ora siamo quasi arrivati a destinazione. È da quando siamo saliti sull’aereo che io e Bill stiamo parlando. Sarà l’eccitazione della vacanza, sarà che ciò di cui stiamo parlando io e Bill mi interessa davvero, ma io non ho sonno.
    -Io ho amato davvero tua sorella e la amo ancora e non poco. Con lei ho passato i momenti più belli della mia vita. Te l’ho detto, tutto è finito a causa del mio lavoro. Nonostante tutto, io sono felice che la decisione di finirla sia stata presa da entrambi e non solo da uno dei due.-
    -Io ho capito che la causa era il lavoro, ma dico, cos’ha il tuo lavoro che possa influire su una storia d’amore?-
    -La lontananza…- Mi risponde. -Essa influisce sugli stati d’animo.-
    -In che senso?-
    -Nel senso che hai sempre paura che l’altra persona possa conoscere un’altra persona e tradirti e , magari, innamorarsi anch’io della terza persona. Poi c’è il fatto che non ci si vede mai...- Mi dice, girando, poi la testa per guardare davanti a sé. -…Ti giuro io ho odiato mio fratello, l’ho invidiato, appena siamo partiti.-
    -Perché?-
    -Me lo chiedi pure? Lui ha avuto il coraggio di provarci. Di provare ad avere un rapporto a distanza con te. È anche vero che comunque ha ceduto alla prima “tentazione” che gli è capitata, ma comunque è da apprezzare il fatto che lui ci abbia voluto provare. Ha cercato di mantenere comunque una relazione stabile, nonostante i chilometri di distanza che vi dividevano l’uno dall’altro. È anche vero che alla fine vi siete lasciati, ma, comunque, rimane il fatto che ci abbia voluto provare. Lui che è da sempre definito il SEXGOTT della Germania, che non era mai stato innamorato. Lui che tutto vuole tranne che delle responsabilità, ha cercato di mandare avanti in modo solido una relazione a distanza… Cazzo, più ci penso e più mi faccio schifo da solo! Se potessi tornare indietro, non commetterei più lo stesso errore. Ma purtroppo non si può tornare indietro e sono costretto a vivere con questo rimpianto per sempre.-
    -Bill, io penso che non tutto sia perduto.-
    -In che senso.-
    -Hai mai sentito la frase “Volere è potere”?-
    -Sì, ma comunque non riesco a capire cosa tu voglia dire.-
    -La ami ancora?-
    -Da morire.-
    -Allora cerca di riconquistarla… Fa’ qualcosa di concreto per riaverla. E non avere paura della lontananza, perché, a volte, questa non può far altro che migliorare il rapporto tra due persone. Oddio, bisogna ammettere che io e Tom, non siamo stati per te ed Anto l’esempio di perfezione! Però penso che, nella vita, bisogna sempre provarci, senza pensare alle conseguenze, o meglio pensandoci, ma senza farci influenzare molto da esse.-
    -Però, io penso che, ora, tua sorella è il mio passato e, a me, non piace girarmi indietro verso il passato.-
    -Neanche a me piace, Bill, ma penso che, a volte, sia la cosa migliore guardare dietro. Ti faccio un esempio. Tuo padre…- Bill gira la testa dall’altro lato, poi torna a guardarmi scocciato. -…So che è una cosa che è una cosa che non ti fa affatto piacere sentire, però voglio fartelo comunque questo esempio. Tuo padre vi ha abbandonati quando te e Tom eravate molto piccoli, giusto? Però, continuate a sentirlo e a vederlo comunque. Ora quello che voglio dirti è questo: a te non piace fare i conti con il passato, ma continui a sentire tuo padre, nonostante non stia più con tua madre.-
    -Non c’entra nulla, Jörg è mio padre.-
    -…E Anto è la donna che ami. Quello che voglio farti capire è che nella vita, molto spesso, si fanno i conti con il passato. Molto spesso il passato ritorna, che sia bello o brutto, ma torna e noi non possiamo farci un bel niente, purtroppo.-
    -Mi sa che hai ragione.-
    Ci sorridiamo. Poi Bill mi abbraccia forte.
    -Ma che cazzo avete ancora da dirvi dopo che “vivete insieme” da una decina di giorni a questa parte?!- Esclama Gustav assonnato.
    Io e Bill ci stacchiamo l’uno dall’altro.
    -Gusti, ma per quale diavolo di motivo ti lamenti sempre?- Gli chiede Bill.
    -Non so voi, ma io ho sonno., dato che è da ieri mattina che non dormo.- Risponde Gustav.
    -Dopo lo scherzo che mi hai fatto stanotte, avrei dovuto ucciderti, ma non l’ho fatto, quindi ora devi subire tutto, altrimenti ti uccido ora… E comunque, noi due stavamo parlando con voce talmente bassa che nessuno dei due riesce a sentire ciò che dice l’altro.- Fa Bill.
    -Ok, ragazzi, calma… Calmatevi entrambi!- Dico guardandoli ora l’uno ora l’altro.
    A noi si uniscono anche Georg e Andreas.
    -Ehi ragazzi, che si dice di bello?- Chiede Andreas.
    -Mah… Niente di che… Si parlava del più e del meno…- Risponde Gusti.
    -Gusti, ma se dormivi, come fai a sapere che si parlava del più e del meno?!- Esclama Bill.
    -Guarda, Bill, mi sono svegliato perché parlavate… Posso anche dirti, parola per parola, tutto ciò che vi siete detti.- Risponde Gusti.
    Ecco, che tornano a litigare nuovamente. Cioè, hanno diciannove anni ciascuno e sono peggio dei bambini di due anni! Nessun bambino litiga sulle stronzate. Non ci posso credere! Oddio, ma dove mi hai fatto capitare!
    -Ragazzi, ve lo chiedo per favore, non litigate… Cazzo, stiamo andando in vacanza per divertirci e voi litigate?! Fatelo per me, non litigate più!- Gli dico disperata.
    -Ma lui mi fa innervosire! Non lo sopporto più! Uffi!!!- Esclama Bill, mettendo le braccia conserte.
    -Io ti faccio innervosire?! State parlando da quando siamo saliti su questo maledetto aereo, sapendo che io sto dormendo. Quando me ne andò dal gruppo sarà sempre troppo tardi!-
    -Ah sì? E perché?- Gli chiede Bill mettendosi le mani sui fianchi.
    Da qui non capisco più niente. Si fa una caos infernale. Per di più, Andreas e Georg si uniscono a Bill e Gustav, invece di darmi una mano per farli calmare. Oddio, ora avrei bisogno di Tom. No, è meglio di no, altrimenti va a finire che anche Tom si unisce alla caciara. Ok! Ora basta! Non posso sopportare questo casino ancora qualche minuto!
    -RAGAZZI, BASTAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!- Urlo a squarciagola.
    Tutti stanno zitti. Si guardano l’un l’altro, poi guardano me. Oh, finalmente stanno un po’ zitti! A saperlo, urlavo prima.
    -E che diamine! Siete peggio dei bambini! Figuratevi che un bambino non riesce ad arrivare al vostro grado di immaturità, per quanto ci prova.- Continuo a dire. –E voi due avanti a me…- Mi riferisco ad Andreas e Georg. -…Invece di aiutarmi a farli stare zitti, vi mettete a fare i coglioni anche voi! Ma si può fare?! …Allora… E che diamine! …Ora voglio che voi facciate la pace.-
    Si guardano tutti e quattro. Poi, si danno la mano e in coro si dicono “Scusa”
    -Guarda un po’ se dobbiamo fare come i bambini! …Comunque, sì Andreas, stavamo parlando!- Continuo ancora io.
    Si unisce anche Tom, anche lui assonnato.
    -Salve, raga, che si dice qui?- Chiede.
    -E’ arrivato l’altro… Non hai sentito nulla?- Chiedo.
    -No, perché?- Chiede, sempre Tom.
    -Ecco, tuo fratello e questi altri tre imbecilli, così li devo chiamare, perché sono imbecilli, hanno fatto un caos incredibile. Per fortuna che in questa “Sala” non c’era nessuno.-
    -No, dai, raga, ma perché fate sempre così? Siete i soliti!- Dice Tom guardandoli uno ad uno.
    -Mi hanno fatto davvero esaurire!- Dico mettendomi una mano in fronte.
    -Ragazzi, non mi fate esaurire la mia dolce metà!- Esclama, sempre Tom
    -E chi sarebbe la tua dolce metà?- Chiedo maliziosa.
    -Ma tu, mon trésor!- Mi risponde lui, cercando di fare perfetto l’accento francese.
    Si alza dal suo posto e si mette in mezzo tra me e Bill.
    -Caso mai, la tua ex, e sottolineo ex, dolce metà!- Dico determinata.
    -Per me sarai sempre la mia dolce metà.-
    Rimaniamo a guardarci. Questi secondi sembrano non passare mai. Sono eterni. È inutile negare il fatto che lo amo ancora, perché lo sanno tutti che io amo ancora Tom. Lo amo davvero molto. Potrei impazzire per lui. Ho letto un libro che parlava di Giovanna di Castiglia e d’Aragona, da tutti conosciuti come “La Pazza” e ho scoperto che anche lei provava le stesse emozioni che io provo ora. Anch’io potrei impazzire per Tom. Gli occhi color nocciola di Tom hanno un potere ipnotico su di me. È come se mi drogassero. Nessun ragazzo è mai riuscito a fare questo effetto su di me. Ok, Mia, penso che ora potresti tornare ad essere normale. Puoi tornare alla normalità.
    -…Mia? Mia? Mia, sei qui con noi o no?- Mi chiede Georg, sventolandomi la sua mano davanti agli occhi.
    -Eh… Che cosa? …Che è successo?- Chiedo allarmata.
    -Ho detto: non sei mai stata nei posti dove ora andremo in vacanza giusto?-
    -Ah… Sì… Sì, giusto… Non ci sono mai andata e per questo vi ringrazio ancora tantissimo.- Dico.
    Li guardo uno ad uno, cercando di non guardare anche Tom per non essere nuovamente ipnotizzata dai suoi occhi.

    Capitolo 29
    Siamo arrivati ad Ibiza da più o meno un’ora e mezza. Ognuno di noi è andato nella propria camera a indossare il costume da bagno. Le camere sono state divise nel seguente modo: Gustav, Georg e Andreas sono in una camera i gemelli in un’altra ed io in un’altra stanza ancora. Ora sono tutti da me ad aspettarmi. Annoiati . Tutti e cinque hanno come costume dei pantaloncini lunghi e un asciugamani sulle spalle. Sono diversi da come li avevo visti in foto. Da vicino sono più belli. Non so quanti costumi ho cambiato da quando siamo arrivati. È il primo bagno di quest’estate e avevo deciso di farlo in modo decente.
    -Mia, sei pronta?- Mi chiede Bill.
    -Non ancora…- Dico guardandomi allo specchio, titubante sul costume che indosso ora.
    -Non so perché, ma non mi piace neanche questo come mi va.- Continuo.
    -Dai, Mia, per me va bene!- Mi rassicura Andreas.
    -E noi che ci lamentiamo di Bill, perché fa sempre tardi.-
    Dice Gustav.
    -Ok… Tanto tra tanti che non mi andavano bene, questo è quello che va meglio… Cavolo, sono ingrassata in una maniera incredibile!- Mi lamento.
    -Ma che ingrassata! Sei perfetta!- Mi fa Georg.
    Mi infilo i pantaloncini. Poi, prendo la borsa per il mare e ci metto cellulare, la protezione, l’astuccio degli occhiali da sole, i loro cellulari, eccetera, eccetera. Sto per infilarci anche la macchinetta fotografica quando Gustav ci dice:
    -Ragà, prima di scendere, dobbiamo fare una foto.-
    -Ma non ti bastano quelle che abbiamo fatto finora?- Gli chiede Tom.
    -No.- Risponde Gusti.
    Prendiamo ognuno la sua macchina fotografica. Bussano alla porta.
    -Avanti!- Rispondo in inglese.
    Entra un cameriere giovane e carino con degli asciugamani in mano. Li poggia sul mio letto.
    Ho un idea. ce le facciamo fare da lui. Sempre in inglese gli chiedo:
    -Mi scusi, può farci delle foto?-
    -Certo!- Mi risponde.
    -Può farle con cinque macchine fotografiche?- Gli chiedo ancora.
    -Va bene!- Risponde ancora lui.
    Gli diamo le cinque macchinette fotografiche e ci mettiamo tutti e sei in posa. Per ogni foto, facciamo una posa diversa, tanto dopo le mettiamo tutte sul mio computer. Ci mette cinque minuti per fare tutte le foto. Il cameriere ci ridà le fotocamere.
    -Grazie mille… E’ stato gentilissimo.- Lo ringrazio.
    Il cameriere se ne va.
    -Ok, ora penso che potremmo andare via.- Dice Andreas.
    Mi danno tutto le loro fotocamere da mettere nella mia borsa. Tom, prima di darmela, mi scatta una foto a tradimento.
    -No, dai, Tom… Eliminala subito!- Gli ordino.
    -No, dai, sei venuta davvero bene. È molto spontanea.- Mi risponde.
    Sbuffo. Vabbeh, fa niente! Tom mette la sua fotocamera nella mia borsa. Prendo quest’ultima e usciamo dalla mia camera. Prendiamo l’ascensore e ci dirigiamo verso la reception per dare la chiave, o meglio la scheda. Usciamo anche dall’albergo e ci dirigiamo verso la spiaggia. Non c’è molta strada da fare (Per fortuna!). Camminiamo uno affianco all’altro parlando del viaggio e di ieri sera al cimitero. Tom, ne approfitta che Georg è posizionato all’estremo della fila, si gira verso noi e ci fa segno di stare zitti senza farsi accorgere dallo stesso Georg. Io, Gusta, Andreas e Bill lo guardiamo interrogativi. Tom ci fa segno di camminare più lentamente. Georg di tutto questo non si accorge. È preso a guardare il panorama. Tom si mette poco distante da lui e, all’improvviso gli tira giù il costume scoprendogli quasi del tutto le natiche. Georg si gira. È più rosso di un peperoncino calabrese. Capisce subito che è stato Tom.
    -Ora ti uccido!- Lo minaccia.
    Tom inizia a correre. Georg lo rincorre. Ecco, lo sapevo. Sono sempre i soliti.
    -NO, DAI, RAGA’, NON POTETE SEMPRE FARE QUESTO! PERCHE’ DOVETE SEMPRE FARVI RICONOSCERE?- Gli urla Bill.
    -Dai, lasciali stare, sono ragazzi… Se non lo fanno ora, quando devono farlo?- Gli dico.
    -Hai ragione, ma una cosa è farlo in una città che conosci e che, quindi poi dopo sai dove ti trovi, e un’altra è farla in una città dove non sei mai stato in vita tua, dove sai benissimo che potresti perderti. Se li perdiamo dopo come si fa? Dovremmo cercare un altro bassista e un altro chitarrista. Dovremmo perdere moltissimo tempo a fare le audizioni a chissà quanti ragazzi, io odio fare le audizioni! Mi annoiano a morte!- Continua Bill.
    Scoppiamo a ridere tutt’e quattro. Cioè, Bill non si preoccupa perché il fratello poi non lo vedrà mai più, nel senso che lo perde, ma si preoccupa del fatto che dovrà fare tantissime audizioni. Benissimo!
    In una decina di minuti siamo arrivati. Troviamo Tom e Georg piegati un due per la corsa.
    -Vi siete fatti una bella corsa, eh?- Fa Andreas.
    Georg e Tom lo guardano male. Andreas rimane talmente fulminati che vorrebbe nascondersi in un posto sicuro.
    -Allora… Chi arriva primo al bagnasciuga è un coglione o cogliona di prima categoria.- fa Gustav.
    Nessuno si muove.
    -Ragà, uno alla volta, eh, con calma, molta calma!- Faccio io, a mo’ di parodia.
    Si guardano in faccia. Poi guardano me. Partono le spinte. Ognuno di noi si butta su un altro. Poi iniziamo a spingere Bill, il quale si mette ad urlare:
    -MAMMAAAAAAAAAAAAA! AIUTAMI! VOGLIONO BUTTARMI IN ACQUA PER AFFOGARMI!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!-
    Ci guardiamo l’un l’altro. Ma è sicuro che non sia una femminuccia di dieci anni? Io inizio ad avere i miei dubbi! No, perché ieri sera saltò addosso ad Andreas temendo di morire per un innocente ragno, che, tra l’altro, era uno scherzo! Ora urla perché teme che vogliamo gettarlo in acqua per affogarlo. Non lo vedo tanto normale questo ragazzo! Non so gli altri, ma io no. Da Bill passiamo ad Andreas, il quale subito si getta a terra. Poi, spingiamo Tom, che sembra si faccia trascinare, poi, non si sa come, riesce a bloccarsi e a non muoversi. Poi passano, prima, a Georg, poi, a Gustav. Questi due imitano entrambi Andreas. Infine, passano a me. Mi spingono riescono, quasi, a spingermi fino al bagnasciuga. Cerco di fare più resistenza possibile. Tom si sposta da loro e si leva la T-shirt, posandola sulla spalla di Bill. Gli altri mi lasciano “libera”. Tiro un sospiro di sollievo. Tom posa l’asciugamani sulla spalla di Georg. Lo guardiamo interrogativi. Viene da me e mi prende in braccio. Corre per tutta la spiaggia. Io urlo peggio di una pazza. Tom ride. Anche gli altri ridono. Oddio, questo ora che vuole fare? Questo è matto! Corre in acqua e si tuffa facendo andare anche a me con la testa sott’acqua. Questo è un colpo basso.
    Riemergo quasi subito.
    -Cazzo, com’è fredda quest’acqua!- Esclamo sbattendo i denti.
    Gli altri posano la roba poco distante dall’acqua. Coprono la mia borsa con le loro T-Shirt. Corrono tutti verso me e Tom. Si tuffano tutti. Subito dopo, riemergono uno ad uno.
    -Ah, ci voleva proprio un bella vacanza! Il troppo lavoro mi ha stressato!- Esclama Bill.
    Non ci credo! Cioè lui fa il lavoro che ha sempre amato senza andare a scuola e si lamenta! Io che dovrei dire che devo svegliarmi, per nove mesi di fila, alle sei di mattina? È incredibile! Sono davvero sbalordita!
    -Mia, vieni sulle mie spalle, dai!- Mi dice Andreas.
    -Va bene!...- Gli rispondo. – Tom, sei un pezzo di merda! Mi hai fatto fare il bagno con tutti i pantaloncini. Dopo come cazzo faccio?- Gli dico scherzosamente.
    -Mia, mi immergo e ti metto sulle spalle, ok?- Mi avvisa.
    -Ok!-
    Allargo le gambe aspettando che lui venga. Andreas si immerge e, in poco tempo, mi solleva. Georg fa la stessa cosa con Bill e anche Gustav fa lo stesso con Tom.
    -Ragà, siete dei copioni!- Dico ridendo.
    -Facciamo la guerra?- Propone Bill.
    -Ok!- Risponde Tom.
    -Chi vince sfida Mia.- Dice Bill.
    Georg e Gustav si mettono in posizione di combattimento.
    -Three… Two… One… Go!- Dico.
    Inizia il “combattimento” fra i due fratelli. Io e Andreas facciamo la telecronaca. Si uniscono anche Gustav e Georg da sotto.
    -Un bel combattimento fra due fratelli che si vogliono davvero bene. Che vivono l’uno per l’altro, non trovi, Andreas?-
    -Sì, cara Mia, nessuno si sarebbe mai aspettato che sarebbe successo tutto questo. Trovo molto strano il fatto che si prendano a schiaffi due fratelli uniti come loro.-
    Gustav e Tom hanno la meglio su Georg e Bill. Bill cade in acqua. Ora tocca a me e Tom. Ecco, ora potrebbe essere il momento giusto per fargliela pagare per tutto ciò che mi ha fatto. Bill riemerge. La telecronaca la fanno Georg e Bill. Io e Andreas ci mettiamo in posizione di combattimento.
    -Ecco lo “scontro” più atteso dell’anno: Tom Kaulitz vs. Valentina, detta Mia, Mozzillo. La coppia, scoppiata quasi subito, dell’anno. Chi vincerà, secondo te, Bill?-
    -Conosco Mia quanto te, Georg, e, in quello che ho visto, ho capito che è una ragazza in gamba, combattiva e davvero molto determinata. Un tipo che non si arrende molto facilmente. Io penso che di questo ve ne siete accorti tutti, giusto?-
    -Sì.- Risponde Georg.
    -Soprattutto quando la sua acerrima nemica, Katrynca, e lei se le sono date di santa ragione.-
    Al nome di Katrynca la mia rabbia scatta. Vorrei uccidere Tom. Vorrei uccidere quella stronza. Bill inizia il conto alla rovescia:
    -Three… Two… One… Go!-
    Inizia lo scontro fra me e Tom.
    -Bill, ma non facevi prima a dire “Ready, set, Go!”?-
    -…It’s time to run. The sky is changin’, we are one. Together we can make it, while the world is crashin’ down. Don’t turn around.- Continua Bill, seguito da Georg.
    Andreas e Gustav si uniscono allo scontro.
    -Mia, se ti faccio male, avvisami subito.- Mi dice Tom.
    -E’ uno scontro, puoi fare ciò che vuoi!- Gli rispondo.
    -Ti voglio ancora!- Continua lui.
    Questa frase mi colpisce al cuore. Sto per mollare. Sto per mollare. Tom sa bene come ammorbidirmi. Lo sa benissimo, ma ora devo essere più forte di lui. sì, devo essere dura.
    -Non pensare di ammorbidirmi con queste stupidi parole.- Gli dico duramente.
    -Non sto cercando di ammorbidirti con delle stupide parole. Voglio farti capire che ti voglio ancora.-
    La rabbia cresce ancora di più dentro me. Tom tiene le mie braccia strette. Poi mi tiene le mani. Con una spinta, lo faccio cadere in acqua. Non se l’aspetta.
    -And the winner is: MIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!- Urlano Georg e Bill.
    Andreas mi aiuta ad alzarmi sulle sue spalle. Mi tiene le caviglie per non farmi cadere.
    -Sei la migliore!- Mi dice Andreas. Tom riemerge. Lo guardo con aria di superiorità. Con slancio, mi butto in acqua.
    Facciamo anche la torre uno sull’altro. La foto con la posa a “torre” ce la fa una signora del posto. Io, che sto sopra a tutto, mi tuffo per prima; dopo di me, si tuffa Tom; poi, Bill.
    Il pomeriggio continua così tra tuffi, risate e fotografie. Fino a vedere il tramonto.

    Capitolo 30
    Ad Ibiza le serate molti ragazzi le passano in discoteca. Ma ci sono anche ragazzi che preferiscono andare in spiaggia a fare un falò o chi, semplicemente, preferisce restare nella propria casa. Noi apparteniamo al primo gruppo e, forse, anche al secondo. Ancora non l’ho capito. Il nostro albergo è vicino ad una discoteca molto frequentata. Siamo stati molto fortunati! È già abbastanza, per me, fare molta strada la mattina. Anche la sera lo trovo un po’ troppo.
    Mi sto truccando. Per le 21:00 devo essere pronta, altrimenti mi uccidono tutt’e cinque insieme.
    Bussano alla porta, mentre metto il mascara. Vado ad aprirla senza correre, come se non avessi voglia di vedere e sentire nessuno. È il cameriere. Ora devo parlare in inglese.
    -Oh, buonasera!- Lo saluto.
    -Buonasera! …Questa rosa è per lei.- Mi dice, dandomela.
    -Chi me la manda?- Gli chiedo.
    -Mi hanno detto che è anonimo.-
    -Anonimo?-
    -Sì!-
    -Per favore, mi dica la verità!-
    -Ok… E’ un regalo del signor Tom Kaulitz.-
    -Davvero?-
    -Sì!-
    -Ok… Grazie mille!-
    Chiudo la porta alle mie spalle e mi ci poggio guardando la rosa. Non ci credo. Tom mi ha inviato una rosa. Per giunta nera, come le amo io. Sorrido. È’ incredibile davvero! Però… C’è un però… Dove l’ha presa? E quando l’ha acquistata? Ieri sera no, perché è stato tutta la serata con noi… Forse ieri pomeriggio, quando io e Simone siamo andate al centro estetico. È molto probabile. Oppure, può averla acquistata oggi pomeriggio, quando lui e Georg sono “scappati”. È molto probabile anche questo. Oddio, ma che mi frega dove e quando l’ha presa? L’importante è che è stato così carino da regalarmene una. Ma perché è finta? Forse per poterla colorare o perché, forse, dura per sempre. Minchia, Mia, sei di un paranoico incredibile! Ma che ti frega perché te l’ha regalata finta?! Come si dice? “L’importante è il pensiero”!
    Bussano di noi. Riapro subito la porta. Davanti a me, ora, c’è il mittente della mia rosa nera. Davanti a lui faccio l’indifferente con la rosa. Non voglio dargli la grande soddisfazione che la sua rosa mi abbia fatto davvero molto piacere.
    -Tom!-
    -Dimmi che sei pronta!-
    -Quasi, perché?-
    -Bill ha finito il suo mascara e vuole che usciamo, urgentemente, a comprarglielo!-
    -Ma sono le 20:15!-
    -Lo so, ma mi ha costretto a venirti a chiamare. E, comunque, c’è un centro commerciale qui vicino.-
    -Ma non posso prestargli uno dei miei?-
    -Che marca hai?-
    -Se entri un attimo andiamo a controllare. Tom si sofferma sulla rosa. Poi guarda me, come se volesse che io gli dicessi qualcosa. Ma niente. Io non gli dico un bel niente. Entra e chiude la porta. Poso la rosa sul mio letto, poi vado alla scrivania, dove è poggiato il mio beauty-case. “Scavo” dentro. Trovo tutti e tre i miei mascara.
    -Allora, ho quello della Maybelline New York, poi quello dell’Avon e, infine, quello de L'Oréal Paris. Però, questo de L'Oréal è finito.-
    -Bill usa proprio questo de L'Oréal.-
    -E’ in camera vostra?-
    -Chi?-
    -Come chi? Tom, di chi stiamo parlando finora? Di Bill, no?-
    -Ah sì, è in camera nostra.-
    Getto il mascara de L'Oréal nella spazzatura. Poi ci dirigiamo verso la porta e usciamo. Andiamo verso quella sua e del fratello. Senza bussare, entriamo. Bill è seduto a braccia conserte sul suo letto. Ha il broncio.
    -Bill, ti ho portato due dei mascara che uso io!- Gli dico.
    -Sono de L'Oréal?- Mi chiede, facendo, quasi, illuminare gli occhi.
    -No, sono, uno, della Maybelline New York e un altro è quello dell’Avon.- Gli rispondo.
    -Allora, non li metto. Voglio quello de L'Oréal!-
    Certo che Bill, quando vuole, è peggio dei bambini.
    -Dai, Bill, non fare i capricci. Un mascara vale l’altro.- Gli dice il fratello.
    -Non per me.-
    -Ok, Tom, andiamo a comprarglielo.- Gli dico.
    Tom scuote la testa. Usciamo dalla sua camera e torniamo nella mia. Finisco di truccarmi in pochissimo tempo. Poi usciamo. Scendiamo le scale, dirigendoci verso la Reception dell’albergo. Do la scheda della mia camera al signore dietro al bancone. Poi usciamo e ci dirigiamo verso il centro commerciale. Camminiamo per strada io e lui. Mia e Tom. Non succedeva da tanto tempo. Sembra di essere tornati a quando stavamo insieme. Sembra di essere tornati a quando, tra noi, andava tutto meravigliosamente bene. L’unica cosa che non va bene ora è il fatto che nessun o dei due osa parlare. Nessuno dei due osa dire una parola. Abbiamo entrambi paura che qualunque cosa diciamo non potrebbe essere accettata dall’altro/a. Odio questa situazione. È brutto, quando due persone, che si sono amate e che continuano ad amarsi, quando si lasciano non hanno più nulla da dirsi. È una cosa che neanche io posso accettare. Squilla il mio cellulare. potrebbero essere gli altri. Lo caccio dalla tasca e rispondo.
    -Pronto?-
    -Amore!- La mia carissima Marika.
    -Ciao, tesoro!-
    -Come va?-
    -Abbastanza bene… E a te?-
    -Non mi posso lamentare. Che stai facendo di bello?-
    -Sto andando a comprare un mascara a Bill.-
    -Da sola?-
    -No, no, sciocchina, c’è Tom con me!-
    Tom sentendo il suo nome si gira verso me con aria interrogativa.
    -Woooooooooooooooooooooooooooow!- Urla Marika.
    -Ma che “woooooooow”?! Non ti alterare per così poco.-
    -Ma come va con lui?-
    -Ti va di parlarne su MSN?-
    -Quando?-
    -No lo so! …Senti, cara, ci sentiamo poi, ok?-
    Non le do il tempo di rispondere.
    -Posso chiederti chi era?-
    -Marika!-
    -Ah…-
    Di nuovo il silenzio. Il mio peggior nemico di sempre. Ok… Mi sembra che è il momento di parlare.
    -Io volevo dirti che…- Pronunciamo insieme.
    Scoppiamo a ridere.
    -Ok, comincia te, Tomi.-
    -No, comincia tu.-
    -No, te.-
    -Ok… Ti stai divertendo?-
    -Sì, davvero tanto, poi, parliamoci chiaro, sono in vacanza con i Tokio Hotel, il gruppo del momento. Chi non si divertirebbe con voi?-
    -Ho capito subito che eri una ragazza in gamba.-
    -In che senso?-
    -Non so come spiegartelo… Nel senso che, sai farti valere.-
    -Grazie! …Non so se te l’ho detto, o me ne sono scordata, ma ho messo il vostro video degli EMA sul mio cellulare.-
    -Davvero?-
    -Sì!-
    -Me lo invii?-
    -Ok. Accendi Bluetooth.-
    Tom caccia il suo cellulare. Arriviamo al centro commerciale. Cerchiamo subito il reparto cosmetici. È poco distante da noi. Entriamo e cerchiamo subito il mascara che ci interessa.
    -Eccolo, è questo.- Mi dice Tom, dandomelo.
    Corriamo alla cassa. Caccio i soldi, ma Tom mi ferma prima che io possa pagare. Caccia la carta di credito e paga. Usciamo dal negozio e ci dirigiamo verso l’uscita del centro commerciale. Vorremmo fare il giro di tutto il centro commercial, ma non abbiamo tempo. Facciamo la stessa strada che abbiamo percorso per arrivare fino a qui tra risate e parole di due persone che sembrano riavvicinarsi sempre di più.
     
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  9. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 31
    Le discoteche di Ibiza sono una cosa grandiosa, quanto ho sentito dire. Sì perché non ci sono mai stata. Però molte persone me ne hanno parlato molto bene. Non ci ero mai stata fino ad ora. Georg e Tom in pista si scatenano come i pazzi. Oramai non mi meraviglio più di quei due: conosco bene i soggetti. Io e Andreas stiamo seduti ad aspettare Gustav e Bill che ci portino qualcosa da bere. Andreas ha chiesto qualcosa di forte da bere. Già senza bere sta semi sdraiato sul divanetto, non oso immaginare quando avrà bevuto. Guardo continuamente Tom. Cerco di capire il suo comportamento con le altre. Mi sono ridotta a questo. Devo spiarlo per capire se posso o non posso tornare con lui.
    -Allora? …Che guardi?- Mi chiede Andreas.
    -Secondo te?-
    -Mmmh… Non ne sono sicuro, ma qualcosa mi dice che stai osservando il caro vecchio Tom.-
    -Come sei perspicace… Comunque… Guardalo come gli si struscia quella e guarda lui come ci sta.-
    -Mia, è vero che devi osservare i suoi comportamenti, ma devi anche capire che lui è un uomo, e noi uomini abbiamo certe… come definirle?... “Voglie”, intendiamola così. E per noi uomini resistere a queste voglie è molto, ma molto difficile… Devo anche ricordarti che lui è il SEXGOTT della Germania ed ha questo…-
    Mi giro verso Andreas.
    -Io mi sono rotta i coglioni con questa storia del SEXGOTT! Mi sono rotta di sentire sempre che lui ha la responsabilità di “difendere” la sua reputazione da “Dio del sesso”!non ce la faccio più! Anch’io ho una dignità e una reputazione da difendere. Non posso stare con una persona vivendo con la paura che io possa essere cornuta! Non posso stare con un ragazzo ed essere cornuta, solo perché lui deve difendere la sua reputazione di SEXGOTT!-
    Mi alzo e me ne vado nello stesso momento in cui arrivano Bill e Gustav. E anche Georg e Tom.
    Esco fuori dal locale e mi accendo una sigaretta. Cioè Andreas… Oddio, che confusione! Perché dovevo innamorarmi proprio di Tom?fra i miliardi di persone che esistono sulla faccia della Terra, perché proprio di Tom? Avrei preferito innamorarmi di un barbone, ma non di Tom. Non potevo essere davvero innamorata di Raoul? Potevo essere davvero innamorata di lui, così al mio compleanno ci saremmo messi insieme. Mannaggia a me, che mi sono fatta convincere ad andare a quello stupido concerto! Cioè, ma quelle due non potevano lasciarmi a casa mia per i cazzi miei? Uff! Che palle! Avrei voglia di tornare a casa mia. Esco dal piccolo spiazzo della discoteca e mi dirigo verso la spiaggia. Mi levo le scarpe e cammino lungo il bagnasciuga, lasciando coprire e scoprire i miei piedi dal mare.
    È da tanto che non faccio un bagno di mezzanotte. Me lo ricordo ancora quando lo facevo con i miei amici in vacanza. Quando lo facevo con mia sorella. Come ci divertivamo. Era uno spasso bagnarsi tutti insieme.
    Guardo l’ora. Le 23:15. Ok. Aspetterò per farlo. Mi siedo sulla spiaggia.

    -Ma che è successo, Andreas? Perché Mia se n’è andata?- Gli chiede Tom.
    -Mentre eravamo soli, io e Mia abbiamo parlato un po’. E lei si è innervosita per una cosa che le ho detto.- Risponde Andreas.
    -E cosa puoi averle mai detto da farla incazzare in quel modo?- Gli chiede ora Bill.
    Andreas racconta, per filo e per segno tutta la loro conversazione. Tom sbuffa scuotendo la testa. Poi guarda il suo migliore amico in modo minaccioso. Vorrebbe tanto ucciderlo. Tutti ascoltano interessati per riuscire a capire almeno dove potrebbe essere andata Mia. Alla fine del racconto, Tom se ne va. Corre a cercarla. Lasciando gli altri lì.
    -Questo è un gran bel problema.- Dice Georg. -Ok… Però, cerchiamo di rimanere tutti calmi.-
    -Ragà, io la chiamo. Sono troppo preoccupato.- Fa Gustav. -E se le capitasse qualcosa di brutto? Chiamiamo la polizia.-
    -Gustav, ti ho appena detto di rimanere calmo…-
    -Georg ha ragione… Non serve a niente agitarsi.- Gli risponde Bill serio.
    -Andreas, ma perché non cerchi di ragionare, ogni tanto, prima di parlare?- Gli dice Gustav.
    -Ragazzi, facciamo passare questa notte e aspettiamo fino a domani mattina, se per domani mattina non è ancora tornata, avvertiamo la polizia. Comunque, a me, dispiace davvero tanto, aver detto quelle cose a Mia.- Dice Andreas.
    -Io, comunque la chiamo.- Fa Gustav.

    Cazzo, ma dov’è?! Mia, non puoi farmi questo! Non farmi stare così in pensieri! Ha fatto bene a rispondere in quel modo ad Andreas. Anche lei ha una sua dignità e una sua reputazione da difendere. Non è giusto che io, per difendere la mia reputazione da SEXGOTT, lei deve essere una cornuta. Che poi questo soprannome non lo sopporto più. È da quando è iniziato tutto con Mia che non sopporto più il fatto di essere il SEXGOTT della Germania. Io voglio essere solo Tom. Come vorrei tornare indietro. Vorrei tornare a quella sera in cui l’ho conosciuta e rivivere tutto quello che abbiamo fatto, per poi fermarmi a quella maledetta sera di quella maledetta festa in cui c’era anche Katrynca e respingerla una volta per sempre. Le sbatterei in faccia il fatto che sono innamorato di una persona stupenda. Come vorrei tornare a stare con Mia. Povero amore mio… A causa mia sta passando dei bruttissimi momenti. Lei che non se lo merita. Lei che non mi ha mai fatto nulla di male. Né a me e né a nessun altro. Spero che un giorno, lei riesca a perdonarmi. Però, pensandoci, chi l’avrebbe mai detto? Io, Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel, il SEXGOTT della Germania, io, mi sarei innamorato. Proprio io. Io che non ho mai creduto nell’amore. Io che amo andare che non amo avere una ragazza fissa, ma mi piace andare con varie ragazze. È solo grazie a lei se ora so cos’è l’amore. Grazie a lei so quant’è profondo. Grazie a lei conosco la sua solennità. Grazie a lei ho conosciuto la sua grandezza. Grazie a lei conosco la sua intensità. Mia è l’AMORE. E non la cambierei per nessun altra. E ora voglio solo pensare a riconquistarla. Anche se so che ora sta passando un brutto momento. E tutto per colpa mia. A causa mia e dei miei capricci da bambino viziato. Anche se la sua sofferenza non la dà a vedere, io gliela vedo lo stesso. Glielo leggo negli occhi. Nei suoi dolci occhi da gatta. Gliela leggo la sofferenza. Non so perché gli altri non riescono a vederla. Forse perché non la conoscono quanto me, o, forse, perché lascia trasparire dai suoi occhi, o meglio, lascia parlare i suoi occhi solo con me.
    Tom pensa a tutto questo. Pensa a tutto questo, mentre cerca Mia. Il suo amore. Ma non la trova. Ma non sa che lei è poco distante da lui. Sì, perché è dall’altra parte della spiaggia.

    Il mio cellulare squilla, lo prendo dalla tasca e guardo il display. È Gustav. Rispondo.
    -Gù, che c’è?- Gli chiedo.
    -Dove sei?- Mi chiede lui.
    -Non lo so neanche io.-
    Bugia… So benissimo dove mi trovo, solo che non voglio che mi vengano a cercare. Ho bisogno di restare da sola, senza nessuno che mi conosca e che io conosco.
    -Come non lo sai?!-
    -Eh…Gustav, non lo so dove mi trovo.-
    -Non puoi neanche darmi un punto di riferimento? Così sappiamo dove venirti a prendere.-
    -No, qui mi sembra tutto uguale.-
    -Mmmh… E ora?-
    -Non saprei… Senti, forse è meglio così… Ho bisogno di rimanere un po’ sola a pensare.-
    Non gli do il tempo di ribattere che subito stacco la chiamata. Spengo il cellulare e lo rimetto in tasca. Guardo di nuovo l’orologio. Le 23:25. È ancora presto, almeno per me. È strano come non attiri i ragazzi il “Bagno di mezzanotte”. Cazzo ma quanto ci vuole a passare il tempo? Ma che domande mi faccio??? Ci vuole il tempo che ci vuole. Nessuno può comandare il tempo purtroppo, nemmeno io. Ora mi ci vorrebbe una macchina del tempo. Se l’avessi, tornerei indietro e farei tornare mia madre qui con me. Poi cambierei tantissime cose. Non so cosa precisamente, ma le cambierei.
    Mi sdraio sulla sabbia. Mai come ora, non mi frega del fatto che mi ritroverò i granelli di sabbia nei capelli, tanto fra un po’ e domani mattina farò il bagno, quindi si leveranno da soli. Oddio, come vorrei Marika qui, ora, per parlare insieme a lei. Come sempre. mentre contiamo le stelle, come ai vecchi tempi.
    Passo il tempo che rimane per arrivare alla mezzanotte fumando, guardando continuamente l’orologio e pensando a tutto, anche alle cose più stupide.

    Finalmente la mezzanotte arriva. Mi alzo dalla sabbia e inizio a spogliarmi, rimanendo in intimo. Minchia, mi è venuta una voglia di birra irresistibile. Sì, ma dove la vado a prendere a quest’ora? Mi guardo intorno in cerca di un bar. Ne vedo uno poco distante da me. Mi rivesto e mi dirigo verso esso. La strada da percorrere non è molta, anzi direi che è davvero poca. Non so come ho fatto a non notarlo prima questo bar. Se è un bar. Arrivo. Ci sono gruppi di ragazze e ragazzi dentro e fuori. Entro dentro. Noto che mi guardano tutti in modo molto strano. Soprattutto le ragazze. Vado vicino al bancone e mi ci appoggio. Ora devo parlare inglese. Spero di riuscirci bene.
    -Salve!- Saluto.
    -Buonasera!- Mi saluta il barista senza neanche degnarmi di uno sguardo.
    Però mi sembra molto carino, anzi no, bello. Certo che quando si dice che non tutto il male viene per nuocere. Ora andrei da Andreas solo per ringraziarlo per aver fatto in modo che io scappassi.
    -Posso avere tre birre?- Gli chiedo un po’ titubante.
    Alza lo sguardo. Cazzo, ma è bellissimo! È’ moro con occhi color ghiaccio. Alto e muscoloso. Mi guarda. Ecco, ora scommetto che sono diventata rossa in viso. Di sicuro.
    -Tre?- Mi chiede serio.
    -Sì, tre.- Rispondo.
    -Quanti anni hai?- Mi chiede ancora.
    -Diciotto.-
    -Mi fai controllare, cortesemente, la carta di identità?- Mi chiede ancora una volta.
    Annuisco. Prendo la mia carta d’identità dalla tasca posteriore e gliela do. La guarda e guarda me.
    -Ok… Puoi averle.- Mi dice, ridandomi la carta d’identità.
    -Grazie.-
    Mi sorride. Ha un magnifico sorriso e dei denti perfetti e bianchi. Ok… Sto sbavando e fra un po’ mi sciolgo.
    -Le vuoi in bottiglia?- Mi chiede gentilmente.
    -Sì, grazie.-
    -Allora non le stappo.-
    -Ok!-
    Gli chiedo quanto gli devo. Lui mi dà le birre e lo pago.
    -Grazie ancora.- Gli dico facendo il sorriso più smagliante possibile.
    Faccio per andarmene.
    -Scusami, ma sei sola?- Mi chiede.
    Mi rigiro verso lui.
    -Sì, perché?- Gli chiedo incuriosita.
    -Resta qui, rimani a farmi un po’ di compagnia.- Mi dice.
    Sorrido intimidita. E chi se lo aspettava?! Non ci avrei mai sperato che me lo chiedesse. Anche perché è uno di quei tipi belloni che vogliono solo quelle ragazzi super-sexy, quali la Arcuri, la Santarelli (odio), la Ferilli, eccetera, eccetera, eccetera…continuiamo a guardarci. Mi porge la mano. Io gliela do.
    -Piacere, Erik.-
    -Piacere, Mia!-
    -Ma non ti chiamavi Valentina o era falsa quella carta d’identità?-
    -No, no, assolutamente, non lo farei mai… Valentina è il mio vero nome, mentre Mia, me l’hanno messo come diminutivo.-
    -Aaah, ok! …Comunque, io tra un po’ chiudo.
    -Ma fai con comodo.-
    -No, ma mica è per te che chiudo.-
    -Ah, grazie mille…- Dico con un pizzico di sarcasmo.
    -Ma figurati… Dai, comunque, a parte lo scherzo, io fra un po’ devo chiudere perché sono un po’ stanco. Poi, ce ne andiamo un po’ a fare quattro passi, così mi rilasso un po’.-
    -Ok… Senti, gentilmente, potresti mettermi queste due birre a fresco, altrimenti, se si riscaldano, poi fanno schifo.-
    -E la terza?- Mi chiede.
    -La bevo ora.-
    Erik le prende e le mette nel frigo. Poi mi apre la birra e infine apre la cassa e prende dei soldi. Mi prende la mano e mi ci infila i soldi. Io lo guardo interrogativa.
    -Offre la casa.- Mi dice.
    -No, dai, non posso accettarli, o meglio, riprenderli.- Gli rispondo imbarazzata.
    -Devi.-
    -Ma…-
    -Nessun “ma”.-
    -Ok, grazie mille. Però voglio sdebitarmi.-
    -Va bene, anche se non serve.-
    In mezz’ora il bar si svuota. Rimaniamo solo io e lui. anche il suo “collega” va via. Erik inizia a pulire tutto il locale. Gli do una mano. Non mi piace che faccia tutto da solo. È molto veloce. Sembra che ci conosciamo da chissà quanto tempo, mentre invece ci conosciamo da più o meno un’ora. Ogni tanto ci sorridiamo. Nonostante cerca di farmi sentire a mio agio, l’imbarazzo, da parte mia, non è ancora passato.
    -Non hai ancora finito di bere la tua prima birra: come mai?- Mi chiede.
    -Volevo aspettarti.-
    -Ah, ok… Beh, grazie!-
    -Di niente!-
    Non appena Erik finisce di pulire tutto il locale, ci sediamo ai tavolini fuori, ma prima prende la mia birra a metà e una per lui. Mi prendo una sigaretta e, prima di accenderla, gliela offro, ma lui mi risponde che ha le sue e ne approfitta per fumarsene una anche lui. Alterniamo ad un sorso di birra, un tiro di sigaretta.
    -Lascia la birra!- Mi dice.
    -Perché?- Gli chiedo incuriosita.
    -Ti preparo un cocktail che ho inventato io.-
    -Ma no, dai, ora devi mettere di nuovo tutto in disordine! Lascia stare, mi va bene la birra.-
    - Ma dai, non preoccuparti! Dopo pulisco io.-
    -Ma, poi, mi fai sentire in colpa…-
    -Perché?-
    -Perché hai sporcato per fare un cocktail a me!- Gli dico con voce “colpevole” (Se così si può intendere.).
    -Ma dai, non preoccuparti! È un piacere per me!-
    -Ok, grazie!-
    Erik si alza e va dietro il bancone. Inizia a cacciare varie bibite alcoliche e le versa nello shaker.
    Mi viene un’idea geniale. Un tipo di idea che non verrebbe in mente neanche ad un pazzo. Sono sicura che prima o poi mi ricovereranno in un istituto di igiene mentale. Penso che lo faranno molto presto.
    -Erik, arrivo tra un po’!- Gli dico alzandomi dalla sedia.
    Levo le scarpe e corro verso il mare. Mi ci tuffo con tutti i panni addosso. L’acqua è abbastanza fredda. Erik esce fuori al bar mi guarda esterrefatto. Poi scuote la testa ridendo.
    -TU SEI UNA PAZZA!- Mi urla.
    -LO SO!- Gli rispondo urlando anch’io. -VIENI ANCHE TE!-
    -VESTITO?-
    -SI’, DAI!-
    -MA COME “SI?; DAI”?!-
    -VUOI LASCIARMI TUTTA SOLA?-
    -OK, ARRIVO!-
    Si dirige verso me e si tuffa anche lui in acqua.
    -Qui non ci sono gli squali, giusto?- Gli chiedo.
    -Se devo essere sincero, non lo so: non sto qui da molto. Perché? Hai paura?-
    -Ah, ho capito… Te l’ho chiesto per evitare di allontanarmi troppo… Non mi piace l’idea che potrei essere la cena di uno squalo.-
    -Ah… Capisco!-
    -Ma l’hai finito di preparare il cocktail?- Gli chiedo.
    -Sì.-
    Ci guardiamo negli occhi. I suoi sono bellissimi. Color ghiaccio. Ormai mi ero abituata agli occhi nocciola di Tom. Tom. Che starà facendo ora? Chissà se mi sarà venuto a cercare. Chissà se è preoccupato per me. Chissà se si starà dove sono. Chissà se ha paura che mi sia successo qualcosa di brutto. Come vorrei avere una risposta certa. Avrei voluto fare questa pazzia con lui, ma purtroppo non è stato così. L’ho fatta con un altro. Un ragazzo appena conosciuto. Un ragazzo stupendo. Che ha un sorriso stupendo e un fisico che farebbe invidia anche a Kate Moss (Con tutto che lei è stata anoressica o bulimica, non ricordo precisamente cos’era!). E’ un ragazzo davvero stupendo. Poi mi sembra anche molto gentile. Usciamo dall’acqua e ci dirigiamo verso il bar. Erik mi dà la mano. Lo guardo imbarazzata. Mi risiedo sulla sedia, sempre fuori al bar. Ora vorrei capire come diavolo mi asciugo: non ho l’asciugamani e non c’è neanche il sole. Vabbeh, vorrà dire che mi asciugherò gradualmente. Erik va a prendere lo shaker ed esce con un vassoio e due bicchieri sopra. Versa il suo cocktail in un bicchiere, poi nell’altro. Taglia una fetta di limone, il quale, poi, divide a metà. Infine mi passa un bicchiere e si siede anche lui. ne bevo un sorso. È davvero buono. Se la cava il ragazzo!
    -E’ ottimo, complimenti davvero!- Gli dico compiaciuta.
    -Grazie! Comunque, tu sei la prima persona a cui lo faccio assaggiare.-
    -Davvero?-
    -Sì, ne sono felice!-
    -Ah sì?-
    -Sì, sì!-
    Ci sorridiamo ancora una volta.
    -Posso farti una domanda?- Gli chiedo dopo aver bevuto un altro sorso del suo cocktail.
    -Certo che puoi.-
    -Ma quanti anni hai?-
    -Quasi ventuno.-
    -Ma sei piccolo!-
    -Perché?-
    -Ti avevo dato venticinque anni.-
    -Addirittura!-
    Annuisco.
    -Bene!- Aggiunge.
    Mi accendo un’altra sigaretta. Restiamo lì a bere e a fumare.
    Verso le 04:00, andiamo a farci un altro bagno. questa volta leviamo i vestiti rimanendo in intimo. Ora è lui ad essere in imbarazzo. Io un po’ meno. Chissà perché ora lo sono poco e niente. Mah, chi mi capisce è davvero un genio! Scherziamo in acqua. È molto simpatico e divertente. Più tardi torniamo di nuovo al tavolino per continuare a divertirci ancora.
    Verso le 08:00, chiude il bar e si offre di accompagnarmi in albergo con la sua macchina. Arriviamo quasi subito. Faccio per scendere, ma lui mi blocca prendendomi il per il polso. Mi giro e lo guardo.
    -Mi sono divertito davvero tanto con te…- Mi dice. -…E mi piacerebbe davvero tanto rivederti e passare ancora del tempo con te. Se magari potessimo scambiarci i numeri di cellulare, poi ci mettiamo d’accordo, su dove e quando.- Continua lui.
    Ecco… Ora che faccio? Che dico? Glielo do o non glielo do? Vorrei una margherita così, invece di fare “M’ama o non m’ama”, farei “Glielo do o non glielo do”. Mi ha lasciata senza parole sul serio. Ok, ho deciso!
    -Va bene… Anche a me piacerebbe davvero tanto rivederti.-
    Gli do il mio numero. Ci sorridiamo e ci salutiamo. Poi scendo dall’auto lasciandolo andare via verso chissà quale meta. Infine entro nell’hotel. Salgo di corsa le scale scalza. I miei vestiti e i capelli sono ancora bagnati dall’acqua del mare. Cazzo, mi sono divertita davvero tanto con Erik. È davvero un ragazzo divertente e simpatico. Poi bello e gentile. Poi è anche una ragazzo serio, come non se ne incontrano più al giorno d’oggi. In macchina non c’ha provato. Se fosse stato un altro non avrebbe perso tempo. Sono quasi vicina alla porta quando mi accorgo di aver dimenticato di prendere la scheda per aprire la mia camera. Cazzo, ora devo scendere di nuovo! Non mi va proprio! Uffiii! Che testa di minchia che ho! Continuo ad avvicinarmi alla porta della mia camera e noto, o meglio, ho la sensazione che c’è qualcosa che non va. Abbasso la maniglia e, come per magia, la porta si apre. Oh, porco cazzo! Qualcuno è entrato dentro la mia camera e mi avrà sicuramente rubato qualcosa. Il portatile ad esempio. Oddio, no! Apro piano la porta. Entro lentamente e vedo sul letto una persona semi-sdraiata a guardare dalla mia direzione.


    Capitolo 32
    Apro piano la porta. Entro lentamente e vedo sul letto una persona semi-sdraiata a guardare dalla mia direzione. Non ci posso credere che sia lì. Mi sembra un sogno. Poi come ha fatto ad entrare. Giusto! La chiave! Sul mio letto, c’è Tom. E appena mi vede mi vede, la sua espressione in viso, diventa arrabbiata. Io non so che espressione fare. Mi sembra tutto un sogno, anzi no, un incubo.
    -Che ci fai qui, in camera mia?- Gli chiedo con tono nervoso.
    -Ti stavo aspettando.-
    -Ah, sì?- Gli faccio. -E perché?- Gli chiedo ancora.
    -Sì… Dove sei stata finora? Ti ho cercata dappertutto e non ti ho trovata.-
    -A cercare di non pensarti e non vederti.- Gli rispondo con aria di sfida.
    Tom si alza dal letto e si mette a dieci centimetri dal mio viso. I suoi occhi mi guardano con freddezza. Non l’hanno mai fatto, perché proprio ora?
    -Mia, tu stai con noi e devi rimanere con noi.-
    -Ah sì? E perché? Tom, io ho diciotto anni e se voglio allontanarmi posso farlo.-
    -No, che non puoi. Sei sotto la nostra responsabilità.-
    -Ancora?! Tom, io non sono più una bambina da controllare.-
    -A Gustav stava venendo un infarto a causa tua.-
    -Ma perché non capite, te e gli altri, che io ho bisogno di rimanere un po’ da sola?!-
    -Perché?! E ti fosse successo qualcosa di brutto?-
    -Ma non è successo!-
    -Ma se fosse successo? Chi l’avrebbe detto a tuo padre?-
    -Ma comunque non mi è successo nulla, anzi mi sento meglio!-
    -Ti sei comportata da bambina egoista, irresponsabile e viziata. Non pensavo che fossi così!-
    Stiamo urlando entrambi. Ora vorrei farlo mio. Ora che è arrabbiato e che la sua adrenalina è a mille. Ora lo getterei sul mio letto e lo farei mio. In modo violento, come potrebbe esserlo ora. Lo desidero così tanto. Stiamo per baciarci, quando torno in me e torna la mia arrabbiatura.
    -Fuori!- Gli dico.
    -Cosa?-
    -Fuori… Esci immediatamente da camera mia e non farti mai più rivedere qui dentro, stavolta hai superato il limite. E ti avviso che, se volessi uscire da sola, non sarai te, di certo a fermarmi. Per niente al mondo!-
    Tom esce dalla mia camera sbattendo la porta. Mi butto sul letto, cercando a quello che è appena successo. Che palle! Cioè, non stiamo più insieme e comunque continua ad essere geloso. Non può farlo, non può. Riaccendo il mio cellulare. Mi arrivano trenta messaggi di chiamate di Gustav. Cazzo! Mi dispiace che gli stava per venire un infarto, non volevo quello, ma devono capire che io ho bisogno di momenti in cui devo rimanere sola a pensare. Mi arriva una chiamata di Erik. Meno male! Forse mi farà bene parlare un po’ con lui.
    -Ehi!- Rispondo.
    -Ehi, ciao!-
    -Come va?-
    -Ho appena litigato con il mio… Con un mio amico.-
    -Perché sei rientrata ora?-
    -Sì… Cioè… Ci pensi? Ho lasciato mio padre a casa e ho ritrovato un altro rompicoglioni qui! Era meglio se non fossi venuta.-
    -Ma se non fossi venuta, non mi avresti mai conosciuto.-
    -Hai ragione, però non avrei mai dovuto sopportare altri tormenti inutili.-
    -Vabbeh, dai… Allora… Stamattina ti va di passare al bar?-
    -Non so… Però, penso più sì che no.-
    -Ci verrai da sola?-
    -Nooo. Assolutamente… Mi porterò un esercito dietro… Certo che vengo da sola!-
    -Ooooh, come sei spiritosa.-
    -Ancora non mi conosci bene.-
    -Verso che ora vieni?-
    -Non lo so! Io, tra un po’ vado a mettermi il costume.-
    -No, dai, volevo fare di nuovo un bagno vestito e uno in intimo.-
    -Vabbeh, possiamo farlo stasera.-
    -Volevo farlo anche stamattina.-
    -Eh… No, purtroppo, dovremo farlo solo di notte, altrimenti è brutto!-
    -Ok… Allora… Ci vediamo dopo.
    -Ok… A dopo… Ciao…-
    -A dopo… Ciao…-
    Stacchiamo nello stesso momento. Mi ha rasserenata parlare un po’ con lui. Ora bussano alla porta. Ora ci manca solo che squilli il telefono dell’albergo.
    -Avanti!- Dico.
    Entrano Bill, Gustav, Georg e Andreas. Si siedono sul letto, accanto a me. Per un po’ stiamo tutti in silenzio. Io guardo il letto. Mi sento in imbarazzo a guardarli negli occhi, soprattutto Gustav e Andreas. Però, è proprio quest’ultimo a rompere il silenzio, dicendomi:
    -Mia, ti chiedo scusa per tutto quello che ti ho detto ieri sera. Ho sbagliato.-
    -Ma no, dai, figurati! Non fa niente, anzi direi che hai ragione te. Sono io che ho esagerato con la reazione. Ora, però, ho bisogno di rimanere, in qualche momento, un po’ sola a pensare. E vorrei che voi rispettiate questi momenti e che mi lasciate stare da sola. Vi sto chiedendo di rispettare la mia solitudine.- Gli dico.
    -Va be!- Mi risponde Bill. -Ma, almeno avvisaci sul posto in cui sei.- Continua.
    -Vi avvertirò ad una sola condizione.-
    -Quale?- Chiedono tutt’e quattro in coro.
    -Vi avvertirò solo se mi giurate che non verrete a cercarmi.-
    Mettono la mano destra sul cuore e, di nuovo in coro, dicono:
    -Lo giuro!-
    -E tenete a bada Tom… Vorrei che non gli permettiate di venirmi a cercare.- Continuo.
    -Non preoccuparti. Me la vedo io. Appena vedo che prova solo ad allontanarsi un po’ per venirti a cercare, gli levo la testa dal collo e, con essa, mi metto a giocare a pallavolo.- Mi avvisa Georg.
    -Ok… Grazie!- Dico.
    Mi abbracciano tutt’insieme in segno di affetto nei miei confronti. Sono dei ragazzi tenerissimi. Gli voglio molto bene. Non saprei come fare senza loro. Di sicuro sarei persa.
    Ci stacchiamo e Gustav mi chiede:
    -Noi abbiamo già indossato il costume e stiamo per scendere a mare, tu che fai? Scendi con noi oppure preferisci dormire?-
    -Prima di tutto, Gusti, ti voglio chiedere scusa se ti stavo facendo venire l’infarto. E per averti staccato il telefono in faccia. Non era mia intenzione farlo!- Mi scusa con lui.
    -Ma dai, sta’ tranquilla, non preoccuparti.- Mi dice lui.
    -Sei un tesoro!- Continuo. -Ora vado ad indossare il costume!-
    -Tom, comunque ci ha raccontato la vostra litigata… E voglio avvisarti che ci sarà anche lui ora.- Mi dice Bill.
    Prendo il costume dalla valigia e corro in bagno ad indossarlo. Mi strucco e mi spoglio velocemente. Dopodiché, con la stessa velocità, indosso il costume. Bussano di nuovo alla porta.
    -RAGA’, PENSATECI VOI!- Gli urlo dal bagno.
    -OK!- Mi rispondono loro sempre urlando.
    Mi pettino. Ci sarà anche Tom stamattina. Perché, invece, non dorme? Sì, si fa una bella dormita così, magari, pensa a quello che mi ha detto e, magari, riesce a capire che non deve comandarmi. Poi, dopo la litigata di prima, non so neanche come guardarlo e come comportarmi con lui. non so come parlargli. La garza copre ancora il mio tatuaggio. La levo un po’, lavo il tatuaggio e gli metto la crema sopra. Questa è la curetta che mi ha dato il tatuatore. Anche se non dovrei fare il bagno. Per il sole, ho deciso di metterci la benda sopra, per ogni esposizione. Il piercing mi fa male poco. Per fortuna!
    Esco dal bagno. e mi ritrovo Tom in camera. Sarà stato sicuramente lui a bussare prima. E meno male che gli avevo detto di non azzardarsi a venire più in camera mia.
    -Ciao!- Lo saluto timida.
    -Ciao!- Mi dice lui sorridendo.
    Come fa a sorridermi dopo quello che è successo tra noi? Io non ci riuscirei. E penso che lo si nota. Prendo la mia borsa. Squilla il mio cellulare. Un messaggio. È di Erik. Lo leggo:
    “Ricorda che ti aspetto al mio bar
    stamattina e stasera! Non
    mancare! Mi raccomando!”
    Sorrido. Che carino che è! Per fortuna che sono occupati a mettere la loro roba nella mia borsa e non si sono accorti che la mia espressione è cambiata. Siamo pronti per scendere ed andare in spiaggia. Ad essere sincera non mi sono mai sentita così in imbarazzo avanti a Tom come ora. Ieri sera sembrava andare tutto meravigliosamente bene. Sembrava che ci stessimo riavvicinando, come ai vecchi tempi. Odio a morte questa situazione. Vorrei risolverla, ma non so come farlo. Mio padre dice sempre che, con le persone bisogna parlare. Bisogna sempre esprimere le proprie opinioni e le proprie idee con loro, senza aver paura di farlo solo perché, forse, non la pensano come me. Quindi, ora devo trovare un modo per chiarire con lui. il prima possibile.
    -Mia, ma hai ancora la benda sul tatuaggio?- Mi chiede Tom.
    Sì, proprio lui. cioè, mi chiede questa stronzata e non mi chiede di chiarire su tutto ciò che è successo stamattina! Ok, calma, Mia, resta calma! Se a lui non frega, perché dovrebbe fregare a te? Giusto!
    -Sì, soprattutto per il mare e il sole.-
    -Ah!- Continua Tom.
    -Ma ti stai curando?- Mi chiede Gustav.
    -Sì!-
    Ok. Ora sono pronta davvero. Prendo la borsa e l’asciugamani. Lo fanno anche i miei amici. Ci avviamo verso la porta ed usciamo. Prendiamo l’ascensore. In men’ che non si dica, arriviamo al piano terra. Diamo tutti la scheda-chiave all’uomo alla reception. Ripercorriamo la stessa strada di ieri. Questa volta, Tom e Georg, fanno i bravi bambini.
    Arriviamo alla spiaggia. Oddio, no! Non ci credo! Non è possibile! Non può essere vero. Non può! C’è Erik sulla spiaggia con un gruppo di amici ed amiche! E c’è una ragazza appigliata a lui peggio di una cozza. Erik mi guarda e fa per salutarmi. Lo blocco facendogli segno di non farlo. Di nascosto dai miei amici. La tizia mi guarda con aria schifata. Per fortuna Erik capisce.
    -Ma lo conosci quello?- Mi chiede Georg.
    -No, perché?- Faccio finta tonta.
    -No, perché ti stava sorridendo.-
    -Forse avrà visto qualche suo amico dietro noi passato con la macchina.-
    -Dici?-
    Annuisco. Ci rimettiamo al nostro posto di ieri. Poso la borsa e, come sempre, loro poggiano le loro maglie sopra per coprirla. Corriamo tutti in acqua, felici di essere, finalmente in vacanza dopo un anno di studio e di lavoro. E ogni tanto io ed Erik ci guardiamo con la coda dell’occhio, in modo tale da non far accorgere nessuno dei nostri sguardi complici.

    Capitolo 33
    Io, Bill e Andreas stiamo seduti sulla spiaggia a parlare e a prendere un po’ di sole. Anche se io non dovrei, a causa del tatuaggio. Infatti cerco di stare, più o meno, all’ombra. Andreas si diverte con poco e non capisco perché. Contento lui. Gira e ti rigira, ci ritroviamo sempre noi tre insieme. Ad essere sincera noi tre siamo la parte pensante della comitiva. Quei tre pensano solo a divertirsi. Giustamente sono giovani: se non lo fanno ora, quando devono farlo? Però, a pensarci bene anche noi siamo un po’ stupidi. Sì perché facciamo cose che non stanno né in cielo e né in terra. Forse siamo anche più divertenti degli altri. Almeno, per come la vedo io.
    -Ragà, chi ha voglia di un succo alla pesca?- Chiede Andreas.
    -Io!- Rispondiamo io e Bill insieme.
    Subito dopo lo chiedono, da dentro l’acqua, anche gli altri tre.
    Erik è tornato al suo bar. Per fortuna! Non avrei saputo come continuare a reggere la sceneggiata, dato che ci guardati per un po’ di tempo. Chiunque se ne sarà accorto di sicuro. Se Tom e gli altri non se ne sono accorti, allora vuol dire che sono davvero scemi.
    -Però, voglio andarci io!- Mi propongo, tutta pimpante.
    -Ok… Vuoi andare da sola o vuoi che venga anche io con te?- Mi chiede Bill.
    -No, no, non preoccuparti, ci vado da sola.-
    Prendo il borsellino dalla borsa e mi avvio verso il bar di Erik. Meno male che Erik, stamattina, quando sono arrivata in spiaggia, ha capito che non doveva salutarmi e che doveva far finta di non conoscermi. Se non avesse capito, come avrei fatto con Tom?! Di sicuro avrebbe iniziato a guardarlo male e, non appena, gli fosse capitata l’occasione, l’avrebbe ammazzato di botte. E non voglio questo. Voglio godermi queste vacanze in santa pace. Non voglio litigare più. Spero solo di riuscirci.
    Finalmente sono arrivata al bar. Ci sono quasi tutti i ragazzi che c’erano ieri sera, a cui si sono aggiunti altri. Tutti bevono qualcosa, ridono, scherzano, si divertono. Entro dentro e mi avvicino al bancone, dov’è Erik.
    -Ciao!- Lo saluto.
    Mi guarda e mi sorride. Non penso sia arrabbiato… Almeno spero.
    -Ciao…- Mi saluta. -…Come posso esserti utile?- Mi chiede.
    -Mmmh… Mi dai sei succhi alla pesca.-
    -Da portare?-
    -Sì, grazie!- Gli faccio, sorridendo.
    -Vuoi che te li porto io dai tuoi amici?- Si offre.
    -Saresti così gentile da farlo?-
    -Perché non dovrei?-
    -Mah… Non saprei… Forse, perché, quando sono arrivata, ho dovuto farti segno di non salutarmi.-
    -Avrai avuto i tuoi buoni motivi… Facciamo così: se mi aspetti, andiamo insieme, ok?- Mi chiede gentile come sempre.
    -Ok… Grazie mille!-
    -Figurati, per me è sempre un piacere.-
    Restiamo a guardarci un altro po’. Il sorriso stampato sulle nostre labbra, non manca mai.
    -Posso chiederti un cosa?- Mi chiede.
    -Sì, certo, anche due.-
    Già solo quello che vuole chiedermi e già so cosa rispondergli.
    -Perché hai voluto che non ci salutassimo davanti ai tuoi amici?-
    -Perché tra i miei amici c’è anche il mio ex ragazzo e non so come l’avrebbe presa.-
    -Quindi, devo dedurre che non hai raccontato a nessuno di me.-
    -No, infatti.-
    -E quando lo farai.-
    -Non lo so… Senti, il mio ex è ancora innamorato di me e non so come potrebbe prenderla. Stasera ti racconterò tutto e capirai.-
    -Ok.-

    -Ragà, ma Mia dov’è?- Chiede Tom a Bill e Andreas, uscendo dall’acqua.
    -E’ andata al bar a prendere dei succhi di frutta.- Gli risponde Bill.
    -Da sola?- Continua a chiedere, un po’ allarmato.
    -Sì!-
    -E voi l’avete lasciata andare?- Chiede, sempre più allarmato.
    -Sì, Tom…-
    -Io vado a prenderla.-
    Bill si alza e blocca il fratello, prendendolo per un braccio.
    -No, Tom, non ti lascio andare.-
    -Ah, no? E perché?-
    -Perché, Mia, ora, si trova in una fase in cui ha bisogno di rimanere un po’ sola a pensare. Tom, voi due non state più insieme, non hai più nessun diritto di controllarla. Lei è maggiorenne e vaccinata e non è certo una sprovveduta, non puoi controllarla a vita. Può decidere benissimo da sola cosa fare della sua vita.-
    -Quindi pensi anche che ciò che le ho detto stamattina, quando è rientrata, è sbagliato.-
    -Non del tutto, ma in parte sì… E’ vero che lei sta con noi, ma questo non vuol dire che dev’essere legata con le catene a noi. Se vuole farsi un giro da sola può farlo… Forse, anzi no… Sicuramente, ieri sera ha sbagliato a non avvertirci su dov’era, ma se vuole stare sola può farlo.-
    -Non la penso come te, Bill.-
    -Tom, qui la pensiamo tutti così. Lei non ti deve nessuna spiegazione. Finché non sceglierà di tornare con te, tu non hai diritto a nessuna sua spiegazione e può fare della sua vita tutto ciò che vuole.-
    -E se le succedesse qualcosa?-
    -Mia sa badare a sé stessa, non è più una bambina.-
    -Ok, va bene, farò quello che dite voi, ma se le succede qualcosa, ve lo vedrete voi, la sua famiglia e la vostra coscienza. Io me ne la vo le mani.-
    Tom ritorna in acqua, da Gustav e Georg, che hanno seguito tutta la scena, sotto lo sguardo di Andreas e Bill. Quest’ultimo torna a sedersi sulla sabbia, accanto al suo migliore amico.
    -Secondo te, ho esagerato?- Chiede Bill ad Andreas.
    -No, non credo. Se non avessi usato quel tono di sicuro, non avrebbe capito, anche se, di sicuro, non ha capito ancora il momento che sta passando mia, ora. Ci vorrà del tempo, dobbiamo solo sperare che non faccia nessuna cazzata. Anche se da una parte ha ragione: se le succedesse qualcosa di brutto?-
    -Non penso. Mia ha diciotto anni, sa badare benissimo a sé stessa. E, comunque, Andreas, non portare sfiga!-
    -Comunque, lei, per fortuna, ci ha garantito che ci avrebbe detto dove sarebbe andata, nel caso sarebbe voluta rimanere da sola.-
    -Sì, però, non dimentichiamoci che non dobbiamo dirlo a Tom, altrimenti, lui, potrebbe fare una cazzata.-
    -E Mia, dopo, ci ammazza!- Continua Bill.

    Sono qui da una decina di minuti ad aspettare Erik. I gruppetti di ragazze mi guardano in modo strano. È da quando sono arrivata che mi guardano così. Mi sa che sono un po’ infastidite dal fatto che sono qui ad aspettare Erik. Mi sa che piace un po’ a tutte. E, mi sa, pure, che saranno cazzi amari.
    -Mia, scusami se ti sto facendo perdere tempo.- Mi dice.
    -Non preoccuparti, dai.- Gli rispondo.
    Erik avvisa un ragazzo vicino a lui che viene con me a portare i succhi di frutta. Apre alcune bottigliette e le versa nei bicchieri. Poi prende un vassoio e ci mette sopra i sei bicchieri. Scavalca, agile, il bancone e, insieme, ci avviamo verso i miei amici. Nessun imbarazzo tra noi. Scherza con me, tranquillamente, sa che mi piace ridere, l’ha capito subito, già da stanotte. E mi dice che ho un sorriso magnifico, smagliante. Anche lui ha un bellissimo sorriso. Non come quello di Tom. Quello di Tom è perfetto. È irresistibile. È inimitabile. Il sorriso di Tom è il mio mondo.
    Penso che ora sia arrivato il momento che io ed Erik dobbiamo far finta di non conoscerci.
    -Erik, so che questa storia non ti piace, ma, davanti ai miei amici, dobbiamo far finta di non conoscerci.-
    -Gli ex sono sempre tremendi.-
    -Non tutti. Quelli che non sono più innamorati, sono tranquilli.-
    -Quindi, lui, è ancora innamorato di te.-
    -Sì, e non so se aggiungere purtroppo o per fortuna.-
    -Oh, bene!-
    Scoppiamo tutt’e due a ridere. Ci avviciniamo al mio “gruppo”. Indifferenti l’uno verso l’altro. Ci sono anche Georg, Gustav e Tom, bagnati. Devono essere usciti da poco dall’acqua.
    -Finalmente! Che bello!- Fa Bill entusiasta.
    Tom mi guarda in modo incomprensibile. Non so davvero come comportarmi con lui. ieri sembrava che tutto andasse bene, mentre, stamattina, è crollato tutto. Sembra che non ci conosciamo nemmeno. Mi sento in imbarazzo. Che brutta situazione è questa. Erik passa un bicchiere ad ognuno di loro. E se ne va. Lo salutiamo tutti con un semplice “Ciao, grazie per il disturbo!”. Come vorrei dirlo che io ed Erik ci siamo conosciuti, che ora siamo amici, ma non so che reazione potrebbe avere Tom e non vorrei rischiare. Sinceramente, mi sono un po’ scocciata di pensare sempre a Tom. Di pensare a come potrebbe reagire, prima di fare qualcosa. non mi va più di pensare al fatto che lui potrebbe arrabbiarsi, oppure, potrebbe reagire bene alle cose. Non mi sembra che lui pensi alle mie reazioni prima di fare qualcosa. E, non penso che, prima di scoparsi Katrynca, lui abbia pensato ad una mia probabile reazione. Lo so, Mia, è difficile non parlare di Erik agli altri per goderti una magnifica vacanza, senza avere altri litigi col carissimo Tom. È dura, è vero, ma lo fai solo per viverti beatamente questa bellissima vacanza col tuo gruppo preferito. Magari, potresti dirlo quando questa vacanza sarà finita, ma ora è meglio rimanere zitta.
    Mi siedo accanto a Tom. Non so perché, ma c’è posto solo accanto a lui. però voglio vedere come si comporta con me. Voglio vedere se fa come se non fosse successo nulla.
    -Mia, ti va di insegnarci un po’ d’Italiano?- Mi chiede Georg.
    -L’Italiano?!- Fa Andreas.
    -Sì, dai, anch’io voglio impararlo.- Fa Bill.
    -Ok, per me non c’è problema, anzi mi fa piacere, così, ogni tanto, mi fate parlare anche nella mia cara vecchia lingua di Padre Dante e non mi fate sforzare troppo col Tedesco.- Rispondo.
    -Ma guarda che parli benissimo il Tedesco.- Mi elogia Gusti.
    -Sì, vabbeh, questa sa di presa per il culo. Sbaglio quasi sempre la pronuncia. E, comunque, l’ho imparato contro la mia volontà, dato che mi hanno costretto Marika e Rosa ad iscrivermi al corso!- Li informo.
    -Di solito, quando si fanno le cose senza la propria volontà, per dispetto, non si imparano mai, mentre, tu, invece, l’hai imparato molto bene, complimenti.- Continua Georg.
    -Ok, ok, ok, basta con i complimenti altrimenti mi fate emozionare. Comunque… Allora… Voi, già conoscete il nostro”Vaffanculo” che corrisponde al vostro “Arschloch”, giusto?- Domando, guardandoli uno ad uno. Annuiscono tutti. Anche Andreas. Deve averglielo imparato, di sicuro Tom.
    -E’ la prima parola che abbiamo imparato.- Risponde Tom, ridendo. E, con lui, tutti gli altri.
    -Quindi… Allora… “Danke”, in Italiano, corrisponde a “Grazie”, ripetete!- Gli ordino.
    Lo fanno tutti insieme, con un accento un po’ strano.
    -E “Danke schön”, in Italiano corrisponde a “Grazie tante”, ripete!- Ordino ancora.
    Ripetono, di nuovo, tutt’insieme. Sembrano dei bambini delle elementari.
    La nostra giornata passa così, tra lezioni di Italiano e risate. Divertendoci, come sempre, nella maniera più stupida. Il “gelo” tra me e Tom sembra essere svanito. Ecco… Io odio questo: Tom, fa andare e tornare il”Gelo” tra noi quando gli pare e piace. Svanisce senza neanche un chiarimento. Ecco… Forse è questo il perché dei nostri continui litigi, non chiariamo mai. Io sono dell’opinione che bisogna sempre chiarirsi, per qualsiasi cosa e in ogni momento, altrimenti, non si finirà mai di litigare. Ora devo trovare solo il momento giusto per parlare con lui. spero solo di trovarlo e di riuscire a chiarire con lui una volta e per sempre, senza litigare ancora.


    Capitolo 34
    Sera. E come tutte le sere mi sto preparando, ma ho quasi finito. Oggi i Tokio Hotel e Andreas hanno imparato varie parole in Italiano e come presentarsi. Mi hanno chiesto di continuare ad insegnarglielo, perché gli piace la lingua italiana e l’Italia di per sé e, anche perché, vogliono riuscire a comunicare, almeno un po’, con le fan italiane. Li trovo dei buoni motivi per impararlo e mi fa piacere aiutarli in qualcosa.
    Io vorrei sapere cosa passa per la testa a Tom. Prima mi aggredisce, poi parla, scherza e ride con me, come se non fosse successo nulla. Chi lo capisce è davvero bravo. Io, è vero, che mi reputo indecifrabile, ma Tom neanche scherza! A volte mi fa venire i nervi a fior di pelle! Vorrei ammazzarlo, però, contemporaneamente, vorrei farlo mio. In qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, che ci sia o non ci sia gente, senza mai fregarsene di niente e di nessuno. Fargli vedere che io sono migliore di Katrynca, che sono più brava di lei. Che so farmi valere più di lei. Che io so farmi desiderare più di lei.
    Bussano alla porta. Poso il mascara sulla scrivania e mi dirigo verso la porta. La apro. Sorpresa. Chi arriva sempre quando meno me lo aspetto? Tom. E non mi ha manco avvisato, come se le altre sere lui lo abbia fatto. Ha una rosa nera in mano. È la seconda in due giorni. Mi sorride. Ricambio. Non so perché, ma riesce sempre a stupirmi.
    -Posso entrare?- Mi chiede, porgendomi la rosa.
    -Sì, certo, come no!- Gli rispondo, prendendo la rosa.
    Entra e, io, chiudo la porta. Tom si siede sul lette e mi guarda. Io rimango in piedi, davanti a lui a guardarlo, senza dirgli nulla. Perché non so cosa dirgli. È orribile questa situazione. Io che non so cosa dirgli. A lui, lo vedo abbastanza in imbarazzo. Che situazione di merda! E pensare che, prima di metterci insieme, non era così.
    -Mia… Io sono venuto qui ora per chiederti scusa…- Mi dice. -…Da quando è successa tutta la brutta storia con Katrynca, io, mi sono comportato male con te. Non ti ho mai né rispettata né capita. Ti stavo costringendo a fare tutto ciò che ti dicevo io, senza mai pensare a ciò che volevi tu davvero e senza pensare ad una tua probabile reazione. fin da quando ci siamo conosciuti, mi sono sempre comportato male con te. Mi sono sempre comportato da bambino viziato ed egoista. Ho pensato sempre e solo a me stesso, a cosa era giusto per me, non per noi due. Per questo motivo, io, mi odio. Mi odio per essere stato così capriccioso e, purtroppo, lo sono ancora oggi…- Il suo tono è desolato. -…Mia, io sto cercando di cambiare, di essere diverso, di maturare. Questa è una cosa che non ho mai provato a fare. Davvero, io sto cercando di crescere, di ragionare prima di agire. Mia, io sto cercando di maturare per te, solo ed esclusivamente per te.-
    Gli occhi di Tom brillano. Sono rimasta scioccata dalle sue parole. Non mi sarei mai aspettata di sentirmi dire questo. E, poi, da lui, Tom, che piace solo divertirsi, andare a letto con tutte quelle che gli capitano davanti. L’aver sentito questo, ora, per me, è come vedere e sentire un gatto che parla. Penso che sia arrivato il momento di rispondere.
    -Tom… E’ vero che, fino ad ora, hai pensato solo a te stesso e, se ti dicessi che penso il contrario, sarei una grandissima ipocrita, quindi, per me è meglio dirti che la penso allo stesso modo in cui la pensi te. Poi, vorrei dirti che sbagli a voler cambiare per me. O meglio, non devi cambiare solo per me, ma soprattutto per te stesso. Per una tua soddisfazione personale. Per poter dire al mondo che sei una persona matura, con la testa sulle spalle e stupire tutti quelli che ti sono vicini. Io credo che se ci provi davvero, puoi anche riuscirci. È già tanto il fatto che riconosci i tuoi errori, questo è già un segno di maturità. È vero, stamattina hai sbagliato ad aggredirmi, ma, ad essere sincera, non ho capito ancora in cosa, ma anch’io ho sbagliato. Forse, il mio errore sta nel fatto che me ne sono andata senza far sapere niente a nessuno, nel fatto che non mi sono preoccupata minimamente del fatto che voi potevate essere in pensiero per me. Solo che, cerca di capirmi, quando ieri mi sono sentita dire quelle parole da Andreas, il quale mi ha aveva convinto a venire in vacanza con voi per vedere se ti comportavi bene, in modo da decidere di tornare con te, io mi sono sentita, non so come spiegartelo… Mi sono sentita così male, da non riuscire più a rimanere lì, così sono scappata, senza sapere neanche’io dove andare, poi mi sono persa…- Ecco, questa è una bugia, sapevo benissimo dove mi trovavo: ero in spiaggia. -…Ti giuro, volevo morire… Sono scappata per la disperazione… Non sapevo più ciò che volevo. Ho sentito il bisogno di rimanere un po’ da sola a pensare a ciò che mi sta succedendo in questo momento. Ho sentito il bisogno di pensare a tutto ciò che sto facendo e se è giusto. Se sto agendo bene, se sto dicendo le cose giuste. Poi, ad un certo punto, mi sono resa conto del fatto che, Andreas, aveva ragione. Io da te non posso pretendere niente. Non ti posso costringere a fare o a dire ciò che voglio io. Non è giusto. Noi due non stiamo più insieme.- Gli rispondo.
    -Mia, io voglio riaverti, non so se l’hai capito e, per farlo, devo “Comportarmi bene”, non pensi?-
    -Sì, e lo stai facendo… Ma lo stai facendo contro la tua volontà. Non sei te questo Tom: è un’altra persona. Io non voglio il Tom che stai diventando, io voglio il vero Tom. Il Tom che ama le donne e il divertirsi con loro. Quello che ama il divertirsi in generale. Quello che ride, scherza e fa cazzate con il suo caro amico Georg. Io voglio quel Tom.-
    Tom non parla. Touchèt. Colpito. Lui non vuole fare il “bravo”, anche se dice di amarmi più di ogni altra cosa.
    -No, non è vero… Mia…-
    -Tom, lo so… Io so che non vuoi solo me, ma vuoi anche divertirti con le altre ragazze.-
    Tom si alza e si avvicina ancora di più a me. Mi prende il viso tra le mani. Mi guarda negli occhi, profondamente, come nessuno aveva mai fatto. Nessuno aveva guardato mai così in fondo ai miei occhi. È come se volesse mostrarmi qualcosa e non sa come farlo.
    -Mia, guardami bene negli occhi, dritto negli occhi. In fondo, c’è l’amore che io provo per te. E sai perché è in fondo?-
    Faccio cenno di “No” con la testa.
    -Perché voglio che nessuno tocchi quel sentimento così puro. Lo custodisco lì in fondo gelosamente, perché voglio che nessuno debba vederlo. È solo mio. Mio. E devo guardarlo solo io.- Mi sussurra tutto questo, dolcemente.
    Mi viene spontaneo abbracciarlo forte. Quando vuole sa essere davvero un tesoro. È questo il caro Tom che conosco. Lo guardo negli occhi, carezzandogli la testa. Poi… Lo bacio. Sì, io so essere più passionale di Katrynca. Lo getto sul letto continuando a baciarlo. Tom mi stringe a sé con un braccio, mentre, l’altra mano la tiene dietro la mia nuca. Gli sto sopra. Mette le mani sotto la mia maglietta. Poi, passa ad accarezzarmi le cosce. I suoi movimenti sono molto lenti e dolci, come lui. mi carezza dappertutto. Le mie mani scendono sotto la sua maglietta larga. La sua pelle è liscia, morbida, come quella dei neonati. Questa è la cosa più bella che mi potesse succedere stasera. È la migliore. Allora, vuol dire che si prevede una serata davvero grandiosa. Spero che faccia rimanere ancora il Tom che mi ama davvero. Non voglio che quella parte di sé scomparisca. Non deve scomparire. Perché è la parte di Tom che amo. Quella che amo di più è la parte del Tom passionale, voglioso, desideroso. Che sa dove iniziare e dove finire. Il Tom che sa baciare così bene sul collo, che riesce a farti andare in estasi. Sì quel Tom io voglio. Quello voglio che rimanga per sempre. Perché quello è il vero Tom. Il Tom di cui mi sono innamorata fin dalla prima volta in cui ho incrociato il suo sguardo.
    Mi stacco da lui e inizio a ridere.
    -Cos’hai?- Mi chiede, poggiandosi sui gomiti.
    -Niente…-
    -Dai, dimmelo.-
    -Ok… Sembrava che stessimo per farlo.-
    -Se vuoi…-
    Lo guardo seria. No, non me la sento.
    -Tom, io e te abbiamo commesso un errore.-
    -Ah, sì?-
    -Sì!-
    -Quale?-
    Ci penso un po’ su. Non so se dirglielo o no. No, meglio di no, meglio evitare.
    -Niente, lascia stare.- Gli dico.
    -Dai, davvero, dimmelo!-
    -No, no, niente… Me ne sono anche dimenticata.-
    -Sicura?-
    -Sì, sì!-
    Mi alzo dal letto. Tom mi guarda fisso. Ci guardiamo da lontano e ci sorridiamo.
    -Mia, mi piace come sei vestita stasera!-
    -Grazie! Anche te stai molto bene!-
    -Sì, vabbeh!-
    Continuiamo a guardarci ancora. Sembra di essere tornati alla notte in cui ci siamo messi insieme. Tutto perfetto, come lui. un angelo caduto dal cielo, solo per stare accanto a me. Il mio angelo custode. Che si è incarnato e s’è fatto uomo per stare al mio fianco per sempre. Questo è Tom. Il mio Tom. Il ragazzo di cui mi sono follemente, perdutamente, pazzamente innamorata. Quello che è riuscito a farmi perdere la testa. Quello che sa essere passionale, come nessuno al mondo. Il mio SEXGOTT.
    Mia, mi sa che ora ti stai allargando un po’ troppo. Non scordare che è sempre lo stesso ragazzo che è stato con Katrynca, mentre eravate lontani, l’uno dall’altra, chilometri di distanza. Mia ora è il momento in cui devi pensare a te stessa, per la prima volta nella tua vita.

    Capitolo 35
    -Dai, Erik, non fare il cretino!-
    -Ma come? Parli proprio tu, Mia, che ieri notte hai fatto delle cazzate immonde?-
    -Sì, immonde! Dai non esagerare. Casomai, strane!-
    -Ok, come vuoi, se dici che sono strane, sono strane. Comunque, devi solo fare finta di essere la mia ragazza davanti alle ragazze che frequentano il mio bar. Cosa ti costa?-
    -Ma perché? Da come mi guardano sembra già che ce l’hanno con me, ora vuoi che mi picchino proprio?-
    -Ti difendo io.-
    -Sai che sicurezza!-
    Io ed Erik siamo ancora nel suo bar, ancora pieno di persone che hanno voglia di bere. Sembra che nessuno vuole ancora andarsene. Erik mi ha chiesto di far finta di stare insieme per togliersi di torno, come le chiama lui, le “Ambigue ragazzine che gli fanno il filo”. Ma che gli frega, basta dire, semplicemente: “Mi dispiace, ma non mi piaci!”. Ci penso un po’ su, mentre lui mi guarda speranzoso.
    -Ok, va bene, ci sto.- Gli dico.
    -Che bello! Grande! …A questo punto, devi venire qui, dietro al bancone, con me.-Dice lui, entusiasta.
    Giusto. Cerco di scavalcare, da sola, il bancone, ma, comunque, Erik cerca di aiutarmi. Quando i miei piedi toccano, di nuovo, il pavimento di legno, il mio viso si trova a pochi centimetri da quello di Erik. Ci guardiamo negli occhi, come non abbiamo mai fatto da quando ci siamo conosciuti. Sembra che debba succedere qualcosa. appunto, sembra, non è che deve per forza succedere qualcosa.
    -Grazie!- Gli dico.
    Erik si allontana un po’ da me e chiama il suo collega, presentandoci.
    -Xavier, questa è Mia, la mia… Ragazza… Mia, questo è Xavier, quello che mi dà un mano col bar.- Dice Erik.
    Ci diamo la mano, sorridendoci.
    -Piacere di conoscerti, Mia.- Mi dice Xavier.
    -Piacere mio.- Gli rispondo.
    -Erik, dato che sono qui dietro, ti aiuto.- Mi offro.
    -No, non esiste, non preoccuparti.- Mi risponde Erik.
    -Così, almeno, non facciamo le cose di corsa!- Dice Xavier.
    -Dai, mi occupo solo delle birre e degli altri alcolici, poi, per i cocktail, ve lo vedete te e Xavier, perché io so farli. Poi, comunque, voglio iniziare ad imparare il mestiere di barista, dato che, dopo il diploma, aprirò un bar mio.- Insisto.
    -Ok, va bene! Ma davvero vuoi aprire un bar tuo?- Mi chiede, sempre Erik.
    -Sì!-
    -Ma, in Italia?- Mi chiede Xavier.
    -Certo che lo aprirà in Italia, cretino!- Gli risponde Erik.
    -Ma io che ne so!-
    Erik scuote la testa ridendo, poi mi passa un grembiule. Lo indosso.
    -ALLORA, RAGAZZI… CHI DEVE PRENDERE LE BIRRE O ALTRI ALCOLICI, PUO’ RIVOLGERSI ANCHE A ME; MENTRE, PER I COCKTAIL, RIVOLGETEVI A UNO DEI DUE RAGAZZI, OK?- Li avviso.
    In coro, tutt’insieme, mi rispondono “Ok”.
    -Mia, ma perché urli?- Mi chiede Erik, ridendo.
    -Li ho avvisati che per le birre e gli altri alcolici, possono chiedere a me, e… Vabbeh, hai sentito… Li stavo semplicemente avvisando.- Rispondo io.
    Xavier non ce la fa più dalle risate.
    -Me l’avevi detto che era un tipo divertente, ma non mi avevi detto che era così divertente.- Dice Xavier ad Erik, continuando a ridere.
    Ok. Mi trova simpatica, meno male. Vabbeh, che Erik mi trovava simpatica, l’ho capito subito. Oddio, penso che sto facendo troppe figure di merda.
    -Ehi, tu, puoi venire un attimo?- Una voce femminile.
    Mi volto e noto che una ragazza mi sta guardando. Mi indico con una mano.
    -Dici a me?- Le chiedo.
    -Sì, a te.- Risponde indifferente.
    Mi avvicino e sorrido cordiale. La ragazza porta una micro-gonna di jeans, la quale, se non la indossava avrebbe fatto prima. Al piede ha dei sandali stupendi, con dei tacchi vertiginosi. Minchia! Io non riuscirei a camminare con quei tacchi così alti. Sopra ha un top scollatissimo, con la pancia fuori. Il trucco è molto pesante e la invecchia di molti anni.
    -Come posso esserti utile?- Le chiedo, sempre cordiale.
    -Dammi un bicchiere di Scotch whisky!- Mi dice, con prepotenza, come se le avessi fatto qualcosa.
    -Puoi mostrarmi la tua carta d’identità?- Le chiedo, come sempre cordiale.
    -Senti bella, guarda che, io, ho venticinque anni.- Mi dice, altezzosa.
    -Se mi permetti, vorrei controllare.- Le dico.
    La ragazza mi guarda ancora peggio di come mi guardava all’inizio, ma, comunque, si arrende e me la dà.
    Guardo subito la foto: è lei, con tre quintali di trucco in meno. Devo ammettere che è molto più bella al naturale. Cerco la data di nascita: non ha venticinque anni, ma venti. Mi ha fregato di cinque anni. D’altronde, per come si trucca, sembra che abbia venticinque anni. Le do, di nuovo, la sua carta d’identità. Continua a guardarmi male. Ok, ho capito, questa è venuta per litigare. Meglio fare la parte dell’indifferente.
    -Xavier?- Lo chiamo.
    -Che c’è?- Mi risponde lui.
    -Dov’è la bottiglia di Scotch whisky?- Gli chiedo.
    -La trovi dietro di te, come tutti i liquori e, accanto alla cassa, trovi il listino prezzi.- Mi risponde Xavier.
    -Ok, grazie!- Lo ringrazio sorridendo.
    -Che barista sei, se non sai neanche dove sono gli alcolici!- Mi dice la ragazza.
    -Non sono una barista, gli sto semplicemente dando una mano!- Le rispondo.
    Prendo la bottiglia e un bicchiere e ne verso un po’ nel bicchiere. Glielo passo e rimetto il bicchiere a posto. La ragazza mi paga. Quando le sto dando il resto, mi blocca il braccio con una mano.
    -Se non lasci in pace Erik, ti ammazzo.- Mi dice, minacciosa, a bassa voce.
    -Ah, sì?- Le chiedo.
    -Sì!-
    -Erik ed io stiamo insieme, e se ti crea disturbo, mi dispiace, ma non ci posso fare niente. Io sono libera di stare con chiunque e anche Erik… E, poi, è inutile se mi minacci, perché io non ho paura di te.- Le dico decisa.
    -Ah, no?-
    -No!-
    -Vuoi vedere come inizierai ad avere paura di me?- Mi chiede. La sua voce si fa sempre più minacciosa.
    -Ehi, tesoro, tutto bene? I clienti e le clienti ti trattano bene?-
    Mi giro. È Erik. Mi sorride. Mi rigiro verso la ragazza.
    -Sì, amore, tutto bene.- Gli rispondo.
    -Sicura?- Continua lui. -…Perché, con Dolores, nessuna delle mie ex ragazze, quando stavamo insieme, è stata tranquilla.- Mi avvisa, sempre Erik.
    -Sono sicura, amore mio… E sottolineo “Amore mio”, girandomi verso lui. -…Mi stava, semplicemente, chiedendo una cosa privata.- Gli rispondo, cercando di essere più decisa possibile, guardandolo negli occhi.
    Quando meno me lo aspetto, mi ritrovo le labbra di Erik sulle mie, le quali, però, non stanno ferme, non cercano un bacio a stampo, ma un bacio vero, con la lingua. Come se volesse dimostrare a questa ragazza che stiamo davvero insieme. Con le mani, mi gira verso lui e mi stringe a sé. Mi tiene stretta il più possibile. Faccio resistenza al suo abbraccio, ma poi mi lascio andare all’abbraccio. Tiene una mano dietro la mia nuca e l’altra intorno alla mia vita. Non riesco a credere al fatto che io ed Erik ci stiamo baciando, seppure per gioco, ma, comunque, lo stiamo facendo. Mi pare che stasera sto baciando un po’ tutti. L’avevo detto io che si prospettava una serata grandiosa! Erik, sembra, non volersi staccare da me, dalle mie labbra. Ok, non voglio fare quella che subito si stacca, quindi penso che sia meglio cedere al suo bacio. Apro anch’io le mie labbra. Erik continua a stringersi a me, facendomi poggiare alla cassa. Gli infilo le mani fra i capelli. Non ci fermiamo.
    -Ragazzi, se volete continuare a limonare, andate nel ripostiglio, così starete tranquilli!- Ci avvisa Xavier.
    Io ed Erik ridiamo, ma comunque non ci stacchiamo l’uno dall’altro. Non voglio lasciarlo. Non voglio. Ma, perché non voglio? Forse, perché, volevo baciarlo già da ieri. Forse perché non aspettavo altro. Ma, allora, perché, all’inizio, ho fatto un po’ di resistenza? Forse, perché, non me l’aspettavo. Oddio, ma quanti perché! Non devo per forza trovare le risposte a tutti questi perché. I baci di Tom sono diversi da questi di Erik. Quelli di Erik sono dolci, mentre, quelli di Tom, sono passionali, pieni di desiderio, come lui, ma comunque dolci. Quelli di Tom li adoro.
    -Sai recitare molto bene la parte della fidanzata.- Mi dice, continuando a baciarmi.
    -Beh, non ci vuole molto.- Gli rispondo, senza staccarmi.
    -Ah, no?-
    -No, basta fare come se stessi veramente con l’altra persona.-
    -Penso che potremmo continuare nel ripostiglio.-
    -Ah, sì?-
    Erik annuisce. -Lì, nessuno ci disturberà!-
    Continuiamo ancora a baciarci. Pensa se, ora, entrasse Tom e mi vedesse baciare Erik, di sicuro si arrabbierebbe. Ma, lui, non sa che sono qui, quindi posso continuare a baciare Erik quanto mi pare. Senza interruzione.
    -Mia!- Una voce pronuncia il mio nome. Una voce a me familiare. Molto familiare.
    Mi giro. Oh, cazzo, no! Cazzo, no! E ora? È Tom! Mi guarda con la faccia schifata. Oddio, mi sento in colpa. Non avrei mai voluto che Tom ci vedesse. Come cazzo ha fatto a sapere che io ero qui? Come? Non penso che gli altri gli abbiano detto qualcosa, o, almeno, lo spero, altrimenti li ammazzo. Più lo guardo e più mi sento male. Non avrei mai immaginato che Tom potesse vedere me ed Erik mentre ci baciavamo.
    Scavalco il bancone per andare da Tom. Mi metto a pochi centimetri di distanza da lui. il suo viso ha un’espressione dura.
    -E’ per questo che ieri sera e stasera sei voluta andare via? Per vederti con questo qui?- Mi chiede Tom, con tono distaccato.
    -No, Tom, aspetta, lascia che ti spieghi!- Gli dico.
    -Spiegarmi cosa, eh, Mia? Cosa vuoi spiegarmi?- Mi chiede arrabbiato.
    Il bar ci guarda. Oddio, che imbarazzo!
    -Tom…-
    -Tutta che facevi la vittima… E io che stasera, prima di uscire, sono venuto in camera tua per chiederti scusa.-
    -Tom, mi dispiace… Lascia che ti spieghi… Io ed Erik… Aspetta, fermo, alt! …Io non ti devo nessuna spiegazione! Noi due, non stiamo più insieme, quindi, sono libera di baciare chi voglio!-
    -Allora, perché hai fatto la scenata ad Andreas ieri sera in discoteca?-
    -Cazzo, Tom, te l’ho già detto stasera, prima di uscire, quando abbiamo chiarito.-
    -Sei una stronza!-
    -Tom…-
    -Non parlare, non parlare, mi fai schifo! E pensare che ci siamo anche baciati, come non ci baciavamo da tantissimo tempo, e lo stavamo per fare! Mi hai baciata come se volessi tornare di nuovo con me.-
    -Volevo dimostrarti che io sono più passionale di Katrynca. Volevo dimostrarti che sono più sexy di lei.-
    -Mi dispiace, ma mi hai dimostrato solo che sei più puttana di lei!-
    Colpita. Non ti aspettavi quello che ti ha appena detto, eh, Mia? Ha colpito al centro.
    -E’ questo, quello che pensi di me?- Gli chiedo con le lacrime agli occhi.
    Tom non mi ha mai guardata così. Non mi ha mai guardata con odio. È la prima volta che lo fa.
    Erik si mette in mezzo tra noi due. E dice a Tom:
    -Ok, basta… Io non so cosa vi siete appena detto, perché io, come, penso, tutti qua dentro, non parla la lingua che avete usato prima per litigare. Però, ho capito che tu ti sei arrabbiato davvero tanto e, vorrei avvisarti che…-
    Erik non riesce a concludere la sua frase, quando Tom gli dà un pugno, facendolo barcollare. Da lì, Tom, si scatena, peggio una furia. Si scaraventa, con pugni forti, su Erik, il quale, poggiato al bancone, cerca di coprirsi il viso, il più possibile, con le mani. Nessuno interviene, si fanno tutti i fatti propri. Nessuno vuole rischiare di farsi male, di ricevere i pugni. Neanche Xavier lo fa. Penso che, invece, sia arrivato il momento di intervenire. Ma, perché nessuno si muove per intervenire? Coglioni, menefreghisti, fifoni del cazzo! Ok, allora vuol dire che interverrò io. Proprio nel momento in cui mi metto in mezzo tra Tom ed Erik, per coprire quest’ultimo, mi arriva un pugno, talmente forte da scaraventarmi a terra. Cazzo! Non immaginavo che Tom avesse talmente tanta forza, soprattutto per dare i pugni. Direi che è un “Falso mingherlino”! Qualcosa mi scorre dal naso fino agli angoli delle mie labbra. È sangue. Minchia! Mi ha dato un pugno talmente forte da farmi uscire del sangue dal naso. Cerco di alzarmi. Lo faccio lentamente, aggrappandomi ad uno sgabello. Mi appoggio al bancone per non rischiare di trovarmi di nuovo a terra, dato che non riesco a tenermi in piedi da sola, senza sostegno: la botta è stata troppo forte. I miei capelli sono in disordine. Guardo Tom spaventata. Tom si guarda i pugni spaventato, poi guarda me, con più grande spavento. Ci guardiamo spaventati. Pensavo che, Tom, vedendomi davanti ad Erik, si sarebbe fermato, ma, invece, mi sono sbagliata di grosso. Anche Erik mi guarda. Anche lui spaventato. Ha molto segni rossi in viso e il sangue gli esce un po’ in tutto il viso. Prendo dei tovaglioli dal bancone e scappo via. Adesso non mi frega davvero più di quello che pensa ora e che penserà più tardi Tom. Ora ha davvero chiuso con me. Definitivamente. Non voglio sapere più niente di lui. cazzo, mi fa malissimo la guancia. Dal naso mi esce ancora del sangue. Pensavo che, stasera, io e Tom, avevamo chiarito tutto e che, di problemi, non ce ne fossero stati più, ma mi sono sbagliata. Mi sono sbagliata di grosso. Non credevo che Tom fosse così violento. Non so da che parte della spiaggia mi trovo. So solo che voglio stare il più lontano possibile da Tom. Povero Erik. Non ha fatto nulla di male per meritarsi tutto questo.
    Poco distante da me vedo un gruppo di ragazzi e ragazze, intorno al fuoco. Tutti ridono e scherzano. Mi avvicino di più al gruppo, magari mi aiutano. Più mi avvicino e più noto che c’è una ragazza col viso conosciuto. Quando sono poco distante da loro, riconosco la ragazza: è Dolores. Quella che prima, al bar, mi ha minacciata. Forse è meglio se mi allontano da loro, non hanno delle belle facce, non che siano brutti, ma non mi rassicurano.
    Oh, no! Mi ha vista. Il suo sorriso diventa diabolico. Si alza dalla sedia da mare e mi si avvicina.
    -Che ci fai qui?- Mi chiede.
    -Io… Veramente… Non…- Bofonchio. Non riesco a dire nulla.
    -Dov’è il tuo carissimo Erik, eh?-
    -Non… Sono…- Non riesco a parlare, sono ancora molto scossa.
    -Cos’è? Ora hai paura di me, eh? Prima, ti sentivi forte, perché c’era lui! Ora, sei tanto impaurita perché lui non c’è. Bene, vuol dire che ti farò vedere di cosa sono capace, quando nessuno non fa quello che gli dico.-
    Oddio, ho paura. Cosa vuole farmi? Ti prego, Dio, salvami, aiutami!
    Dolores mi trascina. Io cerco di fare resistenza il può possibile. Tengo i piedi inchiodati nella sabbia il più possibile. Ma lei è più forte di me… Ora… Non ho le forze. Mi porta davanti ai suoi amici.
    -Ragazzi, ora ci divertiremo con lei.- Li avverte.
    Poi mi guarda con una aria diabolica. Ora sto avendo, sul serio, molta paura. Cosa vorranno farmi, ora, questi? Uno di loro si alza e mi guarda con un luccichio strano negli occhi. Gira intorno a me. Io seguo tutti i suoi movimenti, poi si ferma dietro di me. Si attacca dietro me e mi abbraccia. Ho un sussulto. Con la lingua, mi lecca lungo tutto il collo. Chiudo gli occhi per il ribrezzo che provo. Lascia una scia. Continua a leccarmi. Tutti gli altri ci guardano e nessuno fa niente. Nessuno muove un dito, anzi godono. Si divertono a vedere questa scena.
    Il ragazzo si ferma ad un orecchio.
    -Sei bellissima… Sei sexy… Ti desidero.- Mi sussurra, con voce pastosa.
    -Lasciami andare, ti prego.- Gli supplico piangendo.
    -No… Tu lo vuoi, vero?-
    -No!- Gli rispondo decisa, cercando, il più possibile, di staccarmi da lui.
    -Bugiarda! Te l’ho letto in faccia appena ti ho vista, che lo volevi! Ora vuoi fare la preziosa. Lo vuoi. E so che mi desideri. Vedrai, sarà bellissimo!- Continua lui, tenendomi stretta il più possibile, a lui. E’ troppo forte.
    -No, non è vero! Ti supplico, lasciami andare!- Gli chiedo con voce supplichevole.
    -Ok… Allora… Non mi frega se lo vuoi o non lo vuoi… L’importante è che lo voglio io.- Dice ancora. Inizia a palparmi ovunque. Sotto la mia gonna e sotto la mia maglia. Mi lecca ovunque. Mi bacia con aggressività, con arroganza. Mi gira verso lui. si stringe a me e, con le mani, mi carezza il sedere, scendendo fino alle cosce. Cerco di staccarmi da lui, ma non ci riesco.
    Io urlo. Urlo a più non posso, ma, ad un certo punto lui mi tappa la bocca prima con la mano, poi con la sua bocca. La mia espressione degli occhi è impaurita. Il ragazzo mi strappa la maglia e mi alza la gonna continuando a toccarmi e a leccarmi dappertutto. Ti imploro, Dio, fa’ finire tutto questo! Ti supplico, aiutami. Continuo a piangere. Il ragazzo mi stende a terra e continua, senza fermarsi. Gli urlo di fermarsi, ma, ora, invece di tapparmi la bocca con la mano, mi dà degli schiaffi molto forti. Infila le mani sotto il reggiseno, poi, sotto le mutandine. A lui, si aggiungono anche gli altri ragazzi. Che continuano, insieme a lui, il lavoro appena iniziato. Tengono bloccati i miei piedi e le mie braccia. Le ragazze non parlano, anzi ridono. non li fermano. Mi chiedo, come si fa a guardare una scena del genere e non fare niente? Anzi, a ridere, addirittura. Non mi sarei mai dovuta allontanare. Non sarei mai dovuta venire in vacanza con i Tokio Hotel. Se fossi rimasta a casa, forse, tutto questo, non sarebbe mai successo. Continuo ad urlare, ma non risolvo nulla.
    Quando hanno finito i ragazzi, iniziano le ragazze. Io cerco di scappare, ma, loro riescono a tenermi ferma. Mi picchiano con schiaffi, pugni. Mi tirano i capelli. Mi tirano calci nella pancia. Dolores è quella che fa più male, quella che usa più forza. Mi insultano.
    Quando hanno finito tutto, mi lasciano sdraiata sulla spiaggia, senza forze e tutta insanguinata. Piango forte, finché perdo i sensi.


    Capitolo 36
    -E’ tornata?- Chiede Bill a Tom, entrando nella camera di mia, in cui Tom l’aspetta.
    -No!- Gli risponde Tom, guardando fuori dalla finestra.
    Arrivano anche Gustav, Georg e Andreas.
    -Cazzo, ma dov’è, ora? Ieri, a quest’ora era già qui.- Dice Gustav.
    -Ragazzi, non perdiamo la calma, ok? Sono sicuro che tra un po’ arriva.- Lo rassicura Georg.
    -Io vado a cercarla. Andreas, vieni con me?- Chiede Bill, più che preoccupato, autoritario.
    -Sì.- Gli risponde Andreas.
    -Ragazzi, voi restate qui e, nel caso torni prima di noi, ho il mio cellulare con me.- Ammonisce Bill.
    Tom, Gustav e Georg annuiscono in coro, vedendo andare via Bill ed Andreas frettolosamente. Tom cerca di non darlo a vedere, ma è più preoccupato degli altri. In fondo, si sente un po’ in colpa di tutto ciò che è successo Mia, anche se non sa che cosa le è realmente successo.
    Dopo che la sera prima, senza volerlo, le ha dato un pugno, dopo che Mia è scappata, Tom è tornato dai suoi amici sconvolto, shockato, si guardava la mano colpevole in continuazione. Non riusciva a capacitarsi del suo gesto… E, se è per questo, non riesce a capacitarsene nemmeno ora. Continua a guardarsi la mano. E, ogni volta che la guarda, si spaventa. Ha paura. Ha paura di essere diventato una persona violenta. Lui che non lo è mai stato. Neanche con suo fratello, anche quando litigavano. Non vuole diventarlo. La gelosia fa fare cose orribili. Non vuole diventarlo. Non riesce a capacitarsi del fatto che le ha fatto del male e che, se l’ha fatto una volta, potrebbe farlo ancora. Meglio darsi una calmata. Si sente in colpa del fatto che da quando si conoscono le ha fatto solo male, non solo “psichico”, ma ora anche fisico. Ha ancora impresso nella mente l’espressione spaventata di Mia, mentre lo guardava anch’ella spaventata. Sembrava stesse per piangere. Ma ora viene da piangere a lui.
    Quando è arrivato dai suoi amici, sempre la sera prima, gli ha raccontato tutto ciò che era successo. Ogni minimo particolare. Non avrebbe mai voluto farle del male. Gliene ha già fatto fin troppo. “Chissà se, ora, tutto potrà tornare come prima!”, si chiede. Ma già sa che sarà molto difficile.

    -Cazzo, ma perché non mi risponde al cellulare?- Urla Erik a Xavier, tenendo ancora del ghiaccio sul labbro inferiore.
    -Forse perché non lo sente squillare?- Fa Xavier.
    -No, è impossibile.-
    -Perché?-
    -Mia ha sempre la suoneria alta, me lo disse lei. Disse per evitare di non sentirlo. Dev’esserle, di sicuro, successo qualcosa… Dio, me l’aveva detto che era meglio non fare quella recita, se così la si può chiamare. Perché non le ho dato ascolto? Perché ho insistito?-
    -Forse o capito il perché.-
    -Ah sì?-
    -Sì… Mio caro Erik, anche se la conosci da, più o meno, tre giorni, Mia già ti piace. E ho notato che, quando vi siete baciato avanti a Dolores per finta, tu la volevi davvero. Ho visto come l’attiravi a te.-
    -E’ vero. Però all’inizio, quando l’ho baciata, ho avuto la sensazione che lei non volesse. Ha fatto un po’ di resistenza prima di lasciarsi andare. Come se prevedeva che sarebbe potuto succedere questo. Poi ha aperto la bocca ed è stato tutto magnifico, stupefacente. Ad essere sincero, è stato il bacio più bello della mia vita. Poi le ho chiesto se volevamo continuare nel ripostiglio e lei mi ha fatto intendere di sì.- Confessa Erik all’amico.
    -Non so se sei stato molto attento a quel ragazzo, ma era il chitarrista di un gruppo che si sta affermando molto. Era Tom Kaulitz dei Tokio Hotel.- Lo informa Xavier.
    -Dici sul serio? Oh, che bello… Sono stato picchiato dal chitarrista di un gruppo che mi piace… Che soddisfazione...-Esclama ridendo e con lui, ride anche il suo caro amico Xavier. -…Comunque, Avie, io vado a cercarla: sono troppo in pensiero per lei.- Lo informa Erik.
    -Erik, quante volte t’ho detto di non chiamarmi “Avie”?! Sai benissimo che non mi piace! Comunque… vuoi che venga con te a cercarla?-
    -No, no, grazie vado da solo.-
    Erik si alza dallo sgabello avanti al bancone e si avvia verso la spiaggia, appena accarezzata dal sole splendente.

    Apro gli occhi. La luce del sole, anche se lieve, mi acceca. Mi porto una mano avanti agli occhi e giro la testa di lato, infastidita dalla luce. Mi guardo dal basso verso l’alto e noto che ho del sangue un po’ dappertutto. Da qualche parte, ne esce ancora. I miei vestiti sono in brandelli. La maglia strappata, anche il reggiseno lo è un po’, gli slip strappati sono un po’ più lontani da me. La mia minigonna è un po’ alzata e scopre l mie cosce arrossate. Con un gesto involontario, l’abbasso. Ma cosa mi è successo? Poi, perché sono qui in spiaggia? Faccio mente locale. E il flash di ciò che mi è accaduto stanotte compare nella mia mente. Le lacrime iniziano a scendermi velocemente. I singhiozzi si fanno più forti. Mi metto seduta. Con le mani, cerco di “pulirmi”. Sì, pulirmi. Cerco di levarmi la pelle. Mi do pizzichi per strapparla via. Mi do schiaffi, pugni in faccia. Il rossore è un po’ dappertutto. Mi siedo e continuo a schiaffeggiarmi. Non voglio guardarmi.
    -Mia!- Sento qualcuno dietro di me.
    Ho paura. Meglio non girarsi. Meglio non rispondere e stare fermi.
    -Mia, sei tu?- Mi chiede ancora questa voce.
    Non riesco a riconoscerla, ho ancora le urla e le risate fragorose dei miei aggressori nella mente. La persona che è dietro me, poggia una mano sulla mia spalla. Me la levo di dosso con violenza e mi allontano da lui. Poi mi giro verso questa persona. È Erik. Da lontano vedo anche altre due persone correre verso noi. Inizio a riconoscerli. Bill e Andreas. Istintivamente, mi allontano da tutt’e tre, impaurita. Come se avessi paura che anche loro possano farmi del male.
    -Oddio, Mia, ma cosa ti è successo?- Mi chiede Bill, con gli occhi lucidi, strattonandomi le spalle.
    Non rispondo. Non riesco a parlare. Non ne ho la forza. Lo guardo ancora più spaventata.
    -Mia, rispondimi!- Urla ancora Bill.
    -Bill, non urlare. Non vedi che è spaventata. Così è peggio.- Lo informa Andreas, calmo.
    -Hai ragione…- Dice ad Andreas. -…Mia, tesoro, ti hanno fatto del male?- Mi chiede Bill, cercando di essere dolce come suo fratello, ma neanche lui ci riesce ad esserlo.
    -…Cara, ti prego, rispondimi, così mi fai stare peggio.- Fa ancora Bill. Le lacrime iniziano a rigargli il viso.
    -Bill, io la porto in ospedale.- Gli dice Andreas.
    Bill, poi, nota Erik.
    -E tu chi sei?- Gli chiede Andreas.
    -Erik.-
    -Ah… Sei quello che ha litigato con mio fratello?-
    -Sì… Purtroppo.-
    -Ok… Non ti conosco, ma, ora sei qui e conosci lei, quindi devi darci una mano a portarla in ospedale… Non sono sicuro che le sia successo ciò che penso e spero davvero tanto che mi sto sbagliando, ma per saperlo dobbiamo solo portarla in ospedale.- Gli dice Andreas.
    Bill non parla più. Il suo viso ha una strana espressione. Un’espressione che non riesco a capire e che non gli ho mai visto. Si alza e cerca di prendermi in braccio. Mi allontano da lui. Allora ci prova Andreas. Questa volta tiro anche calci. Poi ci prova Erik. A lui non va meglio. Sono tutt’e tre con le mani sui fianchi a guardarmi, perplessi. Bill ritenta. Questa volta, dopo un po’ di resistenza, alla fine, cedo e mi lascio prendere. Mi stringo forte a lui e immergo la testa nella sua spalla. Le lacrime tornano a scendermi. Non pensavo che Bill fosse così forte da riuscire a prendermi in braccio. Il suo fisico è asciutto, ma la forza non gli manca comunque.
    -Non preoccuparti, cucciola, ora non ti succederà più nulla… Ti prego, non avere paura di me… Non averne. Non ti farei mai del male.- Mi sussurra dolcemente.
    Sembra che parli Tom, ma non è lui. Ora è Bill a dirmi questo, non Tom.
    -Avvisa gli altri che l’abbiamo trovata e… Digli che li aspettiamo all’ospedale qui vicino… Ah… Digli anche che portino dei vestiti e anche reggiseno e slip puliti per Mia.- Ammonisce Bill ad Andreas.
    -Dov’è il cellulare?- Gli chiede Andreas.
    Bill si ferma e glielo prende dalla tasca, lasciando per poco tempo la mia schiena. Appena non sento la mano lo guardo interrogativa.
    -Cucciola, tranquilla, stavo solo prendendo il cellulare ad Andreas.- Mi avvisa.

    A visitarmi non è una dottoressa qualunque, ma una ginecologa. Mi ha dato un camice. Appena arrivati devono aver capito subito che mi avevano… Non riesco neanche a pronunciare quella parola. Prima di iniziare la visita, mi ha medicata. Ha voluto fare tutto lei. È molto materna. Andreas, Bill ed Erik aspettano fuori.
    -Ma, allora, sei davvero stata violentata!- Esclama guardandomi.
    Faccio cenno di “Sì” con la testa.
    -L’avevo immaginato dalle tue condizioni, appena sei arrivata, in quelle condizioni, ma, sinceramente, speravo di sbagliarmi e, invece, purtroppo, ne ho avuto la conferma. Sembri molto giovane.-
    Le lacrime tornano ad uscire dai miei occhi. La dottoressa, sempre col suo fare materno, si avvicina di più a me e mi abbraccia. Lo fa come se fossi sua figlia. Dal viso sembra giovane. Si vede che le piace curarsi. Dio, ma perché mi hai fatto questo? Perché a me? Cosa ti ho fatto di male?

    -Ma perché non ci fa sapere nulla?- Chiede Erik, come se uno di loro potesse sapere la risposta.
    -Non chiederlo a noi, ne sappiamo quanto te.- Risponde Georg.
    La sua espressione non è quella scherzosa di sempre. ora è serio, preoccupato.
    Tom continua ad andare avanti e indietro per tutto l’ospedale. Continua a guardarsi la mano “Colpevole”. È preoccupato. Cerca di non guardare Erik, mentre Erik, di tanto in tanto lo guarda. Tom è sempre più preoccupato. Se lo sentiva che le era successo qualcosa… Di brutto.
    Finalmente, dopo quasi un’ora che è dentro, la dottoressa esce.
    -Ragazzi, potete entrare!- Li avvisa.
    Quando vede Tom, lo blocca.
    -No, tu, no!-
    -Perché?- Le chiede.
    -Me l’ha ordinato la ragazza.-
    -Cosa?!-
    Tom non riesce a crederci. Non riesce a capire il “Perché”. I suoi occhi diventano, improvvisamente lucidi.
    -Dai, fratellino, vedrai che non è niente di grave, per questo non vuole farti entrare. Semplicemente per non farti preoccupare.- Cerca di rassicurarlo Bill. Ma se neanche lui crede alle sue stesse parole, come può crederci Tom?
    Bill gli stampa un bacio sulla guancia ed entra lasciando il gemello fuori molto perplesso per tutta la situazione che si è venuta a creare.
    “Mia non vuole che io entri da lei. Che io stia con lei, accanto a lei. Non ci posso credere!”

    La dottoressa si stacca da me dopo un bel po’ di tempo. Cerca di farmi calmare. Mi carezza la testa.
    -Che ne dici di far entrare i tuoi amici, eh? Penso che stiano aspettando fuori da troppo tempo. Penseranno che ti abbia ucciso io.- Mi dice ridendo.
    La sua risata è molto simpatica, vivace. Fa per camminare, ma le blocco un polso.
    -La prego, se c’è un ragazzo biondo, con dei rasta, non lo faccia entrare.- Le dico con voce strozzata e bassa.
    -Va bene!-
    La dottoressa apre la porta e li chiama. Sento le voci e ciò che dice la dottoressa. Quando sento ciò che dice a Tom da parte mia, mi si stringe il cuore. Vorrei tanto che non lo facesse, ma non me la sento di guardarlo in faccia dopo ciò che è accaduto. Bill, appena entra, corre da me e mi abbraccia. Gli altri si avvicinano alla scrivania e aspettano che la ginecologa inizi a parare.
    -Allora, ragazzi, mi dispiace che abbiate aspettato tutto questo tempo lì fuori.- Esordisce la dottoressa.
    -Ma no, si figuri.- Le risponde Georg, gentile.
    -Allora… La vostra amica, se la guardate, è molto shockata per una cosa molto brutta. Quella che le è successo stanotte, da quello che avete detto alla reception.-
    Bill si stacca da me e si avvicina ai suoi amici.
    -Che cosa?- Le chiede, perplesso.
    -Beh… Lei, stanotte, oltre ad essere stata picchiata a sangue, è anche stata… Stuprata.- Li avvisa.
    -Che cosa?!- Fa Bill incredulo.
    -Sì, è stata anche stuprata e non da una sola persona… Dovevano essere almeno in cinque.-
    Bill fa la faccia ancora più incredula. Inizia a piangere. Con lui anche Georg, Gustav e Andreas. Tutt’e tre vengono ad abbracciarmi. Erik rimane a guardarmi silenzioso. Sembra che vorrebbe dire qualcosa, ma non ci riesce. Non avevo mai visto Andreas, Gustav e Georg piangere. Di solito, sono sempre felici e sorridenti. È molto strano sentire i loro singhiozzi.
    -Il mio consiglio, ora, è quello di portarla alla polizia per farle fare una denuncia. Chi le ha fatto questo non deve passarla liscia.- Ci consiglia la dottoressa.
    Erik si avvicina a noi.
    -Mia, vuoi farla la denuncia?- Mi chiede (Erik).
    Faccio “Sì” con la testa. Bill, a quel punto, toglie la busta dalla mano Gustav e prende tutta la mia roba.
    -Ce la fai ad indossare almeno l’intimo?- Mi chiede Bill , cercando di calmare i singhiozzi.
    Faccio di nuovo “Sì” con la testa. Bill mi lascia il reggiseno e gli slip sul lettino e mi chiude la tenda.
    Indosso l’intimo svelta, senza neanche guardare le ferite che ho addosso. Poi riapro la tendina e Bill, con l’aiuto di Gustav e Georg, inizia a vestirmi. Gli occhi di Bill sono ancora lucidi. Dopo avermi aiutata a vestirmi, Bill va dalla dottoressa e iniziano a parlare sottovoce. Non riesco a sentire ciò che si stanno dicendo.
    -Erik!-
    Si gira e mi guarda.
    -Vuoi che nel racconto che farò alla polizia, metta anche la parte in cui Tom ti ha aggredito?- Gli chiedo.
    -No, non preoccuparti, per me è come se non fosse successo nulla.- Mi risponde sorridendomi.
    -Sicuro?- Insisto.
    Sembra quasi che io voglia vada per forza in galera, ma non è così. Ha sbagliato ed è giusto che si assuma le sue responsabilità.
    -Sì!-
    Il suo sorriso si fa più ampio.
    -E’ più importante la tua denuncia.- Continua lui.
    -Ma se, poi, ti chiedono come ti sei procurato quelle ferite in viso, cosa gli rispondi?- Gli chiedo.
    -Che mi hanno picchiato delle persone con il passamontagna e quindi non sono riuscito a capire chi fossero. Avviserò anche Xavier di non dire nulla sul nostro litigio. Non penso che interrogheranno i miei clienti. Non sono gli stessi, ogni sera. Tranne Dolores e i suoi energumeni, i quali vengono ogni sera.-
    -Ok. Se cambi idea, dimmelo.-
    Dopo un po’, Bill torna da me seguito dalla dottoressa, la quale sorride. Il primo mi riprende in braccio e, come prima, immergo il mio viso nella sua spalla. La dottoressa ci dà il referto medico che ha scritto, ci accompagna alla porta e ce la apre. Usciamo dalla stanza. Alzo il viso e incontro quello di Tom. È vicino ad una finestra. Quando mi vede cerca di sorridere, ma non gli riesce. Non riesco a guardarlo. Riimmergo il viso nella spalla di Bill. È troppo difficile per me incrociare i suoi occhi. Qualcuno cerca di prendermi. Riemergo e mi giro a vedere chi è. Solo Tom poteva essere. Allora stringo di più la maglia di Bill. Quest’ultimo se ne accorge e mi guarda, poi sorride. Tom si arrende e si allontana. Torno a immergere il viso nella spalla di Bill.
    - Ti prego, non avere paura di me… Non averne. Non ti farei mai del male.- Mi dice dolcemente Tom.
    Riconoscere la sua voce fra mille. La cosa più assurda è che ha detto le stesse cose di fratello. È incredibile. Sembra che gliel’abbia letta nel pensiero.
    -Tom, lasciala stare.- Questa è la voce di Gustav.
    -Allora? Cosa le è successo?- Gli chiede Tom.
    -Beh… E’ molto difficile da dire…E’ una cosa orribile, Tom… Molto brutta.- Risponde Gustav.
    -Oddio, Gustav, non tenermi sulle spine… Dimmi cosa le è successo.- Gli chiede ancora Tom, questa volta più alterato.
    -Tom, Mia, oltre ad essere stata menata a sangue, è stata anche stuprata… Molto probabilmente da cinque persone.- Gli risponde Georg.
    -C… Ch… Che… C… Co… Cos… Cosa… Che cosa?!- Fa Tom incredulo.
    -Sì, Tom, è così. È stata prima stuprata, poi malmenata.- Gli ripete Georg.
    -Da cinque persone.- Dice Tom.
    La sua voce è bassa, come se avesse sentito un morto parlare.
    -Ora dobbiamo andare alla polizia per fare la denuncia.- Lo avvisa Andreas.

    -Allora? Ditemi tutto. Perché siete qui?- Ci chiede un poliziotto in borghese, sedendosi dietro la scrivania, davanti alla quale io sono seduta, accanto a Bill. Il quale mi tiene la mano.
    Siamo al commissariato di polizia. Erik ci portato fin qui. Senza lui, non ci saremmo mai arrivati. Mi ha chiesto anche se ricordavo chi fossero le persone che mi hanno aggredita. Io gli ho risposto che si trattava di Dolores con dei suoi amici. Erik, sentendo questa risposta ha scosso la testa, come se si aspettasse una reazione alla serata di ieri. Mi ha detto che li conosce i nomi e i cognomi di tutti. E mi ha detto che non sono persone molto affidabili. Se non mi avesse avvisato lui, non me ne sarei mai accorta!
    -Ok… Allora…- Inizia Gustav.
    -Innanzitutto, chi è la vittima?- Chiede il poliziotte intrecciando una mano nell’altra.
    Tutti indicano me.
    -Ok… Allora, devo sentire solo la sua voce. Non me ne vogliate, ragazzi, ma se non eravate presenti potreste non ricordare bene l’intera storia.- Gli dice.
    In realtà, non gliel’ho ancora raccontata.
    Inizio a raccontare tutta la brutta storia, fermandomi, ogni tanto, per non crollare nell’ennesimo pianto. Il poliziotto, di tanto in tanto, mi fa delle domande specifiche. Ometto la parte in cui Tom ed Erik si sono picchiati, inventando una bugia. Tom gironzola per tutta la stanza. È difficile parlare in Inglese, soprattutto per una principiante come me. Per fortuna che lo Spagnolo e l’Italiano si somigliano, così qualche parola posso anche dirla in Italiano.
    Un suo collega ha verbalizzato l tutto al computer. I nomi li fa Erik e lo informa dicendo che vengono tutte le sere al bar.
    Dopo aver ascoltato con attenzione tutta la storia, il poliziotto mi rassicura che si occuperà personalmente di tutta la faccenda e che li prenderanno presto. Dopo essere uscito dal commissariato, Tom mi prende in braccio, scendo subito dalle sue braccia. Mi avvicino ad Erik. Ora mi prende lui in braccio.
    Prima di andare via, mi passa in braccio a Bill. Ci avviamo verso il nostro albergo. Ogni tanto, il mio occhio, cade su Tom. Lui mi fissa, non toglie lo sguardo da me.
    Ora ho solo bisogno di gettarmi questa storia alle spalle, senza dimenticarla, ma solo cercare di andare avanti nella maniera più giusta. La domanda sorge spontanea: ma come posso riuscirci?


    Capitolo 37
    Dolores e i suoi compari vengono portati via dalla polizia di Ibiza davanti ai miei occhi e davanti agli occhi dei miei amici. Istintivamente, mi attacco a Tom. Il quale mi stringe forte a sé. Mi fa poggiare la testa sul suo petto, per non farmi guardare. Non ce la faccio a guardare coloro che mi hanno stuprata. Tom mi stringe sempre di più, come se cercasse ancora di difendermi da loro. Ora, è vero che andranno in galera, ma niente potrà mai cancellare quella maledetta notte. Niente potrà restituirmi la mia verginità. Niente potrà mai più ridarmi la sicurezza negli uomini.
    -Tranquilla, tranquilla, piccolina!- Mi sussurra Tom all’orecchio per calmarmi. -…Ora, non potranno farti mai più niente!-
    Lo guardo. Il mio viso è impaurito. Oddio! Ma sto davvero abbracciando Tom?! Meno male che mi ero promessa di non voler avere più niente a che fare con lui. Mi allontano da lui sotto i suoi occhi interrogativi e mi avvicino a Bill.
    -Ragazzi, potete andare. Grazie di tutto!- Ci dice il poliziotto.
    -Grazie a lei! Se non fosse stato per lei!- Risponde Georg serio.
    -Io ho fatto solo il mio dovere di poliziotto! Ora dovete solo occuparvi di lei… Mi raccomando, statele molto vicino: non è facile superare uno stupro, soprattutto se è di gruppo… Vabbeh… Ragazzi, spero di rincontrarvi, ma non qui dentro… Salve, ragazzi!-
    -Salve!- Diciamo ognuno di noi uscendo dal commissariato.
    Usciamo uno alla volta. Bill e Andreas mi cingono il collo. Finalmente, questa storia, è finita. Ho passato giorni di angoscia. Sono stati i più brutti della mia vita. Notti insonni, incubi continui, paure. Paura di rimanere da sola, paura che quelli potessero entrare dalla finestra della mia camera d’albergo e rifare ciò che mi hanno fatto. Ho vissuto nell’angoscia totale. Ogni volta che faccio la doccia, riguardo i miei lividi e mi torna in mente tutta quella scena e il sangue sparso un po’ ovunque. E mi sento talmente “sporca”. Come se avessi commesso un omicidio o qualcosa di ancora peggio. Così mi d degli schiaffi e piango. Piango del fatto di avere ricevuto questo corpo e di non essere in grado di proteggerlo.
    Nonostante Tom sappia bene che non voglio vederlo, lui continua a starmi vicino, non mi lascia un momento sola, tranne in pochi. Si è accontentato di dormire sulla poltrona, scomodo, solo per non lasciarmi sola e per farmi dormire più tranquilla la notte.
    Senza volerlo, ieri sera, ho ascoltato ciò che si dicevano i Tokio Hotel + Andreas riguardo tutto ciò che è successo. Tom si sente davvero in colpa, anche se, ad essere sincera, la colpa non è del tutto sua. È anche un po’ mia e di Erik. Di Erik, perché non doveva insistere a farmi fare quella ridicola sceneggiata dei due fidanzatini. Mia, perché non dovevo accettare. Fatto sta che, in quella spiaggia, non sono più voluta tornare. Alla fine ho raccontato come stavano le cose quella sera. Quando Tom, ha saputo e finalmente capito che si trattava solo di una stupida recita fatta solo per far “allontanare” tutte le ragazze da Erik, Tom ha voluto che io chiamassi Erik per farlo venire in albergo e scusarsi. Quest’ultimo ha accettato ed è subito arrivato in albergo. Erik ha accettato le scuse di Tom e hanno iniziato ad andare d’accordo. Quando volevo andare al bar di Erik mi accompagnava sempre qualcuno oppure veniva a prendermi lo stesso Erik. Devo essere sincera, tutti qui, mi stanno trattando benissimo e mi stanno viziando, soprattutto dopo ciò che è accaduto.
    Con Tom, non vanno meglio, anzi peggiorano ancora di più. Ormai, per me, siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Come ho già detto, lui s’è messo in testa di proteggermi stando sempre con me. Lo disse e lo fa, fregandosene del fatto che io non voglio, o meglio, non voglio che sia lui a “proteggermi”, ma, purtroppo, lui è cocciuto come me. Ho provato più volte a dirgli che non ho bisogno né della balia e né delle guardie del corpo, ma niente, da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce.
    Bill si comporta allo stesso modo. Non ho mai capito come mai mi tiene come una bambola di porcellana, nel senso che non vuole che io subisca il male. Però io accetto molto più volentieri la “protezione” di Bill.
    Non riesco a perdonare Tom. Erik l’ha fatto, ma io no, non ci riesco, è più forte di me. Se lo facessi, sapendo di prenderlo in giro, mi sentirei starei ancora più male, quindi preferisco non perdonarlo e stare bene con me stessa.
    Da quella notte ho cercato di evitare ogni contatto fisico con i ragazzi. Non so se se ne sono accorti. Tom mi cammina accanto. Ci stiamo dirigendo verso l’aeroporto per partire alla volta delle Maldive.
    -Ragazzi!- Dico.
    Si girano tutti verso me.
    -Mica avete avvertito mio padre di tutta questa storia?- Gli chiedo più che perplessa, preoccupata.
    -Non ancora, perché?- Chiede Georg.
    -Oh, grazie a Dio… Perché preferirei che lui non sapesse niente di tutto ciò che è accaduto qui.- Rispondo sollevata.
    -Perché non vuoi farglielo sapere?- Mi chiede Andreas.
    -Potrebbe preoccuparsi inutilmente e fare delle cazzate inutili. e, a quel punto, dovrei preoccuparmi di lui.- Continuo.
    -Ok, faremo come vuoi, anche se io non sono molto d’accordo… Non lo trovo giusto nei suoi confronti. È comunque tuo padre. Ma, dato che desideri questo, ti accontenteremo!- Dice Tom.
    Lo guardo male. Non ho bisogno del suo parere.
    -Bill, andiamo.- Gli faccio stizzita e trascinandomelo dietro.
    -Scusa, ma ora, non stiamo già “andando”?- Mi chiede Bill.
    -Ma perché non capisci mai ciò che voglio dire?! Intendevo, cammina con me!- Gli dico.
    -Ah, ok! …Ora ho capito!-
    Gli sorrido prendendolo sotto braccio. Lui si libera e mi cinge il collo col braccio e mi scuote i capelli.

    Aereo. Tom è accanto a me. Ha insistito molto. Ogni tanto, o meglio, ogni tanto spesso, noto alcuni suoi movimenti in cui lui sembra che voglia dirmi qualcosa o fare qualcosa, ma, poi, si blocca e si gira dall’altro lato. No so se sa che io noto i suoi movimenti, ma va bene così. Me ne sto con le cuffie nelle orecchie a giocare sul mio PC portatile a The Sims 2. Quando io e Tom stavamo insieme, creai la Famiglia Kaulitz, formata da noi due e una bambina. È’ da molto che non gioco con quella famiglia, mi mette nostalgia.
    -Ok… Va bene… Ora basta! …Mia… Per quanto ancora ce l’avrai con me?- Mi chiede Tom.
    Mi giro di scatto verso lui. Lo guardo arrabbiata. Lui sembra sereno e, addirittura, alza il sopracciglio.
    -Mmm… Ad occhio e croce… Per sempre!- Gli rispondo.
    -Ok, ok, hai ragione, ma ho reagito d’impulso.-
    -E, secondo te, questo serve a giustificarti? Tom, a causa tua e della tua spocchia io sono stata violentata. Io ho perso la mia verginità nel peggior modo che esiste al mondo. A causa tua, ho subito l’umiliazione più grande che una donna possa avere. Non voglio dire che io ed Erik non ne abbiamo colpa, ma se solo mi avessi fatto spiegare, senza picchiare il povero Erik, tutto questo non sarebbe mai accaduto. E, se devo essere sincera, io trovo davvero assurdo il fatto che te, ora vuoi “proteggermi dall’orco cattivo”. E ti dico anche che io non gradisco la tua protezione, e non la gradirò né ora né mai.-
    Tom ha la faccia sconvolta. Dev’essere stato ciò che gli ho detto. Mi sa che ho esagerato. Gira il viso dall’altro lato.
    -Non avrei mai voluto che ti fosse accaduto tutto “ciò” che è ti è accaduto… Davvero. Cazzo! Mi viene lo schifo solo a pensarci e non mi viene neanche da pronunciare quella orribile parola. Ho sempre pensato che la tua prima volta fosse con me. E che la mia prima volta fosse con te. Figurati che stavo in iniziando ad immaginarmela. Io e te insieme, abbracciati su un letto di fiori freschi. Sotto le stelle. Tutto in modo molto magico, dolce e romantico… Quando ho saputo ciò che ti era successo volevo uccidere quei bastardi che lo avevano fatto. Volevo fargli tutto il male che hanno fatto prima a te, poi a me. Bill e gli altri hanno dovuto mantenermi per non farmi uscire dall’albergo per andarli a cercare. Dalla rabbia, stavo per prendere a pugni anche loro. E mi uscivano le lacrime. Volevo spaccare tutto. Volevo sfasciare l’albergo. Ti giuro, non so neanche io cos’altro avrei voluto fare. Poi, Bill volle parlare da solo con me e mi ha convito a non fare mosse azzardate. E lì sono scoppiato a piangere come un bambino. E Bill continuava a consolarmi piangendo anche lui. Cercava di darmi la forza di andare avanti e mi diceva: “Ora devi stare calmo, fallo per lei. Per la tua unica ragione di vita!”. Quando sono rientrati anche gli altri e ci hanno visto piangere, si sono uniti anche loro e ti dico che si stava creando un oceano in quella camera. Io non so se te ne sei mai accorta, ma ti siamo affezionati e più di tutti, io...- Tom si rigira verso me. Sulle guance gli scendono le lacrime. Non so che fare. Ora qualunque cosa io possa fare, mi sembra troppo azzardata. Mi si stringe il cuore a vederlo piangere. Ma perché dev’essere tutto così complicato per me? Se solo non fosse stato con Trina. Mi sento talmente in colpa. Abbasso la testa. - …Dio, Mia, pagherei tutti i soldi di questo mondo per tornare indietro e non andare a quella maledettissima festa. Tornerei indietro solo per non farti del male e, soprattutto, per non perderti.- Continua.
    -Tom, ti prego, basta, non continuare!-
    -No, Mia, mi sento così stronzo. Quando decisi di non andare più con Trina, ti giuro, non avevo neanche il coraggio di guardarmi in faccia. Mi facevo schifo. Mi sentivo un lurido bastardo e mi chiedevo: “Ma che razza di uomo sono? Io non la merito una persona come lei!” E speravo che anche tu stessi facendo la stronza con un altro, così potevo dirmi: “Te lo meriti, Tom, così impari!”. Dopo tutto questo, aggiungendo anche la spocchia di quella sera al bar, mi sento ancora peggio. Mi sento la persona più brutta del mondo…- Continua piangendo ancora più forte. -…Avrei dovuto ascoltarti, invece di fare il coglione!-
    Tom fa una smorfia strana, la quale, forse, dovrebbe essere un sorriso.
    Mette la sua mano sulla mia e mie la carezza, dolcemente. In una frazione di secondo, mi viene in mente tutto l’orribile scena di quella notte. Tolgo la mia mano dalla sua. Tom nota la mia espressione impaurita.
    -Cosa c’è?-
    -Ehm… Scusa, Tom, ma ho paura di essere toccata!-
    -Ah… Capisco… Comunque, l’importante è che tu ti riprenda il più presto possibile e noi tutti ti daremo una mano affinché questo sia possibile.- Dice con la sua dolcezza. Quella che amo più al mondo.
    E vorrei abbracciarlo forte. Ma non so cosa succederebbe nella mia mente. Meglio evitare per il momento.
    -Sai la cosa che più mi ha colpito qual è?- Mi chiede.
    -Shh… Non dirlo!-
    -Il fatto che, in ospedale, dopo che la dottoressa ti ha visitata, hai voluto far entrare tutti tranne me. È stata la cosa più brutta, poi però mi sono detto: “Tom, te lo meriti! Così impari a fare il coglione.”. A volte non so cosa mi prende. Non pensavo che la gelosia facesse uscire fuori di testa. Non me lo sarei mai aspettato. E nessuno me l’aveva mai detto. O meglio, non ho mai chiesto a nessuno cosa si provava quando si è gelosi, perché non avevo mai pensato che un giorno l’avrei provata davvero. Non me lo sarei mai aspettato tutto questo.- Mi dice ancora.
    -Tom, non pensavo che sarei arrivata al punto di dovertelo dire, ma con ciò che è successo… Tutto ciò che è successo, penso che, per me, sia giusto così…-
    -Cosa vuoi dire?-
    -Preferirei che stessi il più lontano possibile da me.-
    -“Lontano da te”?! Non riesco a capirti, Mia.-
    -Tom, sto cercando di dirti che è meglio evitarci!-
    -Ma… Perché?-
    -Tom… Io… Ogni volta che ti guardo, mi vengono in mente… Oddio, non ce la faccio a guardarti…- Mi giro verso l’oblò. -…Mi vengono in mente le “allucinazioni” di te e Trina… Poi quando mi hai dato quel pugno ad Ibiza… E lo stupro…-
    -Ma è assurdo!-
    -Io non posso farci nulla!-
    -Ma, Mia, io…-
    -Tom, almeno per una volta, rispetta una mia scelta.-
    -No, Mia, mi dispiace, ma non rispetterò questa decisione. Non posso accettare proprio “questa”. È come se mi chiedessi di non bere più e di non mangiare più.-
    -Tom, vedila come vuoi, ma io ti eviterò.-
    Mi alzo dal mio sedile e faccio per andare da Bill. Tom mi blocca stringendomi il polso. Lo guardo.
    -Ti prego, Mia, non farmi questo!-
    -Tom, mi stai facendo male.-
    E stringe ancora di più. Poi, non so come, ma riesco a liberarmi e mi dirigo verso il carissimo Bill.


    Capitolo 38
    La mia camera d’albergo è sempre grande. Non che quelle dei miei amici siano piccole, ma, a differenza dalla loro, la mia è singola. È bello avere una camera tutta per sé. Puoi gestirtela come vuoi. Hai i tuoi spazi. Hai gli armadi e il bagno tutti per te. È il massimo della vita. Un letto enorme in cui puoi prenderti tutto lo spazio che vuoi.
    Il mare è di fronte all’albergo. Il che vuol dire che non cammineremo molto. E, anche questo è il massimo, però della vacanza.
    Questa vacanza, stupro e litigi a parte, sta andando una meraviglia.
    È la prima volta che vengo alle Maldive, come è la prima volta che viaggio fuori dall’Italia e da sola. Spero che sia la prima di una lunga serie di vacanze indipendenti e divertenti come questa.
    Gli altri mi aspettano tutti giù nella Hall dell’albergo. Esco dalla camera ed entro nell’ascensore. Ci metto poco a scendere.
    Le porte dell’ascensore si riaprono. Sorpresa! David (Il manager dei Tokio Hotel), Saky e Toby (Due guardie del coro), sono seduti su dei divanetti e parlano fitto fitto con i Tokio Hotel. Non so se la loro presenza mi fa gioire o essere preoccupata. Sono felice di vedere che la parte più importante dello staff dei Tokio sia qui, ma il loro arrivo qui è alquanto sospetto.
    Mi dirigo verso i divanetti su cui sono seduti a parlare, cercando di nascondere la mia leggera preoccupazione, in modo da sembrare, quanto più mi è possibile, normale.
    -Salve, ragazzi!- Saluto ognuno di loro.
    -Ciao!- Mi salutano anche loro.
    Mi siedo sul bracciolo della poltrona su cui è seduto Tom.
    -Allora, come vi dicevo, il nostro arrivo qui non è un caso.- Dice David.
    -Ah, no? Perché?- Chiede Gustav.
    -Saky, passami la mia borsa.- Gli ordina.
    Saky gliela passa e, da lì, David, ne estrae dei giornali tedeschi. Li sfoglia velocemente. Io lo dicevo che mi dovevo preoccupare. Era troppo strano il fatto che sono venuti qui loro tre. Mette il giornale sotto il naso di Bill. Ognuno di noi si avvicina. Bill lo legge a voce alta, in modo che noi tutti possiamo capire di cosa si parla nell’articolo.
    -“Una per i Tokio… I Tokio per una!”… Questo è il titolo… “Una ragazza misteriosa è in compagnia dei Tokio Hotel. Sembra che alloggi nel loro stesso albergo e che stia sempre con loro...” …Poi ci sono altre sciocchezze. Ci sono alcune foto ognuna con uno di noi.-
    -In che senso?- Chiede Tom.
    -Tom, ma sei minorato? C’è una foto insieme a me, una insieme a te, una con Gustav, una con Georg e una con Andreas. E, infine, c’è scritto: “Chi dei cinque sceglierà? Appuntamento al prossimo numero!”.-
    Rimango sconvolta. Io su una rivista e, per di più, mi fanno passare anche per puttana. Che meraviglia! Vorrei tanto scavarmi una fossa e infilar mici dentro.
    David dà a Bill, con più calma di prima, il secondo giornale. Glielo strappo di mano. Vediamo che cattiveria hanno scritto su quest’altro giornale. Lo leggo anch’io ad alta voce:
    -“La First-Tokio-Girl!”… Il titolo mi fa pensare che sia un po’ meno cattivo dell’altro. Poi: “La ragazza si struscia prima con Bill, poi, con Tom, poi con Gustav e, infine, con Georg. Poi va da un bel biondino che è in viaggio con loro. E, in più, dato che non si accontenta dei cinque ragazza, si fa coccolare, anche da un bel moretto!” Oddio, che schifo! Ci sono tutte le foto. Mi stanno facendo passare per puttana…- Continuo sconvolta, non riuscendo a staccare gli occhi dall’articolo e dalle foto. -…Sarebbe stato molto meglio se non avessi accettato di fare questa vacanza.-
    Con le lacrime agli occhi torno all’ascensore. Risalgo in camera mia e ci entro di corsa per poter andare a piangere sul mio letto. Sarebbe stato davvero molto meglio non accettare di passare le vacanze con loro. Prima di partire, Georg mi assicurò che non ci sarebbero stati paparazzi. Ma i paparazzi trovano sempre il modo di arrivare ai veri VIP. I giornali sanno essere davvero molto cattivi. Vorrei solo capire cosa ci guadagnano a farlo.
    Mi alzo e vado alla scrivania su cui c’è il mio PC. Lo accendo, portandolo con me sul letto. Aspetto che si carichi. Non ci mette molto. Poi collego il mio cellulare al PC e lo metto in modalità “Modem”. Mi tamburello le dita su una gamba.
    Penso che si sia assestato ben bene. Avvio MSN. Trentaquattro e-mail ricevute. È da molto che non mi ci collego. ‘Sti cazzi! Non avevo mai ricevuto tutte queste e-mail. Rosa mi trilla.
    “Ehi… Non ti fai mai sentire!”, mi scrive.
    “Scusa, Ro’, ma sono successe tantissime cose le quali non mi hanno dato il tempo per collegarmi.”
    “Cos’è successo?”
    Prima di risponderle apro una pagina web.
    “E’ una cosa troppo lunga da scrivere, te la racconto appena torno.”
    “Perché non inizi ora?”
    “Non mi va… Cerca di capirmi.”
    “Va bene, Miss-So-Fare-Anch’-io-La-Misteriosa! Comunque, vai sul seguente link.”
    Rosa mi scrive il link. Clicco sul link e mi si apre una nuova finestra web.
    Mentre aspetto che mi si carichi la seconda finestra, torno sulla prima e, con quella mi collego a Netlog.
    Torno sulla seconda finestra. È un topic del forum che abbiamo creato io, Rosa e Marika sui Tokio Hotel. Anche in questo topic si parla della mia vacanza con le stesse foto che ci ha mostrato David da quei giornali. Il nickname è di Marika. Sotto le foto ha scritto: “Io conosco questa ragazza. E la conoscete anche voi, no come me, ma più o meno. Si chiama Valentina, ma la chiamiamo tutti Mia. Ha diciotto anni e abita nel mio stesso paese. Qui dentro ha questo nick…”. Ha scritto tutto di me, perfino il mio nickname. Ha parlato di me, di come ho conosciuto i Tokio Hotel. Per mia fortuna non ha scritto nulla sulla mia storia con Tom. Almeno quello. Anche se ha saltato molti particolari. Per fortuna. Le risposte degli utenti sono orribili.
    Rosa mi trilla ancora.
    “Oddio, Rosa, sono sconvolta.”
    “Lo immagino… Ci sono molti giornali con queste foto.”
    “Che necessità aveva Marika di informare tutti che sono la ragazza nelle foto con i Tokio Hotel?!”
    “Non lo so… Comunque, Io e lei, abbiamo litigato e, ora, non ci parliamo più.”
    “Poi, a casa mi racconti. Ti giuro, mi sto pentendo amaramente di essere venuta.”
    “No, Mia, non dire così… Non pensarci e cerca di divertirti il più possibile…”
    “Grazie, Ro’… Cosa farei senza te? …Comunque… Novità!”
    “Quale?”
    “Ho fatto un tatuaggio con il simbolo dei Tokio e il piercing sotto al labbro, al lato sinistro, come Tom.”
    “No… Non ci credo… Davvero?”
    “Ja, ja!”
    “E tuo padre?”
    “Non lo sa ancora.”
    “E come farai quando lo vedrà?”
    “Niente, gli dirò che è un loro ricordo.”
    “Ihihihihihih!”
    “Ormai l’ho fatto!”
    “Mia, mi dispiace, ma ora devo andare… Ci sentiamo presto… Spero!”
    “Ok!”
    “Ciao, tesoro!”
    “Ciao, gioia!”
    Rosa si disconnette nel momento in cui bussano alla porta.
    -Chi è?- Chiedo.
    -Ehm… Sono Tom.-
    Sbuffo e vado ad aprire.
    -Tom, cosa ti ho detto in aereo?-
    -Sì, hai ragione, ma volevo sapere come stai.-
    -Sto bene.-
    -Non si direbbe, dalla faccia che hai! Poi sei andata via in quel modo. Abbiamo letto tutti gli articoli: non sono per niente carini nei tuoi confronti.-
    -Lo si capiva dal titolo.-
    -Sì.-
    Rimaniamo per un po’ in silenzio a guardarci. Mi ricordo della pagina web, quella delle foto. Torno al letto, lasciando la porta aperta. Tom mi segue. Ora le lascio una risposta. Voglio vedere cosa mi dice dopo. Le faccio una quote.
    “Mia cara Marika, se vuoi ti presto la mia carta d’identità, così la scannerizzi e la posti qui. Che bisogno c’è di dire a tutti che sono la ragazza delle foto? Non mi sarei mai aspettata questo da te… Mi hai profondamente delusa. Vuol dire che di te non mi fiderò mai più. Ciao!”
    -Cos’hai scritto?- Mi chiede Tom.
    -Guarda!-
    Gli mostro il topic con le immagini, traducendogli cosa hanno scritto, compresa la mia risposta.
    -Mia, non pensare a nessuno, sono solo invidiosi. Soprattutto Marika. Lasciala perdere.-
    -Lo so, ma non riesco ad accettare in fatto che Marika abbia sbandierato ai quattro venti che ero io quella ragazza.-
    -Ma lasciala stare per quello che è.-
    -Sembra facile.-
    Aggiungo la pagina a Preferiti, poi la chiudo. Mi concentro su Netlog. Trenta diari e dieci richieste di amicizia. Mmm, interessante. Approvo tutti, senza distinzione di razza, sesso o religione. Approvo tutti i commenti, poi passo a ricambiarli, uno ad uno. In MSN si connette anche Raoul. Quanto tempo che non parliamo! Mi dispiace che, con lui, è andata com’è andata. Purtroppo, ora, non può più aggiustarsi nulla. Credo che, in fondo in fondo, sia meglio che sia andata a finire così. È stato meglio per tutti e due. Ci sarebbe stato solo imbarazzo tra noi, come quello che c’è tra me e Tom. No, un po’ meno, però ci sarebbe stato.
    Passo a controllare la mia posta elettronica. Oddio, la maggior parte delle e-mail, sono risposte ad alcuni topic del mio forum; poi, un’e-mail di Raoul. La apro.
    “Ciao, Mia, come butta? Spero tutto bene. Ho chiesto a tuo padre se ti sente e mi ha risposto che neanche lui ti sente da quando sei partita per questa vacanza. Non mi ha spiegato i motivi per cui non vi state sentendo. Non ti connetti mai ad MSN, eh? I tuoi nuovi amici non ti permettono di parlare con i tuoi vecchi amici?
    Vabbeh, appena puoi, fatti sentire, soprattutto da tuo padre… Non sta bene che non gli dai tue notizie. Ciao… Ti… No, niente… Ciao e basta!”
    Anche mia sorella mia ha inviato un’e-mail. No, sbagliato… Ne sono dieci… Allora, iniziamo:
    “Sorellina, come va? I Tokio sono ospitali con te? Sono sempre idioti come negli episodi su YouTube? Appena puoi, fatti sentire, papà sta per entrare in paranoia, perché non ha tue notizie da quando sei partita.
    Ti lovvo da morire… Bye…”.
    Seconda di mia sorella:
    “Ehi, ricordi di avere ancora una famiglia e, soprattutto, una sorella che ti vuole bene? Non ti fai proprio sentire. .. Allora? Che combini?”
    Ok, basta! Mi dà leggermente fastidio che Tom legga le mie e-mail. Anche se non avrà capito una beata mazza, però, mi dà comunque fastidio.
    Ribussano alla porta. Chi sarà ora?
    -Avanti!- Dico.
    -Mia, se non vai ad aprire, non potranno mai entrare.- Mi avvisa Tom.
    Oh oh, mi sa che ha ragione. Bussano ancora una volta. Corro alla porta ad aprire. Non ho manco il tempo di aprire la porta, che Bill mi abbracci talmente forte da togliermi il respiro. Rimango paralizzata.
    -Oh… Bill… Anch’io ti voglio bene, davvero un mondo di bene…- Gli dico col fiato corto.
    -Oh, sì, lo so.- Mi risponde.
    -E te ne vorrei di più se mi lasciassi respirare.-
    Bill si stacca da me, mi guarda, fa un respiro profondo e inizia a parlare:
    -Mia, io, o meglio, noi, inteso come il gruppo + Andreas, lo staff di tutto il gruppo e le nostre famiglie, sappiamo che non sei una poco di buono, quindi, sta’ tranquilla, ok?-
    -Bill, sta’ tranquillo anche te, io li lascio scrivere ciò che vogliono. Non mi frega di tutte le cazzate che scrivono sui tabloid. E, comunque, la cara, dolce Marika ha già provveduto a informare le ragazze del mio forum su voi, che sono io la ragazza in quelle foto sui giornali.-
    -Davvero?- Mi chiede.
    -Sì!-
    -No, piccola, non scoraggiarti. Tu rimarrai sempre la mia piccola bambina, dolce.-
    -E te, mio dolce Bill, il mio tesoro!-
    -La mia piccola Mia!-
    -Il mio piccolo Bill!-
    -Mamma mia, che diabete!- Ci urla Tom dal letto.
    -Ricorda, Bill: io sono una Forgotten Child.-
    -E questo che vuol dire?-
    -Sono una Forgotten Child.-
    -Ti senti una bambina dimenticata?-
    -Sì!- Rispondo, facendo una voce infantile, accompagnata dal musetto da bambina.
    -No, povera cucciola!- Mi consola Bill.
    Al tutto ci aggiunge un abbraccio caloroso.
    Bill, con un gesto rapido e delicato, mi prende in braccio. Senza volerlo, il mio sguardo si ferma su Tom. La sua espressione non è delle migliori. Bill si avvicina al letto e, con dolcezza mi posiziona sopra supina.
    -Mia, penso che sia arrivato il momento del solletico!- Mi avverte Tom mettendosi in ginocchio di fianco a me.
    -Eh, sì, mia cara, è proprio arrivato il momento del solletico.- Mi avverte anche Bill.
    Tom si accascia su di me e inizia a farmi il solletico dappertutto. Bill lo segue. Cerco di evitare le quattro mani, ma è troppo difficile. Ho gli occhi chiusi che mi lacrimano, e, le troppe risate non mi permettono di respirare bene. È sempre stato così. Quando mi fanno il solletico non riesco mai a respirare per le risate. Le mani diminuisco. Da quattro passano a due. Non so se è stato Tom o Bill ad essersene andato. Le due mani rimanenti continuano a solleticarmi ovunque. Poi, a mano a mano, iniziano a calmarsi. Una mano si ferma, l’altra si posa sul mio viso. Due labbra si posano sulle mie, prendendomi alla sprovvista. Le quattro labbra si aprono e le lingue iniziano a lottare in una battaglia piacevole. Non è Tom. Lui non bacia in questo modo. Non l’ha mai fatto. Questo modo di baciare è indescrivibile, o meglio, non riesco a descriverlo. Non riesco a trovare le parole giuste per farlo. Non riesco neanche a staccare le mie labbra da colui che mi sta baciando. Questo mi prende le due braccia e me le porta verso l’alto, come se non volesse farsi toccare, per non farsi riconoscere. Se non vuole farsi riconoscere allora vuol dire che davvero non è Tom. E se fosse Bill? Cazzo, è l’ex ragazzo di mia sorella, e fratello del mio ex! Non posso fare questo torto a nessuno dei due. Sarebbe una cosa disgustosa. Credo che sia meglio aprire gli occhi.
    Lentamente le mie palpebre si rialzano, senza staccare la mia bocca da colui che mi s6ta baciando. Dire che sono shockata è poco.


    Capitolo 39
    Lentamente le mie palpebre si rialzano, senza staccare la mia bocca da colui che mi s6ta baciando. Dire che sono shockata è poco. È’ Tom. Come ho fatto a riconoscere le sue labbra? D’altronde l’ho baciato tante di quelle volte. È la prima volta che mi bacia così… Bene. Ok, basta, Mia, ritorna in te!
    Libero le mie mani dalla sua presa e lo allontano violentemente da me. Tom mi guarda interrogativo. Io lo guardo schifata. Ma dov’è Bill? Perché è andato via? Parlando, o meglio, pensando del diavolo, spuntano le corna. Bill esce dal bagno della mia camera fischiando allegramente, spensierato. Ci guarda e nota le espressioni del nostro viso.
    -Ehi, ma che è successo? È’ morto qualcuno?- Ci chiede, guardando prima l’uno, poi l’altra.
    -Bill, per favore, va’ un attimo fuori. Voglio parlare da solo con Mia.- Gli ordina Tom.
    -Chi ti dice che io voglio parlarti?- Chiedo freddamente a Tom.
    -Bill, per piacere, esci!- Gli ordina, ora, con un po’ più autoritario.
    Bill esegue gli ordini di Tom: esce dalla mia camera, chiudendosi la porta alle spalle. Scendo dal letto e mi dirigo anch’io verso la porta. Tom scende velocemente dal letto e, altrettanto velocemente, mi raggiunge e mi blocca prendendomi il polso. Mi giro e ci guardiamo, per lunghissimi secondi. Tom si avvicina a me e bacia di nuovo. Mi spinge verso la porta, fino a farmici appoggiare. Con una mano, mi cinge la vita, mentre, con l’altra, mi carezza il viso. Mi bacia allo stesso modo con cui mi ha baciato prima di scoprire che fosse lui. Vorrei staccarmi, ma non ci riesco. È troppo difficile. Non riesco a resistere. E’ la prima volta che mi bacia così. Con trasporto, con desiderio, con passione vuole farlo. Lo sento da come mi bacia. Mi stringo di più a lui. Lo faccio roteare, facendolo trovare appoggiato alla porta come ero io. Dopo un po’, Tom mi fa tornare alla posizione di prima, appoggiata alla porta. Mi stringe di più e la mano che prima usava per cingermi la vita inizia a scendere. Con quel movimento la mia mente torna a quella sera. Mi ricompare l’immagine di quel ragazzo e tutto ciò che successe. Allontano di nuovo Tom, con più violenza di prima. Tom sbuffa e mi guarda seccato. Io, invece, lo guardo di nuovo schifata. Torna a baciarmi. Questa volta mi bacia anche sul collo. Sa benissimo che i baci sul collo mi fanno andare in estasi. Sto per cedere, ma, poi, rieccomi all’attacco per allontanarlo. Lui insiste ed è più forte di me. La scena ritorna. Agito le mani contro quell’animale.
    Tom decide di allontanarsi da solo. Ho gli occhi lucidi. Tom mi si avvicina e con una mano tenta di accarezzarmi il viso. Gli allontano la mano prima che possa toccarmi. E, quando meno se lo aspetta, gli do uno schiaffo forte. Tom mi guarda, perplesso. Mi si avvicina con occhi pieni di rabbia. Con una mano, mi prende entrambe le mie e le porta verso l’alto, sbattendole sulla porta. Questo dolore è niente in confronto alla paura che ho dentro. Chiudo gli occhi e mi mordo il labbro per il dolore. Li riapro e lo guardo terrorizzata. Ora sì che ho davvero paura di lui.
    Tom non si era mai comportato in questo modo con me. La sua altra mano la poggia sulla mia guancia. Avvicina il suo viso al mio; mi aspetto che mi baci, ma non lo fa. Avvicina il viso al mio orecchio destro. Sento il rumore del suo respiro: affannato come il mio. Strofina un po’ la sua guancia alla mia.
    -Hai paura di me, eh?- Mi chiede duro, quasi arrabbiato, in un sussurro. -Ti sto facendo male, vero? Bene, dato che hai paura di me senza averne un motivo, ora ti darò un vero motivo per averne… Io non ti ho fatto nulla, ma tu, comunque, mi guardi come se ti avessi violentata io.- Continua a sussurrarmi.
    -No, Tomi, ti prego, anche te, no!-
    -Perché hai paura di me?-
    -Per lo schiaffo!-
    -Quello è niente in confronto alla violenza sessuale. Beh, comunque , ora, come ti ho detto, voglio darti un buon motivo per provare così tanto terrore quando mi vedi. Su, così potrai tenermi lontano da te una volta e per sempre.- Mi sussurra spostando il suo viso dal mio e alzando il braccio che aveva sulla mia guancia.
    Chiudo gli occhi dalla paura. I secondi sembrano durare una vita. Lo schiaffo sembra non arrivare. Apro un occhi, a mo’ di occhiolino, poi l’altro. La mano di Tom è a pochissimi centimetri dal mio viso.
    Lo guardo interrogativa. Mi lascia le mani dolcemente, poi abbassa la sua, quella che avrebbe potuto farmi male e allontanarmi Tom una volta per sempre. Mi carezza i capelli.
    -Non riuscirei mai ad avere il coraggio di farti del male, ricordalo bene…- Mi dice piano.
    -…Non ci riuscirei mai. Sei troppo dolce è importante per me, per meritarti uno schiaffo da me. O qualunque altra cosa.- Continua lui.
    -Allora, perché quella sera, me l’hai dato?- Gli chiedo ancora impaurita.
    -Non mi ero accorto che ti eri messa in mezzo tra me ed Erik. Altrimenti non mi sarei mai azzardato.-
    -Sì, sì, come no.-
    -Non mi credi?-
    -Non lo so.-
    Mi strofino i polsi.
    -Dici di non riuscire a farmi del male, però riesci bene a spaventarmi.- Puntualizzo con gli occhi ancora pieni di lacrime.
    -Hai ragione, ma non voglio che tu abbia paura di me.- Mi ripete.
    -Tom, penso che devi iniziare a rispettare le mie scelte. Se non lo farai sarò costretta ad usare delle misure drastiche. Nel caso che te non lo sai, so essere davvero bastarda, stronza e crudele. Riuscirei a farti molto male con poco e nel peggiore dei modi.- Lo informo.
    -Non ci riusciresti con me.-
    -Ah no?-
    -No.-
    -Perché?-
    -Quando ti guardo, vedo nei tuoi occhi l’amore che ancora provi per me.-
    -Chi te lo garantisce?-
    -Te l’ho detto, lo leggo nei tuoi occhi. E, poi, non sai essere bastarda, stronza e crudele. E, soprattutto, non riusciresti mai a farmi del male, soprattutto, squallidamente.-
    -Non esserne così sicuro. Non conosci ancora il mio lato negativo.-
    -E’ vero, ma ne conosco una parte.-
    -Quale?-
    -Quando mi baci avida. È la cosa più bella che io possa desiderare. Soprattutto la tua arrabbiatura.-
    -Ma non l’ho mai fatto.-
    -Sì, invece, l’hai fatto prima.-
    -No, che non l’ho fatto.-
    -Senti, Mia, sono anni che bacio con la lingua le ragazze e so riconoscere ogni tipo di bacio, e te, che hai baciato solo me da quando sei nata, vieni a dirmi che non so riconoscere i baci?-
    Ok, ora basta, penso che mi sta umiliando un po’ troppo e questo non mi piace affatto. No, no. Mi avvicino al suo volto e lo bacio. Ora avida. Ora arrabbiata con lui. Tom mi bacia come prima, con la voglia di fare sesso con me. So che era questo il suo intento: istigarmi per essere baciato da me, ma, ora come ora, non me ne frega. Voglio solo fargli capire che io non sono come le altre. Voglio solo fargli assaggiare un mio bacio avido e arrabbiato. Gli levo la sua maglietta larga e gliela getto sul letto. Tom si siede sul mio letto. Mi siedo su di lui a cavalcioni. Con un rapido gesto, senza staccare la sua bocca dalla mia, mi toglie il pareo. E lo getta lontano. E tra i nostri ansimi inizia il gioco dei baci, dei tocchi, degli abbracci e dei succhiotti.
    Le sue mani salgono e scendono sulla mia schiena. Poi, scende sulle cosce.. con una mano mi carezza la coscia, mentre, l’altra la tiene dietro la mia nuca. Anche la sua bocca inizia a scendere. Tocca prima il mento, poi il collo. Me lo bacia lentamente. Fa dei succhiotti ad ogni angolo di esso. Con le mani, gli levo il costume, facendolo rimanere in boxer. Intreccio le mie mani tra le sue e lo faccio sdraiare sul letto. Ci stacchiamo per un attimo. Occhi negli occhi. Lo guardo con malizia. Poi, torno a baciarlo con più avidità. Le mie labbra scendono. Gli bacio il mento , poi, passo al mento. Fin giù al petto, fermandomi all’ombelico. Ripercorro il percorso partendo da giù, dall’ombelico alla bocca. Tom si libera una mano e, con essa, torna a carezzarmi una coscia. Con un agile e veloce scatto, mi fa mettere sotto di lui. Continua a baciarmi, carezzandomi dal busto alle cosce. Poi si ferma per un attimo. Scende fino all’orlo degli slip del mio costume e inizia a baciarmi lì, sotto l’ombelico. Sale e passa all’addome. Domani avrò delle lividure in tutto il corpo sicuramente. Le sue labbra continuano giocare e stuzzicare il mio addome, andando a salire. I palmi delle sue mani sfiorano ogni minima parte del mio corpo. Le fa salire e scendere lungo i miei fianchi e lungo le mie cosce. Con le labbra sfiora un mio seno e, da lì, sale e torna al mio collo. Si sofferma per più tempo di quando si è fermato all’addome. Infila una gamba in mezzo alle mia. La sua bocca continua a giocare col mio collo. Sa fin troppo bene che impazzisco quando mi bacia sul collo, quando lo fa lui. Sa farlo fin troppo bene. Fa vari succhiotti. Una mano risale e si ferma alla mia guancia. Tom riparte con la bocca. Sorrido tra un bacio e l’altro. Ci sorridiamo maliziosamente, sapendo entrambi cosa vogliamo dall’altro in questo momento. Quando torna alla mia bocca, gli do dei piccoli morsi sul suo labbro inferiore. Lui, invece, scherza col mio piercing.
    -Vorrei che questo momento non passasse mai.- Mi dice continuando a baciarmi.
    -Perché?-
    -Sono felice solo con te.-
    Mi stacco da lui e faccio per alzarmi dal letto. Tom mi blocca, come al solito, prendendomi il polso. Mi riporta a sé e torna a baciarmi.
    -Ti prego, non andartene sul più bello.- Mi dice, continuando a baciarmi.
    -Tomi… Ok… Basta…- I suoi baci mi fanno andare completamente fuori di testa. -…Io e te non stiamo più insieme…-
    Tom si sdraia trascinandomi su di lui. Con la mano destra mi carezza la guancia, con l’altra sale e scende per tutto il mio corpo.
    -Ora facciamo finta che stiamo insieme… Voglio te, più d’ogni altra cosa a questo mondo.- Mi sussurra, dolce.
    Provo a tentarlo. Infilo i polpastrelli delle mie dita nei suoi boxer. Mi fermo lì. Non vado oltre. Ha dei brividi.
    La sua mano corre per tutta la mia schiena e si ferma sul gancio del reggiseno del mio costume. Trascina lì, in quel punto, anche l’altra mano. Cerca di aprire quel piccolo gancetto e ci riesce pure. Riapro gli occhi e mi stacco da lui, tenendomi, con l’aiuto delle mani, il costume sul seno.
    -Ma sei cretino?! Che diavolo ti salta in mente?- Gli chiedo stizzita. -…Riagganciamelo.-
    Mi porto i capelli davanti. Sento le mani lisce di Tom sulla mia schiena. Ho dei brividi. Tom mi abbraccia da dietro e mi stampa un bacio sul collo. Chiudo gli occhi. Poi mi giro verso di lui riaprendoli. Lo guardo.
    -Pensavo che volessi… Insomma… Volessi fare l’amore…-
    Rido.
    -Cosa te lo ha fatto pensare?- Chiedo continuando a ridere.
    -Il fatto che stavi infilando le dita nei miei boxer.-
    La risata si fa più forte.
    -Tom, ti stavo semplicemente provocando. E ti stavo dimostrando che sei debole con le donne. E volevo farti capire come bacio io avida. Era quello che volevi, no? Che fossi io a baciarti.-
    -In che senso che sono debole? E, comunque, io voglio semplicemente stare con te.-
    -Debole nel senso che non riesci a resistere alle donne. Soprattutto quando te la offrono davanti, su un piatto d’argento.-
    Solo ora noto la collana, quella con le mie iniziali. Gliela prendo e la tiro avvicinando a me il viso di Tom. Mi bacia, senza esitazioni. Mi stacco subito.
    -Tom, va’ via: voglio restare da sola.-

    Capitolo 40
    Mi sveglio di soprassalto sul petto di Tom. Tra le sue braccia, con le sue mani intrecciate nelle mie.
    Mi guardo. Indosso il pareo e il costume. Guardo Tom e, anche lui indossa il costume e la maglia. È tutto a posto. Devo essermi addormentata mentre Bill e Tom mi facevano il solletico.
    Però è rimasto solo Tom. Bill dov’è? Devo sospettare che quello che è successo era vero? Spero di no. Non ho niente contro Tom, ma sarebbe imbarazzante tornare a guardarlo in faccia dopo che mi essermi spinta così oltre.
    Mia, è solo un sogno! Non è niente di vero! Stavi semplicemente sognando. E che sogno!
    -Ehi, dormigliona, ti sei svegliata, finalmente!- Mi sussurra Tom.
    -Cosa ci fai ancora qui?- Gli chiedo con voce assonnata.
    -Volevo aspettare che ti fossi svegliassi.-
    -Ora che mi sono svegliata, puoi anche andare.-
    -Se è questo che vuoi, va bene!-
    In realtà non voglio, ma non posso far altro che mandarlo via.
    -Comunque… Gli altri vogliono andare a cercare una discoteca: mi hanno detto di prepararci.-
    -Ok… Vado subito a farmi una doccia.-
    Tom prende la sua asciugamani, se la poggia sulla spalla destra ed esce. Prendo dalla valigia tutto ciò che mi occorre per fare la doccia e corro in bagno. Apro la fontana per far arrivare subito l’acqua calda. Mi infilo nella doccia, portando con me doccia-schiuma e shampoo. Ecco che tornano i miei pensieri. E se quel sogno non fosse stato davvero un sogno? Se fosse stata realtà? Mi sarei spinta ancora di più? Lo avrei lasciato fare? O lo avrei fermato? No, mi sono promessa che nessun uomo più mi avrebbe toccata d’ora in avanti. Neanche per accarezzarmi, abbracciarmi, stringermi a lui. Mi chiedo se riuscirò mai a superare tutto ciò che mi è successo. La doccia non la faccio durare a lungo. Non mi dura più di mezz’ora. Esco dalla doccia e torno in camera. Mi getto sul letto e metto un po’ di musica. House. David Guetta suona Love don’t let me go. Scendo dal letto ed inizio a ballare, mentre mi asciugo e mi vesto. Adoro vestirmi sotto le note delle canzoni che mi piacciono. Anche a casa lo faccio sempre, però solo quando sono da sola, perché mio padre e mia sorella si lamentano per il volume della musica. Mi posiziono di fronte allo specchio continuando a ballare e cantare.
    Bussano alla porta. Corro ad aprire a passi di danza. Sono Bill, Georg e Gustav, ed io sono ancora in intimo. Machissenefrega!
    -Ok, torniamo dopo.- Dice Bill arrossendo.
    Bill e i ragazzi fanno per andarsene.
    -No, dai, ragazzi, entrate.-
    -Ma sei mezza nuda.-
    -Ma che vi frega?!- Gli dico.
    Uno alla volta, entrano. Chiudo la porta e ricomincio a ballare e cantare. I tre stanno fermi sul letto senza dire una parola per l’imbarazzo.
    -Ragazzi, tranquilli, le parole non si pagano.- Li avverto scherzando.
    -Neanche vestirti.- Risponde Georg.
    Col pollice gli faccio cenno di raggiungermi. Georg è il primo a raggiungermi. Non perde tempo il ragazzo! Lo segue Bill. Non hanno voglia di ballare o sono intimiditi dal fatto che sono in intimo? Mah… Mi meraviglio di Georg, eppure, insieme a Tom, è quello che si vanta di avere molte donne ai suoi piedi.
    Vado vicino alla mia valigia e cerco dentro qualcosa di carino da indossare. Faccio vari abbinamenti, ma niente riesce a convincermi davvero. Alla fine scelgo un paio di shorts, con canotta e infradito bassi. Continuo a ballare mentre ricomincio a vestirmi.
    -Ma come fai ad avere tutta questa energia?- Mi chiede Bill.
    -Non lo so. Oggi, o meglio, stasera sono di buon umore.- Rispondo.
    -Molte ragazze che hanno vissuto quello che hai vissuto tu quella maledetta notte, entrano in una profonda depressione. Invece tu… Tu sei sempre allegra, nonostante sia passato così poco tempo.- Mi fa Georg.
    -E’ appunto per questo motivo che io sto cercando di essere sempre allegra, per non cadere in una profonda depressione. Sto cercando il più possibile di andare avanti, senza tornare a quella notte. Però, vi assicuro che non è facile, anzi è molto, ma molto complicato. Devi sempre cercare di non pensare e, quando meno te lo aspetti, ti ritrovi il brutto ricordo nella mente. Con tutta la scena. Devi stare attenta ai posti, alle cose che possono ricordartelo.-
    -Non ti dico “Lo immagino”. Non riesco ad immaginarlo. Non l’ho mai vissuta questa bruttissima esperienza. Non so per niente come ti sei sentita e come ti senti tutt’oggi. Però so e vedo tutta la tua forza che metti nel voler superare tutto. Nel voler andare avanti. Non me ne sono accorto solo io, ma tutti. Lo vediamo io, Bill, Gustav, Tom, Andreas. Tutti.- Dice Georg.
    Georg il tenero che fa il duro… O, il duro che fa il tenero? L’intelligente che fa il cretino. Il compagno di cazzate di Tom. A volte, quando parla, riesce davvero stupirmi e a farmi commuovere, ci riesce sempre quando fa così.
    Bussano di nuovo alla porta. Gustav si alza dal letto e corre ad aprirla. Sono Tom e Andreas. E in quel momento, dal mio computer, parte quella canzone. Quella che sentii per la prima volta un po’ di tempo fa. Quella che mi ero promessa di dedicare alla persona che avrei amato per sempre e che sarebbe stato l’amore della mia vita. E, non so perché, ma la vedo perfetta per Tom. Gli calza a pennello. Occhi da orientale, di Daniele Silvestri. Gli sta benissimo, come un vestito. È’ della taglia e del colore giusto per lui.

    Occhi da orientale che raccontano emozioni
    sguardo limpido di aprile di dolcissime illusioni
    tutto scritto su di un viso che non riesce ad imparare
    come chiudere fra i denti almeno il suo dolore
    Più di cinquecento notti già mi sono innamorato
    di una bocca appena aperta di un respiro senza fiato
    se potesse questo buio cancellare l'universo
    forse ti potrei guardare e non sentirmi così perso

    ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
    ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
    no, tu dormi ancora un po' ancora non so
    guardarti anch'io nel modo giusto
    nei tuoi occhi disarmanti

    sono occhi di ambra lucida tra palpebre di viole
    sguardo limpido d'aprile come quando esce il sole
    ed io sarò la nuvola che ti terrà nascosta
    perché gli altri non si accorgano di averti persa

    ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
    ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
    no, tu dormi ancora un po' ancora non so
    guardarti anch'io nel modo giusto

    nei tuoi occhi innocenti disarmanti devastanti
    quei tuoi occhi che ho davanti
    tienili chiusi ancora pochi istanti

    occhi da orientale che raccontano emozioni
    ed io cos'altro posso fare io posso scrivere canzoni
    i tuoi occhi...

    se potesse questa musica annullare l'universo
    forse ti potrei guardare e non sentirmi perso
    nei tuoi occhi...
    disperso...
    nei tuoi occhi...

    Questa canzone è solo ed esclusivamente sua. La ascoltai per la prima volta a marzo., dei giorni prima di andare al concerto. La ascoltai nel film Questa notte è ancora nostra, con Nicholas Vaporidis. Me ne innamorai subito ed è stato lì che mi ero fatta la promessa di dedicarla all’uomo della mia vita. Non so perché, per tutto questo tempo mi sono scordata dell’esistenza di questa canzone. I miei occhi sono puntati su Tom. Sono rimasta incantata dalla sua immagine con questa canzone di sottofondo. È un abbinamento perfetto. Tomi mi guarda interrogativo. Non capisce, non riesce a capire. Si guarda.
    -Che c’è? Ho qualcosa che non va? Ho scordato i jeans?- Mi chiede. -…A me pare di vederli.-
    -Eh? …No, no, no, assolutamente no. È che questa canzone ti… Mi piace molto.- Mi giustifico distogliendo il mio sguardo dal suo viso. -…Ragazzi, devo solo truccarmi e sono pronta per uscire.- Continuo.
    Tom e Andreas si siedono anche loro sul letto.
    Mi trillano in MSN. Mi avvicino al computer. È mia sorella.
    “Ehi, finalmente ti trovo. Che miracolo e che onore…”
    “Scusami, tesoro, ma il tempo qui…”
    “Qui?”
    “Niente… Stiamo sempre in spiaggia.”
    “Ora dove siete?”
    “Siamo arrivati oggi alle Maldive.”
    “Wooooooooooooooooooooooooooow…”
    “Che fai di bello?”
    “Mi sto preparando per uscire.”
    “Ah, sì?”
    “Sì!”
    “E dove vai di bello?”
    “Al Mamaruma…”
    Il Mamaruma è il mio locale preferito. Ecco mia sorella usa la cazzimma. (Non chiede demi che cosa vuol dire, perché non lo so manco io… So solo che è quando ad esempio ti chiedono un favore e te ti rifiuti di farlo! Però anche in questo caso si parla di cazzimma, sì perché prima di partire, mia sorella non mi voleva portare mai al Mamaruma, neanche dopo che ho scoperto che Tom mi tradiva… Poteva farlo come premio di consolazione!).
    “No, cazzimma…”
    “Perché?”
    “Come ‘perché?’”
    “Eh… Perché?”
    “Quante volte ti ho chiesto di portarmici?! E te hai detto sempre di nodi no… Neanche quando soffrivo per Tom…”
    “Quando torni, ti ci porto…”
    “Yahooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!”
    Penso che con questa esclamazione si capisca l’entusiasmo!
    “Allora, brutta-stronzetta-che-non-si-fa-mai-sentire, come stanno tutti?”
    “Bene, bene… Tranquilla…”
    -Mia dovresti muoverti: sono le 21:15 e tu non sei ancora pronta.- Mi avverte Bill.
    Annuisco.
    “Anto, gioia bella, io dovrei andare… Poi ti spiego.”
    “Ok… Allora, ciao…”
    “Ciao, stroonzetta!”
    “Ti lovvo!”
    “Io di più!”
    Chiudo la conversazione e mi disconnetto.
    -Chi vuole vedere il mio blog?- Chiedo.
    -Io!- Rispondono tutti, in coro.
    Clicco sull’icona dei Live Spaces. Si apre la pagina iniziale. Clicco sul mio blog. Do alla pagina web il tempo di caricarsi. Ok, pronto! Dà-dan. Signore e signori il mio blog. Fatto accuratamente da me.
    -Che bello!- Esclama Bill.
    Scendo giù. Arrivo agli elenchi. Mi soffermi su Se fossi… Lo leggo ad alta voce.
    -…Un fiore: una rosa nera; del cibo: Nutella; un cantante/band musicale: Tokio Hotel; Una persona: Bill Kaulitz…-
    -Perché proprio me?- Mi chiede Bill.
    -Perché sei una persona meravigliosa ed hai un bellissimo carattere. Mi piace quello che fai, il modo con cui lo fai, la tua spontaneità, la tua simpatia. Bill, hai un carattere d’oro, come tutti voi d’altronde. Bill, mi ha colpito molto. Perché ti trovo molto simile a me. Poi, sei forte quando fai i capricci perché vuoi un mascara invece di un altro, o perché ti fanno schifo gli insetti… Bill, io non voglio essere Bill Kaulitz dei Tokio Hotel, ma Bill Kaulitz e basta.-
    Bill mi guarda con gli occhi lucidi. Oddio, non avrò mica detto qualcosa di sbagliato?
    -Nessuno mi aveva mai detto questo o cose del genere. Davvero, Mia, oramai tutti amano Bill Kaulitz dei Tokio Hotel. Come anche Tom, Gustav e Georg dei Tokio Hotel e non Bill, Tom, Gustav e Georg e basta. Tu sei stata l’unica a conoscere bene e ad amare Bill, Tom, Gustav e Georg e basta…- Dice Bill. -...Anche quando non eri una nostra fan. Non te n’è fregato nulla di come mi vesto, e del fatto che amo truccarmi. E, io, ho apprezzato questo in te, il fatto che accetti le persone per come sono e per quello che gli piace, non le giudichi e non te ne fai un problema. Le accetti e basta. E di questo ti sarò sempre debitore.- Continua.
    -Ragazzi, voi non mi dovete niente. Se sono qui con voi ora, è perché ho capito che persone siete e di che pasta siete fatti davvero. Se avessi saputo prima che persone siete, sarei venuta al vostro concerto senza fare tante storie. E, ricordate sempre che, per voi, per ognuno di voi, ci sarò sempre, per qualsiasi cosa. Tranne se mi chiedete di fare uno scandalo! No, dai scherzo. Ricordate sempre: I’m by your side… We’ll make it if we try…- Gli dico, facendomi scappare qualche lacrimuccia.
    -Idem per te, Mia.- Mi avvisa Tom.
    Ci abbracciamo tutti insieme. Gli uni vicini agli altri.
    Loro sono i miei angeli custodi.

     
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  10. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 41
    Come quelle di Ibiza, anche le discoteche delle Maldive sono belle. Hanno luci colorate, la musica suona a palla. Non ho mai frequentato così tante discoteche come in queste settimane e, sinceramente, mi sto abituando ad andarci sempre.
    È divertente ballare con Georg, soprattutto se, mentre balliamo, lui fa le facce simpatiche o ci prova con una ragazza che non ci sta o prende in giro qualcuno.
    -Gè, la facciamo una cazzata insieme?- Gli chiedo.
    -Che cazzata?-
    Mi fermo e mi avvicino al suo orecchio. Gli spiego ciò che dobbiamo fare.
    -Allora? Che ne pensi?- Gli chiedo guardandolo, aspettando una sua risposta.
    -Sei una mente criminale. Comunque, sì, voglio farla questa cazzata.-
    Georg si allontana da me. Ok, è ora di fare la sensuale. Inizio a ballare come la Cristiana Capotondi nel film Come tu mi vuoi.
    Georg balla dietro una ragazza che ha un vestito, il quale, a malapena le arriva alle cosce. La ragazza si gira. Ci sta! Buon per lui. Gli mette le braccia intorno al collo.
    A me si avvicinano due ragazzi. Si fanno più stretti intorno a me. Uno mi mette una mano sul fianco destro e l’altro mi mette una mano sul fianco sinistro.
    Il primo mi cinge la vita e mi stringe.
    Guardo di nuovo Georg. Ci sorridiamo continuando a ballare.
    Il secondo ragazzo non molla, così, mi stacco dal primo e mi stringo al secondo, senza girarmi a guardarlo.
    Dopo un po’, guardo Tom. Mi guarda con occhi minacciosi. Cerco di sorridergli, poi, torno a guardare Georg. Gli faccio cenno che può bastare. Mi stacco dai due ragazzi e vado da lui.
    -Allora?- Mi chiede.
    -Al secondo gli si stava alzando.- Gli dico ridendo.
    Georg scoppia a ridere.
    -Gè, a te?-
    -A me lo stava toccando sui jeans, poi, all’improvviso ha messo dentro la mano, sui boxer e stava andando anche dentro i boxer… Ma qual è il secondo?-
    -Quello dietro.-
    Glielo indico.
    -E brava Mia! Ora ho capito perché Tom vuole stare con te: lo fai eccitare.-
    -No, con Tom era tutto diverso. Lui è diverso da tutti gli altri.- Lo avviso seria.
    -Capisco… Vabbeh, ora che si fa?-
    -Andiamo dall’altro lato del locale, si passa al Piano B.-
    -Ok!-
    Ci dirigiamo verso il piccolo palco su cui è posizionato il dj, cercando di non allontanarci troppo dai nostri amici. Ci dividiamo senza stare troppo lontani l’una dall’altro. Alzo la mano e inizio il conto alla rovescia partendo da tre… Due… Uno… Via. Si può iniziare. Ballo dietro una ragazza, mentre Georg è dietro un ragazzo.
    mi stringo di più dietro la ragazza. Ciò che sto per fare non lo avevo mai fatto in vita mia. Ho un po’ paura. Le metto le mani sui fianchi. Questa si gira verso me e mi guarda. Le faccio uno sguardo piccante. La ragazza continua a guardarmi, poi mi si avvicina di più e mi si struscia contro. Continuiamo a ballare.
    Io e Georg torniamo a guardarci, complici. Guardo di nuovo Tom. La sua espressione ora è diventata interrogativa.
    La ragazza mi mette le mani sui fianchi. Oh, oh, mi sa che è lesbica o bisex. Meglio, mi facilita il gioco.
    Il mio sguardo torna, ancora una volta su Georg. Torno a fare il conto alla rovescia con la mano. Tre… Due… Uno… allontano un po’ la ragazza da me. Le metto una mano dietro la nuca guardandola intensamente. La avvicino a me e la bacio. La ragazza cerca di aprirmi la bocca. Ora mi sa che è un po’ esagerato come bacio. Non voglio affatto baciarla con la lingua. Il bacio a timbro basta.
    Stacco le mie labbra dalle sue. Tom, Bill, Gustav e Andreas hanno gli occhi sgranati e la bocca aperta. Guardo Georg. Anche lui stacca le sue labbra da quelle di un ragazzo.
    Mi avvicino all’orecchio della ragazza e le dico:
    -Grazie mille!-
    Vado da Georg, lasciando la ragazza lì, impalata. Io e Georg ci ritroviamo insieme al bancone per prendere qualcosa da bere.
    Ci guardiamo e scoppiamo a ridere e, subito dopo, ci diamo il cinque.
    -Grande, Mia.-
    -Bella, Gè!-
    -Torniamo dagli altri?-
    -Certo.-
    Il barista ci porta due bottiglie di birra. Georg le paga entrambe. Poi, tutt’e due, torniamo dagli altri.
    Bill è l’unico che è rimasto ancora sconvolto. Gustav e Andreas ridono. Tom ha ancora lo sguardo arrabbiato.
    Gli prendo la mano e lo trascino in pista con me. Ci mettiamo quasi al centro. Tomi è rigido. Gli le mani intorno alla mia vita e mi stringo di più a lui. Con una mano gli carezzo la nuca. Tom inizia a sciogliersi e a muoversi. Ci guardiamo.
    -Ehi, cos’hai?- Gli chiedo.
    Perché hai fatto quella cazzata?-
    -La prima o la seconda?- Gli chiedo scherzando.
    -Mia, non sto affatto scherzando: sono serio.-
    -Uff… Era solo per divertirci un po’.-
    -Hai bevuto troppo.-
    -Ho bevuto solo sei bicchierini di whiskey e due bottiglie di birra.-
    -Cosa?!- Fa lui.
    Mi allontana per guardarmi negli occhio. Mi riavvicino a lui e torno ad abbracciarlo.
    -Ma sei pazza?!- Mi dice.
    -Tomi, è il solo modo per stringerti senza tornare a quella sera. In questo momento, ho bisogno di starti vicino, di carezzarti, di stringermi a te, ma, se lo facessi da sobria, avrei quelle maledette visioni di quella maledetta notte. Questo è l’unico modo.
    -‘Dio, come ti hanno ridotta quei maledetti bastardi!-
    -Quindi, ti prego, non rimproverarmi se bevo troppo e non litighiamo.-
    -Mia, si inizia così e poi si entra nel tunnel dell’alcol e, io, non voglio che ti succeda questo.
    -Lo so, ma, come ti ho già detto, è l’unico modo. Io ti amo, Tom.-
    Mi allontano un po’ da lui e, con il pollice, gli carezzo le labbra. Tomi mi bacia. È lo stesso bacio del sogno. Anche se sono ubriaca, riesco comunque a riconoscerlo.
    Tom mi stringe di più a sé. Gli metto le braccia intorno al collo. Apro un attimo gli occhi. Giusto un momento per vedere la ragazza a cui ho dato il bacio che mi guarda delusa. Richiudo gli occhi per giìodermi meglio le labbra di Tom.
    -Ti amo, Tom. Da impazzire.- Gli dico, senza staccarmi da lui.
    Tom mi mette una mano sul collo.
    -E’ la cosa più bella che tu potessi dirmi.-
    Ci stacchiamo, ci prendiamo per mano e torniamo dagli altri. Senza avvicinarci a loro, gli facciamo segno di andar via.

    Spiaggia. Bill intona Wenn nichts mehr geht. Stiamo in cerchio. Io e Tomi ci siamo seduti su uno scoglio. Io in cima, lui un po’ più giù, con le braccia poggiate sulle mie gambe.
    Gli piacciono molto i grattini e sono costretta a consumare le mie unghie sulla sua pelle liscia.
    Ogni tanto alza la testa, mi sorride e vuole un bacio.
    -Ragà, che ne dite di dormire in spiaggia?- Chiede Tom.
    -Sì, dai. È una buona idea!- Esulta il gemello.
    -Sì, ha ragione Bill.-
    -Mia, mica ti crea qualche problema stare qui in spiaggia?- Mi chiede Tom.
    -In che senso?- Gli chiedo, anche se so perfettamente a cosa si riferisce.
    -Riguardo a quella notte.-
    -Ora che circola l’alcool nelle mie vene, no, non so domani mattina.-
    -Vuoi andare a dormire in albergo? Vengo io con te, se vuoi.-
    -No, no, non preoccuparti. Prima o poi, dovrò superare questa paura.-
    -Ok!-
    Tomi si alza e mi prende per mano. Ci allontaniamo dai ragazzi. Si sdraia sulla sabbia e mi fa sdraiare accanto a lui. Mi offre la sua spalla come cuscino. Prende una mia mano e intreccia le sue dita fra le mie. Con la mano libera, prendo le sigarette dalla mia tasca. Ne prendo due dal pacchetto. Faccio per mette gliene una fra le labbra, poi mi fermo.
    -Aspetta… Prima voglio una cosa da te.- Gli dico.
    -Cosa?-
    Mi avvicino alle sue labbra e gli stampo un bacio leggero. Faccio per distaccarmi, ma Tom mi trattiene sulle sue labbra. Mi stringe di più a sé. Mi stringo forte a lui. Dopo un po’, mi stacco, gli metto la sigaretta fra le labbra e gliela accendo, subito dopo, faccio lo stesso con me.
    -Guardali là, i due piccioncini come amoreggiano.- Urla Georg. -…Tom, inchioda, inchioda.- Continua.
    -Sì, inchiodo a tua sorella!- Risponde Tom.
    Scoppio a ridere. Tom mi segue.
    -Mia, prima che me ne dimentico… Allora, già si sapeva che Georg era gay, ma che baci le ragazze mi giunge nuova.- Mi dice Andreas.
    -Infatti è la prima volta che lo faccio.-
    -Oh… Ma io non sono gay… Se vuoi ti faccio vedere il mio ombrellone!- Dice Georg ad Andreas.
    -Ma che ombrellone… Forse hai quegli ombrellini che si usano per i cocktail.- Gli risponde Tom.
    -Oh, ma che ce l’avete con me?- Chiede Georg.
    -Sì!- Rispondono tutti in coro.
    -Qui, l’unico che deve parlare è Tom, perché se n’è fatto lui di donne. Il resto fate schifo. Bill, tu sei vergine, quindi, devi solo andar via. Voi altri due, non trombate dai tempi dell’asilo.- Fa Georg.
    -Seee… E’ arrivato Tom Cruise…- Fa Bill.
    -Georg, non sei manco un pelo di Rocco Siffredi.- Gli dico.
    -E chi è?- Mi chiede Tom.
    -E’ un attore italiano di film porno.-
    -Oh, allora, io sono suo figlio.- Mi avvisa Tom.
    -Seee… Contaci.- Gli rispondo.
    -Antipatica!-
    -Comunque, Georg, non c’è niente di male ad essere ancora vergine a quest’età. Se non mi fosse successo quello che è successo, di sicuro sarei arrivata vergine all’altare, a meno che non avrei ricevuto una botta in testa!- Gli dico.
    -Essere ancora vergini a quest’età, per un ragazzo che vuole essere considerato tale, vuol dire essere considerato sfigato.-
    -Siete assurdi voi ragazzi.-
    -A volte è vero.- Mi fa Bill.
    Scuoto la testa.
    -“ Occhi da orientale che raccontano emozioni, sguardo limpido di aprile di dolcissime illusioni. Tutto scritto su di un viso che non riesce ad imparare, come chiudere fra i denti almeno il suo dolore… Ma tu dormi ancora un po', non svegliarti ancora, no,
    ho paura di sfiorarti e rovinare tutto…”- Gli canticchio la sua canzone.
    -Ma che dici?- Mi dice facendo uscire fuori del fumo.
    Mi giro a guardarlo.
    -Hai presente quando te ed Andreas siete venuti in camera mia stasera, prima di uscire?- Gli chiedo.
    -Sì!-
    -Ecco. Quando mi sono imbambolata come un pesce lesso a guardarti, dal mio computer stava uscendo dal mio portatile questa canzone e ho pensato che è perfetta per te. È la tua. È giusta per te.-
    -Ma era la prima volta che l’ascoltavi?-
    -No, l’ascoltai la prima volta al cinema. È la colonna sonora di un film italiano che è uscito da poco e, da quel momento, ho promesso a me stessa che l’avrei dedicata solo alla persona che amo.-
    Mi sorride e mi stringe di più a sé.
    -Ti va di farmi capire cosa dice la canzone? Le parole.-
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    -Me la traduci?-
    -Certo, tanto l’ho imparata a memoria. Anche se ho paura di confondermi un po’ col tedesco.-
    -Tranquilla. Traducimi solo quello che sai tradurre. Poi magari dopo me la invii col cellulare.-
    -Ok!-
    Gli traduco la canzone nel modo migliore possibile, anche se lui deve aiutarmi un po’, andando ad intuito.
    Sembra apprezzarla. Meno male. Pensa se non gli piaceva! Come la mettevo?! Poi, comunque sarebbe stato impossibile non piacergli. Le parole e la melodia sono incredibilmente belle.
    -Mia, non so se l’hai notato, ma per dedicarmi questa canzone direi no, ma io non ho gli occhi da orientale.-
    -Lo so, sciocchino, ma non ti sta bene perché potresti avere gli occhi a mandorla, ma perché ti calza a pennello. Ti sta bene.- Gli dico.
    Tom mi si riavvicina e mi ribacia. Ormai è diventato un rito il nostro.
    Mi bacia ancora come nel sogno.
    Posa una gamba su entrambe le mie. La tiene piegata. La sua mano si muove ovunque sul mio corpo. Sa come muoversi e, soprattutto, dove andare.
    -Ti va di farlo?- Gli chiedo continuando a baciarlo.
    -No!-
    -Perché no?-
    -Perché sei ubriaca e, domani, a mente lucida, potresti pentirtene.-
    -Chi te lo dice?-
    -Mia io sto già approfittando del fatto che ora sei ubriaca per stringerti e coccolarti e baciarti e già so che, domani mattina, tu forse avrai già dimenticato tutto ciò e, di sicuro, farai di tutto per allontanarmi da te! Solo per questo motivo non voglio farlo. Anche perché voglio che, quando e se succederà, sia una cosa memorabile.-
    -Ok, ora basta parlare, pensa solo a baciare.-
    La sua bocca aderisce bene alla mia, come sempre. Gli levo il cappellino e la fascia. La mano di Tom scende su una coscia, la mia va sotto la sua maglia.
    -Se continui così, me ne fregherò di ciò che ti ho detto e ti faccio mia in men che non si dica.- Mi dice, senza staccare le sue labbra dalle mie.
    -E’ ciò che voglio. Ora, qui, avanti a tutti loro.-
    -Non esagerare ora.-
    -Perché no? Così gli fai vedere che non fai solo chiacchiere e che potresti davvero essere il figlio di Rocco Siffredi.-
    -Loro già lo sanno.-
    -Ok.-
    La sua lingua si muove bene nella mia bocca. Cerca la mia. La mia stuzzica quella di Tomi e si allontana da lei. Tom continua a carezzarmi la coscia e lo fa talmente bene, da non riuscire a resistere a questo magico tocco. La sua bocca scende ed arriva al mio collo. Ecco la mia estasi. La sua bocca sul mio collo, per me, ha un effetto più estasiante della droga. Chiudo gli occhi.
    Mi aiuta a levarmi la canotta. Ci riesce e la getta ad Andreas. Mi rimane in reggiseno.
    -Ehi, ma che vi prende?- Ci chiede Andi.
    La sua bocca, dal collo, scende giù e si ferma all’addome. Inizio a gemere.
    -Ok, Tom, ti prego, basta così.-
    Tom si ferma e sbuffa.
    -Lo so, neanch’io avrei voluto che ti fermassi, ma è meglio se ci fermiamo qui.-
    Ci alziamo e torniamo dagli altri. Mentre camminiamo, mi mette il braccio intorno al collo. Gli prendo la mano. Non fa altro che baciarmi. Sembra di essere tornati a qualche mese fa, quando stavamo insieme ed eravamo felicissimi.
    -Mia, la mia canotta, ora, è mia.- Mi avvisa Georg, sventolando in alto la mia canotta.
    Tomi mi fa sedere sulla sabbia. Lui si siede dietro me e mi abbraccia. Intreccia le mie mani tra le sue e, con i pollici, mi carezza i dorsi delle mani.
    Ogni tanto mi bacia e, mentre lo bacio, porto le nostre mani al suo viso liscio. E, quando meno me lo aspetto, mi bacia il collo. Ora non se ne frega del fatto che ci sono i nostri amici avanti. Ora non fa niente. Basta solo dimenticarsene.

     
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    Capitolo 42
    Mattina. Mattina presto. Gli altri dormono ancora. E il mare di mattina è ancora più bello. Il sole che lo accarezza lo fa luccicare. Le onde sono basse. Toccano appena il bagnasciuga.
    Quando andavo in vacanza con mio padre e mia sorella, quest’ultima, voleva salire sempre prima delle sei di mattina e, quindi, io non riuscivo mai a vedere questa meraviglia. Non avevo mai la fortuna di poter passeggiare in riva, con l’acqua che mi solletica i piedi e ripensare a tutta la mia vita, da quando è cominciata ad ora.
    Anche se ero ubriaca, so benissimo tutto ciò che è successo stanotte con Tom. Ricordo anche ciò che è successo in discoteca. Penso che sia stato tutto un terribile errore. Ora chissà cosa si aspetta da me. L’ho solo illuso, gli ho dato delle false speranze di riconciliazione. Non voglio che soffra ancora una volta con me. In fondo lui non mi ha mai fatto niente di così grave. Non posso fargli pagare questo caro prezzo per un suo piccolo errore.
    Ho passeggiato per quasi tutta la spiaggia per più di un’ora, mi sono seduta, ma, solo ora, mi accorgo che ho bisogno di muovermi. Mi alzo e torno a camminare. No, non ho voglia di camminare. Torno a fermarmi e continuo a guardare il mare, stavolta in piedi. Iniziano a scendermi le lacrime. Qualcuno mi abbraccia da dietro. So già chi è. Intreccio le mie mani tra le sue. Mi giro verso lui. Bill. Il mio migliore amico.
    -Perché piangi?- Mi chiede.
    -Nostalgia di casa.-
    -Non è vero e lo sappiamo entrambi. Sappiamo bene che non è la nostalgia di casa, o meglio, non del tutto.-
    -Ok, è vero, hai ragione.-
    -Dai, confidati con me… Sai che puoi farlo!-
    Bill stringe le mie mani.
    -Bill, ti prego abbracciami.- Gli chiedo, implorante.
    Ci sediamo entrambi. Io avanti, lui dietro, verso il mare. Mi abbraccia da dietro e torna ad intrecciare le sue mani tra le mie. Poggio la mia testa sul suo petto.
    -Dai, dimmi tutto.- Mi dice cordiale.
    -Bill… E’ che… Tom…-
    -Cosa?-
    -Quello che è successo stanotte con lui. È stato meraviglioso risvegliarmi tra le sue braccia, poi, però, tutto d’un tratto, ho iniziato a riavere le visioni di quella notte. Ho dovuto allontanarmi da lui per forza.- Gli rispondo in lacrime.
    -Piccola…-
    -Bill, io ho paura di lui.-
    Bill mi stringe di più.
    -Io ho paura di Tom.- Gli ripeto.
    -Perché?-
    -Non so se te l’ha mai detto, ma prima che mi violentassero quella notte io e Tom avemmo un litigio.-
    -Questo lo so.-
    -Ecco. Però ti ha detto che fu un litigio violento?-
    -No, in che senso violento?-
    -Ok, ti spiego. Lui stava picchiando Erik, al bar, io mi son messa in mezzo per farlo ragionare, ma Tom si è accorto di me troppo tardi. Mi colpì con un pugno davvero fortissimo. Talmente potente da scaraventarmi a terra. Quindi, da lì, mi sono rialzata, più che sconvolta, shockata e sono scappata in spiaggia. Poi, il resto, lo sai già.-
    -Mio fratello non me l’aveva detto. Non riesco a crederci. Non riesco nemmeno ad immaginare Tom che ti dà un pugno… Cazzo!-
    -Bill, però, aspetta, devo anche dirti che lui non voleva darmelo, non si era accorto che io mi ero messa in mezzo. Non penso che lui mi avrebbe mai voluto dare un pugno. Non lo farebbe mai e, poi, mai.-
    -Mia, vuoi che non ti si avvicini?-
    -Ci ho già provato.-
    -Però, a quanto vedo, non ti obbedisce. D’ora in avanti me la vedrò io con lui.-
    -Grazie, Bill!-
    -Non ringraziarmi, lo sai che lo faccio solo per te.-
    -Invece devo.-
    Tom si avvicina a noi e si siede di fronte. Ci guarda e fa per avvicinarsi a me.
    -Tom, stai lontano chilometri da lei.- Lo avverte Bill.
    -Cosa?! Bill, ti è andato di volta il cervello?!- Gli fa Tom, stupito.
    -No. Mi dispiace, Tom, ma voglio che tu le stia lontano.-
    -Ma perché?- Gli chiede, con l’espressione di uno che non riesce a farsene una ragione.
    -E tu? Perché non mi hai detto che quella sera, prima che lei fuggisse in spiaggia, le hai dato un pugno e l’hai scaraventata a terra?- Gli chiede Bill.
    Tom non sa cosa rispondergli. Guarda me, poi il gemello con la bocca che fa smorfie. Vorrebbe dire qualcosa, dargli una risposta, ma non sa cosa dirgli.
    -Il pugno?- Fa Tom.
    -Sì, Tom, il pugno che l’ha spinta a fuggire via da te.-
    -Basta, Bill, lui non voleva, te l’ho detto, non si era accorto di me, non è vero, Tom?- Gli chiedo guardandolo.
    -Ma brava, Mia, volevi mettere mio fratello contro me, beh, ci sei riuscita, grazie, grazie mille!- Mi dice.
    Si alza e se ne va. Io non posso far altro che alzarmi e seguirlo per spiegargli. Io non volevo affatto mettere Bill contro Tom, ma volevo solo che Tom stesse per un po’ lontano da me.
    Gli prendo il polso, cercando di farlo fermare.
    -Tom, aspetta.- Gli dico.
    Non vuole affatto fermarsi.
    -Tom, fermati, ti prego!- Gli dico implorante.
    Finalmente si ferma, senza girarsi. Non so qual è la sua espressione ma di sicuro non è delle migliori. Mi metto avanti a lui.
    -Tom… Io… Io non volevo… Tom, non era mia intenzione metterti contro Bill.- Cerco di scusarmi.
    -Però, l’hai fatto. Sai perché non gli ho raccontato di quel maledetto pugno che ti ho dato quella sera?- Mi chiede.
    -No, perché?- Gli chiedo abbassando la testa.
    -Perché sapevo benissimo che avrebbe reagito in quel modo. Sapevo che mi avrebbe allontanato da te, ciò che non volevo. Gliel’hai raccontato solo per continuare a fare la vittima del cazzo, eh?!-
    -Tom, sai bene che non faccio la vittima.- Gli dico a denti stretti alzando la testa per guardarlo negli occhi.
    -Invece sì. Da quando è iniziata questa storia della violenza sessuale, tu non fai altro che tenerci tutti attorno a te come dei cagnolini, tutti a tua disposizione.-
    -Tom, tuo fratello stamattina mi ha visto piangere e mi ha chiesto perché piangevo. Gli ho mentito dicendogli che era per la nostalgia di casa, ma lui non mi ha creduto, ha capito subito che era una bugia, o meglio, che non era solo perché mi mancava casa mia e i miei familiari, così, poi, mi ha fatto sfogare.-
    -Oh, ma poverina, aveva bisogno di sfogarsi. È troppo comodo dare la colpa solo a me, vero? Sì, perché la gelosia mi acceca e mi fa fare cose insensate. Sai una cosa?! vorrei non essermi mai innamorato di te, anzi no, vorrei non averti mai conosciuta!-
    -Ok, va bene così!-
    Lo scanso e torno da Bill. Mi guarda. Ho gli occhi lucidi. Corro da lui.
    -Io torno in albergo.- Lo avviso.
    -No, aspetta, Mia.-
    -Bill, per favore!-

    Non m’importa di essere sudata. Ora voglio solo prepararmi la valigia, andare all’agenzia di viaggia e tornare a casa mia, dalle persone che mi sono davvero vicino in ogni momento. Ma voglio soprattutto dimenticare questa maledetta vacanza. E Tom, per sempre.
    Prendo tutta la mia roba sparsa per la mia camera d’albergo. La poggio sul letto. Prendo la valigia dall’armadio e la poggio sul mio letto. La apro e inizio a ripiegare tutti gli indumenti che sono già dentro. Poi passo a risistemare quelli da mettere.
    Bussano alla porta. Ho già il sospetto di chi può essere.
    -Chi è?- Chiedo, incazzata.
    -Georg.-
    Ad essere sincera, mi aspettavo Bill, non Georg.
    Corro ad aprire la porta.
    -Entra.- Gli dico.
    Torno a riordinarmi la valigia.
    -Ma che succede?- Mi chiede.
    -Niente, Gè, sto semplicemente per tornare a casa mia, in Italia.-
    -Cosa?! Da sola?-
    -No, con l’esercito.-
    -Ok, era una domanda molto stupida, scusami… Ma perché?-
    -Chiedilo al tuo caro amico Tom.-
    -Ancora?! Ancora a litigare voi due?! Ieri sera sembravate così uniti.-
    -Appunto ieri sera.-
    -Ma quando pensate che finirà la vostra soap-opera, eh? Mia, basta, siamo stanchi dei vostri continui litigi! Ogni volta voi litigate e non vi parlate. Ricominciate a parlarvi solo per litigare nuovamente. Hai visto cosa ti è successo a causa dei vostri continui litigi?-
    -Non preoccuparti, Georg, ora me ne vado, così voi tutti potrete stare più tranquilli. Sono stanca di stare qui.-
    -Nessuno vuole che uno dei due se ne vada. Vogliamo solo che voi due non litighiate più. Ma perché non riuscite a stare così tranquilli come stanotte?-
    -Che vuoi dire?-
    So bene a cosa si riferisce.
    -Come che vuoi dire?! Non ricordi nulla?-
    -No, no.- Bugia.
    -Ok… Stanotte sembrava che voi due foste tornati insieme.-
    -Oddio, davvero?!- Gli faccio, fintamente sconvolta.
    -Non ricordi davvero niente?-
    -Nooo! …Ma abbiamo fatto… L’amore?-
    -Eravate sulla buona strada, ma, no!-
    -Meno male.-
    -Ho visto come vi guardavate… Ma non ricordi neanche ciò che abbiamo fatto io e te?-
    -No! Perché? Che abbiamo fatto? È successo qualcosa tra noi due?-
    -Tra noi due niente. Ora ti racconto.-
    Georg mi racconta tutto ciò che è successo, per filo e per segno. Anche se io ricordo tutto nei minimi particolari, anche se ero tanto ubriaca da non riuscire a reggermi in piedi.
    Faccio la finta sconvolta quando sento ciò che mi è venuto in mente ieri sera, soprattutto quando ho dato il bacio alla ragazza.
    Torno a riordinare la valigia.
    Bussano di nuovo alla porta. Questa volta va Georg ad aprire. Mi giro a vedere chi è. Bill. Ora arriva lui. Torno a riordinare i panni nella valigia. Bill arriva da me e mi blocca. Chiudo gli occhi e sospiro. Poi lo guardo e metto le mani sui fianchi.
    -Non ti permetterò di partire prima che queste vacanze finiscano!- Mi dice Bill.
    -Bill, per favore, lasciami andare.- Gli dico.
    -No, ti prego rimani.-
    -Bill, ormai ho deciso. Dopo andrò all’agenzia di viaggi per prenotare un volo per l’Italia. Se mi dai i biglietti delle altre mete, te li faccio rimborsare.-
    -Non me ne frega un cazzo dei biglietti! No, Mia, non te lo permetterò! Voglio che tu rimanga!- Insiste Bill.
    -Bill, ti prego, almeno con te, non voglio essere cattiva, quindi, per favore lasciami andare.- Gli dico con la massima calma.
    -No!-
    Entra anche Tom. Ci mancava solo lui. Cazzo, ma perché no va a farsi fottere da qualche altra parte?! Non lo voglio qui, ora. Sta iniziando ad infastidirmi la sua presenza.
    -Che succede?- Chiede Tom, guardando prima il suo gemello, poi, me.
    -Ritorno in Italia, a casa mia.- Gli rispondo.
    -Cosa?! Come?!- Sembra non riuscire a crederci.
    -Sì, Tom, così non avrai più casini e gli altri potranno godersi la vacanza in tranquillità.- Gli spiego.
    -Io non voglio assolutamente che tu vada via.- Mi confessa, come se fosse un segreto.
    -Sai quanto me ne frega?! Ora voglio pensare solo a me stessa, quindi, per stare bene, devo starti lontano chilometri!- Gli dico.
    Cerco di ferirlo il più possibile. Torno a sistemarmi la valigia.
    -Aspetta, è vero, ho sbagliato, ma…-
    -Senti, Tom, non frega un cazzo! Ora basta, sono stanca! Totalmente. Ora ho deciso e non torno più indietro.-


     
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    Capitolo 43
    Aereo. Per partire. Non per tornarmene a casa mia, ma per andare a Miami. Alla fine Bill è riuscito a convincermi. Come sempre! Non so come abbia fatto, ma c’è riuscito. Ha un potere molto persuasivo. Io e Tom, invece, non ci parliamo più, ora non ci salutiamo neanche. Non voglio solo io, ma, questa volta, anche lui. La cosa che mi consola di più è che abbia chiarito con il fratello. Non mi frega con abbiamo chiarito noi due, ma che l’abbia fatto almeno con lui. Bill gli ha raccontato tutto ciò che ci siamo detti quella mattina in spiaggia, per fargli capire che non volevamo andargli contro.
    Nessuno dei due ha voluto sedersi accanto all’altro su quest’aereo. Tutto si sta complicando. Invece di andare meglio, va molto peggio. Non può continuare così. Devo vedere di risolvere questa situazione prima di arrivare ad un punto di non ritorno. Se avessi resistito di più al tentativo di persuasione di Bill, a quest’ora, starei già a casa, con la mia famiglia e i miei amici, tranquilla e anche i Tokio Hotel starebbero più tranquilli senza tutte queste sceneggiate.
    Nella mia fotocamera non ci entra più niente, così sono costretta a passare le fotografie, già da ora, sul mio PC portatile e sul mio blog.
    Prendo le cuffie e le infilo nelle orecchie per non disturbare con la musica. Apro il Windows Media Player. Fergie, con la sua London Bridge. Ora ho bisogno di ritmo.
    Tom è seduto dietro di me ed ho come l’impressione che non faccia altro che osservarmi. Bill e Georg sono accanto a me e dormono da quando siamo partiti. Non li biasimo. Siamo tutti stanchi. Da quando è iniziata questa vacanza stiamo dormendo pochissimo e ora siamo tutti esausti.
    Vorrei tanto sentire mio padre, sapere come sta. Non ci parlo da quando sono partita. Le telefonate internazionali costano davvero tanto. Anche far prendere un po’ di rete costa. A lui non piace usare MSN. In verità, non lo sa usare. A malapena riesce ad inviare una e-mail. Direi che è troppo difficile per lui da capire. Eppure ci sono persone che hanno più o meno la sua età che sanno usarlo. Mentre, con gli altri programmi, se la cava piuttosto bene.
    L’hostess mi si avvicina e mi chiede:
    -Desidera qualcosa, signorina?-
    -Una lattina di Coca-Cola, gentilmente.- Le rispondo, sorridendole.
    -Una anche a me.- Fa Tom da dietro.
    -Va bene, allora due lattine di Coca-Cola.-
    L’hostess se ne va, mentre io continuo ad ascoltare della buona musica per distrarmi. I like the way you move, dei BodyRockers. Con la testa, cerco di seguire il ritmo.
    L’hostess torna e mi dà la mia lattina. Le rivolgo un sorriso cordiale, mentre apro la lattina. Ne bevo un sorso, poi ripongo la mia lattina sul tavolino accanto al mio PC. Apro il programma di grafica e inizio a fare dei blend con le foto di Ibiza e delle Maldive. In un modo o nell’altro devo perdere tempo.
    È ancora incredibile per me. Cazzo! Sto volando su un aereo, in prima classe, verso gli Stati Uniti d’America, precisamente, verso la Florida. Dio, è un sogno. È uno dei miei più grandi sogni che si avvera.

    Albergo. Non disfo la valigia: potrebbe capitare che io decida nuovamente di andarmene e non vorrei perdere tempo a riprepararmela.
    Bussano alla porta. Che sarà successo ora? Non siamo neanche arrivati.
    -Chi è?- Chiedo.
    -Bill… Dai, muoviti, aprimi, presto!-
    Corro ad aprirlo. Bill mi abbraccia. Talmente forte che non riesco neanche a respirare. Oddio, sto soffocando.
    -Bill, anch’io ti voglio bene, ma te ne vorrò di più se mi lasci respirare.- Lo avviso con voce soffocata.
    -Ah, sì, scusa!-
    Do un sospiro di sollievo ricomponendomi.
    -Di niente. Allora… Cos’è tutto questo entusiasmo? Che è successo di così bello?-
    -Ok, tieniti forte: ho chiesto se le nostre camere sono disponibili per altre due settimane, dato che gli altri alberghi erano tutti occupati e loro mi hanno risposto di sì.-
    -Wow… Che meraviglia!-
    -Oddio, rimaniamo a Miami… A, abbiamo affittato un’automobile per tutto il tempo in cui staremo qui.-
    -Pure… Non vi costerà troppo questa vacanza?-
    -Machissenefrega! Io voglio solo divertirmi.-
    -Bene, anch’io lo voglio.-
    -Ah, un’altra cosa ancora: l’albergo dispone di una piscina.-
    -‘Sti cazzi!-
    Scusate, ma mi è uscito spontaneamente!
    -Mia, brindiamo!-
    -Cosa?! Cioè, per così poco? E poi, con cosa brindiamo?-
    -Con le birre del frigo-bar.-
    -Ah… Ok! Grande!-
    Bill corre a prendere due bottiglie dal mio frigo-bar. Me ne dà una. Cerca di aprire la sua. Non ci riesce. È normale non ha un filo di muscoli. Non per offendere, ma è troppo mingherlino.
    -Bill, me la dai?- Gli chiedo un po’ imbarazzata.
    Me la porge. La prendo. La poggio accanto alla scrivania, con il tappo sopra e il collo della bottiglia giù. Do un colpo sopra e il tappo salta. Bill mi guarda a bocca aperta mentre gliela porgo.
    -Grazie!- Mi dice ancora incredulo.
    -Di niente.-
    Faccio lo stesso anche con la mia birra. Urtiamo le due bottiglie ed insieme diamo il primo sorso. Vado alla mia valigia e prendo la mia macchinetta fotografica, con cui inizio a fare delle fotografie a noi due con le pose più pazze e strane. Devo dire che ci rispecchiano perfettamente queste pose. È tipico di noi due. Anche se non sembra, perché all’apparenza può sembrare timido e riservato, con Bill ci si diverte davvero tantissimo. È così spensierato, solare ed è un ragazzo davvero d’oro.
    Bussano di nuovo. Vado direttamente alla porta ad aprire, senza chiedere chi è. Apro la porta. Tom ed Andreas. Mi guardano, poi, il loro sguardo, va su Bill, il quale è sdraiato sul letto.
    -Ma cos’è successo?- Chiede Andreas.
    -Nulla, stavamo semplicemente divertendoci un po’!- Rispondo.
    -Stavate facendo un festino privato e non ci avete invitati! Eh, no, no, no, no, questo non si fa.- Continua Andreas.
    -Ma quale festino?! Comunque, che è successo? Perché siete qui?- Chiedo.
    -Forse perché dovremo uscire? Sono le 21.00.- Ci avvisa.
    -Cosa?! Le 21.00?! Oh, madre, io devo ancora fare la doccia!- Gli dico in preda al panico.
    -Anch’io devo ancora farla.- FA Bill.
    Andreas rotea gli occhi in alto.
    -Dio, cosa ti ho fatto di male? Perché proprio a me hai dovuto mandare queste due croci? Comunque, facciamo così… Io vado in camera con Bill e lo aiuto a muoversi, tu, Tom, rimani qui con lei e aiutala a muoversi.- Gli dice Andi.
    -Andreas non si può fare il contrario?- Gli chiedo gesticolando nervosamente.
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    -Che, te, rimani qui con me e i gemelli se ne vanno insieme.- Gli spiego.
    -No, mi dispiace, ma vorrei parlare un po’ con Bill… Mi sa che tu dovresti parlare un po’ con Tom.- Risponde trascinandosi fuori Bill.
    Quest’ultimo mi manda un bacio da lontano. Faccio lo stesso con lui. Bill ed Andreas chiudono la porta. Ora io e Tom siamo completamente soli.
    Prendo la mia valigia e la poggio sul letto. Da lì, prendo l’intimo da indossare, shampoo, doccia-schiuma ed asciugamani. Corro in bagno, mi spoglio velocemente ed entro nella doccia.
    Ecco ciò di cui ho bisogno per rilassarmi, di una bella doccia tiepida. Dura almeno un quarto d’ora. Esco ed avvolgo l’asciugamani attorno a me. Indosso velocemente l’intimo e torno in camera.
    Cazzo, m’ero scordata che Tom è qui. Faccio le cose con disinvoltura. Prendo dalla mia valigia t-shirt e jeans. Torno in bagno e indosso prima i jeans, poi la t-shirt.
    La porta si apre e dallo specchio vedo comparire Tom dietro di me. Mia, continua a fare come se lui non ci fosse. Ignorali più che puoi. Si poggia al lavabo, di fronte a me, incrocia le braccia al petto e mi guarda. Io guardo solo l’immagine di me stessa allo specchio. La mia cinta preferita, quella col teschio è già negli appositi passanti dei jeans. Devo solo allacciarla.
    Arriva il momento del trucco. Torno per l’ennesima volta in camera e lo prendo da sopra la scrivania. Con me, porto anche il mio cellulare. Mando un messaggio:
    “Dato che nessuno dei due vuol parlare con
    l’altro, puoi anche tornartene in camera tua.
    Qui mi dai solo fastidio con la tua presenza.
    Un enorme fastidio.”
    Aggiungi destinatario  Tomi Amore mio Invia. Ecco fatto. Sì, lo so, lo so, devo cambiare il nome al suo numero. Apro i beauty-case e inizio col mettermi l’eye liner. Il cellulare di Tom squilla, la canzone è Unendlichkeit. Dev’essere il mio messaggio. Lo legge e ripone, di nuovo, il cellulare nella tasca, senza dire una parola. Continua a guardarmi. Ok, Mia, basta. Gli hai inviato un messaggino, va bene così.
    Tom si sposta dal lavabo e si mette dietro di me. Continuo, incontrando grandi difficoltà, a guardare solo me stessa nello specchio. Appoggia le sue dita sulle mie tempie e fa dei movimenti circolari.
    -Fermati!- Gli ordino.
    -Hai bisogno di rilassarti, ti vedo tesa!-
    Ci guardiamo per un po’ allo specchio.
    -No, sto bene, fin troppo bene.-
    -Ascoltami, per una buona volta.-

    -No, altrimenti, finisco per addormentarmi, mentre, io, invece, stasera, voglio divertirmi.-
    -Nessuno, ti vieta di farlo, ma, prima, vorrei che tu ti rilassassi un po’.-
    -Tom, ti prego, fermati seduta stante.- Continuo ad ordinargli.
    Poggio le mie mani sulle sue e, con delicatezza, le levo. Tomi, incrocia le sue dita tra le mie. Le visioni, si fanno, improvvisamente largo tra la mia mente.
    Mi giro verso lui, gli lascio le mani e lo allontano da me.
    -Scusa, non volevo, avevo scordato che hai paura di me… Ancora!- Dice, scuotendo la testa. -Come siamo arrivati a questo punto? Io vorrei…-
    -A me, sta bene così!- Lo interrompo, dura.
     
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    Capitolo 44
    -Puoi darmi un whiskey?- Chiedo al barista.
    -Quanti anni hai?- Mi chiede.
    -Ne ho compiuti diciotto ad aprile.-
    -Mi dispiace, ma non posso, non puoi ancora bere alcoolici. Devi avere almeno ventun’anni.- Mi informa.
    -Ok.-
    Cazzo, no! Allora: Bill e Tom ne hanno diciotto, quasi diciannove, quindi neanche loro possono prenderne e, poi, Tom non me lo prenderebbe mai; Gustav ne ha diciannove, quasi venti; Georg… Georg ne ha ventuno. Oh, che meraviglia, il mio carissimo Georg ne ha ventuno.
    Vado velocemente da lui.
    -Georg, Georg, Georg, sai già che ti amo, vero? Sì, lo sai fin troppo bene.- Gli dico.
    Georg si mette le mani sui fianchi e mi guarda.
    -Cosa ti serve?- Mi chiede.
    -Sai che qui non si possono bere bevande alcooliche neanche a diciotto anni?-
    -Quindi…?-
    -Te hai ventuno anni…-
    -E…?-
    -Puoi bere gli alcoolici, ti prego prendimi qualcosa da bere.- Lo imploro.
    -Non esiste, non ti permetterò di ubriacarti.- Interviene Tom.
    -Non farò nulla di ciò che mi dici, mio caro Tom. Non obbedirò come un cane obbedisce al suo padrone.- Gli dico, poi mi rivolgo al caro vecchio Georg. -Gè, me lo prendi allora?-
    -Mia…-
    -Gè, non dargliela vinta, io sono maggiorenne e vaccinata.-
    -Georg, se fai ciò che dice lei, non permetterti più di considerarmi tuo amico e, uno dei due, deve uscire dal gruppo.-
    Bastardo, gli ha dato un ultimatum. Questo è un colpo basso. Volto le spalle ad entrambi e me ne vado delusa e arrabbiata.
    Mi dirigo al bancone. Ora, due sono le cose: 1) Seduco il barista e tento di farmi dare qualcosa da bere: 2) La do vinta a Tom.
    L’opzione numero uno, potrebbe andare, ma la due… Non se ne parla proprio. Io non gliela do vinta. Non sono il tipo di persona che si arrende alla prima difficoltà. Eh, no! Sono una persona determinata e combattiva. Georg, Georg, Georg, lurido traditore! No, non è colpa sua. La colpa è di quello stronzetto di Tom.
    Direi che forse è stato meglio così. Non mi sarei mai perdonata il fatto di mettere tutto il gruppo contro. Già m’immagino tutti i giornali: “I Tokio Hotel si sciolgono a causa della puttanella che era in vacanza con loro!”. Machissenefrega!
    Merda, sono a corto di idee! Come faccio a prendermi da bere?! Uffa! Mi sto disperando.
    Mmm… E se facessi… Potrebbe essere un’idea… Sì, questa sì che è una grande idea. Geniale!
    Mi appoggio al bancone attendendo che il barista mi guardi.
    -Ehi, mi fai spazio?- Gli chiedo.
    -S… Sì, certo. Ma cosa vorresti fare?- Mi chiede.
    -Ora lo vedrai.-
    Salgo sul bancone cercando di trovare l’equilibrio per riuscire a stare in piedi. Ok. Ci sono riuscita.
    -Woooooow! Dolcezza, cos’hai in mente?- Mi chiede ancora il barista sorridendo malizioso.
    -Fai alzare il volume della musica.- Gli ordino.
    -Perché?-
    -Voglio che la musica arrivi alta, anche qui.- Gli rispondo.
    Il barista fa uno strano cenno al dj, il quale alza il volume. Ecco, la musica ora è perfetta. Blind, di Hercules and Love Affair. Inizio a muovermi, prima lentamente, cercando di prendere il giusto ritmo, poi, appena riesco a prenderlo, mi muovo più velocemente. Cammino per tutto il bancone. Faccio giravolte, cercando di non cadere. Le persone, da giù, battono le mani a tempo. Mi muovo sensuale. Le persone, le quali sono al centro della pista, ci raggiungono, al bancone prendendo, anche loro, il ritmo giusto. Dopo un po’, vedo anche i suoi occhi. Arrabbiati e meravigliati allo stesso tempo. Tom. Non si sta divertendo affatto, mentre, gli altri quattro sembrano apprezzare lo spettacolo.
    Tom tenta di avvicinarsi di più al banconi, ma gli costa una fatica. Poggio un ginocchio sul bancone, davanti ad un uomo che avrà almeno una trentina d’anni. È bello. Capelli ed occhi castani. Un filo di barba in viso. Fisicamente è messo piuttosto bene.
    Mi avvicino di più al suo viso, lo prendo tra le mani e gli stampo un bacio sulle labbra. Mi stacco e mi rialzo e torno a fare il mio balletto. La musica cambia e, con lei, cambiano anche i miei movimenti. Qualcuno prende dei soldi dai propri portafogli. Non voglio i soldi e, sinceramente, non voglio neanche più da bere.
    Qualcuno mi blocca la caviglia. Già immagino chi è. È di sicuro Tom. Abbasso la testa per controllare se è lui. Resto completamente shockata. Non è lui. È l’uomo a cui prima ho dato il bacio. Nel frattempo, arriva anche Tom. Guardo prima l’uno, poi l’altro. Questa volta scelgo Tom. Quest’ultimo mi aiuta a scendere dal bancone. Ci diamo la mano.
    -Questa volta hai fatto la cosa più giusta.- Mi dice.
    -Non lo so. L’ho fatto per stare serena almeno stasera. Non ho molta voglia di litigare con te.-
    -Sapessi quanto ne ho voglia io. Comunque, noi avremmo deciso di andare in spiaggia. Sei dei nostri o vuoi tornare in albergo?- Mi chiede.
    -Certo che vengo.-
    -Mia, ma perché io e te non facciamo altro che litigare?- Mi chiede.
    -Non lo so. Penso che ci sia qualcosa che non va.-
    -Io non voglio che sia così.-
    -Tom, ora basta. Più facciamo la pace e più litighiamo.-
    -Possiamo anche chiarire una volta per tutte, cercando di andare d’accordo il più possibile.-
    -Tom, io e te siamo arrivati ad un punto di non ritorno.-
    -In che senso?-
    Gli lascio la mano.
    -Ci detestiamo.-
    Tom si blocca.
    -Mia, io non ti detesto affatto.-
    -Ah, no?-
    -No!-
    -Allora, devo essermelo detta da sola: “Vorrei non averti mai conosciuta!”!-
    -Io non volevo…-
    -Però lo hai fatto. Basta, Tom, lasciamo stare, ché è meglio!-
    -Non riesco a credere che ci… No, mi detesti.-
    -Tom, anche te lo fai!-
    -No, non è così.-
    -Sì, Tom.-
    -Ora, non mi sembra il caso, però, ne riparleremo. Voglio chiudere questa faccenda una volta per tutte.-
    Ci avviamo all’uscita. Ok, Mia, basta. Sei diventata un po’ troppo dura con lui. Inizia a cedere… Almeno un po’.
    Gli ridò la mano. Si gira e mi guarda. Gli regalo un sorriso timido. Le mie visioni stanno scomparendo.
    -Tomi, hai una sigaretta da darmi?- Gli chiedo mentre ci dirigiamo verso la spiaggia.
    -Sì, certo!- Mi risponde.
    Prende un pacchetto di Marlboro Light dalla tasca e me lo dà.
    -Tienilo pure.- Mi dice.
    Il pacchetto è ancora del tutto sigillato. Lo apro e ne prendo una. Tom me la accende con l’accendino.
    Ne prendo una anche a lui. Fa un po’ di resistenza, ma poi l’accetta.
    Continuiamo a camminare, mano nella mano. Come tempo fa. Mi chiedo sempre come andrà a finire tra noi. Se torneremo insieme oppure, ci lasceremo per sempre.
    Tom mi cinge il collo con un braccio, tenendomi ancora la mano. Poi si ferma.
    -Promettimi che non avrai una reazione violenta a ciò che sto per fare.- Mi chiede.
    -In che senso? Che vuoi dire? Non ti seguo.-
    -Aspetta, faccio prima gli ultimi tiri per prendere coraggio e farmi passare il nervosismo e poi lo faccio.- Mi dice.
    Fa tiri e getta fuori il fumo molto velocemente, poi la getta.
    -Ti prego, fammi fare un altro tiro dalla tua.- Mi prega.
    Gliela porgo.
    -No, dalle tue mani.-
    Non lo capisco. Avvicino la sigaretta alle sue labbra. Le mie dita le toccano appena. Ho un sussulto. Do un ultimo tiro anch’io e la getto, di conseguenza. Tom respira profondamente, si mette di fronte a me. Mi mette una mano sulla guancia, guardandomi e sorridendo. Avvicina il suo viso al mio. Si inumidisce le labbra e le poggia sulle mie. Sono un po’ perplessa, tanto che non mi lascio ancora andare. Tomi insiste. So che non c’è nulla di male. Prova ad aprirmi le labbra con la bocca.
    Alla fine, non posso fare altro che cedere alla sua dolce tortura. Mi poggia al muro di una casa.
    Tom non si spinge oltre, come prima. Ha capito che c’è un trauma in me. Le sue mani non vanno oltre. Non osano toccare ciò che potrebbe infastidirmi. Toccano solo collo, guance e vita. Le sue labbra sfiorano solo le labbra, guancia, collo, e fronte.
    Gioco col suo piercing.
    Tom si ferma, mi guarda e sorride ancora un a volta.
    -Scusami.- Mi dice.
    -Ma no, dai, figurati… Ma perché l’hai fatto?-
    -Perché ero in crisi d’astinenza.-
    -In crisi d’astinenza?!- Gli faccio incredula.
    Tomi annuisce.
    -E da cosa?- Gli chiedo non riuscendo ancora a capire.
    -Dai tuoi baci.-
    Rido. Tom è sempre stato un tipo spiritoso. Però non credevo che lo era fino a questo punto. Mi giro verso il muro. Non sorrido più.
    -Tom, io ho paura.- Gli confesso.
    -Di cosa?- Mi chiede mettendomi una mano sulla spalla.
    -Del fatto che, domani, io e te, potremo tornare a litigare, a non guardarci più in faccia e a non parlarci.-
    -Non pensare a domani. Pensa a stasera.-
    Annuisco. Girandomi verso lui per sorridergli.
    -Su, andiamo dagli altri.- Mi dice.
    Non posso far altro che annuire nuovamente, prenderlo per mano e tornare dai nostri amici.
     
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    Capitolo 45
    Mattina. Mattina di risveglio. Mattina di felicità. Mattina di mare, di spiaggia. È la mia mattina. Mi piace stare nel mio letto e guardarmi intorno. Fantasticare sul seguito della giornata appena iniziata. Su cosa farò, di cosa parlerò e con chi parlerò. Spero che si prospetti una magnifica giornata.
    La luce del sole filtra dalla tenda della finestra della mia camera. Mi piace guardare Tom mentre dorme. Mi piace stare stretta tra le sue braccia, anche se, devo ammetterlo, fa molto caldo. È bello vedere il suo viso da bambino, mentre dorme. La sua espressione è serena, rilassata. Le sue smorfie sono carinissime. Adoro la dolcezza del suo viso addormentato. È bello vedere tutto questo ed esserne felice.
    Tom riapre i suoi occhioni castani. Mi guarda e mi sorride.
    -Buongiorno!- Mi saluta con un filo di voce.
    -Buongiorno!- Lo saluto con dolcezza.
    -Da quanto tempo sei sveglia?-
    -Da poco.-
    -Perché non mi hai svegliato-
    -Volevo guardarti dormire.-
    -Ah, sì?-
    -Sì. Sembravi un angelo.-
    -Grazie. Mi domando: come mai non mi hai ancora sbattuto via dalla stanza a calci?-
    -Se vuoi lo faccio ora.-
    -No, no, grazie. L’invito è molto lusinghiero, ma sono costretto a rifiutarlo… Ti va di rimanere tutta la giornata qui, noi due, soli?-
    -L’idea sarebbe bella…-
    -Ma?-
    -Ma non conosco le conseguenze del dopo.-
    -Che vuoi dire?-
    -Nel senso che non sono ancora sicura se tornare o non con te.-
    -La proposta è “senza impegno”.-
    -Tom, io ho paura di illuderti.-
    -Tranquilla.-
    Mi alzo dal letto e vado vicino alla finestra.
    -No, io non sto tranquilla, io non voglio farti soffrire e non voglio soffrire io.-
    -Lo so, Mia, tutto ciò che ti sto proponendo è a mio rischio e pericolo.-
    -Non lo so… Ho paura!-
    -Mia, con me, non dovrai mai avere paura.-
    -Ma perché non fai mai ciò che ti chiedo? Io devo stare lontano da te.-
    -Perché?-
    -Devo capire se ho bisogno di te, se mi manchi, se ti voglio ancora e, soprattutto, se posso, o meglio, riesco ancora a fidarmi di te. Questo dovresti farlo anche te.-
    -Sai che mi stai chiedendo l’impossibile, vero? Quando sono lontano da te, io impazzisco.-
    Mi si avvicina.
    -Tom, mi sa, che la nostra storia ti ha letteralmente rimbambito… E di brutto.-
    -No, ti sbagli, mi ha reso migliore di ciò che ero.-
    Mi giro per guardarlo negli occhi. Ha l’espressione di chi non sa cosa stia succedendo.
    -Mi stai opprimendo, mi stai levando l’aria. Non posso conoscere altra gente e, soprattutto, altri ragazzi, che te subito scatti e ti comporti male con me e con tutti gli altri. Non posso andare a fare un giro da sola che subito vieni a cercarmi per tenermi d’occhio. Io devo cercare di capire ciò che voglio dalla mia vita. Riesci a capirmi?-
    -Sì, ma…-
    -Niente “ma”, se mi ami davvero come dici, devi rispettare le mie scelte. Te lo chiedo per favore, almeno per una volta, rispetta una mia scelta.-
    -Io vorrei anche farlo, ma non riesco proprio a rispettare questa scelta. Chiedimi tutto, ma non di starti lontano. Non ci riesco, è più forte di me.-
    -Lo so e ti capisco, ci sono passata anch’io. È difficile anche per me, credimi, ma se non lo faccio rimarrò sempre col dubbio di aver fatto la scelta sbagliata, di pentirmene ed io non voglio questo, per nessuno dei due, non lo voglio affatto. Ti piacerebbe che io tornassi con te e poi sentirti dire che me ne sono pentita?-
    -No, non mi piacerebbe affatto, ma il punto è che è difficilissimo per me starti lontano, lo è troppo…-
    -Proviamoci almeno.-
    -Ci ho provato, ma non ci sono mai riuscito, lo hai visto.-
    -Dobbiamo resistere, dobbiamo provarci, cazzo…- Mi avvicino di più a lui e gli prendo il viso tra le mani. -…Tom, io amo stare con te, amo la tua presenza e, ti giuro… Ti giuro, che è molto, molto difficile anche per me starti lontano.-
    Tom prende una mia mano e se la porta alla bocca, per poi baciarla, dolcemente. La stringe di più tra le sue e chiude gli occhi. Mi scendono le lacrime. Non ce la faccio, è difficile anche per me.
    Iniziano a scendere le lacrime anche dai suoi occhi. E sembriamo due sciocchi a piangere.
    -Ti prego, non infliggiamoci quest’altra pena. Non continuiamo a soffrire. Concediamoci un’altra possibilità, ritentiamo e, se non va bene, appena finite le vacanze, ci divideremo per sempre. E rispetterò la tua scelta, non ti richiamerò, non ti cercherò: non farò l’egoista.- Mi dice guardandomi e tenendo stretta il più possibile la mia mano fra le sue.
    Come posso dirgli di no? come? Come posso impedirgli di fare ancora parte della mia vita?
    Non so se seguire il cuore o la ragione. Sono in totale disaccordo ed è difficile capire chi dei due ha ragione. La ragione mi dice di cercare di capire cosa voglio dalla vita, mentre il cuore dice di tornare con lui e fregarsi del resto. Non riesco a trovare una via di mezzo. Anzi, credo proprio che non ce n’è una. Ma credo che sia di dovere dare ascolto alla ragione più che al cuore.

    -Andi, ho paura!-
    Così inizia la conversazione tra Bill ed Andreas. Andreas cerca nella valigia il caricabatteria del suo cellulare, mentre Bill è seduto sul divano a divorarsi le unghie. Cosa molto strana, dato che lui tiene molto alle sue unghie. Questo vuol dire solo una cosa: c’è qualcosa che non va.
    -Di cosa? Gli chiede Andreas senza fermarsi.
    -Di innamorarmi di Mia.-
    A questa frase, Andreas si ferma e guarda Bill negli occhi.
    -In che senso? Che vuoi dire?-
    -Ho paura di innamorarmi di lei. Non so come reagirebbe Tom. Lui è mio fratello, la persona più importante di tutta la mia vita, non posso fargli una cosa del genere, non me lo perdonerei mai.-
    Andreas gli si avvicina. Sedendosi sul letto di fronte a lui.
    -Bill, rispondimi con sincerità: è troppo tardi?-
    -No. Io la amo, ma è un amore fraterno, come quello per Tom, nulla di più, però ho paura lo stesso. Sto passando tutto quel tempo con lei.-
    -Potresti innamorarti di lei?-
    Bill gira il viso per guardare a terra.
    -No… Non penso… Non lo so… Sono insicuro.-
    -Per ora non è ancora successo, dato che non vuoi far del male a Tom, cercherai di non farlo succedere, giusto?-
    Bill torna a guardare il suo migliore amico.
    -Sì!-
    -Allora, di cosa ti preoccupi? Non fasciarti la testa prima di essertela rotta.-
    -Dici?-
    -Se la vedi solo come la sorella che tu e Tom non avete mai avuto, allora devi stare tranquillo, non c’è nulla di cui preoccuparsi.-
    -Se lo dici tu. Tom sta davvero facendo i salti mortali per riaverla.-
    -L’ho visto. Ha davvero perso la testa per Mia. Non l’ha mai fatto per nessuna ragazza. Mi domando ancora come sia riuscita una ragazza normale ad “incastrarlo” in questo modo? Proprio a lui, il SEXGOTT della Germania, colui che non voleva stare con una ragazza fissa.-
    -Non riesco a spiegarmelo neanch’io. Mia è una di quelle persone che fanno le forti per non mostrarsi fragili, anche sapendo fin troppo bene di esserlo. Cerca non cadere mai nella disperazione e di superare tutto. Non voglio che le venga fatto ancora del male, non se lo merita.-
    Andreas torna a cercare il caricabatteria nella valigia.
    -A quanto ho visto in Germania, anche tua madre è pazza di lei, secondo me, se potesse l’adotterebbe, senza pensarci due volte, vero?-
    -Verissimo. Ogni volta che chiama, chiede prima di tutto come sta, se mangia, se Tom, si comporta bene con lei e se si stanno riavvicinando. Mi prega sempre di farla mangiare e di non farla sciupare, altrimenti ci uccide tutti. Anche Gordon è rimasto ammaliato da lei, per non parlare dei nonni. Cavolo!-
    -Infatti. Ma se lei non tornasse con Tom…-
    -Ci rimarrebbero tutti male, ma io la capirei, non è facile accettare il fatto che la persona che ami e che dice di amarti possa andare con un’altra.-
    -Hai raccontato la tua madre a storia dello stupro?- Chiede Andreas.
    -Sì, non riusciva a crederci, ti giuro, voleva venire fin qui sono per starle vicino.-
    -Perché non l’ha fatto?-
    -Gliel’ho detto io.-
    -Ho capito. A volte, ho paura che se non tornasse con Tom, lei non sarà più nostra amica. Io voglio essere ancora sua amico, è una persona stupenda.-
    -Andi, è quello che vogliamo tutti.-

    Capitolo 46
    Da quando ho lasciato a Marika la citazione sul forum, una ragazza che lo frequenta è diventata la mia confidente. Si chiama Elisabetta, ma la chiamo Ellie, ha diciassette anni ed è di Palermo. Praticamente, lei, nel forum, ha letto tutto ciò che ha scritto Marika e l’ha commentato con me dicendomi che ho ragione. Mi ha detto che, ciò che io ho scritto a Marika, è vero. Non so per quale motivo lei l’ha fatto. Qualcuno potrebbe dire che lo ha fatto per scopi personali, cioè per parlare con i Tokio Hotel, ma io non la vedo così meschina come si potrebbe pensare. Non so neanche io il perché. Sì, la conosco appena, ma non riesco a pensarla come una persona così subdola. Potrà anche essere una mia impressione, ma non credo di sbagliarmi.
    Da quel momento abbiamo iniziato a parlare su MSN e, potrà sembrare strano, ma non mi ha mai chiesto di parlare con Bill, né con gli altri. Non mi ha neanche mai chiesto di parlarle della mia storia con Tom e del perché ci siamo lasciati. Mi ha solo detto che se mi andava di farmi ascoltare, lei c’era sempre. Così, a poco a poco, mi sono lasciata andare. È stata davvero molto carina nei miei confronti. Poteva sbandierare a tutti i membri del forum tutto e, invece, non l’ha mai fatto (almeno credo!).è davvero una bellissima persona.
    “Cavolo, fa caldo qui in Florida!”
    “E’ normale, Mia, anche lì è estate. Ma ci sono gli squali?”
    “Finora, non ne ho ancora visto uno, né io né gli altri.”
    “Ma, comunque, sta’ molto attenta.”
    “Tranquilla, sto cercando di badare a me stessa.”
    “Bravissima…”
    “Eli, perché non vuoi mai parlare con i Tokio?”
    “Perché mi vergogno!”
    “Ma no, dai, non c’è nulla di cui vergognarsi.”
    “Come nulla?”
    “No, sono persone normali, come noi.”
    “Ma, ormai, non riesco a vederli come tale.”
    “Che scema che sei. Comunque, quando vorrai parlargli, mi avvisi te…”
    “Va bene.”
    “Ti dà fastidio se ti lascio per andarmi a fare un bagno.”
    “Assolutamente no, perché dovrei?”
    “Ok, grazie.”
    “Figurati!”
    “Allora torno più tardi; il tempo di un tuffo e torno.”
    “Fai con calma!”
    “A dopo!”
    “A dopo!”
    -ANDI?- Lo chiamo.
    -SI’?- Risponde dall’acqua.
    -VIENI UN MOMENTO QUI?-
    Andreas corre da me.
    -Che cos’è successo?- Mi chiede.
    -Vorrei andare a fare un tuffo: ti va di guardarmi il PC?-
    -Certo, vai pure!-
    Mi alzo e corro in acqua. Mi tuffo. Faccio una nuotata , senza allontanarmi troppo. Non vorrei avere brutte sorprese, non si sa mai. La prudenza non è mai troppa. Me ne sto per un po’ in apnea, lontana dagli altri.
    Penso che ora posso anche tornare in spiaggia. Nuoto fino in riva. Quando mi accorgo che l’acqua, lì è bassa, mi alzo.
    Qualcuno da dietro mi ferma prendendomi il polso. Mi giro. Sempre il solito. Tom. Faccio roteare gli occhi in segno di scocciatura.
    -Che vuoi ancora?- gli chiedo, facendogli capire che non sono affatto contenta del fatto che mi abbia trattenuta.
    -Non sei felice del fatto che ti voglia con me?-
    -Secondo te?-
    -No… Va bene… Sorry!-
    Mi lascia. Torno da Andreas. Andi mi dà l’asciugamani.
    -Andi, ti ringrazio.-
    -Di nulla. Io torno in acqua.- Mi dice e se ne va.
    Avvolgo l’asciugamani attorno alle mie spalle. Prendo quella di Tom e la metto a terra, sedendomici sopra. Riprendo il PC e torno a “parlare” con la cara Ellie.

    Camera d’albergo. Io al PC.
    “No, dobbiamo scendere a mangiare.”
    “Ora?”
    “Sì, qui, ora, è mezzogiorno.”
    “Ah, giusto, c’è il fuso orario, l’avevo dimenticato.”
    “Capita.”
    Bussano alla porta.
    -Chi è?- Chiedo.
    -Bill… Mia, scendiamo?- Mi chiede.
    -Sì, arrivo subito.- Lo avviso.
    -Ti aspettiamo giù.-
    -Va bene.-
    “Ellie, devo andare.”
    “Va bene. Ci sentiamo appena ti riconnetti!”
    “Ok, spero solo di farlo quanto prima possibile.”
    “Bene... Allora, buon appetito e salutami i Tokio Hotel.”
    “Va bene! A presto! Ciao, Ellie.”
    “Ciao , Mia.”
    Chiudo la conversazione, mi disconnetto e spengo il computer. Mentre lo lascio spegnere per bene, prendo l’asciugamani e la borsa e li poggio sul letto. Dopodiché, smonto il PC e lo rimetto nella sua custodia, per poi riporlo nella valigia, posto sotto i miei vestiti, nascosto per bene. Prendo la borsa ed esco dalla camera, dirigendomi verso l’ascensore. Premo il pulsante. Attendo qualche secondo e subito arriva. In pochi secondi sono al piano terra. Vado al ristorante cercando il tavolo in cui sono seduti i miei amici. Appena li trovo, li raggiungo e mi siedo in mezzo fra Tom e Georg. Lo fanno di proposito a lasciare l’unico posto libero accanto a Tom. Sono davvero incredibili tutt’e cinque. Bene, starò al loro gioco, mi va bene.
    -Salve… Rieccomi da voi.- Gli dico, sedendomi.
    -Finalmente… Ti stai appiccicando troppo a quel PC. Con chi chatti?- Mi chiede Georg.
    -Con gente.-
    -Di sesso…?-
    -Entrambi.-
    -Ci stai abbandonando.- Mi avvisa Gustav.
    -Ma no, dai, non è vero.-
    -Però farai impazzire il povero Tom, già è a pezzi di suo perché non tromba da quando ti ha tradita.- Mi dice Tom.
    -Grazie, Georg, come sempre, sei di una finezza unica.- Gli dico stizzita.
    Faccio per alzarmi, ma Tom mi tiene la mani per non lasciarmi andar via. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: -Non cagarlo, lo conosci bene, sai che non pensa prima di parlare. E che dice le cose tanto per dirle.-
    Si allontana di nuovo.
    -Mia, Tom ci serve ancora.- Mi avvisa Gustav ridendo.
    -Se s’innervosisce non è sempre colpa mia.- Gli rispondo.
    -La maggior parte delle volte, sì.-
    -Ok, basta, Gustav, può bastare, anzi credo che tu abbia superato il limite.- LO rimprovera Tom.
    -Avete già ordinato?- Chiedo un generale.
    Annuiscono tutti.
    Finalmente arriva da mangiare. Hanno ordinato solo piatti francesi di cui non conosco neanche il nome.
    Sotto il tavolo, Tom mi mette una mano sulla coscia. Gliela levo subito. Mi guarda divertito, mentre io lo guardo malissimo.
    Gli altri iniziano a parlare di tutto. Nessun argomento li scandalizza, né gli fa venire il voltastomaco. Io e Tom ci guardiamo di sottecchi, senza ascoltare gli altri. Dopo un po’ si alza da tavola. Non mi frega. Neanche il motivo per cui se ne va.
    -Tomi, già vai via?- Gli chiede il gemello.
    -Sì!- Risponde.
    -Perché?-
    -Mi è passata la fame.-
    Lui se ne va, mentre io finisco di mangiare il primo. Dopodiché, mi alzo anch’io.
    -Ragazzi, mi sono ricordata di aver dimenticato una cosa in camera.- Li avviso.
    -Cosa?- Mi chiede Andreas.
    Che rispondo ora? Dio, please, fammi venire un’ispirazione.
    -Ehm… Ehm… Il… Fard.- Rispondo.
    -Il fard?! E cosa devi farci col fard se dopo andrai in acqua?- Mi chiede Georg.
    -Voglio essere comunque preparata.-
    -Mah!-
    -Fa’ presto!- Si raccomanda Bill.
    Prendo la borsa e corro all’ascensore.

    Capitolo 47
    Anche accanto all’albergo in cui alloggiamo c’è una discoteca. Ancora non l’abbiamo “visitata”. Penso che lo faremo stasera, a quanto ho capito. Gli altri saranno tutti quasi pronto, mentre io, devo ancora fare molte cose. Elisabetta, purtroppo, non è in linea su MSN oggi Erik mi ha mandato un messaggio. È da tanto che non lo sento. Mi ha chiesto se ho un contatto MSN. Gliel’ho dato, ma lui ancora non si è connesso. Forse starà lavorando o, forse, starà facendo qualcosa di più importante.
    Per me, la fase trucco, è la più importante di tutte. È la fase in cui, se sbaglio devo, prima di tutto lavarmi tutto il viso, secondo poi, ripetere tutte le operazioni daccapo. Il che vuol dire perdere ancora più tempo e questo non mi piace. Non mi piace essere in ritardo (tranne a scuola!)
    Dalle piccole casse del mio computer esce la canzone Unendlichkeit, dei Tokio Hotel. È’ da un po’ di tempo che ascolto ripetutamente In die Nacht, sempre una loro canzone. Ancora non ho capito perché. Sta iniziando ad appartenermi. Anche se, devo ammetterlo, molte volte mi capita di fissarmi sulle canzoni. Ma questa in modo particolare.
    Durante tutta la fase trucco, nessuno, ma dico nessuno deve assolutamente disturbarmi. e lo sanno tutti. Su MSN ho impostato su “occupato” e tutti sanno che, quando sono su questo stato, nessuno deve disturbarmi, quindi né scrivermi, né trillarmi.
    Finisco di truccarmi e corro sul letto, avanti al PC. Raoul mi ha appena contattata.
    “Ehi, piccola!”
    Non so se e come rispondergli. Rispondo, non voglio fare la maleducata.
    “Bene, grazie… A te?”
    “Abbastanza bene.”
    “Ne sono felice!”
    “Cosa mi racconti di bello?”
    “Che i posti in cui sto alloggiando, per così dire, sono davvero bellissimi! Te?”
    “Mah… Ho incontrato una ragazza e ci sto uscendo.”
    “Wow! Questa sì che è una bellissima notizia… Su, raccontami.”
    Che notizia! E bravo Raoul!
    “Non c’è nulla da raccontare. Nessuna ragazza riuscirà mai a farmi dimenticare di te.”
    “Raoul, ti prego…”
    “Lo so, Mia, ma è più forte di me. Sento la tua mancanza, giorno dopo giorno. E sto impazzendo senza vederti.”
    “Raoul, ti prego, basta!”
    “Ok, scusa!”
    “Ti dico questo: un giorno, molto vicino, riuscirai a dimenticarmi.”
    “Oppure riuscirò ad averti.”
    “Raoul!”
    Non demorde il ragazzo.
    “Almeno dammi una chance.”
    “Raoul, basta!”
    “Ti prego!”
    Bussano alla porta. Senza salutarlo, chiudo la “conversazione” e mi disconnetto. Poi, velocemente, corro alla porta ed apro.

    Ballare con Bill è la cosa più divertente al mondo. Ha un modo bizzarro, ma allo stesso tempo, carino e simpatico di ballare. In coppia è ancora più divertente. La cosa forte è il suo modo di muovere le mani.
    Tom, da un po’ di tempo, se ne sta sempre in disparte. Non balla quasi mai, poi, fatto un certo orario, se ne va. Dopo almeno un’oretta, lo imito. La nostra situazione è alquanto difficile da sostenere. Riusciamo a malapena a guardarci. Spero che, prima che finiscano le vacanze, si chiarisca tutta la situazione tra noi.
    La musica continua a suonare e la pesantezza nei miei piedi inizia a farsi sentire. Mi siedo accanto a Tom, accavallando le gambe e massaggiando le caviglie.
    -Perché non vieni a ballare con noi?- Gli chiedo.
    -Sai che non so ballare.- Mi risponde.
    -Ma che ti frega?! Divertiti, vivi!-
    -Come fai tu?-
    -Esattamente, tutti sappiamo muoverci, non dico ballare, ma muoverci a tempo di musica, a modo nostro.-
    -Io sono una frana totale.-
    -Non te ne fregare!-
    -Sei incredibile!-
    -Appena i piedi si saranno riposati, ci gettiamo in pista e non accetto “no”!-
    -Come faccio a dirti di no?-
    -Prima o poi ci riuscirai.-
    Gli sorrido. Lui mi imita. Continuiamo a guardarci. Di nuovo complici ed amici, almeno quello. Come non succedeva da molto tempo. Oserei dire, troppo tempo. Mi sembra strano stargli accanto e parlargli senza litigare. Chissà quanto durerà questa “pace” fra noi. Non penso che durerà sempre e per sempre. Ne sono sicura.

    Notte fonda, o meglio, mattino presto, dato che sono le 05:35 del mattino. Io ed Elisabetta stiamo ancora parlando su MSN, seduta sul letto.
    “Guarda, Mia, penso che Edward sia l’uomo migliore del mondo. E l’attore che lo interpreterà è davvero stupendo.”
    “L’attore è figo, e su questo non ci piove. Però, devo dire che, anche l’attore che farà Jacob, è niente male. Peccato che sia troppo piccolo.”
    “L’amore non ha età!”
    “…Ma il pisello sì!”
    “E questa da dove ti è uscita? Ahahahahahahah!”
    “Me la disse, un po’ di tempo fa, un mio amico.”
    “Raoul?”
    “No, uno dei suoi amici, che poi è anche il mio.”
    “Bella comitiva!”
    “Grazie!”
    “Prego! Ma i Tokio che stanno facendo ora?”
    “Penso che stiano dormendo. Non sono con loro, ora.”
    “Ma me li stai salutando sempre, vero?”
    “Certo, e loro ricambiano sempre.”
    “Davvero?”
    “Certo, vorrebbero conoscerti!”
    “Oddio, davvero?”
    “Ellie, non potrei mentirti su questo, sapendo che ci tieni molto.”
    “Mia, ci andiamo insieme al loro prossimo concerto?”
    “Volentieri, però dovremmo stabilire un punto d’incontro.”
    “Roma.”
    “I love Rome!”
    “I love it, too!”
    “Ok, torniamo serie.”
    “Giusto, Mia!”
    “Eli, ho sonno. Tra un po’ dovremmo scendere a fare un po’ di compere.”
    “A che ora?”
    “Alle otto. Ora sono già le 05.40.”
    “Ma vero! Allora vai, su!”
    “Glassie, gioia! Ti voglio bene!”
    “Anch’io. Ci sentiamo?”
    “Appena mi riconnetto.”
    “Ok, lo stesso è per me. Ciao!”
    “Ciao, Ellie!”
    Spengo il computer e lo rimetto nella sua custodia, per poi riporlo nella mia valigia. Prima che possa mettermi a letto a dormire, bussano. Chi può essere a quest’ora? Mi alzo e vado ad aprire. Georg.
    -Ehi, cosa ci fai sveglio a quest’ora?- Gli chiedo.
    -Potrei farti la stessa domanda.- Risponde lui.
    -E ti pareva!-
    -Volevo controllare che stessi dormendo.-
    -Sei peggio di mio padre!-
    -Lo so, ma devo!-
    -Comunque, se te ne vai, magari, vado a dormire.-
    -Va bene! A domani.-
    -A domani, ‘notte!-
    Ci salutiamo, chiudo la porta e, finalmente, vado a dormire.


    Capitolo 48
    Lo shopping è una delle cose che accomuna me e Bill. Qui a Miami i prezzi non sono esagerati, in qualsiasi genere di merce, anche se è difficile capire, con il dollaro, quanti euro stiamo spendendo. Georg, Gustav, Tom ed Andreas non riesco a star dietro me e Bill. Noi due non facciamo a meno di nessun negozio. Ci sono tutte le cose che a noi piacciono. Bill non bada a spese. Per lui ogni lasciata è persa. Ormai tutto il gruppo può permettersi di tutto e di più, senza mai preoccuparsi di finire i soldi. Con il successo che hanno. Io invece devo stare attenta, soprattutto ora che non riesco a capire quanto sto spendendo.
    -Mia, se hai bisogno di soldi, dimmelo. Per me e per tutti gli altri non c’è nessun problema a pagare anche per te.- Mi informa, mentre guarda un paio di jeans.
    -No, non ti preoccupare. Per il momento non ne ho bisogno, grazie!- Rispondo, un po’ imbarazzata.
    -Appena ti servono, ci avvisi.-
    Ok, ti ringrazio.
    Ma come faccio ad andare da lui e dirgli: ”Ehi, Bill, non ho più soldi, puoi pagarmi questo?”. Sarebbe troppo umiliante per me. Vuol dire che cercherò di non eccedere negli acquisti. Mi sa che è arrivato il momento di iniziare a prendere dei pensierini da portare alla mia famiglia ed ai miei amici. Anche se credo sia meglio farli in California.
    È bello prendersi un giorno di libertà dalla normale e monotona giornata di spiaggia e mare.
    Uscendo dal negozio con un paio di buste in più da portare, io e Bill troviamo i nostri quattro amici ad aspettarci seduti su una panchina, annoiati. Corriamo da loro allegramente. Le altre buste e pacchi li hanno loro.
    -Ragazzi, rieccoci qua da voi!- Dice Bill.
    -Finalmente!- Si lamenta Georg. -…Se mai fossi stato una donna incinta, a quest’ora, avrei già partorito e i miei figli sarebbero perfino laureati e sposati.-
    -Esagerato!- Gli dico.
    -Comunque… Qui vicino c’è un McDonald’s e, dato che è quasi l’una e mezza, abbiamo pensato di pranzare lì.- Ci informa Tom.
    -Io dico che è una buona idea.- Rispondo.
    -Adoro McDonald’s!- Esclama Bill.
    -Mia, dai a me anche queste ultime due buste.- Si offre Tom.
    Gliele passo. Gli altri camminano avanti, mentre, io e Tom rimaniamo dietro, in disparte. Sembra così strano rimanere sola con lui. Direi anche imbarazzante. Come se fossimo solo dei semplici conoscenti. Uno dei due deve rompere il ghiaccio e credo che sia meglio che lo rompa io.
    -Tom, ma…- Cosa posso dirgli. Non mi viene in mente nulla di intelligente. -…Hai presente quel libro di cui ti parlai?-
    -Aspetta, quale?- Chiede, facendo la faccia pensierosa.
    -“Twilight”.-
    -Quello del vampiro che si mette con l’umana?-
    -Sì, esatto, proprio quello lì.-
    -Io sto ancora aspettando che me lo presti.-
    -Se vuoi leggerlo, io ho portato con me tutta la saga.-
    Evito di guardarlo negli occhi.
    -Appena torniamo in albergo, me lo dai, ok?-
    -A novembre o a dicembre, non ricordo con precisione, dovrebbe uscire il primo film tratto dalla saga.-
    -Andiamo a vederlo insieme?- Mi chiede.
    Lo guardo.
    -Come? Stabiliamo il giorno per telefono? Così, te lo vedi in Germani, mentre io in Italia.- Propongo.
    -No, vengo io da te in Italia.-
    -E con la lingua come la metti?-
    -Mia, a me non interessa tanto il film. A me interessa di più stare con te.-
    -Tom, ne abbiamo già parlato tantissime volte. Ormai ho perso il conto.-
    -Sì, è vero, hai ragione, scusa!-
    Arriviamo al McDonald’s. entriamo ed andiamo alla ricerca di un tavolo a sei posti. Giù non ce n’è nessuno. Saliamo e poco lontano dalle scale ne troviamo uno.
    -Ma gli altri lo sanno che noi stiamo qui?- Gli chiedo.
    -Sì, Georg ci ha visti.-
    -Ah… Ok!-
    E la nostra prima parte della giornata passa lì, tra un hamburger e patatine fritte condite con majonnaise e ketchup. Fra chiacchiere e risate. Fra una battuta ed un sorso di Coca-Cola. Fra uno sguardo sorridente sugli altri e fotografie con le pose più sceme ed imbarazzanti.

    Pomeriggio. Ancora in giro per Miami. Abbiamo deciso di affittare un’auto fino al giorno della nostra partenza per la California. La guidiamo un po’ ciascuno. Tom e Georg sono quelli che si divertono di più al volante. Per loro, soprattutto per Bill, è troppo camminare a piedi. Io sono abituata a camminare a piedi, quindi non mi pesa più di tanto.
    Miami è davvero bella, con le strade ornate da palme. Il mare è stupendo, limpido. Anche se sarebbe molto meglio senza gli squali, ma, comunque, noi non ci allontaniamo troppo dalla riva.
    In macchina è come stare in discoteca. Sì, perché vogliono ascoltare musica House. Io vorrei metter i loro cd, ma loro continuano a dire di no, perché, ovviamente, conoscono tutte le canzoni a memoria. E, poi, gli ricorda troppo il lavoro e la solita vita noiosa. Ora vogliono solo riposare un po’.
    -Ragà, dove si va ora?- Chiedo.
    -Affanculo!- Risponde Gustav ridendo.
    -Io avevo pensato di andare al cinema.- Propone Tom.
    -Alle sei del pomeriggio?!- Gli dice Gusti.
    -Sì, poi, magari dopo ce ne andiamo… Ce ne andiamo… In giro. Magari cambiamo discoteca.-
    -La cambiamo ogni sera.- Lo informa Georg.
    -Fa nulla.-
    -Per me può andare il cinema.- Interviene Bill.
    -Sì, anche a me.- Dice Andreas.
    Così, Georg sfreccia verso il primo cinema che… Il bello è che neanche lui sa dov’è un cinema. Bene, mi sa che, stasera, in albergo non ci arriviamo. Che meraviglia.
    Non so come sia potuto accadere, ma siamo arrivati ad un cinema. Ora il problema è scegliere il film da vedere. Qui “La Mummia 3” è già uscito. È in lingua originale. Penso che sarà emozionante vederlo in lingua originale. Anche gli altri la pensano come me. Non avevo mai visto un film straniero in lingua originale.
    Andreas e Georg vanno a fare i biglietti. Appena tornano, ne danno uno ciascuno.
    Entriamo in sala. Ci sediamo agli ultimi posti. Tom si siede accanto a me. Georg e Bill hanno preso sei barattoli grandi di pop-corn. Li distribuisce. Siamo quattro gatti. Piccoli gruppetti di ragazzini che avranno non di più di tredici anni. Un po’ più avanti a noi c’è una coppietta che fa cose sdolcinate.
    -Ragà?- Li chiamo sottovoce.
    Si girano tutti a guardarmi.
    -Che c’è?- Chiedono in coro.
    Il film inizia. Già non capisco nulla.
    -Più avanti a noi, c’è una coppietta. Che ne dite di divertirci?- Propongo.
    -Mia, sei una delinquente!- Mi dice Georg. -…Ma la trovo un’ottima idea.-
    -Tom, io e te, ce ne andiamo più avanti. Fingeremo di essere fidanzati…- Lo informo alzandomi. -…Voi, state attenti a non coglierci.- Mi raccomando agli altri.
    -Mi raccomando a voi, entrate bene nella parte.- Dice Georg, facendo l’occhiolino a Tom.
    Prendo la mano di Tom e lo porto alle poltrone al centro. Stiamo fra i nostri amici e la coppietta.
    -Tom, tre… Due… Uno… Via!-
    Io e Tom iniziamo a gettare i pop-corn addosso ai due ragazzi. Arrivano alcuni pop-corn anche da parte dei nostri amici. Si girano. Io e Tom ci baciamo. Sul serio. Un bacio vero. Con la lingua. Per fare finta di niente.
    -Sei una vera delinquente.- Sussurra.
    La pioggia di pop-corn ricomincia. I due ragazzi fanno finta di nulla, anche se i due ragazzi, ogni tanto, si girano e, a me e Tom, tocca baciarci.
    Li portiamo all’esasperazione. Il ragazzo esclama:
    -Ma che simpaticoni ci sono in questa sala. La finiamo con questo pop-corn?-
    Decido di cambiare il piano. Lo spiego a Tom nell’orecchio. Lui annuisce. Ci alziamo ed andiamo a sederci accanto alla coppietta. Ci tocca parlare in inglese.
    -Cavolo, Mia, quanto ti amo.- Mi dice gettandosi addosso con foga. Mi bacia con passione. Tom infila le sue mani sotto la mia canotta. Arriva all’apertura del reggiseno, ma lì si ferma. Mi carezza la schiena. Con la bocca scende al collo. I due ragazzi emettono degli sbuffi di fastidio. Con una mano, mi carezza la coscia. È piacevole, ma deve finire. Continuiamo a farlo per quasi tutta la durata del primo tempo. Iniziano ad arrivare dei pop-corn anche a noi. Io e Tom ci stacchiamo e iniziamo la guerra di pop-corn contro i nostri amici.
    Un guardiano ci vede e ci fa uscire tutti, anche quella povera coppietta felice che non c’entrava nulla.
     
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    ciao picere quando e che posti di nuovo aspetto con molta ansia................
     
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