...Mia...

La Mia prima Fan Fiction...

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  1. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 18
    Quattro giorni. Sono passati solo quattro giorni da quando ho visto quelle foto. Quattro giorni di pianti. Quattro giorni di digiuno. Quattro giorni con il cellulare spento. Quattro giorni, in cui non ho interagito con nessuno. Quattro giorni in cui sono tornata da scuola e mi sono gettata sul letto. Quattro giorni in cui non sono uscita. Quattro pomeriggi deprimenti. In questi quattro giorni ci sono state mia sorella e le mie amiche che hanno tentato a tirarmi su il morale. Facevano tutte le stronzate possibili e immaginabili solo per farmi sorridere, ma non ci sono mai riuscite. Però, ho apprezzato il fatto di averci provato. In questi quattro giorni Marika e Raoul hanno voluto mangiare e dormire qui e nel letto Raoul non faceva altro che stringermi forte a sé e io mi sono lasciata cullare e iniziavo a stare bene, finché il destino non era crudele con me girando il suo dito nella mia piaga facendomi vedere delle immagini di Tom, sia in televisione, sia sui giornali, sia in qualsiasi altro modo e mi crollava di nuovo il mondo addosso. E ancora ora sono sdraiata sul mio letto aspettando che il tempo passi un po’ più velocemente. Il telefono di casa squilla. Non mi alzo per rispondere, c’è mia sorella. Chissà chi è. Oddio, ma che mi frega? Io sto male e penso a chi è al telefono. Sto evitando di ascoltare le canzoni dei Tokio Hotel: qualsiasi cosa potrebbe ricordarmi lui. L’ho lasciato tramite un messaggio. Un messaggio povero dove ho scritto solo che tra me e lui era finita. Poi l’ho spento di nuovo il cellulare. Ha provato a chiamare tante volte qui a casa. Mia sorella, sotto mie indicazioni ha risposto che non c’ero. Lo stesso anche mio padre.
    -MIAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, ALTELEFONO!- Mi urla lei dalla sua camera.
    -Va bene.-
    Mi alzo dal letto e vado vicino alla scrivania. Prendo il cordless e lo poggio sull’orecchio.
    -Pronto?- Chiedo.
    -Mia, sono Andreas.-
    -Andreas?!-
    -Sì, il migliore amico di Bill e Tom.-
    -Ciao, come va?-
    -Bene, grazie. E a te?-
    -Secondo te? Ma come hai avuto il mio numero?-
    -L’ho preso da Bill.-
    Mi siedo sul letto per stare più comoda.
    -Ah, ho capito… Come mai mi hai chiamata?-
    -Perché volevo parlare un po’ con te.-
    -Di cosa?-
    -Secondo te?-
    -Di Tom?-
    -Esatto.-
    -No, Andreas, se vuoi parlare di Tom allora possiamo anche staccare.-
    -Mia, ti prego parliamone.-
    -No.-
    -Devo essere sincero: l’avevo immaginato che avresti detto di no.-
    -Se l’avevi immaginato, allora perché mi hai chiamata?-
    -Solo per dirti che lui sta male.-
    -Perché? Secondo te, io non sto soffrendo? Secondo te, io sto benissimo?-
    -Non voglio dire questo, Mia, non fraintendermi.-
    -Allora cos’è che vuoi dire?-
    -Voglio dire che lui ti ama e molto.-
    -Se mi amava non si sarebbe rimesso con l’altra.-
    -Mia, lui non sta con Katrynca. Lui ha solo fatto l’errore di andare sette volte a letto con lei, ma niente di più. Credimi, lui ti ama davvero.-
    -Sette volte?! Oddio, una settimana intera. E te dopo che lui è andato sette volte con lei mi dici che devo tornare a stare con lui, no, non ci sto.-
    Il mio sguardo è basso, come se avessi paura di qualcosa o di non farmi vedere da qualcuno, anche se non c’è nessuno. Rialzo lo sguardo e lo trovo lì, davanti a me che mi guarda. Non sorride è serio. Lo guardo. Ma come ha fatto ad entrare. Rimango di sasso. Il telefono mi cade da mano. Restiamo a guardarci per un po’. Tom chiude la porta e si avvicina al mio letto. Si siede. Facendosi più vicino a me. Io indietreggio il più possibile.
    -Che ci fai qui?- Gli chiedo.
    -Possiamo parlare, Mia?-
    -No.-
    -Ti prego fammi spiegare tutto quello che è successo.-
    -Non voglio sentirlo.-
    Tom si alza dal letto.
    -Perché no?-
    -Perché mi fai schifo. –
    Mi alzo anch’io dal letto e gli vado vicino. Mi metto il viso a pochi centimetri da lui. Ci guardiamo intensamente negli occhi. Ho l’impulso di baciarlo, ma non lo faccio. So che lui sa che vorrei baciarlo.
    -Non è vero, tu mi ami.-
    -Sì, è vero, io ti amo, ti amo ancora e tantissimo, ma farò in modo che questo amore scompaia molto presto.-
    -No, Mia, non puoi farlo.-
    -Ah no?-
    -No.-
    -E perché?-
    -Perché anch’io ti amo!-
    -Tu m i ami?! Tu mi ami?!-
    -Sì, ti amo più della mia stessa vita.-
    -Te mi dici che mi ami dopo che ti sei rimesso con la tua ex?! Questo è davvero il colmo!-
    Tom scuote la testa. Poi mi ripunta i suoi occhi.
    -Io non sto con Katrynca, come te lo devo dire? Io sto solo con te e voglio continuare a stare solo con te.-
    -No, Tom, io e te non stiamo più insieme: è finita!-
    -No, Mia, non può finire tutto così, non puoi farlo.-
    -Sì che posso. E comunque non prendertela con me, ma con te stesso. Tu hai distrutto tutto ciò che stavamo costruendo.-
    -Mia, lo so, ho sbagliato e ti chiedo perdono. Ti prego, perdonami.-
    -No, Tom, tu mi stai chiedendo di fare finta di niente. Mi stai chiedendo di far finta che, tutto ciò che è successo tra te e Katrynca, non sia mai accaduto.-
    Le mie lacrime tornano ad uscire. Ecco, lo sapevo. Perché piango quando non devo? Che testa di cazzo che hai, Mia. No, no, no, no, no, non posso piangere davanti a lui. È la prima regola di una ragazza: “Non bisogna mai piangere davanti ad un ragazzo, soprattutto davanti al diretto interessato: potrebbe solo godere e sentirsi più forte!”seppure tentassi di trattenerle, non ci riuscirei comunque: mi stanno scendendo troppo velocemente. Tom mi si avvicina ancora di più, mi guarda negli occhi e mi mette una mano sulla guancia.
    -Credimi, mi dispiace davvero. Vorrei tanto che tutto questo non sia mai accaduto.-
    Metto la mia mano sulla sua, quella che ha sulla mia guancia e, violentemente, la tolgo. Mi accorgo che ha una benda.
    -Cos’hai fatto alla mano?-
    -Nulla, cercavo un modo per riparare al mio errore.-
    -Mi dispiace, Tom. Io non vorrei essere crudele, ma io non ti voglio più. Ora puoi anche andartene.-
    -Ti prego, perdonami. Non voglio perderti.-
    Tom mi stringe la mano. Le lacrime continuano a scendermi, non vogliono fermarsi per niente. Apre la porta e ci guarda dall’uscio.
    -Spero che almeno passerai le vacanze con noi, come avevamo programmato al tuo compleanno.-
    -Non lo so.-
    -Ti prego vienici.-
    -Perché vuoi così tanto che io venga?-
    -Perché non vorrei che per colpa mia tu devi rinunciare a divertirti.
    -Posso divertirmi anche qui, con i miei amici.-
    -Ti prego vienici.-
    -Ti prego, Tom, lasciamo stare.-
    -Ok, lascio stare, ma voglio dirti che non ho intenzione di arrendermi: quando voglio una cosa io la ottengo sempre.-
    -Neanche io voglio arrendermi.-
    -Che vuoi dire?-
    -Il contrario di quello che hai detto te.-
    -Cioè, che farai di tutto per non farti riconquistare da me?-
    -Precisamente.-
    -Ok, io ora vado, ma me ne vado ora: la prossima volta sta’ sicura che non me ne andrò.-
    Tom se ne va, salutando mia sorella che è rimasta sull’uscio. Mia sorella corre ad abbracciarmi. Mi stringe forte e mi carezza la testa. Non voglio più rivederlo, ma non voglio perdermi il fatto di passare le vacanze con i Tokio Hotel.
    -Ehi, Mia, dai. Io non ne sapevo niente, me l’ha detto Bill nel momento in cui è arrivato.-
    -Ora non voglio più vederlo, ora voglio solo dimenticarlo.-
    -Su, Mia, stai tranquilla. Gli altri del gruppo vuoi sentirli lo stesso?
    -Certo che sì, loro non c’entrano niente.-
    Improvvisamente mi ricordo che dovrebbe esserci ancora Andreas al telefono. Mi stacco da mia sorella. Prima però mi tolgo la collana e la stringo tra le mie mani, mentre mia sorella se ne va. Faccio per buttarla ma ci ripenso e la metto in un cassetto. Mi butto sul letto e prendo il telefono.
    -Andreas, ci sei ancora?-
    -Sì, ci sono.-
    -Hai sentito tutta la discussione con Tom?-
    -Sì.-
    -Qualche commento?-
    -Sì. Mia, lui ti ama davvero, ti ama. Io non l’ho mai visto così innamorato, anzi non lo è mai stato in vita sua, se devo dirtela tutta.-
    -Questo comunque non giustifica quello che ha fatto.-
    -No, è vero, però concedigli un’altra possibilità.-
    -Andreas, è stato con lei per una settimana intera, come faccio a concedergli un’altra opportunità?-
    -Facciamo così: vieni in vacanza con noi durante le vacanze osserva il modo in cui si comporta, poi da lì prenderai la tua decisione definitiva.-
    -Non lo so.-
    -Dai, cosa ti costa?-
    -Ok. Accetto.-
    -Grande!-
    -Ma ad una sola condizione.-
    -Quale?-
    Accetto solo se i Tokio e, soprattutto, Tom non lo sappiano prima del mio arrivo, dev’essere una sorpresa. A loro dirai che non me la sono sentita-
    -Mi va bene!-
    -Allora io verrò in questi giorni.-
    -Noi rimaniamo in Germania, finché non arriverà anche tua sorella.-
    -Prendo l’aereo per Berlino.-
    -E io vengo a prenderti all’aeroporto di Berlino.-
    -Ok, papà dovrebbe andare a prendere il biglietto oggi e avevamo programmato per mercoledì 4 giugno.-
    -Mattina o pomeriggio?-
    -Mattina.-
    -Ok allora io vengo all’aeroporto dalla mattina.-
    -Ok.-
    -Allora, a risentirci.-
    -Ok, grazie, Andreas.-
    -Ma figurati. Ciao.-
    -Ciao.-
    Attacchiamo entrambi. Vado al computer e, dopo tanto tempo metto la canzone Don’t jump. Torno a sdraiarmi programmando le mie vacanze con i miei miti.

    Capitolo 19
    L’aereo per la Germania è appena decollato. Stanno per cominciare le mie vacanze con i Tokio Hotel. È la mia prima vacanza da sola. Ho lasciato la mia povera sorella nelle grinfie dei commissari degli esami. Poverina! Ieri sera ho rotto con Raoul, per sempre. Ieri sera ha esagerato, ha avuto un comportamento che è arrivato al limite della mia sopportazione.

    Martedì sera. In piazza. Eravamo io e Raoul seduti su un muretto di fronte alla caserma dei Carabinieri. Gli altri del gruppo erano sparsi un po’ dappertutto. Io e Raoul stavamo parlando della mia partenza e di Tom. Mi chiedeva se mi ha più ricercato dopo l’altro giorno, quando è venuto a casa. Sì, mi ha cercata e mi cerca ancora. Non vuole arrendersi. È di coccio, quel ragazzo!
    -Quindi hai deciso comunque di partire domani, nonostante tutto.- Mi ha detto.
    -Sì, e spero che vada tutto nel migliore dei modi.-
    -Ma perché vuoi andarci? Non ti è bastato quello che ti ha fatto?-
    -Ancora?! Io vado solo per divertirmi. E comunque i Tokio Hotel non sono solo Tom, ma anche Bill, Gustav e Georg. Sei di un pesante cronico.-
    -Mi preoccupo solo per te.-
    -Non devi, Raoul, non devi, io sto benissimo. Questa cosa devo farla soprattutto per me stessa, non per Andreas o Tom, anzi Tom neanche lo sa.-
    -Mia, Tom non è l’unico uomo sulla faccia della terra, ci sono anch’io.-
    -Sì, ma io amo Tom, non te.-
    -Cos’ha Tom che io non ho? Ah sì, certo! I soldi.-
    -Davvero pensi che io da lui voglio solo i soldi? Se pensi davvero questo, allora vuol dire che in questi due anni non hai mai capito niente di me.-
    -Non lo ami davvero, Mia.-
    -Ma te che ne sai?-
    -Lo so.-
    -No, che non lo sai.-
    A quel punto, si avvicina a me e mi bacia. La mia bocca è serrata. Lui cerca di aprirla in ogni modo, ma non c’è nulla da fare, non si apre. Ha cercato di baciarmi con la lingua, che squallido! L’ho staccato da me violentemente e gli ho dato uno schiaffo. Uno schiaffo davvero fortissimo, tanto che gli ho lasciato il segno delle cinque dita sulla guancia. Mi ha guardata strafatto: si aspettava che non aprivo la bocca e che mi staccavo in quel modo da lui, ma non si aspettava lo schiaffo, in qualche modo l’ho stupito.
    -Come ti sei permesso?-
    -Scusa, Mia, ma dovevo farlo. Non ce la facevo più. O ti baciavo o impazzivo.-
    -Avrei preferito che fossi impazzito.-
    -Mia, io non riesco ad essere solo il tuo migliore amico. C’ho provato, ma non ci riesco, è più forte di me. Io voglio stare con te e se tu non lo vuoi allora vuol dire che non possiamo rimanere amici.-
    -Se è questo quello che vuoi, allora la nostra amicizia può anche finire qui. Però ti avverto che stai cancellando due anni di una bellissima amicizia.-
    -Ma io voglio stare con te. Io ti amo!-
    -Mi dispiace ma non posso darti quello che cerchi. Sai benissimo che il cuore appartiene ad un altro.-
    A quel punto mi sono alzata e me sono andata. Sono tornata da Rosa e Marika. Ha voluto gettare una bella amicizia nella spazzatura. Se mi chiederà di fare pace, non lo perdonerò. Appena sono tornata a casa ho ripreso la collana dal cassetto in cui l’avevo messa giorni fa. Non l’ho indossata ma l’ho messa, prima in una scatolina, per poi metterla nel mio beauty-case.

    Odio il fatto che nell’aereo non si può usare il cellulare. L’agente di viaggio ha detto a papà che ci volevano due o tre ore per arrivare a Berlino da Napoli. Mi sono sentita morire quando ho lasciato papà e lui e Anto già mi mancano da morire. Prima di salire sull’aereo ho chiamato Andreas per avvisarlo che stavo salendo sull’aereo. Lui mi ha risposto che era già nel treno per Berlino e che sarebbe arrivato in tempo. Mi ha anche detto che, nel frattempo che aspettava il mio aereo, sarebbe andato a fare delle compere. Chissà com’è bella la Germania, soprattutto in estate, anche se ci resteremo per poco. Andreas mi ha detto che Bill e Tom vogliono restare ancora a casa loro per una settimana. Chissà com’è bella la casa di Bill e Tom. Ma perché penso ancora a Tom? Mia, hai bisogno che lui ti sputtani davanti a tutto il mondo oppure vuoi che ti picchi per dimenticarlo? Guarda caso il mio mp3 sta riproducendo la sua Sex .

    Irgendwie weiß ich genau,
    du bist eine wunderbare Frau
    und sowas läuft eim´ wirklich nicht so oft übern Weg.

    Ist ja wirklich auch egal,
    du bist es ja auch ohne mich,
    Du hast einfach nur ein neuen Freund gewonnen für dich.

    Ich mag alles wie du gehst
    und wie du mich verstehst
    und wie du mir dann immer wieder meinen Kopf
    verdrehst und es bleibt spannend,
    Du hast diesen Respekt.

    Für dich geh ich durch die Wand,
    Du behandelst mich perfekt,
    und es geht im Endeffekt nicht einfach nur um Sex.

    Immer wenn ich an dich denk,
    ist es wie Musik im Ohr
    und die schrägsten Töne komm´ mir am Schönsten vor.

    Einmal Eins ist dreimal Vier,
    als wärn ganz viele Engel hier. Alle
    es gibt kein Himmel wenn dann gibt’s ihn nur mit dir!

    Ich mag alles wie du gehst
    und wie du mich verstehst
    und wie du mir dann immer wieder meinen Kopf
    verdrehst und es bleibt spannend,
    Du hast diesen Respekt.

    Für dich geh ich durch die Wand,
    Du behandelst mich perfekt,
    und es geht im Endeffekt nicht einfach nur um Sex

    Vorrei passare avanti la canzone, ma non ci riesco, è più forte di me. La sua voce mi ipnotizza. Gli occhi mi si inumidiscono, ma, nonostante tutto, non scende alcuna lacrima. La signora accanto a me si è addormentata. Appena ha visto che ero da sola a viaggiare, ha voluto rassicurarmi, ma non ce n’è stato bisogno: non ho paura di volare, non l’ho mai avuta, anche se questa è la prima volta che prendo un aereo.

    Pomeriggio.
    -Tom, ti prego, non fare così, dai!- Cerca di consolarlo Bill.
    -Come faccio? Io non riesco a stare senza lei, non posso starci.- Gli risponde Tom piangendo. -Sto passando giorni di merda.-
    I Tokio Hotel sono tutti in camera di Bill e Tom, seduti sul letto di quest’ultimo, il quale sta piangendo e stanno tutti cercando di consolarlo. Tom si sente in colpa anche per il fatto che Mia non vada con loro in vacanza, ma non sa che lei sta per arrivare e passare un’estate intera insieme a lui e ai Tokio Hotel.
    -Tom, vedrai che si sistemerà tutto per il meglio. Lei non viene solo perché ora è arrabbiata con te. Fai passare del tempo e vedrai che tutto si aggiusterà. E sono sicuro che verrà qui insieme a sua sorella.- Cerca di rassicurarlo Gustav.
    -No, non penso. Verrà Anto, ma lei no. Lei non vuole più vedermi, me l’ha detto chiaramente per telefono. Ed ha aggiunto che non vuole più sapere niente di me… ma perché sono così coglione?- Risponde Tom.
    -Tom, non dire così. Mia, ora, ha bisogno di tempo per mandare giù tutta la faccenda.-
    Tom continua a piangere. Non aveva mai pianto per nessuna in vita sua. Anzi lui non piange quasi mai, soprattutto per amore di una ragazza, dato che Mia è l’unica di cui sia mai stato innamorato. I suoi singhiozzi sono sempre più forti. Poi si alza dal letto e va di fronte al muro. Inizia a dargli dei pugni. Forti. Come se volesse tirare giù la parete. La fascia che aveva prima inizia a sciogliersi. A mano a mano, le mani si fanno rosse per poi iniziare ad aprirsi delle ferite ed uscire il sangue.

    La casa di Bill e Tom è davvero molto bella: da fuori sembra una di quelle case classiche di legno, mentre dentro c’è un arredamento davvero moderno, è a più piani. Poi non è né troppo grande e né troppo piccola. Ha un giardino enorme, pieno di fiori e con due alberi. Simone, la madre di Bill e Tom, ci aspettato sull’uscio. Appena sono arrivata, mi è corsa incontro e mi ha abbracciata. Mi ha detto che Tom le aveva già raccontato tutto di me. Mi tratta come una figlia, anche se mi conosce da poco. Bill e Tom sono come lei. Non se ne fregarono che ero un’anti - Tokio. Anche la nonna è davvero molto affettuosa. Ho capito da chi hanno preso quei due. Simone mi ricorda molto mia madre: affettuosa, calorosa, gentile, premurosa con tutti, soprattutto con gli estranei. Simone mi ha detto che Tom e Bill le hanno raccontato tutta la faccenda del primo e Katrynca. Simone ha detto che Tom era sempre il solito imbecille. Mi ha detto che lui ha sofferto più di Bill dell’abbandono del padre. A differenza di Bill, Tom soffriva in silenzio. Simone mi ha detto che è sempre stato, fin da piccolo, protettivo nei confronti della famiglia, anche nei confronti del padre, nonostante li avesse abbandonati.
    Da sopra si sentono urla e rumori forti. Sembra che ci sia un incontro di box. Lascio Simone, la nonna e Andreas e salgo sopra. Salgo gli scalini a due a due per fare più in fretta possibile. Apro la porta e vedo Bill, Gustav e Georg vicino al muro. Cercano di fermare Tom. Oddio, sta prendendo a pugni la parete. C’è del sangue un po’ dappertutto. Mi avvicino a loro Georg mi guarda come se vedesse un fantasma. Gli faccio segno con l’indice di stare zitto. Georg fa segno a Bill e Gustav di spostarsi. Bill e Gustav e si allontanano. Io mi avvicino sempre di più a Tom. Gli copro gli occhi con le mani. Tom smette di dare i pugni. Mette le sue mani sulle mie. Il suo sangue inizia a scorrere sulle mie mani, per poi scendere sui polsi e sulle braccia. Continua a scorrere.
    -Mia!- Mi chiama. Mi avvicino al suo orecchio destro.
    -Sì, sono io, Tom.- Gli sussurro.
    -Sei davvero tu?- Mi chiede ancora. La sua voce è tremante.
    -Sì, Tomi, sono davvero io, ma ora cerca di stare calmo, ok?-
    -Ok, ora mi calmo.-
    Tom prende le mie mani e le intreccia tra le sue. Poi si gira verso me, mi guarda e mi sorride. Lo abbraccio, stringendolo forte a me. Tom mi stringe ancora più forte. Indosso la mia maglia preferita e non mi frega del fatto che mi si sta sporcando di sangue. Anche perché è il sangue della persona che amo più al mondo e con cui vorrei cercare di riparare. Ci stacchiamo l’uno dall’altro. Mi giro verso gli altri componenti del gruppo.
    -Ragazzi, potreste lasciarci un po’ da soli?- Gli chiedo.
    -Sì, certo, come no!- Mi risponde Gustav.
    Bill e Gustav escono velocemente. Io blocco Georg. Quest’ultimo mi guarda.
    -Potresti portarmi la cassetta del pronto soccorso?- Gli chiedo.
    -Subito.-
    Poi anche lui va via, rimanendo me e Tom soli. Mi giro verso lui e ci guardiamo senza dirci nulla. Vorrei guardarlo arrabbiata, ma non ci riesco. Tom mi sorride con una faccia abbastanza desolata. Cerco di tornare alla realtà. Quella realtà che mi fa male e allora riesco ad essere arrabbiata con lui e il mio viso è tornato serio.
    -Cos’hai creduto di fare, prendendo a pugni la parete? Pensavi che facendo così, io sarei tornata di corsa da te?-
    -No, Mia, non l’ho mai pensato, ma posso dirti che non riesco più a vivere senza te.-
    Georg arriva con la cassetta del pronto soccorso. Me la dà in mano e se ne va.

    Georg arriva giù, nel salotto, dove sono anche Bill, Simone, Gustav, Andreas e la nonna. Sono tutti seduti sul divano e parlano di Mia e Tom.
    -Georg, che aria tira?- Gli chiede Simone.
    -Brutta.- Risponde.
    -Cazzo!- Dice Bill.
    Simone gli dà uno schiaffo sulla testa. Bill si massaggia la testa.
    -Ma perché mi hai dato lo schiaffo?- Le chiede Bill.
    -Perché non voglio che dici queste brutte parole.- Le dice un po’ arrabbiata.
    -Scusa, ma permettimelo, la situazione è molto tragica.- Le dice ancora.
    -No, non te lo permetto… Comunque, io vorrei sapere cosa passa nella testa di quel cretino di tuo fratello. Quella ragazza è così brava e bella.- Dice Simone.
    -Bella, vero Simone? Se Tom non ne fosse innamorato, ci avrei provato io. Dice Gustav.
    -Si vede dalla faccia che è un a ragazza buona e affettuosa. E anche dolce e sensibile. Ma anche molto educata.- Dice la nonna.
    -Perché ho un fratello così scemo?- Sì chiede Bill.
    Simone gli dà un altro schiaffo in testa e Bill torna a massaggiarsela guardando “offeso” sua madre.

    Io e Tom siamo seduti sul suo letto. Sto ancora medicandogli la prima mano. Gliela disinfetto bene. Ogni tanto Tom fa dei sussulti di dolore. Non ci diciamo nulla. Tom è mortificato per la scena che ho visto prima. Ma lo è ancora di più per il fatto che sia stato con Katrynca. Continua a guardarmi mentre gli metto l’acqua ossigenata sulle ferite. Poi ci tampono sopra del cotone.
    -Brucia molto?- Gli chiedo con un tono scostante e senza guardarlo in faccia.
    -Abbastanza.- Mi risponde.
    -Sto cercando di farti meno male possibile.-
    -Lo so, e te ne ringrazio. Dopo quello che ti ho fatto dovresti farmi davvero molto male, mentre invece… Tu sei davvero una persona buona.-
    Non gli rispondo, anche se queste parole non me le ha mai dette nessuno e sono felice che me le abbia dette proprio lui. Ora vorrei tanto capire cosa gli passa in quella testa di cazzo. Di Bill ha ben poco e questo l’ho capito per due motivi: 1) perché sono gemelli, anche se sono abbastanza diversi; 2) perché Bill è responsabile e intelligente. Neanche da Simone ha preso, perché da quel poco che ho visto, anche lei e la madre sono due donne molto intelligenti e responsabili.
    -A cosa stai pensando?- Mi chiede.
    Lo guardo.
    -A niente!-
    -Dai, dimmelo.-
    -Cercavo di capire da chi hai preso.-
    Tom fa una piccola risata.
    -Ah, ho capito.-
    -Bene!-
    Ancora silenzio. Però devo ammetterlo, vorrei tanto abbracciarlo e riempirlo di baci, ma non lo faccio perché potrebbe capire che sono una persona debole e non è così. Tom si leva il cappello e la fascia, lasciando i capelli sciolti. La collana con le mie iniziali.


    Capitolo 20
    Nelle ultime notti sono diventata insonne. Anzi direi che la voglia di dormire non ce l’ho proprio. Quando tutti vanno a dormire, io li seguo, ma poi scendo di nuovo in cucina, armata del mio computer portatile e mi collego ad MSN con mia sorella. Proprio di quest’ultima, ultimamente, io non capisco il comportamento. Lei e Bill si sono lasciati e non mi hanno detto il motivo per cui è successo. Né lei e né Bill vogliono dirmelo. Tra l’altro non verrà manco in vacanza con noi. I motivi per cui si sono lasciati è noto solo a loro due. Non capisco il motivo per cui non mi dicono mai nulla.
    La notte mi tocca dividere il letto con Tom. Bill voleva che io dormissi da sola, ma Tom ha insistito tanto. Ha detto che non vuole lasciarmi sola e che vuole il più possibile vicino a me. Simone vuole che io stia a mio agio e di fare come se stessi a casa mia. Non sono mai stata fuori casa per molti giorni e mi sento a disagio, soprattutto per il fatto che qui conosco solo Bill, Gustav, Georg, Tom e Andreas. Mia, non hai detto niente! Conosci cinque persone e poi Simone ti tratta come se ti conoscesse da quando sei nata, cosa vuoi di più?
    Sento dei rumori strani. Eppure, da quando sono qui, questi rumori non li ho mai sentiti e penso che fossero frequenti, la famiglia Kaulitz mi avrebbe avvertita. Non riesco a capirne neanche la provenienza. Pian piano, mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso l’ingresso. Salgo la scala in punta di piedi, non vorrei svegliare nessuno. Le porte di tutte le camere sono chiuse. Anche se la camera mia e dei gemelli è aperta. Mi affaccio. Sembra che sia tutto apposto. I gemelli stanno dormendo. Chiudo la porta e mi guardo intorno. Ma allora cos’è questo rumore? Forse è solo una mia impressione, una specie di allucinazione. Mia, un’allucinazione è quando vedi un qualcosa o un qualcuno che non c’è. Non può essere un’allucinazione. E allora cos’è? Scendo le scale sempre in punta di piedi. Oddio, ho paura. E se inciampassi? Non posso accendere le luci, altrimenti potrebbero svegliarsi. Ok, Mia, almeno una volta nella tua vita, cerca di essere coraggiosa. Sto tornando vicino al computer quando qualcuno mi prende da dietro e mi copre la bocca con la ,mano. Oddio, è un ladro! Oddio, questo, ora, m’ammazza! Non voglio morire così giovane e senza aver detto per l’ultima volta a Tom che l’amo! Spero che Dio mi faccia diventare il suo Angelo Custode. Spero che mi faccia entrare nei suoi sogni. Mia, ora però stai esagerando. Ho una paura fottuta! Ti prego, Dio, aiutami! Cerco in ogni modo di liberarmi, ma non ci riesco, è troppo forte.
    -Mia, sono io, Tom, sta’tranquilla!-
    Tom? TOOOOOOOOOOOOOM?! Ma che stronzo! È lui che mi ha fatta spaventare! Io non ho ancora capito se questo ragazzo ci è o ci fa oppure ci è e ci fa! Ma dico io, ha la testa solo per dividere le orecchie? Mi ha fatto prendere uno spavento allucinante. E io che volevo diventare il suo Angelo Custode. Volevo anche entrare nei suoi sogni! Semmai dovessi diventare un Angelo Custode, chiederei a Dio di non affidarmelo mai, al massimo vorrei esserlo di suo fratello o di un altro componente della sua famiglia. Mi va bene chiunque, l’importante è che non sia lui. Mi libera. Lo guardo arrabbiata. Lui ride.
    -Ma sei pazzo?!-
    -Perché, scusa?-
    -Come “perché”, Tomi? Mi stavi facendo venire un infarto. Se non mi è venuto ora, sto sicura che non mi viene più.-
    -Scusa.-
    -Sì, scusa! Comunque, come mai non sei a dormire?-
    -Non tornavi e mi son preoccupato.-
    -Non ce n’era bisogno. È da un po’ di notti che non riesco a dormire.-
    -Come mai?-
    -Non lo so.-
    -Forse perché è la prima volta che sei via da casa da sola. È capitato anche a me la stessa cosa, con l’unica differenza che dopo due notti di insonnia, le notti successive, sembrava che fossi andato in letargo.
    -Beh, forse domani notte riuscirò a dormire.-
    Quel rumore continuano a farsi sentire. Tom mi fa segno di stare zitta e mi indica che il rumore proviene da sopra. Mi prende la mano e mi porta sopra. Camminiamo entrambi in punta di piedi. Ci guardiamo intorno. Sembra tutto normale. Ora il rumore non si fa più sentire. Sono spaventata. Mi avvicino ancora di più a Tom. Lui mi guarda e mi sorride. Perché nel buio riesco a vedere quello che fa? Perché riesco a vedere il suo sorriso? Con l’altra mano mi carezza la testa, poi caccia dalla tasca del suo boxer il cellulare, usandolo come torcia. Lo ferma in basso, di fronte a lui. Ci sono dei piedi. Tom sale piano su. Arriva al viso. Ho una fitta al cuore. Gli occhi mi si bagnano di lacrime. È lei. È Katrynca. Lascio la mano di Tom e mi dirigo giù di corsa. Sento i passi di Tom dietro me. Non mi chiama per non svegliare gli altri. Vado in cucina e inizia a spegnere il computer, per smontarlo. Tom mi ferma, bloccandomi il polso. Mi giro verso lui, con un’aria arrabbiata e ferita allo stesso tempo.
    -Aspetta, Mia, ti prego non andartene.-
    -No, Tom, non puoi chiedermi questo. Non puoi chiedermi di assistere alla vostra scopata.-
    Le mie lacrime iniziano ad uscire dagli occhi. E io e Tom ci guardiamo. Mi libero dalla mano di Tom. Torno a smontare il portatile. Ci ha raggiunti anche Katrynca. La guardo per un attimo, ha un’aria soddisfatta. Giro la testa scuotendola facendo tornare la mia attenzione sul computer. Poi mi fermo e le vado vicino. La guardo, in silenzio, per qualche istante. Poi le dico:
    -So che ora sei felice del fatto che io mi sono messa da parte e, quindi, Tom è tutto tuo…-
    Tom m’interrompe. -Mia, io non voglio lei, ma voglio te. Lei per me non conta nulla.-
    -Non la pensavi così, quelle sere, mentre mi stringevi tra le tue braccia, Tom, mentre facevamo l’amore e mi dicevi che mi amavi e che volevi solo me e nessun altra. Mentre mi dicevi che tu non amavi lei, ma me.- Risponde lei.
    Tom le ha detto questo? Quindi ha solo giocato con me, non mi ha mai amata. Non posso restare a sentire, non posso riuscirci. Ne morirei. Perché mi hai fatto questo, Tom?
    -Non è vero, Katrynca, io non ti ho mai detto niente del genere. Con te è stato solo sesso e nient’altro.- Le risponde.
    -Dio mio, Tom, ma perché sei così bugiardo, almeno ora, cerca di essere sincero. Non vedi come soffre.- Gli risponde lei, indicandomi col capo.
    Certo che è di un’ipocrita ‘sta ragazza! So che non le frega della mia sofferenza. Cerca solo di mettermi contro Tom e, devo ammettere che ci sta riuscendo. Sono davvero confusa, non so a chi credere. Non so se credere a Tom o a Katrynca. Vorrei capire anche che cosa ci guadagna Katrynca nel fare tutto questo. Cosa ci guadagna nel mettere zizzania fra me e Tom. Forse ho capito: lei vuole Tom. Ma non perché lo ama, ma perché per lei è un trofeo. Che squallore! Come si fa ad essere così?
    -E’ inutile che fai l’ipocrita, so che non ti frega di quello che sto provando, da quando ho saputo di voi due.- Le dico, questa volta, sicura di me.
    -Chi te lo dice, piccoletta?- Mi fa lei, con aria di sfida, mischiata alla cattiveria.
    -Prima di tutto, io, ho un nome, che non è “piccoletta”; seconda cosa, me lo dice il fatto che io, differenza tua, ho dei sentimenti e so cosa vuol dire amare e soffrire per amore. Ti dirò di più, non sai quante ho sofferto per amore e non puoi nemmeno immaginare cosa significhi. Se ami, non potrai mai sapere cosa vuol dire soffrire. Aggiungo anche che riesco a mettermi anche nei panni degli altri, per cercare in ogni modo di stare attenta a quello che faccio in modo da riuscire a non far soffrire gli altri, perché quando vedo soffrire gli altri, soffro anch’io.- Le dico soddisfatta. Ora ho cacciato la vera Mia.
    -Wooow, abbiamo la martire di periferia!- Mi risponde lei, sarcastica.
    -Mia non è una martire, ma è una persona piena di umanità. Sa cosa vuol dire soffrire, sa cos’è la vera sofferenza. Devo essere sincero: sono stato molto fortunato a trovarla e le uniche cose che cambierei della nostra storia, sono le notti passate con te. Con te che sei un a persona cinica egocentrica, che non pensa mai agli altri, perché l’importante per te è che sei al centro dell’attenzione.- Le risponde Tom.
    -Potrai anche avere ragione sul fatto che io sono egocentrica e che non ho sentimenti, ma sono sicura al 1000% che tornerai da me, perché ti sarai stanco di lei.- Gli risponde.
    -Pensala come vuoi, l’importante, per me, è quello che penso io o, al massimo, quello che pensa Mia, mia nonna, mia madre e mio fratello Bill… Bene, ora puoi anche andare via.-
    -Ok. Ma non finisce qui.- Ci avverte Katrynca.
    Poi si dirige verso la porta, seguita da Tom, il quale le apre la porta, e se ne va. Tom torna da me. Ci guardiamo. È serio. La sua serietà mi fa paura, perché quando è serio vuol dire che è accaduto o sta per accadere qualcosa di brutto. Ed è strano che lui sia serio, perché è sempre allegro. E libero. Libero di esprimere le sue emozioni, muovendo le sue dita lunghe sulle corde della sua chitarra. Libero di scegliere come vivere la sua vita. Libero di urlare la sua rabbia per strada, in mezzo al viavai della folla. Libero di essere libero. Tom si avvicina a me e mi abbraccia, forte. Come se avesse paura che da un momento all’altro potrei svanire nel nulla. Mi carezza dolcemente la testa e infila le sue dita fra i miei capelli. Non so quanta verità c’è stata fra le parole di Katrynca. Mi stacco da Tom e ritorno a smontare il mio computer portatile. Lo ripongo nella sua custodia. Lo poggio sul divano. Tom, il quale ha seguito la mia accuratezza nel smontare il computer, mi prende per mano e mi porta sul balcone con sé. Si sdraia su una sedia –sdraio. Mi fa posto accanto a lui. Mi sdraio senza essere brusca, in modo da non fargli male. Dal tavolino accanto a lui prende il pacchetto di sigarette del suo patrigno ne prende una per sé e ne offre una anche a me. Posa il pacchetto e, sempre dal tavolino, prende l’accendino. L’accende prima a me, poi a lui. Tom mette il suo braccio intorno al mio collo e mi carezza la testa, con la sua dolcezza di sempre. Non ci siamo ancora detti niente, da quando se n’è andata. Mi stringe, per farmi sentire meno freddo, dato che, da quello che mi hanno detto Simone e la nonna, qui, di notte, fa abbastanza freddo. Il laghetto è molto bello anche di notte, anzi, direi che è bello soprattutto di notte. Ci guardiamo negli occhi. Mi sento abbastanza in imbarazzo. Io e Tom non stavamo così vicini dal giorno in cui, lui e gli altri della band n on sono tornati qui.
    -Certo che l’abbiamo proprio spenta quella lì, eh?- Mi dice, ridendo.
    -Sì…- Gli rispondo un po’ intimidita.
    -Siamo una bella squadra.-
    -Sì, infatti…- Tom continua a guardarmi. -Posso farti una domanda?-
    -Certo!-
    -Ma tutto quello che le hai detto, era vero?-
    -In che senso?-
    -Nel senso che sentivi tutto ciò che dicevi? Ti veniva dal cuore?-
    -Certo, che sì. Ne dubitavi?-
    -No, non è che dubitavo.-
    -Allora perché mi hai fatto questa domanda?-
    -Non lo so. Sono molto confusa.-
    -Su cosa?-
    -Su tutto questo e…-
    -E?-
    -…E soprattutto su di noi.-
    -E’ stata tutta colpa m
    ia, se ti sta succedendo tutto questo.-
    -No, Tomi, non è tutta colpa tua.-
    -Sì, invece. È tutta colpa mia.-
    Giro la testa dall’altro lato, poi torno a girarla verso lui.
    -Ti prego, Tomi, non giochiamo a incolparci.-
    -Hai ragione, incolpandoci non risolviamo proprio niente.-
    -Tomi, io non me la sento di perdonarti. Ora posso darti solo la mia amicizia e nient’altro. Non riesco più a starti vicina come fidanzata.-
    -No, Mia, ti prego, solo amici no.-
    -Ogni volta che ti guardo, io ti immagino mentre la tocchi, mentre la baci, mentre la spogli, mentre la getti sul letto, mentre le sussurri parole dolci, forse le stesse che sussurravi anche a me.-
    -Mi dispiace.-
    -So che ti dispiace, ma ora preferirei non parlare più di tutta questa storia e buttarcela alle spalle. Anche se so che non sono più la tua ragazza, io sono tranquilla perché so che sei un mio caro amico.-
    -Ti dico solo questo: due persone che si sono amate e che si amano ancora, non potranno mai essere amici, soprattutto migliori amici.-
    -Lo so. Ma noi ci proveremo e vedremo come andrà a finire.-
    -Ok, va bene.- Mi risponde rattristato.
    Continuiamo a fumare e stare bene e parlare e raccontarci tutto ciò che è successo mentre l’uno era lontano dall’altra. Ce lo raccontiamo da amici e chissà come andrà davvero a finire.


    Capitolo 21
    Mattina. Io e Tom ci siamo addormentati sulla sedia – sdraio.
    -Buongiorno.- Mi dice.
    -Buongiorno.- Gli rispondo con voce ancora assonnata.
    -Dormito bene?-
    -Sì, te?-
    -Non ho dormito.-
    Mi sveglio di colpo.
    -Come mai?-
    -Ho preferito guardarti mentre dormivi.-
    -Ah, sì?-
    -Sì.-
    -E com’ero?-
    -Eri stupenda.-
    -Non è vero, anzi di sicuro ero orribile. Di sicuro ho russato.-
    -Ma che dici? Non russavi affatto.-
    -Sì, invece, russavo.-
    -Come te lo devo dire che non russavi affatto?!-
    -So che russo.-
    -Non è vero. Mamma mia, che pesante che sei.-
    -Giura.-
    -Giuro.-
    -Metti la mano sul petto e dì: “Giuro solennemente che te, Mia, non hai russato.”-
    -Ok… Allora…- Tom si mette la mano sul petto. - Giuro solennemente che tu, Mia, non hai russato. Va bene?-
    -Anche se hai giurato, non ti credo comunque.-
    -Non mi credi?-
    -No.-
    -E perché no?-
    -Non riesco più a crederti.-
    -Ti capisco.-
    Tom fa una faccia triste, direi da cane bastonato. Abbassa la testa. So che quello che gli ho appena detto potrebbe, anzi, lo ha ferito molto, ma non mi sento di dirgli una bugia. Tom torna a guardarmi. Mi sorride, poi gira lo sguardo, guardando di fronte a sé. Io continuo a guardarlo.
    -Sai, appena partimmo da casa tua, io iniziai a stare male. Mi mancavi da morire, ero convinto che non sarei riuscito a resistere senza te. Non mi è mai bastato sentirti solo al telefono per pochi minuti o per e-mail. Io volevo vederti, toccarti, baciarti. Parlavo di te a chiunque e dovunque. Senza te mi sentivo perso…- Si gira verso me e mi guarda. -…Hai presente, nella canzone “Monsoon” quando dice “…And when I lose myself, I’ll think of you…” cioè “…E quando perdo me stesso, io penserò di te…”. Ecco, io seguivo questa frase: quando mi sentivo perso ti pensavo e subito mi ritrovavo ed ero talmente felice, che ero capace addirittura di ammazzare Bin Laden. Poi mi dicevo anche “…Together we’ll be running somewhere new…”, cioè “…Insieme noi andremo ovunque…”, e come lo ero convinto poco tempo fa, sono convinto anche ora che io e te, insieme possiamo fare qualunque cosa possiamo andare ovunque, anche su Venere, volendo, non lo pensi anche tu, Mia?-
    Nessuna mai, mi aveva detto cose del genere, né, tantomeno, Raoul. Perché prima fa il coglione, poi mi dice queste cose? E la voglia di perdonarlo e di tornare con lui è così forte da stare quasi per farlo, ma la ragione mi raggiunge subito, ricordandomi che mi ha tradita e che, se lo ha fatto una volta, potrebbe farlo tranquillamente altre volte, anche se lui continua a ripetermi di volere solo ed esclusivamente me. Ma queste sono parole e io voglio i fatti e non parole. Le parole sono amiche del vento e lo accompagnano nel suo viaggio tra i monti e i mari. Direi che Tom è stato come il vento: il tempo di soffiare al massimo due volte ed è andato via. E’andato in posti, da lui, conosciuti e, da me, sconosciuti. Tom è così: ti sorprende in bene e in male.
    Tom accende una sigaretta. Lo guardo. Ha dei lineamenti così delicati. Un misto tra quelli di un bambino e quelli di una uomo.
    -Buongiorno.- Ci saluta Gustav.
    Lo guardiamo mentre si avvicina alla balaustra e si stiracchia. Torno a guardare Tom. Quest’ultimo si gira verso me. Ha uno sguardo ipnotico. Riesce a farsi guardare senza far nulla di particolare per attirare gli sguardi. È davvero unico.
    -Ehi, piccoletta.- Mi saluta Bill, dandomi un bacio sulla fronte.
    -Buongiorno, Macky.- Lo saluto.
    Bill si mette di fronte a noi, poggiandosi alla balaustra, guardando ora me, poi Tom.
    -Come fai a conoscere questo soprannome?- Mi chiede, sempre Bill.
    -Me l’hanno detto i tuoi nonni e tua madre.- Gli rispondo.
    Bill, proprio nel momento in cui Tom si sta avvicinando la sigaretta alla bocca, gliela leva dalla mano.
    -Potevi anche chiedermela.- Gli dice Tom.
    Bill fa qualche tiro, poi la dà a me.
    -Noooo, poi che sfizio c’era. Invece, io, facendo così, ho sfruttato l’effetto sorpresa.- Gli risponde Bill.
    Io guardo ora uno, poi l’altro. Alla fine mi soffermo su Bill.
    -Ok, mi sto confondendo: chi dei due è Bill? E chi è Tom? Non riesco più a distinguervi.- Dico io, tornando a guardare prima l’no poi l’altro.
    -In che senso?- Chiede Tom.
    -Nel senso che la battuta che ha fatto Bill è da imbecilli e il fratello scemo, qui, sei solo te, Tom.- Gli rispondo.
    -Ma perché ce l’avete tutti con me?- Ci chiede Tom, a tutti.
    -Te l’ha detto prima, Tom, perché sei il fratello scemo.- Risponde Gustav.
    Arrivano anche Georg e Andreas.
    -No, mio caro, ti sbagli di grosso, io sono il fratello figo.- Gli risponde Tom.
    -Seeee, il fratello figo! Vallo a raccontare a qualcun altro.- Gli dico.
    Il mio cellulare vibra. Lo caccio. Sullo schermo lampeggia “Raoul casa”. Rispondo.
    -Raoul, che c’è?-
    -Come stai?- Mi chiede.
    -Bene.-
    Tutti se ne stanno in silenzio. Tom mi guarda male. Stanotte gli ho raccontato tutto ciò che è successo con Raoul la sera prima della mia partenza. Getto la sigaretta.
    -Ok. Sei sola?-
    -No, ci sono Bill, Tom, Gustav, Georg e Andreas.-
    -Tutta la banda, in poche parole.-
    -Sì… Senti, devo staccare.-
    -No, dai, aspetta, vorrei parlare un po’ con te.-
    -Sono spiacente, ma ci siamo già detti tutto la sera prima della mia partenza. Non ho più niente da aggiungere.-
    Stacco senza sentire la sua risposta. Rimetto il cellulare in tasca.
    -Era lui?- Mi chiede Tom, guardandomi.
    -Sì.-
    -Ma non aveva detto che non voleva essere solo il tuo migliore amico?-
    -Sì, infatti non mi spiego questa telefonata.-
    -Sicura?-
    -Ehi, non fare il geloso, ora… Comunque, ora sono cazzi suoi, perché io l’ho avvisato che se finiva ora la nostra amicizia, sarebbe finita per sempre.-
    -Anch’io allora?- Continua a chiedermi Tom.
    -Io, con te, ho chiuso solo la nostra storia ‘amore, non la nostra amicizia, è diverso.- Gli rispondo.
    -Aaaaaaah… E… Potrei recuperare, giusto?-
    -Sì, vabbeh, ora mi pare che tu ti stia allargando un po’ troppo.-
    -Uffa…-
    -Prendo in prestito la battuta del film di Leonardo Pieraccioni, “Ti amo in tutte le lingue del mondo”… “Sì, uffa la muffa!”- Gli rispondo.
    Mi alzo dalla sdraio e rientro dentro. Vado in cucina e trovo Simone ai fornelli. La raggiungo.
    -Ciao, cara.- Mi dice affettuosamente.
    -Buongiorno, Simone.
    Mi abbraccia forte.
    -Hai dormito bene?- Mi chiede.
    -Certo, certo e te?-
    -Direi che ho dormito, come uno scoiattolo in letargo.-
    -Mi fa molto piacere… I nonni?-
    -Dorme ancora. Beati loro, si godono l’anzianità.-
    -E’ giusto così. Vedrai che anche te ti godrai l’anzianità, sicuramente.-
    -Senti, ti va se passassimo insieme tutto questo pomeriggio? Sempre se ti fa piacere.-
    -Certo che mi fa piacere.-
    -Ne sono felice.-
    Simone mi sorride.
    -Anch’io. .. Ma tuo marito quando torna?- Le chiedo.
    -Chi Gordon? Dovrebbe tornare nel pomeriggio. Non vedo l’ora.-
    -Vorrei tanto conoscerlo. Bill e Tom me ne hanno parlato tanto.-
    -E lo conoscerai… Sai, ogni volta che sta via per vari giorni, io mi sento sempre triste, poi non appena torna, gli salto addosso,m peggio di una ragazzina innamorata. Lui è il mio orsacchiottino… Lo so, lo so, è un nomignolo da ragazzini, ma è uguale ad un orsacchiotto.-
    Faccio una piccola risata. Simone è una persona molto solare.
    -Mi ricordi tanto lei!- Le dico.
    -Lei chi?-
    -Mia madre.-
    -Ah… In che senso te la ricordo?-
    -Siete uguali: tutt’e due solari, dolci, sensibili, buone d’animo, cordiali. ..-
    -Davvero pensi questo di me?- Mi interrompe.
    -Sì. Se fosse ancora viva, te l’avrei fatta conoscere.-
    -Mi sarebbe piaciuto davvero tanto conoscerla.-
    Prendo le tovagliette e inizio ad apparecchiare la tavola per la colazione. Ormai riesco a muovermi bene in questa casa e so dove si trovano le varie cose, anche se cercano sempre di non farmi fare le pulizie.
    Dopo una decina di minuti siamo tutti a tavola a fare colazione e, come sempre divertendoci tutt’insieme.

    Capitolo 22
    Pomeriggio. Io e Simone stiamo in centro a fare varie compere. Ci stiamo raccontando della nostra vita, prima di esserci conosciute. Si nota dal viso che Simone è una persona semplice, onesta e umile. Le ho parlato di mia madre. Di come era felice quando giocava con noi. Di come giocavo con lei. Di quando mi portava al parco. Le ho parlato della sua cordialità, della sua voglia di vivere, della sua solarità, poi della sua morte. Le lacrime mi sono scese prima che io potessi fermarle. Simone mi ha accarezzato le guance come una madre e mi ha sorriso e mi ha detto:
    -Ora, se vuoi, ci sono io che posso farti da madre!-
    Le ho sorriso e l’ho ringraziata. Poi ha aggiunto:
    -Non intendo sostituirla, ma se hai bisogno di aiuto per qualsiasi problema, ti prego chiamami. Sarei davvero felice di aiutarti.-
    Le ho sorriso nuovamente e l’ho abbracciata forte.
    Gordon è già tornato stamattina. Ha fatto una sorpresa a tutti e tutti erano davvero felici di rivederlo. Quando me l’hanno presentato lui è stato subito caloroso nei miei confronti ed ha subito scherzato con me facendo battute del tipo: come faccio a sopportare il suo figliastro Tom. Tutti hanno riso, compreso Tom, il quale, poi ha aggiunto che chiunque sopporta Gordon riesce, poi a sopportare lui.
    Ora mi sta raccontando del padre di Bill e Tom, di come si è innamorata di lui, del loro matrimonio, della nascita dei suoi ragazzi, ma anche del suo abbandono. Mi sta raccontando cose che, forse, io non dovrei sapere. Ma me le sta dicendo con naturalezza, come se ci conoscessimo da chissà quanto tempo.
    -Poi è arrivato Gordon e la mia vita è cambiata di nuovo, con l’unica differenza che questa volta è cambiata radicalmente. È riuscito a farmi ritrovare la gioia di vivere e, soprattutto, la voglia di amare una persona. È grazie a lui che Bill e Tom hanno iniziato ad amare davvero la musica. Lui ha regalato la sua chitarra a Tom quando era molto piccolo e gli ha insegnato a comporre la musica.-
    -L’ho letto su un giornale questo. Ora mi sorge spontanea una domanda.-
    -Chiedimi tutto quello che vuoi, Mia.-
    -Hai sempre approvato il fatto che volessero fare musica, invece di fare un lavoro, come definirlo?, più “normale”?-
    -Ho sempre cercato di farli essere liberi. Liberi di scegliere ciò che per loro era giusto; liberi di coltivare le proprie passioni; liberi di poter dire ciò che pensavano. Poi anche la musica è arte, non lo è solo la pittura.-
    -Prima hai parlato d’amore, Simone, e hai detto che dopo l’abbandono del tuo primo marito, avevi paura di tornare ad amare, giusto?-
    -Sì, è esatto!-
    -Ti devo dire che, da quando io e Tom ci siamo lasciati anch’io ho paura di tornare ad amare. H paura che qualcun altro possa fare quello che mi ha fatto Tom.-
    -Vedrai che, se non sarà mio figlio Tom ad essere l’uomo della tua vita, lo sarà colui che ti farà perdere questa paura, che riuscirà a farsi amare da te con tutta te stessa e, molto probabilmente, più di quanto tu abbia mai amato.-
    -Io lo spero davvero tanto, ma ora e per un po’ di tempo, avrò bisogno di stare un po’ da sola.-
    -E’ normale, la tua ferita è ancora fresca.-
    -Posso farti un’altra domanda?-
    -Certo, Mia, anche altre sei.-
    Mi sorride. Ci sediamo su una panchina, poggiando alcune buste sulla panchina, mentre altre a terra.
    -Da quando sei nata ad oggi, qual è la cosa che hai fatto di cui vai più fiera?-
    -I miei figli!- Risponde decisa, senza alcuna esitazione.
    -Lo immaginavo, ero sicura al 100% che avresti risposto così.-
    -Mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni. Una delle più grandi l’ho ricevuta da Tom.-
    -Ah sì? E quale? Se non sono indiscreta.-
    -Sei tu!-
    -Io?-
    -Sì.-
    -Perché io?-
    -Sei riuscita a far innamorare una persona che dell’amore non voleva ancora saperne. Hai fatto innamorare di te una persona che pensava solo al sesso e non all’amore vero, quello che ti fa battere il cuore quando vedi l’altra persona.-
    -Oddio, mi stai dipingendo come la fatina buona della situazione.-
    -E’ così, Mia. Se ci riesci, perdonalo. Non puoi neanche immaginare di com’è stato e sta ancora adesso male. Con questo io non voglio dire che tu non abbia sofferto per quello che è successo, ma voglio dirti semplicemente che Tom ti ama davvero. Io lo conosco benissimo e so benissimo che non è mai stato innamorato. Vuoi sapere cosa mi disse quando è tornato qui da casa tua?-
    -Sì!-
    -Quando mi riabbracciò, mi disse: “Mamma, mi sono innamorato!”. Io lo portai subito dentro e mi feci raccontare tutto. Mentre me lo raccontava, i suoi occhi brillavano di una luce che non gli avevo mai visto prima di allora. Poi gli vedevo dei cuoricini, le mani gli sudavano e gli tremavano. Io non lo avevo mai visto così. Poi qualunque frase diceva in mezzo c’eri sempre tu. A volte, quando siamo andati insieme a fare compere, mi chiedeva: “Mamma, tu che sei una donna, secondo te, questo pantalone, a Mia, potrebbe piacere?”, oppure mi chiedeva: “Mamma, se mi faccio questa pettinatura così, a Mia, piaccio? “, oppure mi diceva, quando faceva delle cose buffe: “Se fosse qui Mia, di sicuro avrebbe riso di me come una pazza!”.-
    -Simone, queste cose non possono che farmi piacere, ma la domanda ora sorge spontanea: se mi amava davvero, allora, perché è andato con quella?-
    -Se devo essere sincera non lo so manco io. Però dopo che successe lui era disperato per il gesto che aveva fatto, non sapeva come fare. Ha pianto per giorni, soprattutto quando ha saputo che c’era un articolo sul giornale con la loro foto. Quando ha saputo che tu hai scoperto tutto, è stata la cosa più brutta del mondo. Non voleva più mangiare, non voleva parlare con nessuno, è stato davvero orribile.-
    -D- Davvero?-
    -Sì!-
    -Questo, però, mi fa andare ancora su i nervi! Se stava così allora perché non si è fermato alla prima volta che mi ha tradita?-
    -Che vuoi dire?-
    -Simone, Tom e quella Katrynca sono stati insieme per ben sette volte… Lei era la tentazione e lui ha ceduto ad essa per sette volte.-
    -Io non sapevo che fossero andati a letto insieme per sette volte. Ora riesco a capire perché hai paura di tornare a stare con lui.-
    -Ma non lo sapevi?-
    -No, nessuno me l’aveva detto… Allora, se è così, mi rendo conto che è molto difficile tornare a dare fiducia ad una persona che ti ha tradita per sette volte, quindi ti dico solo di fare ciò che ti senti.-
    -Io sto valutando tutto: i suoi atteggiamenti, i suoi comportamenti, le sue parole, tutto. Alla fine prenderò la mia decisione.-
    Improvvisamente i miei occhi la vedono. Il tempo sembra fermarsi in quei secondi, e tutto sembra un’eternità. Il mio cuore si ferma di botto. Tutto come un fulmine a ciel sereno. Katrynca è con delle sue amiche, poco lontane da noi. Giro subito la faccia, facendo finta di guardare una vetrina. Poi guardo Simone. Torno a guardare nel punto in cui Katrynca era e noto che lei non c’è più, per fortuna.
    -Ok, ora basta parlare di cose tristi. Che ne dici di andare dall’estetista? Dato che ti sei lasciata devi pur farti un regalo.- Mi chiede entusiasta.
    -Anche la mia migliore amica dice la stessa cosa. Comunque, va bene.-
    Le sorrido, prendiamo tutte le buste e, insieme ci dirigiamo verso il centro estetico più vicino. Entriamo. La ragazza alla Reception saluta cordiale Simone. Sembra che si conoscono da molto tempo. La ragazza alla Reception chiama la ragazza che sta mettendo a posto la Sala d’attesa. Le dice di portarci da una certa Yvonne. La seconda ragazza obbedisce e ci accompagna in una stanza molto grande. Ci sono molti lettini e vari macchinari. La seconda ragazza pronuncia il nome “Yvonne” e una ragazza girata di spalle che si sta lavando le mani, si gira di scatto. Nota subito Simone e corre ad abbracciarla, come se non la vedesse da tantissimo tempo. Dopo un po’ si staccano. Simone mi presenta. Faccio un sorriso timido, mentre ci diamo la mano.
    -Allora, Yvonne, io e Mia vorremmo rinascere.- Le dice sorridendo.
    -In che senso?- Chiede Yvonne.
    -Vogliamo essere più belle di Angelina Jolie, Monica Bellucci e Catherine Zeta Jones messe insieme.- Risponde Simone.
    -Non voglio recitare la parte di quella che, per fare bella figura fa l’ipocrita, ma voi due già siete belle da sole. Io magari posso togliervi quei piccolissimi e pochissimi difetti che avete.- Ci dice Yvonne gentilmente.
    -Ok, fai quello che puoi fare.- Le risponde Simone.
    Yvonne ci toglie dalle mani le borse e le varie buste e ci fa accomodare ognuna sul suo lettino. Poi s’infila il camice e chiama un’altra ragazza. Quest’ultima arriva e, appena la vede, Simone si rialza dal lettino e corre a salutarla calorosamente. Poi la porta da me e mi presenta anche questa ragazza. Mi metto seduta.
    -Mia, questa è Laura… Laura questa è Mia.- Ci presenta.
    Io e Laura ci diamo la mano sorridendoci.
    Io e Simone torniamo a sdraiarci sul lettino. Le due estetiste iniziano con i loro trattamenti di bellezza. Prima di tutto ci fanno dei massaggi sulla schiena, durante il quale non riesco a rilassarmi molto. Cerco di non avere pensieri per la testa, ma l’aver visto Katrynca poco fa non mi fa stare per niente serena. La mia unica fortuna è che non mi abbia vista, altrimenti, di sicuro, avremmo litigato. Per fortuna, tra un po’ partiremo e starò tranquilla per tutto il viaggio… almeno lo spero.
    Forse è meglio che io inizi a rilassarmi. Ok, Mia, caccia dalla mente tutti i pensieri che potrebbero non farti rilassare. Pensa a delle cose belle. Pensa a Raoul Bova, a Gabriel Garko, a Johnny Depp… Vabbeh, non ho bisogno degli attori per rilassarmi. Ok, basta, rilassati! Yvonne e Laura ci mettono mezz’ora solo per fare questi rilassanti massaggi. Dopodiché, passano alla pulizia del viso.

    Tom è sdraiato sul suo letto. Non fa altro che guardare e riguardare le sue foto con Mia. Le sue mani sono ancora fasciate. Ricorda i bei momenti passati insieme. In ogni foto di Mia, lui riconosce la sua dolcezza, la sua felicità, la sua solarità, la sua gioia di vivere, le sue speranze, le sue paure, i suoi diversivi, tutto ciò che è lei. E la voglia di tornare a stare con lei cresce sempre di più.
    Tom si rifugia nella sua musica. Mette le cuffie nelle orecchie e accende il suo iPod. Shania Twain canta la sua When you kiss me. Allora inizia a pensare. “Quando lei mi baciava. Dio, non ero più in me. Sembrava che stessi volando. Sembrava che stessi galleggiando sulle nuvole!”. Come vorrebbe tornare a baciarla, mentre la stringeva forte tra le sue braccia. La stringeva talmente forte da farsi mancare il respiro, per paura che lei potesse andare via.
    La musica continua ad andare avanti. Ora è la volta di una canzone di Leona Lewis che canta I will be.
    Da quando Mia e sua madre sono uscite insieme nel pomeriggio, la prima non gli ha mai risposto alle telefonate. Non vuole pensare che lei non vuole rispondergli, no, vuole pensare che non può rispondergli o che, forse, non ha sentito il cellulare. Anche se ha tentato di chiamarla per ben dieci volte e quindi è un po’ difficile che per dieci volte non sia riuscito a sentire il cellulare. Al massimo, uno non lo sente per massimo due volte, ma non per dieci. Ma comunque non vuole pensare a cose peggiori.

    Finalmente abbiamo finito. Sono appena le sei. Io e Simone prendiamo le nostre borse. Ci dirigiamo al bancone per pagare. Prendo i soldi dal borsellino, anche se Simone tenta di fermarmi, ma io insisto , anzi decido di pagare anche per lei. Prima di uscire, ho un altro colpo al cuore. Katrynca mi guarda con aria di sfida. Oddio, ti prego fa che non voglia litigare! Ti prego! Katrynca mi si avvicina. Ok, come non detto, o meglio, come non pensato! Le sue amiche rimangono al loro posto. Non avevo pensato all’eventualità che potesse stare anche lei qui.
    -Ma guarda un po’ chi si rivede!- Mi dice.
    -Che vuoi?- Le chiedo.
    -Voglio, anzi pretendo che tu lasci stare Tom. Lui è mio, hai capito? È MIO!!!!!!!-
    -Non mi risulta che te l’abbia comprato.-
    -Io non voglio litigare, anche se la tentazione di spaccarti la faccia è davvero molto forte, io ora ti sto avvertendo, per evitare di farti male. Se vuoi ascoltarmi andrà a finire bene, altrimenti, sta sicura che non ci arrivi a casa con i tuoi piedi.-
    -Te, non mi fai paura, quindi non aspettarti che io faccia quello che mi dici.- Le dico.
    -L’hai voluto tu!-
    Mi dà uno schiaffo forte. ‘Sta stronza! Ok, l’ha voluto lei. Le tiro uno schiaffo più forte di quello che ho ricevuto io da lei. A quel punto, non capisco più niente. Ce le diamo di santa ragione. Volano calci, pugni, schiaffi. Qualcuno cerca di dividerci. Io non mollo. Ci gettiamo a terra. Mi è prima lei sopra, poi riesco ad andarle sopra. Le do schiaffi, poi inizio a tirarle i capelli, poi torno a darle i pugni. Qualcuno riesce a staccarmi da lei. Le sue amiche l’aiutano ad alzarsi. Ho i capelli in disordine. Per sua sfortuna, Katrynca ha avuto la peggio. Simone mi prende sottobraccio e mi porta fuori. Usciamo dal centro estetico. Simone inizia a ridere. Mi fermo di fronte a una vetrina e mi metto in ordine i capelli. Simone continua a ridere.
    -Certo che fai male quando picchi, eh?- Mi dice, continuando a ridere.
    Faccio una piccola risata.
    -Se mi innervosisco, sì. Anche se ora non ero arrabbiata,quindi le ho fatto poco e niente.- Le rispondo.
    Io ho avuto la meglio: Katrynca mi ha fatto solo dei graffi sul viso, da cui esce un po’ di sangue. Simone torna a prendermi sottobraccio e, insieme, ci dirigiamo verso casa. Mi ricordo del cellulare. lo prendo dalla tasca e mi trovo dieci chiamate perse di Tom. Cazzo! Non l’ho proprio sentito. Parliamo di quello che è appena successo, scherzandoci anche sopra.

    Capitolo 23
    Appena arrivate a casa, io e Simone, troviamo seduto sulle scale davanti alla porta, con una sigaretta in mano, Bill. Mi guarda in faccia. Io cerco di nascondere il più possibile quei grafi che mi ha fatto Katrynca, il che è molto difficile.
    -Mia, ma che è successo?- Mi chiede lui.
    -Nulla.- Gli rispondo.
    -Come “nulla”?!-
    -Davvero, Bill, non è successo nulla.- Ribatto, ancora, io.
    -Allora, mi spieghi il motivo per cui hai quei graffi, se davvero non è successo nulla?-
    -Penso che voi due dovete parlarne da soli. Anzi, ora vado a chiamare anche Tom.- Ci avvisa Simone.
    Prende le varie buste che porto in mano, e, con un serietà, si avvia verso la porta e vi entra. Bill continua a guardarmi il viso. Ormai è inutile che io continui a nascondermi il viso tra i capelli, dato che li ha notati. Ok, forse è meglio che io gli racconti tutto ciò che è successo con Katrynca, dato che siamo migliori amici. Ormai Bill è diventato un fratello maggiore per me. Anche quand’ero in Italia, lui da qui cercava di aiutarmi. Se non ci fosse stato lui, non so come avrei fatto. Mi è sempre stato vicino. Da quando ci siamo conosciuti, io e lui abbiamo avuto la stessa sintonia. Anche se questo non vuol dire che io mi sia innamorata di lui, o che mi stia innamorando. Provo un affetto particolare, ma lo amo solo di bene, niente di più.
    Inizio a raccontargli tutta la storia. Parola per parola, senza tralasciare alcun particolare.

    Nel salotto, Simone trova Georg e Gustav. Dopo un po’ arriva anche Andreas. Simone posa tutte le buste a terra e tira un sospiro di sollievo. Posa la sua borsa sul divano, accanto a Gustav e Georg. Andreas si siede in mezzo a Georg e Gustav.
    -Ragazzi, dov’è Tom?- Gli chiede Simone.
    -E’ di sopra, in camera sua, perché?- Chiede Andreas.
    -Perché c’è bisogno di lui.- Gli risponde.
    -Ah sì?- Chiede Georg. –Com’è? All’improvviso qualcuno ha bisogno di Tom?- Continua.
    -Infatti.- Aggiunge Gustav.
    -Sì, uno di voi tre deve andare di corsa a chiamarlo e farlo andare da Mia e Bill, fuori.-
    -Ma perché? Cos’è successo?- Chiede allarmato Andreas.
    -Vai prima a chiamare Tom, poi vi racconto, per filo e per segno, tutto ciò che è successo, ora che siamo uscite io e Mia.-
    -Ok, vado io, Simone.- Si propone Gustav.
    Subito si alza dal divano e corre su per le scale. Lasciando Simone sedersi sul divano accanto ad Andreas.
    Gustav trova Tom disteso sul letto con le cuffie nelle orecchie. Quest’ultimo lo vede e si toglie una cuffia da un orecchio, mettendosi seduto.
    -Che c’è, Gustav?-
    -Ha detto tua madre che devi correre urgentemente fuori da Bill e Mia.-
    Tom leva anche l’altra cuffia. E si allarma.
    -Perché?-
    -Non lo so ancora. Tua madre ci ha solo chiesto di chiamarti e di farti andare da tuo fratello e Mia.-
    Tom si alza, facendo cadere il suo iPod sul pavimento e corre fuori dalla sua stanza. Corre anche per le scale. Sua madre e Georg e Andreas lo vedono fuggire.

    Tom esce fuori e trova Bill e me seduti su dei massi. Lo guardo con le lacrime agli occhi. Queste mi fanno bruciare i graffi. Tom arriva da me e mi abbraccia forte. Mi cade la sigaretta dalla mano. Chiudo gli occhi e poggio la testa sulla sua spalla. Ho bisogno di lui. Lo stringo forte a me. Dopo un po’ fa per staccarsi, ma io lo blocco e lo riporto da me. Non può staccarsi proprio ora da me. Non ora. Ho bisogno della sua spalla ora. Poggia la sua testa sulla mia. Con una mano mi carezza la testa. Come mi mancano le sue carezze. Come vorrei far tornare tutto com’era prima. Prima che succedesse tutto questo gran casino. Continuo a piangere.
    -Su, su, non fare così, dai. – Mi dice con la sua infinita dolcezza. –Spiegami cos’è successo da farti stare così male.- Continua.
    Mi stacco da lui dolcemente e tiro su con il naso. Bill mi offre un fazzoletto. Lo prendo e lo ringrazio. Ancora non mi ha visto i graffi. Ho i capelli tutti in disordine davanti al viso. Tom con un gesto della mano me li porta dietro. Vede i graffi e spalanca gli occhi, poi abbassa la testa. Dopo un po’ la rialza e guarda Bill, poi torna a guardarmi. Con una mano mi carezza il viso. I suoi occhi si fanno lucidi. Guarda Bill, il quale, capendo subito di “essere di troppo”, si alza dal masso e si avvia verso la porta d’entrata. Rimaniamo noi due a guardarci.
    -Te li ha fatti lei, vero?- Mi chiede.
    Non gli rispondo e abbasso la testa.
    -TE LI HA FATTI LEI???- Mi urla.
    Torno a singhiozzare forte e abbasso la testa per evitare di guardarlo. Tomi con una mano me la rialza.
    -Perdonami, non volevo spaventarti… Però rispondimi, per favore… Te li ha fatti lei questi graffi?- Torna a chiedermi.
    -Sì. Ci siamo picchiate nel centro estetico.- Gli rispondo piangendo.
    Tom scuote la testa. Torno a calmarmi.
    -Tomi, io non volevo, te lo giuro. Ma lei prima mi ha minacciata, poi mi ha tirato uno schiaffo e non ci visto più, poi è successo tutto così velocemente.-
    -Lo so, lo so che tu non avresti voluto arrivare alle mani. Quali minacce ti ha fatto?-
    -Mi ha detto che dovevo lasciarti stare perché eri solo suo.-
    -Dio, quella è pazza! …Mi dispiace che sia finito così. Non volevo arrivare a questo punto. Ho fatto solo un gran casino con te. Volevo essere felice con te, non renderti la vita impossibile.-
    -No, Tom, non è affatto colpa tua.-
    -Io ora voglio capire, questa da noi cos’altro vuole.-
    -Lei vuole te.-
    -Ok, mi vuole? Bene ora vado subito da lei.-
    -Che vuoi dire?- Gli chiedo, cercando di capire.
    -Vado a dirle di lasciarci stare in pace una volta e per tutte.-
    -No, ti prego, Tomi, non farlo. Facciamo come se non fosse mai successo niente.-
    -Come “facciamo come se non fosse successo mai niente”?! Mia, Katrynca ti ha messo le mani addosso e questo non doveva proprio farlo. Come fai a chiedermi di fare finta che non sia mai successo niente?-
    -Lo so, ma ora ,me ne voglio solo stare tranquilla. E, comunque, lei ha avuto la peggio.-
    -In che senso?-
    -Se io ho avuto solo questi graffietti, lei ha avuto le botte vere.-
    -Giura?- Mi chiede ridendo.
    -Giuro.- Gli rispondo mettendo la mano destra sul petto e ridendo anch’io.
    Tomi scuote la testa.
    -Ok, va bene, non farò nulla, ma la prossima volta che ti si avvicina, la uccido.-
    -Ok.-
    Ci guardiamo profondamente per un po’, poi Tom mi si avvicina e mi bacia dolcemente. Cazzo, da quanto tempo non sentivo il contatto delle sue labbra. Sono rimaste quelle di sempre. Con le mani mi carezza la testa. Poi mi stringe forte a sé. Vorrei che il tempo si fermasse. Vorrei rimanere così per sempre. Vorrei spogliarlo e farlo mio. Vorrei farlo mio ora. Davanti a tutti. Davanti ai passanti. Davanti a suo fratello e ai suoi amici. Davanti a sua madre. Davanti al suo patrigno. Davanti ai suoi nonni. Davanti a tutti. Nel giardino, in mezzo ai fiori. Non mi frega di niente e di nessuno.
    Cavolo, Mia, sei uscita fuori di testa? Ma cosa stai dicendo? Che stai facendo? Non farti prendere dalla tua “debolezza”, se così si può chiamare. Mi stacco da lui. Tom mi guarda.
    -Tomi, no, scusami, ma non me la sento ancora di tornare con te. Tra i tradimenti e la tua “amante” che mi aggredisce ho bisogno di più tempo per capire.
    -Ok, hai ragione.-
    -Grazie, per avermi capita.-
    -Figurati… Comunque domani mattina partiamo.-
    -Così presto?-
    -Sì, l’abbiamo deciso prima io gli altri.-
    -Ok, allora è meglio che mi vada a preparare le valige, o meglio, che le metta un po’ in ordine.-
    -Ok.-
    Mi alzo dal sasso. Anche Tom lo fa. Torniamo a guardarci negli occhi. Poi mi avvio verso la porta di casa. Entro e trovo nel salotto tutti gli altri, compreso Gordon. Mi guardano tutti. Salgo le scale e mi dirigo in camera di Bill e Tom. Prendo la valigia da sotto al letto su cui abbiamo dormito io e Tom, la metto sul letto e la apro. Con ,mia grande sorpresa, trovo la valigia già sistemata. Sui panni trovo un biglietto. Lo leggo:
    “Dato che sei la mia più gradita ospite, mi sono
    permesso di riordinarti la valigia. Spero che non
    ti dispiaccia! Tom.”
    Tom. Sa sempre come stupirmi. Cavoli quel bacio. Mi ha fatto andare fuori di testa completamente e per l’ennesima volta. Ha un potere ipnotico su di me quel ragazzo. Ma perché ha dovuto fare quelle stronzate. Mi accorgo di una freccia in fondo al foglio, su cui sta scritto a piccoli caratteri:
    “Gira il foglio…”
    Lo giro e leggo:
    “Dato che stasera è l’ultima serata che passeremo
    qui, vogliamo noi Tokio Hotel + Andreas, vogliamo fare
    qualcosa di davvero speciale ed insolito. Ci affidiamo a
    te, quindi decidi bene. Tokio Hotel + Andreas.”
    Sorrido. Che carini che sono tutti. Madonna! …Ok, allora, concentriamoci su cosa dobbiamo fare stasera. Ho sempre avuto delle idee geniali per le mie serate con i miei amici. Però, non riesco a capire perché non mi viene in mente niente di geniale, speciale, insolito e divertente. Vorrei tanto capire perché devo essere io a scegliere come passare quest’ultima serata qui. Mia, concentrati, su! Magari potremmo restare qui ad ascoltare della loro musica, oppure parlare, o giocare con qualche gioco di società. Ma se si annoiano? Che figura ci potrei fare? Ok, prime idee andate a puttane. Bene. Sono spacciata!
    Potremmo andare in un pub o in una discoteca. Ma se delle fan li aggrediscono? Dopo devo portarli a vita sulla coscienza! Dio mio, perché hanno deciso di caricarmi questa “responsabilità”? Uffi! Mi sdraio sul letto di Bill, cercando di farmi venire in mente qualche idea geniale. Poi, finalmente, la mia lampadina si accende. Ho l’idea per stasera. O meglio non proprio tutta, diciamo che mi è venuto in mente metà parte della serata, poi il resto lo deciderò con gli altri. Spero che per loro non sia troppo esagerato. Direi che questa sia l’idea più geniale che mi sia mai venuta in mente. Mi alzo dal letto di Bill di scatto e vado giù dagli altri di corsa. Li trovo tutti in salotto davanti al televisore. Tutti annoiati a fare zapping.
    -Ehi, Mia, hai trovato il biglietto nella tua valigia?- Mi chiede Gustav.
    -Sì e vi ringrazio davvero tantissimo.- Gli rispondo.
    -E allora?- Mi chiede ancora.
    -La mia idea è questa…-
    Inizio a proporgliela. Le loro facce non hanno un’espressione molto chiara, anzi non saprei cosa pensare. Sembrano tutti molto turbati.
     
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