...Mia...

La Mia prima Fan Fiction...

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  1. BloodyVampire90
     
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    Capitolo 31
    Le discoteche di Ibiza sono una cosa grandiosa, quanto ho sentito dire. Sì perché non ci sono mai stata. Però molte persone me ne hanno parlato molto bene. Non ci ero mai stata fino ad ora. Georg e Tom in pista si scatenano come i pazzi. Oramai non mi meraviglio più di quei due: conosco bene i soggetti. Io e Andreas stiamo seduti ad aspettare Gustav e Bill che ci portino qualcosa da bere. Andreas ha chiesto qualcosa di forte da bere. Già senza bere sta semi sdraiato sul divanetto, non oso immaginare quando avrà bevuto. Guardo continuamente Tom. Cerco di capire il suo comportamento con le altre. Mi sono ridotta a questo. Devo spiarlo per capire se posso o non posso tornare con lui.
    -Allora? …Che guardi?- Mi chiede Andreas.
    -Secondo te?-
    -Mmmh… Non ne sono sicuro, ma qualcosa mi dice che stai osservando il caro vecchio Tom.-
    -Come sei perspicace… Comunque… Guardalo come gli si struscia quella e guarda lui come ci sta.-
    -Mia, è vero che devi osservare i suoi comportamenti, ma devi anche capire che lui è un uomo, e noi uomini abbiamo certe… come definirle?... “Voglie”, intendiamola così. E per noi uomini resistere a queste voglie è molto, ma molto difficile… Devo anche ricordarti che lui è il SEXGOTT della Germania ed ha questo…-
    Mi giro verso Andreas.
    -Io mi sono rotta i coglioni con questa storia del SEXGOTT! Mi sono rotta di sentire sempre che lui ha la responsabilità di “difendere” la sua reputazione da “Dio del sesso”!non ce la faccio più! Anch’io ho una dignità e una reputazione da difendere. Non posso stare con una persona vivendo con la paura che io possa essere cornuta! Non posso stare con un ragazzo ed essere cornuta, solo perché lui deve difendere la sua reputazione di SEXGOTT!-
    Mi alzo e me ne vado nello stesso momento in cui arrivano Bill e Gustav. E anche Georg e Tom.
    Esco fuori dal locale e mi accendo una sigaretta. Cioè Andreas… Oddio, che confusione! Perché dovevo innamorarmi proprio di Tom?fra i miliardi di persone che esistono sulla faccia della Terra, perché proprio di Tom? Avrei preferito innamorarmi di un barbone, ma non di Tom. Non potevo essere davvero innamorata di Raoul? Potevo essere davvero innamorata di lui, così al mio compleanno ci saremmo messi insieme. Mannaggia a me, che mi sono fatta convincere ad andare a quello stupido concerto! Cioè, ma quelle due non potevano lasciarmi a casa mia per i cazzi miei? Uff! Che palle! Avrei voglia di tornare a casa mia. Esco dal piccolo spiazzo della discoteca e mi dirigo verso la spiaggia. Mi levo le scarpe e cammino lungo il bagnasciuga, lasciando coprire e scoprire i miei piedi dal mare.
    È da tanto che non faccio un bagno di mezzanotte. Me lo ricordo ancora quando lo facevo con i miei amici in vacanza. Quando lo facevo con mia sorella. Come ci divertivamo. Era uno spasso bagnarsi tutti insieme.
    Guardo l’ora. Le 23:15. Ok. Aspetterò per farlo. Mi siedo sulla spiaggia.

    -Ma che è successo, Andreas? Perché Mia se n’è andata?- Gli chiede Tom.
    -Mentre eravamo soli, io e Mia abbiamo parlato un po’. E lei si è innervosita per una cosa che le ho detto.- Risponde Andreas.
    -E cosa puoi averle mai detto da farla incazzare in quel modo?- Gli chiede ora Bill.
    Andreas racconta, per filo e per segno tutta la loro conversazione. Tom sbuffa scuotendo la testa. Poi guarda il suo migliore amico in modo minaccioso. Vorrebbe tanto ucciderlo. Tutti ascoltano interessati per riuscire a capire almeno dove potrebbe essere andata Mia. Alla fine del racconto, Tom se ne va. Corre a cercarla. Lasciando gli altri lì.
    -Questo è un gran bel problema.- Dice Georg. -Ok… Però, cerchiamo di rimanere tutti calmi.-
    -Ragà, io la chiamo. Sono troppo preoccupato.- Fa Gustav. -E se le capitasse qualcosa di brutto? Chiamiamo la polizia.-
    -Gustav, ti ho appena detto di rimanere calmo…-
    -Georg ha ragione… Non serve a niente agitarsi.- Gli risponde Bill serio.
    -Andreas, ma perché non cerchi di ragionare, ogni tanto, prima di parlare?- Gli dice Gustav.
    -Ragazzi, facciamo passare questa notte e aspettiamo fino a domani mattina, se per domani mattina non è ancora tornata, avvertiamo la polizia. Comunque, a me, dispiace davvero tanto, aver detto quelle cose a Mia.- Dice Andreas.
    -Io, comunque la chiamo.- Fa Gustav.

    Cazzo, ma dov’è?! Mia, non puoi farmi questo! Non farmi stare così in pensieri! Ha fatto bene a rispondere in quel modo ad Andreas. Anche lei ha una sua dignità e una sua reputazione da difendere. Non è giusto che io, per difendere la mia reputazione da SEXGOTT, lei deve essere una cornuta. Che poi questo soprannome non lo sopporto più. È da quando è iniziato tutto con Mia che non sopporto più il fatto di essere il SEXGOTT della Germania. Io voglio essere solo Tom. Come vorrei tornare indietro. Vorrei tornare a quella sera in cui l’ho conosciuta e rivivere tutto quello che abbiamo fatto, per poi fermarmi a quella maledetta sera di quella maledetta festa in cui c’era anche Katrynca e respingerla una volta per sempre. Le sbatterei in faccia il fatto che sono innamorato di una persona stupenda. Come vorrei tornare a stare con Mia. Povero amore mio… A causa mia sta passando dei bruttissimi momenti. Lei che non se lo merita. Lei che non mi ha mai fatto nulla di male. Né a me e né a nessun altro. Spero che un giorno, lei riesca a perdonarmi. Però, pensandoci, chi l’avrebbe mai detto? Io, Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel, il SEXGOTT della Germania, io, mi sarei innamorato. Proprio io. Io che non ho mai creduto nell’amore. Io che amo andare che non amo avere una ragazza fissa, ma mi piace andare con varie ragazze. È solo grazie a lei se ora so cos’è l’amore. Grazie a lei so quant’è profondo. Grazie a lei conosco la sua solennità. Grazie a lei ho conosciuto la sua grandezza. Grazie a lei conosco la sua intensità. Mia è l’AMORE. E non la cambierei per nessun altra. E ora voglio solo pensare a riconquistarla. Anche se so che ora sta passando un brutto momento. E tutto per colpa mia. A causa mia e dei miei capricci da bambino viziato. Anche se la sua sofferenza non la dà a vedere, io gliela vedo lo stesso. Glielo leggo negli occhi. Nei suoi dolci occhi da gatta. Gliela leggo la sofferenza. Non so perché gli altri non riescono a vederla. Forse perché non la conoscono quanto me, o, forse, perché lascia trasparire dai suoi occhi, o meglio, lascia parlare i suoi occhi solo con me.
    Tom pensa a tutto questo. Pensa a tutto questo, mentre cerca Mia. Il suo amore. Ma non la trova. Ma non sa che lei è poco distante da lui. Sì, perché è dall’altra parte della spiaggia.

    Il mio cellulare squilla, lo prendo dalla tasca e guardo il display. È Gustav. Rispondo.
    -Gù, che c’è?- Gli chiedo.
    -Dove sei?- Mi chiede lui.
    -Non lo so neanche io.-
    Bugia… So benissimo dove mi trovo, solo che non voglio che mi vengano a cercare. Ho bisogno di restare da sola, senza nessuno che mi conosca e che io conosco.
    -Come non lo sai?!-
    -Eh…Gustav, non lo so dove mi trovo.-
    -Non puoi neanche darmi un punto di riferimento? Così sappiamo dove venirti a prendere.-
    -No, qui mi sembra tutto uguale.-
    -Mmmh… E ora?-
    -Non saprei… Senti, forse è meglio così… Ho bisogno di rimanere un po’ sola a pensare.-
    Non gli do il tempo di ribattere che subito stacco la chiamata. Spengo il cellulare e lo rimetto in tasca. Guardo di nuovo l’orologio. Le 23:25. È ancora presto, almeno per me. È strano come non attiri i ragazzi il “Bagno di mezzanotte”. Cazzo ma quanto ci vuole a passare il tempo? Ma che domande mi faccio??? Ci vuole il tempo che ci vuole. Nessuno può comandare il tempo purtroppo, nemmeno io. Ora mi ci vorrebbe una macchina del tempo. Se l’avessi, tornerei indietro e farei tornare mia madre qui con me. Poi cambierei tantissime cose. Non so cosa precisamente, ma le cambierei.
    Mi sdraio sulla sabbia. Mai come ora, non mi frega del fatto che mi ritroverò i granelli di sabbia nei capelli, tanto fra un po’ e domani mattina farò il bagno, quindi si leveranno da soli. Oddio, come vorrei Marika qui, ora, per parlare insieme a lei. Come sempre. mentre contiamo le stelle, come ai vecchi tempi.
    Passo il tempo che rimane per arrivare alla mezzanotte fumando, guardando continuamente l’orologio e pensando a tutto, anche alle cose più stupide.

    Finalmente la mezzanotte arriva. Mi alzo dalla sabbia e inizio a spogliarmi, rimanendo in intimo. Minchia, mi è venuta una voglia di birra irresistibile. Sì, ma dove la vado a prendere a quest’ora? Mi guardo intorno in cerca di un bar. Ne vedo uno poco distante da me. Mi rivesto e mi dirigo verso esso. La strada da percorrere non è molta, anzi direi che è davvero poca. Non so come ho fatto a non notarlo prima questo bar. Se è un bar. Arrivo. Ci sono gruppi di ragazze e ragazzi dentro e fuori. Entro dentro. Noto che mi guardano tutti in modo molto strano. Soprattutto le ragazze. Vado vicino al bancone e mi ci appoggio. Ora devo parlare inglese. Spero di riuscirci bene.
    -Salve!- Saluto.
    -Buonasera!- Mi saluta il barista senza neanche degnarmi di uno sguardo.
    Però mi sembra molto carino, anzi no, bello. Certo che quando si dice che non tutto il male viene per nuocere. Ora andrei da Andreas solo per ringraziarlo per aver fatto in modo che io scappassi.
    -Posso avere tre birre?- Gli chiedo un po’ titubante.
    Alza lo sguardo. Cazzo, ma è bellissimo! È’ moro con occhi color ghiaccio. Alto e muscoloso. Mi guarda. Ecco, ora scommetto che sono diventata rossa in viso. Di sicuro.
    -Tre?- Mi chiede serio.
    -Sì, tre.- Rispondo.
    -Quanti anni hai?- Mi chiede ancora.
    -Diciotto.-
    -Mi fai controllare, cortesemente, la carta di identità?- Mi chiede ancora una volta.
    Annuisco. Prendo la mia carta d’identità dalla tasca posteriore e gliela do. La guarda e guarda me.
    -Ok… Puoi averle.- Mi dice, ridandomi la carta d’identità.
    -Grazie.-
    Mi sorride. Ha un magnifico sorriso e dei denti perfetti e bianchi. Ok… Sto sbavando e fra un po’ mi sciolgo.
    -Le vuoi in bottiglia?- Mi chiede gentilmente.
    -Sì, grazie.-
    -Allora non le stappo.-
    -Ok!-
    Gli chiedo quanto gli devo. Lui mi dà le birre e lo pago.
    -Grazie ancora.- Gli dico facendo il sorriso più smagliante possibile.
    Faccio per andarmene.
    -Scusami, ma sei sola?- Mi chiede.
    Mi rigiro verso lui.
    -Sì, perché?- Gli chiedo incuriosita.
    -Resta qui, rimani a farmi un po’ di compagnia.- Mi dice.
    Sorrido intimidita. E chi se lo aspettava?! Non ci avrei mai sperato che me lo chiedesse. Anche perché è uno di quei tipi belloni che vogliono solo quelle ragazzi super-sexy, quali la Arcuri, la Santarelli (odio), la Ferilli, eccetera, eccetera, eccetera…continuiamo a guardarci. Mi porge la mano. Io gliela do.
    -Piacere, Erik.-
    -Piacere, Mia!-
    -Ma non ti chiamavi Valentina o era falsa quella carta d’identità?-
    -No, no, assolutamente, non lo farei mai… Valentina è il mio vero nome, mentre Mia, me l’hanno messo come diminutivo.-
    -Aaah, ok! …Comunque, io tra un po’ chiudo.
    -Ma fai con comodo.-
    -No, ma mica è per te che chiudo.-
    -Ah, grazie mille…- Dico con un pizzico di sarcasmo.
    -Ma figurati… Dai, comunque, a parte lo scherzo, io fra un po’ devo chiudere perché sono un po’ stanco. Poi, ce ne andiamo un po’ a fare quattro passi, così mi rilasso un po’.-
    -Ok… Senti, gentilmente, potresti mettermi queste due birre a fresco, altrimenti, se si riscaldano, poi fanno schifo.-
    -E la terza?- Mi chiede.
    -La bevo ora.-
    Erik le prende e le mette nel frigo. Poi mi apre la birra e infine apre la cassa e prende dei soldi. Mi prende la mano e mi ci infila i soldi. Io lo guardo interrogativa.
    -Offre la casa.- Mi dice.
    -No, dai, non posso accettarli, o meglio, riprenderli.- Gli rispondo imbarazzata.
    -Devi.-
    -Ma…-
    -Nessun “ma”.-
    -Ok, grazie mille. Però voglio sdebitarmi.-
    -Va bene, anche se non serve.-
    In mezz’ora il bar si svuota. Rimaniamo solo io e lui. anche il suo “collega” va via. Erik inizia a pulire tutto il locale. Gli do una mano. Non mi piace che faccia tutto da solo. È molto veloce. Sembra che ci conosciamo da chissà quanto tempo, mentre invece ci conosciamo da più o meno un’ora. Ogni tanto ci sorridiamo. Nonostante cerca di farmi sentire a mio agio, l’imbarazzo, da parte mia, non è ancora passato.
    -Non hai ancora finito di bere la tua prima birra: come mai?- Mi chiede.
    -Volevo aspettarti.-
    -Ah, ok… Beh, grazie!-
    -Di niente!-
    Non appena Erik finisce di pulire tutto il locale, ci sediamo ai tavolini fuori, ma prima prende la mia birra a metà e una per lui. Mi prendo una sigaretta e, prima di accenderla, gliela offro, ma lui mi risponde che ha le sue e ne approfitta per fumarsene una anche lui. Alterniamo ad un sorso di birra, un tiro di sigaretta.
    -Lascia la birra!- Mi dice.
    -Perché?- Gli chiedo incuriosita.
    -Ti preparo un cocktail che ho inventato io.-
    -Ma no, dai, ora devi mettere di nuovo tutto in disordine! Lascia stare, mi va bene la birra.-
    - Ma dai, non preoccuparti! Dopo pulisco io.-
    -Ma, poi, mi fai sentire in colpa…-
    -Perché?-
    -Perché hai sporcato per fare un cocktail a me!- Gli dico con voce “colpevole” (Se così si può intendere.).
    -Ma dai, non preoccuparti! È un piacere per me!-
    -Ok, grazie!-
    Erik si alza e va dietro il bancone. Inizia a cacciare varie bibite alcoliche e le versa nello shaker.
    Mi viene un’idea geniale. Un tipo di idea che non verrebbe in mente neanche ad un pazzo. Sono sicura che prima o poi mi ricovereranno in un istituto di igiene mentale. Penso che lo faranno molto presto.
    -Erik, arrivo tra un po’!- Gli dico alzandomi dalla sedia.
    Levo le scarpe e corro verso il mare. Mi ci tuffo con tutti i panni addosso. L’acqua è abbastanza fredda. Erik esce fuori al bar mi guarda esterrefatto. Poi scuote la testa ridendo.
    -TU SEI UNA PAZZA!- Mi urla.
    -LO SO!- Gli rispondo urlando anch’io. -VIENI ANCHE TE!-
    -VESTITO?-
    -SI’, DAI!-
    -MA COME “SI?; DAI”?!-
    -VUOI LASCIARMI TUTTA SOLA?-
    -OK, ARRIVO!-
    Si dirige verso me e si tuffa anche lui in acqua.
    -Qui non ci sono gli squali, giusto?- Gli chiedo.
    -Se devo essere sincero, non lo so: non sto qui da molto. Perché? Hai paura?-
    -Ah, ho capito… Te l’ho chiesto per evitare di allontanarmi troppo… Non mi piace l’idea che potrei essere la cena di uno squalo.-
    -Ah… Capisco!-
    -Ma l’hai finito di preparare il cocktail?- Gli chiedo.
    -Sì.-
    Ci guardiamo negli occhi. I suoi sono bellissimi. Color ghiaccio. Ormai mi ero abituata agli occhi nocciola di Tom. Tom. Che starà facendo ora? Chissà se mi sarà venuto a cercare. Chissà se è preoccupato per me. Chissà se si starà dove sono. Chissà se ha paura che mi sia successo qualcosa di brutto. Come vorrei avere una risposta certa. Avrei voluto fare questa pazzia con lui, ma purtroppo non è stato così. L’ho fatta con un altro. Un ragazzo appena conosciuto. Un ragazzo stupendo. Che ha un sorriso stupendo e un fisico che farebbe invidia anche a Kate Moss (Con tutto che lei è stata anoressica o bulimica, non ricordo precisamente cos’era!). E’ un ragazzo davvero stupendo. Poi mi sembra anche molto gentile. Usciamo dall’acqua e ci dirigiamo verso il bar. Erik mi dà la mano. Lo guardo imbarazzata. Mi risiedo sulla sedia, sempre fuori al bar. Ora vorrei capire come diavolo mi asciugo: non ho l’asciugamani e non c’è neanche il sole. Vabbeh, vorrà dire che mi asciugherò gradualmente. Erik va a prendere lo shaker ed esce con un vassoio e due bicchieri sopra. Versa il suo cocktail in un bicchiere, poi nell’altro. Taglia una fetta di limone, il quale, poi, divide a metà. Infine mi passa un bicchiere e si siede anche lui. ne bevo un sorso. È davvero buono. Se la cava il ragazzo!
    -E’ ottimo, complimenti davvero!- Gli dico compiaciuta.
    -Grazie! Comunque, tu sei la prima persona a cui lo faccio assaggiare.-
    -Davvero?-
    -Sì, ne sono felice!-
    -Ah sì?-
    -Sì, sì!-
    Ci sorridiamo ancora una volta.
    -Posso farti una domanda?- Gli chiedo dopo aver bevuto un altro sorso del suo cocktail.
    -Certo che puoi.-
    -Ma quanti anni hai?-
    -Quasi ventuno.-
    -Ma sei piccolo!-
    -Perché?-
    -Ti avevo dato venticinque anni.-
    -Addirittura!-
    Annuisco.
    -Bene!- Aggiunge.
    Mi accendo un’altra sigaretta. Restiamo lì a bere e a fumare.
    Verso le 04:00, andiamo a farci un altro bagno. questa volta leviamo i vestiti rimanendo in intimo. Ora è lui ad essere in imbarazzo. Io un po’ meno. Chissà perché ora lo sono poco e niente. Mah, chi mi capisce è davvero un genio! Scherziamo in acqua. È molto simpatico e divertente. Più tardi torniamo di nuovo al tavolino per continuare a divertirci ancora.
    Verso le 08:00, chiude il bar e si offre di accompagnarmi in albergo con la sua macchina. Arriviamo quasi subito. Faccio per scendere, ma lui mi blocca prendendomi il per il polso. Mi giro e lo guardo.
    -Mi sono divertito davvero tanto con te…- Mi dice. -…E mi piacerebbe davvero tanto rivederti e passare ancora del tempo con te. Se magari potessimo scambiarci i numeri di cellulare, poi ci mettiamo d’accordo, su dove e quando.- Continua lui.
    Ecco… Ora che faccio? Che dico? Glielo do o non glielo do? Vorrei una margherita così, invece di fare “M’ama o non m’ama”, farei “Glielo do o non glielo do”. Mi ha lasciata senza parole sul serio. Ok, ho deciso!
    -Va bene… Anche a me piacerebbe davvero tanto rivederti.-
    Gli do il mio numero. Ci sorridiamo e ci salutiamo. Poi scendo dall’auto lasciandolo andare via verso chissà quale meta. Infine entro nell’hotel. Salgo di corsa le scale scalza. I miei vestiti e i capelli sono ancora bagnati dall’acqua del mare. Cazzo, mi sono divertita davvero tanto con Erik. È davvero un ragazzo divertente e simpatico. Poi bello e gentile. Poi è anche una ragazzo serio, come non se ne incontrano più al giorno d’oggi. In macchina non c’ha provato. Se fosse stato un altro non avrebbe perso tempo. Sono quasi vicina alla porta quando mi accorgo di aver dimenticato di prendere la scheda per aprire la mia camera. Cazzo, ora devo scendere di nuovo! Non mi va proprio! Uffiii! Che testa di minchia che ho! Continuo ad avvicinarmi alla porta della mia camera e noto, o meglio, ho la sensazione che c’è qualcosa che non va. Abbasso la maniglia e, come per magia, la porta si apre. Oh, porco cazzo! Qualcuno è entrato dentro la mia camera e mi avrà sicuramente rubato qualcosa. Il portatile ad esempio. Oddio, no! Apro piano la porta. Entro lentamente e vedo sul letto una persona semi-sdraiata a guardare dalla mia direzione.


    Capitolo 32
    Apro piano la porta. Entro lentamente e vedo sul letto una persona semi-sdraiata a guardare dalla mia direzione. Non ci posso credere che sia lì. Mi sembra un sogno. Poi come ha fatto ad entrare. Giusto! La chiave! Sul mio letto, c’è Tom. E appena mi vede mi vede, la sua espressione in viso, diventa arrabbiata. Io non so che espressione fare. Mi sembra tutto un sogno, anzi no, un incubo.
    -Che ci fai qui, in camera mia?- Gli chiedo con tono nervoso.
    -Ti stavo aspettando.-
    -Ah, sì?- Gli faccio. -E perché?- Gli chiedo ancora.
    -Sì… Dove sei stata finora? Ti ho cercata dappertutto e non ti ho trovata.-
    -A cercare di non pensarti e non vederti.- Gli rispondo con aria di sfida.
    Tom si alza dal letto e si mette a dieci centimetri dal mio viso. I suoi occhi mi guardano con freddezza. Non l’hanno mai fatto, perché proprio ora?
    -Mia, tu stai con noi e devi rimanere con noi.-
    -Ah sì? E perché? Tom, io ho diciotto anni e se voglio allontanarmi posso farlo.-
    -No, che non puoi. Sei sotto la nostra responsabilità.-
    -Ancora?! Tom, io non sono più una bambina da controllare.-
    -A Gustav stava venendo un infarto a causa tua.-
    -Ma perché non capite, te e gli altri, che io ho bisogno di rimanere un po’ da sola?!-
    -Perché?! E ti fosse successo qualcosa di brutto?-
    -Ma non è successo!-
    -Ma se fosse successo? Chi l’avrebbe detto a tuo padre?-
    -Ma comunque non mi è successo nulla, anzi mi sento meglio!-
    -Ti sei comportata da bambina egoista, irresponsabile e viziata. Non pensavo che fossi così!-
    Stiamo urlando entrambi. Ora vorrei farlo mio. Ora che è arrabbiato e che la sua adrenalina è a mille. Ora lo getterei sul mio letto e lo farei mio. In modo violento, come potrebbe esserlo ora. Lo desidero così tanto. Stiamo per baciarci, quando torno in me e torna la mia arrabbiatura.
    -Fuori!- Gli dico.
    -Cosa?-
    -Fuori… Esci immediatamente da camera mia e non farti mai più rivedere qui dentro, stavolta hai superato il limite. E ti avviso che, se volessi uscire da sola, non sarai te, di certo a fermarmi. Per niente al mondo!-
    Tom esce dalla mia camera sbattendo la porta. Mi butto sul letto, cercando a quello che è appena successo. Che palle! Cioè, non stiamo più insieme e comunque continua ad essere geloso. Non può farlo, non può. Riaccendo il mio cellulare. Mi arrivano trenta messaggi di chiamate di Gustav. Cazzo! Mi dispiace che gli stava per venire un infarto, non volevo quello, ma devono capire che io ho bisogno di momenti in cui devo rimanere sola a pensare. Mi arriva una chiamata di Erik. Meno male! Forse mi farà bene parlare un po’ con lui.
    -Ehi!- Rispondo.
    -Ehi, ciao!-
    -Come va?-
    -Ho appena litigato con il mio… Con un mio amico.-
    -Perché sei rientrata ora?-
    -Sì… Cioè… Ci pensi? Ho lasciato mio padre a casa e ho ritrovato un altro rompicoglioni qui! Era meglio se non fossi venuta.-
    -Ma se non fossi venuta, non mi avresti mai conosciuto.-
    -Hai ragione, però non avrei mai dovuto sopportare altri tormenti inutili.-
    -Vabbeh, dai… Allora… Stamattina ti va di passare al bar?-
    -Non so… Però, penso più sì che no.-
    -Ci verrai da sola?-
    -Nooo. Assolutamente… Mi porterò un esercito dietro… Certo che vengo da sola!-
    -Ooooh, come sei spiritosa.-
    -Ancora non mi conosci bene.-
    -Verso che ora vieni?-
    -Non lo so! Io, tra un po’ vado a mettermi il costume.-
    -No, dai, volevo fare di nuovo un bagno vestito e uno in intimo.-
    -Vabbeh, possiamo farlo stasera.-
    -Volevo farlo anche stamattina.-
    -Eh… No, purtroppo, dovremo farlo solo di notte, altrimenti è brutto!-
    -Ok… Allora… Ci vediamo dopo.
    -Ok… A dopo… Ciao…-
    -A dopo… Ciao…-
    Stacchiamo nello stesso momento. Mi ha rasserenata parlare un po’ con lui. Ora bussano alla porta. Ora ci manca solo che squilli il telefono dell’albergo.
    -Avanti!- Dico.
    Entrano Bill, Gustav, Georg e Andreas. Si siedono sul letto, accanto a me. Per un po’ stiamo tutti in silenzio. Io guardo il letto. Mi sento in imbarazzo a guardarli negli occhi, soprattutto Gustav e Andreas. Però, è proprio quest’ultimo a rompere il silenzio, dicendomi:
    -Mia, ti chiedo scusa per tutto quello che ti ho detto ieri sera. Ho sbagliato.-
    -Ma no, dai, figurati! Non fa niente, anzi direi che hai ragione te. Sono io che ho esagerato con la reazione. Ora, però, ho bisogno di rimanere, in qualche momento, un po’ sola a pensare. E vorrei che voi rispettiate questi momenti e che mi lasciate stare da sola. Vi sto chiedendo di rispettare la mia solitudine.- Gli dico.
    -Va be!- Mi risponde Bill. -Ma, almeno avvisaci sul posto in cui sei.- Continua.
    -Vi avvertirò ad una sola condizione.-
    -Quale?- Chiedono tutt’e quattro in coro.
    -Vi avvertirò solo se mi giurate che non verrete a cercarmi.-
    Mettono la mano destra sul cuore e, di nuovo in coro, dicono:
    -Lo giuro!-
    -E tenete a bada Tom… Vorrei che non gli permettiate di venirmi a cercare.- Continuo.
    -Non preoccuparti. Me la vedo io. Appena vedo che prova solo ad allontanarsi un po’ per venirti a cercare, gli levo la testa dal collo e, con essa, mi metto a giocare a pallavolo.- Mi avvisa Georg.
    -Ok… Grazie!- Dico.
    Mi abbracciano tutt’insieme in segno di affetto nei miei confronti. Sono dei ragazzi tenerissimi. Gli voglio molto bene. Non saprei come fare senza loro. Di sicuro sarei persa.
    Ci stacchiamo e Gustav mi chiede:
    -Noi abbiamo già indossato il costume e stiamo per scendere a mare, tu che fai? Scendi con noi oppure preferisci dormire?-
    -Prima di tutto, Gusti, ti voglio chiedere scusa se ti stavo facendo venire l’infarto. E per averti staccato il telefono in faccia. Non era mia intenzione farlo!- Mi scusa con lui.
    -Ma dai, sta’ tranquilla, non preoccuparti.- Mi dice lui.
    -Sei un tesoro!- Continuo. -Ora vado ad indossare il costume!-
    -Tom, comunque ci ha raccontato la vostra litigata… E voglio avvisarti che ci sarà anche lui ora.- Mi dice Bill.
    Prendo il costume dalla valigia e corro in bagno ad indossarlo. Mi strucco e mi spoglio velocemente. Dopodiché, con la stessa velocità, indosso il costume. Bussano di nuovo alla porta.
    -RAGA’, PENSATECI VOI!- Gli urlo dal bagno.
    -OK!- Mi rispondono loro sempre urlando.
    Mi pettino. Ci sarà anche Tom stamattina. Perché, invece, non dorme? Sì, si fa una bella dormita così, magari, pensa a quello che mi ha detto e, magari, riesce a capire che non deve comandarmi. Poi, dopo la litigata di prima, non so neanche come guardarlo e come comportarmi con lui. non so come parlargli. La garza copre ancora il mio tatuaggio. La levo un po’, lavo il tatuaggio e gli metto la crema sopra. Questa è la curetta che mi ha dato il tatuatore. Anche se non dovrei fare il bagno. Per il sole, ho deciso di metterci la benda sopra, per ogni esposizione. Il piercing mi fa male poco. Per fortuna!
    Esco dal bagno. e mi ritrovo Tom in camera. Sarà stato sicuramente lui a bussare prima. E meno male che gli avevo detto di non azzardarsi a venire più in camera mia.
    -Ciao!- Lo saluto timida.
    -Ciao!- Mi dice lui sorridendo.
    Come fa a sorridermi dopo quello che è successo tra noi? Io non ci riuscirei. E penso che lo si nota. Prendo la mia borsa. Squilla il mio cellulare. Un messaggio. È di Erik. Lo leggo:
    “Ricorda che ti aspetto al mio bar
    stamattina e stasera! Non
    mancare! Mi raccomando!”
    Sorrido. Che carino che è! Per fortuna che sono occupati a mettere la loro roba nella mia borsa e non si sono accorti che la mia espressione è cambiata. Siamo pronti per scendere ed andare in spiaggia. Ad essere sincera non mi sono mai sentita così in imbarazzo avanti a Tom come ora. Ieri sera sembrava andare tutto meravigliosamente bene. Sembrava che ci stessimo riavvicinando, come ai vecchi tempi. Odio a morte questa situazione. Vorrei risolverla, ma non so come farlo. Mio padre dice sempre che, con le persone bisogna parlare. Bisogna sempre esprimere le proprie opinioni e le proprie idee con loro, senza aver paura di farlo solo perché, forse, non la pensano come me. Quindi, ora devo trovare un modo per chiarire con lui. il prima possibile.
    -Mia, ma hai ancora la benda sul tatuaggio?- Mi chiede Tom.
    Sì, proprio lui. cioè, mi chiede questa stronzata e non mi chiede di chiarire su tutto ciò che è successo stamattina! Ok, calma, Mia, resta calma! Se a lui non frega, perché dovrebbe fregare a te? Giusto!
    -Sì, soprattutto per il mare e il sole.-
    -Ah!- Continua Tom.
    -Ma ti stai curando?- Mi chiede Gustav.
    -Sì!-
    Ok. Ora sono pronta davvero. Prendo la borsa e l’asciugamani. Lo fanno anche i miei amici. Ci avviamo verso la porta ed usciamo. Prendiamo l’ascensore. In men’ che non si dica, arriviamo al piano terra. Diamo tutti la scheda-chiave all’uomo alla reception. Ripercorriamo la stessa strada di ieri. Questa volta, Tom e Georg, fanno i bravi bambini.
    Arriviamo alla spiaggia. Oddio, no! Non ci credo! Non è possibile! Non può essere vero. Non può! C’è Erik sulla spiaggia con un gruppo di amici ed amiche! E c’è una ragazza appigliata a lui peggio di una cozza. Erik mi guarda e fa per salutarmi. Lo blocco facendogli segno di non farlo. Di nascosto dai miei amici. La tizia mi guarda con aria schifata. Per fortuna Erik capisce.
    -Ma lo conosci quello?- Mi chiede Georg.
    -No, perché?- Faccio finta tonta.
    -No, perché ti stava sorridendo.-
    -Forse avrà visto qualche suo amico dietro noi passato con la macchina.-
    -Dici?-
    Annuisco. Ci rimettiamo al nostro posto di ieri. Poso la borsa e, come sempre, loro poggiano le loro maglie sopra per coprirla. Corriamo tutti in acqua, felici di essere, finalmente in vacanza dopo un anno di studio e di lavoro. E ogni tanto io ed Erik ci guardiamo con la coda dell’occhio, in modo tale da non far accorgere nessuno dei nostri sguardi complici.

    Capitolo 33
    Io, Bill e Andreas stiamo seduti sulla spiaggia a parlare e a prendere un po’ di sole. Anche se io non dovrei, a causa del tatuaggio. Infatti cerco di stare, più o meno, all’ombra. Andreas si diverte con poco e non capisco perché. Contento lui. Gira e ti rigira, ci ritroviamo sempre noi tre insieme. Ad essere sincera noi tre siamo la parte pensante della comitiva. Quei tre pensano solo a divertirsi. Giustamente sono giovani: se non lo fanno ora, quando devono farlo? Però, a pensarci bene anche noi siamo un po’ stupidi. Sì perché facciamo cose che non stanno né in cielo e né in terra. Forse siamo anche più divertenti degli altri. Almeno, per come la vedo io.
    -Ragà, chi ha voglia di un succo alla pesca?- Chiede Andreas.
    -Io!- Rispondiamo io e Bill insieme.
    Subito dopo lo chiedono, da dentro l’acqua, anche gli altri tre.
    Erik è tornato al suo bar. Per fortuna! Non avrei saputo come continuare a reggere la sceneggiata, dato che ci guardati per un po’ di tempo. Chiunque se ne sarà accorto di sicuro. Se Tom e gli altri non se ne sono accorti, allora vuol dire che sono davvero scemi.
    -Però, voglio andarci io!- Mi propongo, tutta pimpante.
    -Ok… Vuoi andare da sola o vuoi che venga anche io con te?- Mi chiede Bill.
    -No, no, non preoccuparti, ci vado da sola.-
    Prendo il borsellino dalla borsa e mi avvio verso il bar di Erik. Meno male che Erik, stamattina, quando sono arrivata in spiaggia, ha capito che non doveva salutarmi e che doveva far finta di non conoscermi. Se non avesse capito, come avrei fatto con Tom?! Di sicuro avrebbe iniziato a guardarlo male e, non appena, gli fosse capitata l’occasione, l’avrebbe ammazzato di botte. E non voglio questo. Voglio godermi queste vacanze in santa pace. Non voglio litigare più. Spero solo di riuscirci.
    Finalmente sono arrivata al bar. Ci sono quasi tutti i ragazzi che c’erano ieri sera, a cui si sono aggiunti altri. Tutti bevono qualcosa, ridono, scherzano, si divertono. Entro dentro e mi avvicino al bancone, dov’è Erik.
    -Ciao!- Lo saluto.
    Mi guarda e mi sorride. Non penso sia arrabbiato… Almeno spero.
    -Ciao…- Mi saluta. -…Come posso esserti utile?- Mi chiede.
    -Mmmh… Mi dai sei succhi alla pesca.-
    -Da portare?-
    -Sì, grazie!- Gli faccio, sorridendo.
    -Vuoi che te li porto io dai tuoi amici?- Si offre.
    -Saresti così gentile da farlo?-
    -Perché non dovrei?-
    -Mah… Non saprei… Forse, perché, quando sono arrivata, ho dovuto farti segno di non salutarmi.-
    -Avrai avuto i tuoi buoni motivi… Facciamo così: se mi aspetti, andiamo insieme, ok?- Mi chiede gentile come sempre.
    -Ok… Grazie mille!-
    -Figurati, per me è sempre un piacere.-
    Restiamo a guardarci un altro po’. Il sorriso stampato sulle nostre labbra, non manca mai.
    -Posso chiederti un cosa?- Mi chiede.
    -Sì, certo, anche due.-
    Già solo quello che vuole chiedermi e già so cosa rispondergli.
    -Perché hai voluto che non ci salutassimo davanti ai tuoi amici?-
    -Perché tra i miei amici c’è anche il mio ex ragazzo e non so come l’avrebbe presa.-
    -Quindi, devo dedurre che non hai raccontato a nessuno di me.-
    -No, infatti.-
    -E quando lo farai.-
    -Non lo so… Senti, il mio ex è ancora innamorato di me e non so come potrebbe prenderla. Stasera ti racconterò tutto e capirai.-
    -Ok.-

    -Ragà, ma Mia dov’è?- Chiede Tom a Bill e Andreas, uscendo dall’acqua.
    -E’ andata al bar a prendere dei succhi di frutta.- Gli risponde Bill.
    -Da sola?- Continua a chiedere, un po’ allarmato.
    -Sì!-
    -E voi l’avete lasciata andare?- Chiede, sempre più allarmato.
    -Sì, Tom…-
    -Io vado a prenderla.-
    Bill si alza e blocca il fratello, prendendolo per un braccio.
    -No, Tom, non ti lascio andare.-
    -Ah, no? E perché?-
    -Perché, Mia, ora, si trova in una fase in cui ha bisogno di rimanere un po’ sola a pensare. Tom, voi due non state più insieme, non hai più nessun diritto di controllarla. Lei è maggiorenne e vaccinata e non è certo una sprovveduta, non puoi controllarla a vita. Può decidere benissimo da sola cosa fare della sua vita.-
    -Quindi pensi anche che ciò che le ho detto stamattina, quando è rientrata, è sbagliato.-
    -Non del tutto, ma in parte sì… E’ vero che lei sta con noi, ma questo non vuol dire che dev’essere legata con le catene a noi. Se vuole farsi un giro da sola può farlo… Forse, anzi no… Sicuramente, ieri sera ha sbagliato a non avvertirci su dov’era, ma se vuole stare sola può farlo.-
    -Non la penso come te, Bill.-
    -Tom, qui la pensiamo tutti così. Lei non ti deve nessuna spiegazione. Finché non sceglierà di tornare con te, tu non hai diritto a nessuna sua spiegazione e può fare della sua vita tutto ciò che vuole.-
    -E se le succedesse qualcosa?-
    -Mia sa badare a sé stessa, non è più una bambina.-
    -Ok, va bene, farò quello che dite voi, ma se le succede qualcosa, ve lo vedrete voi, la sua famiglia e la vostra coscienza. Io me ne la vo le mani.-
    Tom ritorna in acqua, da Gustav e Georg, che hanno seguito tutta la scena, sotto lo sguardo di Andreas e Bill. Quest’ultimo torna a sedersi sulla sabbia, accanto al suo migliore amico.
    -Secondo te, ho esagerato?- Chiede Bill ad Andreas.
    -No, non credo. Se non avessi usato quel tono di sicuro, non avrebbe capito, anche se, di sicuro, non ha capito ancora il momento che sta passando mia, ora. Ci vorrà del tempo, dobbiamo solo sperare che non faccia nessuna cazzata. Anche se da una parte ha ragione: se le succedesse qualcosa di brutto?-
    -Non penso. Mia ha diciotto anni, sa badare benissimo a sé stessa. E, comunque, Andreas, non portare sfiga!-
    -Comunque, lei, per fortuna, ci ha garantito che ci avrebbe detto dove sarebbe andata, nel caso sarebbe voluta rimanere da sola.-
    -Sì, però, non dimentichiamoci che non dobbiamo dirlo a Tom, altrimenti, lui, potrebbe fare una cazzata.-
    -E Mia, dopo, ci ammazza!- Continua Bill.

    Sono qui da una decina di minuti ad aspettare Erik. I gruppetti di ragazze mi guardano in modo strano. È da quando sono arrivata che mi guardano così. Mi sa che sono un po’ infastidite dal fatto che sono qui ad aspettare Erik. Mi sa che piace un po’ a tutte. E, mi sa, pure, che saranno cazzi amari.
    -Mia, scusami se ti sto facendo perdere tempo.- Mi dice.
    -Non preoccuparti, dai.- Gli rispondo.
    Erik avvisa un ragazzo vicino a lui che viene con me a portare i succhi di frutta. Apre alcune bottigliette e le versa nei bicchieri. Poi prende un vassoio e ci mette sopra i sei bicchieri. Scavalca, agile, il bancone e, insieme, ci avviamo verso i miei amici. Nessun imbarazzo tra noi. Scherza con me, tranquillamente, sa che mi piace ridere, l’ha capito subito, già da stanotte. E mi dice che ho un sorriso magnifico, smagliante. Anche lui ha un bellissimo sorriso. Non come quello di Tom. Quello di Tom è perfetto. È irresistibile. È inimitabile. Il sorriso di Tom è il mio mondo.
    Penso che ora sia arrivato il momento che io ed Erik dobbiamo far finta di non conoscerci.
    -Erik, so che questa storia non ti piace, ma, davanti ai miei amici, dobbiamo far finta di non conoscerci.-
    -Gli ex sono sempre tremendi.-
    -Non tutti. Quelli che non sono più innamorati, sono tranquilli.-
    -Quindi, lui, è ancora innamorato di te.-
    -Sì, e non so se aggiungere purtroppo o per fortuna.-
    -Oh, bene!-
    Scoppiamo tutt’e due a ridere. Ci avviciniamo al mio “gruppo”. Indifferenti l’uno verso l’altro. Ci sono anche Georg, Gustav e Tom, bagnati. Devono essere usciti da poco dall’acqua.
    -Finalmente! Che bello!- Fa Bill entusiasta.
    Tom mi guarda in modo incomprensibile. Non so davvero come comportarmi con lui. ieri sembrava che tutto andasse bene, mentre, stamattina, è crollato tutto. Sembra che non ci conosciamo nemmeno. Mi sento in imbarazzo. Che brutta situazione è questa. Erik passa un bicchiere ad ognuno di loro. E se ne va. Lo salutiamo tutti con un semplice “Ciao, grazie per il disturbo!”. Come vorrei dirlo che io ed Erik ci siamo conosciuti, che ora siamo amici, ma non so che reazione potrebbe avere Tom e non vorrei rischiare. Sinceramente, mi sono un po’ scocciata di pensare sempre a Tom. Di pensare a come potrebbe reagire, prima di fare qualcosa. non mi va più di pensare al fatto che lui potrebbe arrabbiarsi, oppure, potrebbe reagire bene alle cose. Non mi sembra che lui pensi alle mie reazioni prima di fare qualcosa. E, non penso che, prima di scoparsi Katrynca, lui abbia pensato ad una mia probabile reazione. Lo so, Mia, è difficile non parlare di Erik agli altri per goderti una magnifica vacanza, senza avere altri litigi col carissimo Tom. È dura, è vero, ma lo fai solo per viverti beatamente questa bellissima vacanza col tuo gruppo preferito. Magari, potresti dirlo quando questa vacanza sarà finita, ma ora è meglio rimanere zitta.
    Mi siedo accanto a Tom. Non so perché, ma c’è posto solo accanto a lui. però voglio vedere come si comporta con me. Voglio vedere se fa come se non fosse successo nulla.
    -Mia, ti va di insegnarci un po’ d’Italiano?- Mi chiede Georg.
    -L’Italiano?!- Fa Andreas.
    -Sì, dai, anch’io voglio impararlo.- Fa Bill.
    -Ok, per me non c’è problema, anzi mi fa piacere, così, ogni tanto, mi fate parlare anche nella mia cara vecchia lingua di Padre Dante e non mi fate sforzare troppo col Tedesco.- Rispondo.
    -Ma guarda che parli benissimo il Tedesco.- Mi elogia Gusti.
    -Sì, vabbeh, questa sa di presa per il culo. Sbaglio quasi sempre la pronuncia. E, comunque, l’ho imparato contro la mia volontà, dato che mi hanno costretto Marika e Rosa ad iscrivermi al corso!- Li informo.
    -Di solito, quando si fanno le cose senza la propria volontà, per dispetto, non si imparano mai, mentre, tu, invece, l’hai imparato molto bene, complimenti.- Continua Georg.
    -Ok, ok, ok, basta con i complimenti altrimenti mi fate emozionare. Comunque… Allora… Voi, già conoscete il nostro”Vaffanculo” che corrisponde al vostro “Arschloch”, giusto?- Domando, guardandoli uno ad uno. Annuiscono tutti. Anche Andreas. Deve averglielo imparato, di sicuro Tom.
    -E’ la prima parola che abbiamo imparato.- Risponde Tom, ridendo. E, con lui, tutti gli altri.
    -Quindi… Allora… “Danke”, in Italiano, corrisponde a “Grazie”, ripetete!- Gli ordino.
    Lo fanno tutti insieme, con un accento un po’ strano.
    -E “Danke schön”, in Italiano corrisponde a “Grazie tante”, ripete!- Ordino ancora.
    Ripetono, di nuovo, tutt’insieme. Sembrano dei bambini delle elementari.
    La nostra giornata passa così, tra lezioni di Italiano e risate. Divertendoci, come sempre, nella maniera più stupida. Il “gelo” tra me e Tom sembra essere svanito. Ecco… Io odio questo: Tom, fa andare e tornare il”Gelo” tra noi quando gli pare e piace. Svanisce senza neanche un chiarimento. Ecco… Forse è questo il perché dei nostri continui litigi, non chiariamo mai. Io sono dell’opinione che bisogna sempre chiarirsi, per qualsiasi cosa e in ogni momento, altrimenti, non si finirà mai di litigare. Ora devo trovare solo il momento giusto per parlare con lui. spero solo di trovarlo e di riuscire a chiarire con lui una volta e per sempre, senza litigare ancora.


    Capitolo 34
    Sera. E come tutte le sere mi sto preparando, ma ho quasi finito. Oggi i Tokio Hotel e Andreas hanno imparato varie parole in Italiano e come presentarsi. Mi hanno chiesto di continuare ad insegnarglielo, perché gli piace la lingua italiana e l’Italia di per sé e, anche perché, vogliono riuscire a comunicare, almeno un po’, con le fan italiane. Li trovo dei buoni motivi per impararlo e mi fa piacere aiutarli in qualcosa.
    Io vorrei sapere cosa passa per la testa a Tom. Prima mi aggredisce, poi parla, scherza e ride con me, come se non fosse successo nulla. Chi lo capisce è davvero bravo. Io, è vero, che mi reputo indecifrabile, ma Tom neanche scherza! A volte mi fa venire i nervi a fior di pelle! Vorrei ammazzarlo, però, contemporaneamente, vorrei farlo mio. In qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, che ci sia o non ci sia gente, senza mai fregarsene di niente e di nessuno. Fargli vedere che io sono migliore di Katrynca, che sono più brava di lei. Che so farmi valere più di lei. Che io so farmi desiderare più di lei.
    Bussano alla porta. Poso il mascara sulla scrivania e mi dirigo verso la porta. La apro. Sorpresa. Chi arriva sempre quando meno me lo aspetto? Tom. E non mi ha manco avvisato, come se le altre sere lui lo abbia fatto. Ha una rosa nera in mano. È la seconda in due giorni. Mi sorride. Ricambio. Non so perché, ma riesce sempre a stupirmi.
    -Posso entrare?- Mi chiede, porgendomi la rosa.
    -Sì, certo, come no!- Gli rispondo, prendendo la rosa.
    Entra e, io, chiudo la porta. Tom si siede sul lette e mi guarda. Io rimango in piedi, davanti a lui a guardarlo, senza dirgli nulla. Perché non so cosa dirgli. È orribile questa situazione. Io che non so cosa dirgli. A lui, lo vedo abbastanza in imbarazzo. Che situazione di merda! E pensare che, prima di metterci insieme, non era così.
    -Mia… Io sono venuto qui ora per chiederti scusa…- Mi dice. -…Da quando è successa tutta la brutta storia con Katrynca, io, mi sono comportato male con te. Non ti ho mai né rispettata né capita. Ti stavo costringendo a fare tutto ciò che ti dicevo io, senza mai pensare a ciò che volevi tu davvero e senza pensare ad una tua probabile reazione. fin da quando ci siamo conosciuti, mi sono sempre comportato male con te. Mi sono sempre comportato da bambino viziato ed egoista. Ho pensato sempre e solo a me stesso, a cosa era giusto per me, non per noi due. Per questo motivo, io, mi odio. Mi odio per essere stato così capriccioso e, purtroppo, lo sono ancora oggi…- Il suo tono è desolato. -…Mia, io sto cercando di cambiare, di essere diverso, di maturare. Questa è una cosa che non ho mai provato a fare. Davvero, io sto cercando di crescere, di ragionare prima di agire. Mia, io sto cercando di maturare per te, solo ed esclusivamente per te.-
    Gli occhi di Tom brillano. Sono rimasta scioccata dalle sue parole. Non mi sarei mai aspettata di sentirmi dire questo. E, poi, da lui, Tom, che piace solo divertirsi, andare a letto con tutte quelle che gli capitano davanti. L’aver sentito questo, ora, per me, è come vedere e sentire un gatto che parla. Penso che sia arrivato il momento di rispondere.
    -Tom… E’ vero che, fino ad ora, hai pensato solo a te stesso e, se ti dicessi che penso il contrario, sarei una grandissima ipocrita, quindi, per me è meglio dirti che la penso allo stesso modo in cui la pensi te. Poi, vorrei dirti che sbagli a voler cambiare per me. O meglio, non devi cambiare solo per me, ma soprattutto per te stesso. Per una tua soddisfazione personale. Per poter dire al mondo che sei una persona matura, con la testa sulle spalle e stupire tutti quelli che ti sono vicini. Io credo che se ci provi davvero, puoi anche riuscirci. È già tanto il fatto che riconosci i tuoi errori, questo è già un segno di maturità. È vero, stamattina hai sbagliato ad aggredirmi, ma, ad essere sincera, non ho capito ancora in cosa, ma anch’io ho sbagliato. Forse, il mio errore sta nel fatto che me ne sono andata senza far sapere niente a nessuno, nel fatto che non mi sono preoccupata minimamente del fatto che voi potevate essere in pensiero per me. Solo che, cerca di capirmi, quando ieri mi sono sentita dire quelle parole da Andreas, il quale mi ha aveva convinto a venire in vacanza con voi per vedere se ti comportavi bene, in modo da decidere di tornare con te, io mi sono sentita, non so come spiegartelo… Mi sono sentita così male, da non riuscire più a rimanere lì, così sono scappata, senza sapere neanche’io dove andare, poi mi sono persa…- Ecco, questa è una bugia, sapevo benissimo dove mi trovavo: ero in spiaggia. -…Ti giuro, volevo morire… Sono scappata per la disperazione… Non sapevo più ciò che volevo. Ho sentito il bisogno di rimanere un po’ da sola a pensare a ciò che mi sta succedendo in questo momento. Ho sentito il bisogno di pensare a tutto ciò che sto facendo e se è giusto. Se sto agendo bene, se sto dicendo le cose giuste. Poi, ad un certo punto, mi sono resa conto del fatto che, Andreas, aveva ragione. Io da te non posso pretendere niente. Non ti posso costringere a fare o a dire ciò che voglio io. Non è giusto. Noi due non stiamo più insieme.- Gli rispondo.
    -Mia, io voglio riaverti, non so se l’hai capito e, per farlo, devo “Comportarmi bene”, non pensi?-
    -Sì, e lo stai facendo… Ma lo stai facendo contro la tua volontà. Non sei te questo Tom: è un’altra persona. Io non voglio il Tom che stai diventando, io voglio il vero Tom. Il Tom che ama le donne e il divertirsi con loro. Quello che ama il divertirsi in generale. Quello che ride, scherza e fa cazzate con il suo caro amico Georg. Io voglio quel Tom.-
    Tom non parla. Touchèt. Colpito. Lui non vuole fare il “bravo”, anche se dice di amarmi più di ogni altra cosa.
    -No, non è vero… Mia…-
    -Tom, lo so… Io so che non vuoi solo me, ma vuoi anche divertirti con le altre ragazze.-
    Tom si alza e si avvicina ancora di più a me. Mi prende il viso tra le mani. Mi guarda negli occhi, profondamente, come nessuno aveva mai fatto. Nessuno aveva guardato mai così in fondo ai miei occhi. È come se volesse mostrarmi qualcosa e non sa come farlo.
    -Mia, guardami bene negli occhi, dritto negli occhi. In fondo, c’è l’amore che io provo per te. E sai perché è in fondo?-
    Faccio cenno di “No” con la testa.
    -Perché voglio che nessuno tocchi quel sentimento così puro. Lo custodisco lì in fondo gelosamente, perché voglio che nessuno debba vederlo. È solo mio. Mio. E devo guardarlo solo io.- Mi sussurra tutto questo, dolcemente.
    Mi viene spontaneo abbracciarlo forte. Quando vuole sa essere davvero un tesoro. È questo il caro Tom che conosco. Lo guardo negli occhi, carezzandogli la testa. Poi… Lo bacio. Sì, io so essere più passionale di Katrynca. Lo getto sul letto continuando a baciarlo. Tom mi stringe a sé con un braccio, mentre, l’altra mano la tiene dietro la mia nuca. Gli sto sopra. Mette le mani sotto la mia maglietta. Poi, passa ad accarezzarmi le cosce. I suoi movimenti sono molto lenti e dolci, come lui. mi carezza dappertutto. Le mie mani scendono sotto la sua maglietta larga. La sua pelle è liscia, morbida, come quella dei neonati. Questa è la cosa più bella che mi potesse succedere stasera. È la migliore. Allora, vuol dire che si prevede una serata davvero grandiosa. Spero che faccia rimanere ancora il Tom che mi ama davvero. Non voglio che quella parte di sé scomparisca. Non deve scomparire. Perché è la parte di Tom che amo. Quella che amo di più è la parte del Tom passionale, voglioso, desideroso. Che sa dove iniziare e dove finire. Il Tom che sa baciare così bene sul collo, che riesce a farti andare in estasi. Sì quel Tom io voglio. Quello voglio che rimanga per sempre. Perché quello è il vero Tom. Il Tom di cui mi sono innamorata fin dalla prima volta in cui ho incrociato il suo sguardo.
    Mi stacco da lui e inizio a ridere.
    -Cos’hai?- Mi chiede, poggiandosi sui gomiti.
    -Niente…-
    -Dai, dimmelo.-
    -Ok… Sembrava che stessimo per farlo.-
    -Se vuoi…-
    Lo guardo seria. No, non me la sento.
    -Tom, io e te abbiamo commesso un errore.-
    -Ah, sì?-
    -Sì!-
    -Quale?-
    Ci penso un po’ su. Non so se dirglielo o no. No, meglio di no, meglio evitare.
    -Niente, lascia stare.- Gli dico.
    -Dai, davvero, dimmelo!-
    -No, no, niente… Me ne sono anche dimenticata.-
    -Sicura?-
    -Sì, sì!-
    Mi alzo dal letto. Tom mi guarda fisso. Ci guardiamo da lontano e ci sorridiamo.
    -Mia, mi piace come sei vestita stasera!-
    -Grazie! Anche te stai molto bene!-
    -Sì, vabbeh!-
    Continuiamo a guardarci ancora. Sembra di essere tornati alla notte in cui ci siamo messi insieme. Tutto perfetto, come lui. un angelo caduto dal cielo, solo per stare accanto a me. Il mio angelo custode. Che si è incarnato e s’è fatto uomo per stare al mio fianco per sempre. Questo è Tom. Il mio Tom. Il ragazzo di cui mi sono follemente, perdutamente, pazzamente innamorata. Quello che è riuscito a farmi perdere la testa. Quello che sa essere passionale, come nessuno al mondo. Il mio SEXGOTT.
    Mia, mi sa che ora ti stai allargando un po’ troppo. Non scordare che è sempre lo stesso ragazzo che è stato con Katrynca, mentre eravate lontani, l’uno dall’altra, chilometri di distanza. Mia ora è il momento in cui devi pensare a te stessa, per la prima volta nella tua vita.

    Capitolo 35
    -Dai, Erik, non fare il cretino!-
    -Ma come? Parli proprio tu, Mia, che ieri notte hai fatto delle cazzate immonde?-
    -Sì, immonde! Dai non esagerare. Casomai, strane!-
    -Ok, come vuoi, se dici che sono strane, sono strane. Comunque, devi solo fare finta di essere la mia ragazza davanti alle ragazze che frequentano il mio bar. Cosa ti costa?-
    -Ma perché? Da come mi guardano sembra già che ce l’hanno con me, ora vuoi che mi picchino proprio?-
    -Ti difendo io.-
    -Sai che sicurezza!-
    Io ed Erik siamo ancora nel suo bar, ancora pieno di persone che hanno voglia di bere. Sembra che nessuno vuole ancora andarsene. Erik mi ha chiesto di far finta di stare insieme per togliersi di torno, come le chiama lui, le “Ambigue ragazzine che gli fanno il filo”. Ma che gli frega, basta dire, semplicemente: “Mi dispiace, ma non mi piaci!”. Ci penso un po’ su, mentre lui mi guarda speranzoso.
    -Ok, va bene, ci sto.- Gli dico.
    -Che bello! Grande! …A questo punto, devi venire qui, dietro al bancone, con me.-Dice lui, entusiasta.
    Giusto. Cerco di scavalcare, da sola, il bancone, ma, comunque, Erik cerca di aiutarmi. Quando i miei piedi toccano, di nuovo, il pavimento di legno, il mio viso si trova a pochi centimetri da quello di Erik. Ci guardiamo negli occhi, come non abbiamo mai fatto da quando ci siamo conosciuti. Sembra che debba succedere qualcosa. appunto, sembra, non è che deve per forza succedere qualcosa.
    -Grazie!- Gli dico.
    Erik si allontana un po’ da me e chiama il suo collega, presentandoci.
    -Xavier, questa è Mia, la mia… Ragazza… Mia, questo è Xavier, quello che mi dà un mano col bar.- Dice Erik.
    Ci diamo la mano, sorridendoci.
    -Piacere di conoscerti, Mia.- Mi dice Xavier.
    -Piacere mio.- Gli rispondo.
    -Erik, dato che sono qui dietro, ti aiuto.- Mi offro.
    -No, non esiste, non preoccuparti.- Mi risponde Erik.
    -Così, almeno, non facciamo le cose di corsa!- Dice Xavier.
    -Dai, mi occupo solo delle birre e degli altri alcolici, poi, per i cocktail, ve lo vedete te e Xavier, perché io so farli. Poi, comunque, voglio iniziare ad imparare il mestiere di barista, dato che, dopo il diploma, aprirò un bar mio.- Insisto.
    -Ok, va bene! Ma davvero vuoi aprire un bar tuo?- Mi chiede, sempre Erik.
    -Sì!-
    -Ma, in Italia?- Mi chiede Xavier.
    -Certo che lo aprirà in Italia, cretino!- Gli risponde Erik.
    -Ma io che ne so!-
    Erik scuote la testa ridendo, poi mi passa un grembiule. Lo indosso.
    -ALLORA, RAGAZZI… CHI DEVE PRENDERE LE BIRRE O ALTRI ALCOLICI, PUO’ RIVOLGERSI ANCHE A ME; MENTRE, PER I COCKTAIL, RIVOLGETEVI A UNO DEI DUE RAGAZZI, OK?- Li avviso.
    In coro, tutt’insieme, mi rispondono “Ok”.
    -Mia, ma perché urli?- Mi chiede Erik, ridendo.
    -Li ho avvisati che per le birre e gli altri alcolici, possono chiedere a me, e… Vabbeh, hai sentito… Li stavo semplicemente avvisando.- Rispondo io.
    Xavier non ce la fa più dalle risate.
    -Me l’avevi detto che era un tipo divertente, ma non mi avevi detto che era così divertente.- Dice Xavier ad Erik, continuando a ridere.
    Ok. Mi trova simpatica, meno male. Vabbeh, che Erik mi trovava simpatica, l’ho capito subito. Oddio, penso che sto facendo troppe figure di merda.
    -Ehi, tu, puoi venire un attimo?- Una voce femminile.
    Mi volto e noto che una ragazza mi sta guardando. Mi indico con una mano.
    -Dici a me?- Le chiedo.
    -Sì, a te.- Risponde indifferente.
    Mi avvicino e sorrido cordiale. La ragazza porta una micro-gonna di jeans, la quale, se non la indossava avrebbe fatto prima. Al piede ha dei sandali stupendi, con dei tacchi vertiginosi. Minchia! Io non riuscirei a camminare con quei tacchi così alti. Sopra ha un top scollatissimo, con la pancia fuori. Il trucco è molto pesante e la invecchia di molti anni.
    -Come posso esserti utile?- Le chiedo, sempre cordiale.
    -Dammi un bicchiere di Scotch whisky!- Mi dice, con prepotenza, come se le avessi fatto qualcosa.
    -Puoi mostrarmi la tua carta d’identità?- Le chiedo, come sempre cordiale.
    -Senti bella, guarda che, io, ho venticinque anni.- Mi dice, altezzosa.
    -Se mi permetti, vorrei controllare.- Le dico.
    La ragazza mi guarda ancora peggio di come mi guardava all’inizio, ma, comunque, si arrende e me la dà.
    Guardo subito la foto: è lei, con tre quintali di trucco in meno. Devo ammettere che è molto più bella al naturale. Cerco la data di nascita: non ha venticinque anni, ma venti. Mi ha fregato di cinque anni. D’altronde, per come si trucca, sembra che abbia venticinque anni. Le do, di nuovo, la sua carta d’identità. Continua a guardarmi male. Ok, ho capito, questa è venuta per litigare. Meglio fare la parte dell’indifferente.
    -Xavier?- Lo chiamo.
    -Che c’è?- Mi risponde lui.
    -Dov’è la bottiglia di Scotch whisky?- Gli chiedo.
    -La trovi dietro di te, come tutti i liquori e, accanto alla cassa, trovi il listino prezzi.- Mi risponde Xavier.
    -Ok, grazie!- Lo ringrazio sorridendo.
    -Che barista sei, se non sai neanche dove sono gli alcolici!- Mi dice la ragazza.
    -Non sono una barista, gli sto semplicemente dando una mano!- Le rispondo.
    Prendo la bottiglia e un bicchiere e ne verso un po’ nel bicchiere. Glielo passo e rimetto il bicchiere a posto. La ragazza mi paga. Quando le sto dando il resto, mi blocca il braccio con una mano.
    -Se non lasci in pace Erik, ti ammazzo.- Mi dice, minacciosa, a bassa voce.
    -Ah, sì?- Le chiedo.
    -Sì!-
    -Erik ed io stiamo insieme, e se ti crea disturbo, mi dispiace, ma non ci posso fare niente. Io sono libera di stare con chiunque e anche Erik… E, poi, è inutile se mi minacci, perché io non ho paura di te.- Le dico decisa.
    -Ah, no?-
    -No!-
    -Vuoi vedere come inizierai ad avere paura di me?- Mi chiede. La sua voce si fa sempre più minacciosa.
    -Ehi, tesoro, tutto bene? I clienti e le clienti ti trattano bene?-
    Mi giro. È Erik. Mi sorride. Mi rigiro verso la ragazza.
    -Sì, amore, tutto bene.- Gli rispondo.
    -Sicura?- Continua lui. -…Perché, con Dolores, nessuna delle mie ex ragazze, quando stavamo insieme, è stata tranquilla.- Mi avvisa, sempre Erik.
    -Sono sicura, amore mio… E sottolineo “Amore mio”, girandomi verso lui. -…Mi stava, semplicemente, chiedendo una cosa privata.- Gli rispondo, cercando di essere più decisa possibile, guardandolo negli occhi.
    Quando meno me lo aspetto, mi ritrovo le labbra di Erik sulle mie, le quali, però, non stanno ferme, non cercano un bacio a stampo, ma un bacio vero, con la lingua. Come se volesse dimostrare a questa ragazza che stiamo davvero insieme. Con le mani, mi gira verso lui e mi stringe a sé. Mi tiene stretta il più possibile. Faccio resistenza al suo abbraccio, ma poi mi lascio andare all’abbraccio. Tiene una mano dietro la mia nuca e l’altra intorno alla mia vita. Non riesco a credere al fatto che io ed Erik ci stiamo baciando, seppure per gioco, ma, comunque, lo stiamo facendo. Mi pare che stasera sto baciando un po’ tutti. L’avevo detto io che si prospettava una serata grandiosa! Erik, sembra, non volersi staccare da me, dalle mie labbra. Ok, non voglio fare quella che subito si stacca, quindi penso che sia meglio cedere al suo bacio. Apro anch’io le mie labbra. Erik continua a stringersi a me, facendomi poggiare alla cassa. Gli infilo le mani fra i capelli. Non ci fermiamo.
    -Ragazzi, se volete continuare a limonare, andate nel ripostiglio, così starete tranquilli!- Ci avvisa Xavier.
    Io ed Erik ridiamo, ma comunque non ci stacchiamo l’uno dall’altro. Non voglio lasciarlo. Non voglio. Ma, perché non voglio? Forse, perché, volevo baciarlo già da ieri. Forse perché non aspettavo altro. Ma, allora, perché, all’inizio, ho fatto un po’ di resistenza? Forse, perché, non me l’aspettavo. Oddio, ma quanti perché! Non devo per forza trovare le risposte a tutti questi perché. I baci di Tom sono diversi da questi di Erik. Quelli di Erik sono dolci, mentre, quelli di Tom, sono passionali, pieni di desiderio, come lui, ma comunque dolci. Quelli di Tom li adoro.
    -Sai recitare molto bene la parte della fidanzata.- Mi dice, continuando a baciarmi.
    -Beh, non ci vuole molto.- Gli rispondo, senza staccarmi.
    -Ah, no?-
    -No, basta fare come se stessi veramente con l’altra persona.-
    -Penso che potremmo continuare nel ripostiglio.-
    -Ah, sì?-
    Erik annuisce. -Lì, nessuno ci disturberà!-
    Continuiamo ancora a baciarci. Pensa se, ora, entrasse Tom e mi vedesse baciare Erik, di sicuro si arrabbierebbe. Ma, lui, non sa che sono qui, quindi posso continuare a baciare Erik quanto mi pare. Senza interruzione.
    -Mia!- Una voce pronuncia il mio nome. Una voce a me familiare. Molto familiare.
    Mi giro. Oh, cazzo, no! Cazzo, no! E ora? È Tom! Mi guarda con la faccia schifata. Oddio, mi sento in colpa. Non avrei mai voluto che Tom ci vedesse. Come cazzo ha fatto a sapere che io ero qui? Come? Non penso che gli altri gli abbiano detto qualcosa, o, almeno, lo spero, altrimenti li ammazzo. Più lo guardo e più mi sento male. Non avrei mai immaginato che Tom potesse vedere me ed Erik mentre ci baciavamo.
    Scavalco il bancone per andare da Tom. Mi metto a pochi centimetri di distanza da lui. il suo viso ha un’espressione dura.
    -E’ per questo che ieri sera e stasera sei voluta andare via? Per vederti con questo qui?- Mi chiede Tom, con tono distaccato.
    -No, Tom, aspetta, lascia che ti spieghi!- Gli dico.
    -Spiegarmi cosa, eh, Mia? Cosa vuoi spiegarmi?- Mi chiede arrabbiato.
    Il bar ci guarda. Oddio, che imbarazzo!
    -Tom…-
    -Tutta che facevi la vittima… E io che stasera, prima di uscire, sono venuto in camera tua per chiederti scusa.-
    -Tom, mi dispiace… Lascia che ti spieghi… Io ed Erik… Aspetta, fermo, alt! …Io non ti devo nessuna spiegazione! Noi due, non stiamo più insieme, quindi, sono libera di baciare chi voglio!-
    -Allora, perché hai fatto la scenata ad Andreas ieri sera in discoteca?-
    -Cazzo, Tom, te l’ho già detto stasera, prima di uscire, quando abbiamo chiarito.-
    -Sei una stronza!-
    -Tom…-
    -Non parlare, non parlare, mi fai schifo! E pensare che ci siamo anche baciati, come non ci baciavamo da tantissimo tempo, e lo stavamo per fare! Mi hai baciata come se volessi tornare di nuovo con me.-
    -Volevo dimostrarti che io sono più passionale di Katrynca. Volevo dimostrarti che sono più sexy di lei.-
    -Mi dispiace, ma mi hai dimostrato solo che sei più puttana di lei!-
    Colpita. Non ti aspettavi quello che ti ha appena detto, eh, Mia? Ha colpito al centro.
    -E’ questo, quello che pensi di me?- Gli chiedo con le lacrime agli occhi.
    Tom non mi ha mai guardata così. Non mi ha mai guardata con odio. È la prima volta che lo fa.
    Erik si mette in mezzo tra noi due. E dice a Tom:
    -Ok, basta… Io non so cosa vi siete appena detto, perché io, come, penso, tutti qua dentro, non parla la lingua che avete usato prima per litigare. Però, ho capito che tu ti sei arrabbiato davvero tanto e, vorrei avvisarti che…-
    Erik non riesce a concludere la sua frase, quando Tom gli dà un pugno, facendolo barcollare. Da lì, Tom, si scatena, peggio una furia. Si scaraventa, con pugni forti, su Erik, il quale, poggiato al bancone, cerca di coprirsi il viso, il più possibile, con le mani. Nessuno interviene, si fanno tutti i fatti propri. Nessuno vuole rischiare di farsi male, di ricevere i pugni. Neanche Xavier lo fa. Penso che, invece, sia arrivato il momento di intervenire. Ma, perché nessuno si muove per intervenire? Coglioni, menefreghisti, fifoni del cazzo! Ok, allora vuol dire che interverrò io. Proprio nel momento in cui mi metto in mezzo tra Tom ed Erik, per coprire quest’ultimo, mi arriva un pugno, talmente forte da scaraventarmi a terra. Cazzo! Non immaginavo che Tom avesse talmente tanta forza, soprattutto per dare i pugni. Direi che è un “Falso mingherlino”! Qualcosa mi scorre dal naso fino agli angoli delle mie labbra. È sangue. Minchia! Mi ha dato un pugno talmente forte da farmi uscire del sangue dal naso. Cerco di alzarmi. Lo faccio lentamente, aggrappandomi ad uno sgabello. Mi appoggio al bancone per non rischiare di trovarmi di nuovo a terra, dato che non riesco a tenermi in piedi da sola, senza sostegno: la botta è stata troppo forte. I miei capelli sono in disordine. Guardo Tom spaventata. Tom si guarda i pugni spaventato, poi guarda me, con più grande spavento. Ci guardiamo spaventati. Pensavo che, Tom, vedendomi davanti ad Erik, si sarebbe fermato, ma, invece, mi sono sbagliata di grosso. Anche Erik mi guarda. Anche lui spaventato. Ha molto segni rossi in viso e il sangue gli esce un po’ in tutto il viso. Prendo dei tovaglioli dal bancone e scappo via. Adesso non mi frega davvero più di quello che pensa ora e che penserà più tardi Tom. Ora ha davvero chiuso con me. Definitivamente. Non voglio sapere più niente di lui. cazzo, mi fa malissimo la guancia. Dal naso mi esce ancora del sangue. Pensavo che, stasera, io e Tom, avevamo chiarito tutto e che, di problemi, non ce ne fossero stati più, ma mi sono sbagliata. Mi sono sbagliata di grosso. Non credevo che Tom fosse così violento. Non so da che parte della spiaggia mi trovo. So solo che voglio stare il più lontano possibile da Tom. Povero Erik. Non ha fatto nulla di male per meritarsi tutto questo.
    Poco distante da me vedo un gruppo di ragazzi e ragazze, intorno al fuoco. Tutti ridono e scherzano. Mi avvicino di più al gruppo, magari mi aiutano. Più mi avvicino e più noto che c’è una ragazza col viso conosciuto. Quando sono poco distante da loro, riconosco la ragazza: è Dolores. Quella che prima, al bar, mi ha minacciata. Forse è meglio se mi allontano da loro, non hanno delle belle facce, non che siano brutti, ma non mi rassicurano.
    Oh, no! Mi ha vista. Il suo sorriso diventa diabolico. Si alza dalla sedia da mare e mi si avvicina.
    -Che ci fai qui?- Mi chiede.
    -Io… Veramente… Non…- Bofonchio. Non riesco a dire nulla.
    -Dov’è il tuo carissimo Erik, eh?-
    -Non… Sono…- Non riesco a parlare, sono ancora molto scossa.
    -Cos’è? Ora hai paura di me, eh? Prima, ti sentivi forte, perché c’era lui! Ora, sei tanto impaurita perché lui non c’è. Bene, vuol dire che ti farò vedere di cosa sono capace, quando nessuno non fa quello che gli dico.-
    Oddio, ho paura. Cosa vuole farmi? Ti prego, Dio, salvami, aiutami!
    Dolores mi trascina. Io cerco di fare resistenza il può possibile. Tengo i piedi inchiodati nella sabbia il più possibile. Ma lei è più forte di me… Ora… Non ho le forze. Mi porta davanti ai suoi amici.
    -Ragazzi, ora ci divertiremo con lei.- Li avverte.
    Poi mi guarda con una aria diabolica. Ora sto avendo, sul serio, molta paura. Cosa vorranno farmi, ora, questi? Uno di loro si alza e mi guarda con un luccichio strano negli occhi. Gira intorno a me. Io seguo tutti i suoi movimenti, poi si ferma dietro di me. Si attacca dietro me e mi abbraccia. Ho un sussulto. Con la lingua, mi lecca lungo tutto il collo. Chiudo gli occhi per il ribrezzo che provo. Lascia una scia. Continua a leccarmi. Tutti gli altri ci guardano e nessuno fa niente. Nessuno muove un dito, anzi godono. Si divertono a vedere questa scena.
    Il ragazzo si ferma ad un orecchio.
    -Sei bellissima… Sei sexy… Ti desidero.- Mi sussurra, con voce pastosa.
    -Lasciami andare, ti prego.- Gli supplico piangendo.
    -No… Tu lo vuoi, vero?-
    -No!- Gli rispondo decisa, cercando, il più possibile, di staccarmi da lui.
    -Bugiarda! Te l’ho letto in faccia appena ti ho vista, che lo volevi! Ora vuoi fare la preziosa. Lo vuoi. E so che mi desideri. Vedrai, sarà bellissimo!- Continua lui, tenendomi stretta il più possibile, a lui. E’ troppo forte.
    -No, non è vero! Ti supplico, lasciami andare!- Gli chiedo con voce supplichevole.
    -Ok… Allora… Non mi frega se lo vuoi o non lo vuoi… L’importante è che lo voglio io.- Dice ancora. Inizia a palparmi ovunque. Sotto la mia gonna e sotto la mia maglia. Mi lecca ovunque. Mi bacia con aggressività, con arroganza. Mi gira verso lui. si stringe a me e, con le mani, mi carezza il sedere, scendendo fino alle cosce. Cerco di staccarmi da lui, ma non ci riesco.
    Io urlo. Urlo a più non posso, ma, ad un certo punto lui mi tappa la bocca prima con la mano, poi con la sua bocca. La mia espressione degli occhi è impaurita. Il ragazzo mi strappa la maglia e mi alza la gonna continuando a toccarmi e a leccarmi dappertutto. Ti imploro, Dio, fa’ finire tutto questo! Ti supplico, aiutami. Continuo a piangere. Il ragazzo mi stende a terra e continua, senza fermarsi. Gli urlo di fermarsi, ma, ora, invece di tapparmi la bocca con la mano, mi dà degli schiaffi molto forti. Infila le mani sotto il reggiseno, poi, sotto le mutandine. A lui, si aggiungono anche gli altri ragazzi. Che continuano, insieme a lui, il lavoro appena iniziato. Tengono bloccati i miei piedi e le mie braccia. Le ragazze non parlano, anzi ridono. non li fermano. Mi chiedo, come si fa a guardare una scena del genere e non fare niente? Anzi, a ridere, addirittura. Non mi sarei mai dovuta allontanare. Non sarei mai dovuta venire in vacanza con i Tokio Hotel. Se fossi rimasta a casa, forse, tutto questo, non sarebbe mai successo. Continuo ad urlare, ma non risolvo nulla.
    Quando hanno finito i ragazzi, iniziano le ragazze. Io cerco di scappare, ma, loro riescono a tenermi ferma. Mi picchiano con schiaffi, pugni. Mi tirano i capelli. Mi tirano calci nella pancia. Dolores è quella che fa più male, quella che usa più forza. Mi insultano.
    Quando hanno finito tutto, mi lasciano sdraiata sulla spiaggia, senza forze e tutta insanguinata. Piango forte, finché perdo i sensi.


    Capitolo 36
    -E’ tornata?- Chiede Bill a Tom, entrando nella camera di mia, in cui Tom l’aspetta.
    -No!- Gli risponde Tom, guardando fuori dalla finestra.
    Arrivano anche Gustav, Georg e Andreas.
    -Cazzo, ma dov’è, ora? Ieri, a quest’ora era già qui.- Dice Gustav.
    -Ragazzi, non perdiamo la calma, ok? Sono sicuro che tra un po’ arriva.- Lo rassicura Georg.
    -Io vado a cercarla. Andreas, vieni con me?- Chiede Bill, più che preoccupato, autoritario.
    -Sì.- Gli risponde Andreas.
    -Ragazzi, voi restate qui e, nel caso torni prima di noi, ho il mio cellulare con me.- Ammonisce Bill.
    Tom, Gustav e Georg annuiscono in coro, vedendo andare via Bill ed Andreas frettolosamente. Tom cerca di non darlo a vedere, ma è più preoccupato degli altri. In fondo, si sente un po’ in colpa di tutto ciò che è successo Mia, anche se non sa che cosa le è realmente successo.
    Dopo che la sera prima, senza volerlo, le ha dato un pugno, dopo che Mia è scappata, Tom è tornato dai suoi amici sconvolto, shockato, si guardava la mano colpevole in continuazione. Non riusciva a capacitarsi del suo gesto… E, se è per questo, non riesce a capacitarsene nemmeno ora. Continua a guardarsi la mano. E, ogni volta che la guarda, si spaventa. Ha paura. Ha paura di essere diventato una persona violenta. Lui che non lo è mai stato. Neanche con suo fratello, anche quando litigavano. Non vuole diventarlo. La gelosia fa fare cose orribili. Non vuole diventarlo. Non riesce a capacitarsi del fatto che le ha fatto del male e che, se l’ha fatto una volta, potrebbe farlo ancora. Meglio darsi una calmata. Si sente in colpa del fatto che da quando si conoscono le ha fatto solo male, non solo “psichico”, ma ora anche fisico. Ha ancora impresso nella mente l’espressione spaventata di Mia, mentre lo guardava anch’ella spaventata. Sembrava stesse per piangere. Ma ora viene da piangere a lui.
    Quando è arrivato dai suoi amici, sempre la sera prima, gli ha raccontato tutto ciò che era successo. Ogni minimo particolare. Non avrebbe mai voluto farle del male. Gliene ha già fatto fin troppo. “Chissà se, ora, tutto potrà tornare come prima!”, si chiede. Ma già sa che sarà molto difficile.

    -Cazzo, ma perché non mi risponde al cellulare?- Urla Erik a Xavier, tenendo ancora del ghiaccio sul labbro inferiore.
    -Forse perché non lo sente squillare?- Fa Xavier.
    -No, è impossibile.-
    -Perché?-
    -Mia ha sempre la suoneria alta, me lo disse lei. Disse per evitare di non sentirlo. Dev’esserle, di sicuro, successo qualcosa… Dio, me l’aveva detto che era meglio non fare quella recita, se così la si può chiamare. Perché non le ho dato ascolto? Perché ho insistito?-
    -Forse o capito il perché.-
    -Ah sì?-
    -Sì… Mio caro Erik, anche se la conosci da, più o meno, tre giorni, Mia già ti piace. E ho notato che, quando vi siete baciato avanti a Dolores per finta, tu la volevi davvero. Ho visto come l’attiravi a te.-
    -E’ vero. Però all’inizio, quando l’ho baciata, ho avuto la sensazione che lei non volesse. Ha fatto un po’ di resistenza prima di lasciarsi andare. Come se prevedeva che sarebbe potuto succedere questo. Poi ha aperto la bocca ed è stato tutto magnifico, stupefacente. Ad essere sincero, è stato il bacio più bello della mia vita. Poi le ho chiesto se volevamo continuare nel ripostiglio e lei mi ha fatto intendere di sì.- Confessa Erik all’amico.
    -Non so se sei stato molto attento a quel ragazzo, ma era il chitarrista di un gruppo che si sta affermando molto. Era Tom Kaulitz dei Tokio Hotel.- Lo informa Xavier.
    -Dici sul serio? Oh, che bello… Sono stato picchiato dal chitarrista di un gruppo che mi piace… Che soddisfazione...-Esclama ridendo e con lui, ride anche il suo caro amico Xavier. -…Comunque, Avie, io vado a cercarla: sono troppo in pensiero per lei.- Lo informa Erik.
    -Erik, quante volte t’ho detto di non chiamarmi “Avie”?! Sai benissimo che non mi piace! Comunque… vuoi che venga con te a cercarla?-
    -No, no, grazie vado da solo.-
    Erik si alza dallo sgabello avanti al bancone e si avvia verso la spiaggia, appena accarezzata dal sole splendente.

    Apro gli occhi. La luce del sole, anche se lieve, mi acceca. Mi porto una mano avanti agli occhi e giro la testa di lato, infastidita dalla luce. Mi guardo dal basso verso l’alto e noto che ho del sangue un po’ dappertutto. Da qualche parte, ne esce ancora. I miei vestiti sono in brandelli. La maglia strappata, anche il reggiseno lo è un po’, gli slip strappati sono un po’ più lontani da me. La mia minigonna è un po’ alzata e scopre l mie cosce arrossate. Con un gesto involontario, l’abbasso. Ma cosa mi è successo? Poi, perché sono qui in spiaggia? Faccio mente locale. E il flash di ciò che mi è accaduto stanotte compare nella mia mente. Le lacrime iniziano a scendermi velocemente. I singhiozzi si fanno più forti. Mi metto seduta. Con le mani, cerco di “pulirmi”. Sì, pulirmi. Cerco di levarmi la pelle. Mi do pizzichi per strapparla via. Mi do schiaffi, pugni in faccia. Il rossore è un po’ dappertutto. Mi siedo e continuo a schiaffeggiarmi. Non voglio guardarmi.
    -Mia!- Sento qualcuno dietro di me.
    Ho paura. Meglio non girarsi. Meglio non rispondere e stare fermi.
    -Mia, sei tu?- Mi chiede ancora questa voce.
    Non riesco a riconoscerla, ho ancora le urla e le risate fragorose dei miei aggressori nella mente. La persona che è dietro me, poggia una mano sulla mia spalla. Me la levo di dosso con violenza e mi allontano da lui. Poi mi giro verso questa persona. È Erik. Da lontano vedo anche altre due persone correre verso noi. Inizio a riconoscerli. Bill e Andreas. Istintivamente, mi allontano da tutt’e tre, impaurita. Come se avessi paura che anche loro possano farmi del male.
    -Oddio, Mia, ma cosa ti è successo?- Mi chiede Bill, con gli occhi lucidi, strattonandomi le spalle.
    Non rispondo. Non riesco a parlare. Non ne ho la forza. Lo guardo ancora più spaventata.
    -Mia, rispondimi!- Urla ancora Bill.
    -Bill, non urlare. Non vedi che è spaventata. Così è peggio.- Lo informa Andreas, calmo.
    -Hai ragione…- Dice ad Andreas. -…Mia, tesoro, ti hanno fatto del male?- Mi chiede Bill, cercando di essere dolce come suo fratello, ma neanche lui ci riesce ad esserlo.
    -…Cara, ti prego, rispondimi, così mi fai stare peggio.- Fa ancora Bill. Le lacrime iniziano a rigargli il viso.
    -Bill, io la porto in ospedale.- Gli dice Andreas.
    Bill, poi, nota Erik.
    -E tu chi sei?- Gli chiede Andreas.
    -Erik.-
    -Ah… Sei quello che ha litigato con mio fratello?-
    -Sì… Purtroppo.-
    -Ok… Non ti conosco, ma, ora sei qui e conosci lei, quindi devi darci una mano a portarla in ospedale… Non sono sicuro che le sia successo ciò che penso e spero davvero tanto che mi sto sbagliando, ma per saperlo dobbiamo solo portarla in ospedale.- Gli dice Andreas.
    Bill non parla più. Il suo viso ha una strana espressione. Un’espressione che non riesco a capire e che non gli ho mai visto. Si alza e cerca di prendermi in braccio. Mi allontano da lui. Allora ci prova Andreas. Questa volta tiro anche calci. Poi ci prova Erik. A lui non va meglio. Sono tutt’e tre con le mani sui fianchi a guardarmi, perplessi. Bill ritenta. Questa volta, dopo un po’ di resistenza, alla fine, cedo e mi lascio prendere. Mi stringo forte a lui e immergo la testa nella sua spalla. Le lacrime tornano a scendermi. Non pensavo che Bill fosse così forte da riuscire a prendermi in braccio. Il suo fisico è asciutto, ma la forza non gli manca comunque.
    -Non preoccuparti, cucciola, ora non ti succederà più nulla… Ti prego, non avere paura di me… Non averne. Non ti farei mai del male.- Mi sussurra dolcemente.
    Sembra che parli Tom, ma non è lui. Ora è Bill a dirmi questo, non Tom.
    -Avvisa gli altri che l’abbiamo trovata e… Digli che li aspettiamo all’ospedale qui vicino… Ah… Digli anche che portino dei vestiti e anche reggiseno e slip puliti per Mia.- Ammonisce Bill ad Andreas.
    -Dov’è il cellulare?- Gli chiede Andreas.
    Bill si ferma e glielo prende dalla tasca, lasciando per poco tempo la mia schiena. Appena non sento la mano lo guardo interrogativa.
    -Cucciola, tranquilla, stavo solo prendendo il cellulare ad Andreas.- Mi avvisa.

    A visitarmi non è una dottoressa qualunque, ma una ginecologa. Mi ha dato un camice. Appena arrivati devono aver capito subito che mi avevano… Non riesco neanche a pronunciare quella parola. Prima di iniziare la visita, mi ha medicata. Ha voluto fare tutto lei. È molto materna. Andreas, Bill ed Erik aspettano fuori.
    -Ma, allora, sei davvero stata violentata!- Esclama guardandomi.
    Faccio cenno di “Sì” con la testa.
    -L’avevo immaginato dalle tue condizioni, appena sei arrivata, in quelle condizioni, ma, sinceramente, speravo di sbagliarmi e, invece, purtroppo, ne ho avuto la conferma. Sembri molto giovane.-
    Le lacrime tornano ad uscire dai miei occhi. La dottoressa, sempre col suo fare materno, si avvicina di più a me e mi abbraccia. Lo fa come se fossi sua figlia. Dal viso sembra giovane. Si vede che le piace curarsi. Dio, ma perché mi hai fatto questo? Perché a me? Cosa ti ho fatto di male?

    -Ma perché non ci fa sapere nulla?- Chiede Erik, come se uno di loro potesse sapere la risposta.
    -Non chiederlo a noi, ne sappiamo quanto te.- Risponde Georg.
    La sua espressione non è quella scherzosa di sempre. ora è serio, preoccupato.
    Tom continua ad andare avanti e indietro per tutto l’ospedale. Continua a guardarsi la mano “Colpevole”. È preoccupato. Cerca di non guardare Erik, mentre Erik, di tanto in tanto lo guarda. Tom è sempre più preoccupato. Se lo sentiva che le era successo qualcosa… Di brutto.
    Finalmente, dopo quasi un’ora che è dentro, la dottoressa esce.
    -Ragazzi, potete entrare!- Li avvisa.
    Quando vede Tom, lo blocca.
    -No, tu, no!-
    -Perché?- Le chiede.
    -Me l’ha ordinato la ragazza.-
    -Cosa?!-
    Tom non riesce a crederci. Non riesce a capire il “Perché”. I suoi occhi diventano, improvvisamente lucidi.
    -Dai, fratellino, vedrai che non è niente di grave, per questo non vuole farti entrare. Semplicemente per non farti preoccupare.- Cerca di rassicurarlo Bill. Ma se neanche lui crede alle sue stesse parole, come può crederci Tom?
    Bill gli stampa un bacio sulla guancia ed entra lasciando il gemello fuori molto perplesso per tutta la situazione che si è venuta a creare.
    “Mia non vuole che io entri da lei. Che io stia con lei, accanto a lei. Non ci posso credere!”

    La dottoressa si stacca da me dopo un bel po’ di tempo. Cerca di farmi calmare. Mi carezza la testa.
    -Che ne dici di far entrare i tuoi amici, eh? Penso che stiano aspettando fuori da troppo tempo. Penseranno che ti abbia ucciso io.- Mi dice ridendo.
    La sua risata è molto simpatica, vivace. Fa per camminare, ma le blocco un polso.
    -La prego, se c’è un ragazzo biondo, con dei rasta, non lo faccia entrare.- Le dico con voce strozzata e bassa.
    -Va bene!-
    La dottoressa apre la porta e li chiama. Sento le voci e ciò che dice la dottoressa. Quando sento ciò che dice a Tom da parte mia, mi si stringe il cuore. Vorrei tanto che non lo facesse, ma non me la sento di guardarlo in faccia dopo ciò che è accaduto. Bill, appena entra, corre da me e mi abbraccia. Gli altri si avvicinano alla scrivania e aspettano che la ginecologa inizi a parare.
    -Allora, ragazzi, mi dispiace che abbiate aspettato tutto questo tempo lì fuori.- Esordisce la dottoressa.
    -Ma no, si figuri.- Le risponde Georg, gentile.
    -Allora… La vostra amica, se la guardate, è molto shockata per una cosa molto brutta. Quella che le è successo stanotte, da quello che avete detto alla reception.-
    Bill si stacca da me e si avvicina ai suoi amici.
    -Che cosa?- Le chiede, perplesso.
    -Beh… Lei, stanotte, oltre ad essere stata picchiata a sangue, è anche stata… Stuprata.- Li avvisa.
    -Che cosa?!- Fa Bill incredulo.
    -Sì, è stata anche stuprata e non da una sola persona… Dovevano essere almeno in cinque.-
    Bill fa la faccia ancora più incredula. Inizia a piangere. Con lui anche Georg, Gustav e Andreas. Tutt’e tre vengono ad abbracciarmi. Erik rimane a guardarmi silenzioso. Sembra che vorrebbe dire qualcosa, ma non ci riesce. Non avevo mai visto Andreas, Gustav e Georg piangere. Di solito, sono sempre felici e sorridenti. È molto strano sentire i loro singhiozzi.
    -Il mio consiglio, ora, è quello di portarla alla polizia per farle fare una denuncia. Chi le ha fatto questo non deve passarla liscia.- Ci consiglia la dottoressa.
    Erik si avvicina a noi.
    -Mia, vuoi farla la denuncia?- Mi chiede (Erik).
    Faccio “Sì” con la testa. Bill, a quel punto, toglie la busta dalla mano Gustav e prende tutta la mia roba.
    -Ce la fai ad indossare almeno l’intimo?- Mi chiede Bill , cercando di calmare i singhiozzi.
    Faccio di nuovo “Sì” con la testa. Bill mi lascia il reggiseno e gli slip sul lettino e mi chiude la tenda.
    Indosso l’intimo svelta, senza neanche guardare le ferite che ho addosso. Poi riapro la tendina e Bill, con l’aiuto di Gustav e Georg, inizia a vestirmi. Gli occhi di Bill sono ancora lucidi. Dopo avermi aiutata a vestirmi, Bill va dalla dottoressa e iniziano a parlare sottovoce. Non riesco a sentire ciò che si stanno dicendo.
    -Erik!-
    Si gira e mi guarda.
    -Vuoi che nel racconto che farò alla polizia, metta anche la parte in cui Tom ti ha aggredito?- Gli chiedo.
    -No, non preoccuparti, per me è come se non fosse successo nulla.- Mi risponde sorridendomi.
    -Sicuro?- Insisto.
    Sembra quasi che io voglia vada per forza in galera, ma non è così. Ha sbagliato ed è giusto che si assuma le sue responsabilità.
    -Sì!-
    Il suo sorriso si fa più ampio.
    -E’ più importante la tua denuncia.- Continua lui.
    -Ma se, poi, ti chiedono come ti sei procurato quelle ferite in viso, cosa gli rispondi?- Gli chiedo.
    -Che mi hanno picchiato delle persone con il passamontagna e quindi non sono riuscito a capire chi fossero. Avviserò anche Xavier di non dire nulla sul nostro litigio. Non penso che interrogheranno i miei clienti. Non sono gli stessi, ogni sera. Tranne Dolores e i suoi energumeni, i quali vengono ogni sera.-
    -Ok. Se cambi idea, dimmelo.-
    Dopo un po’, Bill torna da me seguito dalla dottoressa, la quale sorride. Il primo mi riprende in braccio e, come prima, immergo il mio viso nella sua spalla. La dottoressa ci dà il referto medico che ha scritto, ci accompagna alla porta e ce la apre. Usciamo dalla stanza. Alzo il viso e incontro quello di Tom. È vicino ad una finestra. Quando mi vede cerca di sorridere, ma non gli riesce. Non riesco a guardarlo. Riimmergo il viso nella spalla di Bill. È troppo difficile per me incrociare i suoi occhi. Qualcuno cerca di prendermi. Riemergo e mi giro a vedere chi è. Solo Tom poteva essere. Allora stringo di più la maglia di Bill. Quest’ultimo se ne accorge e mi guarda, poi sorride. Tom si arrende e si allontana. Torno a immergere il viso nella spalla di Bill.
    - Ti prego, non avere paura di me… Non averne. Non ti farei mai del male.- Mi dice dolcemente Tom.
    Riconoscere la sua voce fra mille. La cosa più assurda è che ha detto le stesse cose di fratello. È incredibile. Sembra che gliel’abbia letta nel pensiero.
    -Tom, lasciala stare.- Questa è la voce di Gustav.
    -Allora? Cosa le è successo?- Gli chiede Tom.
    -Beh… E’ molto difficile da dire…E’ una cosa orribile, Tom… Molto brutta.- Risponde Gustav.
    -Oddio, Gustav, non tenermi sulle spine… Dimmi cosa le è successo.- Gli chiede ancora Tom, questa volta più alterato.
    -Tom, Mia, oltre ad essere stata menata a sangue, è stata anche stuprata… Molto probabilmente da cinque persone.- Gli risponde Georg.
    -C… Ch… Che… C… Co… Cos… Cosa… Che cosa?!- Fa Tom incredulo.
    -Sì, Tom, è così. È stata prima stuprata, poi malmenata.- Gli ripete Georg.
    -Da cinque persone.- Dice Tom.
    La sua voce è bassa, come se avesse sentito un morto parlare.
    -Ora dobbiamo andare alla polizia per fare la denuncia.- Lo avvisa Andreas.

    -Allora? Ditemi tutto. Perché siete qui?- Ci chiede un poliziotto in borghese, sedendosi dietro la scrivania, davanti alla quale io sono seduta, accanto a Bill. Il quale mi tiene la mano.
    Siamo al commissariato di polizia. Erik ci portato fin qui. Senza lui, non ci saremmo mai arrivati. Mi ha chiesto anche se ricordavo chi fossero le persone che mi hanno aggredita. Io gli ho risposto che si trattava di Dolores con dei suoi amici. Erik, sentendo questa risposta ha scosso la testa, come se si aspettasse una reazione alla serata di ieri. Mi ha detto che li conosce i nomi e i cognomi di tutti. E mi ha detto che non sono persone molto affidabili. Se non mi avesse avvisato lui, non me ne sarei mai accorta!
    -Ok… Allora…- Inizia Gustav.
    -Innanzitutto, chi è la vittima?- Chiede il poliziotte intrecciando una mano nell’altra.
    Tutti indicano me.
    -Ok… Allora, devo sentire solo la sua voce. Non me ne vogliate, ragazzi, ma se non eravate presenti potreste non ricordare bene l’intera storia.- Gli dice.
    In realtà, non gliel’ho ancora raccontata.
    Inizio a raccontare tutta la brutta storia, fermandomi, ogni tanto, per non crollare nell’ennesimo pianto. Il poliziotto, di tanto in tanto, mi fa delle domande specifiche. Ometto la parte in cui Tom ed Erik si sono picchiati, inventando una bugia. Tom gironzola per tutta la stanza. È difficile parlare in Inglese, soprattutto per una principiante come me. Per fortuna che lo Spagnolo e l’Italiano si somigliano, così qualche parola posso anche dirla in Italiano.
    Un suo collega ha verbalizzato l tutto al computer. I nomi li fa Erik e lo informa dicendo che vengono tutte le sere al bar.
    Dopo aver ascoltato con attenzione tutta la storia, il poliziotto mi rassicura che si occuperà personalmente di tutta la faccenda e che li prenderanno presto. Dopo essere uscito dal commissariato, Tom mi prende in braccio, scendo subito dalle sue braccia. Mi avvicino ad Erik. Ora mi prende lui in braccio.
    Prima di andare via, mi passa in braccio a Bill. Ci avviamo verso il nostro albergo. Ogni tanto, il mio occhio, cade su Tom. Lui mi fissa, non toglie lo sguardo da me.
    Ora ho solo bisogno di gettarmi questa storia alle spalle, senza dimenticarla, ma solo cercare di andare avanti nella maniera più giusta. La domanda sorge spontanea: ma come posso riuscirci?


    Capitolo 37
    Dolores e i suoi compari vengono portati via dalla polizia di Ibiza davanti ai miei occhi e davanti agli occhi dei miei amici. Istintivamente, mi attacco a Tom. Il quale mi stringe forte a sé. Mi fa poggiare la testa sul suo petto, per non farmi guardare. Non ce la faccio a guardare coloro che mi hanno stuprata. Tom mi stringe sempre di più, come se cercasse ancora di difendermi da loro. Ora, è vero che andranno in galera, ma niente potrà mai cancellare quella maledetta notte. Niente potrà restituirmi la mia verginità. Niente potrà mai più ridarmi la sicurezza negli uomini.
    -Tranquilla, tranquilla, piccolina!- Mi sussurra Tom all’orecchio per calmarmi. -…Ora, non potranno farti mai più niente!-
    Lo guardo. Il mio viso è impaurito. Oddio! Ma sto davvero abbracciando Tom?! Meno male che mi ero promessa di non voler avere più niente a che fare con lui. Mi allontano da lui sotto i suoi occhi interrogativi e mi avvicino a Bill.
    -Ragazzi, potete andare. Grazie di tutto!- Ci dice il poliziotto.
    -Grazie a lei! Se non fosse stato per lei!- Risponde Georg serio.
    -Io ho fatto solo il mio dovere di poliziotto! Ora dovete solo occuparvi di lei… Mi raccomando, statele molto vicino: non è facile superare uno stupro, soprattutto se è di gruppo… Vabbeh… Ragazzi, spero di rincontrarvi, ma non qui dentro… Salve, ragazzi!-
    -Salve!- Diciamo ognuno di noi uscendo dal commissariato.
    Usciamo uno alla volta. Bill e Andreas mi cingono il collo. Finalmente, questa storia, è finita. Ho passato giorni di angoscia. Sono stati i più brutti della mia vita. Notti insonni, incubi continui, paure. Paura di rimanere da sola, paura che quelli potessero entrare dalla finestra della mia camera d’albergo e rifare ciò che mi hanno fatto. Ho vissuto nell’angoscia totale. Ogni volta che faccio la doccia, riguardo i miei lividi e mi torna in mente tutta quella scena e il sangue sparso un po’ ovunque. E mi sento talmente “sporca”. Come se avessi commesso un omicidio o qualcosa di ancora peggio. Così mi d degli schiaffi e piango. Piango del fatto di avere ricevuto questo corpo e di non essere in grado di proteggerlo.
    Nonostante Tom sappia bene che non voglio vederlo, lui continua a starmi vicino, non mi lascia un momento sola, tranne in pochi. Si è accontentato di dormire sulla poltrona, scomodo, solo per non lasciarmi sola e per farmi dormire più tranquilla la notte.
    Senza volerlo, ieri sera, ho ascoltato ciò che si dicevano i Tokio Hotel + Andreas riguardo tutto ciò che è successo. Tom si sente davvero in colpa, anche se, ad essere sincera, la colpa non è del tutto sua. È anche un po’ mia e di Erik. Di Erik, perché non doveva insistere a farmi fare quella ridicola sceneggiata dei due fidanzatini. Mia, perché non dovevo accettare. Fatto sta che, in quella spiaggia, non sono più voluta tornare. Alla fine ho raccontato come stavano le cose quella sera. Quando Tom, ha saputo e finalmente capito che si trattava solo di una stupida recita fatta solo per far “allontanare” tutte le ragazze da Erik, Tom ha voluto che io chiamassi Erik per farlo venire in albergo e scusarsi. Quest’ultimo ha accettato ed è subito arrivato in albergo. Erik ha accettato le scuse di Tom e hanno iniziato ad andare d’accordo. Quando volevo andare al bar di Erik mi accompagnava sempre qualcuno oppure veniva a prendermi lo stesso Erik. Devo essere sincera, tutti qui, mi stanno trattando benissimo e mi stanno viziando, soprattutto dopo ciò che è accaduto.
    Con Tom, non vanno meglio, anzi peggiorano ancora di più. Ormai, per me, siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Come ho già detto, lui s’è messo in testa di proteggermi stando sempre con me. Lo disse e lo fa, fregandosene del fatto che io non voglio, o meglio, non voglio che sia lui a “proteggermi”, ma, purtroppo, lui è cocciuto come me. Ho provato più volte a dirgli che non ho bisogno né della balia e né delle guardie del corpo, ma niente, da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce.
    Bill si comporta allo stesso modo. Non ho mai capito come mai mi tiene come una bambola di porcellana, nel senso che non vuole che io subisca il male. Però io accetto molto più volentieri la “protezione” di Bill.
    Non riesco a perdonare Tom. Erik l’ha fatto, ma io no, non ci riesco, è più forte di me. Se lo facessi, sapendo di prenderlo in giro, mi sentirei starei ancora più male, quindi preferisco non perdonarlo e stare bene con me stessa.
    Da quella notte ho cercato di evitare ogni contatto fisico con i ragazzi. Non so se se ne sono accorti. Tom mi cammina accanto. Ci stiamo dirigendo verso l’aeroporto per partire alla volta delle Maldive.
    -Ragazzi!- Dico.
    Si girano tutti verso me.
    -Mica avete avvertito mio padre di tutta questa storia?- Gli chiedo più che perplessa, preoccupata.
    -Non ancora, perché?- Chiede Georg.
    -Oh, grazie a Dio… Perché preferirei che lui non sapesse niente di tutto ciò che è accaduto qui.- Rispondo sollevata.
    -Perché non vuoi farglielo sapere?- Mi chiede Andreas.
    -Potrebbe preoccuparsi inutilmente e fare delle cazzate inutili. e, a quel punto, dovrei preoccuparmi di lui.- Continuo.
    -Ok, faremo come vuoi, anche se io non sono molto d’accordo… Non lo trovo giusto nei suoi confronti. È comunque tuo padre. Ma, dato che desideri questo, ti accontenteremo!- Dice Tom.
    Lo guardo male. Non ho bisogno del suo parere.
    -Bill, andiamo.- Gli faccio stizzita e trascinandomelo dietro.
    -Scusa, ma ora, non stiamo già “andando”?- Mi chiede Bill.
    -Ma perché non capisci mai ciò che voglio dire?! Intendevo, cammina con me!- Gli dico.
    -Ah, ok! …Ora ho capito!-
    Gli sorrido prendendolo sotto braccio. Lui si libera e mi cinge il collo col braccio e mi scuote i capelli.

    Aereo. Tom è accanto a me. Ha insistito molto. Ogni tanto, o meglio, ogni tanto spesso, noto alcuni suoi movimenti in cui lui sembra che voglia dirmi qualcosa o fare qualcosa, ma, poi, si blocca e si gira dall’altro lato. No so se sa che io noto i suoi movimenti, ma va bene così. Me ne sto con le cuffie nelle orecchie a giocare sul mio PC portatile a The Sims 2. Quando io e Tom stavamo insieme, creai la Famiglia Kaulitz, formata da noi due e una bambina. È’ da molto che non gioco con quella famiglia, mi mette nostalgia.
    -Ok… Va bene… Ora basta! …Mia… Per quanto ancora ce l’avrai con me?- Mi chiede Tom.
    Mi giro di scatto verso lui. Lo guardo arrabbiata. Lui sembra sereno e, addirittura, alza il sopracciglio.
    -Mmm… Ad occhio e croce… Per sempre!- Gli rispondo.
    -Ok, ok, hai ragione, ma ho reagito d’impulso.-
    -E, secondo te, questo serve a giustificarti? Tom, a causa tua e della tua spocchia io sono stata violentata. Io ho perso la mia verginità nel peggior modo che esiste al mondo. A causa tua, ho subito l’umiliazione più grande che una donna possa avere. Non voglio dire che io ed Erik non ne abbiamo colpa, ma se solo mi avessi fatto spiegare, senza picchiare il povero Erik, tutto questo non sarebbe mai accaduto. E, se devo essere sincera, io trovo davvero assurdo il fatto che te, ora vuoi “proteggermi dall’orco cattivo”. E ti dico anche che io non gradisco la tua protezione, e non la gradirò né ora né mai.-
    Tom ha la faccia sconvolta. Dev’essere stato ciò che gli ho detto. Mi sa che ho esagerato. Gira il viso dall’altro lato.
    -Non avrei mai voluto che ti fosse accaduto tutto “ciò” che è ti è accaduto… Davvero. Cazzo! Mi viene lo schifo solo a pensarci e non mi viene neanche da pronunciare quella orribile parola. Ho sempre pensato che la tua prima volta fosse con me. E che la mia prima volta fosse con te. Figurati che stavo in iniziando ad immaginarmela. Io e te insieme, abbracciati su un letto di fiori freschi. Sotto le stelle. Tutto in modo molto magico, dolce e romantico… Quando ho saputo ciò che ti era successo volevo uccidere quei bastardi che lo avevano fatto. Volevo fargli tutto il male che hanno fatto prima a te, poi a me. Bill e gli altri hanno dovuto mantenermi per non farmi uscire dall’albergo per andarli a cercare. Dalla rabbia, stavo per prendere a pugni anche loro. E mi uscivano le lacrime. Volevo spaccare tutto. Volevo sfasciare l’albergo. Ti giuro, non so neanche io cos’altro avrei voluto fare. Poi, Bill volle parlare da solo con me e mi ha convito a non fare mosse azzardate. E lì sono scoppiato a piangere come un bambino. E Bill continuava a consolarmi piangendo anche lui. Cercava di darmi la forza di andare avanti e mi diceva: “Ora devi stare calmo, fallo per lei. Per la tua unica ragione di vita!”. Quando sono rientrati anche gli altri e ci hanno visto piangere, si sono uniti anche loro e ti dico che si stava creando un oceano in quella camera. Io non so se te ne sei mai accorta, ma ti siamo affezionati e più di tutti, io...- Tom si rigira verso me. Sulle guance gli scendono le lacrime. Non so che fare. Ora qualunque cosa io possa fare, mi sembra troppo azzardata. Mi si stringe il cuore a vederlo piangere. Ma perché dev’essere tutto così complicato per me? Se solo non fosse stato con Trina. Mi sento talmente in colpa. Abbasso la testa. - …Dio, Mia, pagherei tutti i soldi di questo mondo per tornare indietro e non andare a quella maledettissima festa. Tornerei indietro solo per non farti del male e, soprattutto, per non perderti.- Continua.
    -Tom, ti prego, basta, non continuare!-
    -No, Mia, mi sento così stronzo. Quando decisi di non andare più con Trina, ti giuro, non avevo neanche il coraggio di guardarmi in faccia. Mi facevo schifo. Mi sentivo un lurido bastardo e mi chiedevo: “Ma che razza di uomo sono? Io non la merito una persona come lei!” E speravo che anche tu stessi facendo la stronza con un altro, così potevo dirmi: “Te lo meriti, Tom, così impari!”. Dopo tutto questo, aggiungendo anche la spocchia di quella sera al bar, mi sento ancora peggio. Mi sento la persona più brutta del mondo…- Continua piangendo ancora più forte. -…Avrei dovuto ascoltarti, invece di fare il coglione!-
    Tom fa una smorfia strana, la quale, forse, dovrebbe essere un sorriso.
    Mette la sua mano sulla mia e mie la carezza, dolcemente. In una frazione di secondo, mi viene in mente tutto l’orribile scena di quella notte. Tolgo la mia mano dalla sua. Tom nota la mia espressione impaurita.
    -Cosa c’è?-
    -Ehm… Scusa, Tom, ma ho paura di essere toccata!-
    -Ah… Capisco… Comunque, l’importante è che tu ti riprenda il più presto possibile e noi tutti ti daremo una mano affinché questo sia possibile.- Dice con la sua dolcezza. Quella che amo più al mondo.
    E vorrei abbracciarlo forte. Ma non so cosa succederebbe nella mia mente. Meglio evitare per il momento.
    -Sai la cosa che più mi ha colpito qual è?- Mi chiede.
    -Shh… Non dirlo!-
    -Il fatto che, in ospedale, dopo che la dottoressa ti ha visitata, hai voluto far entrare tutti tranne me. È stata la cosa più brutta, poi però mi sono detto: “Tom, te lo meriti! Così impari a fare il coglione.”. A volte non so cosa mi prende. Non pensavo che la gelosia facesse uscire fuori di testa. Non me lo sarei mai aspettato. E nessuno me l’aveva mai detto. O meglio, non ho mai chiesto a nessuno cosa si provava quando si è gelosi, perché non avevo mai pensato che un giorno l’avrei provata davvero. Non me lo sarei mai aspettato tutto questo.- Mi dice ancora.
    -Tom, non pensavo che sarei arrivata al punto di dovertelo dire, ma con ciò che è successo… Tutto ciò che è successo, penso che, per me, sia giusto così…-
    -Cosa vuoi dire?-
    -Preferirei che stessi il più lontano possibile da me.-
    -“Lontano da te”?! Non riesco a capirti, Mia.-
    -Tom, sto cercando di dirti che è meglio evitarci!-
    -Ma… Perché?-
    -Tom… Io… Ogni volta che ti guardo, mi vengono in mente… Oddio, non ce la faccio a guardarti…- Mi giro verso l’oblò. -…Mi vengono in mente le “allucinazioni” di te e Trina… Poi quando mi hai dato quel pugno ad Ibiza… E lo stupro…-
    -Ma è assurdo!-
    -Io non posso farci nulla!-
    -Ma, Mia, io…-
    -Tom, almeno per una volta, rispetta una mia scelta.-
    -No, Mia, mi dispiace, ma non rispetterò questa decisione. Non posso accettare proprio “questa”. È come se mi chiedessi di non bere più e di non mangiare più.-
    -Tom, vedila come vuoi, ma io ti eviterò.-
    Mi alzo dal mio sedile e faccio per andare da Bill. Tom mi blocca stringendomi il polso. Lo guardo.
    -Ti prego, Mia, non farmi questo!-
    -Tom, mi stai facendo male.-
    E stringe ancora di più. Poi, non so come, ma riesco a liberarmi e mi dirigo verso il carissimo Bill.


    Capitolo 38
    La mia camera d’albergo è sempre grande. Non che quelle dei miei amici siano piccole, ma, a differenza dalla loro, la mia è singola. È bello avere una camera tutta per sé. Puoi gestirtela come vuoi. Hai i tuoi spazi. Hai gli armadi e il bagno tutti per te. È il massimo della vita. Un letto enorme in cui puoi prenderti tutto lo spazio che vuoi.
    Il mare è di fronte all’albergo. Il che vuol dire che non cammineremo molto. E, anche questo è il massimo, però della vacanza.
    Questa vacanza, stupro e litigi a parte, sta andando una meraviglia.
    È la prima volta che vengo alle Maldive, come è la prima volta che viaggio fuori dall’Italia e da sola. Spero che sia la prima di una lunga serie di vacanze indipendenti e divertenti come questa.
    Gli altri mi aspettano tutti giù nella Hall dell’albergo. Esco dalla camera ed entro nell’ascensore. Ci metto poco a scendere.
    Le porte dell’ascensore si riaprono. Sorpresa! David (Il manager dei Tokio Hotel), Saky e Toby (Due guardie del coro), sono seduti su dei divanetti e parlano fitto fitto con i Tokio Hotel. Non so se la loro presenza mi fa gioire o essere preoccupata. Sono felice di vedere che la parte più importante dello staff dei Tokio sia qui, ma il loro arrivo qui è alquanto sospetto.
    Mi dirigo verso i divanetti su cui sono seduti a parlare, cercando di nascondere la mia leggera preoccupazione, in modo da sembrare, quanto più mi è possibile, normale.
    -Salve, ragazzi!- Saluto ognuno di loro.
    -Ciao!- Mi salutano anche loro.
    Mi siedo sul bracciolo della poltrona su cui è seduto Tom.
    -Allora, come vi dicevo, il nostro arrivo qui non è un caso.- Dice David.
    -Ah, no? Perché?- Chiede Gustav.
    -Saky, passami la mia borsa.- Gli ordina.
    Saky gliela passa e, da lì, David, ne estrae dei giornali tedeschi. Li sfoglia velocemente. Io lo dicevo che mi dovevo preoccupare. Era troppo strano il fatto che sono venuti qui loro tre. Mette il giornale sotto il naso di Bill. Ognuno di noi si avvicina. Bill lo legge a voce alta, in modo che noi tutti possiamo capire di cosa si parla nell’articolo.
    -“Una per i Tokio… I Tokio per una!”… Questo è il titolo… “Una ragazza misteriosa è in compagnia dei Tokio Hotel. Sembra che alloggi nel loro stesso albergo e che stia sempre con loro...” …Poi ci sono altre sciocchezze. Ci sono alcune foto ognuna con uno di noi.-
    -In che senso?- Chiede Tom.
    -Tom, ma sei minorato? C’è una foto insieme a me, una insieme a te, una con Gustav, una con Georg e una con Andreas. E, infine, c’è scritto: “Chi dei cinque sceglierà? Appuntamento al prossimo numero!”.-
    Rimango sconvolta. Io su una rivista e, per di più, mi fanno passare anche per puttana. Che meraviglia! Vorrei tanto scavarmi una fossa e infilar mici dentro.
    David dà a Bill, con più calma di prima, il secondo giornale. Glielo strappo di mano. Vediamo che cattiveria hanno scritto su quest’altro giornale. Lo leggo anch’io ad alta voce:
    -“La First-Tokio-Girl!”… Il titolo mi fa pensare che sia un po’ meno cattivo dell’altro. Poi: “La ragazza si struscia prima con Bill, poi, con Tom, poi con Gustav e, infine, con Georg. Poi va da un bel biondino che è in viaggio con loro. E, in più, dato che non si accontenta dei cinque ragazza, si fa coccolare, anche da un bel moretto!” Oddio, che schifo! Ci sono tutte le foto. Mi stanno facendo passare per puttana…- Continuo sconvolta, non riuscendo a staccare gli occhi dall’articolo e dalle foto. -…Sarebbe stato molto meglio se non avessi accettato di fare questa vacanza.-
    Con le lacrime agli occhi torno all’ascensore. Risalgo in camera mia e ci entro di corsa per poter andare a piangere sul mio letto. Sarebbe stato davvero molto meglio non accettare di passare le vacanze con loro. Prima di partire, Georg mi assicurò che non ci sarebbero stati paparazzi. Ma i paparazzi trovano sempre il modo di arrivare ai veri VIP. I giornali sanno essere davvero molto cattivi. Vorrei solo capire cosa ci guadagnano a farlo.
    Mi alzo e vado alla scrivania su cui c’è il mio PC. Lo accendo, portandolo con me sul letto. Aspetto che si carichi. Non ci mette molto. Poi collego il mio cellulare al PC e lo metto in modalità “Modem”. Mi tamburello le dita su una gamba.
    Penso che si sia assestato ben bene. Avvio MSN. Trentaquattro e-mail ricevute. È da molto che non mi ci collego. ‘Sti cazzi! Non avevo mai ricevuto tutte queste e-mail. Rosa mi trilla.
    “Ehi… Non ti fai mai sentire!”, mi scrive.
    “Scusa, Ro’, ma sono successe tantissime cose le quali non mi hanno dato il tempo per collegarmi.”
    “Cos’è successo?”
    Prima di risponderle apro una pagina web.
    “E’ una cosa troppo lunga da scrivere, te la racconto appena torno.”
    “Perché non inizi ora?”
    “Non mi va… Cerca di capirmi.”
    “Va bene, Miss-So-Fare-Anch’-io-La-Misteriosa! Comunque, vai sul seguente link.”
    Rosa mi scrive il link. Clicco sul link e mi si apre una nuova finestra web.
    Mentre aspetto che mi si carichi la seconda finestra, torno sulla prima e, con quella mi collego a Netlog.
    Torno sulla seconda finestra. È un topic del forum che abbiamo creato io, Rosa e Marika sui Tokio Hotel. Anche in questo topic si parla della mia vacanza con le stesse foto che ci ha mostrato David da quei giornali. Il nickname è di Marika. Sotto le foto ha scritto: “Io conosco questa ragazza. E la conoscete anche voi, no come me, ma più o meno. Si chiama Valentina, ma la chiamiamo tutti Mia. Ha diciotto anni e abita nel mio stesso paese. Qui dentro ha questo nick…”. Ha scritto tutto di me, perfino il mio nickname. Ha parlato di me, di come ho conosciuto i Tokio Hotel. Per mia fortuna non ha scritto nulla sulla mia storia con Tom. Almeno quello. Anche se ha saltato molti particolari. Per fortuna. Le risposte degli utenti sono orribili.
    Rosa mi trilla ancora.
    “Oddio, Rosa, sono sconvolta.”
    “Lo immagino… Ci sono molti giornali con queste foto.”
    “Che necessità aveva Marika di informare tutti che sono la ragazza nelle foto con i Tokio Hotel?!”
    “Non lo so… Comunque, Io e lei, abbiamo litigato e, ora, non ci parliamo più.”
    “Poi, a casa mi racconti. Ti giuro, mi sto pentendo amaramente di essere venuta.”
    “No, Mia, non dire così… Non pensarci e cerca di divertirti il più possibile…”
    “Grazie, Ro’… Cosa farei senza te? …Comunque… Novità!”
    “Quale?”
    “Ho fatto un tatuaggio con il simbolo dei Tokio e il piercing sotto al labbro, al lato sinistro, come Tom.”
    “No… Non ci credo… Davvero?”
    “Ja, ja!”
    “E tuo padre?”
    “Non lo sa ancora.”
    “E come farai quando lo vedrà?”
    “Niente, gli dirò che è un loro ricordo.”
    “Ihihihihihih!”
    “Ormai l’ho fatto!”
    “Mia, mi dispiace, ma ora devo andare… Ci sentiamo presto… Spero!”
    “Ok!”
    “Ciao, tesoro!”
    “Ciao, gioia!”
    Rosa si disconnette nel momento in cui bussano alla porta.
    -Chi è?- Chiedo.
    -Ehm… Sono Tom.-
    Sbuffo e vado ad aprire.
    -Tom, cosa ti ho detto in aereo?-
    -Sì, hai ragione, ma volevo sapere come stai.-
    -Sto bene.-
    -Non si direbbe, dalla faccia che hai! Poi sei andata via in quel modo. Abbiamo letto tutti gli articoli: non sono per niente carini nei tuoi confronti.-
    -Lo si capiva dal titolo.-
    -Sì.-
    Rimaniamo per un po’ in silenzio a guardarci. Mi ricordo della pagina web, quella delle foto. Torno al letto, lasciando la porta aperta. Tom mi segue. Ora le lascio una risposta. Voglio vedere cosa mi dice dopo. Le faccio una quote.
    “Mia cara Marika, se vuoi ti presto la mia carta d’identità, così la scannerizzi e la posti qui. Che bisogno c’è di dire a tutti che sono la ragazza delle foto? Non mi sarei mai aspettata questo da te… Mi hai profondamente delusa. Vuol dire che di te non mi fiderò mai più. Ciao!”
    -Cos’hai scritto?- Mi chiede Tom.
    -Guarda!-
    Gli mostro il topic con le immagini, traducendogli cosa hanno scritto, compresa la mia risposta.
    -Mia, non pensare a nessuno, sono solo invidiosi. Soprattutto Marika. Lasciala perdere.-
    -Lo so, ma non riesco ad accettare in fatto che Marika abbia sbandierato ai quattro venti che ero io quella ragazza.-
    -Ma lasciala stare per quello che è.-
    -Sembra facile.-
    Aggiungo la pagina a Preferiti, poi la chiudo. Mi concentro su Netlog. Trenta diari e dieci richieste di amicizia. Mmm, interessante. Approvo tutti, senza distinzione di razza, sesso o religione. Approvo tutti i commenti, poi passo a ricambiarli, uno ad uno. In MSN si connette anche Raoul. Quanto tempo che non parliamo! Mi dispiace che, con lui, è andata com’è andata. Purtroppo, ora, non può più aggiustarsi nulla. Credo che, in fondo in fondo, sia meglio che sia andata a finire così. È stato meglio per tutti e due. Ci sarebbe stato solo imbarazzo tra noi, come quello che c’è tra me e Tom. No, un po’ meno, però ci sarebbe stato.
    Passo a controllare la mia posta elettronica. Oddio, la maggior parte delle e-mail, sono risposte ad alcuni topic del mio forum; poi, un’e-mail di Raoul. La apro.
    “Ciao, Mia, come butta? Spero tutto bene. Ho chiesto a tuo padre se ti sente e mi ha risposto che neanche lui ti sente da quando sei partita per questa vacanza. Non mi ha spiegato i motivi per cui non vi state sentendo. Non ti connetti mai ad MSN, eh? I tuoi nuovi amici non ti permettono di parlare con i tuoi vecchi amici?
    Vabbeh, appena puoi, fatti sentire, soprattutto da tuo padre… Non sta bene che non gli dai tue notizie. Ciao… Ti… No, niente… Ciao e basta!”
    Anche mia sorella mia ha inviato un’e-mail. No, sbagliato… Ne sono dieci… Allora, iniziamo:
    “Sorellina, come va? I Tokio sono ospitali con te? Sono sempre idioti come negli episodi su YouTube? Appena puoi, fatti sentire, papà sta per entrare in paranoia, perché non ha tue notizie da quando sei partita.
    Ti lovvo da morire… Bye…”.
    Seconda di mia sorella:
    “Ehi, ricordi di avere ancora una famiglia e, soprattutto, una sorella che ti vuole bene? Non ti fai proprio sentire. .. Allora? Che combini?”
    Ok, basta! Mi dà leggermente fastidio che Tom legga le mie e-mail. Anche se non avrà capito una beata mazza, però, mi dà comunque fastidio.
    Ribussano alla porta. Chi sarà ora?
    -Avanti!- Dico.
    -Mia, se non vai ad aprire, non potranno mai entrare.- Mi avvisa Tom.
    Oh oh, mi sa che ha ragione. Bussano ancora una volta. Corro alla porta ad aprire. Non ho manco il tempo di aprire la porta, che Bill mi abbracci talmente forte da togliermi il respiro. Rimango paralizzata.
    -Oh… Bill… Anch’io ti voglio bene, davvero un mondo di bene…- Gli dico col fiato corto.
    -Oh, sì, lo so.- Mi risponde.
    -E te ne vorrei di più se mi lasciassi respirare.-
    Bill si stacca da me, mi guarda, fa un respiro profondo e inizia a parlare:
    -Mia, io, o meglio, noi, inteso come il gruppo + Andreas, lo staff di tutto il gruppo e le nostre famiglie, sappiamo che non sei una poco di buono, quindi, sta’ tranquilla, ok?-
    -Bill, sta’ tranquillo anche te, io li lascio scrivere ciò che vogliono. Non mi frega di tutte le cazzate che scrivono sui tabloid. E, comunque, la cara, dolce Marika ha già provveduto a informare le ragazze del mio forum su voi, che sono io la ragazza in quelle foto sui giornali.-
    -Davvero?- Mi chiede.
    -Sì!-
    -No, piccola, non scoraggiarti. Tu rimarrai sempre la mia piccola bambina, dolce.-
    -E te, mio dolce Bill, il mio tesoro!-
    -La mia piccola Mia!-
    -Il mio piccolo Bill!-
    -Mamma mia, che diabete!- Ci urla Tom dal letto.
    -Ricorda, Bill: io sono una Forgotten Child.-
    -E questo che vuol dire?-
    -Sono una Forgotten Child.-
    -Ti senti una bambina dimenticata?-
    -Sì!- Rispondo, facendo una voce infantile, accompagnata dal musetto da bambina.
    -No, povera cucciola!- Mi consola Bill.
    Al tutto ci aggiunge un abbraccio caloroso.
    Bill, con un gesto rapido e delicato, mi prende in braccio. Senza volerlo, il mio sguardo si ferma su Tom. La sua espressione non è delle migliori. Bill si avvicina al letto e, con dolcezza mi posiziona sopra supina.
    -Mia, penso che sia arrivato il momento del solletico!- Mi avverte Tom mettendosi in ginocchio di fianco a me.
    -Eh, sì, mia cara, è proprio arrivato il momento del solletico.- Mi avverte anche Bill.
    Tom si accascia su di me e inizia a farmi il solletico dappertutto. Bill lo segue. Cerco di evitare le quattro mani, ma è troppo difficile. Ho gli occhi chiusi che mi lacrimano, e, le troppe risate non mi permettono di respirare bene. È sempre stato così. Quando mi fanno il solletico non riesco mai a respirare per le risate. Le mani diminuisco. Da quattro passano a due. Non so se è stato Tom o Bill ad essersene andato. Le due mani rimanenti continuano a solleticarmi ovunque. Poi, a mano a mano, iniziano a calmarsi. Una mano si ferma, l’altra si posa sul mio viso. Due labbra si posano sulle mie, prendendomi alla sprovvista. Le quattro labbra si aprono e le lingue iniziano a lottare in una battaglia piacevole. Non è Tom. Lui non bacia in questo modo. Non l’ha mai fatto. Questo modo di baciare è indescrivibile, o meglio, non riesco a descriverlo. Non riesco a trovare le parole giuste per farlo. Non riesco neanche a staccare le mie labbra da colui che mi sta baciando. Questo mi prende le due braccia e me le porta verso l’alto, come se non volesse farsi toccare, per non farsi riconoscere. Se non vuole farsi riconoscere allora vuol dire che davvero non è Tom. E se fosse Bill? Cazzo, è l’ex ragazzo di mia sorella, e fratello del mio ex! Non posso fare questo torto a nessuno dei due. Sarebbe una cosa disgustosa. Credo che sia meglio aprire gli occhi.
    Lentamente le mie palpebre si rialzano, senza staccare la mia bocca da colui che mi s6ta baciando. Dire che sono shockata è poco.


    Capitolo 39
    Lentamente le mie palpebre si rialzano, senza staccare la mia bocca da colui che mi s6ta baciando. Dire che sono shockata è poco. È’ Tom. Come ho fatto a riconoscere le sue labbra? D’altronde l’ho baciato tante di quelle volte. È la prima volta che mi bacia così… Bene. Ok, basta, Mia, ritorna in te!
    Libero le mie mani dalla sua presa e lo allontano violentemente da me. Tom mi guarda interrogativo. Io lo guardo schifata. Ma dov’è Bill? Perché è andato via? Parlando, o meglio, pensando del diavolo, spuntano le corna. Bill esce dal bagno della mia camera fischiando allegramente, spensierato. Ci guarda e nota le espressioni del nostro viso.
    -Ehi, ma che è successo? È’ morto qualcuno?- Ci chiede, guardando prima l’uno, poi l’altra.
    -Bill, per favore, va’ un attimo fuori. Voglio parlare da solo con Mia.- Gli ordina Tom.
    -Chi ti dice che io voglio parlarti?- Chiedo freddamente a Tom.
    -Bill, per piacere, esci!- Gli ordina, ora, con un po’ più autoritario.
    Bill esegue gli ordini di Tom: esce dalla mia camera, chiudendosi la porta alle spalle. Scendo dal letto e mi dirigo anch’io verso la porta. Tom scende velocemente dal letto e, altrettanto velocemente, mi raggiunge e mi blocca prendendomi il polso. Mi giro e ci guardiamo, per lunghissimi secondi. Tom si avvicina a me e bacia di nuovo. Mi spinge verso la porta, fino a farmici appoggiare. Con una mano, mi cinge la vita, mentre, con l’altra, mi carezza il viso. Mi bacia allo stesso modo con cui mi ha baciato prima di scoprire che fosse lui. Vorrei staccarmi, ma non ci riesco. È troppo difficile. Non riesco a resistere. E’ la prima volta che mi bacia così. Con trasporto, con desiderio, con passione vuole farlo. Lo sento da come mi bacia. Mi stringo di più a lui. Lo faccio roteare, facendolo trovare appoggiato alla porta come ero io. Dopo un po’, Tom mi fa tornare alla posizione di prima, appoggiata alla porta. Mi stringe di più e la mano che prima usava per cingermi la vita inizia a scendere. Con quel movimento la mia mente torna a quella sera. Mi ricompare l’immagine di quel ragazzo e tutto ciò che successe. Allontano di nuovo Tom, con più violenza di prima. Tom sbuffa e mi guarda seccato. Io, invece, lo guardo di nuovo schifata. Torna a baciarmi. Questa volta mi bacia anche sul collo. Sa benissimo che i baci sul collo mi fanno andare in estasi. Sto per cedere, ma, poi, rieccomi all’attacco per allontanarlo. Lui insiste ed è più forte di me. La scena ritorna. Agito le mani contro quell’animale.
    Tom decide di allontanarsi da solo. Ho gli occhi lucidi. Tom mi si avvicina e con una mano tenta di accarezzarmi il viso. Gli allontano la mano prima che possa toccarmi. E, quando meno se lo aspetta, gli do uno schiaffo forte. Tom mi guarda, perplesso. Mi si avvicina con occhi pieni di rabbia. Con una mano, mi prende entrambe le mie e le porta verso l’alto, sbattendole sulla porta. Questo dolore è niente in confronto alla paura che ho dentro. Chiudo gli occhi e mi mordo il labbro per il dolore. Li riapro e lo guardo terrorizzata. Ora sì che ho davvero paura di lui.
    Tom non si era mai comportato in questo modo con me. La sua altra mano la poggia sulla mia guancia. Avvicina il suo viso al mio; mi aspetto che mi baci, ma non lo fa. Avvicina il viso al mio orecchio destro. Sento il rumore del suo respiro: affannato come il mio. Strofina un po’ la sua guancia alla mia.
    -Hai paura di me, eh?- Mi chiede duro, quasi arrabbiato, in un sussurro. -Ti sto facendo male, vero? Bene, dato che hai paura di me senza averne un motivo, ora ti darò un vero motivo per averne… Io non ti ho fatto nulla, ma tu, comunque, mi guardi come se ti avessi violentata io.- Continua a sussurrarmi.
    -No, Tomi, ti prego, anche te, no!-
    -Perché hai paura di me?-
    -Per lo schiaffo!-
    -Quello è niente in confronto alla violenza sessuale. Beh, comunque , ora, come ti ho detto, voglio darti un buon motivo per provare così tanto terrore quando mi vedi. Su, così potrai tenermi lontano da te una volta e per sempre.- Mi sussurra spostando il suo viso dal mio e alzando il braccio che aveva sulla mia guancia.
    Chiudo gli occhi dalla paura. I secondi sembrano durare una vita. Lo schiaffo sembra non arrivare. Apro un occhi, a mo’ di occhiolino, poi l’altro. La mano di Tom è a pochissimi centimetri dal mio viso.
    Lo guardo interrogativa. Mi lascia le mani dolcemente, poi abbassa la sua, quella che avrebbe potuto farmi male e allontanarmi Tom una volta per sempre. Mi carezza i capelli.
    -Non riuscirei mai ad avere il coraggio di farti del male, ricordalo bene…- Mi dice piano.
    -…Non ci riuscirei mai. Sei troppo dolce è importante per me, per meritarti uno schiaffo da me. O qualunque altra cosa.- Continua lui.
    -Allora, perché quella sera, me l’hai dato?- Gli chiedo ancora impaurita.
    -Non mi ero accorto che ti eri messa in mezzo tra me ed Erik. Altrimenti non mi sarei mai azzardato.-
    -Sì, sì, come no.-
    -Non mi credi?-
    -Non lo so.-
    Mi strofino i polsi.
    -Dici di non riuscire a farmi del male, però riesci bene a spaventarmi.- Puntualizzo con gli occhi ancora pieni di lacrime.
    -Hai ragione, ma non voglio che tu abbia paura di me.- Mi ripete.
    -Tom, penso che devi iniziare a rispettare le mie scelte. Se non lo farai sarò costretta ad usare delle misure drastiche. Nel caso che te non lo sai, so essere davvero bastarda, stronza e crudele. Riuscirei a farti molto male con poco e nel peggiore dei modi.- Lo informo.
    -Non ci riusciresti con me.-
    -Ah no?-
    -No.-
    -Perché?-
    -Quando ti guardo, vedo nei tuoi occhi l’amore che ancora provi per me.-
    -Chi te lo garantisce?-
    -Te l’ho detto, lo leggo nei tuoi occhi. E, poi, non sai essere bastarda, stronza e crudele. E, soprattutto, non riusciresti mai a farmi del male, soprattutto, squallidamente.-
    -Non esserne così sicuro. Non conosci ancora il mio lato negativo.-
    -E’ vero, ma ne conosco una parte.-
    -Quale?-
    -Quando mi baci avida. È la cosa più bella che io possa desiderare. Soprattutto la tua arrabbiatura.-
    -Ma non l’ho mai fatto.-
    -Sì, invece, l’hai fatto prima.-
    -No, che non l’ho fatto.-
    -Senti, Mia, sono anni che bacio con la lingua le ragazze e so riconoscere ogni tipo di bacio, e te, che hai baciato solo me da quando sei nata, vieni a dirmi che non so riconoscere i baci?-
    Ok, ora basta, penso che mi sta umiliando un po’ troppo e questo non mi piace affatto. No, no. Mi avvicino al suo volto e lo bacio. Ora avida. Ora arrabbiata con lui. Tom mi bacia come prima, con la voglia di fare sesso con me. So che era questo il suo intento: istigarmi per essere baciato da me, ma, ora come ora, non me ne frega. Voglio solo fargli capire che io non sono come le altre. Voglio solo fargli assaggiare un mio bacio avido e arrabbiato. Gli levo la sua maglietta larga e gliela getto sul letto. Tom si siede sul mio letto. Mi siedo su di lui a cavalcioni. Con un rapido gesto, senza staccare la sua bocca dalla mia, mi toglie il pareo. E lo getta lontano. E tra i nostri ansimi inizia il gioco dei baci, dei tocchi, degli abbracci e dei succhiotti.
    Le sue mani salgono e scendono sulla mia schiena. Poi, scende sulle cosce.. con una mano mi carezza la coscia, mentre, l’altra la tiene dietro la mia nuca. Anche la sua bocca inizia a scendere. Tocca prima il mento, poi il collo. Me lo bacia lentamente. Fa dei succhiotti ad ogni angolo di esso. Con le mani, gli levo il costume, facendolo rimanere in boxer. Intreccio le mie mani tra le sue e lo faccio sdraiare sul letto. Ci stacchiamo per un attimo. Occhi negli occhi. Lo guardo con malizia. Poi, torno a baciarlo con più avidità. Le mie labbra scendono. Gli bacio il mento , poi, passo al mento. Fin giù al petto, fermandomi all’ombelico. Ripercorro il percorso partendo da giù, dall’ombelico alla bocca. Tom si libera una mano e, con essa, torna a carezzarmi una coscia. Con un agile e veloce scatto, mi fa mettere sotto di lui. Continua a baciarmi, carezzandomi dal busto alle cosce. Poi si ferma per un attimo. Scende fino all’orlo degli slip del mio costume e inizia a baciarmi lì, sotto l’ombelico. Sale e passa all’addome. Domani avrò delle lividure in tutto il corpo sicuramente. Le sue labbra continuano giocare e stuzzicare il mio addome, andando a salire. I palmi delle sue mani sfiorano ogni minima parte del mio corpo. Le fa salire e scendere lungo i miei fianchi e lungo le mie cosce. Con le labbra sfiora un mio seno e, da lì, sale e torna al mio collo. Si sofferma per più tempo di quando si è fermato all’addome. Infila una gamba in mezzo alle mia. La sua bocca continua a giocare col mio collo. Sa fin troppo bene che impazzisco quando mi bacia sul collo, quando lo fa lui. Sa farlo fin troppo bene. Fa vari succhiotti. Una mano risale e si ferma alla mia guancia. Tom riparte con la bocca. Sorrido tra un bacio e l’altro. Ci sorridiamo maliziosamente, sapendo entrambi cosa vogliamo dall’altro in questo momento. Quando torna alla mia bocca, gli do dei piccoli morsi sul suo labbro inferiore. Lui, invece, scherza col mio piercing.
    -Vorrei che questo momento non passasse mai.- Mi dice continuando a baciarmi.
    -Perché?-
    -Sono felice solo con te.-
    Mi stacco da lui e faccio per alzarmi dal letto. Tom mi blocca, come al solito, prendendomi il polso. Mi riporta a sé e torna a baciarmi.
    -Ti prego, non andartene sul più bello.- Mi dice, continuando a baciarmi.
    -Tomi… Ok… Basta…- I suoi baci mi fanno andare completamente fuori di testa. -…Io e te non stiamo più insieme…-
    Tom si sdraia trascinandomi su di lui. Con la mano destra mi carezza la guancia, con l’altra sale e scende per tutto il mio corpo.
    -Ora facciamo finta che stiamo insieme… Voglio te, più d’ogni altra cosa a questo mondo.- Mi sussurra, dolce.
    Provo a tentarlo. Infilo i polpastrelli delle mie dita nei suoi boxer. Mi fermo lì. Non vado oltre. Ha dei brividi.
    La sua mano corre per tutta la mia schiena e si ferma sul gancio del reggiseno del mio costume. Trascina lì, in quel punto, anche l’altra mano. Cerca di aprire quel piccolo gancetto e ci riesce pure. Riapro gli occhi e mi stacco da lui, tenendomi, con l’aiuto delle mani, il costume sul seno.
    -Ma sei cretino?! Che diavolo ti salta in mente?- Gli chiedo stizzita. -…Riagganciamelo.-
    Mi porto i capelli davanti. Sento le mani lisce di Tom sulla mia schiena. Ho dei brividi. Tom mi abbraccia da dietro e mi stampa un bacio sul collo. Chiudo gli occhi. Poi mi giro verso di lui riaprendoli. Lo guardo.
    -Pensavo che volessi… Insomma… Volessi fare l’amore…-
    Rido.
    -Cosa te lo ha fatto pensare?- Chiedo continuando a ridere.
    -Il fatto che stavi infilando le dita nei miei boxer.-
    La risata si fa più forte.
    -Tom, ti stavo semplicemente provocando. E ti stavo dimostrando che sei debole con le donne. E volevo farti capire come bacio io avida. Era quello che volevi, no? Che fossi io a baciarti.-
    -In che senso che sono debole? E, comunque, io voglio semplicemente stare con te.-
    -Debole nel senso che non riesci a resistere alle donne. Soprattutto quando te la offrono davanti, su un piatto d’argento.-
    Solo ora noto la collana, quella con le mie iniziali. Gliela prendo e la tiro avvicinando a me il viso di Tom. Mi bacia, senza esitazioni. Mi stacco subito.
    -Tom, va’ via: voglio restare da sola.-

    Capitolo 40
    Mi sveglio di soprassalto sul petto di Tom. Tra le sue braccia, con le sue mani intrecciate nelle mie.
    Mi guardo. Indosso il pareo e il costume. Guardo Tom e, anche lui indossa il costume e la maglia. È tutto a posto. Devo essermi addormentata mentre Bill e Tom mi facevano il solletico.
    Però è rimasto solo Tom. Bill dov’è? Devo sospettare che quello che è successo era vero? Spero di no. Non ho niente contro Tom, ma sarebbe imbarazzante tornare a guardarlo in faccia dopo che mi essermi spinta così oltre.
    Mia, è solo un sogno! Non è niente di vero! Stavi semplicemente sognando. E che sogno!
    -Ehi, dormigliona, ti sei svegliata, finalmente!- Mi sussurra Tom.
    -Cosa ci fai ancora qui?- Gli chiedo con voce assonnata.
    -Volevo aspettare che ti fossi svegliassi.-
    -Ora che mi sono svegliata, puoi anche andare.-
    -Se è questo che vuoi, va bene!-
    In realtà non voglio, ma non posso far altro che mandarlo via.
    -Comunque… Gli altri vogliono andare a cercare una discoteca: mi hanno detto di prepararci.-
    -Ok… Vado subito a farmi una doccia.-
    Tom prende la sua asciugamani, se la poggia sulla spalla destra ed esce. Prendo dalla valigia tutto ciò che mi occorre per fare la doccia e corro in bagno. Apro la fontana per far arrivare subito l’acqua calda. Mi infilo nella doccia, portando con me doccia-schiuma e shampoo. Ecco che tornano i miei pensieri. E se quel sogno non fosse stato davvero un sogno? Se fosse stata realtà? Mi sarei spinta ancora di più? Lo avrei lasciato fare? O lo avrei fermato? No, mi sono promessa che nessun uomo più mi avrebbe toccata d’ora in avanti. Neanche per accarezzarmi, abbracciarmi, stringermi a lui. Mi chiedo se riuscirò mai a superare tutto ciò che mi è successo. La doccia non la faccio durare a lungo. Non mi dura più di mezz’ora. Esco dalla doccia e torno in camera. Mi getto sul letto e metto un po’ di musica. House. David Guetta suona Love don’t let me go. Scendo dal letto ed inizio a ballare, mentre mi asciugo e mi vesto. Adoro vestirmi sotto le note delle canzoni che mi piacciono. Anche a casa lo faccio sempre, però solo quando sono da sola, perché mio padre e mia sorella si lamentano per il volume della musica. Mi posiziono di fronte allo specchio continuando a ballare e cantare.
    Bussano alla porta. Corro ad aprire a passi di danza. Sono Bill, Georg e Gustav, ed io sono ancora in intimo. Machissenefrega!
    -Ok, torniamo dopo.- Dice Bill arrossendo.
    Bill e i ragazzi fanno per andarsene.
    -No, dai, ragazzi, entrate.-
    -Ma sei mezza nuda.-
    -Ma che vi frega?!- Gli dico.
    Uno alla volta, entrano. Chiudo la porta e ricomincio a ballare e cantare. I tre stanno fermi sul letto senza dire una parola per l’imbarazzo.
    -Ragazzi, tranquilli, le parole non si pagano.- Li avverto scherzando.
    -Neanche vestirti.- Risponde Georg.
    Col pollice gli faccio cenno di raggiungermi. Georg è il primo a raggiungermi. Non perde tempo il ragazzo! Lo segue Bill. Non hanno voglia di ballare o sono intimiditi dal fatto che sono in intimo? Mah… Mi meraviglio di Georg, eppure, insieme a Tom, è quello che si vanta di avere molte donne ai suoi piedi.
    Vado vicino alla mia valigia e cerco dentro qualcosa di carino da indossare. Faccio vari abbinamenti, ma niente riesce a convincermi davvero. Alla fine scelgo un paio di shorts, con canotta e infradito bassi. Continuo a ballare mentre ricomincio a vestirmi.
    -Ma come fai ad avere tutta questa energia?- Mi chiede Bill.
    -Non lo so. Oggi, o meglio, stasera sono di buon umore.- Rispondo.
    -Molte ragazze che hanno vissuto quello che hai vissuto tu quella maledetta notte, entrano in una profonda depressione. Invece tu… Tu sei sempre allegra, nonostante sia passato così poco tempo.- Mi fa Georg.
    -E’ appunto per questo motivo che io sto cercando di essere sempre allegra, per non cadere in una profonda depressione. Sto cercando il più possibile di andare avanti, senza tornare a quella notte. Però, vi assicuro che non è facile, anzi è molto, ma molto complicato. Devi sempre cercare di non pensare e, quando meno te lo aspetti, ti ritrovi il brutto ricordo nella mente. Con tutta la scena. Devi stare attenta ai posti, alle cose che possono ricordartelo.-
    -Non ti dico “Lo immagino”. Non riesco ad immaginarlo. Non l’ho mai vissuta questa bruttissima esperienza. Non so per niente come ti sei sentita e come ti senti tutt’oggi. Però so e vedo tutta la tua forza che metti nel voler superare tutto. Nel voler andare avanti. Non me ne sono accorto solo io, ma tutti. Lo vediamo io, Bill, Gustav, Tom, Andreas. Tutti.- Dice Georg.
    Georg il tenero che fa il duro… O, il duro che fa il tenero? L’intelligente che fa il cretino. Il compagno di cazzate di Tom. A volte, quando parla, riesce davvero stupirmi e a farmi commuovere, ci riesce sempre quando fa così.
    Bussano di nuovo alla porta. Gustav si alza dal letto e corre ad aprirla. Sono Tom e Andreas. E in quel momento, dal mio computer, parte quella canzone. Quella che sentii per la prima volta un po’ di tempo fa. Quella che mi ero promessa di dedicare alla persona che avrei amato per sempre e che sarebbe stato l’amore della mia vita. E, non so perché, ma la vedo perfetta per Tom. Gli calza a pennello. Occhi da orientale, di Daniele Silvestri. Gli sta benissimo, come un vestito. È’ della taglia e del colore giusto per lui.

    Occhi da orientale che raccontano emozioni
    sguardo limpido di aprile di dolcissime illusioni
    tutto scritto su di un viso che non riesce ad imparare
    come chiudere fra i denti almeno il suo dolore
    Più di cinquecento notti già mi sono innamorato
    di una bocca appena aperta di un respiro senza fiato
    se potesse questo buio cancellare l'universo
    forse ti potrei guardare e non sentirmi così perso

    ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
    ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
    no, tu dormi ancora un po' ancora non so
    guardarti anch'io nel modo giusto
    nei tuoi occhi disarmanti

    sono occhi di ambra lucida tra palpebre di viole
    sguardo limpido d'aprile come quando esce il sole
    ed io sarò la nuvola che ti terrà nascosta
    perché gli altri non si accorgano di averti persa

    ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
    ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
    no, tu dormi ancora un po' ancora non so
    guardarti anch'io nel modo giusto

    nei tuoi occhi innocenti disarmanti devastanti
    quei tuoi occhi che ho davanti
    tienili chiusi ancora pochi istanti

    occhi da orientale che raccontano emozioni
    ed io cos'altro posso fare io posso scrivere canzoni
    i tuoi occhi...

    se potesse questa musica annullare l'universo
    forse ti potrei guardare e non sentirmi perso
    nei tuoi occhi...
    disperso...
    nei tuoi occhi...

    Questa canzone è solo ed esclusivamente sua. La ascoltai per la prima volta a marzo., dei giorni prima di andare al concerto. La ascoltai nel film Questa notte è ancora nostra, con Nicholas Vaporidis. Me ne innamorai subito ed è stato lì che mi ero fatta la promessa di dedicarla all’uomo della mia vita. Non so perché, per tutto questo tempo mi sono scordata dell’esistenza di questa canzone. I miei occhi sono puntati su Tom. Sono rimasta incantata dalla sua immagine con questa canzone di sottofondo. È un abbinamento perfetto. Tomi mi guarda interrogativo. Non capisce, non riesce a capire. Si guarda.
    -Che c’è? Ho qualcosa che non va? Ho scordato i jeans?- Mi chiede. -…A me pare di vederli.-
    -Eh? …No, no, no, assolutamente no. È che questa canzone ti… Mi piace molto.- Mi giustifico distogliendo il mio sguardo dal suo viso. -…Ragazzi, devo solo truccarmi e sono pronta per uscire.- Continuo.
    Tom e Andreas si siedono anche loro sul letto.
    Mi trillano in MSN. Mi avvicino al computer. È mia sorella.
    “Ehi, finalmente ti trovo. Che miracolo e che onore…”
    “Scusami, tesoro, ma il tempo qui…”
    “Qui?”
    “Niente… Stiamo sempre in spiaggia.”
    “Ora dove siete?”
    “Siamo arrivati oggi alle Maldive.”
    “Wooooooooooooooooooooooooooow…”
    “Che fai di bello?”
    “Mi sto preparando per uscire.”
    “Ah, sì?”
    “Sì!”
    “E dove vai di bello?”
    “Al Mamaruma…”
    Il Mamaruma è il mio locale preferito. Ecco mia sorella usa la cazzimma. (Non chiede demi che cosa vuol dire, perché non lo so manco io… So solo che è quando ad esempio ti chiedono un favore e te ti rifiuti di farlo! Però anche in questo caso si parla di cazzimma, sì perché prima di partire, mia sorella non mi voleva portare mai al Mamaruma, neanche dopo che ho scoperto che Tom mi tradiva… Poteva farlo come premio di consolazione!).
    “No, cazzimma…”
    “Perché?”
    “Come ‘perché?’”
    “Eh… Perché?”
    “Quante volte ti ho chiesto di portarmici?! E te hai detto sempre di nodi no… Neanche quando soffrivo per Tom…”
    “Quando torni, ti ci porto…”
    “Yahooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!”
    Penso che con questa esclamazione si capisca l’entusiasmo!
    “Allora, brutta-stronzetta-che-non-si-fa-mai-sentire, come stanno tutti?”
    “Bene, bene… Tranquilla…”
    -Mia dovresti muoverti: sono le 21:15 e tu non sei ancora pronta.- Mi avverte Bill.
    Annuisco.
    “Anto, gioia bella, io dovrei andare… Poi ti spiego.”
    “Ok… Allora, ciao…”
    “Ciao, stroonzetta!”
    “Ti lovvo!”
    “Io di più!”
    Chiudo la conversazione e mi disconnetto.
    -Chi vuole vedere il mio blog?- Chiedo.
    -Io!- Rispondono tutti, in coro.
    Clicco sull’icona dei Live Spaces. Si apre la pagina iniziale. Clicco sul mio blog. Do alla pagina web il tempo di caricarsi. Ok, pronto! Dà-dan. Signore e signori il mio blog. Fatto accuratamente da me.
    -Che bello!- Esclama Bill.
    Scendo giù. Arrivo agli elenchi. Mi soffermi su Se fossi… Lo leggo ad alta voce.
    -…Un fiore: una rosa nera; del cibo: Nutella; un cantante/band musicale: Tokio Hotel; Una persona: Bill Kaulitz…-
    -Perché proprio me?- Mi chiede Bill.
    -Perché sei una persona meravigliosa ed hai un bellissimo carattere. Mi piace quello che fai, il modo con cui lo fai, la tua spontaneità, la tua simpatia. Bill, hai un carattere d’oro, come tutti voi d’altronde. Bill, mi ha colpito molto. Perché ti trovo molto simile a me. Poi, sei forte quando fai i capricci perché vuoi un mascara invece di un altro, o perché ti fanno schifo gli insetti… Bill, io non voglio essere Bill Kaulitz dei Tokio Hotel, ma Bill Kaulitz e basta.-
    Bill mi guarda con gli occhi lucidi. Oddio, non avrò mica detto qualcosa di sbagliato?
    -Nessuno mi aveva mai detto questo o cose del genere. Davvero, Mia, oramai tutti amano Bill Kaulitz dei Tokio Hotel. Come anche Tom, Gustav e Georg dei Tokio Hotel e non Bill, Tom, Gustav e Georg e basta. Tu sei stata l’unica a conoscere bene e ad amare Bill, Tom, Gustav e Georg e basta…- Dice Bill. -...Anche quando non eri una nostra fan. Non te n’è fregato nulla di come mi vesto, e del fatto che amo truccarmi. E, io, ho apprezzato questo in te, il fatto che accetti le persone per come sono e per quello che gli piace, non le giudichi e non te ne fai un problema. Le accetti e basta. E di questo ti sarò sempre debitore.- Continua.
    -Ragazzi, voi non mi dovete niente. Se sono qui con voi ora, è perché ho capito che persone siete e di che pasta siete fatti davvero. Se avessi saputo prima che persone siete, sarei venuta al vostro concerto senza fare tante storie. E, ricordate sempre che, per voi, per ognuno di voi, ci sarò sempre, per qualsiasi cosa. Tranne se mi chiedete di fare uno scandalo! No, dai scherzo. Ricordate sempre: I’m by your side… We’ll make it if we try…- Gli dico, facendomi scappare qualche lacrimuccia.
    -Idem per te, Mia.- Mi avvisa Tom.
    Ci abbracciamo tutti insieme. Gli uni vicini agli altri.
    Loro sono i miei angeli custodi.

     
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