.The ice is my life.

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  1. .Amon.
     
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    Ohh, grazieee*.*


    .Il Partner.


    Capitolo 1.

    In pochi minuti era finito tutto e l’allegria di quei secondi passati sul ghiaccio era svanita con essi, ero ritornata a sedermi vicino al mio allenatore, Andrea, ventisett’enne, il fratello che non avevo mai avuto, era ed è la persona più importante per me. Lo conosco da quando avevo 7 anni, quando ho cominciato la mia carriera artistica nel pattinaggio, è un ragazzo semplice, con una forza d’animo incredibile. E’ l’unico che riesce a capirmi e ad aiutarmi. Lui praticamente mi aveva cresciuta, lui mi aveva fatto vedere il mondo da una prospettiva diversa dal resto della gente, lui mi aveva insegnato ciò che ora io so fare.
    E’ da 10 anni che pattino, e non mi stuferò mai. Mi sentivo vuota, quasi senza respiro lontano dal ghiaccio, come un uccello, che ha bisogno di ali sane e di vento in suo favore per volare, o un pesce che ha bisogno di pinne per nuotare, così come loro io avevo bisogno del ghiaccio per vivere perché ormai la mia esistenza era bastata soltanto su questo. Ormai passavo intere giornate ad allenarmi al palazzo del ghiaccio, questo ovviamente non mi dispiace affatto.
    Fino ad ora ho sempre pattinato singolarmente, credevo fosse la cosa migliore, ho sempre pensato che i miei momenti sul ghiaccio dovessero appartenere solo a me, non avrei mai avuto l’intenzione di dividere i miei secondi di sicurezza e libertà con qualcuno che non fosse il ghiaccio. Ero gelosa, si esatto gelosa di ciò che sentivo mio.
    Ma tutto questo fu presto cancellato dall’idea di Andrea: provare a gareggiare in coppia. Che senso avrebbe avuto? Sapevo anche cavarmela da sola, non avevo certo bisogno di qualcuno per trasmettere la mia passione alla gente. Ma Andrea, non accettava quasi mai un no, si era convinto che avrei dovuto provarci, almeno. Provare? E poi? Che avrei fatto?

    **



    I giorni passavano e io continuavo ad allenarmi per la presunta prossima gara.
    Alla fine avevo ceduto e avevo promesso ad Andrea che ci avrei provato così il partner sarebbe arrivato tra qualche settimana; almeno avrei avuto alcuni momenti ancora da sola. La prossima gara probabilmente sarebbe stata la mia ultima gara singola, da sola, io, il ghiaccio e la musica. E mi sarei impegnata al massimo, dovevo farcela e dovevo godermela tutta fino all’ultimo istante.
    Andrea aveva pensato ad una serie di passi semplici ma pieni di significato ed energia. La musica l’aveva fatta scegliere a me, “The Sheltering sky Theme”

    Avevo sempre desiderato danzare con questa musica, trovavo che fosse un’insieme di emozioni e di energie incredibili.
    Cominciai a provare, lasciandomi cullare da quella melodia triste e incredibilmente dolce. Sentivo solo adrenalina in tutto il corpo, e i passi venivano spontanei, naturali, come se la musica me li suggerisse attraverso il vento che mi correva in contro. Le note scorrevano lente nelle mie orecchie e nei piedi. Nulla poteva distrarmi, nulla poteva allontanarmi dalla musica e dal ghiaccio. Niente e nessuno avrebbe mai potuto fare niente.
    I secondi passavano e la musica ormai stava per terminare. Finì la sequenza con un finale di scena. A mio parere gli allenamenti sono come una gara con se stessi. Per questo devi sempre dare il meglio di te, anche se a guardarti c’è solo il tuo allenatore. E’ una lotta con te stesso, in cui alla fine la passione riesce sempre a vincere. Ma forse in questa prova volevo solo dimostrare ad Andrea che non avrei mai avuto bisogno di nessun compagno. E forse ce l’avevo anche fatta perche Andrea estasiato mi corse incontro abbracciandomi:
    «Sei stata incredibile. Straccerai tutti alla gara.» Vincere. A che serve vincere? Io non voglio vincere.
    «Vincere? Andy, lo sai che a me non interessa arrivare prime. » Si lo sapeva benissimo.
    «Si, lo so, ma.. » Stava gesticolando, lo zittii.
    «E allora basta, io voglio solo dimostrare di essere capace, tutto qui. » e ricominciai a riprovare i passi, con calma e precisione, lasciando Andy che col sorriso sulle labbra scuoteva la testa, gli era sempre piaciuto il mio modo di ragionare.
    Per esempio perché tutti dovevano attribuire la bravura col vincere? Cosa centra. Si è un premio per l’impegno, ma io non volevo premi. A me bastava il pubblico che mi applaudiva, non mi serve salire su un podio e ricevere un trofeo o cose simili. Non ho neanche la minima idea di dove metterli io. Ero forse l’unica a pensarla così? Può darsi, ma più ci penso e più sono convinta di questo.

    **



    Ormai il giorno della gara era arrivato ed io tra poche ore sarei tornata sul ghiaccio. Avrei riaccolto il vento su di me e la musica. Per la prima volta mi ero ritrovata ad aver seriamente paura. Avevo avuto spesso piccoli timori prima di una gara, ma oggi, oggi era diverso. Mi sentivo schiacciata, da un peso troppo forte per il mio fragile corpo. Nell’aria c’era tensione, come se tutti già sapessero che quella era la mia ultima gara da singola. Ma infondo a loro cosa importava? Non avrei smesso di pattinare. Non potevano capire. Nessuno poteva capire niente. Appena sentii nominare il mio nome, il cuore fece un salto, e nello stomaco si fece sentire un groppo. Ero troppo tesa, dovevo rilassarmi. Andy mi incitò ad andare con un veloce abbraccio.
    Appena misi un piede sul ghiaccio tutto il corpo cominciò a stendersi, gettando da parte la preoccupazione. Tutti cominciarono ad applaudire, dandomi carica. Le luci si fecero più soffuse, e la prima piccola ed indifesa nota cominciò a farsi sentire, facendomi partire con la mia esibizione.
     
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