"All your secrets"

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  1. Fee1702
     
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    ALL YOUR SECRETS



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    “Eccovi a casa, mie dolci bambine...”
    Fu così che Valentina sistemò l'ennesimo paio di scarpe in una delle quattro scarpiere, nella sua stanza armadi. Ormai non le contava più, le bastava vederle lì, molte non le aveva nemmeno mai indossate, ma aveva dovuto acquistarle, sosteneva che avessero il potere di chiamarla dalle vetrine e convincerla a farsi portare via da lì.
    Il risultato era che ne aveva di tutti i tipi. C'erano quelle da ginnastica, nike, adidas, puma, c'erano le sue amate converse, quelle color argento, quelle beige e fucsia, comprate negli Stati Uniti, quelle nere e quelle bianche con i fiorellini verdi. E poi c'erano loro, le scarpe con il tacco e lei le adorava. Tacchi a spillo, tacco 12, 9, 10, rosse, nere, viola, a pois, bianche, aperte, chiuse, con la fibbia e poi, loro!Le parigine.
    Le ultime arrivate erano di colore grigio ed erano state riposte accanto a quelle viola comprate la scorsa settimana, ne possedeva già quattro paia e qualcosa le diceva che quel numero non si sarebbe fermato lì.
    Lanciò loro un ultimo sguardo soddisfatto, batté tre volte le mani e sorrise, per poi saltellare in bagno e accendere l'acqua della vasca, riempiendola. Vi si immerse dopo essersi spogliata e portò alle orecchie le cuffiette dell'mp3. Di solito amava la musica potente, quella che ti da la grinta giusta per affrontare una giornata caotica, come tutte le sue, lì a Berlino, ma quel giorno aveva bisogno di rilassarsi, quindi, “Symphonie” dei Silbermond le inondò le orecchie, lasciandole socchiudere gli occhi e canticchiare tra sé.
    Passò una mezz'ora buona e decise di alzarsi e asciugarsi. Strizzò i suoi lunghi capelli castani, lasciando che le gocce le accarezzassero la pelle e si avvolse in un accappatoio.
    I suoi indumenti casalinghi la stavano aspettando, per questo si diresse nella sua camera dalle vivaci pareti color albicocca. Tutti le avevano sconsigliato quel colore, dicendole che l'avrebbero stancata presto e che non sarebbe stato per niente rilassante, svegliarsi con quei colori. Ma lei, forse solo per andare controcorrente, forse perchè non le importava proprio più niente del giudizio altrui, non si lasciò convincere e, nelle insoliti vesti di imbianchino, comprò parecchie vernici e dipinse ogni stanza di un colore diverso dall'altra. Ma la camera era proprio quella che la soddisfaceva di più.
    Indossati leggins di lana, calzettoni, scaldamuscoli e felpa enorme che le sfiorava le ginocchia, decise di andarsi a preparare qualcosa da mangiare. Si guardò intorno e decise che un giorno si sarebbe dovuta decidere a mettere in ordine, anche se alla fine, lei in quell'ordine si trovava a suo agio. Era tremendamente confusionaria, ma se si trattava di lavoro era la più pignola e perfezionista che esistesse. Contraddizioni della vita.
    Mentre il silenzio della cucina verde mela, la circondava pensò a lui, a quella volta che decisero di preparare una torta e finirono per dare vita ad una massa informe marroncina, vagamente somigliante ad una delle cose più schifose per definizione. Ma lui l'aveva assaggiata per primo, sostenendo che erano le cose più semplici e più rozze ad essere, alla fine, le più buone. E non si sbagliò, nemmeno quella volta.
    Lui non si sbagliava mai.
    Sorrise e decise di comporre il suo numero sul cellulare, aspettando una sua risposta dopo svariati squilli, mentre lo reggeva con un orecchio e con la spalla e con le mani era intenta ad agitare una padella con due uova dentro.
    “Eh?... Sì, sì... un attimo... Pronto?!”
    “Sei occupato prof.?” Ammiccò, rispondendo alla voce dell'uomo al di là della cornetta.
    “Beh, abbastanza, ma posso dedicare un po' del mio tempo prezioso alla mia alunna preferita.” Sorrise lui, sentendo la voce della ragazza incutergli tranquillità.
    “Benissimo, dato che ho una grande news per te.” Gonfiò il petto, posando la padella sui fornelli.
    “Uhm.. sentiamo, nuovo paio di scarpe?”
    Domandò, scherzoso.
    Valentina sgranò gli occhi e posò la mano libera sul fianco.
    “Ma insomma! Nemmeno più la soddisfazione di raccontarti le cose importantissime della mia vita!” Ridacchiò.
    “Eh mia cara, sei estremamente prevedibile.” Le rispose con voce calda e affettuosa.
    “Tutto si può dire di me, tranne quello.” Sentenziò lei, sedendosi sul piano della cucina, infilandosi in bocca un pezzetto di pane.
    “Non si parla con la bocca piena, non ti hanno insegnato proprio niente.”
    “EH... ho avuto professori non all'altezza.” Rise, accavallando le gambe.
    “Può essere.” Commentò il ragazzo, per poi continuare: “ Allora, come stai?”
    “Bene, me la cavo, giusto un po' di nostalgia ogni tanto. Sai, il sole, la pasta, la pizza, la mia casa... insomma, l'Italia.”
    “Beh dai, tanto ormai ti stai crucchizzando sempre di più, tra poco metterai su una bella pancetta da birra e la “R” graffiante.”
    Ironizzò, anche se non senza una punta di amaro in bocca, per non essere apparso in quella lista di affetti che le mancavano.
    “Oh la birra in effetti è fantastica, ma dimentichi che non ingrasso, IO.” Sottolineò con vigore l'ultima parola.
    Il biondo rise, per poi smettere di colpo e rimanere un po' in silenzio, fino a confessarle:
    “Mi manchi.”
    Gli occhi verdi di Vale si abbassarono un po', le mancava anche lui, terribilmente e se non riusciva a confessarglielo era solo perchè lei non era il tipo da smancerie, lei lo chiamava e ironizzava con lui, ma quelle telefonate erano in realtà una dimostrazione della nostalgia che provava nei suoi confronti. Aprì la bocca per replicare, quando sentì una puzza di bruciato pizzicarle il naso, si voltò verso i fornelli ed un sospetto fumo grigiastro si stava innalzando dalla pentola posta lì sopra.
    “Oh cazzo...”
    Il ragazzo strabuzzò gli occhi.
    “No scusa, non volevo imbarazzarti, è che, cioè, non è vero che mi manchi, volevo solo.. stavo scherzando.. io...” Balbettò in difficoltà.
    “CAZZO, CAZZO!!!” Urlò di nuovo lei.
    “Ma Secchia, davvero, io non...”
    “Prof, devo andare! Si sta bruciando tutta la mia cena! Ti chiamo io domani, ok? Stammi bene, un bacione, ciaooo.” Prolungò il saluto, prima di chiudere definitivamente la chiamata e dedicarsi all'ennesimo disastro appena combinato.
    Luca rimase con il cellulare in mano e la compagnia del suono degli scatti, dovuti alla chiusura della chiamata. Ancora una volta se l'era cavata, era riuscita a sfuggire ad una risposta che per lei era difficile da dare.
    Sfuggente.
    Quello era sicuramente l'aggettivo che più si addiceva a Valentina. Sorrise, si infilò il telefonino nel cappotto e tornò ai suoi affari.
    La ragazza dai capelli castani, intanto, cercò un modo per salvare il salvabile, ma, non trovandolo, si ritrovò a trangugiare delle specie di sofficini, ma in versione tedesca, qualcosa di disgustoso, ma meglio che niente, decisamente.
    Sedeva al tavolo, con la coda leggera, spostata su un lato del suo collo, a scivolare sulla sua spalla, fino a ricaderle sotto il piccolo seno.
    Continuò a pensare a lui, a Luca, che per lei era rimasto sempre il suo “Prof”.
    Lo vide entrare nella sua aula al terzo anno di liceo. Lei era la secchiona della classe, dal viso pallido e qualche brufolo sulla pelle, i capelli a caschetto, pari a circondarle il viso perennemente scazzato, senza un filo di trucco, con due occhiali da riposo dalla montatura rosea, che le permettevano di leggere chiaramente le scritte alla lavagna senza fatica.
    Nessuno si ricordava della sua presenza durante le lezioni, nessuno le chiedeva mai come stesse, o se avesse voglia di fare due chiacchiere. Ma a lei, sostanzialmente andava bene così, o forse se ne era solo convinta, dato che poi, a casa faceva i conti con tutto quello che si teneva dentro e scoppiava in lacrime, dando, poi, puntualmente la colpa alla stanchezza e all'adolescenza, liquidando così i suoi problemi.
    Durante i compiti in classe, invece, sembrava che al mondo esistesse solo lei. Le tenevano sempre un banco libero, lontano dalla cattedra, in modo che tutti potessero essere aiutati, senza che i professori se ne accorgessero. Spesso si chiedeva perchè non gli mandava tutti a quel paese e si impegnasse solo per sé, poi capì che per lei era solo soddisfazione.
    Sì, provava gusto nel vedere quei tipi che a malapena sapevano il suo nome logorarsi se ci metteva troppo a dare un suggerimento, ci godeva a vedere che dipendevano da lei e quindi li aiutava. Tanto alla fine loro lottavano per ricevere un insignificante “6”, lei lottava sempre per un “8” o un “9” e non le importava che tutti la guardassero schifata, un giorno avrebbero capito che lei si stava realizzando e loro si amalgamavano e basta.
    Lui era, al tempo, un giovane professore di filosofia e storia di ventisei anni, con tanta passione e tanta voglia di trasmetterla. La conquistò subito, quando varcò la soglia di quell'aula e si sedette scompostamente sulla cattedra. Aveva i capelli perennemente lisci e ribelli, un po' lunghi, lasciati appositamente sempre un po' spettinati. La sua pelle chiara e gli occhi azzurri gli conferivano un'aria angelica, capace di nascondere quel carattere diabolico e irruento che aveva. Fu grazie a lui che Valentina scoprì di amare la filosofia, amava il perdersi in frasi apparentemente insensate, che, puntualmente, durante le lezioni acquistavano significato solo per loro due, “la Secchia” e “il Prof.” come ormai si erano ribattezzati. Ogni volta nascevano lunghi dibattiti dei quali il resto della classe si disinteressava, lasciandoli così liberi di esprimersi, di contraddirsi, di far nascere quell' intesa e quel legame che gli avrebbe uniti nel tempo, forse per sempre, forse per un lasso di vita, ma senz'altro il più importante.
    Poi, un giorno, l'ultimo anno lui non fu più lì.
    Dietro a quella cattedra sedeva una donna un bel po' più anziana, probabilmente con più esperienza e qualcosa in Valentina si spezzò. Semplicemente glielo avevano portato via.
    Le avevano tolto l'unico motivo per sorridere dentro a quell'edificio, le avevano tolto Luca.
    Troppo ribelle, troppo poco formale, troppo poco professionale. Queste le uniche spiegazioni. Per la direzione lui non era altro che un ragazzino che doveva levigare il suo carattere, mentre per lei, lui era tutto.
    Fu un caso a farli incontrare di nuovo e fu lì che Vale capì che quell'uomo sarebbe diventato parte di lei.
    Era una giornata di sole e la ragazza stava camminando verso casa, dopo aver acquistato un gelato e imprecando contro di esso per l'ennesima goccia di stracciatella che le percorreva la mano.
    “Io ho sempre sostenuto che si dovesse seguire una logica per leccare il gelato. Bisogna partire dal basso.”
    Gli occhi verdi di lei si alzarono sugli azzurri di lui, si bloccò del tutto, prima di scoppiare di gioia e prendere a correre in sua direzione, finendo la sua corsa nell'abbraccio del suo corpo, con le braccia intrecciate dietro il collo di lui, che la accolse con un grande sorriso. Affondò il naso nei suoi capelli, finalmente un po' più lunghi e si sentì come sollevato. Non seppe perchè, ma il calore del corpo di quella ragazzina, ormai diciassettenne, lo riportò indietro nel tempo, a frugare nella sua mente e a ricordare quegli occhi verdi di chi gli aveva permesso di coronare un sogno, il sogno di vedere la sua passione trasmessa a qualcun altro, allo stesso modo. Da lì nacque il loro silenzioso sodalizio. Si ritrovavano sempre lì, di fronte a quella gelateria, sempre alla stessa ora, mentendo a se stessi, quando si autoconvincevano di passarvi per caso. I giorni passavano e loro due si ritrovavano sempre più immersi in loro stessi, tuffati nei libri che amavano a parlarne insieme, a litigare quasi, per far avvalere le loro tesi. E intanto lei cresceva e diventava una donna e lui imparava a capirla e capirsi. Leggevano, parlavano e non si accorgevano del mondo intorno a loro, non si accorgevano che il sole andava a dormire quando lui la accompagnava a casa. Vale non si accorgeva delle dita che lui le passava tra i capelli, quando lei, senza pensarci si sdraiava con la testa sulle sue gambe, con gli occhi rivolti verso il libro che lui le aveva portato per il giorno.
    E lui non si accorgeva degli sguardi che Vale gli lanciava, mentre le leggeva qualcosa scritto da lui a voce alta, totalmente incantata e ammirata.
    Ma questi erano loro due, troppo avanti per guardarsi indietro, troppo sognatori per accorgersi della realtà, troppo persi in loro stessi, per trovarsi.
    Eppure qualcosa Vale aveva trovato.
    Aveva trovato la sua strada e l'aveva fatto grazie a lui, aveva studiato le lingue, dopo essere stata convinta da Luca a coltivare la passione per la filosofia solo come un qualcosa di disinteressato, da condividere con lui, nei loro momenti “Rem”, le chiamavano così le loro giornate. Il ragazzo aveva sempre sostenuto che Vale fosse destinata a qualcosa di grande, che potesse avere una carriera brillante e con la filosofia, si sa, non si vive. Non ce l'avrebbe vista a condurre la vita che faceva lui, dietro una cattedra ad insegnare. Lei non aveva la sua pazienza. Lei era una leader, ma ancora non lo sapeva, se ne stava rendendo conto giorno per giorno, con lui. Le avevano sempre fatto credere di essere inferiore agli altri, diversa. Ed in effetti diversa lo era, ma perchè era migliore.
    Questo riuscì a farglielo capire con il tempo, fino a convincerla e ad aiutarla a costruirsi la sua strada, il suo trampolino dal quale poi avrebbe spiccato il volo.
    Ed infatti, fu così.
    Il volo lo prese, se ne andò a Berlino a tradurre articoli per una rivista di moda. Lei adorava gli abiti, le scarpe. Con quella passione lo aveva sfinito di chiacchiere.
    Prima si era sempre mantenuta anonima, ma crescendo era diventata un'altra e si sbizzarriva con gli abbinamenti più assurdi. Solo lei poteva portare un paio di leggins verde bottiglia e un paio di ballerine arancioni, abbinati alla sciarpa e riuscire a non far storcere la bocca. E così, aveva fuso due passioni, quella per le lingue e quella per la moda.
    Ma non rimase nell'ombra di parole tradotte, finì per scalare la vetta ed iniziarono ad incaricarla di scrivere articoli lei stessa, scovando nuove tendenze, nuovi personaggi e, così, la sua piccola Secchia riscuoteva successo.
    Lontano da lui, ma grazie a lui.
    Poco importava se le mancava da morire, a lui, infondo, bastava saperla felice e realizzata.


    Note: Ok, non so se qualcuno avrà voglia di leggerla, a dire il vero, un po' ci spero. Ho ripreso a scrivere solo da poco, dopo un blocco durato troppo tempo... Non mi va molto di dilungarmi, se vorrete, scoprirete di più su questa storia, seguendola. Vi dico solo che ci ho messo molto di me, nella protagonista, a partire dal nome ^^ Spero che qualcuno la segua. Buona lettura =)
     
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  2. »Sally
     
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    *_*
    L'ho letta, e mi piace tantissimo, a partire dal personaggio di Valentina.
    Il rapporto con Luca l'ha sicuramente aiutata a crescere e se non ci fosse stato lui, le cose probabilmente sarebbero andate diversamente e lei, ora, non si troverebbe a Berlino.
    Mi incuriosisce moltissimo, quindi aspetto con ansia il seguito! *_*
     
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  3. Fee1702
     
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    Grazie Bea *___*

    Sono contenta che ti piaccia! Sì, Vale è diventata quella che è, grazie al suo Prof. Anche se, per adesso, non se ne è ancora resa conto.

    SPOILER (click to view)
    Ps, vado un attimo OT, ma avevo letto l'inizio di una tua FF, che hai scritto con un'amica, solo che non riesco più a trovarla, non è che me la linkeresti? XD
     
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  4. »Sally
     
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  5. Fee1702
     
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    Grazie caVa, letto e commentato ^^
     
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  6. billina*-*
     
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    mi piace tantissimo continua!!
     
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  7. Fee1702
     
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    Grazie =) continuo prestissimo!
     
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  8. billina*-*
     
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    =D
     
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  9. Fee1702
     
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    2)

    Il profumo di Waffeln appena sfornati le regalava sempre una sensazione di benessere. Non sapeva il motivo, ma quella fragranza dolce e zuccherosa le ricordava casa sua. Le ricordava la domenica mattina, quando, alzatasi tardi raggiungeva sua madre in cucina e sedeva per ore con lei di fronte alla colazione, che, puntualmente l'attendeva a tavola.
    Salutò Heinz con un sorriso accennato, ma l'uomo paffuto del bar, non si aspettava mai nessun altro tipo di saluto il lunedì mattina.
    Vale di lunedì aveva solo bisogno di uno dei caffè più ristretti che potesse fare e del suo croissant alla crema per iniziare bene la giornata, o quantomeno, per provarci.
    Le piaceva osservare le persone, aveva sempre avuto talento nell'individuare il carattere che si celava dietro ad ogni figura, poche volte si sbagliava. Adorava origliare le ragazzine che si scambiavano le ultime confidenze prima di dirigersi verso scuola, forse per compensare quello che a lei era mancato.
    C'erano sempre le solite tre.
    Una ragazza magrolina dai capelli rossi e la pelle chiara, leggermente lentigginosa, e due ragazze dai capelli castani, una un po' in carne e dal viso tondo, sempre perfettamente truccata, l'altra un po' più semplice. Portava sempre un fermaglio tra i capelli per riprendere la falda che le avrebbe coperto l'occhio color miele e Vale pensò che avesse uno stile assai carino e le piaceva il fatto che abbinasse sempre il fermaglio al colore della maglia. Quel giorno era una farfallina celeste che riprendeva il colore della lana del suo maglioncino aderente.
    Mentre Valentina portava alle labbra la sua tazzina di caffè, le tre amiche commentavano il look di un cantante visto in tv la sera prima.
    Doveva essere un tipo bizzarro. Parlavano di cresta, ombretto scuro, matita pesante intorno agli occhi.
    “Sì, ma cioè, lasciate stare li stivali, avete visto o no che braccia ha messo su?” Domandò la rossa, con aria sognante.
    “EH in effetti non ho potuto non notarle... poi quel gilet di paillettes gli stava da Dio.”
    Rispose quella paffutella.
    Vale non potè fare a meno di chiedersi chi fosse il genio che riusciva a far sognare così il genere femminile, nonostante ostentasse un look così esuberante e femminile a sua volta.
    Pensò che avrebbe dovuto fare qualche ricerca, una cosa del genere non poteva certo sfuggirle.
    Non ebbe comunque tempo di sentire altro, perchè il tempo, si sa, non ti aspetta e quindi, la ragazza dovette incamminarsi, volteggiando sulle sue parigine grige, verso la redazione di “Vogue”, inforcando gli enormi occhiali da sole e regalando un altro sorriso ad Heinz, stavolta addolcito dalla crema.
    Entrò nell'enorme edificio a vetri, salutò un po' chiunque, sorridendo, ma senza guardare praticamente nessuno, tanto di quelle facce ne conosceva sì e no, meno della metà.
    Spalancò la porta del suo ufficio e si sedette alla scrivania, sulla poltroncina molleggiante in pelle nera, accese il computer e imprecò alla prima telefonata della giornata. Amava il suo lavoro, ma era assai stressante.
    Aveva sempre odiato parlare al telefono, ma ormai era diventata, per forza di cose la sua attività principale.
    Corresse alcune bozze di articoli che avrebbero dovuto essere pubblicati sul nuovo numero della rivista, chiamò il fotografo per il servizio fotografico della prossima settimana e fece la relazione al capo delle cose già fatte e che, quindi, non avrebbe dovuto fare lui.
    Ormai prendeva iniziative, conosceva il boss come le sue tasche, sapeva cosa, sicuramente, si sarebbe dimenticato di fare e, finito quello che le spettava, alleggeriva anche un po' del suo lavoro.
    Klaus era un figlio di papà che si era trovato la strada spianata dal padre, aveva preso le redini della baracca senza fatica. Una laurea ad una facoltà sconosciuta, e che nessuno osava chiedere dove fosse e quale fosse, un po' di apprendistato ed il gioco era fatto, infondo a lui era bastato circondarsi di bravi assistenti. Tutto sommato, però, a Vale andava a genio, alla fine era soltanto un ragazzo fortunato che non aveva dovuto sudare sette camice per arrivare dove voleva. Era facile giudicare una persona così, dall'esterno: macchinone, donne, abiti firmati e bell'aspetto. Ma chi non ne avrebbe approfittato?
    La ragazza era convinta che, solitamente i pregiudizi fossero soltanto espressione di invidia e quindi era facile etichettare un personaggio e disprezzarlo, ma in pochi avrebbero ammesso con sincerità che sarebbero stati volentieri al suo posto. Raccomandazioni o meno.
    In più era un tipo simpatico e aveva un rapporto umano con i suoi dipendenti, non era il classico tiranno al quale piace sentirsi potente. Non era per niente formale e parecchie volte, Vale lo aveva trovato spaparanzato sulla sua poltrona con le ruote e i piedi incrociati sulla scrivania a rigirare il filo del telefono tra le dita, mentre sussurrava parole dolci a qualche sconosciuta di là dalla cornetta, con sguardo malizioso.
    La faceva sorridere e si trovava bene con lui. Avevano spesso passato del tempo insieme, a volte per pranzi di lavoro, nei quali finivano, poi, per finire a parlare di tutt'altro con la bocca piena di qualche schifezza, a volte erano proprio usciti insieme, ma senza mai varcare il confine. Erano semplicemente diventati amici, Vale era restia a rapporti di altro genere. Per lei esisteva solo la carriera in quel momento della sua vita e l'amore sarebbe stata solo una distrazione che le avrebbe fatto perdere del tempo prezioso e Klaus era il classico donnaiolo, sapeva bene che la maggior parte delle donne che frequentava stavano con lui solo per il suo portafoglio e non per altro. Per questo le trattava così come dovevano essere trattate. Una notte di passione e poi, tanti saluti.
    Ovviamente le malelingue si facevano mille film su quelli che erano i rapporti tra “Il capo e l'assistente” e ovviamente Valentina ne era ben al corrente, ma ovviamente non se ne curò.
    Grazie al suo Prof era riuscita a superare il periodo in cui il giudizio altrui le sembrava la cosa più importante. Lui le diceva sempre di camminare a testa alta e che se qualcuno parlava di lei era solo perchè in qualche modo si era resa interessante agli occhi degli altri.
    Così, non badava più al resto delle persone, anzi, rispondeva col sorriso alle pettegole che trovava intente a parlarle alle spalle.
    “Klaus, ti ho portato la relazione.”
    Esordì, entrando nell' ufficio del ragazzo, con la testa china sui fogli, intenta a controllare che ci fosse tutto quello che aveva scritto e che si leggesse in modo chiaro.
    “Sushi o cinese?” Le rispose lui, con una mano sul lato della cornetta in cui si parla.
    La castana lo guardò stranita, per poi alzare gli occhi al cielo.
    “Sushi tutta la vita.”
    “Sì, scusami tesoro, ti ascolto, no è che mi chiedevo se ti andrebbe di mangiare il sushi domani sera.”
    Vale lasciò i fogli sulla scrivania e gli fece un cenno con la mano, per poi uscire dalla stanza ed andarsene via dall'edificio.
    Il ragazzo le strizzò un occhio, di rimando e tornò alla sua piccante conversazione.
    Camminando verso casa, si lasciò cullare dalla fredda aria di novembre, in Italia non sarebbe stato così freddo, pensò.
    Comunque a lei l'inverno piaceva, le bastava una cioccolata calda, una bella sciarpa e un caldo cappotto, possibilmente colorato. Quel giorno aveva optato per quello grigio con tre bottoni enormi sul petto. Del resto, doveva abbinarlo alle sue “bambine”.
    Svoltato l'angolo della strada, si ritrovò al solito chioschetto, dove si fermava la sera a prendere la sua cioccolata fumante quando non aveva intenzione di cenare a casa. Una volta avuto il bicchiere tra le mani, lo strinse un po', per scaldarsele e si sedette sulla panchina della grande piazza, ormai adibita a pista di pattinaggio, si perse nelle varie immagini che le vivano offerte. I bambini sorridenti che volteggiavano sulle lame dei pattini, i genitori apprensivi preoccupati per loro, le coppie di innamorati stretti in abbracci o con le mani intrecciate tre loro, sognanti. Sospirò e portò alle labbra il bicchiere, per l'ultimo sorso di quella adorata bevanda, poi si alzò, diretta a casa, come sempre.
    Nella via di casa, un vicoletto tranquillo, quasi sempre deserto, incrociò due ragazzi piuttosto alti, intenti a parlare tra loro. Uno stava smanaccando in maniera concitata, parlando, rasentando la logorrea. L'altro camminava a testa bassa, con la testa tra le spalle e fumava una sigaretta. Vale giurò che non stesse ascoltando l'altro tizio.
    Dovevano essere sicuramente due tipi freddolosi, dato che erano coperti più del dovuto, con cappelli di lana, sciarpe enormi, portate in stile bandito e occhiali da sole.
    La ragazza pensò a cosa gli servissero a quell'ora, dato il buio ormai calato, ma poi non ci pensò oltre e scrollò le spalle, mentre i due si allontanavano.
    Doveva smetterla di farsi gli affaracci degli altri.
    Prima di entrare in casa, qualcosa destò la sua attenzione. Un foglietto piegato giaceva vicino al portone di casa sua. Lo raccolse e, in una calligrafia tipicamente maschile, un po' allungata verso destra, vi lesse sopra delle frasi:

    Wir werden euch
    Nie mehr gehören
    Wir werden nie mehr
    Auf euch schwören
    Wir schlucken keine
    Lügen mehr
    Nie Mehr
    Eure Wahrheit
    Wollen wir nicht
    Eure Masken
    Unser Gesicht
    Unsere Augen
    Brauchen Licht
    Viel mehr Licht

    Lass die Hunde los
    Ich warn dich
    Lass die Hunde los
    Folgt uns nicht
    Lasst die Hunde los
    Wir wissen den Weg
    Ham Träume
    Die ihr nicht versteht
    Lasst los
    Bevor was passiert
    Unter euch
    Ersticken wir.


    Entrò in casa, non staccando gli occhi da quelle frasi, così vere, così vissute anche da lei. Così vive, tanto da spezzarle il fiato. Chiuse la porta alle sue spalle, ancora leggendo, ancora e ancora.

    Non vogliamo più la vostra verità. le vostre maschere. I
    l nostro viso, i nostri occhi hanno bisogno di luce... molta più luce.

    Dentro di sé ripeteva quelle parole e continuò anche quando i suoi occhi iniziarono a chiudersi, stesa sul suo letto.
    Mai le era capitato di veder scritto quello che lei aveva provato per una vita.

     
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  10. ** Prinzi **
     
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    Vale che dire *_* è bellissima!*-* voglio proprio vedere come va a finire!Quel foglietto sarà sicuramente caduto a Bill u.u
    E quei due ragazzi con gli occhiali da sole,incontrati da Vale,sicuramente erano Bill e Tom u.u
    XD
    Una parte del primo capitolo l'avevo letta nel tuo profilo di splinder,e mi era piaciuta ^^ si vede che hai aggiunto un pò di te nel personaggio ^^
    Brava ^^ continua presto ^^
     
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  11. Fee1702
     
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    Ma grazie *_____*
    Mi fa troppo piacere che tu abbia apprezzato! Sì, ho messo molto di me in questo personaggio, speriamo vi possa piacere Vale! bacione
     
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  12. ** Prinzi **
     
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    ^^ piacere mio leggere ciò che scrivi ^^ posta presto *_*
     
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11 replies since 27/11/2010, 17:30   187 views
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