Pedofilia, se chi abusa è donna

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    Da Libero.it

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    Pedofilia, se chi abusa è donna
    Donne pedofile perché conniventi con il partner che abusa sui figli o esecutrici materiali di abusi sessuali. I casi di violenza da parte di figure femminili sono rari ma esistono. L'intervista all'esperto



    Pedofilia, reato orribile. Le statistiche dicono che su cento adulti che abusano di bambini, 95 siano uomini e soltanto cinque siano donne. Proprio per la rarità di casi, ma non solo, di pedofilia femminile si parla poco. Anche la tipologia di reato è più sfumata. Per capire di più questo fenomeno abbiamo incontrato lo psicologo milanese Luigi Colombo che ci ha dedicato oltre un'ora del suo tempo.

    Si dice che su cento adulti che abusano di bambini, cinque siano donne, è una percentuale realistica?
    Sì, è realistica. In effetti è una percentuale analoga anche alla commissione di altri reati. Fa pensare che ci sia una sottovalutazione o una non completa conoscenza del problema. Diciamo che la tipologia di fatti per cui sono condannate donne che sono implicate in una condanna per reati sessuali, può essere di due tipi. O si tratta di comportamenti sessuali agiti dal partner, compagno, marito più o meno occasionale, mentre la madre è semplicemente disattenta, anzi protegge l'autore, connivente. Quindi in questo caso si tratta di una condanna per concorso, correità. Oppure si tratta di fatti commessi materialmente. All'interno di queste condizioni, in questo secondo caso, con la donna che agisce materialmente con un contatto sessuale illecito, le condizioni sono molto simili a quelle dell'uomo. Infatti è una cosa che si sottolinea poco, anche nella relazione tra madre e figli si può instaurare una relazione deviata non dissimile a quella che si può instaurare tra padre e figli.

    Cioè? Ci spieghi meglio che cosa può avvenire
    O che la madre è abituata a un'intimità con il figlio e per condizioni legate al contesto, in questa intimità oltrepassi un confine lecito. Questo può essere il caso della madre e può avvenire a maggior ragione quando il bambino è molto piccolo. Per esempio una madre separata – supponiamo - che si abitui a dormire nuda col bambino e magari col tempo sviluppare toccamenti che sono appunto illeciti, sono un abuso. Naturalmente non è un illecito dormire nuda con il proprio figlio, però bisogna sottolineare che condotte erotizzate da parte della madre sono probabilmente più frequenti di quanto si pensi, e anche se non sono un illecito, creano secondo un'opinione piuttosto diffusa, un clima di perversione con il bambino. Un altro caso, sempre per rimanere nell'età infantile, è costituito dalla donna adulta (più o meno adulta), che può essere adolescente, giovane-adulta, che per esempio svolge funzioni di babysitteraggio. È una cosa nota da secoli e anche su questo c'è da dire che non se ne parla molto. Però è abbastanza frequente e può verificarsi che ci sia una donna che abusa, che è attratta dalle zone genitali di un maschio, un bambino sotto i 14 o anche i 10 anni.

    Quali sono i meccanismi per cui una donna può essere attratta da un minore?
    È proprio il fatto che la donna trova combinate - non molto diversamente dall'uomo aggiungo io (anche se nell'uomo prevalgono altri aspetti) -, da un lato una caratteristica attraente che è appunto il sesso, l'attrattiva sessuale, e dall'altro lato però con il bambino vengono completamente cancellati aspetti dell'uomo adulto che, se la donna ha una problematica, possono essere per lei fonte di disturbo e di disagio. In questo c'è una analogia tra uomo e donna abusatori: entrambi mettono in atto un comportamento perché sono attratti da un corpo che, da una parte suscita eccitamento e dall'altra non crea problematiche, difficoltà adulte. Ci può essere anche un aspetto un pochino più morboso, più perverso diciamo noi, che è quello di trovare anche da parte del bambino il desiderio sessuale, l'eccitamento. Questa è una cosa che nella pedofilia, sia del maschio che della donna è molto importante. Questa cosa di trovare, proprio perché partiamo dall'idea che il bambino non abbia una vita sessuale come un adulto, che il bambino si ecciti, questo è motivo di eccitamento per l'adulto.

    Di fatto non si parla mai della sessualità infantile, ma esiste…
    Il bambino ha da un punto di vista corporeo una sessualità diversa. Le basi biofisiche e biofisiologiche sono diverse, però può avere una curiosità sessuale e affacciandosi all'adolescenza può essere che abbia anche delle fantasie e sempre nella pedofilia l'adulto utilizza queste tendenze che ci sono nel bambino. Tendenze che possono essere legate al fatto che il bambino stesso abbia avuto già piccoli episodi di abuso. Può essere anche un bambino che è stato approcciato da una ragazzina più grande o viceversa. È indubbio che episodi simili, anche tra fratelli, possano attivare le fantasie sessuali del bambino. L'approccio di un dodicenne con un bambino o una bambina più piccoli non costituisce reato sotto gli anni 14, ma non è escluso che possa avere una valenza traumatica.

    Mettiamo il caso che una donna adulta entri in un'interazione con un minore in fase adolescenziale...
    Questa è una seconda tipologia: il minore può essere concretamente attivo sessualmente e in una fase di disponibilità, la donna può sfruttare il fatto che per il minore tra il 14 e i 16 anni, l'approccio di una donna adulta è vissuto come una vera conquista, un piccolo trionfo e allora in questo caso abbiamo la donna adulta che magari vive in casa con il minore perché è la matrigna o un'insegnante, un'educatrice o la governante.

    Non basta quindi un contatto occasionale?
    Lo stile che possiamo definire predatorio dell'uomo, che si reca in luoghi frequentati da potenziali vittime non lo si trova nella donna. La donna non ha una sessualità esibita.

    Come spiega le situazioni di correità e di concorso in abusi su minori?
    Voglio richiamare due punti. Spesso, quando la madre accetta l'abuso della figlia da parte del partner, è la donna stessa che opera una cosa analoga a quella che opera il partner. Cioè è come se si facesse sostituire dalla figlia, come se la figlia nel suo immaginario fosse la sua sostituta. La madre, se interpellata non dice di essere d'accordo, ma un rapporto un po' incrinato può fare insorgere nella coppia delle regressioni. C'è da dire che la madre condivide. Voglio sottolineare un altro aspetto sempre più diffuso: a volte esistono madri che senza essere corree, magari non arrivano a essere accusate di correità, non si sono rese conto che la figlia ha un forte conflitto con loro e che sta creando un contatto sessuale con il partner. La madre che in forte contrasto con il partner non si rende conto che partner e figlia stanno avendo i primi approcci sessuali. Tutti i reati sessuali al 95% sono svolti all'interno delle mura domestiche e l'approccio in genere richiede degli stadi, dei passaggi, un progressivo avvicinamento, non basta semplicemente che la vittima venga impaurita. Per i reati sessuali la vittima è conosciuta e chi abusa approccia la vittima e questo vale anche per le donne.

    Come avviene l'approccio?
    Provando. Ti faccio riferimenti alle parti intime, un giorno esco seminuda e non dici niente, anzi vedo che mi guardi tu bambino con gli occhi interessati. Oppure altra strada: si sviluppa un amore vero e proprio. C'è una manifestazione di sentimenti come se si trattasse di due partner adulti, ma questo accade con il minore un po' grandicello. Nei reati intrafamiliari il reato sessuale è una sorta di cuneo, come un canale relazionale che si scava nel terreno della vita familiare e che è reso possibile dal fatto che la vittima e il proprio genitore di riferimento hanno sviluppato una rivalità, un conflitto e che tra genitori c'è un allontanamento reciproco. È quindi molto importante che le donne se ne rendano conto. Quando la donna non ha alcuna conseguenza giuridica, si trova nella situazione di perdere il partner o la figlia. Se accetta la versione della figlia deve prendere una distanza dal partner, se comprende il partner nella sua difficoltà dovrà prendere le distanze dalla figlia.

    Quali sono le differenze di approccio negli abusi effettuati da uomini su minori rispetto a quelli femminili?
    L'impressione che si ha è che l'uomo pedofilo sia più infantilizzato, che sia in grado di acquisire uno stile o modi di fare infantili. A volte lo fa scientemente per entrare in comunicazione con la vittima. La donna utilizza più un contatto che può essere più materno, ma che le viene più naturale senza essere costretta a infantilizzarsi.

    Cosa scatena la pedofilia femminile?
    L'impressione che si ha è che sia più rintracciabile nella pedofilia femminile una genesi traumatica che nell'uomo.

    La "teoria dell'abusato abusatore" è quindi valida più per le donne? Ma è sempre vero che chi abusa è stato abusato?
    Io ho l'impressione che sia più valida nella donna che nell'uomo. Nell'uomo non la si trova così frequentemente. O si tratta di una donna che è stata abusata o di una donna che comunque ripete nel reato una situazione traumatica, che non è detto sia abuso. La donna più facilmente ricostruisce un antefatto sessuale traumatico. Un uomo non ricostruisce spesso un antefatto di abuso.

    Altre differenze?
    L'uomo sembra usare il sesso per stabilire una relazione con la vittima e per poterne trarre un soddisfacimento. La donna abusante sembra essere più una persona che non ha un confine tra bisogno di amore e sfera sessuale. Sembra più esserci una differenza di difficoltà di non confine tra il bisogno di essere amata e l'amore che si trasforma in contatto sessuale. A volte si può constatare che la donna che mette in atto i reati sessuali ha questa modalità alterata. Anche con l'uomo adulto può scivolare dall'amore alla sfera sessuale. È un po' tipico della donna non differenziare questi due lati. Nell'uomo sembra che assistiamo a una situazione secondo cui io entro in una relazione con te, per avere un soddisfacimento della sfera sessuale.

    Rispetto a fenomeni esterni alla famiglia (da parte di persone che comunque vengono in contatto con i bambini) come è possibile scoprire episodi di abuso, da parte di una babysitter, di un'educatrice?
    Diciamo che in genere i bambini quando avvengono fatti che hanno a che fare con la loro sfera sessuale li raccontano. I loro racconti vanno vagliati, ma esistono circostanze in cui non bisogna mettere in dubbio quello che raccontano i bambini. Non è detto che inventino. Esistono dei criteri per capire se un bambino ha detto una cosa in un contesto per impressionare oppure ha detto una cosa che è avvenuta: si valuta se quel contenuto espresso verbalmente viene espresso anche nei disegni, in più modi. A volte il bambino abusato descrive anche nel disegno quello che accade. Non ci si deve sorprendere se il bambino racconti i fatti a figure terze, estranee, è importante vedere cosa dice a un'insegnante e cosa dice poi alla madre e raffrontare le versioni. Un altro aspetto importante è verificare la condizione psicologica del bambino, le sue problematiche di interazione, magari mette in atto comportamenti molto impulsivi per esempio. In sostanza, per farsi una prima idea bisogna fare una sorta di raccolta di elementi, un collage di elementi diversi pere capire se c'è una coerenza tra di loro.

    In un'ottica di prevenzione, come mettere in guardia i bambini senza creare traumi?
    Secondo me ai bambini va detto che esistono adulti che possono fare del male ai bambini. Penso che quando hanno l'età per capire e lo chiedono, gli va detto. Per esempio l'adescamento via internet oggi come oggi è molto diffuso e i bambini devono sapere che possono incontrare persone che apparentemente vogliono loro bene, ma in realtà vogliono usarli. Poi il reato sessuale è usare una persona. Esistono forme di uso dell'altro anche peggiori, come la schiavitù. Gli operai dell'industria inglese dell'800 venivano usati peggio. Indubbiamente però è un "uso". La clinica non a caso parla di perversioni o parafilie. Possiamo averne tutti, ma c'è chi le ha soltanto a livello di fantasie, chi le mette in atto. Ma è molto importante sottolineare il contesto che fa sì che una determinata perversione prenda il sopravvento. A quel punto tra autore e vittima si crea una relazione per cui per l'autore la vittima diventa una specie di droga. In quel momento la vittima non è soltanto fonte di un piacere sessuale, ma anche una sorta di rifugio.

    Ci parla della sua esperienza sul campo, in progetti che sta portando avanti a Bollate e a Milano?
    Esiste un trattamento intensificato per autori di reati sessuali maschi nel carcere di Bollate ed esiste un trattamento per autori di reati sessuali presso il Comune di Milano e in questo caso ci sono anche donne. È la stessa equipe in entrambi i casi. Io mi occupo della prevenzione della recidiva e Paolo Giulini è il responsabile scientifico. Questi progetti si basano sull'idea che la recidiva sui reati sessuali già non è altissima rispetto ad altri reati. Però i programmi stranieri hanno dimostrato che abbinare l'esecuzione penale con un trattamento la riduce tantissimo, quasi a zero. Nella nostra esperienza abbiamo seguito 160 persone in maniera approfondita per anni, tra maschi e femmine e ci sono state tre recidive. All'esterno abbiamo seguito in due anni sei donne con trattamento intensificato: psicodiagnosi, colloqui individuali e attività di gruppo. Ne abbiamo seguite soltanto sei perché in effetti sono poche.

    Sembrerebbe che la giustizia abbia un occhio di riguardo per le donne abusatrici...
    La donna è vista in una prospettiva sempre un po' diversa. Le faccio un esempio: se c'è un reato e lui ha vittimizzato la bimba maggiore per un anno, portava la bimba al piano di sopra, faceva la doccia e stavano lì. La madre sapeva (per un anno!) e viene condannata, tuttavia la madre è rimasta in contatto con i minori, il padre no, verosimilmente aspetterà che diventino adulti. La giustizia tenderà a far scontare la pena di più all'uomo, soprattutto in casi in cui è l'esecutore materiale. Ma anche nel caso di donne esecutrici materiali, sebbene anche le donne si facciano una lunga carcerazione, c'è un atteggiamento più flessibile. E in effetti il livello di invasività del reato sessuale dell'uomo è maggiore.

    L'abuso tra una donna e un minore, anche sulla base di quello che lei ci ha spiegato, provoca reazioni di rifiuto e spesso anche a livello scientifico il fenomeno è sminuito e liquidato come raro o come meno violento rispetto alla pedofilia maschile. Ma è proprio così?
    Sotto gli anni 14 è comunque violenza sessuale. Io penso che anche l'uomo pedofilo possa agire in maniera non violenta e quindi riuscire a creare una relazione con il bambino tale per cui non ci sia un contatto sessuale così traumatico. Però nell'adulto c'è sempre il momento dell'eiaculazione, che è un momento vissuto dalla vittima naturalmente in maniera non così buona. Si osserva questo: il bambino dopo un po' che avvengono queste cose comincia un po' a stufarsi. Non esiste per il bambino sotto i 10 anni un substrato psicologico e anche biologico, si tratta di atti che hanno nel bambino risvolti angosciosi. Quando il bambino comincia a essere preadolescente le cose cambiano, addirittura può essere messa in atto la penetrazione. La donna non ha eiaculazione e dunque il contatto sessuale è più sfumato, perché è più toccare il corpo del bambino. Questa è una differenza.

    Dopo un abuso cosa avviene per la vittima?
    C'è un problema: bisogna tenere sempre conto che la vittimizzazione è grave per tre motivi. Il primo: è tanto più grave quanto più la vittima pensa di essere consenziente. Se la vittima non riesce a capire che sta subendo una violenza, se l'autore è molto bravo a miscelare bene e male, piacere e sessualità, a far passare il tutto come un gioco, il reato si inserisce di più nel tessuto psicologico della vittima, ha un effetto più pervasivo perché la vittima non è in grado di dire che ha vissuto un atto negativo, doloroso. Perché non ha sperimentato dolore. La vittima si troverà a rendersi conto che vuole dire no soltanto quando la cosa è molto avviata, quando si è stufata perché è diventata ripetitiva e fastidiosa.
    Secondo: il reato è tanto più grave quanto più la vittima, dopo averlo subito, subisce da parte dell'ambiente esterno. La cosiddetta vittimizzazione secondaria: se la conseguenza delle sue parole quando ha rivelato i fatti sono la distruzione della famiglia, o che i parenti comincino a dire: "Tu menti e hai fatto soffrire il papà", "Tu menti e adesso il papà o la mamma sono in carcere e si suicideranno". È come penetrarla una seconda volta. Un bambino va fuori di testa. Mentre magari non va fuori di testa per l'abuso. Terzo elemento: il bambino va fuori di testa quando l'abuso è protratto nel tempo ed è diventata la normalità. Casi di cronaca certo, ma diffusi, non così rari. Abbiamo parlato del concorso di padre-madre quando la madre non vede, materialmente non ha visto ma c'è comunque un concorso per la legge. La donna non vede, non difende la figlia e dà l'impressione di avere agevolato il partner. Invece ci sono madri che agiscono proprio l'abuso con il proprio partner. La madre prostituta che utilizza il cliente, la madre e il padre che insieme coinvolgono in uno scambio i vicini di casa, la madre che coinvolge il suo amante. Può anche essere che faccia semplicemente dei giochi sessuali, la madre che chiede all'amante: gli fai vedere il tuo pene, gli fai vedere come ci si masturba, oppure che la fa assistere.

    Daniele Passanante
     
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