Sulle nostre antiche tracce.

E' una storia strana, ma vi prego di dirmi cosa ne pensate!

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  1. __I'mAHumanoid<3
     
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    Ok, dato che "Pattinaggio d'Arte" non la recensisce nessuno (nonostante io abbia interamente finito di scriverla e l'abbia pronta da postare XD), posto una nuova storia (della quale sono ancora al terzo capitolo).
    Qui i ragazzi dei Tokio Hotel sono alle prese con il loro passato... Passato, molto passato, diciamo, dato che non sanno nemmeno se l'hanno vissuto o meno! XD Spero che a qualcuno piacciano le storie Fantasy! Se nemmeno questa viene recensita, al massimo chiedo a Kate di cancellarla insieme a "Pattinaggio d'Arte"! XD
    Grazie per l'attenzione u.ù Ora, SE VOLETE, leggete il prologo e il primo capitolo! ^_^

    Sulle nostre antiche tracce

    Prologo - Ricerche.

    Tom sbatté la porta di casa, rientrando da un giro in macchina. Bill era rimasto in casa e si scervellava per scrivere qualcosa di nuovo. Non era particolarmente ispirato quel giorno, ma tutto sommato un paio di frasette le aveva già messe giù. La sua ragazza, Nefée, gli aveva un pochino tirato su l’umore, preparandogli un dolcetto per colazione, nonostante si fosse svegliato con la Luna totalmente storta, anche se poi era dovuta andare a lavoro. E come se non bastasse la sorella maggiore di Nefée, Karima, continuava a girare per casa urlando di felicità e facendo progetti a destra e a manca per il suo matrimonio. Si stava per sposare per la seconda volta, dato che anni prima aveva divorziato da suo marito. Era una donna di trentasette anni e aveva un figlio gay di diciannove, Patrick, che aveva iniziato una carriera da scrittore. Era un ragazzino piuttosto esuberante e sempre allegro, infatti quel giorno stava infastidendo Bill come mai era successo. Lo chiamava addirittura “zio”, dato che sua zia Nefée era la fidanzata.
    Il biondo tirò un sospiro di sollievo quando vide entrare in sala Tom. Almeno lui avrebbe potuto tranquillizzarlo un po’. Forse…
    -Buongiorno, gente!- salutò il ragazzo, andando verso la cucina. Quando si erano trasferiti a Los Angeles, la loro casa non era così piena. Tutti, infatti, lo salutarono e lui andò direttamente a sedersi accanto a Bill. Rimase per un po’ a fissarlo in modo strano, che solo Bill poteva capire.
    -Perché mi guardi così?- chiese retorico.
    -Lo sai il perché.-
    -Tom, no! Non un’altra volta! Io non ho intenzione di fare da baby-sitter a tua figlia anche questo weekend! Ho da fare!- si agitò, scompigliandosi la chioma bionda.
    -Bill…- lo pregò. Questa volta fece gli occhioni dolci a cui nessuno sapeva resistere. Tra l’altro, avrebbe fatto un piacere enorme a suo fratello, dato che da solo non riusciva a tirarla su quella bambina. In casa, tutti facevano a turno per tenerla ed era comunque faticoso, con tutto il lavoro che avevano da fare. Ogni tanto ci pensava Karima, altre volte Patrick, altre volte Nefée e altre ancora Bill. Ovviamente Tom era quello che passava più tempo con la piccola Nancy e la madre invece no… Purtroppo non era sopravvissuta alla nascita della bambina e per il primo mese di vita della piccola, Tom era distrutto. Non riusciva ancora a capacitarsene e la sua ragazza gli mancava da morire. Nancy era l’unica che gli era rimasta, senza contare gli affetti famigliari e i suoi compagni dei Tokio Hotel. È naturale che ci tenesse da matti, non solo perché era sua figlia, ma anche perché era figlia dell’unica donna al mondo che aveva veramente amato. Stava quasi per sposarla, dopo che la bimba sarebbe cresciuta un po’, cioè qualche mese dopo la nascita, ma la morte gliel’aveva portata via senza alcun preavviso.
    -E va bene, Tom… Proverò a diluire gli impegni.- sorrise.
    -Grazie!- gridò il ragazzo, abbracciandolo forte.
    -Ma… se posso sapere, cosa devi fare di tanto importante domani da lasciarmi Nancy?-
    -Voglio fare una ricerca.- fece l’occhiolino. -Ultimamente mi sto interessando molto a una certa civiltà, ma non solo… Ti farò sapere!-
    -Che significa quel “non solo”?- urlò, vedendo sparire suo fratello dietro la porta della cucina. Non arrivò alcuna risposta, perciò sospirò e tornò con la testa sul foglio.
    -Zioooo!- esordì Patrick, saltando di fronte a lui. Andò poi ad aprire il frigorifero e tirò fuori un succo alla pesca. -Devo chiederti un favore!-
    Bill sbuffò. Che c’era ancora? -Dimmi pure…- si obbligò a dire.
    -Domani sono via per un po’ con degli amici per fare una ricerca, potresti guardarmi Kobe?-
    -Eh, no! Questo proprio no!- sbiancò Bill. -Non puoi farmi una richiesta del genere! Non ho alcuna intenzione di stare lì a nutrire il tuo maledetto, schifosissimo serpente!-
    -Ma come no? Zio, ti prego! È un serpentino così tenero!-
    -Tenero? Mangia due topi al giorno! E la sua linguaccia biforcuta mi fa ribrezzo! La risposta è no, mi dispiace.-
    -Ti prego, zio!- lo scongiurò. -Non avrò nessun altra occasione per uscire con quel gruppo di scrittori! La mia reputazione potrebbe cambiare e potrei farmi anche più amici all’università, magari anche cambiare università e andare a studiare archeologia egizia! Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego!-
    -Ma perché a me? Perché sono così buono?- disse tra sé e sé a bassa voce. -D’accordo, Patrick, ma che sia la prima e l’ultima volta che mi prendo cura di quel rettile!-
    -Oh, grazie zio!- gridò Patrick, buttandosi al suo collo. -Prometto che non ti chiederò più di guardare Kobe!-
    -Lo spero!- fece il biondo, vedendo sparire anche Patrick dietro la porta della cucina.
    “Ma che hanno tutti con queste ricerche?” si chiese il cantante, scuotendo il capo. “Uff…”
    -Tesoro?- lo chiamò Karima, scendendo le scale con in mano un abito da sposa. -Che ne pensi di questo?- gli chiese posizionandoselo davanti.
    -Ti sta molto bene, Karima, ma te l’ho già detto: il più bello fin ora era quello a campana con i guanti in tulle.- le consigliò saggiamente.
    -Forse hai davvero ragione… Ma non so decidermi! È così difficile!- si lamentò.
    -Secondo me dovresti aspettare l’arrivo di Nefée. Potrebbe darti consigli migliori dei miei.- fece Bill, sorridendo. Era sempre stato molto gentile con la sua possibile futura cognata. Non c’era motivo per prendersela con lei, mai. Certo, a volte era un po’ pesante perché era molto paranoica e non faceva altro che farti domande su domande, ma non era una donna cattiva, né fastidiosa, anzi!
    -Seguirò il tuo consiglio.- rispose. -E magari per distrarmi un po’, potrei cominciare ad aiutare Patrick con la sua nuova ricerca.- disse, annuendo. -Amore!? Ti do una mano?- gridò, uscendo dalla cucina.
    -Ancora ricerche…- bisbigliò Bill, quando Karima fu già fuori dalla cucina. Ora aveva bisogno di non pensare a tutto quello che aveva da fare per sabato, cioè l’indomani. Andò a prendersi un pezzo del dolce fatto da Nefée, quella mattina e tornò a sedersi, sperando di non essere più disturbato. Quella canzone doveva finirla. Era una questione personale.

    Capitolo 1 - I love Egypt!

    Il giovane era seduto sul divano con accanto Nancy e davanti a sé la gabbia di Kobe. Una visione terribile. Si teneva il più lontano possibile da quel coso verde e sottile e strisciava in tondo in quella cassa trasparente e soprattutto teneva il più lontano possibile la bambina.
    Quel giorno, Karima era tornata nel negozio degli abiti da sposa, Patrick e Tom facevano una chissà quale ricerca, mentre Nefée avrebbe dovuto essere a lavoro… Poi a Bill arrivò una telefonata proprio da quest’ultima.
    -Amore? Mi hanno dato la giornata libera oggi! Ti va di vederci?- gli chiese.
    -Vorrei tanto uscire, piccola, ma sto badando a due creature tremendamente opposte tra loro.- rispose il biondo.
    -Allora vengo a darti una mano! Ho voglia di starti vicino!- ridacchiò. -Arrivo subito a casa! Ciao, ciao!-
    -Ciao, piccola.- sorrise lui, premendo poi il tasto rosso dell’iPhone.
    Non passarono che cinque minuti e sentì le chiavi che aprivano la porta. Nefée era arrivata.
    -Oh, mio Dio!- disse scioccata, notando che le due creature “opposte tra loro” erano un serpente e una bambina. -Ho fatto decisamente bene a venire per darti una mano!-
    -Lo credo anch’io.- fece Bill, alzandosi per darle un bacio a fior di labbra.
    -Sai che ho visto Tom andare in biblioteca? Che gli è preso?-
    -Ha detto che vuole fare una ricerca e “non solo”. Sinceramente non so cosa stia succedendo ultimamente! Vogliono tutti fare ricerche!-
    Lei rise e andò a prendere il pranzo del serpente, che era un povero topolino indifeso.
    -Non capisco perché tuo fratello non si trovi una baby-sitter normale, come fanno tutti.- disse lei, tenendo il topolino per la coda e facendolo scendere dentro la gabbia di Kobe.
    -Pure io me lo chiedo, tranquilla.- fece, sbuffando. -Sono proprio curioso di sapere cosa sta architettando.-
    -E lo saprai presto!- disse Nefée, indicando la porta dell’entrata.
    -Come mai sei già tornato? Ci hai messo poco a fare la ricerca!- lo punzecchiò Bill.
    -Veramente sono passato in biblioteca a prendere qualche libro in prestito, poi in una libreria che vende libri antichi. Ne ho presi un bel po’!- rispose, posando una borsa enorme sul tavolo. -Sono tutti qui dentro!-
    -Non dovevi fare la ricerca con degli altri scrittori, scusa?- gli domandò ancora.
    -Sì. In effetti mi hanno soltanto aiutato a trovare i libri adatti. Poi alla fine vedrò di scrivere qualcosa a riguardo.-
    -Ma quanti cavolo sono?- si stupì lo “zio”.
    -I libri? Dodici!- sorrise. -Ora se non vi dispiace vado a cominciare questa benedetta ricerca!-
    -C… certo!- balbettò il biondo. Non aveva mai visto il fratello leggere un libro.
    Non passarono nemmeno cinque minuti che rientrò anche Patrick con una montagna di libroni in braccio. Bill e Nefée se lo videro passare sotto il naso, per poi dirigersi di sopra, nella sua stanza.
    -Ma che diavolo sta succedendo?- chiese Bill, mentre la sua ragazza faceva spallucce.

    Verso le nove di sera Tom era nella sua stanza, intento a fare la ricerca e da quella mattina non aveva alzato la testa dai libri. Che avesse intenzione di cominciare l’università? Poco probabile. Non distoglieva l’attenzione dal quella specie di antico almanacco, quando fu obbligato a scattare in piedi a causa di forze maggiori. Vale a dire il rumore della porta della sua stanza che si apriva.
    -Ci sono! Ci sono!- gridava un Patrick decisamente estasiato per la ricerca.
    -Bene e, sentiamo, a quale conclusione sei arrivato?- gli domandò, vedendolo chiudere la porta, non accorgendosi che teneva una mano in tasca.
    -Dobbiamo partire per l’Egitto!- sghignazzò Pat.
    -Ma sei pazzo? Il nuovo disco dovrebbe uscire tra un mese e tu mi vieni a dire che dobbiamo organizzare un viaggio per la terra dei faraoni? Non mi pare il caso, Spongebob!-
    -Mi chiamo Patrick!- quante volte gli faceva quella stupida battuta di poco gusto.
    -Sì, sì… D’accordo, Squiddi.- lo ignorò il chitarrista, facendolo sbuffare. -Comunque, resta il fatto che questo viaggio è escluso dalla mia agenda e, soprattutto, da quella dei Tokio Hotel. Scusa, ma non possiamo partire.-
    -Ma questa è la mia occasione, capisci?- fece gli occhioni.
    -E allora vacci da solo!- urlò.
    -Da solo? Se non sbaglio, anche a te interessava… Non mi avevi per caso detto che volevi fare una visitina al Cairo e poi a Giza?- lo punzecchiò.
    -Beh? Mi toccherà rimandare. Oppure passerò il mio tempo, seduto su una poltrona a viaggiare con la mia insulsa fantasia! Ora se permetti, avrei fame…- disse, spingendolo piano per una spalla e andando verso la porta. Poggiò la mano sulla maniglia, ma non si aprì. Provò più forte e fece andare su e giù la maniglia più volte, senza alcun successo.
    -Che diavolo ti salta in mente, Spugna?- chiese dopo aver sbuffato rassegnato. -Ridammi immediatamente le chiavi!-
    -No, finché non mi prometti che partiremo per l’Egitto domani stesso!- sorrise benevolmente.
    -Scordatelo, Spugna! Io e gli altri abbiamo da fare e in questo periodo siamo pieni di lavoro! Ti ripeto che tra un mese il nuovo album sarà sul mercato e non possiamo perdere tempo!- disse a denti stretti, cercando di mantenere la calma. Sapeva benissimo che il ragazzino l’avrebbe ricattato in qualche modo, lo conosceva bene: era perfido quando voleva. E poi non poteva nemmeno rischiare: quella sera, verso le nove e un quarto, Gustav e Georg sarebbero arrivati a Los Angeles per dare un ultimatum al CD. E se Patrick lo avesse ricattato… avrebbe fatto sicuramente qualche figura di merda. Se lo sentiva dentro. Guardò l’orologio, appena sentì suonare alla porta, poi spostò lo sguardo su Patrick.
    -Dammi le chiavi, Spugna! Non te lo ordinerò un’altra volta.-
    -Ok.- fece spallucce. -Peccato… Ero così contento quando hai detto che mi avresti aiutato a fare quelle ricerche… Pensavo che fossero importanti anche per te.-
    Tom sospirò come per calmarsi. -Senti, Spugnetta, io ora vorrei uscire dalla mia stanza, salutare i miei amici e mangiare qualcosa con loro, quindi fammi il piacere di aprire la porta!- disse con un tono più pacato.
    Patrick scosse la testa. -No.-
    -La chiave, Spugna.- disse ancora, porgendo la mano aperta in avanti.
    -Se vuoi prendila!-
    -E dov’è?- gli chiese.
    In tutta risposta Patrick infilò una mano nei pantaloni (e con ogni probabilità nei boxer) proprio in quella zona molto calda e tirò fuori le chiavi molto lentamente, lasciandole comunque impigliate nel bordo delle mutande.
    Tom si passò una mano sul voltò e imprecò. -Spugna, apri la porta!-
    -Non mi piace prendere ordini!- strombazzò. -Possiamo rimanere qui anche fino all’infinito, lo sai? Oppure, se vuoi proprio uscire dovrai promettermi che prenotiamo immediatamente un volo di domani per El Cairo.-
    -Altrimenti?- sibilò tom, riducendo gli occhi a due fessure.
    -Altrimenti…- cominciò Patrick, facendo la stessa espressione, mentre saliva in piedi sul letto di Tom. Prese a saltare sul letto, facendolo scricchiolare e iniziando a gridare… -Oh, Tom! Sì, ancora… Oh, mio Dio! Sì! Sì! Spingi!-
    Tom rimase a fissarlo per due secondi con gli occhi strabuzzati, poi si agitò e lo fece smettere, tenendolo fermo, mentre sudava freddo. Se lo sentiva che avrebbe fatto qualcosa di imbarazzante!
    -Va bene, stronzetto! Domani partiamo per El Cairo! Ora apri la porta!-
    -No.-
    -Come no?- si disperò il chitarrista.
    -Prima voglio vederti prenotare il volo. Per tutti.- fece solenne. -Tranne che per mia madre, per favore. Non la voglio tra i piedi. Gliel’ho detto che ho da fare e per il viaggio è d’accordo. Sa che ce ne andiamo.-
    -Fantastico… Avevi già organizzato tutto!-
    -Mica sono scemo!- sorrise teneramente, sbattendo le ciglia.
    -Ma stronzo sì!- sbuffò Tom, sedendosi alla scrivania, dove c’era il suo portatile. Andò su un sito per biglietti aerei e prenotò sei biglietti per El Cairo, sotto gli occhi di Patrick, per renderlo sicuro della sua parola.

    -Che stavate combinando?- domandò Bill con fare sospettoso, guardando con la coda dell’occhio il fratello, dopo che lui e Patrick erano scesi. C’erano tutti: Gustav e Georg erano lì e anche Karima era tornata dal suo amato negozio di vestiti da sposa.
    -Eh?- Tom s’irrigidì. Dato che durante la discussione avuta con Patrick si era agitato e incazzato, aveva l’aria stanca ed era anche sudato, perciò il suo aspetto lo tradiva. -Guardate che…- ridacchiò. -Patrick, dammi man forte!- lo prese per un braccio.
    -Ah, ora mi chiami Patrick? Lecchino…- incrociò le braccia al petto. -Non è successo niente, ragazzi.- lo guardò storto.
    -Comunque, lasciamo perdere questi inutili particolari!- esultò Tom, facendo finta di niente. -Come butta, ragazzi?- andò ad abbracciare Gustav e Georg.
    Si misero a cenare, anche se era un po’ tardi, ma erano pur sempre in sintonia, anche se stanchi. Durante il pasto, Patrick impose a tutti di partire per il Cairo. Inutile dire che scatenò il caos: Gustav e Georg erano certi di essere andati a L.A. per lavorare e registrare definitivamente l’album, per arrivare poi al release, Bill credeva di passare la settimana a registrare altra roba nuova, che non sarebbe stata nell’album, mentre Nefée non aveva chiesto alcun permesso da lavoro. L’unica rimasta impassibile era Karima. L’unica che sapeva. Quando si trattava di manipolare la gente e imporre loro il da farsi, Patrick era il numero uno, infatti nessuno poté replicare. Videro anche che Tom non apriva bocca, perché ormai era già rassegnato all’idea. La discussione non era andata avanti per molto, perché il ragazzino universitario era un genio della retorica. L’indomani stesso Gustav e Georg sarebbero stati con le chiappe incollate sui sedili di un aereo per l’ennesima volta. Erano appena arrivati, poveracci!

    -I signori passeggeri sono pregati di non slacciare le cinture di sicurezza fino a quando l’aereo non sarà atterrato!- ordinò una voce metallica.
    -Siamo arrivati, finalmente… Non ne potevo più!- sbuffò Gustav, ignorando l’ordine della hostess e slacciando la cintura. -Dieci ore e mezza! Dieci maledette ore e mezza di viaggio!-
    -Lascia perdere!- mugugnò Georg ormai rassegnato.
    Il mezzo toccò terra, i ragazzi scesero, andarono a prendere i bagagli e poi salirono su una limousine che li avrebbe portati fino all’albergo.
    Il posto, dovevano ammetterlo, era spettacolare, a dir poco teatrale e molto esotico. Panorama meraviglioso dalla veranda dell’hotel: palme, deserto, Nilo, cammelli, bellissime fontane e piscine fatte apposta per i dintorni dell’albergo. Un cinque stelle fantastico. Le stanze dei ragazzi erano incluse in una: c’era un salone meraviglioso, come quello di un appartamento, dove davano tutte le porte delle loro stanze. Praticamente una camera d’albergo per tre coppie. Tom, suo malgrado, era in stanza con la Spugna. In quanto alla bambina di Tom, avrebbe volentieri provveduto Karima. Amava la piccola Nancy, come se fosse lei la madre.
    Di sera, i ragazzi andarono a dormire presto: dopo una giornata intera di viaggio erano totalmente spossati!

    -Buongiorno…- mormorò Georg, uscendo dalla stanza. Vide che tutti erano già in piedi e stavano facendo colazione. Si sedette anche lui e prese una fetta di pane e marmellata d’Egitto, addentandola.
    Intanto Patrick si faceva aria con un ventaglio molto colorato, Tom usava la sua maglia extra-large, alzandola e riabbassandola, Nefée sbuffava e si teneva i capelli raccolti con le mani, dato che aveva dimenticato gli elastici, mentre Bill andava avanti e indietro, mandando giù sorsi di acqua gelata. Solo Gustav era tranquillo, come al suo solito.
    -Dannato caldo! Se potessi, userei volentieri un elicottero come ventilatore!- si lamentò Bill.
    Patrick chiuse il suo ventaglio e posò lo sguardo sul suo zio preferito. -Non penso sia una buona idea.- disse, valutando i contro. Prendeva sempre tutto alla lettera. Era un grande intellettuale: aveva anche intenzione di conseguire altre due lauree, dopo quella che avrebbe presto preso.
    -Gne, gne, gne…!- lo prese in giro Bill, prendendogli dalle mani il ventaglio chiuso. -Nessuno ha chiesto il tuo parere! Se non fosse per te, a quest’ora staremmo beatamente lavorando in studio!- si alterò, tirandogli in testa il ventaglio.
    -Calmati, amore. Quest’improvvisa vacanza passerà in fretta, vedrai!- cercò di consolarlo Nefée, mentre si faceva aria con una mano. Bill le porse il ventaglio della Spugna, che lei accettò volentieri.
    -Ecco! Prendetela con filosofia, no?- fece spavaldo Pat. -Zio Tommy? L’hai preso, vero?-
    -Per chi mi hai preso? Pensi che io avessi l’intenzione di fare un viaggio di ritorno, per poi venire di nuovo qui solo per una dimenticanza? Mi sembra assurdo.-
    -Oggi vi siete tutti svegliati con la luna storta! Che noiosi che siete! Io vado a vestirmi, raggiungetemi nella hall appena potete.- disse, sparendo dentro la sua stanza.
    -Ma guarda tu, questo pivellino…- sussurrò Tom, con un diavolo per capello. -Lo sapevo! È tutta colpa mia, è tutta colpa mia…- si ripeteva.
    -Ma che cavolo blateri?- gli chiese Georg, avendo capito le parole “colpa” e “mia”, nonostante stesse parlando da solo. -E poi cos’è che non avresti dimenticato?-
    -Ehm… Ci vediamo sotto, eh?- si affrettò a dire, precipitandosi anche lui nella stanza. Evidentemente non voleva rispondere.
    -Ma che staranno architettando quei due?- fece Gustav, dando segni di vita.
    -Più che “quei due”, io direi “quel piccoletto”. Mi pare che anche Tom fosse contrario a questa vacanza…- ipotizzò Nefée.
    -Beh, in qualche modo c’entra anche Tom e io voglio scoprire perché siamo finiti qui così, di punto in bianco!- esclamò Bill, dirigendosi nella stanza sua e di Nefée per cambiarsi.

    -Bene, bene, bene! Ci siamo tutti!- esultò la Spugna. -Pronti per il giro di perlustrazione?-
    -Giro di perlustrazione?- domandò Bill. -Non ho voglia di vedere le piramidi.-
    -Peccato, non sai cosa ti perdi!- fece spallucce il piccolo genio, sventolandogli sotto il naso i biglietti. -Però non hai altra scelta: o ti diverti in giro per il Cairo e visiti qualche piramidina o vieni con me e Tom al museo.-
    -Andate pure.- si rassegnò immediatamente, afferrando i ticket per le piramidi e prendendo sottobraccio Nefée.

    -In fondo non sono così male, no?- sorrise Gustav, guardandosi attorno. L’Egitto lo aveva sempre affascinato: era misterioso, elegante, tutto dorato. Secondo lui la cultura dell’antico Egitto era stupenda, spesso sognava di essere un egiziano dell’antichità, anche un semplice suddito, poco importava. Bill invece non era molto esaltato. Forse anche per il fatto che da quando erano atterrati si era sentito male. Non capiva perché, ma quel luogo gli metteva soggezione.
    -Sì, carine…- borbottò il cantante, appunto, spostando gli occhi a destra e manca come se si sentisse osservato.

    --Ti rendi conto?- urlò Patrick, avanzando nella biblioteca. -Chiavi esclusive, solo per me! Solo perché studio archeologia! Il custode è gentile, non trovi?-
    -Certo, certo…- rispose Tom. -Ma ora che siamo qui, che facciamo?-
    -E secondo te che facciamo?- gli chiese, alzando entrambe le sopracciglia. -Tiralo fuori!- gli ordinò.
    A Tom scappò una risatina per il doppio senso, poi mise la mano in tasca e mostrò l’oggetto: una meravigliosa miniatura interamente in oro della dea Bastet, corpo di donna e testa di gatta, la sua preferita. L’aveva trovata per caso in una scatola, dove teneva le sue vecchie cose, quelle di quando era piccolo. Ancora non aveva chiarito cosa ci facesse lì. Si chiedeva se gli appartenesse da tempo o se fosse finita tra le sue cianfrusaglie per caso. Si chiedeva a cosa servisse. Si chiedeva come fosse possibile che un oggetto di un valore così elevato fosse finito tra le sue mani. Era interamente in oro, cazzo! Per non parlare degli occhi in rubino. La statuetta raffigurava Bastet in piedi su un ampio altare, molto alto. Praticamente l’altezza della statua era dovuta anche a quella specie di piedistallo decorato.
    -Non trovi che sia stupenda?- domandò Patrick con gli occhi luccicanti.
    -Assolutamente…- mormorò Tom, come incantato. Non poteva far altro che restare a bocca aperta ogni volta che la vedeva.
    -Beh, vediamo di trovare qualche immagine simile su uno di questi libri per scoprire a cosa serviva, mh?- disse, alzando le braccia come per mostrare l’enorme biblioteca, dove il numero dei libri girava intorno ai 7’000’500. Tom alzò lo sguardo sugli scaffali, facendo un giro su se stesso per farsi un’idea e per poco non gli apparse un’enorme goccia di sudore in stile manga sulla testa.
    -Perfetto, piccolo genio. Hai per caso un’idea da dove cominciare?-
    -Eh…-
    3 hours later…
    -Trovato qualcosa?- chiese Patrick.
    -Macché…- rispose Tom. Erano seduti a terra a gambe incrociate, in mezzo ad una marea di libri già esplorati e tanti altri ancora ordinati sugli scaffali. Erano partiti prima da tutti i libri che avevano come titolo “Bastet” o “Dei”, ma non avevano trovato nulla sulla statuetta che aveva trovato il chitarrista.
    Patrick sbuffò e si alzò in piedi. -Sono certo che questa statuetta ha qualcosa di speciale! Sono rarissime quelle scolpite a mano direttamente in oro e gli antichi egizi dicevano che avevano poteri speciali o servivano per qualcosa di speciale…-
    -Vorrei saperlo!-
    -Ma è quello che stiano cercando di scoprire, Tom! Abbi pazienza!-
    -Io credo che stiamo solo perdendo tempo.-
    -Che pessimista!- urlò alzando le braccia e roteando gli occhi.
    -Ma che state facendo?- strombazzò una voce, che riconobbero come quella di Georg. I quattro erano tornati dal giro nelle piramidi.
    -Ragazzi, è quasi ora di pranzo! Che fate ancora qui?- domandò Nefée, avanzando con difficoltà in mezzo alla montagna di libri intorno ai ragazzi.
    -Stiamo cercando una cosa.- rispose Patrick.
    -E cosa, se possiamo sapere?- s’incuriosì Bill, sedendosi a terra e prendendo il libro di mano a Tom.
    -Non è tra queste pagine, tranquillo!- lo smontò.
    -Argh…- esclamò lanciandolo a terra.
    -Dai, Tom! Perché tanti misteri? Che cercate?- chiese Gustav.
    -Questo!- gridò Patrick, rubando rapidamente la statuetta di Bastet dalla tasca di Tom. Era stato talmente svelto, che Tom non riuscì nemmeno a sfiorargli la mano mentre la tirava indietro.
    -Wow… Che bella!- s’incantò Bill.
    -Vero?- sorrise Patrick.
    Il biondo cominciò a rigirarsela tra le mani, poi passò il pollice sulla base della statua, in mezzo alle gambe di Bastet, spingendo una specie di stanghetta che pareva servisse a mantenere l’equilibrio della dea raffigurata. Con stupore di Tom, la stanghetta scese, facendo un rumore come uno schiocco e si aprì una faccia del rettangolo-base della miniatura.
    Patrick si girò verso Tom, guardandolo male. -Come mai tu non te ne sei accorto prima?- lo ammonì.
    -Non mi piace trafficare con robette antiche di questo genere.- si difese.
    -Beh, è un peccato, Tom…- mormorò il gemello, estraendo dalla base di Bastet un foglietto ripiegato su se stesso. Decise di aprirlo e vedere che cosa c’era sopra. Si aspettavano una qualche tipo di mappa, magari un’altra divinità disegnata, ma… Sorpresa.
    Il foglietto raffigurava semplicemente un classico dipinto egizio, uno di quelli che si trovano sulle mura delle piramidi: geroglifici. Però solo la parte iniziale del foglio, come se ci fosse scritta solo una frase e tutto il resto della carta era vuoto.
    -Vorrei tanto sapere quello che c’è scritto…- disse Georg, guardando la scrittura.
    -Iside è nascosta nella piramide di Cheope.- mormorò Bill.
    -Cosa?- chiese Gustav, aggrottando la fronte.
    -Iside è nascosta nella piramide di Cheope. C’è scritto che la statua dorata di Iside è nella piramide di Cheope. Avete capito o devo rileggere?- rispose Bill ovvio.
    -Bill… Ti rendi conto che hai appena decifrato dei geroglifici?- balbettò la sua ragazza.
    -Eh?- si stupì lui, afferrando ciò che aveva appena fatto. -Oh, cavolo… è vero!-
    -Wow! Ti prego, zio! Devi insegnarmelo!- lo scongiurò Patrick, attaccandosi al suo braccio.
    -Ma… io veramente non saprei nemmeno da dove iniziare. Mi viene naturale leggerlo.-
    -Naturale?- gridarono tutti all’unisono.
    -Sì… è come se… fosse la mia lingua madre. Capisco perfettamente ciò che c’è scritto.-
    -Mi sembra davvero strano.- rifletté Gustav. -Come può essere?-
    -E io che ne so?- si agitò Bill. -Non è colpa mia se scopro improvvisamente di saper leggere i geroglifici!-
    -Sentite un po’, ma invece di stare qui a chiacchierare inutilmente, perché non andiamo a Giza? Io vorrei trovare Iside!- propose Patrick, scattando in piedi.
    Georg annuì. -Io sono d’accordo. Perché no?-
    -E va bene, mi vedo costretto a seguirvi.- si obbligò Tom.
    -Tom, guarda che se tu non avessi trovato quella statua ora saremmo ancora a casa.- lo fregò Patrick.
    -E magari se tu non avessi insistito per fare quelle stupide ricerche sulla statua e l’albero genealogico della mia famiglia, ora saremmo ancora a casa!- gli fece il verso.
    -Per favore, basta!- li fermò Nefée. -Prepariamo le valigie e andiamo al Cairo, visto che ci tenete tanto. Sono curiosa di sapere cosa progettavate di fare durante questo viaggio. Ora ci siamo dentro e andremo fino in fondo, quindi sbrigatevi, su!-
    -Oh, io amo l’Egitto!- esclamò Pat.
    Si alzarono e andarono in albergo. Il giorno dopo sarebbero partiti per Giza a scoprire cosa li attendeva.




    Allora, che mi dite? XD Please!!! :gtyt:
     
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