Boulevard of broken dreams

attenzione: c'è la presenza di qualche scena violenta

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Alexiel.Slicer
     
    .

    User deleted


    CAPITOLO 6 -Like Pretty Woman-




    Quelle piacevoli ore ben presto volarono via portando con loro la fine di quel lieto incantesimo e lasciando subentrare troppo velocemente la triste realtà.
    Bill riaccompagnò a malincuore Celeste sul marciapiede di quella maledetta via e, proprio in quell'istante, il furgoncino rosso fece il suo ingresso.
    "Adesso devo andare" disse la ragazza scendendo in fretta dall'auto, ma lui, a sua volta, scese e facendo il giro della vettura la fermò.
    "Aspetta! Dove corri?" disse bloccandola per il polso.
    "Bill, lasciami! Devo andare!...per favore!" rispose a bassa voce, ma ciò non rese il suo tono meno deciso.
    "Ma che hai?" le domandò stranito notando la sua espressione stravolta e pallida.
    Celeste si voltò in direzione del furgoncino dove davanti, poggiato contro il cofano, stava Carl intento a fissarli con uno sguardo da far raggelare il sangue nelle vene. Lo vide tirare l'ultima boccata di fumo dalla sigaretta, ormai ridotta ad un mozzicone, per poi lanciarla via con un movimento secco e avanzare verso di loro con passo lento e sicuro, mentre espirava una densa nuvola di fumo.
    Tornò con gli occhi sul ragazzo "Mio Dio, Bill! Lasciami! Ti prego!" disse, ma adesso la sua voce era tremante e strozzata: lo stava supplicando. Inoltre i suoi meravigliosi occhi verdi erano diventati lucidi e di li a poco avrebbero fatto scorrere sulle sue guance grandi lacrime.
    La lasciò andare e la seguì con gli occhi correre a testa bassa verso il retro di quel furgone dove scomparì. L'uomo nel frattempo si era fermato a metà strada della distanza che lo divideva da lui. Continuava a fissarlo con uno sguardo tagliente, quasi di sfida e Bill ricambiò quell'occhiata facendo incatenare i suoi occhi castani a quelli azzurrognoli di Carl.
    "Santo cielo, l'ammazza!" mormorò Andreea che, insieme alle altre, guardavano quella scena da dietro il veicolo.
    Celeste a quella frase corse subito verso l'uomo aggrappandosi ad un suo braccio.
    "Carl, andiamo...dai".
    Questo si girò a guardarla e cingendola bruscamente per un fianco la portò via con sè sotto lo sguardo di Bill.

    Una volta arrivati alla casa abbandonata Carl si chiuse nella stanza della verità trascinando con sè Celeste.
    "Chi era quello?" le domandò serio mentre accendeva un'ennesima sigaretta.
    "Un cliente" rispose lei cercando di essere il più calma e convincente possibile.
    "E che voleva?".
    "Niente di che. Credeva che gli avessi rubato il portafogli, ma non era così".
    "Sicura? Lo sai che con me le bugie hanno le gambe corte e se mi menti mi incazzo di brutto" disse battendo un violento pugno contro il tavolo.
    Celeste gli si avvicinò con fare sensuale e gli posò una mano sul collo che accarezzò "Su, Carl calmati e non fare il geloso. Lo sai che per me ci sei solo tu".
    Quelle parole le facevano schifo, erano solo una maledettissima e fottutissima presa per il culo, ma doveva dirle. Doveva mitigare quel carattere così irrascibile e violento, doveva calmarlo e renderlo innocuo come un agnellino, doveva distogliere il pensiero di quel mostro da Bill.
    "Davvero?" fece lui.
    "Davvero" replicò lei sbottonandogli la camicia pronta a concedersi di sua spontanea volontà all'uomo che più odiava e disprezzava, lo stesso uomo che manipolava la sua vita e la costringeva a prostituirsi.
    "Lo faccio per te, Bill. Solo per te" pensò.

    Quando raggiunse finalmente la sua stanza, Celeste trovò tutte e quattro le ragazze ad aspettarla.
    "Che ci fate qui?".
    "Ti aspettavamo...tutto ok?" le chiese Cecilia.
    "Si...".
    "Ci è andato giù pesante?" le domandò subito dopo Consuelo notando i lividi bluastri sulle sue braccia.
    "Niente a cui non si può sopravvivere" fu la risposta di Celeste accompagnandosi da un sorriso rassicuratore appena accennato "Come mai tutte qui?" chiese poi.
    "Beh, volevamo sapere chi è quel tipo...sai è da un pò di giorni che ti vediamo in sua compagnia..." disse Andreea.
    "E' un ragazzo che ho incontrato per caso" rispose la ragazza sedendosi sul suo letto in parte occupato da Kirsten, comodamente seduta a gambe incrociate.
    "Si, si...su vogliamo i particolari!".
    "Che particolari?" fece Celeste aggrottando la fronte.
    "Del tipo l'avete fatto? Se si, com'è? Se ancora no, cosa aspettate? Quanto ti paga? Perchè ti paga, vero? Dove ti porta quando andate via? E' ricco, vero? Ha un macchinone! Che lavoro fa? O è un figlio di papà viziato? Oh, come si chiama?" iniziò a tartassarla di domande Andreea.
    "Frena, frena! Cos'è il terzo grado? Sono fatti miei e non vi dirò niente".
    "Dai, dai! Rallegraci un pò raccontandoci del tuo principe azzurro, qui non accade mai niente di bello" si lamentò Cecilia.
    "Ok, vi parlerò di lui, ma vi avverto: non so molto sul suo conto".
    Celeste cominciò a raccontare del loro casuale incontro, delle indicazioni stradali, di quando le aveva offerto da mangiare al fast food e di come era stato gentile, della giacca dimenticata e anche di quelle ore appena trascorse insieme.
    Parlava di lui con un gran sorriso sulle labbra. Parlare di lui la faceva sentire un pò meglio e le faceva dimenticare quella vita ti schifo che conduceva. Lei voleva parlare di lui, perchè lui dopo quei tre anni d'inferno era l'unica cosa di bello, l'unica cosa di cui valeva la pena parlare. Mentre ciò avveniva le ragazze l'ascoltavano a bocca aperta, con delle espressioni incantate, stupefatte ed anche con un pò d'invidia per quella storia che sembrava tanto una bella favola, ma che stranamente era la realtà.
    "Wow! Un cantante! Magari si è innamorato e ti porta via con sè nella sua enorme villa! Farebbe tanto Pretty Woman! La nostra Julia Roberts e il suo Richard Gere che la porta via dalla strada! Che cosa romantica!" disse Kirsten.
    "Certo, come no. Peccato che quello è solo un film...e poi non è innamorato di me".
    "Ma stai zitta! Che per starti accanto sgancia fior di quattrini!".
    Celeste sorrise timidamente, con un leggero rossore sulle guance. Pensava alle parole appena pronunciare da Kirsten. Magari lei sarebbe stata la sua Pretty Woman, magari il destino le avrebbe riservato un lieto fine del genere, un vissero tutti felici e contenti. Lei e il suo Bill/Richard Gere che l'avrebbe salvata dal malvagio uomo nero.


    CAPITOLO 7 -Più di mille parole-




    Tom piombò in cucina elegantemente abbigliato nel suo stile un pò trasandato e seguito da un'intensa scia del suo abituale profumo. Rovistò sul ripiano di marmo vicino al frigo, poi si girò verso il fratello con un'espressione crucciata.
    "Hai visto i miei occhiali da sole?" gli domandò.
    "Che ne so io dove metti le tue cose" rispose scocciato.
    "Wow! Felicità! Allegria!...Ma che hai? E' tutto il giorno che mi sembri uno zombie dal dente avvelenato".
    "Niente...stai uscendo?"
    "Si, passo la notte a casa di Ria. Sai cenetta e poi dritti sul letto...posso andarmene tranquillamente o c'è il rischio che vai in giro a mangiare cervelli?".
    A quella frase Bill drizzò la schiena e si illuminò "Quindi torni domani mattina?".
    Lo guardò stranito "Si...".
    "Ok...comunque per gli occhiali da sole vedi all'ingresso" disse il ragazzo andando via sotto lo sguardo attonito del fratello.
    Poco dopo Tom lasciò casa munito di occhiali, che effettivamente aveva trovato dove Bill gli aveva indicato. Quest'ultimo, invece, dopo essersi accertato che il gemello se ne fosse andato uscì, anche lui, con un obiettivo in mente: andarla a prendere e portarla lontano da quella strada e da quel marciapiede. Questo era ciò che gli premeva maggiormente, soprattutto dopo che aveva visto quell'uomo che aveva un'aria tutt'altro che rassicurante.

    ***

    Celeste fremeva dalla voglia di rivederlo e di lasciare quel posto. Non importava dove l'avrebbe portata, anche una discarica sarebbe stata il paradiso al suo fianco. Lui la trattava da persona, da ragazza, la quale era e non da oggetto usa e getta, com'era costretta ad essere e come la vedevano tutti.
    Quando dal fondo della strada vide spuntare quell'auto bianca il suo cuore fece un tuffo dentro la sua gabbia toracica. Si accostò accanto a lei e la portiera si spalancò.
    "Tutta la notte" disse Bill "Starai con me tutta la notte".
    "C-cosa? N-non posso tutta la notte".
    "Invece si. Non vorrai venire meno alle richieste di un cliente? ...Non temere per i soldi, ti pagherò bene".
    Celeste scosse la testa e salì sull'auto che si mise in moto.
    "Comunque tu non sei un cliente".
    Il ragazzo sorrise e non disse niente. Si limitò a guidare e portarla a casa sua.
    Una volta aver parcheggiato nel grande vialetto della lussuosa villa, la ragazza sgranò gli occhi incredula di ciò che la sua vista le stava facendo vedere. Battè più volte le palpebre, mentre la sua bocca si muoveva senza produrre alcun suono come un pesce.
    "Tu vivi qui?" gli chiese dopo essersi ricomposa dallo stupore.
    "Si e per stanotte questa sarà anche casa tua" disse poggiandole una mano dietro la schiena e conducendola all'interno.
    Celeste una volta aver varcato la soglia d'ingresso rimase a bocca aperta. Quella hai suoi occhi sembrava una reggia, anzi ogni singola casa, anche la più modesta le sarebbe sembrata grandiosa in confronto alla catapecchia in cui viveva, ma quella, in assoluto superava ogni sua più fervida fantasia. Quella era un sogno e lei, nonostante fosse solo una prostituta, stava avendo il privilegio di viverla per una notte. Nessuno l'avrebbe portata in un posto del genere, nessuno l'avrebbe portata a casa propria, nessuno. Almeno era quello che pensava prima che Bill distruggesse quella sua convinzione.
    "Davvero posso fare come se fossi a casa mia?" domandò fremente sperando che la risposta fosse un "si".
    "Certamente".
    A quella parola si tuffò a pesce sul grande e comodo divano facendo cadere a terra i cuscini quadrati.
    Il ragazzo sorrise di quella scena e sedendosi sul bracciolo disse "Ti va se ordiniamo la pizza?".
    "A quest'ora?" chiese Celeste mettendosi a sedere.
    "Perchè l'ora per te è un problema?".
    "No...".
    Bill si alzò ed andò nell'altra stanza, poi ritornò e munito di cordless alla mano si riaccomodò al suo posto appena lasciato. In quel frangente di tempo Celeste aveva liberato i suoi piedi dalle scarpe che aveva lanciato in un angolo.
    Digitò il numero della sua pizzeria d'asporto preferita e dopo qualche bip la voce bassa e roca di un uomo rispose.
    "Cosa vuoi mettere sulla pizza?" chiese portando il telefono contro il petto e rivolgendosi alla ragazza. Questa percorse a gattoni la breve distanza che la divideva da lui e, una volta raggiunto, iniziò a gesticolare con la stessa enfasi di una bambina di 4 anni.
    "Peperoni, tanti, tanti peperoni e il salame piccante".
    "Il salame?".
    "Si si, perchè non ti piace?".
    "Io sono vegetariano".
    "Oh, allora niente" disse con una lieve vena d'amarezza.
    "No, lo mettiamo lo stesso" disse Bill sorridendole. Riferì l'ordinazione all'uomo dall'altro capo del telefono, poi riagganciò.
    "Posso farmi un giro per la casa?".
    "Si, fai pure".
    Celeste si alzò e saltellando andò da una parte all'altra, da una stanza all'altra, su per le scale ed in ogni angolo e con la stessa minuziosa attenzione dei bambini che giocavano a fare gli esploratori studiava ogni singola cosa.
    Il ragazzo l'osservava divertito correre come un furetto impazzito, fin quando Celeste non terminò la sua esplorazione fiondandosi di nuovo sul divano.
    "Mio Dio! E' meraviglioso qui!".
    "Tu dove vivi?" le domandò Bill smanioso di sapere di più sul suo conto.
    "Oh, io..." mormorò lei in tono cadente.
    "Su, dai. Non credi che anch'io debba sapere qualcosa in più su di te?".
    "Io non vivo...io sto in una vecchia casa con le mie altre quattro compagne...".
    "Capisco...e quell'uomo di ieri?".
    "Chi?" fece finta di non capire.
    "Quello con cui sei andava via su quel furgone, chi era?".
    "Nessuno...".
    "Sicura? Ti guardava in un modo..." lasciò cadere la frase, poi continuò "...sembrava che non volessi farti vedere da lui in mia compagnia...sei scappata via in quel modo quando l'hai visto, per non parlare di quando ti ho trattenuta...".
    "Bill, per favore...".
    "No, Celeste. Che cosa vuole da te? E' lui che ti costringe a...".
    La ragazza lo interruppe bruscamente "Bill! Non credo che questi siano fatti che ti riguardino!" disse alzandosi "Ma che cosa vuoi da me? Mi paghi senza pretendere sesso, mi fai salire sul tuo macchinone e mi porti a fare una passeggiata, mi hai fatto entrare persino a casa tua! Perchè fai tutto questo? Perchè? Che vuoi da me? Perchè mi tratti come se fossi una ragazza per bene? Mi paghi? Scopami e basta come fanno tutti gli altri, maledizione!".
    "Ed è questo che vuoi? Vuoi che ti tratti come un oggetto?" le si avvicinò.
    Celeste abbassò lo sguardo e chiuse con forza le palpebre. Sentiva il cuore scoppiargli nel petto. Credeva di averlo fatto arrabbiare, credeva che avrebbe messo in atto le parole che erano appena volate, credeva che l'avrebbe davvero usata come un oggetto, che avrebbe abusato di lei.
    Bill prese una sua mano e con le dita la percorse salendo sul polso e il braccio sfiorandole i segni violacei e giallastri che vi erano "Io dico che non meriti un simile trattamento" disse "Tremi come una foglia, hai paura, hai persino paura di me, io che non ti ho fatto mai del male, ma temi che possa fartelo adesso...io non ti costringerei mai a fare qualcosa contro la tua volontà, io non ti picchierei mai come fa quell'uomo, perchè lui fa questo vero? Lui ti rende la vita un inferno e ti costringe a stare su quel marciapiede...".
    Celeste scoppiò a piangere. Ovunque vedeva Carl, ovunque credeva di avere a che fare con lui e con il suo carattere instabile e violento, sentiva la sua presenza opprimerla, si sentiva così debole e piena di paura.
    Carl la maltrattava, era rude, padrone, manesco. Bill, invece, era tutto l'opposto: non l'aveva mai sfiorata, era dolce e gentile nei suoi confronti e la considerava una persona. E lei che faceva? Aveva paura di lui! Si sentiva una stupida per aver tremato davanti a lui, per averlo temuto.
    Bill l'abbracciò con una forza delicata a sè consapevole che quel silenzio e quelle lacrime valessero più di mille parole, più di una conferma pronunciata dalla sua bocca.


    CAPITOLO 8 -Tra le tue braccia-



    Il campanello trillò sciogliendo quell'abbraccio. Bill andò ad aprire, mentre Celeste si asciugò le lacrime e cercò di calmarsi.
    Il ragazzo fece ritorno qualche minuto dopo con un grande cartone sul palmo della mano da cui proveniva un caldo odore invitante. Entrambi si accomodarono sul divano e cercando di dimenticare ciò che era successo prima si buttarono sulla pizza.
    Celeste ebbe l'onore di distruggere quel cerchio di formaggio filante cosparso dai peperoni e fette di salame piccante prelevandone il primo spicchio. L'addendò con gusto e lo stesso fece Bill dopo aver privato la sua fetta di quello che di carne conteneva.
    Davanti a quella appetitosa pizza accompagnarono anche un bel film. Uno di quei classici intramontabili targato anni 60: Colazione da Tiffany.
    Quando questo finì il ragazzo si stiracchiò gli arti e fece un piccolo sbadiglio portandosi la mano sulla bocca. Celeste l'osservò teneramente.
    "Hai sonno?" gli chiese.
    "No, potrei restare sveglio per tutta la notte" mentì.
    "Oh, certo..." gli si avvicinò e si sistemò sulle sue gambe poggiando la testa tra il suo collo e la spalla. Passò l'indice sulla linea del suo mento guardandolo assorta.
    "Ti stai facendo crescere la barba?" gli domandò in un mormorio sommesso, mentre il suo dito avvertiva la leggera ruvidezza dettata dai piccoli peli che spuntavano dal suo viso.
    "Troppo pigro anche per radermi" rispose Bill sorridendole.
    "Sei bello anche così".
    "Hai mai pensato di ritornare dalla tua famiglia in Italia?".
    "Per fare cosa? Dargli un enorme dispiacere? Loro pensano che qui abbia un buon lavoro e che sia realizzata. Non potrei mai tornare al mio paese e dirgli che questi tre anni li ho passati su un marciapiede a prostituirmi".
    "Non sei tu che ti prostituisci è quel bastardo...".
    Celeste posò un dito sulle sue labbra "Lo sai sei maledettamente sexy quando ti arrabbi".
    "Celeste" mormorò Bill scuotendo la testa in segno di negazione.
    "Io devo pur fare qualcosa per ricambiare tutto quello che fai per me".
    "Ma non quello".
    "Perchè no? Questa volta, per la prima volta, sono io che lo voglio, senza che nessuno mi costringa o mi paghi".
    "Ma io ti pago per farti stare qui e sarebbe come...".
    Lo fece tacere di nuovo "Shhh! Io non voglio i tuoi soldi. Se voglio farlo con te non è per denaro".
    "Per cosa allora?".
    "Io...io non lo so di preciso, ma tu mi rendi felice...prima speravo che tu venissi a prendermi, poi ho visto la tua auto in lontananza e il mio cuore...era come se si fosse buttato da uno scoglio per la felicità".
    "Credo di provare qualcosa per te" mormorò tutto d'un fiato lui.
    La ragazza lo fissò con i suoi occhi di un verde limpido, mentre la sua bocca era semi aperta in un'espressione di stupore "D-davvero?".
    "Si, davvero Celeste, davvero" disse accarezzandole i morbidi capelli di un castano chiaro.
    Gli occhi di lei divennero lucidi. Bill delicatamente le sollevò la testa e posò le sue labbra su quelle di Celeste suggellando un puro e casto bacio. Questa si alzò e prendendolo per mano lo condusse fino alla camera da letto dove prese a baciarlo con passione, insinuando la sua lingua nella bocca di lui, mentre indietreggiava fino a che i suoi polpacci non toccarono i lati del grande letto a due piazze. Lì si lasciò cadere trascinandolo con sè.
    "Sei sicura?" le domandò Bill interrompendo quel bacio. La sua voce era calda, il suo respiro lievemente affannato.
    Celeste annuì e riprese a baciarlo.
    In quell'istante, in quella stanza, su quel letto, con lui tutto era diverso. Non più una macchina nel bel mezzo del nulla, non più uno sconosciuto, non più per denaro, non più l'apatia più assoluta e la mancanza di sentimento, non più. Adesso c'era Bill, c'era la passione e il sentimento e c'era un letto a sorreggerli.
    Il ragazzo si sollevò sulle ginocchia, invece, lei completamete sdraiata sul materasso lo guardava dal basso della sua posizione. Bill aprì uno per uno i piccoli bottoni argentati che stavano sul davanti del corpetto che copriva e comprimeva scarsamente quelle forme. Quando anche l'ultimo fu aperto lo sfilò del tutto facendolo passare sotto la sua schiena che lei aveva appena sollevato per permettergli quel movimento. Le accarezzò, quasi sfiorandolo il seno bronzeo come il resto della sua pelle e Celeste sotto quel toccò accennato rabbrividì. I suoi polpastrelli erano caldi e le sue dita affusolate la toccavano con delicatezza e maestria.
    Le sue mani scivolarono lente lungo la sua pancia fino ad arrivare all'orlo della minigonna di pelle nera. Lì si soffermò per una frazione di secondo, per poi riscendere e fermarsi definitivamente sulle autoreggenti a rete. Si portò le gambe di lei intono ai suoi fianchi e una alla volta le privò delle calze che lasciò cadere sul pavimento lucido. Poi ritornò alla gonna e la spogliò anche di quella lasciandola coperta solo da uno striminzito intimo dalle trasparenze di pizzo nero.
    Prese a baciarla partendo dall'ombellico e salendo pian piano passando dapprima tra i due seni, per infine arrivare al collo che torturò leccandolo e alternando lievi morsi. Celeste al contatto umido con la sua lingua coronata dalla pallina metallica emetteva dei profondi sospiri sommessi. In quel mentre tra le dita stringeva i lembi della sua maglietta facendola scorrere sul suo torace alzandola e abbassandola.
    Bill posò le sue mani su quelle della ragazza e guidandole sotto la sua leggere presa l'aiutò a privarsi dell'indumento. Lei iniziò a tastare con le dita il suo petto andando a sfiorare l'anellino che stava ad un capezzolo. Si alzò con la schiena portandosi con il viso all'altezza del piercing. Ci giocherellò con la bocca, poi prese a baciare quei pettorali ben delineati, fino a scendere sugli addominali scolpiti alla cui fine stavano due evidenti obliqui che andavano a riversarsi dentro l'elastico dei boxer che fuoriusciva dai pantaloni. Tracciò quelle due linee con i polpastrelli che poi scivolarono sul bottone dei jeans, che adesso stava chiuso a pressione. L'aprì, abbassò la cerniera e li fece scorrere di sua mano lungo quelle cosce lisce e rosee. Tolto quel primo impiccio posò la fronte un pò più in basso della pancia del ragazzo, in modo che la punta del suo naso toccasse quell'eccitazione contenuta con una certa difficoltà solo dal sottile strato elastico del tessuto dei boxer. Celeste dischiuse leggermente la bocca e l'imprigionò lievemente tra i denti. Bill a quel gesto sussultò e chiuse gli occhi che poi riaprì guardando dall'alto della sua posizione la testa castana di lei.
    "Non devi..." mormorò.
    "Se fatto alla persona giusta è un gesto d'amore e tu sei l'unico che lo merita davvero" fu la risposta della ragazza che tolse anche quell'ultimo ostacolo che la divideva dal membro di Bill. Lo prese fra le mani e lo inumidì con la lingua, poi lo introdusse all'interno della sua bocca accompagnandosi da un regolare su e giù.
    Ciò che ne derivò dapprima fu un lamento strozzato da parte del ragazzo, che andò a trsformarsi in piccoli gemiti sommessi e soffocati, ma prima che potesse venire Celeste lo lasciò andare.
    Bill le sollevò il viso posandole un dito sotto il mento e fece incatenare i suoi occhi languidi a quelli di lei, per poi imprimere sulle sue labbra un bacio.
    La fece sdraiare ed iniziò a percorrere il suo torace per, infine, fermarsi sulla linea di confine che determinava la fine della pelle e il principio del pizzo. Lì la privò dell'intimo, l'ultimo scarso indumento che la copriva. Si addentrò di più tra le sue gambe ed entrò in lei.
    Celeste strinse tra le mani le lenzuola, mentre Bill si spingeva con movimenti regolari del bacino nella sua intimità. Questo prese quelle mani nelle sue e le condusse intorno alla sua schiena, poi si abbassò fino a far aderire il suo petto al seno di lei e poggiò la testa accanto al suo viso.
    Sentiva il cuore di lui battere forte e confondersi con il battito del suo cuore, sentiva il suo respiro caldo infrangersi contro il suo collo, sentiva i suoi gemiti uscire da quelle labbra perfette ed insinuarsi nelle sue orecchie, sentiva le sue mani toccarla ed accarezzarla, si sentiva amata. Lui non la stringeva al punto di stritolarla e di lasciarle i lividi, lui non la costringeva a fare cose che non voleva, lui non la usava per soddisfare desideri perversi. Lui la rispettava, lui faceva attenzione a non farle male, lui era delicato, lui considerava la sua sensibilità, lui non pretendeva, lui la faceva sentire desiderata e basta.
    L'orgasmo finale arrivò e Bill sdraiandosi al fianco di Celeste la strinse a sè. Era affannato, lievemente sudato e lei, stretta contro di lui, avvertiva il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi. Alzò il viso nella sua direzione incontrando i suoi occhi appagati e limpidi, ma anche stanchi. Le sorrise e con le dita le sfiorò una guancia. Rimasero in silenzio per svariati minuti, poi lei ritornò a fissare il viso di Bill accorgendosi che stava dormendo beatamente. Sorrise teneramente di quella visione. Doveva essere distrutto, già prima, al termine del film, aveva dato segno di essere stanco e quella conclusione di nottata poi, non se lo aspettava proprio.
    Poco dopo si addormentò anche lei, con il sorriso sulle labbra e tra le sue braccia.
     
    Top
    .
9 replies since 22/11/2012, 15:25   146 views
  Share  
.