-Era il numero 44786.

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  1. ~ Wilia.
     
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    Buongiorno,ragazze :)
    Ho partorito l'idea di questa storia, il cui tema principale è l'olocausto e lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale qualche giorno fa... mi sono messa all'opera e beh, spero vi piaccia.
    Buona lettura! :)

    Autore: Wilia
    Titolo: Era il numero 44786
    Rating: Nc17
    Avvisi: Adult content, blood,death fic,language,violence
    Note: Triste - Storica - Angst
    Disclaimers: Non possiedo nè i Kaulitz nè i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.

    Riassunto:Thomas Kaulitz è uno dei dirigenti del campo di concentramento principale del Reich...

    Era il numero 44786

    Soffiava un vento gelido. Era un vento che neppure faceva rumore. L’aria era così ghiacciata e secca che il vento c’era ma non si muoveva. Ti entrava nella carne, nel viso e nella circolazione nel giro di qualche secondo. Fuori dalla finestra il paesaggio era morto.

    C’era neve dappertutto, ma ciò non rendeva quell’inverno per niente carino. Non c’era nessuno fuori, nonostante fosse orario di lavoro e i prigionieri, o gli ospiti del campo, come loro preferivano chiamarli, sarebbero dovuti essere già all’opera.

    Thomas Kaulitz si aggiustò il colletto della divisa, passando le mani sulle pieghe della giacca per lisciarle un po’.
    Osservò il suo riflesso allo specchio, sorridendo un po’alla sua stessa immagine. Era un ragazzo perfetto, era il figlio di un uomo perfetto, un uomo considerato da molti tedeschi “un salvatore della nazione” ed aveva una vita… bella, si potrebbe dire.

    Aveva ventidue anni, ed aveva vissuto a Berlino fino a due anni prima, quando la guerra era scoppiata.
    Poi, un po' per senso del dovere, un po' per passione, aveva deciso di abbandonare gli studi di medicina che aveva intrapreso per dedicarsi solamente al piano di rinascita della Germania.

    Adesso viveva in Polonia, ad Auschwitz-Birkenau, o meglio, viveva nelle vicinanze del grande campo,in un piccolo paesino che inizialmente contava poco più di tremila abitanti, successivamente deportati lì per fare posto alle guardie e agli ufficiali che dovevano trovare una sistemazione per lavorare .

    Che fine aveva fatto tutta quella gente?
    Beh... la verità è che non aveva alcuna importanza.


    -


    Un improvviso bussare alla porta destò la giovane guardia dal suo compito momentaneo, cioè ascoltare la radio sperando di ricevere notizie utili.

    "Kaulitz? Sono il comandante Pfeffer" annunciò una voce cupa dall'altro lato della porta.
    Thomas lasciò perdere quello di cui si stava precedentemente occupando e aprì la porta,lasciando che l'anziano uomo entrasse.

    "Buonasera, signor Kaulitz" disse l'uomo, allungando una mano e stringendo quella del ragazzo,che aveva alzato l'altra riproducendo il classico saluto nazista.

    "Salve,comandante. Venga venga, si sieda." scortò l'uomo nel suo ufficio, sedendosi dietro la scrivania ed aprendo un cassetto. Pochi secondi dopo estrasse un pacchetto di sigarette da esso, accendendosene una.

    Pfeffer, o meglio, il comandate Pfeffer, era un uomo di sessantotto anni che aveva combattuto la prima guerra mondiale, e, nonostante non credesse molto nella seconda, continuava a combattere a fianco del suo popolo, più per una questione personale che per altro. Diciamo che era una questione di fedeltà.

    "Veda, signor Kaulitz, abbiamo dei problemi, o meglio, delle perplessità per quanto riguarda lo smistamento dei detenuti" detto questo, l'uomo infilò una mano nella sua giacca per prendere un piccolo blocco note ed un'agenda dalla copertina in pelle ormai rovinata. Le sue mani erano ormai piene di rughe, e per un momento Thomas si chiede che cosa ci facesse quell'uomo ancora lì. Aprì la piccola agenda e la mostrò al ragazzo.

    Thomas la prese, e la scrutò attentamente. In effetti, il comandante Pfeffer aveva ragione : quel giorno erano arrivati quattro carichi di prigionieri, con un numero pari a tre,forse quattromila persone.
    Il ragazzo inclinò il capo e strizzò un po'gli occhi, come se questo lo aiutasse a ragionare meglio. "E' già stata fatta la visita?" chiese all'uomo.

    Il comandante Pfeffer annuì,pensieroso. "Sì, e tra anziani, bambini e uomini e donne troppo deboli abbiamo mandato nella camera a gas e alla fucilazione quarantasette persone. Non possiamo fare di più, non nell'immediato futuro, almeno."

    "Urge una selezione nella selezione. Lasciate che me ne occupi io in prima persona."


    -


    Thomas Kaulitz era tristemente conosciuto per essere una delle guardie più cattive del campo. Era così giovane, forse era il più giovane di tutti, ma era spietato, e questo era sicuramente un bene perché il regime aveva bisogno di persone forti e determinate. E lui era decisamente una di quelle.

    Nessuno sapeva perché facesse quello che faceva, ma una cosa era certa : nessuno doveva parlare con lui, nessuno dei detenuti doveva guardarlo a meno che non fosse lui stesso a chiedere loro di farlo. Era un pezzo grosso, lì dentro, e da due anni aveva fatto uccidere almeno un migliaio di persone.

    Sembrava che non provasse alcuna emozione, e dai suoi occhi castani sprizzava fuori tanto odio. Così tanto odio...

    "Attenti!" urlò, ponendosi davanti ad un gruppo di ebrei che erano stati fatti radunare per la sua selezione.

    La selezione era il processo secondo il quale i sani andavano da una parte, i deboli e i malati da un'altra. Erano le regole.

    Il ragazzo si sfilò i guanti in pelle grigi e si avvicinò ulteriormente ai detenuti, scrutandoli uno ad uno ad un palmo dal naso.

    Pronunciava solo due parole, senza sprecarsi più di tanto. Le due parole erano krank , malato , e gesund , sano.

    E guai a chi osava contraddirlo.

    Dopo aver smistato l'ennesimo ragazzo a sinistra, nel gruppo dei malati e quindi a quelli destinati alle camere a gas, una donna si buttò ai suoi piedi, urlando e piangendo. Probabilmente era sua moglie. Lui le sorrise dolce e compassionevole, piegandosi verso di lei.

    "Nessun problema. Lo seguirai!" le tirò un calcio nello stinco e, dopo averla presa per capelli, la trascinò malamente verso il gruppo dei condannati.
    "brutta cagna..." borbottò, notando che i suoi stivali erano sporchi di sangue.


    "Guai a voi", disse, rivolgendosi al gruppo di detenuti che lo scrutavano terrorizzati e con gli occhi così sporgenti da sembrare fuori dalle orbite, "Guai a voi se vi avvicinate a me come ha fatto quella cagna poco fa! Farete la sua stessa fine!"

    Detto questo, dopo aver smistato altre trentotto persone, girò i tacchi e se ne andò.

    Sorridendo.




    -
    piccola nota dell'autrice: la descrizione un po'veloce e non soffermata sulle emozioni e i pensieri dei personaggi è voluta per dare un'idea confusa e vaga all'inizio della storia.
    fatemi sapere cosa ne pensate!
     
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  2. zanzaretta89
     
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    essendo la prima riesco a dire la prima parola (ke bello) per adesso come inizio promette bene, spero che continuerai presto con la storia e farai incontrare presto bill e tom
     
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  3. zanzaretta89
     
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    postaaaaaaaaaaaaaaaaaaa ti pregoooooooooooooooooooooooo
     
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  4. zanzaretta89
     
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    quando posti?
     
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  5. zanzaretta89
     
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    quando continui
     
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4 replies since 5/5/2013, 12:20   253 views
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