Lezioni d'amore

E' così che inizia per Amina... Con una domanda ed un'ovvia risposta!

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  1. AlivonStarCake
     
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    [CAPITOLO 5]



    -Ti chiamerò- giurò Tom.

    Amina era bellissima. Un paio di jeans con cuciture dorate, una camicia body bianca e un bustino nero che le stringeva la vita, mandando il ricordo ad altri tempi.

    Gli era di fronte, le mani del ragazzo sulle spalle, ma non lo guardava negli occhi. Le veniva da piangere.

    Tom le prese il viso fra le mani, costringendola a voltarsi. Tentò di baciarla, ma Amina lo abbracciò, schivando il suo bacio.

    -Lo farai davvero?- gli chiese con un filo di voce.

    -Sì-

    Tom avrebbe voluta prenderla, portarla lontano da sguardi indiscreti e baciarla, baciarla fino a non poterne più. E spogliarla e baciare quella pelle ancora sconosciuta. Le diede solo un bacio sulla fronte.

    Si sentiva uno stronzo. Doveva lasciarla subito dopo averla ritrovata. Non era colpa sua; la fama ha il suo prezzo.

    Amina lo sapeva, come poteva non saperlo?

    Erano all’aeroporto, verso le sette di sera. I Tokio Hotel dovevano partire per la Francia per alcuni concerti. Fortunatamente non c’era nessuno, né fans né fotografi.
    Solo Trina e Amina erano venute a salutarli. Grite e Malia si scusavano di non essere presenti, ma dovevano registrare un nuovo pezzo.

    -Scusa- gli disse Amina, abbozzando un sorriso –sono una scema-

    -Solo un pochino- la prese in giro Tom.

    Amina lo guardò storto e Tom scoppiò a ridere, facendo sorridere anche lei.

    -Non ti preoccupare. Se non mi trovi al telefono vuol dire che sono impegnata anche io-

    -Sì, però tu non fare la stronza che non richiama!-

    Si imbarcarono quasi subito.






    Tom non aveva raccontato bene a nessuno quello che era successo con Amina. O meglio, quello che voleva succedesse.

    Solo Bill sapeva qualcosa. Sull’aereo i due fratelli si sedettero vicini. Tom, senza che neanche Bill glielo chiedesse, iniziò a raccontare.

    L’altro lo guardava a e non ci credeva. Quello non era Tom.

    La tecnica di Tom era sempre la stessa: vedeva qualcuna che poteva interessargli, ci scambiava due parole e l’indomani mattina Bill la vedeva uscire dalla stanza del fratello.

    Quando Tom gli disse che non l’aveva nemmeno baciata, Bill ribatté di andarlo a raccontare a qualcun altro.

    Tom lo guardò serio.

    -Davvero?- chiese Bill.

    -Sì-

    Tom detestava come lo stava facendo sentire suo fratello: come lui. Uno che tiene ai sentimenti, che non corre, che vuole attimo per attimo e che fa cose sdolcinate.

    Eppure Amina gli faceva quell’effetto lì. E lui era impotente. Completamente impotente.

    Pensarci ora, lontano da lei, lo faceva sentire un coglione. Si alzò incazzato e si andò a sedere lontano.






    L’aereo atterrò dopo circa un’ora. Furono scortati all’hotel da una limousine. Avevano già soggiornato lì qualche volta e conoscevano i proprietari.

    Mentre gli altri si fermavano un attimo alla reception, Tom si diresse verso la sua stanza.

    Sulla porta, ad attenderlo, c’era una delle solite ragazze. Una delle tante.

    Tom la guardò ancora incazzato, la ragazza ricambiò il suo sguardo. Aveva una testa di boccoli biondi, finti come il seno che si intravedeva dalla scollatura. Gli occhi scuri erano vuoti, non brillavano come quelli che aveva appena lasciato.

    Tom non ci capì più niente, la prese, aprì con furia la porta della camera, la richiuse a chiave, sbatté la ragazza sul letto ed iniziò a spogliarla.

    Solo a cosa fatta si rese conto della cazzata.

    Lanciò un urlo di rabbia, ordinò alla ragazza di vestirsi e andarsene poi si abbandonò sul letto, furioso con se stesso, con le sue voglie, la sua violenza.

    Se fosse stato per lui, avrebbe subito preso l’aereo di ritorno.



    Bill sentì l’urlo del fratello, uscì dalla sua camera e vide la ragazza lasciare la stanza di Tom, tranquilla. Ci era abituata. Non era che un oggetto.

    Bill allora si tranquillizzò. Andava tutto bene, era tutto normale. Quello che gli aveva detto Tom su Amina erano tutte cazzate, una cosa del momento.

    Quelle che non gliela davano subito non facevano per lui.

    E anche se conosceva il fratello, ci rimase un po’ male. Soprattutto per lei…







    Amina era a casa. Finalmente, due giorni di riposo. Tornata nella sua città, a casa dei suoi, poteva riprendere, anche se per poco, la sua vecchia vita, cercare di riallacciare i contatti con quello che era prima del successo.

    Aveva acceso il computer per rispondere alle centinai di e-mail che aspettavano solo lei.
    Quando si tranquillizzava le piaceva scrivere ai fans.

    Lei e Trina non abitavano tanto distanti, continuavano a vedersi tutti i giorni anche perché a casa di Trina c’era la loro piccola, prima sala di registrazione.

    Il padre della ragazza era un ex-musicista e quello era il suo studio privato.

    Ci passavano dei pomeriggi, fin da ragazzine, in quella camera nella cantina, insonorizzata, con tanti macchinari strani che a poco a poco avevano imparato ad usare.

    Lì Amina rivedeva e aggiustava i testi e Trina provava la batteria. Quando poi avevano conosciuto Malia e Grite, quella era diventata la loro casa.





    Trina passò a prenderla verso le quattro.
    Quella sera sarebbe andata a dormire da lei.

    Uscirono vestite semplicemente con jeans e maglietta, un cappello e gli occhiali da sole, tanto per precauzione. Sapevano che comunque nessuno le avrebbe disturbate, se non per magari un autografo veloce o un saluto.

    Amina non era triste. La settimana di lontananza era quasi finita. Tom l’aveva chiamata spesso e anche Trina aveva sentito per messaggio Bill.

    Arrivarono a casa di Trina e si chiusero giù nello studio, con una tazza di tè e, ovviamente, una pila di riviste di gossip che Trina comprava regolarmente.
    Alle due amiche piaceva sfogliarli per leggere le enormi cavolate che a volte scrivevano su di loro.

    Leggevano un giornale a testa, poi se lo passavano, commentando le notizie e ridendo come matte.

    Capitò sotto mano ad Amina un rivista per ragazze con in copertina l’immagine di Tom e un grande titolo: “Tom Kaulitz: la mania del collezionismo ha contagiato anche lui. Chi più ne ha, più ne metta! E se si tratta di ragazze, il più è scontato”

    Vuoto all’altezza dello stomaco. E un pensiero: Ma sì, sono le solite balle dei giornalisti… Poco rassicurante.

    Aprì il giornale, sfogliando con ansia le pagine. L’articolo era esattamente a metà.

    Bastardo…

    Non era un vero e proprio articolo. Due, tre pagine piene di foto e solo qualche riga.

    E quel viso. Lui. Tom.

    Tom con le mani sul sedere di una ragazza, bionda o mora non faceva differenza. Tom in giro ridente con un paio di mutandine rosse da donna in mano. Una groupie che usciva dal loro albergo e, infuriata, urlava contro i giornalisti che la riempivano di domande: -Sono la puttana di turno di Tom!- E poi Tom abbracciato e anche più a tante di quelle ragazze; Amina non riusciva a guardarle in viso.

    Le crollò il mondo addosso. Era una delle tante. Lo sapeva che lui era un po’ donnaiolo. Ma non fino al punto di essere così… così sfacciato, insensibile, stronzo.

    Tutta la verità su quello che Tom era in realtà le si rovesciò addosso come un catino d’acqua gelata.

    -Stronzo! Puttaniere!- Amina urlò e scagliò la rivista contro il muro.

    Trina si allarmò. Guardò l’amica poi raccolse il giornale.

    -Oh, merda…-

    Amina si era lasciata scivolare dalla sedia e lì, sul pavimento, con il viso rigato dalle prime lacrime di rabbia, il respiro affannoso e una gamba al petto faceva proprio pena. Dava l’idea di un cucciolo smarrito.

    Trina non poteva tollerarlo. Amina non era facilissima alle lacrime e due volte nella stessa settimana erano troppe.

    L’abbracciò forte. Amina le chiese di accompagnarla di sopra. Si rifugiarono in cucina e la madre di Trina le versò un’altra tazza di tè.





    Trina fece per andare in bagno. Poi all’ultimo momento cambiò direzione, si chiuse in camera e prese il cellulare.

    Compose un numero e chiamò Bill. Stranamente rispose. Trina non se lo aspettava, ma reagì subito.

    -Ciao, come va?- le chiese il ragazzo, allegro.

    -Tuo fratello è un bastardo!- gli urlò come risposta l’altra.

    Bill si sorprese a sentire quelle parole urlate con tanto odio.

    -Cosa è successo?-

    -Comprati un giornale e leggi!-

    -Trina, cosa è successo?-

    -Tuo fratello Tom è un ballista di merda! Non può fare quel che cazzo gli passa per la testa senza tenere conto dei sentimenti degli altri! Non può abbracciare una ragazza e dirle che la chiamerà, presto si rivedranno e poi andare a letto con una diversa ogni sera alle sue spalle!-

    Bill aveva capito. E non sapeva che fare, che dire. Conosceva suo fratello, ma non poteva cambiarlo.

    Pensò ad Amina. Avrebbe dovuto avvertirla subito, ma pensava lei sapesse che tipo era Tom.

    -Mi dispiace- disse sincero.

    -A me di più- ribatté Trina.

    -Come sta Amina?-

    -Di merda Bill. Come vuoi che stia? Era felice che questa settimana fosse finalmente finita e le capita in mano un giornale dove tuo fratello sembra il re del sesso e delle ragazze facili. Si è illusa e non è il primo che la tratta così-

    -Posso parlarle?-

    -No, Bill. Non sa che ti ho chiamato, non deve saperlo. La conosco, si arrabbierebbe ancora di più-



    [continua...]

    ragazze, ditemi tutto!
     
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  2. elekna
     
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    Dio è bella..ma come..continua subito sta diventando una droga per me la tua FF
     
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  3. °Barbie
     
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    E' meravigliosa!! Continua ... :lol:

     
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  4. AlivonStarCake
     
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    [CAPITOLO 6]



    Bill non disse nulla a suo fratello. Non sarebbe servito. Ora doveva solo tenerlo lontano da Amina. Glielo doveva. Si sentiva in colpa per non averle detto nulla.

    Alla fine di quella settimana, alle spalle del fratello, fece di tutto per convincere il manager a rimandare la loro visita in Italia. Alla fine ci riuscì.

    Quando Tom venne a sapere che sarebbero andati in Spagna e non in Italia, si incazzò. Voleva tornare da Amina. Erano sei giorni che non faceva sesso ed era nervosissimo. Ma non gli importava.

    Sapeva che bastava rivederla e tutto si sarebbe aggiustato.

    Dopo due ore di urla e imprecazioni contro il mondo intero, mandò un messaggio ad Amina.
    “Scusa piccola, non posso più venire in Italia. Ti prego non piangere, ti prometto che ci rivedremo prestissimo. Mi manchi… davvero…”

    Il messaggio arrivò e Amina non lo lesse neanche. Trina fu più veloce e lo cancellò, non lasciando traccia delle menzogne di Tom.







    Quella notte a casa di Trina, Amina non riusciva a prendere sonno. Pensava. Pensava sempre moltissimo.
    Faceva dei ragionamenti complicati, rifletteva sui problemi suoi, della band o delle ragazze e trovava sempre una soluzione, pensava al futuro. Ma non erano bei pensieri quelli di quella notte. Erano pensieri amari.

    Amina era molto dura con sé stessa. Non voleva perdonarsi di essersi lasciata andare con Tom.

    Sei la solita ingenua… Credevi di aver imparato la lezione, ma sei una testona…

    Si assopì solo a notte fonda. Il cuscino era nero di lacrime al rimmel e le braccia strette ad un peluche. Aveva ancora l’mp3 acceso nelle orecchie.

    Trina, che anche lei non riusciva a dormire, si alzò, lo spense e rimboccò le coperte all’amica. Amina si svegliò.

    -Ti prego Trina puoi dormire con me?-

    Trina non rispose neanche. Si infilò sotto il lenzuolo e prese ad accarezzare i capelli all’amica che continuava a piangere silenziosamente. Si addormentarono così.








    Tom non ricevette risposta al messaggio, né nel giro di dieci minuti, né a notte tarda. L’aveva aspettato tutto il giorno. E se provava a chiamare, dava sempre occupato o spento.

    Neanche il giorno dopo, né quello seguente riuscì a sentire Amina.

    Povero me, pensava. Amina sarà incazzata nera perché non l’ho più cercata, ma fra un’esibizione e l’altra non ho avuto un fottutissimo attimo di tempo.

    -Bill, dov’è il mio cellulare?- Tom cercava il prezioso oggetto dappertutto da più di un quarto d’ora.

    -Eh boh… Non lo so- gli disse il fratello, cercando di sembrare il più indifferente possibile.

    Quando lo trovò, Tom non ci poteva credere.

    Era fottuto.

    Stranamente, il cellulare era caduto nella vasca da bagno piena d’acqua e ora non funzionava più.








    -Perché l’hai fatto Bill? Che cazzo ti è saltato in testa?- Tom non poteva crederci.

    -L’ho fatto perché non capisci mai qual è il limite e non puoi ferire così la gente per ogni tuo capriccio!- Bill era serissimo.

    -Ma che cazzo stai dicendo?-

    Era stato Bill a distruggere il cellulare del fratello. Quel cretino non capiva che continuando a cercare Amina le faceva solo più male. Era un egoista.

    -Lo sai benissimo Tom. Non puoi distruggerla in questa maniera- disse Bill. E, allo sguardo stupito del fratello, aggiunse: -Amina-

    -Amina? Cosa…? Ma che dici?-

    -Tom..-

    -No, adesso mi dici da dove tiri fuori ste’ cazzate perché non ci capisco niente. Cosa è successo ad Amina?-

    Bill ripensò alle parole di Trina.

    E per la prima volta disse quello che pensava al fratello.

    -Non puoi dirle di aspettarti, abbracciarla e prometterle qualcosa che non avrà mai e poi venire qui e già appena arrivato andare a letto con la prima che ti capita a tiro. Non è giusto-

    Tom ammutolì.

    -Amina lo sa?- riuscì a dire. Aveva la sensazione che il pavimento sotto di lui stesse perdendo consistenza.

    -Sì, Tom-

    -Come?-

    Bill gli lanciò un giornale. Tom lo aprì e vide le foto. La rabbia iniziò a salirgli alla testa.

    -Non avete capito un cazzo! Sono tutte puttanate!- urlò, strappando le pagine.

    -Tom, non puoi mentire a me. Ho visto quella ragazza uscire dalla tua camera-

    -Quella…- Tom si accasciò sul letto. Quella troia.

    No, non avrebbe permesso che una cazzata gli portasse via definitivamente la cosa che ora desiderava di più al mondo.

    -Bill… Queste foto sono vecchie di secoli, lo sai benissimo anche tu-

    -Ma fanno capire chi sei, Tom-









    The Storm’s Way erano in viaggio per la Germania.

    Amina, sull’aereo, stava rivedendo la scaletta dei testi per un concerto. Erano quasi tutte canzoni d’amore o comunque allegre. Non si confacevano molto con il suo umore.

    C’era anche una cover di una canzone che a lei piaceva molto: “Listen to your heart”.

    “Listen to your heart
    When he’s calling for you.
    Listen to your heart
    There’s nothing else you can do.
    I don’t know where you’re going and I don’t know why,
    But listen to your heart before
    You tell him goodbye”


    Prima di dirgli addio.

    Il suo cuore, però, era muto. Solo il dolore che si ripeteva ad ogni battito le ricordava di averne uno.

    Non si era comportata da vedova né aveva fatto scenate da suicidio. Non era da lei. Era tornata quella di sempre.

    O almeno, cercava di comportarsi come sempre.

    Però le sembrava una gran cazzata cantare d’amore e non crederci più da un pezzo.




    continua]









     
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  5. °Barbie
     
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    Non so più cosa dire!! Non so nemmeno più che complimenti farti! La tua FF è stupenda.. scrivi talmente bene che quasi mi sembra di vederla Amina!
    Bravissima … :)

     
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  6. AlivonStarCake
     
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    Grazie Barbie! però non credo che piaccia tanto alle altre... amen! scriverò solo per te!
     
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  7. GarjzlaVampire
     
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    oddiooo ma quanto mi piace sta ff!!!
    ti prego devi continuare al più presto... pleaseee!
    bravissima continua così!
    posta posta posta!
    baci

     
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  8. Kate ~
     
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    Mi piaceeeeee.....!!!!

    Anche a me sembra di vedere Aminaa!!!!

    Continuaaaaa!!!

    Complimentiii!!
     
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  9. naryn
     
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    che bella.......e il seguito?????
     
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  10. Kate ~
     
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    Sì sì Alivon..!!

    Continua continua!!
     
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  11. AlivonStarCake
     
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    Grazie a tutte... ora posto!
    Se non siete sedute, sedetevi, respirate, state calme e non mi morite!

    Eccolo!


    [CAPITOLO 7]




    Anche i Tokio Hotel avevano un concerto in Germania, in una città vicina.

    Né Amina, né Tom lo sapevano. Non si era più sentiti. Né tanto meno lo sapevano i rispettivi manager. Che prenotarono lo stesso albergo per le due band.

    Quando Trina e Bill si videro e si riconobbero nell’atrio dell’hotel era ormai troppo tardi.

    Amina stava prendendo l’ascensore. Tom era alla reception. Fu un attimo. La vide premere uno dei numerosi pulsanti all’interno della cabina. Era ancora più bella di quanto si ricordasse.

    Un abito al ginocchio con le maniche a tre quarti, a sbuffo e sopra un giubbotto di jeans sbracciato e con il colletto alto impreziosito da diamantini.
    Aveva i capelli raccolti e arricciati. Ai piedi delle scarpe decolté nere e lucide, come la borsetta.

    Lo sguardo del ragazzo accarezzò le gambe e la figura della ragazza, fino a raggiungere gli occhi, che esprimevano un’infinita, ma vinta tristezza.

    No, Amina, non essere triste per questo coglione. Ora vorrei averti qui, chiederti scusa e vederti arrossire ancora una volta, solo per me

    Amina l’aveva visto. Le porte si stavano chiudendo rapide, negando a Tom la visione della ragazza, dei suoi occhi verdissimi e lucidi.

    Fece uno scatto.

    Doveva averla.

    E riuscì a raggiungere le porte prima che si chiudessero.








    -Che piano?-

    Amina fece come se nulla fosse. Non credeva di riuscirci.
    Sorrise al ragazzo. Ma era un sorriso forzato, incerto, sofferto. A Tom non sfuggì. E si diede ancora di più dell’egoista, dell’insensibile.

    Premette uno dei tasti.

    Si schiarì la voce: -Come va?-

    -Io bene… e tu?- Amina non si voltò neanche.

    Non riuscì a nascondere l’amarezza nella sua voce.

    Aveva deciso. Doveva essere più forte dei sentimenti. Impassibile. Più forte persino di quel ragazzo così stronzo. Più forte del passato, del suo primo ragazzo, che le aveva fatto credere che l’amore fosse solo violenza. Che l’aveva ferita in tutti i modi possibili, le aveva distrutto la vita, le aveva tolto il sorriso.

    -Scusa se non ti ho più chiamata, ma…-

    -Non fa niente- tagliò corto lei.

    No, Amina, non puoi raccontarmela perché lo so benissimo che sono uno stronzo, pensava Tom.

    Le porta si aprirono. Tom era arrivato.

    Amina sospirò di sollievo, ma il ragazzo la prese per mano e uscì dall’ascensore. Lei non pose resistenza a quel contatto, ma la sua decisione rimaneva ferma. Non voleva più cicatrici.

    Giunsero davanti ad una porta. Il panico assalì Amina. Strinse d’istinto la mano del ragazzo e si impuntò con i piedi. Tom aprì la porta. La 303. Amina sbirciò dentro. Era un posto strano.

    Entrarono. Era una stanza piena di strumenti con una vetrata ed un grande balcone che dava sul traffico luminoso della città.

    I Tokio Hotel alloggiavano spesso in quell’albergo e quella era la loro sala prove.

    Ogni cosa in quella stanza ricordava Bill, Georg, Gustav e Tom. La batteria vicino alla parete tappezzata dei poster delle band preferite di Gustav, un piano che Bill a volte tentava di suonare, il frigobar che Gustav e Tom svaligiavano.

    Tom avvicinò due sedie.

    -Vuoi qualcosa da bere?- chiese ad Amina.

    -No, grazie- rispose lei.

    Quella stanza le piaceva. Le ricordava un po’ lo studio a casa di Trina, ma non riusciva comunque a rilassarsi. Aveva paura, ma la determinazione non l’aveva abbandonata. Almeno quella.

    Tom prese la sua chitarra preferita e si sedette di fronte ad Amina. Respirò profondamente. No, non poteva farcela. Eppure doveva.

    Amina lo guardava in attesa di un suo gesto, di una sua parola. Tom mise le dita sulle corde. No, doveva dirglielo, prima di iniziare.

    -Ecco, io volevo dirti che…- la voce gli si spezzò.

    Avanti Tom, fallo! si fece coraggio.

    -Insomma, avrei tante cose da dirti, ma non sono bravo a parlare. Così ti ho scritto una canzone…-

    -Una canzone?- Amina non poteva crederci.

    Tom iniziò a pizzicare le corde della chitarra per accompagnare una canzone dolcissima. Bella da non capirci più niente, ma che ad Amina sapeva tanto di menzogna. Ma proprio tanto.

    Si impose di non pronunciare parola. La voce di Tom era bassa, un po’ insicura. Aveva paura di inciampare. Fino a quel momento non aveva sbagliato. Le parole gli uscivano da sole dalle labbra, come se le stesse inventando sul momento, perché quello che cantava era vero.
    Quello che cantava era Amina, o meglio, quello che per lui era Amina, quella ragazza che stava imparando ad amare.

    Amare.

    Lui non aveva mai detto “Ti amo”.




    Amina non ce la faceva più. Si sentiva presa in giro, derisa.

    Come può dirmi queste cose così dolci e pensarle davvero se appena mi giro va a cercarsi un’altra cagna?

    -Basta!-

    A Tom cadde il plettro di mano.

    Amina si alzò e lo guardò con rabbia. Ma aveva gli occhi lucidi.

    -Sono tutte balle!-

    Tom non sapeva che fare. Aveva capito.

    -No, Amina… io…- cercò di dire. Non aveva neanche la forza per alzarsi da quella sedia.
    Amina lo interrupe.

    -Tom, finiamola qui, diamoci un taglio prima ancora di iniziare davvero. Tom, io so chi sei. Forse tu non sai chi sono io. Io non sono una groupie, non voglio esserla. Non sarò uno dei tuoi tanti trofei, non mi aggiungerai alla tua raccolta di tanga e perizomi perché io ho dei sentimenti, dei fottutissimi sentimenti! Sono capace di amare, ma non è l’amore che conosci tu. Tu conosci il sesso. Tu hai sempre fatto sesso, non hai mai fatto l’amore. Ed io con te non voglio fare del sesso. Non con te-

    Era seria. E triste.

    Tom si sentì ferito nel profondo perché sapeva che quelle cose erano vere.

    Amare…

    -Amina…-

    -No, Tom… mi dispiace… ma non preoccuparti, il mondo è pieno di Amine-

    No … Io voglio te! Lo pensò, ma non lo disse.

    La lasciò andare.

    Amina uscì. Si appoggiò alla porta che aveva chiuso dietro di sé, quella che la separava da Tom.

    Aveva bisogno di qualcosa di materiale per sentire finalmente che aveva chiuso, ce l’aveva fatta. La testa era appoggiata al legno duro e freddo come il suo cuore qualche giorno fa. Ora il suo cuore piangeva lacrime calde, le stesse che le cadevano silenziose dagli occhi, ancora più belli e verdi.

    Dall’altro lato sentiva la disperazione di Tom prendere corpo.


    Si era alzato in piedi. Furioso per quelle lacrime che gli bagnavano le guance. Era da tantissimo tempo che non piangeva. Scagliò lontano la chitarra, che cadde in un angolo lontano. Ma non era soddisfatto. Doveva, voleva sfogarsi. Diede un pugno alla parete, ferendosi le nocche.
    Poi iniziò a distruggere la chitarra, ruppe un vetro della veranda. L’aria fredda della sera lo calmò. Il sangue gli scendeva giù per il braccio.



    Amina sentiva le sue urla, la sua rabbia, la sua disperazione. E ora sapeva che soffriva anche lui. Non capiva perché….
    Ma perché urli così Tom? Io non sono nulla, hai il mondo ai tuoi piedi… cosa c’entro io? Non sono niente per te, l’hai dimostrato…

    Era qui che si sbagliava.

    Lui sapeva che lei era ancora lì. L’aveva sentita.

    Corse alla porta, la spalancò con l’intenzione di correrle dietro, prenderla per un braccio e dirle che si sbagliava.




    Ma Amina non c’era più.



    [continua...]


     
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  12. Kate ~
     
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    Oddio che beeeellaaaaaa!!!!!!

    Nuuuu...Tom si è innamoratooooo!!!!!!

    Oddioooooo!!!!

    Brava Alivon..!!Complimenti..!!

    Continua..!!
     
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  13. elekna
     
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    Bellaaaa postaa....oddio Tommino innamorato cotto che bello ;)

     
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  14. °Barbie
     
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    Sempre più bella!!! Posta il seguito!!

     
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  15. AlivonStarCake
     
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    [CAPITOLO 8]




    Tom si era ferito ad un braccio. Non era un taglio tanto profondo, ma perdeva parecchio sangue. Si era strappato una manica ampia della maglietta e si era fasciato. Poi era andato in camera del fratello.

    Era arrabbiatissimo con lui. No, era arrabbiatissimo con il mondo intero.

    Bill si spaventò nel vederlo in quelle condizioni: il braccio sanguinante, la maglietta strappata, i capelli sciolti che gli davano l’aria ancora più ribelle. Gli occhi bagnati e assenti.

    -Che ti è successo?- gli corse incontro e lo prese per il braccio ferito, cercando di disfare la benda.

    Tom diede uno strattone e lo spinse via.
    -Sei contento ora? Sei contento?- lo aggredì.

    Bill lo guardò. Non era vero.

    -La ami…- sussurrò.

    -Cosa?- Tom non sentì. Nelle orecchie aveva ancora le parole di Amina.

    No, Tom… mi dispiace… ma non preoccuparti, il mondo è pieno di Amine…

    Lo sapeva anche lui. C’erano ragazze che avrebbero dato di tutto per stare con lui, anche solo per una notte. Amina no.
    E lui voleva lei.

    Non gli era mai successo che qualcuna scappasse così, che lo facesse sentire così male.

    Bill lo guardò serio.

    -La ami?- chiese.

    Quelle parole mandarono Tom in confusione.

    Come faceva a saperlo se non aveva mai amato nessuna?

    Ma non si era mai comportato così con nessun’altra… Nessun’altra gli faceva quell’effetto.

    -Sì… sì…- si diede dello scemo. Lui l’amava.

    -E allora siamo due idioti- disse Bill.

    Tom stette zitto.

    Amina… l’amava… ma com’era possibile?

    Sì, lui sapeva amare.








    Trina, Malia e Grite chiesero al loro agente di poter cambiare albergo. Amina si era rasserenata e, grazie alle sue amiche, si era tirata un po’ su.
    Finito il concerto, però, volle tornare subito in Italia.

    I suoi non c’erano a casa, non sapevano del suo rientro improvviso. Così andò a casa di Trina. Tanto era come la sua seconda casa.
    Trina sapeva che la cura migliore era distrarre l’amica.

    Levò dalla camera tutti i poster dei Tokio Hotel, mise in una cartella a parte le loro canzoni e le loro foto sul computer, nascose l’mp3 all’amica e organizzò ogni singolo momento della giornata.

    Un giorno a fare shopping, un altro al cinema, l’altro ancora le prove private della band. La portò a vedere una partita di basket di alcuni loro vecchi amici, la portò a fare la manicure.

    Amina non sapeva come ringraziare l’amica. Non era poi così difficile non pensare a Tom in quelle giornate super impegnate.

    E la sera era così stanca che si addormentava senza fatica.







    Bill guardava il fratello e continuava a darsi dell’idiota. Lui, che si vantava di saper capire al volo Tom meglio di chiunque altro, non aveva capito che si stava innamorando.

    Eppure credeva di conoscerlo bene. Era per questo che non aveva capito. Erano sei anni che Tom si comportava sempre allo stesso modo con le ragazze. Amina invece era diversa. Era veramente importante per lui.

    Sì, sono un idiota… pensava Bill, rattristato.

    Sì, sono un idiota… si diceva Tom.

    Si stava innamorando. Si era innamorato. Ma, nonostante questo, aveva fatto scappare Amina.

    Bill non ce la faceva più. Tom suonava la chitarra sempre tutto solo, era taciturno e non sparava più cazzate. E la notte non ce la faceva a stare isolato così, sempre più spesso, si rifugiava in camera del fratello e si ostinava a dormire nel divanetto.

    -Tom…? Tom!-

    Tom stava suonando la chitarra nello studio.

    Davanti alla finestra appena riparata c’erano ancora le piccole tracce del suo sangue che non aveva permesso a nessuno di pulire. Stava lì e le guardava suonando.

    Al richiamo del fratello, smise di suonare e si girò.

    Bill si avvicinò. Aveva qualcosa in mano. Tese quel qualcosa al fratello. Era un biglietto aereo.









    Ad Amina piaceva fare la doccia molto lunga. L’acqua calda la rilassava e le piacevano i tanti profumi dei bagnoschiuma. Quel pomeriggio Trina era uscita, ma lei non ne aveva molta voglia. L’amica aveva insistito tanto e vista la sua fermezza le aveva proposto di rimanere a sua volta a casa, ma Amina aveva rifiutato.

    Sapeva che Trina lo faceva solo perché era preoccupata per lei, ma aveva voglia di stare un po’ da sola.

    La casa dell’amica era bellissima. Grande e molto antica, in centro città. Da piccola si era persa tra tutte quelle stanze piene di foto in bianco e nero, di specchi e mobili preziosi. Ma non c’erano solo anticaglie: quella che loro chiamavano “technomagia” era sparsa ovunque, a cominciare dai molti computer presenti in quasi tutte le stanze. Il padre di Trina, musicista e loro primo manager, lavorava in casa; era un grafico e il suo computer era formato da tre schermi affiancati di cui quello centrale era gigantesco. E su quel computer c’era il loro primo, amatissimo nonché super tecnologico studio di registrazione casalingo.

    Amina sorrideva a quei ricordi, seduta sul grande balcone della casa che dava sulla strada. Non faceva tanto freddo nonostante fossero i primi di novembre e lei stava bene nel suo nuovo piumino.

    I rumori del traffico non le arrivavano se non lontanissimi, perchè aveva le cuffiette dell’mp3 nelle orecchie. Trina l’aveva nascosto bene, ma alla fine era riuscita a trovarlo.

    Leggeva. Leggeva sempre molto appena aveva un attimo di tempo libero.

    L’mp3 si bloccò di colpo. Era finita la batteria. Amina se lo levò dalle orecchie e tornò con i piedi per terra. Quando ascoltava la musica o leggeva, si estraniava da tutto quanto la circondava.

    Stava finendo il capitolo del libro quando, giù in strada, sentì dei rumori strani. Non erano i soliti clacson delle auto, o la gente che passava frettolosa.

    No, era come se una piccola folla si fosse radunata sotto casa.

    Non sapevo ci fosse qualche manifestazione…pensò.

    Poi sentì qualcos’altro.

    Un megafono.


    [continua...]

    c-o-m-m-e-n-t-a-t-e! Un bacio!

     
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93 replies since 26/11/2007, 14:21   1019 views
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