=L'Appello-L'interstatale=

enzomma... particolare...

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  1. °°Vanilla°°
     
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    spero vi piaccia....
    è molto particolare.....



    SBRONZO...

    Bill uscì dalla macchina.
    Era terribilmente stanco...a giudicare dall’orario doveva essere quasi mattina. Ma lui era troppo sbronzo per sapere che ore fossero.
    Affannato, si intascò le chiavi della macchina e si diresse, barcollando, verso il vialetto di casa, le cui finestre erano tutte illuminate.
    Piano piano, cercando di inforcare un passo dopo l’altro, si avvicinò alla porta di casa e suonò il campanello; pochi secondi dopo la porta si aprì, e lo investì un fascio di luce proveniente dall’interno, a cui si contrapponeva la figura appannata di suo fratello. “We...Bill era ora! Sono quasi le cinque, bello...ma dove ti eri cacciato?” lo provocò divertito Tom, facendosi da parte per farlo passare. Bill incespicò di qualche passo verso la cucina, e si sedette sulla prima sedia che gli capitò davanti, reggendosi la testa con le mani. Che dolore...un dolore accecante.
    “Bill...ehi? Ci sei? Ti ho fatto una domanda...sei ubriaco?” riprese il gemello, sedendosi con un piccolo balzo sul tavolo della cucina, fissandolo ostinatamente.
    Bill non rispose, senza badare alla sua voce cantilenante. Allungò una mano verso il pacchetto di sigarette in fondo al tavolo, e ne sfilò una.
    Tom lo guardò stralunato, e gli strappò il pacchetto di mano. “Dai qua! Tu non mi convinci” borbottò, prendendo l’accendino “Sei ubriaco fradicio...vero?”
    “Boh..ma...io...” Bill non termino la seppur sconnessa frase, perché la sigaretta che reggeva mollemente fra le dita sfuggì alla sua presa, precipitando sulle sue gambe. Si alzò velocemente in piedi e, con un gemito, si spolverò i jeans, sotto lo sguardo divertito del fratello. “Cosa cazzo ridi?” chiese con voce non abbastanza aggressiva, ma impastata “Dammene un’altra....”
    “No” lo rimbeccò compiaciuto Tom, traendo a sé il pacchetto di sigarette “Prima mi dici cosa hai combinato stasera. Qualche bambina innocente è caduta nelle tue grinfie?”
    “Oh, finiscila, idiota” biascicò Bill di rimando, muovendo nervosamente una mano, come intento a scacciare una mosca “Sono stato in un locale con Andreas e gli altri...”
    “E hai tirati tardi” cantilenò di nuovo il rasta. Bill lo fulminò con lo sguardo, per poi iniziare a giocherellare con l’accendino che aveva lasciato sul tavolo “Non ricordo proprio nulla...solo, siamo usciti con la mia macchina...poi preso l’interstatale...”
    Tom s’irrigidì leggermente “Interstatale?”. Bill, noncurante, continuò a maneggiare l’accendino, senza degnarlo di uno sguardo. Ma lui continuò “Hai detto...a che ora siete passati di là?”
    “Verso le....nove circa. Ma per il resto non ricordo niente. Buio totale.”
    “Ah. Le interstatali sono...sono pericolose a quell’ora...” Perché avrebbe dovuto preoccuparsi tanto per una sciocchezza simile? Il fratello era in grado di guidare anche se non aveva la mente completamente lucida, lo sapeva bene.
    Ma quella sera lui era davvero troppo sbronzo per dar peso alla cosa; prese le sigarette se ne accese un’altra, facendo un lungo tiro.
    Seriamente, non ricordava niente di niente. Improvvisamente squillò il telefono; dopo un’occhiataccia di Bill, si alzò e per andare a rispondere.
    “Pronto?” chiese, sollevando la cornetta “Chi è?”
    “Tom...sei tu?” chiese di rimando una voce femminile dall’altra parte del filo. Il ragazzo si accigliò, ma poi capì con chi aveva a che fare “Ah buonasera...cioè...mattina...salve, signora Von Heigen. Come mai un orario così insolito?”
    “Sì Tom, mi rendo conto dell’orario...mi spiace. Ma ho una cosa importante da chiederti.”
    “Dica pure!”
    “Per caso Margot è lì con tuo fratello?” E’ tutta la notte che è fuori e non ha chiamato nemmeno una volta” Tom si sporse con cautela verso la porta della cucina, per osservare divertito il fratello, che cercava di incenerirsi con la sigaretta una ciocca di capelli.
    Reprimendo una risata spontanea, si accostò nuovamente la cornetta all’orecchio “Mi spiace signora Von Heigen, è appena rientrato...e quindi...”
    “Capisco. Nel caso dovesse farsi viva da voi, per favore...mi avvertireste? Io e mio marito siamo molto preoccupati.”
    “No, non si preoccupi, sua figlia è giovane, probabilmente è in giro a divertirsi.”
    “Sei un tesoro, apprezzo che tu cerchi di rincuorarmi. A presto.”
    “Arrivederci, signora Von Heigen” replicò lui e, sbuffando, riabbassò la cornetta. Poi scivolò nuovamente dall’anticamera alla cucina, aggrappandosi allo stipite della porta.
    “Era la madre di Margot” sentenziò. Bill, che fino a quel momento aveva tentato con ostentata precisione di accostarsi la sigaretta ai capelli, si bloccò e lo squadrò con quei suoi occhi annebbiati dall’alcool “Margot?”
    “Sì, bello...voleva sapere se era qui con te” asserì scherzosamente il rasta, sedendosi nuovamente sul tavolo. Trovava la cosa molto divertente. Solo che Bill non riuscì a capirne il perché...in effetti gli sarebbe stato un po’ complicato, a meno di non sapere qualcosa.
    Molto divertente, Tommolo, molto divertente.
    “...E adesso dove credi di andare?” biascicò ancora, seguendo con lo sguardo il gemello, che con una lattina di birra in una mano si dirigeva verso il salotto “Vado a fare...zapping sulle tv via cavo...” rispose, ammiccando impertinente e scomparendo dietro la porta “Se vuoi unirti a me...”
    “No, grazie, in questo momento mi è estremamente faticoso pensare anche solo lontanamente a qualcosa di simile” replicò di rimando, sperperando così le ultime forze residue.
    Aveva bisogno di smaltire la sbornia...
    Salì le scale incespicando, ed entrò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle; si avvicinò al lavandino, aprì l’acqua fredda e si sciacquò la faccia. Quell’acqua gelida fu come ricevere una pugnalata alla tempia.
    Si asciugò il viso e tornò a guardarsi allo specchio; era sconvolto. Proprio non riusciva a ricordare. Quella sera qualcosa era accaduto. Solo...non sapeva cosa.
    Gli si proiettarono nella mente i fari di una macchina. Il buio lo avvolse.
    Era sull’interstatale.
    Accostò con cautela lungo il ciglio della strada. I fari di quella macchina lo avevano incuriosito.
    Ma c’era qualcosa di strano in quel veicolo. Qualcosa che non quadrava.
    Immediatamente tutto venne risucchiato dalla sua stessa memoria, come un raggio di luce in espansione, che ritirava quella scena nel suo alone. Per non permettergli di guardare. Di scoprire. Di comprendere.
    Si aggrappò al bordo del lavello, senza fiato, e guardò di nuovo il suo riflesso sullo specchio. Sempre più sconvolto, e per di più ubriaco. Doveva riposare.

    al prossimo capitolo
    xxx
    simo
     
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    waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa...
    postata postata...
    evvivaaaaaa...
    sta storia mi piace un botto....
    ma il bello viene dopo...
    sisisisisisisisisi
     
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  3. °°Vanilla°°
     
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    Grazie Ila, sei la best :throb:


    PRIMO APPELLO – IL SOGNO

    Si stese sul letto. Era terribilmente spossato; si liberò dei vestiti e si infilò sotto le coperte, in quella calda nottata estiva, che ormai stava diventando una mite mattinata luminosa. Le persiane erano appositamente chiuse, le tende tirate. Regnava il buio nella stanza, e il silenzio era rotto soltanto dal respiro irregolare di Bill.
    Il ragazzo si era appena addormentato.
    Cadendo in un sonno agitato.
    Molto agitato...

    Ora tutto era luce. Tutto aveva forma e colore. Inspiegabilmente, dalla tenda schiusa filtrava un denso e accecante raggio di sole, che gli illuminava fastidiosamente gli occhi. Li aprì, costretto, e si accorse che aveva la mente sgombra sia dai pensieri che dal mal di testa. Le coperte come piume su di lui, la stanza luminosa e accogliente.
    E accanto a lui...qualcuno.
    Si voltò.
    Sorrise.
    Margot...i suoi capelli corti, rossi e ricci, gli occhi a mandorla, quelle lentiggini. Gli sorrise a sua volta, molto allegramente; gli si accostò e, piano, lo baciò sulla fronte “Buongiorno, cucciolo” disse la ragazza sorridendo, con una voce dolce ma roca di risveglio, scostando dietro l’orecchio una ciocca di capelli rossastri e chiudendosi la vestaglia attorno alla vita. “Gradisci qualcosa?”
    “Del tipo?” rispose Bill insonnolito, allungando una mano e accarezzandole una guancia. Margot sorrise, ancor più timidamente “Pensavo...la colazione. Oppure un po’ di compagnia”
    “Credo che opterò per la seconda scelta” replicò il ragazzo. Piano accostò le labbra alle sue, dandole un piccolo e soffice bacio. La ragazza prese il suo viso fra le mani, sciogliendo e perpetuando quel contatto di labbra.
    Bill la tirò su di sé, la accarezzò, la baciò, sfilandole piano la vestaglia.
    Fu un attimo.
    La stanza piombò nel buio.
    Le persiane si chiusero di botto, lasciando balenare un ultimo istante, in cui il sorriso timido di Margot assumeva un che di diabolico. Bill gemette, avvertendo una fitta dolore allo stomaco.
    Cercò di premersi le mani laddove era stato colpito; incontrò un altro paio di mani, che, appoggiate sul di lui, lasciavano scorrere le lunghe dita artigliate sul suo torso, lasciando dietro di sé una scia bruciante. Bill gemette di dolore, e la afferrò per i polsi. Ora nella penombra la vedeva muoversi su di lui, un movimento morbido e sensuale “Bastardo...” ansimò, affondandogli le unghie nella carne “Lurido bastardo...” Il ragazzo rimase immobile, terrorizzato, cercando di scorgere il suo viso nel buio, incapace di muoversi, di fermarla.
    Margot, con un sibilo, si abbassò su di lui, gli graffiò le braccia, il collo, e gli morse con forza una spalla.
    Bill gridò, cercando di liberarsi di lei, che con quelle unghie e quei denti gli lacerava dolorosamente la pelle.
    Ormai lo aveva ridotto ad un brandello umano. Ormai il letto dalle candide lenzuola era pieno di sangue, e i suoi ultimi respiri si consumavano impietosi. Ormai...

    Bill si svegliò di soprassalto. Gli mancava il fiato, come se qualcuno gli avesse schiacciato con forza il diaframma; era sudato, dolorante...il mal di testa era insopportabile.
    Guardò fuori dalla finestra: le tende erano ora inspiegabilmente aperte, le persiane spalancate, una luce azzurrina iniziava ad illuminare pallidamente l’interno della stanza, creando la fine impressione che una sottile nebbia circondasse ogni cosa.
    Un sogno? Ma perché Margot? Cosa poteva aver suscitato tutto questo?
    La sbornia era passata, rimpiazzata da una forte emicrania. Si alzò a stento, dolorante, e si incamminò verso le scale.
    Nel salotto, Bill sbirciò sarcastico che suo fratello giaceva sul divano, stravaccato, una lattina di birra vuota in mano, la testa rovesciata all’indietro, e che emetteva un russare sommesso e consumato.
    Si trascinò fino al bagno, accese la luce e si chiuse la porta alle spalle.
    Si appoggiò la bordo del lavandino, si guardò allo specchio, aggrottò la fronte.
    Oh, Cristo. Cosa stava succedendo?
    Si alzò timoroso la maglietta; divenne catatonico alla vista di quei graffi e segni rossi sulla pelle lattea. Tolse velocemente la maglietta, si girò: la schiena presentava un unico, profondo graffio che partiva dal collo, scendeva in mezzo alle scapole e terminava appena sopra l’elastico dei boxer.
    Sulla spalla destra presentava un grosso livido, e una serie di profondi tagli simili se non identici ad impronte di denti. Pallido in volto, aprì l’acqua e si sciacquò viso e lesioni. Aprì l’armadietto di medicinali, prese dell’acqua ossigenata e si medicò frettolosamente i tagli sulla spalla, stringendo i denti. Quella ferita gli procurava molto dolore; ma come aveva fatto la sua ragazza ad infiltrarsi nella sua camera? No, era ovvio che non l’aveva fatto. Tutto era solo un sogno. Forse tra poco si sarebbe svegliato e avrebbe constatato di essere sano come un pesce...
    Quei pensieri furono interrotti da un acuto bruciore alla spalla destra; i tagli bruciavano, l’acqua ossigenata li costringeva a rilasciare piccole quantità di sostanza biancastra.
    Prese nuovamente dall’armadietto una garza e se la applicò alla spalla. Poi raggiunse con una mano, un po’ più in alto, la confezione delle compresse per l’emicrania che suo fratello era solito usare.
    Si guardò ancora nello specchio: sempre più pallido, sempre più stanco, sempre più spossato. Non capiva più cosa stesse facendo...ormai era chiaro che non era stato un sogno. O per lo meno, era stato qualcosa che si avvicinava molto alla realtà.
    Solo in quel momento si accorse di aver lasciato il rubinetto aperto; lo chiuse, ma l’acqua aveva ormai riempito tutto il lavello, senza scendere all’interno dello scarico, il quale emanava piccole bolle d’aria che salivano in superficie.
    Bill si chinò: c’era qualcosa là dentro, che bloccava il passaggio dell’acqua. Immerse una mano nel lavello, e infilò due dita nello scarico, trattenendo la stizza. Toccò con la punta delle dita un gancetto ferreo, che inizialmente non riuscì ad afferrare; sforzandosi di infilarvi meglio la mano, riuscì però a stringere il gancetto fra le dita, per poi estrarlo dalla conduttura.
    La sua mano emerse dall’acqua. Non riuscì subito ad intuire cosa fosse l’oggetto che stringeva, ma poi, squadrandolo con più attenzione, capì. Un orecchino. E non un orecchino qualsiasi: uno degli orecchini che Bill aveva regalato a Margot per il loro anniversario, un mese fa circa.
    Non riuscì a capacitarsi di come potesse essere là. Margot non andava a casa loro da un bel po’ di tempo, perché Tom era sempre fra i coglioni (quello non conosce il significato della parola privacy), e la coincidenza era troppo singolare.
    Nervoso, prese un’altra compressa e, coprendosi il torso nudo con le braccia, fece per tornare in camera sua.
    Quando però passò davanti alla cucina si imbattè in Tom che, insonnolito, chiudeva il frigorifero “Bill...” borbottò, andandogli incontro “cosa hai fatto alla spalla?”
    “Non rompere, caccola” lo rimbeccò da bravo fratello lui, scappando lungo il corridoio e salendo le scale, dove non sarebbe riuscito a vederlo. Non doveva permettergli di guardare in che stato era, avrebbe fatto troppe domande.
    Tom rimase immobile, un sorrisetto di scherno sulle labbra “Caccola?”. Scosse la testa, divertito, e rientrò in cucina.


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    simo
     
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    era realmente Margot quella?
    e Perchè il povero Bill sarebbe un bastardo?
    Cosa ha fatto il nostro Bill?
    troveremo mai la risposta?
    Spero di sì nei prossimi capitoli...

     
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  5. °°Vanilla°°
     
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    HAHAHAHAHAHA per lo stile "telecronista fatta in casa" ecco a voi la fantastica Ila!!!!
    waaaaaaa
    glaccie infinite =*

    xxx
    simmo
     
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  6. Kate ~
     
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    Oddiooooo!!!!!

    Simo postaaaaa!!!!!

    Io non l'ho mai lettaaaaa!!!!

    Cosa è successo????Oh my God....cosa ha fatto Honey?????? :cry: :cry:

    Continuaaaa!!Sei davvero brava, mi piace molto..!!!!
     
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  7. °°Vanilla°°
     
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    Grazie mille dei complimenti Kate!!! :woot: glacieglacieglacie!!!! =*
    posterò domani

    xxx
    simo
     
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  8. Kate ~
     
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    Ma figurati..!!

    Te li meriti..!!!!!
     
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  9. °°Vanilla°°
     
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    innanzitutto... BUON NATALE!
    in secondo luogo... buona lettura XD


    DOV’E’ MARGOT?

    Il telefono squillò, per la seconda volta, quella mattina. Tom si avvicinò al ricevitore, ma fu raggiunto dalla voce squillante del gemello “Lascia scemo, faccio io!”
    “Fai con comodo, coglione...” il rasta si fece da parte, gli occhi rivolti al soffitto, per evitare lo sguardo di Bill mentre quest’ultimo si gettava sulla cornetta.
    “Pronto?” chiese, forse troppo aggressivamente “Pronto, chi parla?”
    “Calmati, bello!” sbottò lugubre una voce dura ma femminile “Cosa ti è preso?”
    “Maryanne!” esclamò il ragazzo, facendo un sorriso preoccupato. Di sicuro anche lei chiamava per la stessa identica ragione. “Senti, ora non posso, ad ogni modo Margot ieri non...”
    “Lo so, Bill, che non era con te.” Borbottò la ragazza in tono scocciato. Lui assunse un’espressione incuriosita; si appoggiò con una spalla al muro “Oh! Allora era con te? Cosa combinate, me lo spieghi? Ci state facendo prendere un colpo a tutti...”
    “Non era nemmeno con me, Bill” sentenziò Maryanne, emettendo un sonoro sospiro “Ho bisogno di parlarti, è importante.”
    “Margot è scomparsa, cosa può esserci di più importante?”
    “E’ proprio di questo che dobbiamo parlare...”
    “BillBillBillBill...” Tom richiamò l’attenzione del fratello con una serie di bisbiglii secchi, cosa che lo fece innervosire. Lui volse gli occhi al cielo e tappò la cornetta col palmo di una mano “Che vuoi?”
    “Il cell, ti chiamano i genitori di Margot!”
    “Scusa Maryanne” esordì Bill, riattaccandosi velocemente la cornetta all’orecchio “Passerò da te nel pomeriggio...ciao, a più tardi...”consapevolmente indelicato, le sbattè il ricevitore in faccia, per poi afferrare scompostamente il cellulare dalle mani di Tom. “Pronto?” chiese, sfiancato. Quelle telefonate lo stavano uccidendo.
    “Ciao Bill”
    “Salve signor Von Heigen” ripeté il ragazzo, come in una cantilena detta e ridetta per un totale di miliardi e più volte.
    “Scusa Bill, dobbiamo parlare.”
    Ancora parlare, sempre parlare, tutti vogliono parlare con me...devo decidermi a registrare un messaggio di segreteria telefonica che susciti insicurezza, un po’ d’intimidazione non può che far bene...
    “Sì certo. Chieda tutto quello che vuole, sono a sua completa disposizione...di tempo ne ho un’infinità” esclamò ironico. Probabilmente l’uomo dall’altra parte del filo non udì le note scherzose nella sua voce “Perfetto, perché abbiamo alcune cose da chiederti...di nuovo.”
    “Oddio.”
    “Scusa ragazzo, sai come vanno le cose...”
    “Sì, sì, lo so...” Bill allontanò la cornetta e sbuffò, per poi riportarsela all’orecchio “Dica pure.”
    “Dov’eri ieri sera?” Bill aguzzò la memoria. Che fatica...tutto l’alcool della sera precedente gli aveva annebbiato i neuroni “In un locale fuori città.”
    “Quando sei uscito?”
    “Verso le nove...sì, nove, nove e mezza.”
    “Quando sei tornato?”
    “Alle cinque di mattina.” Di questo era più che sicuro. Il signor Von Heigen ebbe qualche attimo di esitazione, forse nel tentativo di formulare il più chiaramente possibile la domanda seguente.
    “Bill...hai ricevuto chiamate da mia figlia o...o di qualcuno che era a conoscenza di dove fosse?”
    Bill socchiuse gli occhi “No...no, per niente.”
    “Hai idea di dove possa essere?”
    “Signore, la prego...”
    “Scusa Bill. Lo so, è difficile...è per tutti molto difficile. Sto solo tentando di capire dov’è la mia bambina.”
    Bill represse le lacrime. Quella bambina dal sorriso dolce e ingenuo. Che quella notte era stata tanto diabolica. Ma qualunque fosse la forza oscura che l’aveva spinta a comportarsi in tal modo... “Vorrei fosse qui accanto a me, signore.”
    Quella confessione improvvisa lo fece arrossire. L’uomo rimase in silenzio. Udì il suo respiro. “Ora ho finito, Bill. Ti auguro una buona giornata.”
    “Anche a lei, signor Von Heigen” riattaccò. I genitori di Margot erano seriamente preoccupati...e quel che era peggio, aveva il lieve sentore che sospettassero e quindi diffidassero di lui.
    Dalla tv accesa in salotto, sovvenne una voce femminile che informava Magdemburgo della scomparsa di una ragazza di diciotto anni, neo patentata, capelli rossi, corti e ricci, occhi color nocciola a mandorla, lentiggini ovunque e un largo sorriso.
    La sua foto occupava tutto lo schermo, nella notizia di apertura del telegiornale.
    Margot, dove sei? Ti prego amore, rispondi. Perché mi fai questo?

    Bill balzò in piedi, e scalpicciò lungo l’anticamera; prese la giacca dall’attaccapanni.
    Tom lo raggiunse, appoggiando la schiena alla porta d’ingresso e afferrando la maniglia “Bill...dove diavolo...”
    “Tom, sta zitto” lo interruppe il ragazzo, posandosi una mano sulla fronte. Aveva ancora mal di testa...infilandosi una manica della giacca, fece dietrofront e, a testa bassa e passo svelto, andò in bagno, dove prese nuovamente fra le mani la confezione di compresse per l’emicrania. Tom lo guardò, sulla soglia della porta, lanciandogli sguardi insistenti ed interrogativi “Quelle sono le mie pastiglie...”
    “Complimenti, genio.”
    “Perché devi sempre insultarmi?” chiese imbronciato Tom. Bill lo guardò, con un’espressione rappresentante la banalità dipinta sulla faccia “E tu perché devi sempre rompere?”
    “Se tu mi mettessi al corrente di qualcosa...”
    “Se non volessi metterti al corrente?”
    “Senti” sbottò ancora il rasta, facendo un passo avanti. Bill indietreggiò di poco.
    “Non so cosa ti stia passando per la testa, fratello. Ma sappi che anche io ci tengo a lei. Forse non quanto te, ma per me è sempre stata una meravigliosa amica.”
    Bill scostò lo sguardo verso il suo riflesso nello specchio; forse non doveva essere così...geloso. Sì, era geloso, il che sembrava alquanto singolare. Difficile che esista competitività per una ragazza, dopo che quest’ultima è scomparsa. Ma lui la sentiva ancora sua...ed intoccabile.
    “Tom, hai ragione. Scusa...”
    “Cosa ti hanno detto i genitori di Margot?”
    “Hanno richiamato qualche minuto fa. Pare sia uscita verso mezzanotte...aspettava fuori qualcuno”
    “Ah, sì?” chiese Tom interessato “Chi?”
    “Non lo sanno nemmeno loro. Poi lei e il misterioso accompagnatore sono andati via con la sua macchina.”
    Ci fu un attimo di silenzio; chi avrebbe potuto incontrarsi con lei a quell’ora? Si chiese Bill. Forse lo stesso responsabile della sparizione...il ragazzo cercò lo sguardo nel gemello, il quale parve impenetrabile. A cosa stava pensando?
    “Tom, devi dirmi qualcosa?”
    “Mmmh...eh? No, no...niente, pensavo” si giustificò lui con voce ferma.
    Bill distolse lo sguardo da lui, come se notare la sua improvvisa freddezza nei suoi confronti gli provocasse dolore, e uscì dal bagno “Scusa, devo andare. Devo incontrarmi con Maryanne”
    “Mi fai schifo, fratello” esclamò Tom alle sue spalle, mentre ripercorreva l’anticamera. Il tono di voce era colmo di disprezzo.
    Questo era troppo. Incavolato, ripercorse per l’ennesima volta quel dannato corridoio, avvicinandosi pericolosamente al gemello. “Maryanne NON è un’altra, Tom! Lei vuole solo parlarmi di tutto quello che sta fottutamente accadendo, mentre tu fottutamente te ne fotti e io sto fottutamente male! Hai capito, fottuto coglione?”
    Tornò indietro, e uscì dalla porta d’ingresso, sbattendola con forza.
    Sì. Ora era fottuto.




    MARYANNE

    Bill suonò più volte il campanello. Dall’interno della casa proveniva un lieve sentore di fumo e le note ovattate di una delle loro canzoni. Il ragazzo tese l’orecchio. Totgeliebt... la preferita di Maryanne.
    La porta si aprì con cautela, e un paio di occhi dorati fecero capolino dallo spiraglio creatosi. “Bill. Entra, dai.” Disse lei, spalancando la porta; una ragazza di bassa statura, piena di piercings, una fascia per capelli rosso fuoco, un viso tondo e pulito, trucco pesante attorno agli occhi, labbra carnose, occhi grandi.
    Bill fece qualche passo in casa, e l’odore di fumo si fece più intenso, mentre la ragazza alle sue spalle chiudeva la porta. Guardò davanti a sé: la casa non era particolarmente grande, ma ma abbastanza ordinata, forse un po’ lugubre. Qua e là giacevano piccole candele, che lanciavano aloni di luce gialla contro le pareti.
    “Perché mi hai chiesto di venire?”
    “Te l’ho detto. Margot. Ora ti spiego” Maryanne si sedette sul divano e prese dal tavolino un bicchiere colmo d’acqua. Bill si accigliò “Acqua?”
    “Sì...sto cercando di smettere di bere. Guarda, non me ne parlare” replicò lei, bevendo un sorso e portandosi la mano alla tempia “Ieri notte ero qui con Amelie, una sbronza che non ti dico...”
    “Wow, allora non sono solo...” ridacchiò il ragazzo. Gettò uno sguardo fugace attorno a se, ed inquadrò qualcosa che giaceva sul tavolino assieme al bicchiere “Però vedo che con altre cose non hai perso l’abitudine...”
    “Preferisco smettere di bere che smettere di fumare erba” precisò un po’ scocciata la ragazza, guardandolo di sottecchi “Le sbronze sono terribili. E poi, una canna ogni tanto...”
    “Non mi dà problemi questo, lo sai Mary. A me basta essere sicuro che ti limiti alle canne.”
    “Tranqui” tagliò corto lei, invitandolo a sedersi accanto a lei. Ma Bill la fissò...
    “Non attacca, vero Bill?”
    “In un certo senso...” risero assieme. Poi lui la affiancò, sul divano; si stropicciò gli occhi con le mani e sospirò, perso nei suoi pensieri. Maryanne si avvicinò di più “Wow...nottataccia...”
    “Già!” rispose lui, cercando di sorridere. Ma il ricordo di quello che davvero era accaduto quella notte era ancora vivido nella sua mente.
    La ragazza lo squadrò con circospezione. No Bill, tu non me la racconti giusta “Bill...sei ancora sconvolto...vero?”
    “Margot mi manca....tantissimo.”
    “...Non mi stavo riferendo a quello.” Piombò il silenzio; non si stava riferendo a quello. E a cosa s riferisce? E perché continua a fissarmi a quel modo? Mi dà un fastidio pazzesco.
    “Mi sto riferendo a quello che ti è successo stanotte, mentre dormivi”
    Il ragazzo provò un forte dolore al petto. Maryanne continuò, fissandolo incessantemente, con voce calma e grave “Perché è successo qualcosa stanotte...vero?”
    Bill si scostò un po’ da lei. Passarono diversi secondi di sconcerto, prima che a lui venisse in mente di rispondere qualcosa. “Mary...di che stai parlando?”
    “Bill, non fare il bambino” esclamò lei, seria, avvicinandosi e allungando una mano verso di lui “Dai...alzati la maglietta”
    “No...” farfugliò lui, ritraendosi, come se si fosse scottato al contatto con le mani della ragazza. Maryanne gli impose il suo sguardo, mettendolo a disagio “Bill...levati subito quella maglietta.”
    “Mary, non scassare! Cosa credi di sapere?”. Lei intuì che la stava sfidando. Non devi sfidarmi, Bill...perderesti. Si alzò in piedi e si slacciò i jeans.
    Bill, seduto sul divano, la fissò allucinato “Mary...cosa cazzo stai facendo?”
    “Bambino...” borbottò lei in tono scocciato; si abbassò velocemente i pantaloni lungo un fianco, facendo piccole smorfie di dolore. Lungo il fianco e una parte della gamba arrecava una benda. Che scostò.
    Accipicchia, pensò il ragazzo. E poi mi lamento... lei non è messa meglio di quanto non lo sia io.
    “Cavolo” disse flebilmente, senza staccare gli occhi da quel grosso taglio, non troppo profondo ma di notevoli dimensioni. Maryanne, soddisfatta, si risistemò benda, jeans e maglietta, e si risedette accanto a lui.
    “Allora?” lo provocò in tono sollecitatorio. Il ragazzo manteneva costantemente lo sguardo su di lei. Si attorcigliò nervosamente le dita delle mani “Mary?”
    ”Bill, lo so. Sembra insensato.”
    “Lo è...”
    “Non lo è. Dai, fammi vedere.” Disse lei, prendendogli un lembo della maglietta e tentando di sollevarla; il ragazzo la bloccò. “Ferma. Faccio io.” Si tolse la maglietta, mostrando il busto snello e coperto di graffi e lividi. Lei scostò appena la garza che proteggeva il morso sulla spalla “Cristo santo” imprecò allontanandosi “Come ha fatto a ridurti in questo stato?”
    “Me lo sto domandando anche io, visto che a casa mia non ci è entrata” asserì Bill, infilandosi la maglietta nera sotto lo sguardo ambiguo della ragazza. Poi estrasse qualcosa dalla tasca dei jeans “E...ho trovato questo.” Le porse l’orecchino; lei lo prese, e iniziò a rigirarselo fra le mani “Questo glie lo avevi regalato tu” affermò incredula. Poi distolse lo sguardo dall’oggetto, per posarlo interrogativamente sul ragazzo.
    “Maryanne, cosa diavolo sta succedendo?”
    “Bill, non capisci...coincide tutto.”
    “Cosa coincide?” Domandò Bill, scattando in piedi, sicuro di aver raggiunto un ottimo punto di ricerca. Sicuro che lei avesse a che fare con la faccenda.
    Ma la ragazza, stringendo fra le mani l’orecchino, continuò “Vieni con me”.
    Lo portò in cucina, dove uscirono sul retro. Là, vicino alla porta, appesa al muro con un chiodo stava una piccola gabbietta coperta da un panno, da cui proveniva un sommesso frullio; Maryanne scostò il panno, mostrando all’interno della gabbia un piccolo canarino giallo, che frullava le ali e cinguettava senza sosta. Bill si sentì morire “E’...è Cleo”
    “Già, proprio Cleo” annuì incalzante lei, prendendo la gabbietta “Me l’ha...diciamo, portato stanotte. Io non so davvero cosa possa essere successo.”
    “Cosa vuol dire che te l’ha portato?”
    “Vuol dire che, dopo l’incubo, mi sono svegliata e sopra il cuscino qualcuno aveva posato Cleo...”
    Entrarono in casa, e Maryanne aprì la gabbia. L’uccellino uscì con prudenza, per poi saltellare sul tavolo. Bill rimase a guardarlo. Cleo...il canarino di Margot. Quello che la sua migliore amica gli aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno.
    “Ma perché ha restituito i nostri due regali?” chiese pensieroso, ancora concentrato sui movimenti dell’uccellino. Non udendo risposta, si voltò verso la ragazza; notò che piccole gocce le scendevano lungo le guance, tracciando acquose scie vagamente nere. Le posò una mano sulla spalla “Mary...”
    “Bill, non so cosa sta succedendo. Margot è scomparsa, e improvvisamente stanotte è tornata...per farmi del male.”
    “Vale anche per me...” lui la prese fra le braccia, un gesto sincero e fraterno. Avvertì la stretta di lei, che finalmente si lasciò andare in singhiozzi. “Portati via quello stupido volatile!”.

    “Bill...tieni” disse piano la ragazza, dopo essersi tranquillizzata. Porse la gabbietta a Bill, il quale la prese “Non vuoi tenerlo tu?”
    “No...non ci penso nemmeno.” Il canarino nella gabbietta iniziò a frullare le ali, nervoso. Maryanne voltò la testa e si asciugò velocemente gli occhi “Non voglio tenerlo. Ho paura.”
    Erano sulla soglia di casa. Bill scese per i brevi gradini di pietra che lo condussero sul vialetto. La ragazza si sporse un’ultima volta “Bill...lo sai come la penso.” Il ragazzo si voltò; la fissò negli occhi con espressione severa. No, Mary, come puoi anche solo credere a una cosa del genere? “Mary, non credo alle storie di fantasmi” . Accennò solo una parte di ciò che avrebbe voluto dirle. In verità non solo non credeva a questo, ma si rifiutava anche di credere che Margot fosse morta.
    Si allontanò lungo la strada, la gabbietta fra le mani. Margot, vedrai...ti ritroveremo. Stanne certa.

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    simo

     
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    Chi stava aspettando Margot a mezzanotte?
    chi era il misterioso accompagnatore?
    perchè Tom è così inca**ato con il fratello?
    Solo perchè pensa pensa che Bill stia facendo il doppio gioco?
    o c'è sotto qualcos'altro?
    questi misteriosi regali cosa vorranno dire?

     
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  11. °°Vanilla°°
     
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    SECONDO APPELLO - CLEO

    Silenzio. La finestra sbattè con forza, destando un sussulto nella quiete; le tende scivolarono delicatamente lungo il ripiano, sfiorandolo, e tornarono a coprire il vetro della finestra. Sul tavolo, il panno cadde dalla gabbietta con un lieve e sinistro fruscio.
    Bill si svegliò di colpo. Era irrequieto....aveva avuto di nuovo un incubo, forse non materiale quanto il precedente, ma significativo. Margot, onnipresente nei suoi pensieri...
    Si sarebbe voluto convincere di qualcosa che lo avrebbe rassicurato. Ehi, Maryanne è solo una superstiziosa pessimista. Tu non sei uno che crede alle favole... semplicemente, Margot è scappata di casa, e ora sta cercando di far prendere un colpo a tutti.
    Improvvisamente, ebbe un motivo in più per non addormentarsi; udì una serie di forti ed acuti fischi.
    Si alzò dal letto, cercando di capire la provenienza di quel suono così singolare... niente. Ciò che lo causava non si trovava né nella stanza, né fuori della finestra. Era al piano di sotto.
    “Bill!” gridò una voce “Fai tacere quel robo!”
    “Certo...” farfugliò lui. Non era sicuro di quello che stava succedendo. Si stropicciò gli occhi e scese le scale, impercettibilmente scricchiolanti, innervosito eppure incuriosito da quel rumore.
    Dalla cucina non proveniva altro che quel cinguettio insistente e frenetico, quasi di allerta. Raggiunse a tentoni l’interruttore, accese la piccola luce e si diresse vicino alla finestra. Gettò uno sguardo all’orologio: le tre del mattino.
    Guardò la gabbietta, e vi si accostò; notò allarmato che il canarino frullava le ali, sbattendo da una parte all’altra della gabbia, come cercando disperatamente di uscire.
    Si ritrasse, spaventato. È normale? Perché lo fissava in quella maniera, con quei suoi occhietti color pece? Sembrava quasi che...che stesse cercando di comunicare? Magari di dire qualcosa di importante... forse imminente.
    Fece un piccolo salto per lo spavento, udendo un suono più impertinente aggiungersi a quello di Cleo. Quello era...il telefono?
    Fece qualche passo in corridoio, ma la luce si spense. Raggiunse scocciato l’interruttore, constatando che la luce non voleva riaccendersi. Forse era saltata la lampadina...si avvicinò a grandi passi all’interruttore di riserva, accompagnato dal frastornante squillo del telefono, e accese la piccola alogena dell’anticamera; stavolta afferrò la cornetta del telefono, e l’accostò con decisione all’orecchio. “Pronto?” chiese piano. Il cinguettio cessò d’improvviso. Piombò il silenzio più assoluto nella casa, tranne che per uno strano fruscio proveniente dal ricevitore. Strinse più forte il telefono tra le mani “Pronto?”
    “Lascialo in pace, Bill. Ti prego, lascialo in pace... lasciaci in pace!” Il cuore del ragazzo fece un triplo salto mortale, per poi bloccarsi. La sua bocca si aprì e si richiuse, senza tuttavia emettere alcun suono; divenne catatonico, come se tutto il sangue che gli scorreva nelle vene fosse fluito altrove, fuori dal suo corpo. O peggio, come se fosse stato risucchiato con violenza. Sbarrò gli occhi; la sua voce risultò flebile, si rese subito conto di quanto era ridicolo. “...Margot?” il fruscio aldilà del ricevitore si fece più intenso ed indistinto. Bill tornò in sé “Margot, sei tu? Amore, dove sei? Stai bene?”
    “Bill, lascialo in pace. Te l’ho già detto” ripeté la voce femminile e sinistra, in una lugubre nota di disappunto. Lui fissò il vuoto. Cosa stava dicendo? “Amore...cosa ti è successo? Sei davvero tu? Ti prego, rispondi...” esclamò sconfortato. Non ci fu modo di smuoverla. Se davvero era lei.
    “Lascialo in pace, liberalo. O me lo riprendo.”
    “Ma...”
    “Sei un bambino cattivo. I genitori non lasciano i giocattoli carucci ai bambini cattivi.”
    D’improvviso, cadde la linea. E quel che rimase, fu il suono fastidioso e ripetitivo emesso dal telefono. Tu-tu-tu-tu...
    Il ragazzo rimase immobile, costernato, frustrato. Ma cosa sta succedendo, Margot? Sei davvero tu, o l’artefice di qualche stupido scherzo ha progettato questo alla perfezione?
    Non ebbe il tempo di pensare, perché improvvisamente dalla cucina partirono diversi schiamazzi, frulliii, cinguettii, uno schianto improvviso e rumoroso. Un colpo secco. E poi di nuovo il silenzio.
    Fu come un lampo, e Bill capì. Lasciò cadere la cornetta, che ciondolò mollemente nel vuoto, e corse verso la cucina, inciampando nel tappeto.
    La luce, fatalmente, si riaccese, come per farlo assistere con ogni misura precauzionale allo spettacolo che gli si parava davanti.

    La gabbietta argentata, ammaccata e aperta in malo modo, giaceva a terra, rotolando lentamente da un fianco all’altro, provocando un sinistro cigolio. La finestra spalancata lasciava volare la piccola tendina bianca traslucida sul bancone della cucina, sul quale si allargava un’insolita macchia rossa, nella quale probabilmente si era accidentalmente intinta anche la tenda.
    Poco distante, a terra, il cassetto delle posate, buttato con forza tale da romperlo, e i coltelli sparsi ovunque. All’appello probabilmente ne mancava uno solo.
    Che infatti Bill non tardò a trovare: Represse l’improvvisa ondata di disgusto.
    Sul tavolo, così in vista ma così macabramente discreto, stava il coltello da cucina. Con un accenno porpora sulla lama che risplendeva alla luce dell’alogena.
    A qualche centimetro di distanza, un piccolo ammasso di piume giallo sporco. Notò un leggero fremito nel piccolo corpo senza vita.
    Abbassò lo sguardo... pallido, basito, allibito, vide ai suoi piedi una piccola testolina, indistinguibile per le menomazioni subite, ma facilmente riconducibile a quella di Cleo.
    Signore, perché tutto questo a me? Chi mi fa questo scherzo stupido ed inutile? Chi?
    Oh, no, di nuovo.... merda di telefono!
    Cercando di ignorare gli squilli, Bill si posizionò al centro dell’anticamera e, noncurante, pestò con forza un piede a terra “Tom, smettila, non è divertente! Tooom, abbi almeno il coraggio di rispoooondere!” cantilenò scocciato. Non ricevette risposta che nel silenzio.
    Telefono di merda.
    Per far tacere l’apparecchio, afferrò la cornetta con le lacrime agli occhi; scherzo o no, iniziava ad essere davvero spaventato. “Tom, brutto figlio di puttana, metti subito giù il telefono se non vuoi che ti mandi i coglioni in gola a forza di calci!” strillò ancora, all’interno della cornetta. Gli sembrò di udire nuovamente un fruscio, ma stavolta di diversa provenienza.
    “Bill? Bill, vieni subito qua!”
    “....Maryanne? Cosa sta succedendo?” la voce della ragazza era flebile e tremante.
    “Bill...esci subito da casa...”
    “Ma cosa cazzo stai dicendo?”
    “Esci da lì, te ne prego... lei non vuole...”
    Ora Maryanne iniziava ad essere scioccante. Lei e suo fratello erano in combutta per farlo diventare pazzo, non c’era dubbio. “Cos’è che non vuole? Chi non vuole, Mary?”
    “...Lei non vuole che lo tieni tu” concluse con voce sempre più debole e rotta.
    Alle sue spalle udì un improvviso fragore, dopodichè la stanza piombò nuovamente nel buio. Oh, diamine... la luce d’emergenza. Era partita pure quella.
    “Mary, ti prego...”
    “Vieni, subito!” concluse lei, probabilmente in lacrime. Gli chiuse il telefono in faccia.

     
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  12. Kate ~
     
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    Oddeoooooo!!!!!!!!!!!

    Simo è stupendaaaaa!!!!!!!

    Sei davvero brava..invido l'amore che Bill prova per Margot, lo esprimi in maniera esemplare..!!

    E poi..che pauraa!!!!Povero Honey..che cosa sta succedendo??

    Go oooooooooon!!!!!!!!!!!!!!!

    E ancora complimenti!!


    Però.....povero piccolo Cleo..... :cry: :cry:
     
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  13.  
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    Riuisciranno i nostri lettori a scoprire la verità?
    Perchè Margot non voleva che Bill tenesse cleo?
    Cosa succederà adesso?
    le risposte (forse) nel prossimo capitolo...


    brava Simoooo me ti lovva ma questo lo sai già....

     
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  14. °°Vanilla°°
     
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    GRAZIE ragazze!!! ^^ che belluuusha questa cosa, ci siete voi due....XD
    grazie mille Kate, sono contenta che ti piaccia!!!
    Ila, lo sai che sei la mia lettrice numero uno... kussi a tutte e due <3

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    simo
     
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  15. Kate ~
     
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    Mi piace un sacco Simo, davvero..poi io aaaaamo le storie di fantasmi!!!!!

    Anche se me la faccio sotto!!!!! :P

    Continuaaaaa!!!Me taaanto curiosa..!!
     
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49 replies since 22/12/2007, 22:42   439 views
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