=L'Appello-L'interstatale=

enzomma... particolare...

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  1. °Barbie
     
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    Ecco io arrivo sempre tardi .. però ora ci sono .. me la sono letta tutta ^^
    Bravissima!!! :)
     
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  2. °°Vanilla°°
     
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    MARYANNE & BILL


    “Di sicuro mi sta pigliando per il culo” borbottò Bill, infilandosi le scarpe, ancora sconvolto. “Sì, mi sta prendendo in giro. Mi chiedo perché ci sto andando davvero.”
    Scese le scale velocemente, con la sensazione di essere seguito. Forse, nel buio, nelle ombre dietro le porte, la fantasia lo portava a vedere la sagome di una ragazza. Che strisciava nel buio, al perenne e paziente inseguimento di lui.
    Tutte sciocchezze, Bill. Hai presente l’auto suggestione?
    Prese il giubbotto, aprì la porta e, piano, la richiuse dietro di sé.
    Percorse il vialetto e si infilò in macchina, si guardò nello specchietto; che disastro... non si era nemmeno pettinato. Ma poco importava. Doveva solo capire cosa c’era sotto.
    Mise in moto la macchina, e si diresse sulla strada principale, da cui avrebbe avuto accesso alla villetta di Maryanne. Non c’era traccia di altre macchine oltre alla sua, per via dell’ora e di quella strada, solitamente poco frequentata, perché diretto ad un viale privato. Premette sull’acceleratore. Prima arrivava, meglio era.

    Spense i fanali. Scese dall’auto e camminò titubante verso la porta, indeciso se tornare indietro e ignorare il richiamo di lei. Ma quando, nel buio, scrutò qualcosa, accentuò la decisione del passo.
    Seduta a terra, la schiena contro la porta, stava accovacciata Maryanne. Pareva spaventata; indossava il pigiama, piuttosto leggero per una notte d’estate così insolitamente fredda. Respirava a fatica, gli occhi sbarrati nel buio, forse in direzione di Bill, e muoveva spasmodicamente la bocca, come per parlare, senza ottenere risultati.
    Il ragazzo si accorse che era lei solo a qualche metro dalla porta; le corse incontro “Mary! Ma sei pazza? Cosa succede?”
    “Bill...” mormorò lei, alzandosi piano in piedi. Lui la prese per le spalle “Cosa stai combinando? Perché mi hai chiamato a quest’ora, e cosa ci fai qua fuori?” forse non avrebbe dovuto assalirla con tutte quelle domande, nello stato in cui era. La scostò dalla porta e afferrò la maniglia, per entrare.
    S’infilarono in casa, lui reggendo la ragazza, sconvolta, ora chiedendosi se il suo sospetto di combutta dovesse essere ancora considerato valido, o perlomeno tale.
    “Mary... oddio” disse Bill “Cosa ti sei fatta alla mano?” ora che la luce di casa li illuminava entrambi ebbe modo di scorgere il sangue che scendeva lentamente lungo le dita sottili della mano destra di Maryanne, che pareva non accorgersene. Lo guardò, come in stato di shock “E’ tutta colpa mia, non dovevo dartelo!” esclamò, tappandosi la ferita sulla mano con l’altra. Si affrettò verso il bagno, seguita a ruota da Bill, che era sempre più confuso.
    “Cosa sai dicendo?”
    “Bill, si è incazzata... con me!”
    “Mary, il canarino decapitato che cazzo ci faceva? Chi l’ha ridotto così?”
    “Sempre lei! Non voleva che tu lo tenessi, non voleva, ma non so perché ce l’abbia così a morte con te. Sono stata una stupida.”
    “Lei CHI?”
    “Margot!” urlò la ragazza, bloccandosi sulla soglia del bagno, fuori di sé per lo sgomento. Emise un gemito di sconforto, ed entrò nella stanza, aprendo l’acqua del rubinetto e tuffandovi sotto la mano. Il lavello si riempì di acqua rossa. Bill preferì non guardare quell’orribile squarcio che aveva lei sulla mano, e spostò lo sguardo altrove, nella cucina, dove una sedia era rovesciata e un vetro rotto. E una piccola pozza di sangue a terra. Forse era quella la causa della lesione.
    Dopo essersi sciacquata la mano, la coprì con una benda e la fissò, per poi tornare in salotto, sempre inseguita dal ragazzo, che non capiva il motivo di tanta fretta e tanto shock. Perché Margot avrebbe dovuto creare tanto macello nelle loro vite, e perché arrabbiarsi proprio con loro due, che erao sempre state le due persone a cui teneva di più?
    Maryanne si lasciò cadere sul divano, reggendosi la testa fra le mani. Stava piangendo di nuovo. Era disperata. Sembrava così dolce, nella sua seppur femminile durezza. Così bella. Così proibita.
    Sedette accanto a lei, e le circondò le spalle con un braccio. Sperò che almeno quel gesto gli fosse concesso “Mary, calmati. Tu sai qualcosa.” La ragazza alzò o sguardo su Bill, il quale notò la sua incertezza “Se sai qualcosa, devi dirmelo. Lei... come dire... ti fa spesso visita?”
    “In questi due giorni... l’ho vista almeno quattro volte.”
    Quattro volte. Oh, Cristo. Ora lo fissava negli occhi, le mani che si reggevano a vicenda, nervose. Il ragazzo si avvicinò di più a lei “Perché ce l’ha con me, Mary?”
    “Dice...” deglutì e represse le lacrime “...Che l’hai ferita. Le hai fatto male, molto male. Non ha intenzione di perdonarti. E mi ha detto anche di dirti che tu devi stare lontano da tuo fratello. Ha detto che ha cercato di dirtelo. Ma tu non hai capito. E...”
    “Perché devo stare lontano da Tom? Cosa gli ho fatto?” lei non rispose. Il labbro inferiore iniziò a tremarle, e si portò le ginocchia al petto, avvolgendosi le gambe con le braccia. Ricominciò a piangere silenziosamente.
    Era troppo vederla ridotta in quello stato; la strinse a sé, cercando in qualche modo di darle coraggio, di confortarla. Lei per tutta risposta lo abbracciò, e gli appoggiò la tesa contro il petto, udendo l’accelerare improvviso del suo respiro e del suo cuore; fra quelle braccia sentiva protezione. Sentì che non avrebbe mai voluto allontanarsene.
    Bill la osservò, accovacciata contro di lui, in cerca di consolazione. La abbracciò istintivamente. E per un attimo dimenticò Margot.
    Le sollevò il viso con una mano, e la guardò a lungo negli occhi. Prima di incontrare le sue labbra. Lei, per niente intimorita, ricambiò il bacio, in quell’attimo di sfogo, di liberazione.
    Si aggrappò a lui, che la stese piano sul divano. Bill le passò una mano fra i capelli e la baciò di nuovo.
    Non riusciva a capire se lo stava facendo perché spinto da desiderio personale, o solo per lei, perché aveva bisogno d’affetto, di qualcuno vicino che condividesse qualcosa con lei. Un metodo alquanto discutibile, ma pur sempre un metodo.
    “Mary” sussurrò, accostandole le labbra ad un orecchio “Stai bene?” Lei lo fissò, con quei suoi grandi occhi scuri da cerbiatta, ora impauriti.
    Era fra le braccia di Bill... e forse lui non dava nemmeno peso alla cosa. Le aveva chiesto come stava. Gli fece scorrere le mani sulla nuca. Non sto bene, Bill... non sto bene se tu mi sei così vicino. Ma lo attirò a sé, lo baciò, sempre più sorpresa di trovarsi ricambiata con tanta passione “Bill...non mi lasciare” le sfuggì in un lamento; le lacrime ricominciarono a scenderle sulle pallide guance provate.
    E come se niente fosse, come se in un attimo di misericordia divina tutto fosse stato sparso al vento, dietro di loro, come le ceneri di un oscuro passato, i due ragazzi si amarono, come fosse stata la prima volta per entrambi.
    Insieme. Per una notte.

    xxx
    simo
     
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    cosa cavolo ha fatto Bill?
    perchè Margot ce l'ha a morte con Bill?
    Perchè Bill deve stare lontano dal suo gemello?
    mmm...
    mi sa proprio che la tipa si inca**a un po' dopo questa notte...sisisi...

    Grande Simoooooooo....come sempre!!

    p.s. i prossimi capitoli sono fantastici...da film Horror..

     
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  4. °°Vanilla°°
     
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    XD mmmmuhahuahuahuah! Ma Ilaaaa glacieeee :wub: !!!
    ...non ti conveniva anticiparlo, però se preferisci che sappiano quello che stanno per leggere... :shifty:
    XD scherzi a parte, grazie di esserci! =****

    xxx
    simo
     
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  5. Kate ~
     
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    Oddeooooo!!!!!!!!!!!!!!!!

    Me stra super curiosaaaaaa!!!!!!!!

    Bravissima Simooooooo!!!!!!!!!

    Continuaaaaa!!!!!Cosa cacchio gli farà adesso Margot.....??!!Oh cristo santo.....mi sa che si incavolerà sul serio..!!
     
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  6. °°Vanilla°°
     
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    huhuhu XD grasssssssie kate ^^

    xxx
    simo
     
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  7. Kate ~
     
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    Di nulla!!!!

    Aspetto il seguito!!!!
     
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  8. Niky294
     
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    che brava che seiii!!!! mamma sarà che io sono una fifona nata ma sta storia mi fa paura....^^
     
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  9. alexandra10
     
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    simo sei riuscita a farmi venire i brividi per la storia dell'uccellino e mo mi metti che sti due si....ma daiiiiiiiiiiii bill non puo fare cosi ahahahahahha
    comunque sei troppo brava a scrivere le storie ricordati quella storia che stavamo progettando XD ciau bacioni ale
    ps sono in attesa della prossima appuntata XD
     
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  10. °°Vanilla°°
     
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    Waaa ale meea ti lovvo =P
    posto subito il prossimo capitolo...ale... certo che mi ricordo della storia che stiamo progettando, tu e bill vi sposate e tu rimani a casa con 50 bambini mentre lui va in tour per l'europa :shifty: per la serie "per sempre felici e contenti" ^_^
    grazie a tutte per i commenti!!

    buona lettura


    TERZO APPELLO – MARGOT, COSA TI HO FATTO?


    Bill sospirò, e aprì piano gli occhi. Il buio regnava ancora sovrano nella stanza.
    Era sdraiato su di un fianco, nudo, coperto soltanto in parte dal corpo di Maryanne, che giaceva di fronte al ragazzo, schiacciata contro di lui, dandogli le spalle. Udì il suo lieve respiro, e intuì che stava dormendo profondamente.
    Si alzò piano, senza svegliarla, e la coprì con un lenzuolo che trovò poco distante. Dopo che i suoi occhi si furono parzialmente abituati al buio, guardò il grande orologio da parete nero; erano solo le tre del mattino. Aveva dormito appena un’ora, dopo essere stato con lei.
    Senza prendersi nemmeno la briga di rivestirsi si diresse verso il bagno, e vi si chiuse dentro.
    Aprì l’acqua della doccia, e vi si infilò sotto, con un leggero lamento. L’acqua calda bruciava sui graffi, e la spalla pareva volergli scoppiare. Doveva aver fatto infezione.
    Ma cosa aveva fatto? Era andato a letto con la migliore amica di Margot. Una ragazza per la quale aveva sempre provato attrazione fisica, amicizia, ma niente di più; e adesso, cosa pensava di fare?
    Entrambi non avrebbero mai avuto rimorsi. Mai.
    Ma Bill era inquieto. Come se qualcosa lo spingesse a chiedere perdono di fronte ad una forza sconosciuta, della quale nemmeno lui conosceva l’identità.
    Si afferrò la spalla, colpito da un’improvvisa fitta di dolore, stringendo i denti.“Merda” gemette. Guardò il suo riflesso nella manopola d’acciaio dell’apertura dell’acqua; la spalla era gonfia, e attorno al morso aveva acquistato un colorito violaceo che variava sul bluastro in prossimità dei bordi. Bruciava da matti sotto quell’acqua. Faceva male. La sensazione di due dita che si infilavano sotto la pelle, nella carne, non era piacevole.
    Improvvisamente la luce del bagno ebbe un sobbalzo. Si accese totalmente, cogliendo impreparato il ragazzo, che strinse gli occhi a fessura per il violento sbalzo.
    “Mary, sei tu?” chiese lui ad alta voce, cercando di sovrastare il rumore dell’acqua.
    Si strofinò gli occhi impulsivamente, per non essere accecato dalla luce, e notò dietro la tenda della doccia l’ombra di qualcuno.
    “Mary?” chiese di nuovo, stavolta soffermandosi per ascoltare qualsiasi rumore avrebbe ricevuto in risposta. Non ne udì nemmeno uno.
    Però l’ombra si avvicinò con passo non molto svelto. Per uno strano gioco di luci si restrinse man mano che la presenza si avvicinava, finchè non acquistò grandezza naturale. Bill rimase immobile per alcuni secondi, sotto l’acqua che scorreva indisturbata sul suo corpo. Era Mary; lui sorrise “Dai, entra, cucciola...”
    “Grazie...” rispose timidamente l’ombra dietro la tenda. Bill ebbe un sobbalzo. Qualcosa non quadrava in quella voce. Proprio no... Lui sapeva a chi apparteneva quel tono, e di certo non a Maryanne.
    Fece per ritrarsi, ma qualcosa lo bloccò. Forse il panico, forse la disperata e dolorosa curiosità, ma fu comunque costretto a rimanere coi piedi piantati dov’erano, a fissare sgomento la tenda della doccia, mentre si scostava.
    Al posto dei capelli neri di Maryanne comparve una chioma rossa e soffice, e in seguito spuntarono simpatici e vivaci occhi a mandorla. Una tempesta di lentiggini.
    Bill boccheggiò, mentre la ragazza entrava nella doccia con lui.
    Margot.
    Era Margot.
    Sollevò lo sguardo verso di lui e sorrise. Un sorriso strano, imbambolato, privo di significato. Vuoto.
    Rimase a pochi centimetri di distanza da lui. Bill, immobile, osservò il suo corpo dalla pelle lattea riempirsi di minuscole goccioline e rivoletti d’acqua, sotto il forte getto della doccia.
    “Amore...” mormorò, allungando una mano verso di lei. Avrebbe voluto dirle: ho commesso una sciocchezza, amore, torniamo indietro, io ti voglio con me. Per sempre.
    Glie l’avrebbe anche detto, se lei non si fosse sottratta al suo tocco con scatto felino “Non mi toccare, Bill” disse con voce calma e pacata, mantenendo quel sorriso tirato e quasi triste. Il ragazzo non riusciva a credere ai suoi occhi; sembrava un terribile e meraviglioso sogno averla là davanti. Proprio così un sogno... probabilmente era questo. Un sogno, e basta.
    “Margot... ti prego, cosa sta succedendo? Perché fai tutto questo? Che scherzo stai tirando in ballo? Che motivo hai per fare quello che stai combinando? È solo un modo di attirare l’attenzione? Margie, io ti amo, non mi fare questo, te ne prego” piagnucolò Bill. Suonò alquanto lamentoso e patetico.
    Ma lei pareva non ascoltarlo. O perlomeno, lo fissava, ma con sguardo vuoto. Come se stesse guardando oltre, coi suoi occhi vivaci ma impenetrabili.
    Sapeva che non poteva essere reale. Lo sapeva. Ma non poteva sottrarsene.
    Qualunque cosa fosse diventata, Margot era ora pericolosa, come un animale incattivito che serba rancore verso il mondo.
    La ragazza, senza mutare l’espressione fredda che le attraversava il viso come una sferzata gelida, gli si accostò e gli posò le mani sul petto.
    La sentiva fin troppo vicina. Provava un’insolita e sgradevole sensazione ad averla accanto a sé, e il suo sguardo appesantiva qualsiasi pensiero. Era soffocante. Disagevole.
    Si appoggiò al muro di mattonelle, freddo e bagnato, sussultando.
    “Bill...” disse finalmente lei con voce rotta e smorta. Accostò il suo corpo a quello del ragazzo, e gli prese il viso tra le mani gelide.
    Che tortura. Bill si arrese a quelle mani, come se non fossero poi così fredde e prive di un qualsiasi significato, ma vive, vere, calde e confortanti. Le mani della ragazza che amava.
    “Perché, Bill? Sto soffrendo tanto... per mano tua.”
    “Cosa ti ho fatto, Margie? Dimmelo, ti prego!” ora le gocce d’acqua che scendevano lente sul viso di lui iniziavano a mescolarsi alle lacrime. Non avrebbe voluto piangere, ma si era spinto oltre il limite emotivo consentito. E averla di fronte a sé, che lo toccava, gli stava vicino, lo stava uccidendo.
    Lei lo fissò senza espressione. Si protese lentamente verso di lui, e gli baciò piano il collo. Fu come se gli avessero spento un mozzicone di sigaretta sulla pelle. Non si sottrasse a quella pena, e guardò davanti a sé, costernato.
    “Mi hai fatto male. E me ne hai fatto di nuovo. Non ti bastava?”
    “Margot... ti prego, dimmi cosa c’entra Tom in tutta questa storia”. Lo sguardo della ragazza si accese. Bill, convinto, la provocò con un’occhiata “Cosa vuol dire che lo devo lasciare in pace?”
    Margot, già abbastanza pallida, sbiancò come uno straccio. Non avresti dovuto, Bill Kaulitz.
    Con uno scatto allungò le mani verso il suo collo, afferrandolo fra le mani sottili “Non toccarlo! Lascialo in pace! Vai a casa, Bill! Vattene a casa, e lasciaci in pace! Non ti permetterò di fargli del male! Guardami quando ti parlo, bastardo! Voltati e guardami, per Dio! Come pensi che mi senta? Eh?” strillò lei a pieni polmoni, sbattendolo convulsamente contro il muro, con sguardo allucinato; il ragazzo tentò di fermarla, mentre sbatteva ripetutamente e violentemente la testa contro le mattonelle, finchè queste non si macchiarono lievemente di rosso. Gemette, e la spinse con forza, liberandosi della sua presa.
    Margot scivolò sull’acqua, e si aggrappò alla tenda della doccia, riuscendo a stabilizzarsi. Gli rivolse uno sguardo incredulo. Mortificato.
    Bill mi ha fatto questo. Bill mi ha allontanata. Cosa ho fatto di male a Bill? Perché Bill non mi vuole più? Bill... non sono più io la tua gattina?
    “Mi fai schifo!” strillò, avventandosi su di lui. Il ragazzo tentò di pararsi il viso con le braccia. Dubitava sarebbe servito anche solo a difendersi. Chiuse gli occhi.

     
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  11. alexandra10
     
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    nuooooooo e dopo che chiuse gli occhi che succede?????? mi sta incuriosendo questa storia hihi sara che la racconti molto bene
    tadb un bacione!
     
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  12. °°Vanilla°°
     
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    Grazie amola sono contenta che ti sei aggiunta a leggerla :) grazie mille!!! tivibi

    xxx
    simo
     
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  13. Kate ~
     
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    Bellissima Simooooo!!!!!!!

    Complimenti, davvero avvincente!!!!!!!

    Ma..sei una seguace di Stephanie Meyer
    ??
     
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    Waaaa...
    Simo scusa il ritardo...
    questo capitolo mi ha fatto accapponare la pelle per ben tre volte (l'ho letto tre volte...)
    Bravissima...

     
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  15. °°Vanilla°°
     
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    CITAZIONE (Kate ~ @ 3/1/2008, 20:47)
    Bellissima Simooooo!!!!!!!

    Complimenti, davvero avvincente!!!!!!!

    Ma..sei una seguace di Stephanie Meyer
    ??

    nuuu... stephany Meyer? Mai sentita...
    Il mio mito è Stephen Kiiiiiiing :throb:

    Ila come sempre sei il mio mito... ti lovvo tanto cusì *allarga le braccia più che può*
    ora posto il continuo
    baciuzzoli tenerosi (XD ommioddio) =*




    ecco, qui incominciano gli scandali T__T non abbiate reazioni esagerate come è già successo, è solo una storia (ila, non mi riferisco a te, ma dopo aver letto sto capitolo mi hanno mandato un mp allarmante XD)




    Passò qualche secondo.
    Bill riaprì gli occhi. Ad accompagnarlo, solo il rumore dell’acqua.
    Si guardò attorno, in cerca di lei, ma invano. Margot era sparita. Non c’era traccia di lei nel bagno.
    Spense l’acqua e scostò la tenda; rimase folgorato dalla placidità della stanza, dove volteggiavano leggere ed opache nuvolette di condensa dovute all’acqua calda. Uscì con cautela dalla doccia, e afferrò l’asciugamano che aveva appoggiato poco distante. Solo in quel momento si accorse che il pavimento era ricoperto da una sottilissima superficie d’acqua.
    Ma ormai era stufo marcio di chiedersi cosa stesse succedendo, perché lo sapeva. Bill, è tutto frutto della tua immaginazione, sei talmente spaventato, ti senti chiamato in causa a tal punto che hai anche le visioni.
    Ma perché, cos’hai fatto per sentirti così sporco? In ogni gesto, in ogni pensiero, in ogni decisione preso, c’è un po’ di quella sconcezza fisica e mentale che ti accompagna ovunque.
    Fu solo allora che si accorse che qualcos’altro non andava.
    “Maryanne?” chiese a bassa voce. Non ottenne risposta, se non dal gocciolio fastidioso e regolare dell’acqua. Si infilò velocemente i boxer, incurante, ed afferrò i propri vestiti.
    Si bloccò sulla porta del bagno. Un silenzio dilagante. L’unico rumore proveniva dall’orologio nero del salotto, un ticchettio fastidioso. Bill seguì i brevi e veloci rintocchi uno a uno, come ipnotizzato.
    Fino a rendersi conto che sotto quel suono se ne celava un altro, ben più agghiacciante.
    “Maryanne?” chiamò.
    Sbiancò. La voce della ragazza lo raggiunse, flebile e lamentosa. Quasi straziata.
    Rimase immobile. Tutto quello che desiderava ora era andarsene da lì, e trovare un posto sicuro dove dormire. E portare con sé suo fratello.
    Nella mente gli fece capolino lo sgradevole presupposto che ovunque sarebbe andato, non sarebbe mai stato veramente al sicuro. Lei aveva orecchie ovunque. L’avrebbe sempre trovato. Avrebbe sempre varcato qualsiasi misura di sicurezza. L’avrebbe preso.
    “Maryanne!” gridò di nuovo, deciso. Ma no, non poteva andarsene proprio ora, ormai non aveva più niente da perdere.
    “Bill...aiutami...ti scongiuro...” una voce colma di lacrime represse, di sgomento, di incredulità, dolore. Sfumature che lui era riuscito a carpire già solo udendo invocare il suo nome. Seguirono alcuni lamenti soffocati, e mugolii di pianto. Oh, Cristo.
    Finalmente i piedi gli si scollarono dal pavimento, e il ragazzo su diresse verso il salotto con passi lenti e atrocemente significativi, uno più dell’altro.
    Vide ondeggiare di fronte a sé il pavimento man mano che avvicinava, il suo stesso respiro e battito cardiaco accelerare, il tremolio inconsulto delle gambe. Che però continuarono imperterrite. Fino alla fine.
    Era di fronte all’arcata del salotto. Come se avesse avuto davvero abbastanza coraggio per guardare, svoltò piano l’angolo con gli occhi socchiusi, per timore di venire colpito da qualcosa. Ciò non accadde.
    Accadde qualcosa di ben peggiore.
    Sbarrò gli occhi.
    “Ti prego aiutami...” la voce di Mary era indistinguibile dai suoi singhiozzi. Riuscì a stento a capire le parole.
    Di fronte a lui, nonostante fosse buio, vide chiaramente la scena.
    La ragazza era seduta sul divano, e fissava Bill. Inizialmente non notò nulla di strano. Finchè non guardò a terra.
    E fu allora che si spaventò a morte.
    Sul parquet di fronte al divano giaceva una pozza di liquido scuro, probabilmente sangue. Una pozza molto ampia. Troppo ampia. Non capiva, ma non desiderava fare un passo di più.
    Maryanne tentò di sollevarsi dal divano, ma al minimo tentativo lanciò un gridolino spaventato, e ricominciò a piangere più forte. Come una bambina. “Ti prego aiutami” riprese con quel lamento indistinto ed infantile, implorante, che richiamava in Bill una pietà infinita. Cosa ti succede Maryanne? Perché non posso vedere cos’hai?
    Era certo che quel sangue fosse suo. Si sporse appena verso di lei.
    Si coprì la bocca con le mani , ed emise un gemito sgomento.
    Mary. I... i tuoi piedi.
    “Bill ti prego ti prego aiutami ti prego...” non riusciva a ripetere altro. Ma il ragazzo era pietrificato di fronte all’effettiva realtà delle cose.
    Maryanne non riusciva a rialzarsi perché qualcuno...o qualcosa... le aveva letteralmente inchiodato i piedi al pavimento.

     
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49 replies since 22/12/2007, 22:42   439 views
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