Ti lascio andare

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  1. » B e a •
     
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    Povera ragazza!
    Quante ne ha sofferte per essere giovane...
    Io non so se vedere Tom sia la cosa migliore, ma così veramente non può stare!
    Scrivi davvero bene collega!!^^
    Continua presto!
     
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  2. °RaCky°
     
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    Oddio, Baby... Povera tesora, la mia Kathy!!!

    Beh, non so se rivedere il ragazzo che t'ha fatto stare male farebbe bene... Però dipende dai punti di vista!

    Continua, quando hai tempo naturalmente, ma posta!

    Brava, patata!
     
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  3. [*^sweetchris^*]
     
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    Babyyyyyyyyyy .... come ho fatto a perdere questo capitolo!!
    Comunque scrivi benissimo! Sei molto chiara!
    Povera Kathy!!! Mi dispiace!
    Postaaaa al più presto!!
    Bellissima, bravissima^^
    La tua Giuly!
     
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  4. Baby ~
     
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    Cioè... sono passati quasi due mesi da quando ho postato l'ultimo capitolo... inconcepibile! U_U

    Spero che possiate perdonarmi, ragazze! Cercherò di essere più puntuale, la prossima volta. Intanto, ringrazio tutte voi per i bei commenti che sempre mi lasciate e vi posto un altro capitoletto!!^^

    Capitolo 9
    Le tende scure tirate, la stanza immersa in un silenzio sinistro, e, nonostante i primi, caldi raggi della stagione la invitassero ad uscire, Kathy giaceva sul letto, immobile, placidamente sdraiata sulle morbide lenzuola, senza mostrare la minima intenzione di muovere un solo passo. Una testa piena di riccioli biondi, quasi perfetti anche a contatto con il guanciale, fecero capolino da sotto le lenzuola e due chiari, vispi occhi verdi si fermarono corrucciati sull'interfaccia della sveglia, posizionata sempre nella solita posizione, sul comodino di fronte. Perché capisse che era passato mezzogiorno, era bastato osservare i raggi del sole che cercavano di trafiggere la seta scura delle tende: era buffo, invece, notare che, sullo stesso piano, non era predisposto il vassoio che sua sorella, come d'abitudine, utilizzava per portarle la colazione in camera. La ragazza sospirò, e si voltò su un fianco. Adesso poteva affermare con certezza che Céline era assente da casa da precisamente due settimane, dal giorno in cui lei, Kathy, era stata ricondotta nel loro appartamento e, con sua immensa soddisfazione, aveva potuto abbandonare quel posto, con tanto di saluto per il dottore che si era occupato di lei, nonostante la sua voglia di ribellarsi e di restarne fuori.

    I ricordi che aveva di quel giorno erano piuttosto vaghi: rammentava solo le ultime parole che Céline le aveva rivolto: "Abbi cura di te". E la visione di luoghi di cui non ricordava la collocazione, e il contatto con persone di cui non conosceva l'identità. O meglio, credeva di non conoscere.
    Presumeva di aver dormito; si sentiva stordita e non era sicura del tempo che Céline avesse trascorso in sua compagnia, dato che l'ultimo contatto con lei era stato un messaggio registrato sulla segreteria telefonica. Quella mattina, quando Kathy cliccò sul bottone che segnalava l'arrivo di un nuovo messaggio, rimase per un attimo stupita dalle parole che sua sorella, con la voce rotta dal pianto, aveva registrato: "Tornerò pesto. Abbi cura di te". Il significato di quelle citazioni non lo comprese mai; tantomeno, a quanto tempo corrispondesse quel "presto" pronunciato di sfuggita, che voleva essere di consolazione per Kathy, ma che, per lei, rappresentava il dettaglio più importante da portare alla luce.

    Chiuse gli occhi: le parole del messaggio scorrevano ancora vive tra i suoi pensieri, le avevano annebbiato la mente, oscurato la vista. "Tornerò presto". Ma quando sarebbe tornata? Quanto tempo doveva ancora trascorrere persa nei meandri della solitudine che aleggiava nell'aria della grande casa, vuota e senza il minimo appoggio, prima del tanto atteso ritorno? Ma quando presto era presto? Scosse la testa, cercando di non avvertire quanto non poco si avvertisse la mancanza dell'unica persona che le era sempre stata vicino, dell'unica fonte di affetto che le scaldava quel poco di cuore che ancora sentiva battere dentro di lei. La ragazza si chiese mentalmente cosa mai potesse avere in mente la "cara" sorella, cosa mai avesse fatto dal momento in cui Kathy aveva rimesso piede in casa, cosa stesse facendo e in compagnia di chi, e, soprattutto, qual'era il suo obiettivo. Troppe domande e nessuna risposta. Sentiva che la sorella stava tramando alle sue spalle, ma non capiva esattamente cosa. Kathy detestava le sorprese, detestava non essere informata prima che accadessero gli avvenimenti, detestava la situazione che si era venuta a creare e il lento ma precoce sgretolamento dell'amichevole rapporto di fiducia che la legava flebilmente alla sorella.

    Da quando era tornata, la ragazza aveva ripreso i suoi ritmi naturali, il suo modo di vivere, e avrebbe avuto voglia di riprendere il suo lavoro, "se Charlie fosse stato così gentile da avvertirmi della sua assenza". Anche di Charlie non aveva notizie da due settimane, e, come spesso pensava, che ci fosse una ralazione tra l'assenza del suo capo e quella della sorella era un'ipotesi, ma ora a Kathy non importava molto: ciò di cui era sicura era che odiava essere piantata in asso senza una spiegazione, con la speranza che un giorno le cose sarebbero tornate come prima. Stando in casa da sola, Kathy aveva avuto del tempo a disposizione per riflettere su quanto udito in ospedale da Charlie e Céline. Con la sorella, non aveva avuto modo di parlarne, ma aveva avuto modo di pensare e trarre delle conclusioni per conto suo.
    Dimenticare il "signorino Kaulitz" le era sembrata una soluzione plausibile: lasciare che la sua memoria venisse consumata con lentezza dall'implacabile scorrere del tempo, lasciare che il suo profumo si perdesse tra gli odori di cui il suo animo ne vantava l'orgoglio, lasciare che i suoi occhi non diventassero altro che sottili fessure di cui la libertà della mente ne avrebbe riempito lo spazio, lasciando intatta solo l'emozione che ancora si celava dentro di lei e che mai l'avrebbe abbandonata. Ma vederlo, sentirlo, sapere che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta in cui si sarebbero sfiorati, anche solo con il rumore dei loro respiri, essere a conoscenza dell'inettitudine di continuare a pensare l'un l'altro consumando i margini interni del loro cuore, sarebbe stata un'ipotesi migliore.
    Incosciente dello scorrere del tempo, Kathy si era addormentata nuovamente; la sua non era una stanchezza fisica, più che altro, una stanchezza interiore, dovuta alla tensione, al timore, all'insicurezza.

    Ad un tratto, un lieve colpo alla porta la fece sussultare, e Kathy, intonita e spaventata, prese ad infilare di tutta fretta i piedi nelle pantofole leggermente riscaldate dal calore proveniente dall'esterno, e ad imprecare contro chi altro non fa che scocciare il prossimo in qualsiasi momento della giornata. "Céline!", mormorò, dopo un breve accesso di collera facilmente represso dovuto all'eccitazione, prima ancora di uscire dalla stanza. Prese a correre lungo il corridoio, sperando, in cuor suo, che fosse realmente la sorella; e, dopo aver spalancato la porta, la visione che si manifestò ai suoi occhi non fu esattamente corrispondente alle sue aspettative, ma riuscì ugualmente a meravigliarla a tal punto da dimenticare per un attimo Céline e ad alleviarle la tensione e la solitudine che da tanti giorni appesantivano il suo cuore.




    Perdono in anticipo per la presenza di alcuni passaggi poco chiari. Come sempre, accetto complimenti e critiche. Siate sincere!!^^

    Edited by ,Baby - 30/10/2009, 23:43
     
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  5. °RaCky°
     
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    Baby, dimmi che è Tom ç__ç

    Dio, spari delle frasi commoventi a tal punto da far scendere lacrime! Sei davvero brava! Sempre profonda, sempre perfetta ed emotiva.

    Brava, Baby! Davvero.

    E ora non mi resta che dirti di postare -.-
     
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  6. Baby ~
     
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    Mi fa piacere che tu mi dica queste cose, Racky!

    Per quanto riguarda Tom, beh... non posso dirti più di quello che ho scritto! Sappiate, però, di aspettarvi una sorpresa, vi concedo solo questo!

    Spero di postare il più presto possibile, non vi prometto nulla, perché dipende tutto dal tempo che avrò a disposizione ora che ricomincia la scuola... grazie ancora per il tuo commento, Racky!
     
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  7. Kate ~
     
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    CITAZIONE
    Dimenticare il "signorino Kaulitz" le era sembrata una soluzione plausibile: lasciare che la sua memoria venisse consumata con lentezza dall'implacabile scorrere del tempo, lasciare che il suo profumo si perdesse tra gli odori di cui il suo animo ne vantava l'orgoglio, lasciare che i suoi occhi non diventassero altro che sottili fessure di cui la libertà della mente ne avrebbe riempito lo spazio, lasciando intatta solo l'emozione che ancora si celava dentro di lei e che mai l'avrebbe abbandonata. Ma vederlo, sentirlo, sapere che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta in cui si sarebbero sfiorati, anche solo con il rumore dei loro respiri, essere a conoscenza dell'inettitudine di continuare a pensare l'un l'altro consumando i margini interni del loro cuore, sarebbe stata un'ipotesi migliore.
    Incosciente dello scorrere del tempo, Kathy si era addormentata nuovamente; la sua non era una stanchezza fisica, più che altro, una stanchezza interiore, dovuta alla tensione, al timore, all'insicurezza.

    *__________*
    Questo pezzo! Baby, questo pezzo è arte, non sto scherzando! E' arte!
    Credimi, frasi magnifiche, a tratti ermetiche ma, in fondo, comprensibilissime. Complimenti capperi!!!

    Adesso però, dimmi che è Tom!
     
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  8. » B e a •
     
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    Baby scrivi divinamente!
    QQuesto capitolo mi ha lasciata senza parole! *_*
    Spero che sia Tom, anche se Kathy è decisa a dimenticarlo.
    Non ho davvero parole per quello che hai scritto, è tutto favoloso!
    Complimenti davvero!^^
     
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  9. Baby ~
     
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    CITAZIONE (Kate ~ @ 5/1/2009, 18:56)
    CITAZIONE
    Dimenticare il "signorino Kaulitz" le era sembrata una soluzione plausibile: lasciare che la sua memoria venisse consumata con lentezza dall'implacabile scorrere del tempo, lasciare che il suo profumo si perdesse tra gli odori di cui il suo animo ne vantava l'orgoglio, lasciare che i suoi occhi non diventassero altro che sottili fessure di cui la libertà della mente ne avrebbe riempito lo spazio, lasciando intatta solo l'emozione che ancora si celava dentro di lei e che mai l'avrebbe abbandonata. Ma vederlo, sentirlo, sapere che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta in cui si sarebbero sfiorati, anche solo con il rumore dei loro respiri, essere a conoscenza dell'inettitudine di continuare a pensare l'un l'altro consumando i margini interni del loro cuore, sarebbe stata un'ipotesi migliore.
    Incosciente dello scorrere del tempo, Kathy si era addormentata nuovamente; la sua non era una stanchezza fisica, più che altro, una stanchezza interiore, dovuta alla tensione, al timore, all'insicurezza.

    *__________*
    Questo pezzo! Baby, questo pezzo è arte, non sto scherzando! E' arte!
    Credimi, frasi magnifiche, a tratti ermetiche ma, in fondo, comprensibilissime. Complimenti capperi!!!

    Adesso però, dimmi che è Tom!

    Stai dicendo sul serio? *_*
    Oddeo, non puoi immaginare la gioia che scaturisce in me quando mi dici questo, pata Kate! *_*

    Grazie anche a te, collega! Oddeo, io ho sempre pensato che siate delle lettrici magnifiche e che sia un piacere postare per voi!

    A proposito di lettrici... dove sono finite tutte le altre? :tytu:

    Edited by Baby ~ - 8/4/2009, 22:59
     
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  10. Baby ~
     
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    Saranno trascorsi dei secoli, e io posto solo ora. Scusatemi, ma questo è stato davvero un periodo NO, sotto diversi punti di vista. E ho deciso di farmi perdonare, postando un capitoletto piuttosto lungo (con la speranza che tutte le mie più affezionate lettrici tornino presto...).

    Capitolo 10
    Rimasta interedetta per qualche secondo, Kathy non aveva ancora avuto il tempo di manifestare la benché minima emozione. La sua mente continuava a concentrarsi sulla scena che si parava davanti ai suoi occhi: che quel ragazzo di fronte a lei avesse coraggio e grinta da vendere, ne aveva avuto delle prove in passato, ma non riusciva a capacitarsi del motivo per cui avesse deciso di passeggiare tra le strade newyorchesi, nel mese di maggio, con quel bizzarro copricapo nero calato fin sulla fronte, che lasciava scoperto un ciuffetto di capelli biondissimi, quasi bianchi, con una sciarpa nera tirata su fin sotto le orecchie e un paio di occhiali da sole dello stesso colore, mentre si era limitato a sfilare dei guanti bianchi da sotto le maniche del lungo cappotto di pelle, le cui dita, ora, facevano capolino da una tasca. Aveva le sembianze di un perfetto investigatore dell'FBI, solo molto più bizzarro di quanto potesse essere un normale detective in missione segreta. A completare la buffa scenetta (già di per sé quasi del tutto esauriente) si era aggiunta una breve telefonata, durante la quale il ragazzo non avevo smesso un attimo di chiacchierare a voce bassissima, tanto da risultare un sussurro appena udibile ad un ascoltatore esterno alla conversazione, voltato di spalle e del tutto ignaro della presenza di Kathy.
    "Beh" pensò Kathy, sorridendo tra sé e sé "agli occhi di uno sconosciuto sarebbe parso un investigatore quasi perfetto, se non fosse stato per la carnagione chiarissima e i cortissimi capelli biondi altrettanto chiari; due particolare che fanno certamente intendere che si tratti di un giovane di pura stirpe germanica. Impossibile sbagliarsi".
    -Oh! Ehm...ciao Kathy! - esordì il biondino un attimo dopo aver chiuso il cellulare e averlo getato nella borsa, lievemente imbarazzato.
    -Andreas! Ma...ma che cosa ci fai tu qui? E soprattutto, come sei conciato? - balbettò la ragazza, mostrando finta meraviglia per la visita gradita, ma inaspettata, certo che il suo vecchio amico non si fosse accorto di nulla.
    -Ehi, cos'è questa? Un'interrogazione? - rise Andreas. -Ad ogni modo, prima di gettarci in una fitta conversazione... lascia che ti abbracci! Da quanto tempo non ci vediamo?
    "Da quando io e Tom ci siamo lasciati, forse..." rifletté Kathy, mentre si precipitava tra le braccia dell'amico; tuttavia, finse di non aver udito e si congedò, invitando Andreas a prender posto sul divano nel salottino. Nel frattempo, lei avrebbe provveduto a rendersi quantomeno presentabile.
    Andreas annuì, si sedette sul divanetto dinanzi alla televisione e si voltò istintivamente di lato, dove, un tempo, ricordava che fosse appoggiato un orsacchiotto di peluche. Era un regalo di Tom per il suo diciassettesimo compleanno. L'orsacchiotto era della stessa tinta della stoffa del divano, di piccole dimensioni, e, tra le sue zampette, era affisso un grosso cuore rosso, all'altezza del petto, su cui era ricamata una scritta, di colore nero, fatta incidere da Tom con le poche parole che conosceva nel suo inglese stentato: "You will be always with me".
    A quel ricordo, Andreas arricciò brevemente il labbro inferiore e sospirò. Adesso di quel peluche non c'era più la benché minima traccia. Chiedendosi tra sé e sé che cosa l'amica ne avesse fatto, il biondino si alzò, voltandosi, mostrando un radioso sorriso a Kathy che, nel frattempo, aveva fatto la sua comparsa, vestita di tutto punto e bellissima, come sempre.
    Indossava un jeans azzurro chiaro attillato e una maglietta bianca che sfiorava appena l'ombelico, con su la scritta "I love NY". Ai piedi portava un paio di scarpe da jogging, piuttosto basse, e bianche anch'esse. Era leggermente truccata e i capelli le ricadevano morbidi sulle spalle. Qualche ricciolo biondo le sfiorava appena l'arcata sopraccigliare, ma ,per il resto, sembrava essere tutto perfettamente in ordine. Per Andreas, Kathy aveva sempre rappresentato una sorta di figura celestiale, una creatura soprannaturale: motivo per cui, spesso, si era insistentemente domandato per quale ragione (e con quale coraggio) Tom fosse scappato lontano da lei. Talvolta, aveva anche osato tirare fuori l'argomento in presenza del rasta, ponendogli qualche domandina vaga gettata lì per caso, e alla quale Tom si era sempre rifiutato di rispondere, o diventando improvvisamente scontroso e taciturno, o abbandonando la stanza, e facendo desiderare ardentemente all'amico di non aver mai intrapreso quel discorso.

    Perso nei suoi pensieri, Kathy, con una fredda e sonora risata, risvegliò Andreas dal suo momentaneo stato di trance e alla domanda: "Perché mi guardi così? Mi sono vestita in maniera troppo appariscente, forse?", il biondino stampò un sorriso ebete sulla faccia e, qualche secondo dopo, scoppiò a ridere, nascondendo indistintamente l'irrefrenabile voglia di aver voluto essere lui al posto dell'amico chitarrista, e, ignorando ancora una volta il motivo di quella scelta.
    Per cercare di ricomporsi e assumere le sembianze di un ragazzo serio, prese posto su una sedia accanto al tavolo, ripassando mentalmente il discorso preparato pochi gioni prima in presenza della sorella di Kathy, di Charlie, e dei quattro suoi amici e che avrebbe dovuto poc'anzi esporre, cercando di apparire il più naturale possibile.
    -Ti va di bere qualcosa? - domandò Kathy, aprendo il frigorifero ed estraendo una bottiglia di coca-cola.
    -No, ti ringrazio - rispose Andreas, sempre accennando un falso sorriso. Ma perché avevano mandato proprio lui, poi, ad eseguire il compito più ostico? "Perché di te si fida ancora" aveva ribattuto Tom. E in questo modo non sarebbe più stato così, Andreas ne era sicuro. Kathy non era sciocca, avrebbe capito che c'era sotto qualcosa, a meno che non l'avesse già intuito.
    -Ti dispiace se prepato qualcosa da mangiare per me? Non ho ancora fatto colazione. - in questo modo, Kathy interruppe il flusso dei suoi pensieri. Il biondino si limitò ad annuire, cercando il momento opportuno per dare inizio al discorso. Di tanto in tanto, Kathy lo guardava di sottecchi: sospettava che l'amico avesse qualcosa da rivelargli, magari di spiacevole, e così cercò di incalzarlo lei.
    -Andreas - disse la ragazza, poggiando dei biscotti sul tavolo - c'è qualcosa che dovrei sapere?
    -Eh?! No, no... - rispose vago il biondo, avvertendo un'improvvisa vampata di calore sul volto, e desiderando ardentemente di essere altrove, piuttosto che seduto al tavolo della casa di Kathy, con lei che lo fissava meravigliata e sospettosa nello stesso tempo. Istintivamente, si tolse il cappello che aveva ancora in testa, la sciarpa ancora avvolta al collo, e il cappotto, poggiandoli sullo schienale della sedia, e rendendosi conto, osservandola con la coda dell'occhio, che Kathy lo fissava con il suo sguardo agghiacciante e infuocato nel contempo, senza batter ciglio.
    -Andreas, sei come un libro aperto per me. Ti conosco troppo bene, da riuscire a cogliere persino l'inquietudine che hai nella voce e che tu cerchi disperatamente di mascherare. - affermò, con un sorriso di disprezzo - Ti concedo tre secondi di tempo per rivelarmi tutto ciò che hai da dirmi. Uno, due...
    -Va bene, va bene - la interruppe Andreas, che non aveva la benché minima voglia di sottostare ai suoi giochetti. Doveva trovare il modo di stare tranquillo, e di rivolgersi a Kathy con fare delicato. Ma perchè non aveva accettato quel maledetto bicchiere di coca-cola per rinfrescarsi le idee? Se Céline avesse saputo che non era stato all'altezza del compito assegnatogli, sarebbe andata su tutte le furie.
    -C'è... qualcosa che dovresti sapere. - mormorò il biondo, fissando con attenzione il palmo della mano destra, evitando qualsiasi contatto fisico e visivo con la ragazza. Kathy alzò gli occhi al cielo, soddisfatta e intimorita contemporamente, e pendeva letteralmente dalle labbra dell'amico.
    -Sono tutta orecchi - borbottò di rimando Kathy, prendendo posto.
    Andreas respirò a fondo, e cominciò a parlare meccanicamente, scorrendo come una locomotiva, e soppesando ogni parola, per non lasciar sfuggire all'amica nessuna informazione utile. Quando la conversazione ebbe termine, Kathy si congedò un momento, mentre il ragazzo tirò un sospito di sollievo, continuando a fissarsi il palmo della mano con fare preoccupato, e, nel contempo, disinvolto, quasi per nulla sorpreso dalla reazione dell'amica.

    <i>

    *


    Nel frattempo, in una ben nota casa di Berlino, erano riuniti sei ragazzi che coabitavano temporaneamente sotto lo stesso tetto, e tuttavia, senza conoscersi affatto. Avevano, però, instaurato ugualmente un buon rapporto, e, in quel momento, alcuni di loro avevano intavolato una breve discussione, sebbene non mancassero quelli più introversi e taciturni. La ragazza era quella che, all'apparenza, sembrava essere la più tranquilla, ma, chi aveva trascorso in sua compagnia il tempo necessario a conoscerla, sapeva che la ragazza era sovrappensiero, perché aveva voglia di agire, di muoversi, di far qualsiasi cosa che non fosse starsene semplicemente lì seduta con le mani in mano. Aveva gli occhi persi nel vuoto, ancora cerchiati dalla stanchezza dei giorni precedenti, e appariva spossata, forse per una sorta di inquietudine che, da poche ore a quella parte, si era impadronita di lei. Il giovane che le stava affianco era altrettanto silenzioso, ma, a differenza dell'amica, mostrava più forza e determinazione, e si era certamente integrato meglio. I restanti quattro erano quelli che si conoscevano da più tempo, come Céline e Charlie avevano potuto appurare nel breve lasso di tempo trascorso in loro compagnia. Il biondino, leggermente grassoccio, e un ragazzo bruno, dai capelli lisci, si stavano intrattenendo in un'avvincente partita a scacchi, mentre il giovane che chiacchierava con Charlie era quello che, ai suoi occhi, aveva più carisma e carattere del secondo, il rasta, che non faceva altro che fumare sigarette di una marca ignota, passeggiare da un lato all'altro della stanza, e sbuffare, incrociando le braccia sul petto.
    Ognuno di loro era intento a compiere le azioni più disparate, ma tutti erano lì, ad attendere per lo stesso scopo, lo stesso obiettivo: una mossa, un gesto, una semplice telefonata dell'amico che, la notte precedente, avevano spedito alla volta degli Stati Uniti.


    Edited by ,Baby - 30/10/2009, 23:44
     
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  11. » B e a •
     
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    Baaaaaaaaaaaaaaaaby!!!!!!!
    *_______________________________*
    Posta, tesoro posta il seguito! *_*
    Questo capitolo è veramente stupendo, non ho parole, ma ora devi andare avanti!
    Complimenti davvero!^^
    Bravissima! *_*
     
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  12. Baby ~
     
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    Grazie, tesoro mio! Che gentile sei! *_*

    Ho già scritto l'altro capitolo, ma voglio prima aspettare che tornino le mie altre lettrici!

    Grazie ancora per le tue parole, patata! *_*
     
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  13. Kate ~
     
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    E adesso?!?!?!
    Oddio *_*
    Bellissimo capitolo, Baby! Scrivi proprio bene, dico sul serio!!!
    Sono curiosa di sapere cosa succederà nei prossimi capitoli, se Tom la rivedrà, cosa si diranno, se la storia potrà avere un lieto fine... insomma, posta!!!
     
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  14. Baby ~
     
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    Breve premessa: tralasciando l'abominevole durata di tempo durante la quale non ho postato una sola h di questa ff, voglio esordire con uno scongiuro: questo capitolo è inspiegabilmente breve, nel senso che è necessario per riallacciarmi alla storia interrotta mesi fa.

    Capitolo 11
    -Hai voglia di un gelato?- domandò Andreas ad una meditabonda Kathy. La ragazza, per tutta risposta, scosse malinconicamente la testa. Andreas non si perse d'animo, e, poco dopo, tornò alla carica con una nuova domanda atta a distogliere l'amica dai suoi pensieri.
    -Ti va una passeggiata ai giardini pubblici?- chiese allora il biondino, con un fil di voce. Kathy sospirò, fissò per un attimo l'amico con occhi vacui, quasi a voler domandarsi se potesse esistere, sulla Terra, un essere più insensibile di lui, scosse nuovamente la testa in segno di diniego e abbandonò di corsa la stanza. Dal canto suo, Andreas rimase per qualche minuto inebetito a fissare il nulla dinanzi a sé, e riflettendo. Aveva per la mente tanti pensieri avvolti e confusi che si contraevano e si dilatavano come se fossero stati inglobati in una grossa voluta di fumo, che la sua testa sembrava in procinto di scoppiare. Prese a misurare la stanza a grandi passi. Tirò fuori il cellulare dalla borsa poggiata qualche attimo prima sul divano, strapazzandola come se la responsabilità della situazione gravasse sulle spalle di quel capiente oggetto inanimato, compose il numero di Tom, a metà strada cambiò idea e ricacciò via il telefono. Alla fine, stabilì di raccontare all'amico l'esito dell'evento tanto atteso. Digitò il numero del chitarrista, e attese in linea, finché l'incessante flusso dei suoi pensieri non si fosse riversato fuori alla risposta impaziente del suo più caro amico.
    Fu con un crescendo di paura e agitazione, che Tom accettò la chiamata e esordì: -Andreas?
    -Tom, sei tu? Devo parlarti.


    *



    Nel frattempo, Kathy, nella sua stanza, non si stava certamente dilettando in attività più lucrose. Giaceva sul letto, con gli occhi chiusi e l'impercettibile ombra di un sorriso che si affacciava sul suo volto. I riccioli biondi, che lei aveva faticosamente tentato di tenere raccolti in una coda di cavallo, erano riusciti a sfuggire alla grinfie dell'elastico e giacevano anch'essi scompigliati sul guanciale. Kathy non se ne curò. In quel momento, la sua mente era intrisa di un vago e indefinito pensiero che si delineava poco a poco in maniera più chiara e nitida. Mise a fuoco il volto di Tom, del ragazzo che aveva a lungo desiderato e dal quale non aveva ottenuto altro che sofferenza, dolore e un abissale senso di abbandono e solitudine. Eppure, si sentiva ancora impercettibilmente attratta da lui, sebbene avesse percepito che il sottile filo che ancora teneva unito il suo cuore a quello di Tom stava per spezzarsi incommensurabilmente.
    Lo stomaco stretto in una morsa d'acciaio, nella sua mente si affollavano sentimenti contrastanti: per la prima volta, avvertiva un oscuro senso di incertezza; per la prima volta, si poneva come intimorita nei confronti degli eventi che teneva per lei in serbo il futuro; per la prima volta, prendeva coscienza del suo ben definito senso di impotenza e inettitudine, e la consapevolezza che tutto gravasse sulle sue spalle le provocava un senso di abbandono tale da farla sentire come serrata con forza all'interno di un opprimente baco da seta.
    Tuttavia, di una cosa era certa: adesso più che mai, aveva bisogno di agire. Ed ecco che, in un battibaleno, la soluzione del problema le si parò dinanzi agli occhi, chiara e inconfondibile come mai era stata in passato. Aveva preso la sua decisione, senza fare i conti con l'inesistenza del destino.


    *



    Il rombo di un tuono la fece ridestare improvvisamente. Si mise a sedere, con il cuore che batteva forte per lo spavento. Si alzò e, a piedi nudi, si diresse verso la porta della sua stanza. La socchiuse quel tanto che bastava a lasciar trapassare la stanza da un fascio di luce luminescente. Tutt'a un tratto, udì qualcuno confabulare concitatamente nel soggiorno. Ma quanto tempo era passato? Improvvisamente, prese coscienza della situazione: Andreas, con ogni probabilità, aveva deciso di attendere pazientemente il suo ritorno senza schiodarsi dalla stanza. Avanzando a passo felpato, giunse in prossimità del soggiorno, e si appollaiò dietro la porta che dava sulla cucina. Il bisbiglio era lievemente più udibile: probabilmente, Andreas era intento a intrattenere qualcuno al telefono. Colse l'inquietudine nella sua voce incrinata: l'ombra di un sorriso sparù immediatamente dal suo volto, e Kathy si mise in ascolto. Colse alcuni brandelli della conversazione.
    -...te l'ho detto, non lo so... non ha saputo fornirmi una risposta... nell'altra stanza, ora...-
    Forse si stava discutendo di lei, pensò Kathy, accalorandosi. La ragazza si accostò ancora quel tanto che bastava per catturare il frammento della telefonata che le permise di inquadrare correttamente la vicenda.
    Sì, ora non c'erano più dubbi. Kathy ne era certa: con chiunque Andreas avesse parlato fino a quel momento, era stata LEI l'oggetto di conversazione.

    Kathy, troppo catturata dai pensieri che si affollavano ora nella sua mente relativi ai pochi squarci di conversazione che era riuscita a cogliere, non si accorse che la telefonata era stata interrotta. Ma quante cose le erano state tenute nascoste? Andreas, nel frattempo, avanzò in direzione della porta, abbassò la maniglia, si scostò il ciuffo biancastro dal volto e tutto avvenne in un battibaleno, tanto che Kathy non fu mai più in grado di ricostruire la successione cronologica di quell'accadimento: un grido spaventato, una corsa, un rumore fioco in lontananza di porte sbattute con violenza, e l'indefinita rimembranza di due profondi occhi di ghiaccio che la fissavano come impietriti dietro una porta-finestra patinata. Poi, il vuoto.
     
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