Don't Close Your Eyes

Panik FF

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    Niemand hört mich, niemand sieht mich!

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    The Dark Side Of Me

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    Questa Fan Fiction non è dedicata ai TH e per questo la posto qui, in parole in Libertà sperando che vi piaccia.
    Dedicata ad una persona che non ho mai visto, ma è che è nel mio cuore <3

    Capitolo1




    Mi svegliai presto quella mattina, non perché credessi che sarebbe stata speciale o diversa, no, era stata una strana sensazione a costringermi ad aprire gli occhi.
    Guardai l’orologio assonnata e sospirai.
    Erano sono le tre del mattino, troppo presto per alzarsi, troppo tardi per bere qualcosa e lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo.
    Mi alzai lentamente, cercando di non fare troppo rumore o avrei svegliato mia madre, la donna dall’orecchio bionico; con un paio di pantaloncini e una maglietta senza maniche uscii in balcone.
    L’aria fredda mi colpì facendomi rabbrividire.
    Rimasi per un attimo a guardare le montagne nella luce soffusa del mattino. Cosa c’era al di là di esse? Le avevo guardate sin da piccola e solo in quel momento mi feci quella domanda.
    Non c’era semplicemente la Svizzera, lo stato neutrale, no, c’era qualcosa di più, qualcosa che quella mattina mi catturò l’anima.
    Continuai a guardare quei monti finché sentii un formicolio ai piedi, abbassai lo sguardo su di essi, li vidi blu e sorrisi, fino a quel momento avevo ignorato il freddo contatto della mia pelle con le mattonelle del balcone, ma i miei piedi reclamavano un po’ di caldo così rientrai.
    Dalla finestra della cucina continuai a guardare l’orizzonte persa nei miei pensieri.
    C’era forse la libertà dietro quelle montagne? C’era forse qualcosa che stando in Italia non avrei mai potuto provare?
    In quel momento mi sentii impotente di fronte all’incertezza di me e di quello che mi circondava.
    Furono le campane della chiesa a riportarmi alla realtà. Suonavano le tre e mezza.
    Era passata mezzora senza che io me ne accorgessi.
    Guardai l’orologio sulla parete per cercare conferma a quello che avevo appena sentito e nel vedere che non mi ero sbagliata, feci un altro lungo sospiro.
    Spinta da una qualche forza, presi una sigaretta, uscii nuovamente sul balcone e la accesi.
    Non avevo mai fumato e quella sigaretta bruciò per un attimo la mia gola, scuotendomi.
    Non sapevo cosa mi spingesse a fumare, non avevo mai avuto voglia di provare a farlo, ma in quel momento mi fece sentire forte, libera.
    Libera così come lo era il fumo che saliva verso il cielo.
    In quel momento una macchina passò sotto casa, proseguendo lungo la strettoia e io la seguii con lo sguardo finchè non scomparve oltre la curva.
    -Chissà dove sta andando? Verso qualcosa di migliore forse.-
    Ma non mi illusi troppo, la mia vita era già stata troppo illusoria, per un’altra menzogna. -Semplicemente starà andando a lavorare.-
    Spensi la sigaretta in un vaso lì accanto e rientrai.
    Le quattro meno un quarto.
    Il tempo sembrava rallentare.
    Ogni minuto che passava mi avvicinava a quella data, ancora cinque ore e mezza ed io avrei compiuto diciotto anni.
    -Diciotto anni buttati nel cesso.-
    Pochi giorni prima avevo giurato che quella giornata sarebbe stata come tutte le altre, mi sarei alzata per andare a scuola, avrei seguito le lezioni e sarei tornata a casa.
    Tutto come se non fosse il mio compleanno.
    Odio festeggiare, ma ancor di più odio festeggiare i compleanni, ci divertiamo e ci facciamo le congratulazioni per aver vissuto un altro anno, per esserci avvicinati ancor di più al momento della nostra morte, che cosa assurda.
    Non ci sarebbe stata alcuna sorpresa per quel giorno, nessuna.
    Lo avevo deciso io.
    Eppure sentivo qualcosa di strano dentro me.
    La sensazione che qualcosa sarebbe successo, ma non riuscivo a capire cosa.
    “Che succede?! Non ti senti bene?”
    “No, mamma, tranquilla, avevo solo sete”dissi indicando la bottiglia d’acqua accanto a me.
    “Dai, allora vai a letto, che ancora è presto!”
    Senza dire niente andai in camera mia e mi coprii con il lenzuolo, ma non dormii.
    Guardai le pareti della stanza: le mura erano tappezzate di fotografie, mie e delle mie amiche, c’erano poster dei miei gruppi preferiti e i miei disegni.
    Era la camera di una ragazza normale, ma io non ero come le altre ragazze.
    Ero parte di un mio mondo, parte di un gruppo di persone troppo fragili per mostrare il suo vero volto coperto da una perenne maschera di cera.
    Senza accorgermene delle lacrime mi rigarono il volto.
    Erano calde e bruciavano la mia pelle.
    E pensando che stavo piangendo di nuovo, allo scoccare delle quattro e un quarto, mi riaddormentai.

    Con la sensazione di essere osservata mi svegliai di colpo, sobbalzando.
    Mio padre mi guardava dalla porta.
    “ Svegliati, dai che se no facciamo tardi!”
    -Niente auguri. Bene!-
    Mi sedetti sul letto strofinandomi gli occhi, li riaprii e misi a fuoco la stanza.
    Il silenzio che aveva invaso la casa quella mattina era scomparso, al suo posto c’era il rumore delle macchine, dei passi leggeri di mia madre sul pavimento, dello starnuto di mio padre.
    Sconsolata per quella perfezione scomparsa, presi i vestiti e corsi in bagno a lavarmi.
    Mi guardai allo specchio e non notai alcun cambiamento.
    - L’avevo detto io che non cambia nulla avere diciassette anni o diciotto!-
    Mi sistemai i capelli e mi misi la matita, non troppo marcata, giusto quello che bastava per mettere in risalto gli occhi.
    Allacciai le scarpe e fui pronta.
    Quando entrai in cucina mia madre, in ritardo come ogni mattina, si affrettava a prendere un pomodoro e una busta di prosciutto dal frigo come pranzo, mentre mio padre era tranquillamente seduto a tavola a soreseggiare il suo caffè.
    I due si guardarono per quello che per me sembrò un attimo infinito e poi mia madre cercò di dire qualcosa, ma io la interruppi.
    “Stamattina prendo il pullman!”
    Presi la mia tracolla e corsi fuori di casa.
    Perché mi ero comportata in quel modo? Non era da me.
    Solitamente abbassavo gli occhi e ascoltavo, non facevo quello che mi dicevano di fare, ma li ascoltavo.
    Avevo avuto di nuovo la stessa sensazione di quando nel cuore della notte mi ero svegliata.
    Di nuovo la sensazione che qualcosa stesse per cambiare, ma cosa?
    Il pullman era pieno di studenti quella mattina, la maggior parte di loro indossava jeans stretti e polo tendenti al rosa, secondo la moda del momento.
    Io a confronto sembravo un corvo con i miei jeans neri e la mia maglietta a righe nere e rosse, i capelli scuri che mi cadevano sull’occhio destro coprendolo.
    Sentivo i loro sguardi su di me, ma feci finta di niente, accesi l’mp3 e sulle note di “Leave out all the rest” mi isolai.
    Le canzoni si susseguirono senza che me ne accorgessi e incominciai a giocare nervosamente con il piercing al labbro, presa nuovamente da un moto di insicurezza.
    Fortunatamente arrivò presto la fermata alla quale dovevo scendere e in due minuti fui a scuola.
    I ragazzi lì erano tutti figli di papà, tutti pieni di soldi e mi squadravano da capo a piedi.
    -Esattamente come ogni mattina.-
    “Ciao Giò!”la voce dello Japo mi arrivò dritta nella orecchie e sorrisi. “Auguri!”
    Quell’ultima parola fece scomparire il sorriso dalle mie labbra e lui se ne accorse.
    “Che succede?!”
    “Niente! È solo che non mi piacciono i compleanni!”
    Mi strinse a sé e rise, io lo guardai ed entrai in classe seguendolo.
    La mattina trascorse lenta tra le ore di latino, greco e matematica, tra gli auguri dei miei compagni e le interrogazioni a tappeto.
    E poi finalmente fui libera di andarmene, libera di gettare la maschera, libera di sentirmi me stessa.
    Decisi di tornare a casa a piedi, non era lontano, due chilometri al massimo, mi sarebbe stato utile, avrei potuto lasciare la mente vagare in direzioni sconosciute.
    Le strade erano affollate, in fondo era un venerdì pomeriggio di giugno e lì finché c’era il sole bisognava goderselo, non capitava spesso che i suoi raggi si spandessero sulla nostra città.
    Non amavo camminare in mezzo alla gente, mi faceva sentire inadeguata, diversa, ma quel pomeriggio volevo perdere me stessa per evitare di pensare troppo al mio futuro e a quel mostro che sembrava crescere costantemente dentro di me.
    Era angoscia pura, lo capii mentre attraversavo la strada, era l’angoscia che si avverte subito prima di un passo nel buio, ma io non stavo per affrontare nulla di nuovo, tutto sarebbe rimasto normale.
    Era solo una mia sensazione.
    Arrivai a casa all’una e mezza, mangiai un panino al volo ed accesi il PC.
    Una magnifica foto di Amburgo mi accolse ed io sospirai.
    Controllai la posta elettronica e, dopo aver fatto partire la musica, mi buttai sul letto.
    Iniziai a sfogliare il diario di scuola, fermamente decisa a fare i compiti, ma mi bloccai non appena lessi la strofa di una canzone.

    Ein neuer Tag beginnt
    Eine neue Hoffnung
    Ein erneutes Ende für mich



    “Chi se ne frega dei compiti, ormai la scuola è finita!” lanciai in aria il diario e fissai il soffitto.
    Non so per quanto rimasi in quella posizione, mi addormentai forse poco dopo o forse dopo due ore, non so dirlo, ma a svegliarmi fu il citofono.
    Corsi ad aprire e guardai l’orologio.
    Erano le sei e mezza.
    Il giorno del mio compleanno era volato, soffiato via dal vento eppure quella sensazione di oppressione, di paura, non voleva abbandonarmi.
    Fu solo quando mio padre entrò che capii che le cose non sarebbero andate come io avevo programmato.
    Nascondeva una torta dietro la sua schiena, convinto che io non l’avessi vista entrò in cucina seguito da mia madre.
    “Vi avevo detto che non volevo regali per il mio compleanno!”esordii.
    “Noi...”
    “Vi costa così tanto ascoltarmi una volta tanto?!”
    “Noi volevamo farti una sorpresa! In fondo i diciotto anni si compiono una sola volta nella vita!”
    “Si e anche i tredici, i quattordici e tutti gli altri! I diciotto anni sono come tutti gli altri! Non ti danno la possibilità di fare nulla di più! Si è sempre legati a delle stupide convinzioni, anzi forse lo si è legati di più di quando si è minorenni!”
    Vidi il volto di mia madre rabbuiarsi e il silenzio cadde nella stanza, finchè mio padre non lo ruppe.
    “Beh, ormai l’abbiamo comprata! Ne vuoi un pezzetto?!”
    “No grazie!”
    Uscendo dalla stanza lo sentii dire a mia madre che aveva avuto ragione lui, che io avrei apprezzato la torta.
    Chiusi gli occhi ed entrai in camera mia cercando di fare chiarezza dentro me.
    - In fondo cosa c’è di male nel festeggiare un compleanno?! È un anno in più di vita...forse dovrei guardare il lato positivo della cosa, sono sopravvissuta un anno di più!-
    Ma il discorso non mi convinceva, erano solo parole che si susseguivano nella mia testa senza una reale convinzione.
    Mia madre venne a chiamarmi poco più tardi per la cena ed io la seguii per il corridoio in silenzio ignorando quanto sarebbe successo poco dopo.
     
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  2. Kate ~
     
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    L'hai postata anche quiiii!!!

    Grande sorella!! Ti ho già detto come la penso, ma lo ripeto: hai talento, sei brava a scrivere, a farci immedesimare nei personaggi e a comunicarci le tue emozioni!

    Non mollare, cotinua!!! *_______*
     
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  3. •Baby
     
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    Mi piace l'inizio di questa FF, sei davvero in gamba, Ilaria!

    Brava, continua presto!
     
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    Grazie Mille Ragazze^^
     
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  5. *-*BillundTom*-*
     
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    bellissima *_* scrivi benissimo *_* sai descrivere ogni emozione *_* continua presto *_*
    *mi sto aggravando con questa faccina xD*
     
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    Grazie per i complimenti posterò prestissimo^^
     
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    Ecco qui^^

    Capitolo 2



    Il silenzio che ci fu tra di noi quel giorno rese l’ambiente irreale, gli unici rumori che avvertii furono quelli delle auto che rallentavano sotto casa prima di immettersi nella strettoia e delle domande in uno stupido quiz televisivo condotto da qualcuno ancora più stupido del programma stesso.
    I miei occhi erano fissi su un punto indistinto di fronte a me, una macchia sull’intonaco, circolare, perfettamente circolare. Cercavo di capire da dove provenisse quella perfezione, forse era stata casuale, o forse era solo una mia impressione.
    Toccandomi leggermente il braccio destro mia madre mi riportò alla realtà, alla cena del mio diciottesimo compleanno.
    Sulla tavola c’erano l’insalata e le cotolette, il pane e una bottiglia d’acqua naturale.
    Mia madre odiava cucinare le pietanze fritte, ma sapeva che la cotoletta alla milanese era il mio piatto preferito e non aveva esitato a cucinarlo.
    -Forse sono stata ingiusta poco fa, forse...-
    Allungai il braccio verso il piatto e presi una di quelle cotolette, misi in bocca il primo boccone.
    Era buona, cotta al punto giusto, non troppo oliosa, esattamente come la sapeva fare lei.
    “Grazie” lo sussurrai incerta, sollevando gli occhi verso di lei, ma non rispose, forse non mi aveva sentita, anche se lo dubitavo, lei sentiva sempre qualsiasi cosa.
    Sconsolata abbassai gli occhi nuovamente sul piatto e cercai alcuni argomenti per istaurare una conversazione, ma il nulla più totale sembrava albergava nella mia mente.
    Certo le occhiate che i miei genitori si lanciavano non erano certo rassicuranti, forse erano proprio loro a volere quel silenzio che regnava sovrano nella stanza.
    Nel guardare mia madre negli occhi la sensazione che era stata padrona di me per tutto il giorno tornò ad assalirmi ancora più forte.
    Non finii nemmeno di mangiare, mi alzai e misi il piatto sporco nel lavabo della cucina, assieme alle posate e feci scorrere l’acqua.
    Misi un piede fuori dalla cucina e mi voltai a guardarli.
    -Perché non mi fermano? Perché non mi dicono qualcosa?-
    Credo che i miei occhi abbiano parlato da soli, perché proprio in quell’istante mio padre mi chiese: “Allora sei sicura di non volere la torta? È al cioccolato, come piace a te!”mi stava supplicando di restare.
    -Devo fare un passo indietro adesso e accettare, in fondo mi vogliono bene-
    “Ok, ma ne mangio solo un pezzettino”
    Il volto di mio padre si illuminò come non faceva da tempo, forse il loro compito, sganciare la bomba, dirmi la verità, sarebbe stato facilitato in quel modo.
    Tornai a sedermi, ma non ripresi a mangiare, l’angoscia era troppo grande.
    -Ma non so nemmeno cosa vogliono dirmi... devo stare calma, magari, magari sono io che ingigantisco la cosa, ma cosa sto ingigantendo, sto montando su una questione per niente, non so nemmeno cosa frulla nella loro testa, potrebbero anche dirmi che traslochiamo! Ma allora non avrei un’ansia così grande, sarei sollevata piuttosto, insomma non dovrei più stare in questa città di merda!-
    “Giò tu prendi la torta nel frigo intanto...intanto io vado a prendere, la macchina fotografica, si...la macchina fotografica.”
    Vidi mio padre scomparire al di là della soglia e tornare dieci minuti dopo con una busta.
    Non era voluminosa, non era colorata come ogni bigliettino di compleanno che si rispetti.
    Era semplicemente bianca.
    La guardai sospettosa per alcuni secondi, poi afferrai il coltello e tagliai la torta.
    “Allora la prima fetta va alla festeggiata, giusto?!-mio padre annuì ed io feci la prima fetta enorme, lasciandone soltanto un terzo per gli altri.- Questa è mia quindi?”
    Non so come mi ritrovai a sorridere così, ero veramente felice, quella mattina non avrei mai detto che mi sarei divertita il giorno del mio diciottesimo compleanno.
    In quegli attimi la tensione dentro me si sciolse e capii, tutto quello che avevo temuto quel giorno, tutto quello che mi aveva spinta ad alzarmi alle tre e a fumare la mia prima sigaretta era dentro quella candida busta.
    Era lei il mio passo nel vuoto.
    Tra le risate divisi equamente la torta e mi sedetti a mangiarla.
    “Ma la macchina fotografica?!”
    Mio padre sbiancò, poi sorrise nervosamente e alzò le spalle ridendo.
    Mangiammo la torta in silenzio.
    Un silenzio diverso, non cupo e carico di parole non dette e di timore.
    Un silenzio armonico, calmo.
    Guardai l’orologio sulla parete e sentii le campane suonare le otto e mezza.
    “Giò, tieni...”
    Allungai la mano verso la busta che reggeva mia madre e la afferrai, guardandola interrogativa.
    La rigirai tra le mie mani, come se soltanto osservandola avessi potuto capire cosa conteneva.
    Sentivo i loro sguardi su di me, mi bucavano la schiena, tremante alzai il piccolo triangolino della busta, un foglio rettangolare era dentro la busta.
    Non avevo il coraggio di estrarlo.
    Tirai il piercing dall’interno della bocca, cercando di trovare la forza per aprirlo, ma non la trovavo.
    Alzai gli occhi per cercare l’approvazione dei miei genitori che arrivò con un cenno del capo.
    Respirai profondamente, mi rilassai e senza guardarlo estrassi il cartoncino.
    Quando i miei occhi caddero su una delle tante parole scritte su quel foglio, si riempirono di lacrime.
    Il sogno, il mio sogno si sarebbe avverato.
    Mi alzai e abbracciai prima mia madre e poi mio padre, entrambi sembravano felici, ma allo stesso tempo tristi.
    La felicitò che provai nello stringere in mano quel foglio fu incredibile, lo girai più volte tra le mie mani, incredula.
    “Guarda che così lo consumi!” esclamò mio padre ridendo.
    Io cercai di calmarmi, ma la cosa mi sembrava pressoché impossibile, stringevo nelle mie mani la possibilità di cambiare tutto, di lasciare la mia vita alle spalle e di ricominciare tutto da capo.
    Esattamente come avevo desiderato.
    “Allora ti piace?!”
    “Si, mamma! Certo che mi piace, lo sai quanto io abbia desiderato visitare la Germania! Lo sai! Oh, mamma grazie!”
    “Il fatto è che tu...tu ci hai sempre detto che avresti voluto stabilirti lì, trovare tutto quello che qui non potevi avere, solo che...”ma mia madre non seppe continuare.
    “Solo che non potevamo permetterci più di due settimane del tuo viaggio e allora...”
    “E allora sono felice così! Avete fatto tutto quello che potevate per me! Non sarei potuta essere più felice! Ho dei genitori fantastici, che hanno rinunciato a qualcosa per potermi dare qualcosa che desidero non potrei volere nulla di più adesso, nulla!”
    Le lacrime avevano ripreso a bagnare il mio viso e tra la vista offuscata riuscii a distinguere le sagome dei mie genitori che si avvicinavano.
    Sentii le loro braccia intorno al mio corpo e mi lasciai andare in un dolce abbraccio.
    Ero a casa.
    Sciogliendomi dall’abbraccio, supplicai a me stessa di smettere di piangere e di mostrare un sorriso.
    “Allora, dov’è che vado di preciso?!”chiesi raggiante.
    “C’è scritto tutto su quel foglio, per prima vedrai Monaco, poi Norimberga quindi ti sposterai a Berlino, farai un salto ad Amburgo e...”
    “Hai detto Amburgo?!”in quel momento lanciai un urlo sovrumano, finalmente avrei calpestato il suolo della città le cui fotografie mi avevano stregato, le avrei scattata io stessa quelle foto, vivendo in prima persona quelle strade, smettendo di immaginare di camminare tra quei palazzi.
    “Devo subito dirlo a...” mi incupii, il viaggio era solo per una persona, come glielo avrei detto che sarei partita da sola per la Germania e in più che sarei stata via per due settimane.
    Mio padre capì tutto, strinse la mano sulla mia spalla e mi porse il telefono, ma io lo rifiutai, dovevo dirglielo di persona.
    Così aprii la porta di casa ed uscii di corsa raggiunta dalle parole di mio padre “Stai attenta!”
    Scesi le scale come un razzo e mi trovai a correre per la strada verso casa sua.
    Mi fermai proprio davanti al portone del suo condominio, il dito sul pulsante accanto al suo nome sul citofono.
    Presi un grande respiro e schiacciai il pulsante.
    “Chi è?”
    La sua voce mi giunse squillante nelle orecchie.
    “Sono io Fede, scendi un attimo per favore?!”
    “Un attimo e sono giù!”era preoccupata, lo avvertii dalla voce.
    -Ok, adesso non la faccio parlare e le dico tutto in un botto...si, si, così sarà più facile!-
    Presi fiato, pronta a parlare non appena avessi visto la sua faccia, ma non appena me la trovai davanti persi la capacità di parlare.
    “Che ci fai qui a quest’ora?! Sei pazza? È successo qualcosa?”
    “No, tranquilla...io...”
    “No, non mi convinci, i tuoi ti hanno fatto gli auguri...”
    “Si, ma non è quello...”
    “Ti hanno comprato anche una torta, e dire che gli avevi espressamente detto di non volerla, io mi sono trattenuta, potevano farlo anche loro, diamine! Non è poi così difficile! Non ti ho nemmeno fatto gli auguri e guarda- tirò fuori il cellulare dalla tasca- ti ho pure scritto un SMS, ma non l’ho mandato...io mi...”
    “PartoperduesettimaneperlaGermania!” lo dissi tutto d’un fiato, lasciandola con la bocca aperta e la frase a metà.
    “Cosa?! Vai in Germania, davvero?!”esclamò non appena riuscì a riprendersi dallo shock-ma è stupendo! Fantastico! Quando parti?”
    “Tra una settimana” risposi atona.
    “Non mi dire che non sei contenta...”
    “Si lo sono però...avevo promesso che ci sarei andata con te e adesso...”
    Il suo abbraccio mi travolse inaspettato.
    “Promettimi solo che starai attenta, che ti godrai tutto anche per me, che se incontri Tom Kaulitz...”
    “Se lo incontrassi gli direi Ehi bello non chiudere gli occhi perché uno spettacolo del genere non lo rivedrai mai!”scoppiai a ridere dicendolo.
    “Ehi, ma quella era la mia frase”fece finta di fare l’offesa.
    “Giusto, dovrei dirgli Ehi carino sloggia, mi blocchi l’aria!”
    Ripresi a ridere con Federica.
    “Peccato che non spiccichi una parola di tedesco, come cavolo farai...”
    “Esiste l’inglese apposta!”
    Un silenzio imbarazzante scese tra di noi, ci guardammo in faccia e ci abbracciamo nuovamente.
    “Ehi non piangere-esclamai nel sentire le sue lacrime sul mio collo- ci vedremo ancora prima della partenza e non starò mica via tanto!”
    “Si, hai ragione, non mi libererò di te così in fretta!”
    Risi, la salutai e tornai a casa con calma.
    La pioggia iniziò a cadere leggera sulla città e su di me scortandomi a casa serena.
    Stavo camminando verso l’ignoto, ma non ero mai stata così sicura di me come in quel momento.
     
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  8. *-*BillundTom*-*
     
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    bellissimaaaaaa *_*
    ha ricevuto un bellissimo regalo *_*
    Continua presto ^^
     
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  9.  
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    Grazie Mille^^

     
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  10. anneTHa
     
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    Bellissima continua presto
    SPOILER (click to view)
    Qualcuno mi spiega a che serve di preciro "Parole in Libertà??" scusate la mia grande ignoranza in materia xD
     
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9 replies since 8/9/2008, 13:47   61 views
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