Diamonds Aren't Forever...

Dai Sobborghi Ai Quartieri Alti Di Berlino...Quanto Resisterà?

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  1. KleineHysteria
     
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    Premetto che devo recuperare sei materie e quindi non ho molto tempo per scrivere e posterò in modo discontinuo -capitemi!!! :tyu6u: - ma i primi due capitoli ce li ho già quindi posto il primo e il secondo la settimana prossima...sabato o domenica...il terzo è in cantiere!!! spero vi piaccia...il titolo è preso da una canzone dei Bring Me The Horizon...BUONA LETTURA!!! Commentate In Tante!!!

    DIAMONDS AREN'T FOR EVER

    Cp1

    Mi svegliai anche quella mattina con la consapevolezza di aver sbagliato. La sera prima mi sentivo in paradiso, la mattina dopo nel baratro. Di nuovo li tra quelle coperte a guardare quel soffitto con la bandiera degli Blink attaccata con le puntine colorate. Il batterista mi guarda con quell’aria da…come dire…strafottente?!? Si credo proprio di si. Dalle tende scure entrava un fascio di luce che illuminava appena le cose, riuscivi giusto a riconoscerle dai contorni. Quella camera piccolissima era piena di cose e era disordinata al massimo. Io ero distesa immobile su un materasso matrimoniale buttato per terra che faceva da letto, sotto un gomitolo di coperte, sopra il davanzale distinsi un bonghetto anzi il bonghetto che avevo usato la sera prima. L’accendino vicino una bottiglia di birra e poi per terra una di vodka vuota e rovesciata su un lato. L’armadio era semi aperto e i vestiti uscivano dalle ante e poi vicino a me una testa crestata. Era lui, non era un sogno la notte passata, tra i fumi dell’alcol e della marijuana, sbattuta di qua e di la per quella stanza. C’ero ricaduta di nuovo, lui sapeva come prendermi e continuava a portarmi a letto, incondizionatamente da che umore avessi, da come fossi o se avessi già un ragazzo. C’era qualcosa in lui che mi attirava nonostante tutto.
    Guardai l’ora prendendo il telefono che giaceva li, muto, per terra. Le 10.30, mio padre doveva essere preoccupato. Ma che dico…non se n’è neanche accorto. Cercai i miei vestiti in giro, un calzino qua, un altro la, il reggiseno, la maglietta, i pantaloni. <<mark…mark!!!>> non si svegliava, guardai dall’altra parte del letto. Ma bene il kit del perfetto drogato, siringa, accendino e cucchiaio. Quello si era bucato. Gli tolsi le coperte di dosso. Aveva ancora un braccio che sanguinava sporcando i tatuaggi. Era andato in trip. Mi rivestì velocemente e uscii. Bussai violentemente la porta accanto a quella della camera di Mark. Quella di suo fratello. Senti mugugnare qualcosa e poi aprire la porta. Indossava solo un paio di boxer neri e larghi. La testa rasata a zero con i disegni si tiro su piano<<ah…sei tu…oltre a tenermi sveglio tutta la notte mi vieni anche a svegliare!!!>> <<senti Jacob…Tuo fratello è in trip…stacci attento…>> <<cazzi suoi…lo sa che non si deve fare le pere…io sono minorenne…non lo posso portare in ospedale…mi vengono a prendere i servizi sociali…capisci?!?!>> <<capisco…è un rischio anche per me…>> <<comunque ci starò attento…>> <<ciao piccolo…>> <<ciao bellissima…>> lo abbraccio e gli do un bacio sulla fronte. <<comunque piccolo lo dici a qualcun altro…ho già 15 anni…e tu non ne hai tanti più di me…>> <<certo piccino…ciao>> <<ciao stronza…>>.
    Uscii dalla piccola casa con i muri scrostati. L’aria era intrisa di umidità e una nebbia avvolgeva qualsiasi cosa. Aveva piovuto tutta la notte e non me ne ero neanche accorta. C’era quell’odore strano di città bagnata. Era da poco cominciata l’estate.
    Arrivai a casa. Tirai fuori le chiavi e aprii tutte e tre le serrature. Vivendo in un quartiere di periferia non era facile dormire sonni tranquilli con una porta normale. Non sembrava neanche di abitare a Berlino in quella parte di città. Era inquietante girare da soli tra gli enormi palazzi di cemento grigio.
    Entrai in casa e andai in camera, sentii delle voci in cucina. Buttai la borsa in camera e entrai in cucina facendo finta di niente. Era una donna bionda e vestita bene. Non veniva di certo dalla periferia ed era con l’assistente sociale. Presi un bicchiere d’acqua e andai in bagno a farmi una doccia. Stetti per una buona mezz’ora sotto il getto della doccia sperando che lavasse la sensazione di una vocina nella testa che diceva “te l’avevo detto”. Poi finì l’acqua calda allora uscii. Mi misi l’accappatoio e iniziai a spazzolarmi i capelli neri e pieni di nodi che mi scendevano lunghi fino all’ombelico. Poi dopo essermi vestita li cotonai e mi misi un cerchietto rosso. Entrai di nuovo in cucina per portare il bicchiere e mio padre non c’era più, le due donne mi guardarono e mi sorrisero. Poi la donna bionda mi guardo gli avambracci segnati dai tagli e dai lividi. L’assistente sociale, una donna mora dagli occhi verdi, mi guardò con rimprovero poi prima che riuscissi a uscire esordi:<<sai andata a dormire da un amica sta notte?>> mi girai piano, cercando di nascondere che stavo mentendo <<certo...era il suo compleanno…>> aprendo la cartellina la donna disse molto tranquillamente <<ah bene…continui a tagliarti e a frequentare Mark a quanto vedo...credi forse di prendermi in giro?!?>> <<perché dovrei?>>.
    Uscii sbattendo la porta e mi buttai a peso morto sul divani e li vi rimasi finché se ne andarono quelle due donne. Ero in una specie di dormiveglia quando mio padre mi sveglio e mi disse che mi doveva parlare di una cosa importante.


    Continua...
     
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  2. KleineHysteria
     
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    Capitolo 2

    Cp2

    Sapevo che quando mio padre diceva che mi doveva dire qualcosa di importante o scherzava o era ubriaco. Infatti da quando i miei si erano separati aveva cominciato a bere e anche per questo avevamo l’assistente sociale sempre alle calcagna. Quella sera non mi sembrava ne che avesse la faccia allegra ne che fosse ubriaco. Piuttosto era serio e convinto di quello che mi stava per dire. Mi misi a sedere e lui si stravacco sulla poltrona che cigolò sotto il suo peso.
    <<allora Karin…Da quanto è che non vai a scuola ormai?>><<un anno?!!!!>> Gli dissi ovvia <<ecco appunto…è ora che tu faccia qualcosa…>><<in che senso?!! Faccio già qualche ora al pub il venerdì sera…non bastano?>><<non prendermi per stupido…lo so che sono due mesi che non entri al pub…mi ha chiamato il padrone…credevi forse che non lo facesse?>><<e con questo??? Non mi sembra ne di toglierti il pane di bocca ne tanto meno la bottiglia di mano!>> <<ma credi che a diciassette anni tu sappia già come gira il mondo?>><<perché tu a quaranta lo sai vero???>> iniziai a avere un insopportabile aria da strafottente <<comunque è venuta l’assistente sociale a proporci anzi…a proporti un’offerta…>><<wow…quale???>> non volevo neanche sentirla <<avresti la possibilità di andare a lavorare in una casa di Berlino ovest…>><<da quei quattro sfigati pieni di soldi??? Non se ne parla!!!>><<mi fai finire di parlare!!! Comunque avresti la possibilità di guadagnare qualcosa e di proseguire gli studi, vitto e alloggio compreso…>><< Mi sembri un giornale di annunci di lavoro…>> <<finiscila di fare così la scazzata!!! Allora come ti sembra questa proposta?>><<terrificante…si credo che sia la parola adatta…veramente terrificante!!!>><<bene…Ci vai lo stesso!!!>><<ma PAPA’!!!>><<senti…io non ti posso venire a cercare ogni notte…poi è solo per il tuo futuro…>><<c’è l’ho già un futuro…senza dover andare da quei cazzoni a fare la serva!>><<e che futuro è?!?! No perché adesso sono proprio curioso…>> <<un futuro…>> dissi alzando le spalle<<si…per ricevere la targhetta “miglior drogata dell’anno”>> <<papa’ VAFFANCULO!!!!!>> Mi alzai e mi chiusi in camera facendo sbattere la porta, scivolai per terra sedendomi. Presi un respiro, poi un altro e ricacciai dentro tutte le lacrime. Non potevo andarmene, non ora per lo meno, le cose stavano finalmente prendendo una piega diversa, con Mark non era più qualcosa da una botta e via. Adesso non ero più sola.

    **

    Mi svegliai di soprassalto, mi sembrava di non aver dormito neanche mezz’ora. La radiosveglia segnava le 5.35 ma non capivo cosa mi avesse svegliato, poi senti il cellulare suonare sotto il cuscino. Lo presi, c’era un numero sconosciuto che lampeggiava sullo schermo, risposi. <<pronto…>>mi sedetti sul letto nella piena oscurità.<<karin!!!>> era Mark <<mark…che cazzo mi chiami alle 5.35>> era agitato si sentiva<<ho solo 5minuti…dimmi che hai buttato via tutto quello che ti ho dato!!!>><<te la sei fatta tu ieri notte…>> Tiro un sospiro <<ma perché???>> <<sono nei casini…sono in commissariato e mi vogliono mettere dentro…han trovato i 7grammi di mio fratello in macchina mia…>><<gle l’avevo detto di non metterla li…>> <<sicura di non aver più niente???>><<niente…>><<ok…ciao…>><<ciao…Ti vo->>
    Il suono della cornetta riattaccata mi martellò in testa come in una scatola vuota. Ormai ero praticamente sola, niente più Mark, niente più feste, niente più rave. Andai a camera di mio padre. Era disteso in mezzo al letto e cominciai a scrollarlo finché non si svegliò. <<papà…ci vado…>><<dove?>><<a Berlino Ovest…>>

    **

    Due giorni dopo le mie valigie erano già pronte, mio padre mi ha aiutato a mettere le ultime cose nel bagagliaio della macchina nera dell’assistente. Non sapevo dove sarei finita ma durante il viaggio l’assistente sociale mi rassicurò. Mio padre si era liberato di un peso grande e scomodo che non gli faceva vivere bene la sua vita. Passammo attraverso tutta la periferia, per il centro, tra i palazzi antichi, finché non arrivammo dall’altra parte della città in un quartiere di villette residenziali. La zona era recintata da un muro alto e coperto da una siepe, di qua e di la sui lampioni c’erano delle telecamere. “un quartiere blindato…di male in peggio”. Proseguimmo fino ad arrivare davanti a un cancello di ferro battuto che chiudeva la via rendendola un vicolo cieco. Al di là del cancello c’era un vialetto di mattoni rossi e un prato all’inglese con diversi alberi e infondo si vedeva una villa imponente di mattoni. I cancelli si aprirono e noi entrammo nel vialetto. La donna parcheggiò la macchina dietro un enorme macchinone nero. Una Cadillac.


    Cp. 3

    Quando L’assistente sociale suono alla porta ne uscì la donna bionda e elegante che era venuta a casa mia. Ci fece strada con un ampio gesto verso quella che doveva essere l’anticamera dell’enorme villa.<<buongiorno…>> dissi titubante, non sapevo se avrei avuto una risposta <<buongiorno anche a te cara…Karin se non mi sbaglio???>> la donna mi tese la mano <<non sbaglia…piacere…>> sorridendomi la donna si presento, si chiamava Simone e faceva la stilista. Mi fece strada per la casa mentre l’assistente sociale ci seguiva alle nostre spalle come un ombra. Mi fece vedere un salotto grande quanto il mio appartamento con i muri coperti da gigantesche librerie stracolme, un imponente sala da pranzo, una cucina unica cosa delle dimensioni normali in quella casa, le quattro camere da letto tralasciando quelle dei figli, diceva che c’era troppo disordine, una specie di gigantesca serra tutta fatta a vetrate e in fine il suo ufficio dove ci accomodammo. L’assistente sociale tirò fuori i documenti che servivano al nostro incontro e Simone si divertì nel vedermi così assorta in ogni minimo particolare di quell’immenso studio pieno di cartamodelli e rotoli di stoffe pregiate. C’era solo una cosa che non mi convinceva in quella casa, l’ordine perfetto e immacolato, quasi asettico, ogni cosa era messa al suo posto stando attenti al millimetro alla sua posizione. <<ti troverai bene…>> mi disse Simone facendomi cadere dalle nuvole <<...sai ho due figli, gemelli, hanno tre anni più di te…ma ti troverai bene…mi sembri la tipa adatta a loro…almeno a Bill…>> sospiro e si tese in un sorriso di circostanza, firmo le ultime scartoffie con una penna dorata e dopo congedò l’assistenze sociale. Ora non c’era più scampo, non potevo tornare indietro, avevo fatto la mia scelta. Simone mi portò alla mia camera. Era tra quelle dei gemelli e un’ampia finestra dava sul giardino. L’arredamento era semplice ma perfetto in ogni particolare. Un letto matrimoniale di ferro battuto stava sotto la finestra, i comodini ai lati erano di legno chiaro come il pavimento e la porta della cabina armadio. Ai piedi del letto c’era una cassapanca e a destra del letto c’era una cassettiera sempre di legno sormontata da un grande specchio che riprendeva lo stile del letto e vicino c’era la porta del bagno.<<bene…ti lascio mettere apposto le tue cose…la cena è alle sette, giù nella sala da pranzo ok???>> <<si grazie…perfetto…>>

    **

    Dopo aver sistemato tutto e essermi data una rinfrescata scesi per le sette puntuali nella sala da pranzo. Ora che la tavola era imbandita di ogni ben di Dio la stanza sembrava meno asettica di come me l’avevano presentata. Mi sedetti su un fianco della tavola e davanti a me notai subito sulla parete un grande quadro che raffigurava Simone con due bambini pressoché uguali, perfettamente impacchettati nei loro smoking. Simone arrivò nella sala da pranzo e si sedette. Si era cambiata d’abito e mi sentii a disagio per non averci pensato anche io. Mi guardò è mi sorrise.<<anche tu stai un eternità in bagno come Bill per farti quei capelli???>> involontariamente presi una cicca che mi scendeva sulla spalla e ci giocherellai <<mezz’ora…un ora dipende da come mi gira…>> <<ah…capisco…cavolo…a che ora ti devi….ehm…ti dovevi alzare quando andavi a scuola???>> Mi guardò e sembrava che fosse sinceramente interessata ad avere qualche informazione sulla mia vita <<l’altr’ anno non avevo ancora questo stile…ero più “semplice” tra virgolette…>> <<ah…capisco…Bill è da quando ha…>>Si fermò, conto velocemente sulle dita poi riprese a parlare << undici anni forse dodici se non mi sbaglio…ormai ho perso il conto…come ho perso il conto di quanto tempo è passato…sono in ritardo…quei ragazzi mi faranno dannare un giorno o l’altro…>> Sorrisi. Simone mi sembrava apposto, era simpatica per essere di Berlino Ovest. Aspettammo ancora e finalmente alle 7.20 si senti aprire la porta. Entrò un ragazzo non troppo alto, magro, con dei lunghi rasta biondi chiusi in una coda, era vestito largo, da rapper, il colore dei suoi occhi era caldo e portava con disinvoltura un piercing sul labbro inferiore. Strascicando il passo si sedette alla sedia di fronte alla mia senza scomporre il mezzo sorriso che aveva fin da quando era entrato. <<tom…Lei è Karin....Karin lui è Tom….>> fino a quel momento il suo nome non aveva mai sfiorato le nostre conversazioni quindi dedussi che doveva essere il fratello di Bill. Il ragazzo tenendosi la maglietta sulla pancia mi strine la mano dall’altra parte del tavolo poi si risedette con un tonfo sulla sedia, sua madre lo guardo imbestialita. <<tom…hai la delicatezza di un elefante…dov’è tuo fratello???>> Tom alzò un dito per far intendere a sua madre che l’altro ragazzo era ancora di sopra ma nel mentre qualcuno che canticchiava arrivo aprendo la porta con foga e precipitandosi a sedersi sulla sedia con la stessa foga. Era un ragazzo dalla pelle diafana e lunghi capelli neri sparati in tutte le direzioni e magro all’inverosimile. Vestiva stretto e con molti dettagli rock e gothic. Dedussi che era Bill dai capelli. Bill iniziò a picchiare Tom e quando sua madre lo fissò in cagnesco smise poi, come se non si fosse reso conto di me, mi fissò con gli stessi occhi del fratello solo che erano circondati da un pesante trucco nero e erano molto più sorpresi <<che sala affollata che abbiamo…>> prima che riuscisse a aprire bocca Simone, Bill si era già sporto verso di me con la mano tesa <<bill…tu devi essere Karin giusto???>> strinsi anche io la mano <<karin…Giusto…>> Si risedette composto alla sedia vicino a quella del fratello e iniziò a parlare velocissimo e a bassa voce con Tom mentre lui si apriva in un gran sorriso, Tom si girò verso il fratello e si avvicinò al suo orecchio, non me n’ero neanche accorta che Simone non c’era più ero troppo assorta nei miei pensieri per farci caso. Tom sbatte forte una mano contro il tavolo facendo tintinnare i bicchieri e iniziò a ridere sguaiatamente, il fratello stava con il sopracciglio alzato poi indicò il fratello e con la faccia schifata mi disse <<povero Idiota!!!>> e sospirò, mi scappò una risata sommessa e Bill mi rispose con un sorriso.
    La prima portata passò pressoché in silenzio, qualche volta Tom si girava verso Bill e scoppiava a ridere dicendo parole incomprensibile perché sibilate tra i denti. Io mi sentivo imbarazzata, troppo imbarazzata. Ormai era il turno del dolce e Simone se ne andò in cucina. Tom si girò prima verso il fratello e gli sibilò ancora qualcosa all’orecchio, Bill sgranò gli occhi e diede uno schiaffo sulla spalla al fratello poi Tom si rivolse a me: <<karin…Karin…Karin!!!!...Che bel nome…è musicale…Karin, Karin, Karin- cantileno il mio nome muovendo il dito come per dirigere un orchestra immaginaria <<sperò che la tua voce sia altrettanto musicale quando ti farò impazzire…hai 17anni giusto?A quanto pare hai risposto al mio annuncio…>> Lo guardai interrogativa <<quale annuncio Tom????>> Anche il fratello se lo chiedeva <<a.A.A Diciassettenne arra…>> Bill saltò su dalla sedie e gli mise una mano davanti alla bocca <<tom sei un coglione!!!>> In quel momento arrivò Simone <<bill…Che fai!!!...E poi che parole sono…dimostrati almeno educato!!!>> Bill guardo la madre, poi Tom, poi me...Arrossì e tolse le mani dalla bocca del fratello. Tom mi guardo e con il labiale mi disse t-i-a-s-p-e-t-t-o-d-o-p-o. Porco!!! Era un brutto porco…lo odiavo già e poi quella mezza checca di sul fratello, sapevo che non mi potevo fidare di Berlino ovest, anche Simone che chiedeva a due diciannovenni di mostrare un po’ di educazione, lei e la sua vita da carta patinata odiavo pure lei adesso. Odiavo quel momento. Odiavo quelle persone. Odiavo quella casa. Per la prima volta nella mia vita avevo odiato davvero!

     
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