;With me

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  1. .Jada.
     
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    Iil titolo è una canzone dei Metallica, la mia canzone, una canzone che amo particolarmente, per cui, questo capitolo per me è abbastanza importante, perchè vengono svelate molte cose, ma potrà mettervi ancora più confusione in testa.

    Capitolo 7
    Nothing else matters



    Faceva freddo, molto freddo.
    Il pesante giubbotto non copriva del tutto le gambe di Sam , e portare dei sandali non l’aiutava affatto; neanche le occhiate di fuoco del rasta riuscivano a risaldarla.
    “E’ fighissimo!” ribadì Ron, tracannando il terzo bicchiere di un liquido rossastro.
    “Rob, tu sei ubriaco!” constato Bill, che presto avrebbe raggiunto lo stesso stato d’ebbrezza dell’amico.
    “Credo che andrò a ballare.” Disse Sam, alzandosi, “almeno mi riscaldo un po’.” Aggiunse poi.
    “Vengo anch’io va; finalmente c’è qualcuno a cui piace ballare!” le sorrise Georg, prendendola per mano e allontanandosi, assieme a lei, dal tavolo.
    Tom, stravaccato su una poltroncina di ghiaccio, sorrideva serafico, il viso rilassato, senza il ben che minimo segno di preoccupazione.
    “Perché non vai anche tu?”
    “Tra un po’ fratellino. Tra un po’.”
    “Non la sapevo questa storia della avance...” buttò li Bill, tanto per parlare; ultimamente lui ed il fratello parlavano così poco.
    “Bill, era ubriaca, cos’avrei dovuto fare?” domandò il rasta, sarcastico.
    “Oh, per esempio portartela al letto, come fai sempre.”
    “Era retorica, la mia domanda.” Sbuffò il Kaulitz maggiore, alzandosi, “vado a cacciare.” Cantilenò.
    “Tom,” lo bloccò Rob, in un attimo di lucidità, “falla soffrire e ti ritroverai senza il tuo amichetto.” Gli disse, il rasta abbozzò un sorriso e si dileguò tra la folla.
    “Non so perché, ma ho la netta sensazione che Sam darà del filo da torcere a tuo fratello.” Osservò Gustav.
    “Lo penso anch’io, da cacciatore a preda.” Aggiunse Bill, buttando giù un bicchierino di Vodka

    “Balli bene, per essere un bassista.”rise Sam.
    “Perché, i bassisti devono per forza essere di legno?”
    “Non è che...oh, non guardarmi così. Mi metti in soggezione!”sbuffò la mora, facendo ridere Georg.
    I due ragazzi continuarono a ballare per un po’, Tom, seduto al bancone li guardava, doveva trovare un modo per far allontanare l’hobbit da lei; una ragazza castana e molto carina si avvicinò al rasta , lui si leccò il piercing, la fortuna era dalla sua parte quella sera.
    “Ciao...” attaccò bottone il chitarrista.
    “Ciao a te.” Rispose quella, arrossendo.
    “Sei da sola?”
    “Si...”
    Tom le si avvicinò con fare ammiccante, “Anche il mio migliore amico è solo, perché non vi fate un ballo?” chiese; lei sembrò non capire, così il rasta continuò a parlare, indicando Georg, “vedi, è quel bel fusto li giù.”
    “Ma sta ballando con quella ragazza.” Osservò lei, Tom la squadrò da capo a piedi, poi le si avvicinò all’orecchio e le sussurrò: “Tranquilla, non riuscirà a resisterti.” Lei sorrise, annuì e si diresse verso Georg.
    “Posso ballare con il tuo ragazzo?” chiese la ragazza, rivolgendosi a Sam.
    “Ehm...non è il mio ragazzo...” rispose la mora, imbarazzata.
    Georg intanto era rimasta allibito da quella tipa, era bella, cazzo se lo era, se la squadrò per bene e poi fece l’occhiolino a Sam.
    “Per cui, tieni è tutto tuo. Trattamelo bene.” Aggiunse, sorridendo la mora.
    “Grazie” sorrise la ragazza.
    “Addio mon amour!” rise Sam, prima di allontanarsi tra la folla.
    La musica pompava alta, i bassi battevano forte, ballare senza Georg non era divertente, ma tornare nella sala di ghiaccio era un suicidio, l’assideramento era assicurato, per cui Sam restò in pista, muovendosi poco, e, di tanto in tanto, ballando con qualche ragazzo.
    Tom la seguiva, da lontano, rifiutando le richieste di ogni ragazza che lo invitava a ballare, lui aveva già scelto la sua preda e non avrebbe fatto passi falsi; la mora si fermò a ballare con un tizio e il rasta si sedette al bar, si sarebbe fatto un drik e poi sarebbe partito all’attacco.
    “Una vodka lemon, grazie.” Ordinò al cameriere, questi si affrettò a preparare la bevanda e a servirgliela.
    Mentre sorseggiava i liquido ghiacciato, Tom, si sentì rigirare per le spalle e Sam gli si sedette sulle gambe.
    “Tu sei il mio ragazzo!” gli disse, guardandolo negli occhi.
    “Già ubriaca Hale?” chiese Tom, sarcastico, lei ignorò la sua battuta e, dopo avergli tolto il bicchiere dalle mani, bevve tutto il suo contenuto.
    “No, un tizio mi rompeva le scatole, ti ho visto e gli ho detto che eri il mio ragazzo.” Spiegò la mora, facendo scoppiare Tom in una risata fragorosa.
    “Samantha, queste cose si facevano alle elementari!”
    “I bimbi delle elementari non cercando di palpare il sedere delle ragazze.”
    “Oh, ma non è colpa di quel poveretto se il tuo vestito è cortissimo.”
    “Cosa centra il mio vestito?”
    “Nulla; ti fa un bel culo.” Disse Tom, passandosi la punta della lingua sul labbro superiore; Sam non rispose, si limitò a guardarlo negli occhi, “Visto che sono il tuo ragazzo,” riprese il rasta, “non credi che abbia diritto ad un ballo?”
    “Aspetta, fammi pensare...no!” rispose lei, con un finto sorriso.
    “Ma così non ci crederà nessuno. Dobbiamo mantenere le apparenze, tesoro” Tom la guardò alzando il sopracciglio, sfoderò uno di quei sorrisi che aveva imparato da suo fratello, ovviamente il suo risultato era migliore di quello del gemello, pensava lui.
    “Va bene, un ballo solo.” Sospirò la mora, incapace di resistere a quello sguardo magnetico.
    I due andarono in pista, ballando inizialmente lontani, poi, avvicinandosi man mano, alla fine Sam mise le braccia attorno al collo del chitarrista, facendo aderire perfettamente i propri corpi; le grandi mani del rasta vagavano per il corpo della mora, accarezzando ogni centimetro della sua pelle diafana.
    Il corpo di Sam venne scosso da un brivido quando le labbra del ragazzo di posarono sulle sue, ma riuscì a trovare un minimo di forza di volontà che le permise di tenere la bocca ben chiusa.
    “Sono o no il tuo ragazzo?” le sussurrò Tom, in un orecchio, per poi baciarla delicatamente appena sotto il lobo; più la musica pompava e più loro si avvicinavano all’estremità nord della sala, alla fine, la mora si ritrovò con le spalle a due passi dal muro. Tom continuava a baciarle il collo, le due palline di metallo la mandavano letteralmente in estasi, le sembrava di toccare il cielo con un dito e poi ricadere all’inferno, era un limbo al quale non riusciva ad opporsi. Toccato il muro, il corpo di Sam s’immobilizzò, gli occhi semi chiusi ed il fiato corto, non riusciva più a resistere; la mora prese Tom per la maglietta e lo tirò maggiormente a se, quel gesto fece pompare il rasta che si buttò a capofitto sulle labbra di Sam, la quale era combattuta tra due fuochi, ma alla fine vinse quello più forte, al diavolo il perbenismo, non si poteva fermare la passione.
    Si persero in un vortice di passione, ma anche dolcezza, una dolcezza che Tom non pensava di possedere, una dolcezza che lasciò Sam allibita, ma in modo positivo; le accarezzava dolcemente il palato, stringendola sempre più a se, voleva sentirla sua, solo per una volta, Tom Kaulitz era convinto che sarebbe bastata una sola notte, e che poi, finalmente, avrebbe smesso di sognare ogni fottuta notte quei due occhi azzurri.
    “Tom...” mugugnò Sam, tra un bacio e l’altro, se non si sarebbero fermati... “penso che dobbiamo tornare di la, dagli altri.” Aggiunse, annaspando.
    “Già.” Sospirò il rasta, dandole un bacio, ed un altro, ed un altro ancora, non riusciva a smettere; tutto ciò fece sorridere Sam, no aveva mai pensato che Tom potesse essere così...gentile.
    “Ok, andiamo.” Disse a malincuore il rasta, staccandosi da lei; i due si avviarono verso l’uscita della sala, Tom si sentiva rinato, come animato da una nuova forza, era tanto che non stava così dopo qualche bacio, figuriamoci se lui e Sam avrebbero passato una notte insieme, il ragazzo si leccò il piercing solo al pensiero.
    Sam e Tom tornarono nella sala di ghiaccio, questa volta il freddo non dava nessun fastidio alla mora, anzi le sue guance erano rosse, ancora una volta.
    “Ehy, fratellino!” urlò Bill, in piedi sul tavolo.
    “E’ ubriaco vero?” chiese Tom, rivolto verso Rob, il quale gli scoppiò a ridere in faccia, il piccolo Kaulitz non era il solo ad avere una sbornia.
    “C’è anche l’hobbit, sentite che puzza! Tornatene nella tua palude!”
    “Bill, che diamine, scendi di li!”
    “No Tomi, sto bene, il ghiaccio mi terrà, sono leggero come una piuma!” rise sguaiatamente il vocalist.
    “Cos’avete fatto voi due, sporcaccioni?!” chiese Rob, ridendo.
    “Nulla!” si affrettò a risponde Sam, “Ora alzi il tuo bel culetto e ce ne andiamo, ok?”
    “Certo che no. Se non se ne va Bill, non ce ne andiamo neanche noi, anche perché siamo in macchina loro, non possiamo fare l’autostop fino a Berlino...o forse si?” si chiese il ragazzo, ridendo da solo; Sam non ci aveva pensato, finche i ragazzi fossero rimasti li, loro sarebbero dovuti rimanere.
    “Tom, lo sai che nel tragitto da qui a Berlino, tuo fratello può collassare per quanto ha bevuto, vero?” domandò Georg, cercando di acchiappare Bill che, nel frattempo, saltava da un tavolo all’altro.
    “Si, ci avevo già pensato...ho portato le chiavi dello studio di registrazione. Conviene fermarsi li.” Rispose il rasta, sorridendo verso Sam.
    “Astuto!” osservò Georg, “avanti Bill, scendi subito di li!” continuò poi.
    “Tanto non mi prendi!” rise il moro, facendogli una pernacchia.
    “Listing, acchiappa Bill, io vado a cercare Gustav.” Ordinò il rasta, “vieni con me?” chiese poi, rivolto a Sam, la mora annuì e si allontanò per mano con il chitarrista.

    “Sul serio, arriviamo allo studio e chiamiamo un taxi.” disse Sam, per la terza volta.
    “Sam, smettila! Lo studio è grande, potete passare tranquillamente la notte li e domani mattina torniamo tutti assieme a Berlino.” Le rispose Gustav, per l’ennesima volta.
    La situazione era critica:Rob e Bill erano in uno stato pietoso, dormivano uno addosso all’altro e puzzavano di alcool da far schifo, Georg ronfava sulla spalla di Gustav, rincorrere Bill l’aveva sfiancato, Isabella era sdraiata con i piedi sulle gambe del bassista e la testa su quelle del suo ragazzo, dormi placidamente, stringendo la mano del biondino, questo gettò la testa all’indietro e disse di svegliarlo quando sarebbero arrivati a casa.
    Sam stava in silenzio, con la testa spiaccicata sul finestrino, il vetro freddo l’aiutava a rilassarsi e a concentrarsi, la situazione era pessima, si era lasciata andare, dimenticandosi completamente di essere, oramai fidanzata.
    “Perché non dormi un po’?” la voce di Tom arrivò come una pugnalata.
    “Sto bene così, grazie.” Rispose lei, abbozzando un sorriso.
    “Se lo dici tu.” Borbottò il rasta.
    “E tu perché non dormi?”
    “Perché non ne ho voglia.” Le disse il ragazzo, Sam, di tutta risposta gli sbadigliò in faccia, facendolo ridere.
    “Zitto o sveglierai tutti!” l’ammonì lei.
    “Stai morendo dal sonno.” Constatò il rasta.
    “Non è vero!”
    “Si che è vero.”
    “No!” ribatté la mora, avvicinando di più il suo volto a quello di Tom.
    “Devi sempre avere l’ultima parola eh?”
    “Sempre!” rispose lei, schioccando la lingua.
    Gli occhi di Tom alternavano a guardare quelli di Sam e le sue labbra, lei sospirò, il rasta le passò una mano sulla guancia, accarezzandole le labbra con il pollice, la mora chiuse gli occhi sentendosi tirare verso il ragazzo; quando i due si staccarono Sam appoggiò la testa sulla spalla di Tom, ed il chitarrista le cinse le spalle con un abbraccio.
    Il viaggio sembrò non terminare più, nella limousine dormivano tutti, tranne Tom, odiava stare in silenzio, ma parlare da solo non gli sembrò una buona idea; per fortuna, dopo un’oretta arrivarono allo studio di registrazione.
    “Su Bill, alzati.” Sbuffò Georg, ancora assonnato.
    “No, io dormo qui!”
    “Ma non è nostra la limousine.”
    “Non me ne frega niente, sono Bill Kaulitz!” detto questo il moro incrociò le braccia al petto e tornò a dormire.
    Tom, sbuffando, si caricò il gemello sulle spalle e fece aprire la porta a Sam, Georg si occupò di Rob, che venne, letteralmente, gettato sul letto della stanza degli ospiti.
    “Ehm... io dove dormo?” chiese Sam, arrossendo appena.
    “C’è la mi...” stava iniziando Tom, ma venne bloccato da Gustav che portò Sam davanti la porta della sua stanza.
    “Eccola, è l’altra camera degli ospiti...attenta, sei vicino a quella di Tom.” Sorrise il biondino prima di congedarsi in camera sua.
    Sam aprì la porta, ed un forte odore di pulito l’accolse, evidentemente quella stanza veniva usata rare volte; senza chiudere la porta si gettò a peso morto sul letto, chiudendo gli occhi.
    “Vuoi una maglietta per dormire?” le chiese Tom, sulla porta.
    “Magari, non vorrei rompere il vestito.” Rispose la mora, tirandosi su con i gomiti.
    “Aspetta, mi cambio e te la porto.” Sorrise il rasta, prima di andare in camera sua; si tolse il cappello e la fascia, scoprendo la fronte, andò in bagno ed aprì l’acqua del box, aveva bisogno di una doccia. Una volta tolti i vestiti entrò nella doccia, lasciandosi cullare dal getto d’acqua si insaponò velocemente, Sam era stanchissima e si sarebbe addormentata da un momento all’altro, non c’era tempo per rilassarsi, bisognava battere il chiodo finché era caldo, anche se forse questa volta ci avrebbe messo un po’ di più; uscì dalla doccia, si asciugò ed indossò un paio di boxer, poi si diresse verso la cassettiera e prese una maglietta azzurra per Sam, si sarebbe intonata ai suoi occhi. Tornò nella camera degli ospiti e trovò Sam come l’aveva lasciata, Tom si avvicinò al letto e lei aprì l’occhio destro, per guardarlo; si tirò su e gli sorrise, prendendo la maglietta che il rasta le stava porgendo.
    “Anch’io ho bisogno di una doccia.” Sospirò la mora.
    “I bagno è quello.” Sorrise Tom, omettendo il fatto che fosse comunicante con la sua stanza.
    “Ah, ok...grazie.”
    “Di niente.” Rispose lui, prima di andarsene, con un sorriso, in camera sua.
    Sam rimase interdetta per qualche secondo, l’aveva liquidata così, con un sospiro si diresse in bagno, un forte odore di muschio le invase le narici, conosceva bene quell’odore; si guardò intorno e vide un’altra porta, l’aprì lentamente e vide Tom sul letto, che sorrideva.
    “Sei un idiota!” gli disse, poi gli fece una linguaccia e tornò nel bagno.
    Il rasta rise, continuando a fumare la sua sigaretta, sentiva il rumore dell’acqua che scorreva, la porta era mezza aperta si alzò ed entrò.
    “Sam, devo lavarmi i denti...” disse prendendo lo spazzolino, scusa banalissima.
    “Fai pure...già che ci sei, puoi darmi un asciugamano?” rispose la mora, con un mezzo sorriso, Tom voleva provocarla? Aveva trovato pane per i suoi denti.
    “Tieni.” Il rasta le porse l’asciugamano, sbirciando nella doccia.
    “Grazie.” Disse lei, cordiale; si legò il panno rosso attorno al corpo e uscì dal box, con i capelli bagnati e qualche goccia sulla spalla.
    “Bè, è stato un piacere.”sorrise di sbieco, ondeggiando verso la porta che dava sulla sua stanza.
    “Samy...” cantilenò Tom; in genere odiava i nomignoli come quello, ma quelle quattro lettere, dette da lui suonarono così dolci che la mora non poté fare a meno di girarsi con un sorriso. Si ritrovò Tom a meno di due millimetri dal viso, la squadrò, poi poggiò nuovamente le sue labbra su quelle della ragazza.
    “Dormi con me...” le domandò il rasta, guardandola negli occhi, voleva sentire Sam sua, almeno per quella notte, perché, solo in quell’istante si era reso conto che, l’indomani mattina, tutta quella magia sarebbe scomparsa e la realtà sarebbe venuta a galla, Sam era di un altro e lui non poteva farci niente; doveva accontentarsi di quella notte e poi lasciarla andare e anche lui doveva lasciarsi andare. Aveva sempre pensato alle storie d’amore, quelle belle, quelle dei film, ci aveva scherzato sopra, aveva provato ad immedesimarsi nella coppia, la realtà era che aveva paura, una paura fottuta di legarsi a qualcuno, aveva paura della frase ‘per sempre’, perché dopo tutto quello che gli era capitato nella vita stava dalla parte di chi pensa che nulla è per sempre.
    “Tom, sono le quattro del mattino, sto stanca.” Sbuffò Sam.
    “Per favore.” E Tom si ritrovò a pregare una ragazza, forse per la prima volta in vita sua; una ragazza che fino a qualche ora fa era solo una delle tante...
    “Ok...” sospirò la mora, “ma io dormo a sinistra.” Aggiunse con un sorriso.
    Il rasta le sorrise sornione, “Cambiati, ti aspetto al letto.” Le sussurrò a fior di labbra.

    Sam si cambiò e con un leggero rossore sulle guance entrò in stanza di Tom, lo trovò sul letto a mangiarsi le unghie, nella parte destra del materasso; la mora sorrise, guardandolo, per delle ragioni a lei ignote il rasta aveva deciso di abbattere i muri, di svelarsi, almeno quella sera.
    “Buona notte.” Disse lei, poggiando la testa sul petto del chitarrista e abbracciandolo.
    “Sogni d’oro.” Rispose lui, accarezzandole la testa.
    Per cinque minuti stettero in silenzio, immobili, Sam ispirò profondamente, voleva immagazzinare il profumo del ragazzo, Tom le accarezzava la schiena, disegnando cerchietti immaginari, ma per quanto i ragazzi tentassero di placare i loro animi, si sa, la carne è debole.
    Sam baciò il petto di Tom, salendo sulla gola, baciandogli il pomo di Adamo, fino ad arrivare a quelle labbra, che sapevano di dentifricio; succhiò avidamente il suo labbro, giocando con il piercing, tirandoglielo.
    SPOILER (click to view)
    Le grandi mani del ragazzo vagavano sul corpo della mora, talmente leggere che i calli procurati dalla chitarra, erano piacevoli. Tom fece scivolare Sam sotto di lui, togliendole poi la maglietta, giocò con i suoi piccoli seni, baciò la sua pancia piatta, fino ad arrivare al bordino delle mutande, li si fermò, alzando la testa, la mora gli strinse la mano, invitandolo a continuare verso quella strada, e lui continuò; baciò quelle parti che sognava di esplorare dalla prima volta, ma al contrario di quello che accadeva nei suoi pensieri, lo fece piano, con una calma estenuante e una dolcezza da far paura.
    Quando si ritirò su le parti s’invertirono, Sam voleva dominare, e lui glielo lasciò fare, le lasciò condurre il gioco, la mora si sistemò sopra si lui, facendo aderire perfettamente i loro corpi. Iniziarono la danza dell’amore, su e giù, gemiti, baci rubati, le mani di entrambi che si cercano e si stringono; ma Tom è fatto per dominare, per essere l’alfa, così invertì nuovamente le parti.
    E dentro.
    E fuori.
    E dentro.
    E fuori.
    Prima piano, poi forte, aumentando lentamente il ritmo e poi diminuendolo a poco a poco. Le smorfie di Sam facevano impazzire Tom, lui le accarezzava i capelli, le baciava le labbra così avidamente che erano gonfie, non riusciva a saziarsi di quella pelle così candida.
    Arrivarono all’inferno e poi nel paradiso, prima Tom, poi Sam lo raggiunse, dopo poco, accasciandosi sopra di lui.

    Si guardarono negli occhi, sorridendosi e baciandosi, poi Sam si sistemò meglio al suo fianco, prendendogli la mano ed intrecciando i loro piedi, era una bella sensazione, anche per Tom; quella sera si erano irrimediabilmente completati, e poco gli importava che lei fosse fidanzata e che lui non si legasse a nessuno, in quelle lenzuola blu c’erano Tom e Sam, il resto del mondo stava fuori e non aveva nessun significato.

    continua
     
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  2. Kate ~
     
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    Sti ca**i! xD
    Che caldo... xD


    Mi sono letta i tre capitoli che mi mancavano e devo farti i complimenti, patà!
    Non capisco perchè Sam si sia messa con Pete... forse per scordarsi di Tom, ma non mi pare che ci sia riuscita xD


    Certo che anche la scena in discoteca, contro il muro... cioè... poi ci facciamo i film mentali! xD


    Continua presto patà! *_*
     
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  3. .Jada.
     
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    CITAZIONE
    Certo che anche la scena in discoteca, contro il muro... cioè... poi ci facciamo i film mentali! xD

    Lascia perde che se dovessi mette in un film i film che mi feci quando scrissi quella scena...altro che oscar!

    Sam e Pete...fondamentalmente a lei lui piace, solo che c'è Tom e non riesce a resistergli, il che sarà un gran bel problema >.<
     
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  4. •Sheeb
     
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    Bellooo!!**
    bravissima!
    stupenda!!XD
    io amo Rob e Billl!
    mi fanno morire!!ahah!
    che tenero Tomii!!**
    posta prestissimo^^

    CITAZIONE (.Jada. @ 11/10/2009, 19:38)
    CITAZIONE
    Certo che anche la scena in discoteca, contro il muro... cioè... poi ci facciamo i film mentali! xD

    Lascia perde che se dovessi mette in un film i film che mi feci quando scrissi quella scena...altro che oscar!

    Sam e Pete...fondamentalmente a lei lui piace, solo che c'è Tom e non riesce a resistergli, il che sarà un gran bel problema >.<

    Ehehehe, ci credo che non riesce a resistergli!XD
     
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  5. .Jada.
     
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    il capitolo è transitorio, molto transitorio e non mi convince, mi sembra sciapo, e forse vi renderà le cose un tantino più chiare, o forse ve le eclisserà ancora di più.
    Aspetto commenti, però. Sia positivi, che negativi.


    Capitolo 8
    In die nacht



    Odiava non avere certezze, non sapere cosa fare, ma non stava facendo nulla per cambiare quella situazione così strana. Se ne stava sul suo letto, con il cellulare tra le mani, la rubrica aperta, un nome evidenziato, eppure, il suo dito sembrava avere una specie di paralisi che le impediva di pigiare il tasto verde.
    Si era presa un giorno di riposo al lavoro, aveva bisogno di una pausa, dopo i Comet, annessi e connessi, aveva impiegato la maggior parte delle sue giornate a lavorare, e quando non stava alla Atelier, passava il suo tempo con Pete.
    Si sentiva terribilmente in colpa per quello che aveva fatto, ma lo avrebbe rifatto volentieri; non riusciva a capire cosa le stava accadendo, si stava innamorando di Tom? E lui cosa pensava? Ovvio, non pensava niente, per due settimane non si era fatto sentire, non una chiamata, non un messaggio, niente; e lei si crogiolava nella sua indecisione, e si dava dell’idiota per essersi lasciata andare in quel modo, ma quella sera le era sembrato così sincero, così dolce, così indifeso...
    “Ah, fanculo!” urlò tirando il cellulare sul tappeto della stanza. Doveva fare qualcosa, qualcosa che la tenesse occupata, ma Pete era partito e sarebbe stato via per due settimane. In quei quattordici giorni Sam doveva solo tenersi lontano dai guai, sarebbe stato facile, se non fosse così cocciuta e testarda.
    Sospirò, aveva paura, se la storia con Tom sarebbe venuta fuori, cosa ne avrebbe pensato Denise, suo capo, non che madre del suo ragazzo? Aveva bisogno di una risposta a quella domanda, dopo di che, forse, avrebbe deciso cosa fare, forse.
    Si appisolò senza neanche rendersene conto e sognò. Fece un sogno vago e sbiadito, ma la fine se la ricordava bene, lei tra le braccia di qualcuno, delle braccia forti, che la sorreggevano.
    Venne svegliata dal fastidiosissimo rumore della vibrazione sul tappeto, prese il telefono, senza neanche guardare, doveva essere Pete, era partito due giorni prima e ancora non si era fatto sentire.
    “Chi è?” rispose, con la voce ancora impastata da sonno.
    “Sam, sono io.” La voce di Denise, squillante e sobria, le entrò nella testa.
    “Ciao, capo...è successo qualcosa?” chiese.
    “Dovrei fartela io questa domanda...”
    “In che senso?” domandò la mora, sedendosi meglio sul letto.
    “In questi giorni ti ho vista parecchio strana....”
    “No, che dici...” rise Sam, in modo quasi isterico.
    “So che mio figlio non è un santo, non lo è mai stato. Ti volevo dire, solamente, che, se un giorno tu decidessi di mollarlo, io non avrei nessun risentimento nei tuoi confronti...”
    “Denise, sul serio, va tutto bene.” La rassicurò la ragazza. Quel discorso era venuto nel momento giusto, ma Sam si sentiva comunque strana, incompleta. Le dichiarazioni della donna l’avevano rassicurata, ma l’avevano anche confusa.
    “Ok devo andare...ci vediamo lunedì?” le domandò dolcemente la bionda.
    “Si...ciao Denise.” Disse prima di attaccare Sam.
    Tutto ciò non aveva senso. O forse si, forse Pete non la chiamava perché era con chissà quale ragazza a fare chissà quale porcata, e lei si stava solo complicando la vita; o forse Sam si stava facendo solo un sacco di paranoie, Denise, magari, le aveva fatto quel discorso per mettere le cose in chiaro fin da subito, visto il passato del figlio. Il telefono squillò di nuovo, sta volta guardò il display, era Rob.
    “Allora sei viva!” le disse l’amico, con un sospiro.
    “Si...”rispose le, monocorde.
    “Stammi a sentire, non voglio obiezioni, e non è una domanda; domani sera sei a cena da me, facciamo la brace in giardino.”
    “Ma fa freddo!” tentò di protestare la mora.
    “Macché freddo, Sam! Male che va ti metti una felpa.”
    “Ma...”
    “Niente ma, sono stato chiaro. Ti aspetto alle otto a casa mia. Un bacio.” E riagganciò, senza darle tempo di protestare, di chiedere spiegazioni. La mora, sospirò, scuotendo la testa; si gettò di nuovo sul letto, avrebbe dormito, al diavolo i complessi.


    “Tomi, ti va di uscire?” chiese Bill, entrando in camera del fratello.
    “No.” Rispose secco il rasta, tornando a fissare il soffitto della sua stanza.
    “Perché?”
    “Perché no.”
    “Non è una risposta.” Puntualizzò il vocalist, come un bimbo di cinque anni.
    “Bill, non rompere i coglioni; se vuoi uscire, esci.”
    “Tom, stai diventando peggio di Gustav quando non aveva Isabella; mi dici cos’hai?” domandò dolcemente Bill, sedendosi affianco al gemello.
    “Non ho niente...” rispose vago il rasta, “tranquillo fratellino.” Aggiunse poi, abbozzando un sorriso.
    “Non è vero, e per chissà quale motivo hai deciso di non dirmi nulla...c’entra forse Sam?” chiese il moro, titubante.
    “Lei non c’entra niente.” Rispose subito il rasta, distogliendo lo sguardo dagli occhi del fratello, sapeva che, se avrebbe permesso a Bill di guardarlo dentro, lui avrebbe capito, capiva sempre.
    A salvare il rasta ci pensò il cellulare del fratello, che iniziò a suonare.
    “Ne parliamo dopo.” sospirò prima di rispondere e allontanarsi nel corridoio. “Eccomi Rob.”disse poi Bill, al telefono.
    “Ho sentito Sam, domani alle otto è a casa mia..”
    “Io ho parlato con Tom, ma niente, è come parlare con un muro.” Sospirò Bill, entrando nella sua stanza e sedendosi a terra.
    “Domani, venite anche voi...prima di Sam però.”
    “Dici?”
    “Si, se già siete li non se ne andrà; mentre, se lei è da me e arrivate voi, è capace di dileguarsi dalla porta sul retro.” Spiegò Rob.
    “Pete?” domandò il vocalist, sdraiandosi e allungando le gambe sul muro.
    “E’ partito, torna tra quattordici giorni...A me non me la racconta giusta.”
    “Dov’è andato?”
    “Las Vegas.”
    “Uhm...posso fare un paio di telefonate e controllare i suoi movimenti.” Propose il moro.
    “Stiamo facendo la cosa giusta Bill?” sospirò il ragazzo, dall’altro capo del telefono.
    “Si Rob, non so perché, ma mio fratello quando sta con Sam è un’altra persona, è il Tom che conoscevo tanti anni fa, quello che giocava con me, che mi aiutava a farmi la piastra.”
    “La stessa cosa vale per Sam.” Sospirò Rob.
    “Allora ci vediamo domani.”
    “Ok.”
    Bill si alzò dal pavimento freddo e tornò dal fratello, entrò nella sua stanza senza bussare e rimanendo sulla porta gli disse della cena da Rob.
    “E se non volessi venire?”
    “Tu vieni, senza discutere.”
    “Bill, la devi smettere di prendere iniziative al mio posto. Sei il frontman dei Tokio Hotel, ma, se permetti, la mia vita la decido io!” urlò il rasta.
    “Non c’è bisogno di urlare, fatto sta che tu domani vieni da Rob.”
    “Io non vengo da nessuna parte!”
    “E invece si, porca puttana!” urlò il moro, a sua volta, “ed ora dove diavolo vai?” domandò, vedendo il fratello infilarsi il cappello e la felpa.
    “Sono cazzi miei!” rispose, dando una spallata al moro.
    “Bravo, scappa, razza di codardo!” gli urlò Bill appresso.
    “Come scusa?” si girò Tom, per le scale.
    “Ho detto che sei un codardo! E non mi fai paura, sai.” Disse il moro, guardandolo negli occhi. Tom non rispose, si girò e continuò a scendere le scale.
    “Lo vedi, ho ragione io, scappi per non affrontare il discorso.” Sapeva che stava esagerando, ma le parole gli uscivano fuori così, da sole.
    “No Bill, è diverso, me ne sto andando per non metterti le mani addosso, perché so che poi me ne potrei pentire.” Gli spiegò il rasta, senza neanche girarsi.
    “Avanti, mettimi le mani addosso, sempre meglio che scappare!” insistette Bill, provocandolo.
    Tom esasperato si girò e andò verso il fratello, strattonandolo per la maglia, “E’ questo che vuoi Bill?” gli chiese a due millimetri dal viso; lo guardò negli occhi, fece un lungo sospiro e mollò la presa.
    “Tom, calmati!” gli disse Georg, allarmato da quelle urla.
    “Non ti mettere in mezzo.” Furono le ultime parole di Tom, poi uscì di casa e prese la Cadillac.

    Il rasta guidava per Berlino, si dava dell’idiota, era stato un idiota, quella poteva entrare benissimo nella top ten delle litigate con il fratello, se non lo avrebbe guardato negli occhi a quest’ora Bill avrebbe avuto il setto nasale rotto, invece aveva trovato la forza per non colpirlo.
    Neanche lui sapeva cosa gli stava succedendo, gli mancava Sam, quella notte non aveva pensato ai ricordi e all’effetto che questi gli avrebbero potuto fare; Bill aveva ragione, c’entrava Lei, ma ammetterlo sarebbe stato come ammettere di aver fallito, come ammettere di aver perso e lui odiava perdere.
    Tom continuò a guidare e a fumare, per un altro quarto d’ora, senza far seriamente caso alla strada o a dove stesse andando; se ne rese conto quando, alla sua destra, si ritrovò un palazzo in mattoni rossi.
    Guardò le luci delle finestre del settimo piano, erano tutte accese, doveva essere in casa, magari con quel ragazzo; con un sospiro il rasta scese dalla macchina e si accese l’ennesima sigaretta, fumava, con il naso all’insù, chi lo vede poteva scambiarlo per un qualsiasi ragazzo che aspettava la sua donna sotto casa, peccato che Sam non era sua. Sospirò per l’ennesima volta, buttò il mozzicone di sigaretta e rientrò in macchina; il cielo stellato gli ricordò il fratello, doveva dargli delle scuse, doveva ammettere i suoi errori, almeno davanti a lui, glielo doveva, per tutte quelle volte che lo aveva supportato e che aveva credo in lui, anche quando il mondo gli era contro, per tutte quelle volte che camminava con lui, nella notte.
    Guidò verso casa, veloce, come un pazzo; quando arrivò trovò Bill seduto sugli scalini del grande portone in legno, gli occhi rossi per il pianto, le guance rigate dal trucco colato, il rasta spense la macchina, scese e andò da lui.
    “Mi dispiace.” Gli disse, sedendosi affianco al gemello.
    “Scusa Tomi.” Singhiozzò il moro, abbracciandolo.
    “No Bill, scusami tu, avevi ragione, sono un codardo.” Sospirò il chitarrista.
    “E’ vero, lo sei.” Confermò il moro, facendo ridere il fratello.
    “Senti Bill..” stava iniziando il rasta.
    “No Tom, zitto, non darmi spiegazioni, quando te la sentirai mi dirai cosa ti passa per questa testa bacata, ok?”
    “Va bene.” Sospirò il gemello maggiore, con un sorriso.
    “Solo una cosa...”
    “Dimmi.” Concesse Tom, guardandolo negli occhi.
    “Centra Sam?” domandò Bill, il chitarrista scoppiò a ridere.
    “Eh no...hai detto che non devo darti spiegazioni...quindi, non ti dico neanche se centra lei.”
    “Lei...neanche riesci a dire il suo nome.” Sbuffò il vocalist, poggiando il mento sulle ginocchia.
    “Non è facile, per uno come me.”
    “Stai cercando di ammettere qualcosa?”
    “No Bill, ti ho solo detto che non è facile.”
    “Cosa Tom, cosa non è facile!?” chiese il moro, “non ce la faccio a vederti così.”
    “Bill, ma io sto bene, te lo giuro.”
    “Sicuro?”
    “Si, potrei stare meglio, ma va bene così.” Sorrise Tom, scompigliando i capelli del fratello; poi si alzò e aiutò il moro ad alzarsi.
    “Ti va un panino?” chiese il moro.
    “Wrustel, crauti e maionese?”
    “Sei un porco Tom!”
    “No Bill, sei tu che mangi cose delicate.” Rise il rasta, aprendo il frigo.
    In quel momento il vocalist dei Tokio Hotel capì il suo ruolo in quella bizzarra situazione: lui avrebbe aiutato il fratello.
    Lo avrebbe reso felice, Tom non voleva che lui si mettesse in mezzo, allora lo avrebbe fatto con discrezione, di nascosto, sarebbe stato prudente.
    Bill sorrise di sbieco, era passato da semplice fratello a cupido della situazione, ed era fiero del suo nuovo incarico.

    continua...
     
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  6. •Sheeb
     
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    Bello il capitolo!**
    bravissima!
    mi piace troppo l'ultima parte..mi emoziono sempre nel leggere i momenti tra fratelli!**
    sono troppo carini^^
    posta prestooo!^^
    baci Amon!
     
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  7. *°Nicky°*
     
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    Ho letto gli ultimi due capitoli.
    Una sola parola per commentarli:

    F a n t a s i c i !

    CITAZIONE
    dimenticandosi completamente di essere, oramai fidanzata.

    L'avevo quasi dimenticato anch'io...

    CITAZIONE
    Bill sorrise di sbieco, era passato da semplice fratello a cupido della situazione

    E che cupido! XD

    Continua presto!
     
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  8. Kate ~
     
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    CITAZIONE
    Sospirò per l’ennesima volta, buttò il mozzicone di sigaretta e rientrò in macchina; il cielo stellato gli ricordò il fratello, doveva dargli delle scuse, doveva ammettere i suoi errori, almeno davanti a lui, glielo doveva, per tutte quelle volte che lo aveva supportato e che aveva credo in lui, anche quando il mondo gli era contro, per tutte quelle volte che camminava con lui, nella notte.

    Oh patà! *_____________*


    CITAZIONE
    Bill sorrise di sbieco, era passato da semplice fratello a cupido della situazione, ed era fiero del suo nuovo incarico.

    Vai Honey, vai!!!


    Ora, questo capitolo ci ha chiarito le idee solo su un punto: Tom è cotto a puntino e la coppia Rob-Bill sta facendo di tutto per far capitolare Sam e il bel Tom. Ora, non so cosa ci riserverà il prossimo capitolo, ma mi sa che ne vedremo delle belle xD


    Per inciso, Pete non mi è mai piaciuto, fin dall'inizio U_U


    Brava patà *_______*
     
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  9. .Jada.
     
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    Non devo dire nulla riguardo questo capitolo, tranne, forse, che ho pianto con loro.
    *Il titolo in italiano è cuore spezzato


    Capitolo 9
    Gebrochene Hertz



    Le macchine dall’altro lato della strada non gliela raccontavano giusta.
    Aveva uno strano presentimento e doveva constatare se era fondato, il problema è che si sentiva un’idiota a sbirciare dalla siepe, però, era sicura al mille per mille che Rob non era solo; sentiva delle risate, ma il continuo abbaiare di Billy impediva Sam di riconoscere le voci. Scuotendo la testa tornò all’entrata principale, si strinse nella felpa e, con un sospiro d’incoraggiamento, bussò.
    “Sam! Ce l’hai fatta!” le aprì Rob, abbracciandola e urlando con troppa enfasi in suo nome.
    La mora lo salutò, e poi, sottovoce, chiese se in casa c’era qualcuno, sbirciando, con fare circospetto, in casa.
    “Un sorpresa...vieni.”
    A quelle parole la mora sgranò gli occhi: “No.” Rimase impalata davanti la porta, conosceva il genere di sorprese dell’amico.
    “Sam, ti prego, vieni.”
    “No, guarda...me ne vado.” Sospirò rigirandosi.
    “Non puoi andartene, ho già detto agli altri che saresti venuta.” Le disse prendendola per le spalle, “Bill non vede l’ora di rivederti.” Aggiunse poi.
    “Rob...potrei non farcela.” mugugnò lei, con le lacrime agli occhi; il ragazzo l’abbracciò, sussurrandole si star tranquilla,e la fece entrare.
    “Guardate un po’ chi c’è!” disse uscendo in giardino.
    Tom strabuzzò gli occhi, ingoiando un oliva intera, con tutto il nocciolo, Georg dovette dargli un paio di schiaffi sulla schiena per farlo riprendere.
    “Sam!” urlò Bill, correndo ad abbracciarla, “che fine avevi fatto?” le chiese poi.
    “Uhm..il lavoro e...il lavoro.” Sorrise lei, un po’ imbarazzata; chissà se sapeva cos’era successo.
    “Sempre al lavoro tu eh?!” le disse Georg, andandola ad abbracciare.
    “Si...ma, se stringi più forte non ci andrò più.” Rise lei, facendo ridere gli altri.
    Arrivò davanti al rasta, inevitabilmente i due si guardarono negli occhi, poi, sospirando, si salutarono con due baci sulle guance, quando le loro pelli si toccarono una scarica elettrica percorse entrambi i corpi.
    “Non sapevo che saresti venuta.” Confessò Tom, sottovoce.
    “Lo stesso vale per me.” Rispose lei, sciogliendo l’abbraccio.
    “Sam, sbaglio o ti sei dimagrita?” la voce di Gustav spezzò quel momento imbarazzante.
    “Ehy, Gustav!” lo salutò la mora, “no, semmai tu, ti sei dimagrito.” Aggiunse guardandolo; Isabella scoppiò a ridere, seguita a ruota da Bill.
    “No, tesoro, tranquilla, non si è dimagrito...” le disse Isa, con un sorriso, “è che il nero sfina.” Spiegò poi.
    “Grazie tesoro, ti amo anch’io.” Le rispose il biondino, con finto acidume, facendo ridere ancora di più tutti gli altri.
    “Allora Sam,” iniziò Bill, sedendosi vicino al fratello, “hai nuovi abiti per me?” chiese alzando il sopraciglio.
    “Forse ho una giacca che ti può interessare...”
    Alla parola ‘giacca’ gli occhi del moro si illuminarono e la bocca gli si aprì in un grande sorriso.
    “Solo che non ho l’agenda qui.” Disse poi, Sam, spegnendo il sorriso di Bill, “non sapevo che venivate.” aggiunse, guardando Rob in cagnesco.
    “Chi vuole da bere?” domandò Georg, prendendo una birra per se.
    “Io grazie.” Rispose la mora, andando verso il bassista. Il ragazzo le porse una birra e si sedette su una sedia, Sam era rimasta in piedi, così si sedette sulle gambe di Georg, il quale venne fulminato dallo sguardo di Bill.
    “Georg, mi aiuti con la carne?” il tono di voce usato da Rob lasciava intendere tutto, tranne che quella frase fosse una domanda. Il bassista fece alzare Sam e le concesse il posto, andando con Gustav e Rob vicino al barbecue.
    “Voi, invece, che avete fatto questi giorni?” domandò Sam, tracannando un po’ di birra.
    “Qualche intervista, qualche festa, qualche servizio fotografico...le solite cose.” Sospirò Bill, accasciandosi sulla poltrona in vimini. Billy, il cagnolino di Rob, usci dalla casa scodinzolando verso i ragazzi, ma quando Sam lo chiamò, questi la ignorò saltando sulle gambe di Tom e lasciandosi accarezzare dal rasta.
    “Grazie tante Billy.” Disse la mora, come se il cane potesse capirla.
    “E’ che sente l’odore di Cane...” cercò di spiegare il rasta.
    “Di chi?” domandò Sam, arricciando il naso.
    “Cane...è il mio cane.” Rispose Tom, ridendo sotto i baffi.
    “Hai chiamato il tuo cane, Cane?”
    “Si, certo.”
    “Tu sei scemo!” constatò Sam, alzando gli occhi al cielo.
    “Tom, vuoi la bistecca?” urlò Gustav, facendo distogliere lo sguardo del ragazzo dalla mora.
    “Si grazie.” Rispose il rasta poggiando Billy sulle gambe di Sam, poi andò verso il barbecue con un sorrisetto; la mora si alzò, andò a prendere la borsa ed estrasse il pacchetto di NIL, aveva ricominciato a fumare da due settimane, cercò l’accendino e, aspirando un po’, accese la sigaretta.
    “Da quando hai ricominciato?” le domandò Rob, spuntando da dietro.
    “Da qualche settimana.” Rispose Sam, gettando fuori un po’ di fumo.
    “Allora?”
    “Allora cosa?”
    “Felice di non essertene andata?” le chiese l’amico.
    “Ancora non te lo so dire.” Ammise la ragazza, aspirando di nuovo, “ragazzi, io voglio un paio di spiedini!” urlò poi, rivolta verso il gruppo addetto al barbecue.
    “Arrivano subito!” le rispose Georg, alzando il forchettone.
    “Rob, puoi venire un secondo?” lo chiamò Bill, da dentro la casa.
    “Cerca di divertirti...” disse il ragazzo a Sam, prima di entrare; la mora annuì spengendo la sigaretta nel posacenere , dopo aver fatto un respiro profondo andò vicino al barbecue.
    “Ci vuoi qualche salsa?” le domandò Gustav.
    “Oh no, così vanno bene.”
    “In effetti, sono buonissimi.” Osservò Tom, prendendo uno spiedino e staccando un pezzo di carne con i denti, ma il rasta non aveva, minimamente pensato, che il pezzo di carne potesse essere caldo, troppo caldo e così si scottò la lingua, iniziando ad imprecare.
    “Ben ti sta, razza d’animale.” Sorrise Sam, sfilando lo spiedino dalla mano di Tom e soffiandoci sopra.
    “Cazzo, brucia!”
    “Bevi qualcosa di freddo.” Suggerì Isabella, morsicando il suo hamburger; il rasta sospirò, andando verso il tavolo dove vi erano le bibite e tracannando dell’acqua gelida direttamente dalla bottiglia.
    “Tom, mi porti un bicchiere di coca cola?” gli chiese Sam, con un finto sorriso angelico.
    “Ma neanche morto!” le rispose il ragazzo, guardandola in cagnesco.
    “Dio Tom, non fare il bambino!”
    “E’ colpa tua se mi sono bruciato.” Frignò lui.
    “No Tom, è colpa tua che non pensi mai a quello che fai.” Rispose Sam, abbassando, poi, gli occhi, quella frase poteva essere interpretata in svariati modi; Tom la guardò, inclinando la testa, aveva afferrato gli altri significati della frase, ed era pronto a ribattere se la squillante voce del suo amorevole gemello non l’avesse interrotto: “Tomiii, mi porteresti un bicchiere d’acqua.”
    “Bill, per te vale la stessa cosa; alza il tuo sederino e vieni a prendertela.”
    “Tom, la mia non era una domanda.”
    “Neanche la mia.” Schioccò la lingua il rasta, accomodandosi sulla sdraia in legno.
    “Ingrato.” Sbuffò il moro, alzandosi.
    “Culo pesante.” Lo apostrofò il gemello.
    “Non ricominciate, per l’amor del cielo.” Li pregò Isabella, portandosi una mano sulla fronte.
    “Avevano litigato?” domandò Sam, mangiando il terzo spiedino.
    “Si, ieri...” rispose vago Gustav, tornando a girare la carne; la mora si strinse nelle spalle e si coprì meglio con la felpa, se rimaneva vicino al barbecue stava bene, ma se si allontanava sentiva leggermente freddo.
    “Sam, ma hai freddo?” le chiese Bill, apprensivo.
    “Eh, un pochino.” Ammise la mora.
    “Strano, in genere hai sempre caldo...” constatò Georg, Tom e Sam di guardarono negli occhi, il rasta le sorrise, malizioso, facendola arrossire.
    “Non ho sempre caldo io.” Sbuffò la ragazza.
    “Vogliamo entrare dentro e fare qualche gioco di società?” propose Rob, che era stato in silenzio per tutto il tempo.
    Sam lo conosceva bene, il suo silenzio significava che stesse tramando qualcosa, e l’idea non piaceva affatto alla ragazza; durante la serata Bill e Rob si scambiarono sguardi d’intesa, soprattutto quando lei e Tom parlavano o venivano beccati a guardarsi.

    “Basta, mi arrendo; Bill sei fortissimo.”sbuffò Rob, accasciandosi a terra.
    “Ah ah ah, sono il più forte!” rise Bill, pompando il petto; era la terza partita che vinceva al monopoli.
    “Mio dio, ma tu non fai nulla dalla mattina alla sera?” domandò Sam, guardandolo come se fosse una specie di alieno.
    “No, faccio tante cose; è che, da piccolo, quando il mio amorevole fratellino mi lasciava a casa, io giocavo con i miei genitori.”
    “Io non ti lasciavo a casa!”
    “Certo che si.”
    “Era lui che non voleva uscire...” spiegò Tom, cercando di essere convincente.
    “Chissà dove andavi tu, vecchio porco.” Rise Isabella.
    “Veniva anche Georg.” Disse serafico il rasta.
    “Non mi mettere in mezzo eh.” Lo guardò in cagnesco il bassista, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
    “Scusate, mi vibra il cellulare.” Disse Sam, alzandosi e andando verso un angolo remoto della stanza.
    “Era ora!” sospirò.
    “Scusami, è che sono stato molto impegnato.” Si giustificò Pete, dall’altro lato del telefono.
    “A fare cosa?” domandò la ragazza.
    “Lavoro.” Rispose telegrafo il biondo.
    “Vabbè, tutto bene?”
    “Si, tu?”
    “Benissimo...” rispose, cercando di coprire il baccano che facevano i ragazzi.
    “Ma dove sei?” le chiese Pete.
    “A casa di Rob, abbiamo mangiato qui.”
    “Abbiamo?” ripeté lui.
    “Si, ha invitato anche Bill e compagnia bella.”
    “Come mai?” domandò.
    “Perché sono amici.” Rispose Sam, come se fosse ovvio, in effetti, era ovvio.
    “A che ora torni a casa?”
    “Ma che ne so!” sbuffò la ragazza.
    “Non fare tardi, non mi va che guidi da sola, di notte.”
    “E’ solo questo?”
    “Si, ora devo andare...ti chiamo io, ciao.” E chiuse la telefonata. Sam fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e contò fino a venti, dopo di che, passando per la cucina, andò in giardino, una sigaretta non gliel’avrebbe tolta nessuno.
    Quando uscì il freddo di fine Maggio le pizzicò il viso, la ragazza si chiuse la zip e si mise una NIL tra le labbra; camminò fino ad arrivare alla sdraio di legno, stava per sedevi sopra, ma si accorse di non essere sola.
    “Mi fai accendere?” le chiese Tom, già seduto.
    “Solo se mi fai un po’ di posto.” Rispose Sam, abbozzando un sorriso, il rasta si tirò su, accordando la richiesta della mora, la quale gli passò l’accendino.
    “Come mai qui fuori?” le domandò lui, aspirando una grande boccata di nicotina.
    “Avevo bisogno di prendere aria.” Ammise la ragazza, “tu?” gli domandò poi.
    “Avevo bisogno di una sigaretta.” Rispose Tom, scrollando le spalle.
    I secondi scorrevano, ma nessuno dei due sembrava farci caso, ognuno perso negli occhi dell’altro. Tom si era perso, di nuovo, in quel mare, affogava nell’azzurro degli occhi di Sam, si sentiva come un sub sott’acqua con la bombola di ossigeno quasi finita, sapeva che doveva tornare a galla, ma gli occhi della ragazza, la loro bellezza gli impedivano di usare il cervello, anzi, lo inducevano and andare ancora più affondo.
    Sam, da parte sua, non stava di certo meglio, guardava Tom, non per altro, ma perché, come sempre, era rimasta ipnotizzata da quel castano intenso e dalla forma dolce degli occhi del rasta.
    “Sam, io..”
    “Tom, io..”
    Parlarono assieme, come scossi dallo stesso fremito, come se qualcuno si stesse divertendo a tirare le fila di quella situazione e loro due erano le marionette.
    “Prima tu...” sorrise il rasta.
    Sam sospirò, chiudendo un attimo gli occhi: “Ci sono rimasta male, per due settimane non ti sei fatto sentire,” iniziò la mora, “nessuna chiamata, nessun messaggio niente. Non mi aspettavo fiori e cioccolatini, ma almeno un segno di vita, d’interesse, perché quella notte tu mi eri sembrato diverso,” ammise, chiudendo nuovamente gli occhi e cercando di scacciare indietro le lacrime, “sembravi preso, almeno quanto me, sembravi un altro Tom, ma forse mi sto sbagliando. Tom, io non so che fare, cosa pensare, io non ti ho chiesto niente, ma tu non mi dai nessuna certezza, nessun segno, devo pensare che è stata solo una scopata? Se è stato così dimmelo, ma almeno sii sincero.” Sospirò Sam, alla fine; facendo finta di portarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio scacciò con il dorso della mano una piccola lacrima. Tom la guardava, con la testa leggermente inclinata, non pensava che Sam pensasse quelle cose, non aveva idea che per lei, quella notte aveva quasi lo stesso significato che aveva per lui, perché in fin dei conti, lei stava con Pete. Il rasta sospirò, avvicinandosi alla ragazza, fece scorrere la sua mano sul suo profilo, accarezzando quelle labbra così morbide, poi lentamente vi poggiò sopra le sue di labbra, baciandola leggermente, ma lasciando una scia di calore nel corpo di Sam.
    “Questa è l’unica certezza che ho.” Le disse, guardandola negli occhi, “ma tu hai Pete, e io al contrario di lui non potrò mai renderti felice...”aggiunse poi, alzandosi e mettendo le mani in tasca; Sam di riflesso si alzò e abbracciò il ragazzo, quel gesto le aveva dato coraggio: “Troveremo una soluzione, Tom.” Gli disse, ma il rasta la scansò, dolcemente, non credeva a quello che stava per fare, ma sapeva che, in fin dei conti, era la cosa giusta, doveva essere la cosa giusta.
    “Samy, un modo c’è, ed è facile,” le disse, senza riuscire a sostenere i suoi occhi che, dopo aver udito quel nomignolo, sembravano bagnati, “dobbiamo smettere questa cosa, qualsiasi cosa sia, anche se è appena iniziata.”
    “Cazzo Tom, ma che razza di persona sei eh?” scoppiò la mora, dandogli una lieve spinta, “non puoi fare così, non puoi giocare con i sentimenti degli altri.”
    “Ah io? Si da il caso che non sia io quello fidanzato...”
    “C’è una differenza, sono pronta a separarmi da Pete, ma non da te, quella notte è stata la più bella notte da...un sacco di tempo.”
    “Sam, io non sono Pete, io non so essere un’amorevole fidanzato.”
    “Pete non è un’amorevole fidanzato...ma di sicuro è meglio di te!” urlò, puntandogli il dito contro.
    “Resta con Pete, è la cosa migliore.” Mormorò lui, a testa bassa.
    “Se è la cosa migliore,” ripose Sam, tirando su con il naso, “perché ho l’impulso di baciarti?”
    “Non lo so, ce l’ho anch’io, ma è sbagliato.” Le confessò Tom, avvicinandosi, Sam chiuse gli occhi, ma il rasta al contrario di tutte le aspettative gli diede un bacio sulla fronte.
    “Stammi bene Sam.” Sospirò, staccandosi.
    “Ciao Tom.” Disse lei, sedendosi sulla sdraio e guardando Tom allontanarsi.
    Il rasta entrò da porta della cucina, facendo un respiro profondo, Bill lo guardò, con uno sguardo eloquente, che valeva più di mille parole; Tom, a sua volta guardò il gemello, voleva stare solo e il moro annuì, capendo la richiesta che gli occhi del fratello gli stavano facendo.
    “Vado a casa, sono stanco” spiegò, telegrafo, “ciao Rob, grazie di tutto.” Disse poi, con un sorriso amaro.
    I ragazzi non avevano sentito il battibecco, Bill andò a distrarli, mentre Rob andò fuori; trovò Sam seduto a terra, sull’erba, con la testa fra le ginocchia e le spalle scosse da sussulti, il suo cuore si era rotto, frantumato in mille pezzi come un vaso di cristallo.
    Tom guidava verso casa, con il finestrino aperto e le guance umide, cercando di auto convincersi che gli occhi gli fossi fossero arrossati per via del polline e che ora, l’acqua sulle guance era dovuta al finestrino aperto.
    Sam e Tom, si erano divisi da una decisione, quasi, comune, ma entrambi erano uniti da una bugia, e presto l’avrebbero capito.

    continua...
     
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    .
  10. •Sheeb
     
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    **
    oddio, sto piangendo pure io..
    mio dio..è bellissimo quiesto capitolo!
    cavolo bravissima davvero!
    posta presto..spero che lo capiscano in fretta!
    baci Amon..
     
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    .
  11. Kate ~
     
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    CITAZIONE
    Tom guidava verso casa, con il finestrino aperto e le guance umide, cercando di auto convincersi che gli occhi gli fossi fossero arrossati per via del polline e che ora, l’acqua sulle guance era dovuta al finestrino aperto.

    Ma ç____________ç
    Ma no, ca**o!


    Jadì, noooo! Nein! Noooo! ç_ç
    Mortacci de... Pete! xD
     
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  12. .Jada.
     
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    CITAZIONE
    Mortacci de... Pete! xD

    Certamente, tacci sua U_U
     
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    .
  13. •Sheeb
     
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    ahahahha!
     
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  14. *°Nicky°*
     
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    Come sempre è bellissima...non so che dire, sono ripetitiva ma è così...

    CITAZIONE
    Tom strabuzzò gli occhi, ingoiando un oliva intera, con tutto il nocciolo, Georg dovette dargli un paio di schiaffi sulla schiena per farlo riprendere.

    Me la immagino la scena! XD

    Comunque oltre ad essere davvero bello come capitolo...è così commovente... :tytu:
    Ti prego...continua!
     
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  15. .Jada.
     
    .

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    Eccoci qui, con il nono capitolo.
    Torna una vecchia conoscenza, Jessica, la rossa del capitolo 4.
    E c'è una new entry, la dolce Kris, che spero vi piaccia^^
    Il capitolo è stato ispirato da Gossip Girl, o meglio da una puntata delle seconda stagione che, appunto, si chiama The dark night.
    Vi metto due foto delle nuove ragazze, e poi vi lascio al capitolo, mi aspetto costruttivi eh.



    Capitolo 10
    The dark night



    Tutto sembrava apparentemente tranquillo in casa Tokio Hotel, al secondo piano il silenzio regnava sovrano, disturbato, solo, dal rumore del russare che proveniva dalle stanze chiuse, ma al pian terreno la situazione era ben diversa.
    “Ho detto rose, non gardenie...” Bill Kaulitz, molto irritato, sbraitava al telefono, “Questa sera do una festa, esigo le rose, entro le cinque di questo pomeriggio.” Ordinò il ragazzo, guardando l’orologio, era ancora mezzo giorno, cinque ore erano più che sufficienti, “Allora..come ha detto che si chiama? ... Lucy, mia cara Lucy, lei sa chi sono io, giusto? ... Bene, per cui, o entro le cinque di questo pomeriggio i consegnerà le mie rose, oppure mi tengo le gardenie e non le do un centesimo, ok?” disse Bill, fermandosi davanti lo specchio e ammirandosi. “Bene Lucy, sono sicuro che riuscirai a fare del tuo meglio, un bacio.”aggiunse alla fine, prima di riagganciare.
    La gente, delle volte, proprio non si rendeva conto di quanto fosse difficile la sua vita, doveva organizzare party, doveva fare servizi fotografici, interviste e concerti; avrebbe pagato oro per tornare un ragazzo normale, stare sui banchi di scuola, magari innamorarsi di una compagna di scuola, ed invece no, era diventato il vocalist dei Tokio Hotel e ciò comportava una serie di problemi, tra cui stress, affaticamento e altro stress.
    Quella sera doveva essere perfetta, avrebbe fatto riconciliare gli animi di Sam e Tom, l’idea della festa era stata perfetta, e Rob si era incaricato di dire tutto a Sam, impedendole di rifiutare l’invito.
    Dopo il barbecue a casa di Rob, Tom sembrava tornato alla vecchia vita da play boy, ma il moro non era stupido e notava l’unica, piccola, differenza che c’era tra il vecchio play boy ed il play boy di quei giorni: gli occhi.
    Gli occhi di Tom erano spenti, non sorridevano come facevano una volta, era come se fossero rimasti a quella sera di sette giorni fa, affogati negli occhi di Sam e mai più tornati a galla.

    Lavorare di domenica era una delle cose più tristi che gli potesse mai capitare, eppure Sam e Rob, a mezzo giorno di una soleggiata domenica, si trovavano all’Atelier, indaffarati a rassettare, decorare e tagliare delle stoffe pregiate. Tra una settimana ci sarebbe stata la sfilata della nuova linea giovani di Denise Van Der Kamp, per cui, nessun dipendente, dalle otto di mattina, alle sette del pomeriggio, poteva permettersi di assentarsi, ammalarsi o cose simili, anche la pausa bagno era vietata, se non in rare occasioni.
    “Questa sera a che ora ti passo a prendere?” domandò Rob, sotto voce alla mora.
    “Ti passiamo a prendere noi.” Rispose lei, con un sorriso.
    “Noi?” chiese il ragazzo, corrugando la fronte.
    “Si, io e Pete.” Specificò lei, e per poco Rob non si cuciva un dito.
    “Ma...ma..ma non è stato invitato...”
    “Non penso che una persona in più possa recar danno.”
    “Uffa.” Sospirò Rob, sconsolato. Avrebbe dovuto fingere un malanno, andare in bagno e avvisare Bill, con Pete nei paraggi sarebbe stato un gran casino.
    “Cosa c’è?” gli chiese Sam.
    “Nulla..è che...pensavo fosse una serata tra amici...” rispose lui, vago.
    “Ma, Pete è tuo amico.”
    “No Sam, Pete è il ragazzo della mia migliore amica, tutto qui.”
    “So che non ti va a genio, ma ora stiamo assieme, per cui mi è sembrato giusto farlo venire con me.”
    “E Tom?” domandò Rob, guardandola negli occhi.
    “Tom è solo un amico.” Rispose lei, abbassando lo sguardo sull’ago e il filo che teneva in mano.
    “Certo, certo.” Lasciò correre il ragazzo, si alzò con un sospiro, “se arriva il capo, dille che ho avuto un forte mal di pancia.”
    “Va bene.”
    Rob si diresse velocemente verso il bagno, vi entrò e si chiuse a chiave, poi estrasse il cellulare e compose un numero che, oramai, conosceva a memoria.
    “B, abbiamo un problema.” Disse, telegrafo.
    “Parla.”
    “Viene Pete.”
    “Cosa!?” sbraitò Bill, all’altro capo del telefono.
    “Hai capito bene.”
    “Merda, sarà più difficile del previsto.”
    “Ma non impossibile...devo andare, senno il capo mi uccide.”
    “A sta sera, troveremo un soluzione.” Gli promise il moro, prima di riagganciare.

    Un Tom, in mutande e ancora mezzo addormentato, vagava per il secondo piano alla ricerca delle scale, la sera prima era stata devastante, e, per affrontare la festa che il suo amorevole gemello aveva organizzato, doveva spararsi, via endovena, qualche litro di caffè.
    Avendo finalmente trovato le scale, scese al piano di sotto, e vide suo fratello seduto sul ripiano della cucina che, sconsolato, fumava una sigaretta, sembrava uscito da qualche soap opera di basso livello.
    “Buon giorno.” Sbadigliò il rasta, grattandosi un braccio.
    “Ciao Tom.” Sospirò il moro, guardandolo.
    “Che c’è?” domandò Tom, versando in caffè nella sua tazza preferita, quella di Pamela Anderson, calendario 1994, mese di agosto.
    “Il fioraio ha sbagliato fiori.” Mentì Bill, non poteva di certo dirgli che i suo piani erano andati in fumo a causa della presenza di Pete.
    “Sorridi Bill, sono solo fiori.”
    “Non sono solo fiori Tom! Avevo richiesto le rose, e loro che fanno, mi portano le gardenie, capisci?”
    “Veramente...no.” ammise il rasta, stiracchiandosi.
    “Andrà tutto male.” Disse il moro, portandosi, teatralmente una mano sulla fronte; aveva sempre pensato che, se un giorno la sua carriera di cantante sarebbe finita, lui avrebbe potuto, di certo, sfondare nel mondo del teatro, il suo si che era talento.
    “No Bill, tranquillo, sarà tutto perfetto.” Lo rincuorò il Kaulitz maggiore, “senti...ho detto ad una persona di venire alla festa, nessun problema vero?” aggiunse poi, con un sorriso smagliante.
    “Tu cosa?” chiese il moro, retoricamente, “a chi l’hai chiesto, a chi?” aggiunse tirando un po’ di nicotina dalla sigaretta.
    “A Jessica.” Rispose lui, con una scrollata di spalle.
    “Jessica la rossa, o Jessica quella scura di pelle?” domandò Bill, sarebbe andato tutto a rotoli, l’aveva detto.
    “Jessica la rossa.”
    “Ma cos’è questa moda di invitare le perone al mio party?! E’ il mio party, lo decido io chi invitare!” sbraitò il moro, enfatizzando sul aggettivo possessivo, sotto lo sguardo shoccato del fratello.
    “Ma sei scemo o cosa?”
    “Andrà tutto male.” Disse di nuovo Bill, questa volta senza recitare.
    “Perché ho invitato Jessica?” domandò Tom, corrugando la fronte, delle volte lui e il fratello viaggiavano su lunghezze d’onda totalmente diverse.
    “Perché...lascia stare.” Sospirò il moro, scendendo dal ripiano della cucina, “vado a farmi una doccia.” aggiunse poi, uscendo. Tom lo guardò confuso, suo fratello aveva bisogno di una donna, decise che avrebbe chiesto a Jessica di portare una sua amica...

    “Gira a destra, è la terza villa.” Disse Sam a Pete.
    “Quella più grande.” Aggiunse Rob, con un sorriso.
    Quando arrivarono rimasero con gli occhi sbarrati, ci saranno state una settantina di macchina, e meno male che, a sentire Bill, quella era una festicciola tra amici.
    “Pochi intimi eh...” rise Pete, spegnendo il motore del suo Mercedes.
    “Ama fare le cose in grande, lui.” gli rispose Rob, scendendo.
    “Tutto bene, piccola?”
    “Si...”mugugnò Sam, guardando Pete ,ma in quel momento vedeva solo due paia di occhi che non erano azzurri, anzi, erano dello stesso colore del cioccolato; scendendo dalla macchina Sam scosse la testa, doveva togliersi Tom dalla mente, ma più si ripeteva a se stessa di farlo più desiderava rivederlo, oramai gli bastava questo, qualche sguardo.
    “Ben arrivati!” li accolse Georg, sorridente come sempre.
    “Ciao G!” disse Sam, abbracciando il ragazzo, “lui è Pete.” Gli disse poi.
    “Piacere...”
    “Piacere mio...Sam mi ha parlato molto della tua passione per le moto.” Disse Georg, cordiale.
    “Anche a lui piacciono, molto.” Spiegò Sam, verso Pete; i due iniziarono a parlare, così Sam e Rob si fecero un giro, cercando qualche altro membro dei Tokio Hotel.
    “Ragazzi!” li bloccò Bill, con un bicchiere in mano, “ce l’avete fatta ad arrivare!”
    “Il ragazzo di Sam ha sbagliato strada, due volte.” Sospirò Rob, guardando l’amico.
    “Ed ora dov’è?”
    “Sta parlando con Georg, di moto.” Gli disse Sam, baciandolo sulle guance.
    “Capisco...Rob, vieni un attimo con me, devo...devo farti conoscere quel mio amico.” Disse Bill, prendendo il ragazzo per un braccio, poi guardò Sam, “fa come se fossi a casa tua.” Le disse poi, dileguandosi.
    Sam sbuffò, l’avevano piantata tutti in asso e in giro non c’era l’ombra di Isabella, per cui decise di dirigersi verso le bevande, ma, appena si girò, le sue gambe si bloccarono, incapaci di andare oltre; Tom e una rossa stavano flirtando davanti le bottiglie di liquore, il volto di lei le era famigliare... Certo, loro due avevano chiuso tutto quello che c’era, ma vederlo li, faceva male, più di un pungo allo stomaco ben assestato, più di un ago che ti buca il dito; cercò di non fare uscire quelle lacrime maledette e andò a cercare Pete tra la piccola massa di persone che occupava il piano inferiore della villa, lo trovò a parlare, ancora con Georg.
    “Ancora a parlare di moto voi due?”chiese, cercando di sembrare ironica.
    “Eh si, raramente trovo qualcuno a cui piacciono.” Le rispose Georg, serafico.
    “Andiamo a prendere da bere?” le domandò Pete, cingendole la vita.
    “Da bere...al tavolo dei liquori...direi...direi di si.” Rispose, sperando che Tom e la sua amichetta se ne fossero andati. La coppia si avviò verso le bevande, Sam si guardava a destra e a sinistra, non c’era traccia di rasta, per cui, molto probabilmente Tom se l’era squagliata.
    “Che te ne pare?” chiese Sam a Pete.
    “La casa è grandissima, e l’arredamento è di buon gusto.” Rispose il ragazzo, con molta professionalità.
    “Intendevo di Georg, io.” Scosse la testa Sam, sorridendo.
    “Ah, è molto simpatico, e poi abbiamo una passione in comune.” Le disse, dandole un bacio sulla testa, “allora, che vuoi da bere?” le chiese poi, arrivati al tavolo.
    “Cuba libre.”
    Pete versò da bere a Sam e si prese una birra per lui, doveva guidare e quindi preferiva restare sobrio.
    “Dov’è il tuo amico?” le domandò.
    “Rob?”
    “No, lo scopettone.” Specificò il ragazzo.
    “Ah...non lo so, non l’ho visto in giro.” Rispose vaga lei, finendo di bere il suo drink; si sentì poggiare un cappello sulla testa, si voltò e c’era Rob con la macchina fotografica in mano.
    “Fatti una foto con il mio cappello, su!” la incitò l’amico; Sam si mise in posa, bevendo un po’.
    “Ma Bill?”
    “E’ con una ragazza...l’amica dell’amica di Tom.” Rispose con una scrollata di spalle Rob, “a proposito, hai visto con chi è venuto il rasta?” domandò poi, prendendo Sam sotto braccio, la quale non lasciava la mano di Pete neanche per un secondo.
    “No.” Rispose, telegrafa.
    “Con Jessica.”
    “Dovrei conoscerla?”
    “Su Sam, non fare la stupida...Jessica, la rossa, quella delle stoffe...” cercò di spiegarle.
    “Ah...è carina.” Mentì lei, “fanno una bella coppia.”
    Rob la guardò male, borbottando qualcosa a mezza bocca, poi il gruppetto incontrò Bill e la sua conquista, una ragazza castana dalla pelle diafana, con dei profondi occhi marroni; il moro la presentò come Kris e poi si diresse verso il piano di sopra, facendo l’occhiolino a Sam.
    “Ragazzi!” si sentirono chiamare, la ragazza, dentro di se continuava a sperare che non era Tom, e per una volta le sue preghiere vennero esaudite, infatti erano Gustav ed Isabella.
    “Ehy, tesoro!” le disse Isa, abbracciandola, “bellissimo vestitino.” Aggiunse.
    “Lui è Pete.” Disse Sam, presentando il suo ragazzo agli altri due.
    La serata trascorreva tranquillamente, Sam stava sempre attaccata o a Pete o a Rob, aveva paura di trovarsi da sola, perché se avrebbe incontrato Tom sarebbe stata la fine, avrebbe ceduto.
    Tom, da parte sua, si chiedeva come cavolo era possibile che non riuscisse mai a beccare la mora, ogni volta che la vedeva e cercava di avvicinarsi lei si allontanava, e poi quel bellimbusto che si portava dietro, gli dava ai nervi.

    “Tom, vuoi ballare?” gli chiese Jessica, avvinghiandosi al suo collo, non ricordava che fosse così appiccicosa.
    “No.” Rispose lui, guardando dall’altra parte della stanza, aveva puntato la mora.
    “Vado a farmi un giro.”sbuffò la rossa, allontanandosi.
    Tom vide Sam scusarsi e dirigersi verso le scale, le salì, sicuramente doveva andare in bagno; il rasta decise di seguirla, finalmente era da sola, avrebbero potuto parlare, gli sarebbe bastato anche un ‘vaffanculo’, purché sentisse la sua voce.
    Salì le scale con descrizione, ma si stupì quando vide che Sam non entrò in bagno, bensì in una camera da letto, la sua camera da letto, sicuramente si era sbagliata.
    Tom arrivò davanti la porta di quella che era la sua camera, ma nel momento esatto che poggiò la mano sulla maniglia tutte le luci della casa si spensero, Berlino era in blackout, il rasta rise tra se, quello era un segno secondo lui, qualche entità superiore era contrario alla sua scelta e così gli dava modo di risistemare il danno che aveva fatto l’ultima volta; si leccò il piercing, entrando.
    “Chi è?” chiese Sam, insospettita dal cigolio della porta.
    “Hai finito di evitarmi?” le domandò il ragazzo, avanzando verso di lei.
    “Tom?”chiese lei titubante, poi aguzzò la vista, “che cavolo ci fai qui!?”
    “Non hai riposto alla mia domanda.” Le disse lui, con un sospiro, Sam non rispose, e cercò di dirigersi verso la porta, ma il corpo di Tom era un ostacolo.
    I capelli di Sam emanavano il solito odore di more, che mandava in estasi il rasta, inspirò profondamente, chiudendo gli occhi, Sam lo guardò piegando la testa, erano così vicini, troppo vicini, il profumo muschiato di Tom le invase le narici.
    “Devo andare da Pete.” Sussurrò, più a se stessa che al rasta, abbassando gli occhi.
    “C’è un blackout.” Le disse Tom, prendendola per il braccio, “è pericoloso scendere le scale.” Aggiunse, sogghignando.
    “Tom, è...” le parole le morirono in gola quando le labbra del ragazzo si posarono sul suo collo.
    “Cosa?” le chiese lui, continuando a baciarle la mascella.
    “Nulla.” Sospirò, mettendo le braccia intorno al collo del rasta, intanto la luce era tornata e la lampada a muro del rasta illuminava lievemente la stanza.
    I due si abbandonarono sul letto di Tom, pronti a consumare nuovamente la loro passione che bruciava. Oramai erano entrati in un circolo vizioso, come un drogato con la sua eroina, Tom aveva bisogno di Sam, e viceversa, ed era inutile mentire a se stessi.
    “Rob, hai visto Tom?” domandò Bill, con una torcia in mano, quel party era un vero schifo, sarebbe stato sui giornali di mezza Germania il giorno dopo.
    “No, adesso che ci penso, Sam doveva andare in bagno, ma poi è andata via la luce, sarà rimasta di sopra...” rispose, era rimasto solo, visto che Pete era uscito in giardino con Georg, per ammirare la moto del bassista.
    “Io sono sceso poco prima che si spengesse tutto, ma Sam proprio non l’ho vista.”
    “Bill, hai visto tuo fratello?” arrivò Jessica, infuriata.
    “No.” Rispose il moro, telegrafo.
    “Quando lo vedi, digli che con me ha chiuso!” sbraitò la ragazza, poi guardò l’amica che era al fianco di Bill, “tu che fai, vieni via con me?” Kris guardò il vocalist, stringendogli la mano.
    “Tranquilla rossa, resta a dormire qui.” Rispose lui, schioccando la lingua.
    “Tom me la pagherà Bill, te lo giuro, lui e la sua amichetta.” Sentenziò la rossa, con una luce negli occhi, poi guardò Rob e se ne andò.
    “Piccola, aspetta un attimo qui, io vado a cercare mio fratello.” Disse Bill, rivolto a Kris, lei annuì, abbozzando un sorriso, “tu Rob, vieni con me.” Aggiunse il moro, prendendo il ragazzo per il braccio.
    “Bill che c’è?” chiese Rob, mentre salivano le scale con cautela
    “C’è che mio fratello è uno sporco figlio di puttana!” rispose il moro, con un sorriso.
    “Bill, siete figli della stessa madre...”
    “Eh lo so.” Rise.
    “Comunque, non capisco cosa intendi...”
    “Mancano sia lui che Sam...” gli disse il vocalist, lasciando arrivare il ragazzo alle dovute conclusioni che, quando ci arrivò, fece una risata diabolica. I due si diressero verso la stanza di Tom, con passo felpato, arrivati davanti la porta si accorsero che questa era semi aperta. Cercarono di sbirciare dentro la fessura, ma l’assenza di luce rendeva la vista impossibile, potevano solo sentire le parole dei ragazzi, nella stanza:
    “Non hai riposto alla mia domanda.”
    “Devo andare da Pete.”
    “C’è un blackout.”
    “Tom, è...”
    “Cosa?”
    “Nulla.”

    Bill e Rob sospirarono, poi tornò la luce e videro i due ragazzi baciarsi, accarezzarsi e stendersi sul letto, decisero di non violare quell’intimità, quel momento tanto desiderato, così chiusero la porta, cercando di essere silenziosi, poi si guardarono e si abbracciarono, sembrava che tutto stesse andando per il meglio. Sam, Tom, Bill e Rob avevano dimenticato però un piccolo particolare, Pete era al piano di sotto e cercava la sua ragazza ed una rossa meditava la sua vendetta.


    Continua..


    Uh, mi stavo quasi dimenticando, Rob ci ha gentilmente concesso la foto di Sam, scattata da lui in persona durante il party di Bill Kaulitz.

     
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