Zu Schwach

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Fee1702
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    Questa OS l'ho in mente da troppo tempo, ma riesco a scrivere solo quando ho uno stimolo e solo di getto. Quindi l'ho iniziata e finita in meno di venti minuti xD.
    E' particolare, nel senso che è la rivisitazione di una one shot scritta dalla mia migliore mia amica, vista, però, dal punto di vista di Bill, qualche mese dopo. Purtroppo non posso linkare l'altra one shot perchè è postata nel mio forum, non su questo ^^
    Comunque, vi lascio alla lettura.

    Zu Schwach

    Estraggo la sigaretta dalle mie labbra e la getto a terra, dopo averla spenta distrattamente sul muro di questa camera d’Hotel, l’ennesima. Queste pareti non mi dicono nulla, eppure, chissà quanto avrebbero da raccontare, chissà di quante scene di vita saranno state mute spettatrici. Infatti, in questo momento lo sono anche di queste mie ore.
    Ma non ci sarebbe molto da dire in questo caso. Mi sono limitato a rimanere steso su queste lenzuola per un bel po’, abbastanza.
    Abbastanza da scrutare con falsa attenzione tutto quello che regna qui dentro.
    Dai vasi di fiori freschi che aspettano solo di appassire per essere cambiati, dai cestini colmi di vari prodotti di bellezza e saponi, deposti con cura dalle mani di qualche giovane inserviente dal volto stanco. Ho osservato a lungo le luci di questa città dal vetro della finestra, accendersi e spegnersi al passare di auto dirette chissà dove, chissà con quale scopo. Sfrecciano via, lontane, guidate da persone ignote con una meta. Qualcuno starà raggiungendo la propria moglie, indaffarata di fronte ai fornelli, con il viso contratto in una smorfia di insoddisfazione, quando si accorgerà di quella parte di carne un po’ bruciacchiata.
    Qualcun altro starà tornando a casa dopo una giornata passata sui libri, stanco, ma sollevato di potersi stendere un po’, prima di cena sul proprio letto e annusare il profumo del bucato, piegato sul comò dalla madre, pronto per essere riposto. Ma sarà troppo impegnato a ricordare qualche particolare della giornata, per badarvi, per pensare che magari un giorno, quello stesso profumo lo riporterà indietro nel tempo, magari a rimpiangere i muri di casa, magari a sorridere, o per pensare che c’è chi, come me, non avrà un profumo da associare alla propria casa.
    O forse, lo sto solo negando a me stesso, anche adesso, adesso che non serve continuare ad annegare nel proprio orgoglio, perché non potrò comunque sentirmi vincente. Perché non ci sarai tu a rivolgermi un’espressione imbronciata, se non ammetto che quel profumo, per me, corrisponde all’odore dei tuoi capelli. Se non ammetto che per me “casa” voleva dire averti intorno, sempre, ovunque. Che fossimo in un Hotel, come adesso, che fossimo in un camerino, che fossimo in una terrazza a sproloquiare, mentre io fumavo come una ciminiera e tu mi dicevi di smetterla, che avrei di nuovo avuto problemi con la voce e giustificando di eseguire solo gli ordini di David, non confessando che in realtà, ti stavi solo preoccupando per me.
    Sorrido ora a quei ricordi, eppure dovrei incazzarmi, con me stesso e con te.
    Perché ho sempre saputo cosa pensavi tu in realtà ed ho sempre saputo cosa pensavo io. Eppure, nessuno dei due ha mai teso una mano verso l’altra. Nessuno di noi due ha chiesto all’altro di venir salvato dai propri dubbi, dalle proprie incertezze, per non sentirsi deboli, dato che alla nostra età ci sentiamo solo invincibili.
    Quando ci gridavamo contro le peggiori offese, guardandoci dritti negli occhi, nessuno di noi due ha mai urlato le vere parole. Né io né te, abbiamo mai urlato: “Ho paura”.
    Perché si trattava solo di questo, solo di una fottuta paura di sentirsi troppo legati a qualcuno di troppo simile, che ci ricorda noi stessi, paura di specchiarsi in altri occhi, che seppur diversi, ci ricordano quanto siamo fragili, quanto siamo stupidi, anche quando non vuoi vederlo. Ed io non ho mai voluto vedermi in te.
    Perché eri una tipa troppo saccente per i miei gusti, troppo occupata a farti vedere calma e gentile, piuttosto che come eri veramente. Quello è stato un privilegio concesso solo a me, a me che mi sono autoconvinto che quella che eri davvero, non mi piacesse neanche un po’, quando invece, ne andavo pazzo.
    Andavo pazzo della tua aria di sufficienza, dei tuoi occhi severi quando commettevo qualche cavolata, tanto da commetterle a posta, solo per vedere quello sguardo rivolto solo a me. Andavo pazzo della tua corazza della quale ti circondavi quando cercavo di offenderti, perché mi sentivo forte, quando riuscivo a scorgere delle crepe, dettate dal tenero rossore di cui si ricoprivano le tue guance. Ma non sono stato capace di vivere tutto questo. Mi limitavo a sorridere, quando invece avrei dovuto sfiorarle, quelle maledette guance e dirti quando cazzo eri bella in quei momenti. Perché ti brillavano gli occhi, perché io mi perdevo in quel mare ogni volta ed anche ora vorrei essere lì a naufragarvi, invece che essere steso su queste lenzuola di lino a mordermi un labbro per non aver combattuto, pensando di esser stato giudicato come un debole, quando in realtà sarei stato il più forte di tutti.
    Perché adesso ti avrei accanto, perché adesso sarei felice, perché adesso non scriverei canzoni su un amore che desidero e che forse non troverò mai. No, perché me ne sono accorto solo adesso, che era proprio accanto a me in ogni istante e portava i tuoi capelli biondi, i tuoi occhi azzurri e il tuo sorriso.
    Portava il tuo nome, Camilla.
    Prendo il cellulare e scorro la rubrica, in questo momento sullo schermo il tuo nome appare illuminato, mi chiedo se anche tu ogni tanto leggi il mio, così, giusto per farlo e illuderti di riuscire a schiacciare quel maledetto tasto prima o poi.
    Ma sorrido, perché già lo so che non lo farai, perché tu sei come me, sei me stesso riflesso in un’altra persona e ancora pensi di riuscire a cavartela da sola, raccontando a te stessa che questi pensieri che ci facciamo entrambi, sono solo sporadici momenti di debolezza che non ci piegheranno, perché noi siamo forti, perché noi ci bastiamo da soli.
    Ed allora ripongo il cellulare sul comodino e sospiro, tornando a perdermi nel nulla che questa camera mi regala, pensando a te, che avresti riempito il vuoto che mi circonda e cessato il silenzio che inonda le mie orecchie ogni volta che una voce femminile prova a farsi spazio in esse. Non c’è posto per loro, io amo te e forse un giorno riuscirò a dirt

    elo.
     
    Top
    .
0 replies since 25/12/2009, 19:14   52 views
  Share  
.