Deraglia la Circumvesuviana, un morto

Testimone shock: "Macchinista al cellulare"

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  1. Nahara Abish
     
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    Arrivato alla periferia industriale di Gianturco, il treno che collega i comuni vesuviani con il capoluogo affronta una curva con troppa velocità, esce dai binari e si accartoccia su se stesso. Giuseppe Marotta, 71 anni, muore. Due i feriti gravi tra le lamiere, oltre 50 più leggeri. Si indaga sulle cause, ma un giovane racconta: "Il conducente era al telefonino, poi è scappato"

    NAPOLI - Morire sulla Circumvesuviana. Non è la prima volta, ma l'incidente di oggi, un deragliamento a Gianturco, alle porte di Napoli, è particolarmente impressionante per la linea ferroviaria che collega i comuni vesuviani a Napoli, convogli di poche carrozze frequentati durante l'anno da tantissimi pendolari, studenti e abitanti della provincia che vanno in città. Poco dopo le 11, il treno proveniente da San Giorgio a Cremano lascia i binari dopo una curva affrontata con eccessiva velocità e si accartoccia su se stesso.

    Nel disastro muore il 71enne Giuseppe Marotta, che non sopravvive alla traumatica amputazione delle gambe. Il bilancio ufficiale dei feriti ricvoverati negli ospedali napoletani è di 58 persone, due gravi: un giovane di 25 anni, Vincenzo Scarpati, in rianimazione per trauma cranico, e una donna che arriva in chirurgia d'urgenza con traumi alla testa e all'addome. Sulle cause nessuno si sbilancia, si aspetta l'analisi della scatola nera. Ma con le testimonianze di chi c'era si fa strada la possibilità dell'errore umano. Un gravissimo errore umano. "Il macchinista era al cellulare".

    In una calda giornata d'agosto, il treno proveniente da San Giorgio a Cremano che poco dopo le 11 è ormai alle porte di Napoli ospita nelle sue carrozze soprattutto gente anziana o di mezza età. Superata la stazione del Centro Direzionale, il treno è prossimo alla periferia industriale di Gianturco quando si scatena l'inferno. Il convoglio entra con eccessiva velocità in una curva a sinistra da affrontare rispettando il limite dei 20 chilometri orari. "Il treno è andato dritto, fuori dai binari - racconta un'impiegata del Centro Direzionale che si trovava in una carrozza che non si è ribaltata -. Io lo prendo spesso, in quel punto la velocità si avverte ma non so dire che cosa è successo. La prima carrozza era completamente distrutta, la seconda le è finita sopra, ponendosi quasi in verticale. Una scena terribile, scappavamo tutti mentre c'era i feriti e sague dappertutto. Io sono stata miracolata".

    Il treno si accartoccia tra i palazzi che a Gianturco costeggiano la strada ferrata. Dai balconi la gente urla, partono le chiamate al 118, dalle officine alcuni operai corrono verso la ferrovia per prestare i primi soccorsi. Umberto e Gianni individuano tra le lamiere il corpo straziato di Giuseppe Marotta. "Abbiamo cercato di usare delle cinture per bloccargli l'emorragia, ma purtroppo era già troppo pallido e aveva perso tanto sangue. Il nostro rammarico è di non averlo potuto aiutare di più". E i due operai denunciano la perdita di tempo prezioso. "Sentito Il boato abbiamo immediatamente telefonato, sia con i cellulari che con il telefono dell'azienda a polizia, vigili del fuoco e 118 per chiedere aiuto. Ci hanno chiesto informazioni dettagliate, le ambulanze sono arrivate dopo circa 20 minuti dopo il deragliamento".

    I vigili del fuoco entrano tra le lamiere accartocciate per estrarre i feriti, mentre una quindicina di ambulanze convergono sul luogo dell'incidente. Sconsolato, arriva anche il sindaco. "Nulla viene risparmiato a questa città", sospira Rosa Russo Iervolino.

    "Non abbiamo avuto neanche il tempo di accorgerci di cosa stava accadendo. All'improvviso, ci siamo trovati sottosopra. La gente urlava, c'era sangue, ho visto volare un ragazzo fuori dal finestrino". E' il racconto di Mario, 30 anni, da cui si può immaginare la scena che accoglie i primi soccorritori. Giuseppe Marotta è ancora in vita quando arriva all'ospedale Loreto Mare, dove spira. Di fronte all'emergenza, nel nosocomio gli infermieri interrompono la protesta per l'aumento del salario.

    Quando l'opera di soccorso e di ricovero dei feriti è ormai completa, iniziano i primi rilievi della scientifica. Sulle cause del disastro nessuno si sbilancia, anche se si apprende molto presto dell'improvvisa accelerazione del convolgio in quella maledetta curva. Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli, annuncia una commissione d'inchiesta, mentre l'ente autonomo Volturno, proprierario della linea Circumvesuviana, apre un'inchiesta interna, premettendo che il treno era di nuova fornitura, in servizio da appena un anno. Materiale nuovo, dunque, non usurato dal tempo.

    Ecco, allora, farsi largo l'ipotesi dell'errore umano. Il macchinista si chiama Giancarlo Naso, 45 anni, di cui 20 di esperienza alla guida dei treni, mai un incidente, mai problemi. L'azienda spiega che, pur non avendo riportato traumi, è sotto shock. Ascoltato dagli inquirenti, l'uomo viene descritto come confuso e non ricorda nulla di quanto accaduto.
    Su di lui cade come un macigno l'agghiacciante testimonianza di un 19enne di Ponticelli. "Il macchinista subito dopo l'incidente è scappato. Prima l'avevo visto parlare al cellulare". Il ragazzo, Patrizio Straiano, era in compagnia di tre amici: ha riportato una lussazione alla spalla, ma lui e gli altri stanno bene. Patrizio racconta di essersi trovato addosso gli arti tranciati di Giuseppe Marotta. "E' stato terribile... Io sono stato soccorso subito, mi hanno tirato fuori immediatamente dal treno".




    Fonte: Repubblica.it
     
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